Quirinale 2013, Pdl e Pd verso Marini. Renzi a Bersani: “Non lo votiamo”
Dopo una raffica di indiscrezioni e smentite, l'annuncio di una possibile soluzione alla vigilia del voto in Parlamento. Ma la scelta spacca il Pd. Insorge il sindaco di Firenze. Serracchiani: "Scelta gravissima, dirigenti consegnano il Paese a Berlusconi". Sull'ex Dc anche l'ombra di un'accusa di concussione per la quale la Camera respinse l'autorizzazione nel 1995. Nel corso dell'ultima giornata prima del voto in Parlamento avevano preso quota anche le "carte coperte" Fernanda Contri e Sergio Mattarella
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 17 aprile 2013
Al termine di una giornata convulsa, in una raffica di indiscrezioni e smentite alla vigilia del primo voto in Parlamento per scegliere il nuovo presidente della Repubblica, spicca il volo il nome di Franco Marini. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani annuncia una soluzione a portata di mano, ma non scopre le carte. “Mi pare che la ricerca di una soluzione ampiamente condivisa sia a buon punto. Credo che ci siano le condizioni per avanzare una proposta ai gruppi parlamentari che si riuniranno questa sera”. L’incontro è fissato alle 21 al teatro Capranica. Alla stessa ora la riunione dei gruppi Pdl con Berlusconi a Montecitorio. E questa volta le indiscrezioni, confermate da fonti di entrambi gli schieramenti, convergono su Franco Marini, condiviso anche da Scelta Civica. Certo, il profilo di Marino poco si attaglia alla battuta che Bersani butta lì dopo che nel Pd è scoppiata una mezza insurrezione: “Ora spieghiamo tutto, sarà una bella sorpresa”.
L’IRA DI RENZI: “NON LO VOTIAMO”. Perché Franco Marini, a quanto si capisce, piace più a Berlusconi che a Bersani, che alla fine lo sosterrebbe in quanto il più “condiviso”. Ma il suo nome apre una frattura tra il segretario e le frange più innovative del Pd. “Marini non lo votiamo” dice a brutto muso Matteo Renzi a lastampa.it. L’ex rottamatore può contare su una cinquantina tra deputati e senatori: “Questa sera – continua – lo diranno con chiarezza al gruppo, noi non siamo franchi tiratori, ma ci opponiamo a questa scelta alla luce del sole”. Riferendosi all’ipotesi di un’intesa tra Berlusconi e Bersani, afferma: “Come prevedevo l’accordo alla fine c’è stato e se ci sarà anche il voto della Lega possono farcela già al primo scrutinio”.
SERRACCHIANI: “CONSEGNANO PAESE A BERLUSCONI”. “L’accordo che sembra chiuso su Marini al Quirinale è una scelta gravissima”, aggiunge l’europarlamentare Debora Serracchiani: “Sarebbe la vittoria della conservazione in un momento in cui avremmo bisogno di dimostrare coraggio, magari scegliendo una donna. A quanto pare, ci sono alcuni dirigenti che non resistono alla tentazione di consegnare il Paese a Berlusconi”.
SU MARINI L’OMBRA DI UN’ACCUSA DI CONCUSSIONE”. Marini ha compiuto 80 anni il 9 aprile. E’ stato segretario generale della Cisl, e nel 1991 fu il presidente del consiglio Giulio Andreotti a volerlo ministro del Lavoro, e l’anno dopo deputato. Sul possibile successore di Giorgio Napolitano grava però un’ombra mai chiarita. Nel 1995 il Tribunale dei ministri chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere contro di lui per concussione (qui il testo integrale della richiesta). Marini era accusato di aver concesso, da titolare del dicastero del Lavoro, una serie di prepensionamenti al gruppo Sme, a carico dello Stato, in cambio dell’ acquisto da parte della stessa Sme di spazi pubblicitari sul settimanale cattolico ”Il sabato” per un totale di 100 milioni di lire. Il suo principale accusatore era Giancarlo Elia Valori, allora presidente della Sme. La Giunta per le autorizzazioni a procedere, però, respinse la richiesta (mentre Francesco Storace, allora di An, gridava “regina Coeli”) giudicando indimostrabile il nesso tra i prepensionamenti e l’ acquisto della pubblicità sul ”Sabato”, evidenziando anche che il periodico era ”politicamente ostile a Marini”. Le accuse di Valori, quindi, non poterono essere valutate da un tribunale.
