Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
...ADESSO LA RAGGI DOVRA' METTERSI L'ELMETTO E LA TUTA MIMETICA.....
2 » POLITICA...................................| IL FATTO QUOTIDIANO | Giovedì 11 Maggio 2017
DI BATTISTA: “È UNA BUGIARDA”
Dal M5S mozione
di censura: “Gentiloni
le ritiri le deleghe”
PRESENTERANNO una mozione di
censura contro “la bugiarda cronica”,
secondo la definizione di Alessandro Di Battista,
per farle ritirare le deleghe di sottosegretaria.
La mentitrice sarebbe Maria Elena Boschi,
di cui i 5Stelle invocano la testa. Così ieri
hanno scandito in una conferenza stampa alla
Camera, annunciando la mozione di censura
(quella di sfiducia non è consentita per chi non
è ministro), che nei loro auspici dovrebbe
spingere il presidente del Consiglio Paolo
Gentiloni a rimuoverla. Ipotesi quanto mai improbabile,
ma il M5S ci prova.“Chiederemo a
Gentiloni di riferire in aula e di ritirarle le deleghe”
afferma il capogruppo Roberto Fico,
che annuncia anche altre iniziative: “Insiste -
remo per l’immediata calendarizzazione di una
commissione di inchiesta sulle banche:
possiamo iniziare un ciclo di audizioni e sentire
l’ex amministratore delegato di Unicredit
Ghizzoni, Boschi e un pericoloso rivoluzionario
come Ferruccio de Bortoli”. Mentre Di Battista
chiosa:“Gentiloni ci deve mettere la faccia,
dire da che parte sta, se da quella dello Stato
italiano o gli interessa solo quel fazzoletto di
terra che guarda a Rignano sull’Arno, che sarebbe
meglio chiamare Rignano sull’Arcore ”.
2 » POLITICA...................................| IL FATTO QUOTIDIANO | Giovedì 11 Maggio 2017
DI BATTISTA: “È UNA BUGIARDA”
Dal M5S mozione
di censura: “Gentiloni
le ritiri le deleghe”
PRESENTERANNO una mozione di
censura contro “la bugiarda cronica”,
secondo la definizione di Alessandro Di Battista,
per farle ritirare le deleghe di sottosegretaria.
La mentitrice sarebbe Maria Elena Boschi,
di cui i 5Stelle invocano la testa. Così ieri
hanno scandito in una conferenza stampa alla
Camera, annunciando la mozione di censura
(quella di sfiducia non è consentita per chi non
è ministro), che nei loro auspici dovrebbe
spingere il presidente del Consiglio Paolo
Gentiloni a rimuoverla. Ipotesi quanto mai improbabile,
ma il M5S ci prova.“Chiederemo a
Gentiloni di riferire in aula e di ritirarle le deleghe”
afferma il capogruppo Roberto Fico,
che annuncia anche altre iniziative: “Insiste -
remo per l’immediata calendarizzazione di una
commissione di inchiesta sulle banche:
possiamo iniziare un ciclo di audizioni e sentire
l’ex amministratore delegato di Unicredit
Ghizzoni, Boschi e un pericoloso rivoluzionario
come Ferruccio de Bortoli”. Mentre Di Battista
chiosa:“Gentiloni ci deve mettere la faccia,
dire da che parte sta, se da quella dello Stato
italiano o gli interessa solo quel fazzoletto di
terra che guarda a Rignano sull’Arno, che sarebbe
meglio chiamare Rignano sull’Arcore ”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Perché De Bortoli va ringraziato
di Antonio Padellaro | 11 maggio 2017
•
•
| 4
Se fossimo Grillo (o Di Maio o Di Battista fate voi) diremmo grazie a Ferruccio de Bortoli. Non tanto per le rivelazioni sui contatti avvenuti nel 2015 tra l’allora ministro, la renzianissima Maria Elena Boschi, e l’allora numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni onde sistemare, diciamo così, la disastrata Banca Etruria di papà Boschi (scoop che indubbiamente porta acqua alle opposizioni, 5Stelle in testa).
Ma perché si deve a persone come De Bortoli se in Italia esiste un giornalismo che si mette al servizio dell’opinione pubblica: “Architrave di una democrazia” per dirla con Giovanni Sartori.
E non certo per compiacere una parte o l’altra.
Quella stessa opinione pubblica che molto spesso ha scelto di votare il M5S come reazione all’uso privato della cosa pubblica, pratica denunciata in questi anni o dalla magistratura o dalla libera informazione, punto e basta.
Ci torneremo tra un attimo.
Dopo le clamorose anticipazioni del suo libro Poteri forti (o quasi) subito le mosche cocchiere del “chissà cosa c’è sotto” invece di interrogarsi sul gigantesco conflitto d’interessi del caso Boschi (Ghizzoni o non Ghizzoni) hanno pensato bene di investigare su De Bortoli con simpatiche domande del tipo: perché queste cose non le ha scritte sul Corriere?
Oppure con le canoniche maldicenze su cosa non si farebbe per vendere qualche copia in più.
Quanto di più sbagliato.
Se pure non conoscessi Ferruccio da una vita, e dunque il suo estremo rigore fonte primaria dell’autorevolezza che tutti gli riconoscono, potrei testimoniare, da giornalista che scrivendo quelle poche righe sulla Boschi egli, vi assicuro, sapeva che ne avrebbe ricavato più oneri che onori, più grane che medaglie.
Eppure le ha scritte.
O meglio: non poteva non scriverle nel momento stesso in cui quelle notizie aveva appreso e verificato.
Magari suscitando un certo imbarazzo nel suo stesso giornale nel trattare (nelle pagine interne) l’affaire Boschi, che è il caso politico del momento.
Capita a chi fa questo mestiere rispondendo soltanto alla propria coscienza.
De Bortoli non strilla, non strattona, non insulta, non ne ha bisogno e chi leggerà le sue memorie “di oltre quarant’anni di giornalismo” scoprirà che dietro lo stile cortese (che gli ha procurato qualche ironia) si nasconde un direttore, come giusto, inflessibile nel tutelare contro qualsiasi pressione esterna il lavoro dei propri colleghi e soprattutto il diritto dei lettori a conoscere.
Sono lì a dimostrarlo le inchieste del Sole 24 Ore sulla bomba dei contratti derivati, sugli scandali bancari, sulla distruzione e spoliazione di Alitalia.
Come direttore del Corriere della Sera non deve essere stato il più gradito a Silvio Berlusconi soprattutto dopo aver pubblicato le serate eleganti con Patrizia D’Addario.
Troppo simpatico non sarà stato neppure a Matteo Renzi, protagonista di una scenataccia contro un giornalista del Corriere colpevole di averlo seguito in vacanza per fare semplicemente il suo lavoro da cronista.
Sarà stato un caso ma De Bortoli per due volte ha dovuto lasciare la stanza più importante di via Solferino: sotto il governo Berlusconi e sotto il governo Renzi, poco dopo l’articolo sull’“odore stantio di massoneria” nel Giglio Magico.
Quanto a Grillo, De Bortoli scrive che “come tutti gli uomini di potere ama gli adulatori e gli scendiletto, detesta i disturbatori e gli articoli sgradevoli tende a rimuoverli con gli insulti”.
Anche Gianroberto Casaleggio, leggiamo, “aveva un atteggiamento simile, era convinto che la stampa tradizionale fosse soltanto una propaggine dell’articolazione del potere all’interno di una società, tendeva a escludere l’indipendenza che è il portato della preparazione e della coscienza del ruolo di un buon professionista”.
De Bortoli è la dimostrazione di quanto sia miope generalizzare sul ruolo della stampa.
Perciò non potendolo (ancora) licenziare, i 5Stelle almeno lo ringrazino.
di Antonio Padellaro | 11 maggio 2017
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Se fossimo Grillo (o Di Maio o Di Battista fate voi) diremmo grazie a Ferruccio de Bortoli. Non tanto per le rivelazioni sui contatti avvenuti nel 2015 tra l’allora ministro, la renzianissima Maria Elena Boschi, e l’allora numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni onde sistemare, diciamo così, la disastrata Banca Etruria di papà Boschi (scoop che indubbiamente porta acqua alle opposizioni, 5Stelle in testa).