NELLA “ROSA” FERNANDA CONTRI E MATTARELLA”. Nel corso della giornata Bersani, in un colloquio telefonico, avrebbe presentato a Silvio Berlusconi la rosa dei candidati Pd al Quirinale. Tra i nomi, scelti tra quelli che il Cavaliere sarebbe disposto a far votare dal Pdl, ci sarebbero Amato, D’Alema , oltre a Marini, che il leader Pdl avrebbe già incontrato. Altre fonti indicano anche l’ex democristiano Sergio Mattarella, oltre ad Anna Finocchiaro. Ma il Pd smentisce tutto in una nota: “Nessuna rosa è stata presentata a Berlusconi. Si ragiona da giorni su diverse possibilità con tutte le forze parlamentari per arrivare a un nome largamente condiviso”.
Altre indiscrezioni danno per certo un accordo tra Pd e Pdl su un ulteriore nome, tenuto finora coperto. In mattinata la bersaniana Alessandra Moretti ha confermato l’esistenza di “un asso nella manica, una carta segreta: un nome che non è tra quelli indicati finora e su cui le forze politiche potrebbero trovare un’intesa”. Le indiscrezioni circolate ieri davano alla carta segreta il volto del giurista Sabino Cassese, votabile anche dal centrodestra. Oggi spunta però un nome nuovo, sebbene già inserito nei primi “Totoquirinale”: quello della giurista Fernanda Contri.
FERNANDA CONTRI: DAL PSI DI CRAXI AL GOVERNO CIAMPI. Giurista, prima donna entrare nella Core costituzionale, Contri è stata segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri durante il primo governo Amato (in questa veste incontrò il generale Mario Mori dopo la strage Borsellino, ricevendone alcune informazioni sui contatti avviati con don Vito Ciancimino, diventati poi oggetto dell’inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia, in cui è stata sentita come testimone) e poi ministro degli Affari sociali nel governo Ciampi. Nella “prima repubblica”, Contri militava nel Psi di Bettino Craxi, che nel 1986 la scelse per rappresentarso nel Consiglio superiore della magistratura. La giurista è attualmente presidente onoraria di Italbrokers, società di brokeraggio assicurativo nota per la sua “trasversalità”. Il presidente esecutivo Franco Lazzarini è ritenuto vicino a Massimo D’Alema, il consigliere Fabrizio Moro è stato consigliere regionale ligure di Forza Italia, il vicepresidente esecutivo Filippo Binasco è figlio di Bruno, top manager del gruppo Gavio indagato nel procedimento che vede indagato per corruzione l’ex dirigente Pd Filippo Penati.
L’OPZIONE CINQUE STELLE E IL “PONTIERE” CIVATI. La giornata è iniziata con l’annullamento degli incontri politici più importanti, da quello tra i capigruppo di Pd e Movimento Cinque Stelle all’Ufficio di presidenza del Pdl con Silvio Berlusconi. A scompaginare gli scenari ha contribuito l’esplicita apertura di Beppe Grillo a un accordo con il Pd, arrivata ieri con l’esortazione a votare Milena Gabanelli, vincitrice delle Quirinarie (che poi però ha annunciato il ritiro, così come il secondo classificato, Gino Strada), o Stefano Rodotà, arrivato terzo e ora candidato ufficiale del movimento, considerato dal comico “spendibile benissimo” dalla sinistra. Un’offerta raggelata, a nemmeno 24 ore di distanza, da un nuovo intervento di Grillo che torna ad attaccare frontalmente Bersani, accusandolo di aver già in tasca un accordo con Berlusconi sui nomi di Amato o D’Alema, che al Cavaliere offrirebbero una “garanzia sui processi”.
Al di là dei messaggi di Grillo, nel Pd monta l’insofferenza per un possibile accordo con il Pdl di Berlusconi, per di più costruito su nomi che sanno di vecchia politica, come Amato, D’Alema o Marini. Sul lodo Rodotà-accordo con Grillo, nel Pd sta lavorando come “pontiere” Giuseppe Civati, deputato lombardo rappresentante dei quarantenni decisi a innovare il partito. Dopo un colloquio con il collega Cinque Stelle Tommaso Currò, anche lui considerato un “dissidente” all’interno dell’M5S, Civati ha spiegato: “Rodotà nel Pd può fare presa. Voi però cominciate a ragionare anche su Prodi”. Davanti ai giornalisti che assistevano all’incontro casuale avvenuto a Montecitorio, il parlamentare del Pd ha riassunto in modo fulminante il rapporto che si sta instaurando tra le due formazioni politiche nell’avvio di questa legislatura immobile: “Serve calma, altrimenti voi continuate a vederci come stronzi, ma noi iniziamo a vedervi come disperati“. In sostanza, conclude, “dobbiamo decidere se eleggere il Presidente con il M5S o con il Pdl. Ma serve cambiamento”.
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