Ma perché si deve a persone come De Bortoli se in Italia esiste un giornalismo che si mette al servizio dell’opinione pubblica: “Architrave di una democrazia” per dirla con Giovanni Sartori.
E non certo per compiacere una parte o l’altra.
Quella stessa opinione pubblica che molto spesso ha scelto di votare il M5S come reazione all’uso privato della cosa pubblica, pratica denunciata in questi anni o dalla magistratura o dalla libera informazione, punto e basta.
Ci torneremo tra un attimo.
Dopo le clamorose anticipazioni del suo libro Poteri forti (o quasi) subito le mosche cocchiere del “chissà cosa c’è sotto” invece di interrogarsi sul gigantesco conflitto d’interessi del caso Boschi (Ghizzoni o non Ghizzoni) hanno pensato bene di investigare su De Bortoli con simpatiche domande del tipo: perché queste cose non le ha scritte sul Corriere?
Oppure con le canoniche maldicenze su cosa non si farebbe per vendere qualche copia in più.
Quanto di più sbagliato.
Se pure non conoscessi Ferruccio da una vita, e dunque il suo estremo rigore fonte primaria dell’autorevolezza che tutti gli riconoscono, potrei testimoniare, da giornalista che scrivendo quelle poche righe sulla Boschi egli, vi assicuro, sapeva che ne avrebbe ricavato più oneri che onori, più grane che medaglie.
Eppure le ha scritte.
O meglio: non poteva non scriverle nel momento stesso in cui quelle notizie aveva appreso e verificato.
Magari suscitando un certo imbarazzo nel suo stesso giornale nel trattare (nelle pagine interne) l’affaire Boschi, che è il caso politico del momento.
Capita a chi fa questo mestiere rispondendo soltanto alla propria coscienza.
De Bortoli non strilla, non strattona, non insulta, non ne ha bisogno e chi leggerà le sue memorie “di oltre quarant’anni di giornalismo” scoprirà che dietro lo stile cortese (che gli ha procurato qualche ironia) si nasconde un direttore, come giusto, inflessibile nel tutelare contro qualsiasi pressione esterna il lavoro dei propri colleghi e soprattutto il diritto dei lettori a conoscere.
Sono lì a dimostrarlo le inchieste del Sole 24 Ore sulla bomba dei contratti derivati, sugli scandali bancari, sulla distruzione e spoliazione di Alitalia.
Come direttore del Corriere della Sera non deve essere stato il più gradito a Silvio Berlusconi soprattutto dopo aver pubblicato le serate eleganti con Patrizia D’Addario.
Troppo simpatico non sarà stato neppure a Matteo Renzi, protagonista di una scenataccia contro un giornalista del Corriere colpevole di averlo seguito in vacanza per fare semplicemente il suo lavoro da cronista.
Sarà stato un caso ma De Bortoli per due volte ha dovuto lasciare la stanza più importante di via Solferino: sotto il governo Berlusconi e sotto il governo Renzi, poco dopo l’articolo sull’“odore stantio di massoneria” nel Giglio Magico.
Quanto a Grillo, De Bortoli scrive che “come tutti gli uomini di potere ama gli adulatori e gli scendiletto, detesta i disturbatori e gli articoli sgradevoli tende a rimuoverli con gli insulti”.
Anche Gianroberto Casaleggio, leggiamo, “aveva un atteggiamento simile, era convinto che la stampa tradizionale fosse soltanto una propaggine dell’articolazione del potere all’interno di una società, tendeva a escludere l’indipendenza che è il portato della preparazione e della coscienza del ruolo di un buon professionista”.
De Bortoli è la dimostrazione di quanto sia miope generalizzare sul ruolo della stampa.
Perciò non potendolo (ancora) licenziare, i 5Stelle almeno lo ringrazino.
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Re: Diario della caduta di un regime.
11 mag 2017 12:04
SI FA MA NON SI DICE. PURE LE MURA SAPEVANO DELL’ATTIVISMO DELLA BOSCHI (E DI TUTTO IL GOVERNO) PER SALVARE LA BANCA DEL PAPA’
– GHIZZONI ATTIVO’ GLI UFFICI DELL’UNICREDIT, MA NON SE NE FECE NIENTE: BANCA ETRURIA AVEVA TROPPE SOFFERENZE
Fabrizio Massaro per il “Corriere della Sera”
La richiesta che Maria Elena Boschi, allora ministro delle Riforme del governo Renzi, avrebbe fatto all'amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, di esaminare la Popolare dell' Etruria per un eventuale acquisizione da parte del colosso milanese non nasce dal nulla.
La ricostruzione contenuta nel libro di Ferruccio de Bortoli « Poteri forti (o quasi) » sull' incontro fra il ministro e il banchiere - ieri trinceratosi dietro un «no comment» - si inquadra nel contesto convulso che la banca aretina stava vivendo tra il 2013 e il 2014: un avvitamento finanziario e di governance che la porterà nel febbraio del 2015 al commissariamento.
Alla banca di cui Pier Luigi Boschi, papà del ministro Maria Elena, era vicepresidente, mancava capitale.
Tanto capitale. La Banca d' Italia aveva chiesto di alleggerire il bilancio dei troppi Btp in portafoglio, perché troppo esposto sull' Italia.
E aveva avviato una stretta sui criteri con i quali l' Etruria valutava i crediti deteriorati (i famosi «npl»), considerati troppo blandi per un carico arrivato a 3 miliardi, il 40% degli impieghi, un record.
In sostanza dalle ispezioni del 2013 e più ancora del 2014 era venuto fuori che l' istituto così com' era non stava in piedi.
Tanto più nella forma della cooperativa, per la difficoltà di accedere al mercato dei capitali, in una fase in cui erano già stati collocati due aumenti di capitale in due anni e - presso la clientela - le ormai famigerate obbligazioni subordinate che poi sono state azzerate nel novembre 2015 con il «bail in» (la risoluzione) dell' Etruria, di Banca Marche, di CariFerrara, di CariChieti.
Anche sulla governance la stretta della Vigilanza si era fatta sentire: l' ex presidente Giuseppe Fornasari e l' ex direttore generale Luca Bronchi vennero fatti fuori nella prima metà del 2014; ma a succedere furono Rosi e Boschi, già da anni in consiglio.
Mentre per la ricerca del direttore generale la ricerca si faceva sempre più affannosa, al punto che venne addirittura contattato il faccendiere Flavio Carboni per trovare un nuovo capoazienda.
Il pressing della Banca d' Italia perché l' Etruria trovasse un partner con cui fondersi aveva avuto a metà 2014 un risultato concreto: la Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, allora considerata da Bankitalia l'istituto aggregante delle realtà medio-piccole, lanciò un' offerta sull' Etruria.
Ma fu un buco nell' acqua: troppo forti le resistenze della politica aretina nonché dello stesso consiglio d' amministrazione.
Né ebbero seguito i sondaggi con la Popolare dell' Emilia Romagna.
Ma un socio forte andava comunque trovato: il rischio di venire commissariati non era da sottovalutare.
Sarebbe maturata in questo contesto la richiesta di Boschi a Ghizzoni.
Un risultato minimo la ministra l' ottenne, secondo de Bortoli: Ghizzoni avviò negli uffici interni l' esame dei numeri dell' Etruria ma poi il dossier fu accantonato.
A gennaio 2015 ci sarebbe stato anche un incontro tra Rosi e Ghizzoni, secondo La Stampa , poche settimane prima del commissariamento.
«È anche vero che in quel periodo alle banche maggiori, Unicredit e Intesa Sanpaolo, veniva chiesto da Bankitalia di guardare alle quattro banche in crisi», conferma oggi un banchiere coinvolto su quelle partite, «ma tutte vennero scartate per i troppi npl.
Di sicuro Unicredit guardò sia a Banca Marche sia all' Etruria, quantomeno dopo il loro commissariamento».
SI FA MA NON SI DICE. PURE LE MURA SAPEVANO DELL’ATTIVISMO DELLA BOSCHI (E DI TUTTO IL GOVERNO) PER SALVARE LA BANCA DEL PAPA’
– GHIZZONI ATTIVO’ GLI UFFICI DELL’UNICREDIT, MA NON SE NE FECE NIENTE: BANCA ETRURIA AVEVA TROPPE SOFFERENZE
Fabrizio Massaro per il “Corriere della Sera”
La richiesta che Maria Elena Boschi, allora ministro delle Riforme del governo Renzi, avrebbe fatto all'amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, di esaminare la Popolare dell' Etruria per un eventuale acquisizione da parte del colosso milanese non nasce dal nulla.
La ricostruzione contenuta nel libro di Ferruccio de Bortoli « Poteri forti (o quasi) » sull' incontro fra il ministro e il banchiere - ieri trinceratosi dietro un «no comment» - si inquadra nel contesto convulso che la banca aretina stava vivendo tra il 2013 e il 2014: un avvitamento finanziario e di governance che la porterà nel febbraio del 2015 al commissariamento.
Alla banca di cui Pier Luigi Boschi, papà del ministro Maria Elena, era vicepresidente, mancava capitale.
Tanto capitale. La Banca d' Italia aveva chiesto di alleggerire il bilancio dei troppi Btp in portafoglio, perché troppo esposto sull' Italia.
E aveva avviato una stretta sui criteri con i quali l' Etruria valutava i crediti deteriorati (i famosi «npl»), considerati troppo blandi per un carico arrivato a 3 miliardi, il 40% degli impieghi, un record.
In sostanza dalle ispezioni del 2013 e più ancora del 2014 era venuto fuori che l' istituto così com' era non stava in piedi.
Tanto più nella forma della cooperativa, per la difficoltà di accedere al mercato dei capitali, in una fase in cui erano già stati collocati due aumenti di capitale in due anni e - presso la clientela - le ormai famigerate obbligazioni subordinate che poi sono state azzerate nel novembre 2015 con il «bail in» (la risoluzione) dell' Etruria, di Banca Marche, di CariFerrara, di CariChieti.
Anche sulla governance la stretta della Vigilanza si era fatta sentire: l' ex presidente Giuseppe Fornasari e l' ex direttore generale Luca Bronchi vennero fatti fuori nella prima metà del 2014; ma a succedere furono Rosi e Boschi, già da anni in consiglio.
Mentre per la ricerca del direttore generale la ricerca si faceva sempre più affannosa, al punto che venne addirittura contattato il faccendiere Flavio Carboni per trovare un nuovo capoazienda.
Il pressing della Banca d' Italia perché l' Etruria trovasse un partner con cui fondersi aveva avuto a metà 2014 un risultato concreto: la Popolare di Vicenza di Gianni Zonin, allora considerata da Bankitalia l'istituto aggregante delle realtà medio-piccole, lanciò un' offerta sull' Etruria.
Ma fu un buco nell' acqua: troppo forti le resistenze della politica aretina nonché dello stesso consiglio d' amministrazione.
Né ebbero seguito i sondaggi con la Popolare dell' Emilia Romagna.
Ma un socio forte andava comunque trovato: il rischio di venire commissariati non era da sottovalutare.
Sarebbe maturata in questo contesto la richiesta di Boschi a Ghizzoni.
Un risultato minimo la ministra l' ottenne, secondo de Bortoli: Ghizzoni avviò negli uffici interni l' esame dei numeri dell' Etruria ma poi il dossier fu accantonato.
A gennaio 2015 ci sarebbe stato anche un incontro tra Rosi e Ghizzoni, secondo La Stampa , poche settimane prima del commissariamento.
«È anche vero che in quel periodo alle banche maggiori, Unicredit e Intesa Sanpaolo, veniva chiesto da Bankitalia di guardare alle quattro banche in crisi», conferma oggi un banchiere coinvolto su quelle partite, «ma tutte vennero scartate per i troppi npl.
Di sicuro Unicredit guardò sia a Banca Marche sia all' Etruria, quantomeno dopo il loro commissariamento».
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Re: Diario della caduta di un regime.
Da F.Q.
•Ultima ora•
Roma, esplosione davanti a ufficio postale. "non si esclude nessuna ipotesi"
•Ultima ora•
Roma, esplosione davanti a ufficio postale. "non si esclude nessuna ipotesi"
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Re: Diario della caduta di un regime.
IN ATTESA CHE MI SIA RIDATA LA POSSIBILITA' DI ACCEDERE ALLE PAGINE PRECEDENTI PER RECUPERARE IL 3D, "SONDAGGI", POSTO QUI QUELLI FRESCHI DI GIORNATA:
Politica | Di F. Q.
Sondaggi, Pd resta in trend positivo
Con il M5s ricomincia il testa a testa
‘Ma spinta da primarie sta finendo’
PD = 28,4 %
M5S = 28,1 %
FI = 12,8 %
LEGA = 12,6 %
Politica | Di F. Q.
Sondaggi, Pd resta in trend positivo
Con il M5s ricomincia il testa a testa
‘Ma spinta da primarie sta finendo’
PD = 28,4 %
M5S = 28,1 %
FI = 12,8 %
LEGA = 12,6 %
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA LEGGITTIMA DIFESA E' MATERIA COMPLESSA E VA ANALIZZATA SOTTO TUTTI GLI ASPETTI POSSIBILI.
UNO E' QUESTO:
2 ore fa
885
Imprenditore reagisce a rapina
Due ladri gli sparano alla nuca
Claudio Cartaldo
OVVIO CHE CHI ESERCITA LA PROFESSIONE SIA IN ALLARME.
E QUINDI REAGISCE A SPROPOSITO
UNO E' QUESTO:
2 ore fa
885
Imprenditore reagisce a rapina
Due ladri gli sparano alla nuca
Claudio Cartaldo
OVVIO CHE CHI ESERCITA LA PROFESSIONE SIA IN ALLARME.
E QUINDI REAGISCE A SPROPOSITO
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Re: Diario della caduta di un regime.
DOPO DUE GIORNI DI SILENZIO, IL CAZZARO (così lo chiama Dagospia), PASSATI A TROVARE UNA LINEA DI DIFESA, DICE LA SUA
......Renzi contro De Bortoli: "È ossessionato da me"
UNA RISPOSTA DA PSICOPATICO.
Sostiene, Adriano Segatori:
Adriano Segatori, psichiatra e psicoterapeuta, specializzato in perizie psichiatriche. «Se un giudice dovesse chiedermi cosa ne penso della pericolosità di queste persone, direi che non ci sono dubbi: come tutti gli psicopatici, Emmanuel Macron è altamente pericoloso. I serial killer rovinano le famiglie, mentre gli psicopatici ai vertici dell’economia e della politica rovinano intere società».
Banca Etruria, Renzi contro De Bortoli: "È ossessionato da me"
Renzi in campo per blindare la Boschi: "Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella". E attacca De Bortoli: "Ha un'ossessione per me"
Sergio Rame - Sab, 13/05/2017 - 12:12
commenta
"Ferruccio de Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent'anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo".
In una intervista a tutto campo al Foglio, Matteo Renzi va all'attacco dopo le indiscrezioni sul salvataggio di Banca Etruria pubblicate dall'ex direttore del Corriere della Sera sul nuovo libro Poteri forti (o quasi). "De Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici".
L'attacco di Renzi
"Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so". Nell'intervista al Foglio l'ex premier non fa sconti a De Bortoli: "Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo". Per Renzi "che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella". "Praticamente tutte le banche d'Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente", continua Renzi. Che, poi, aggiunge: "Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell'albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. È stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto".
Renzi è convinto che, quanto prima, "si chiariranno le responsabilità a vari livelli". "E - avverte - se c'è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l'ora che la commissione d'Inchiesta inizi a lavorare. Come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio".
La replica di De Bortoli
Sulla propria pagina Facebook, De Bortoli replica ricordando all'ex premier che "avendo detto due volte no alla proposta di fare il presidente, non era tra le mie ambizioni essere eletto nel cda della Rai". E incalza: "Visto quello che sta accadendo, ringrazio di cuore per non avermi votato. Non avrei potuto comunque accettare avendo firmato un patto di non concorrenza". Poi continua: "Io non ho mai scritto che è un massone, mi sono solo limitato a porre l'interrogativo sul ruolo della massoneria in alcune vicende politiche e bancarie. Ruolo emerso, per esempio, nel caso di Banca Etruria. Ho commesso degli errori, certo". Nel libro ne ammette diversi in oltre quarant'anni. Come quello, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera sul caso JpMorgan-Mps, della data di un sms solidale inviato da Marco Carrai a Fabrizio Viola, "licenziato" poi dal governo. "Non so quali falsità siano state scritte sul soggiorno a Forte dei Marmi nell'estate del 2014 - continua - mi aspetterei invece da Renzi che chieda scusa al collega del Corriere che, in quella occasione, stava facendo il suo lavoro e alloggiava nell'hotel. L'inviato venne minacciato dalla scorta che gli intimò di andarsene. E gli faccio i miei migliori auguri per il suo libro che uscirà a breve".
......Renzi contro De Bortoli: "È ossessionato da me"
UNA RISPOSTA DA PSICOPATICO.
Sostiene, Adriano Segatori:
Adriano Segatori, psichiatra e psicoterapeuta, specializzato in perizie psichiatriche. «Se un giudice dovesse chiedermi cosa ne penso della pericolosità di queste persone, direi che non ci sono dubbi: come tutti gli psicopatici, Emmanuel Macron è altamente pericoloso. I serial killer rovinano le famiglie, mentre gli psicopatici ai vertici dell’economia e della politica rovinano intere società».
Banca Etruria, Renzi contro De Bortoli: "È ossessionato da me"
Renzi in campo per blindare la Boschi: "Che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella". E attacca De Bortoli: "Ha un'ossessione per me"
Sergio Rame - Sab, 13/05/2017 - 12:12
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"Ferruccio de Bortoli ha fatto il direttore dei principali quotidiani italiani per quasi vent'anni e ora spiega che i poteri forti in Italia risiedono a Laterina? Chi ci crede è bravo".
In una intervista a tutto campo al Foglio, Matteo Renzi va all'attacco dopo le indiscrezioni sul salvataggio di Banca Etruria pubblicate dall'ex direttore del Corriere della Sera sul nuovo libro Poteri forti (o quasi). "De Bortoli ha una ossessione personale per me che stupisce anche i suoi amici".
L'attacco di Renzi
"Quando vado a Milano, mi chiedono: ma che gli hai fatto a Ferruccio? Boh. Non lo so". Nell'intervista al Foglio l'ex premier non fa sconti a De Bortoli: "Forse perché non mi conosce. Forse perché dà a me la colpa perché non ha avuto i voti per entrare nel Cda della Rai e lo capisco: essere bocciato da una commissione parlamentare non è piacevole. Ma può succedere, non mi pare la fine del mondo". Per Renzi "che Unicredit studiasse il dossier Etruria è il segreto di Pulcinella". "Praticamente tutte le banche d'Italia hanno visto il dossier Etruria in quella fase. Come pure il dossier Ferrara, il dossier Chieti, il dossier Banca Marche. Lo hanno visto tutti e nessuno ha fatto niente", continua Renzi. Che, poi, aggiunge: "Ferruccio de Bortoli ha detto falsità su Marco Carrai. Ha detto falsità sulla vicenda dell'albergo in cui ero con la mia famiglia. Ha detto falsità sui miei rapporti con la massoneria. Non so chi sia la sua fonte e non mi interessa. So che è ossessionato da me. Ma io non lo sono da lui. È stato un giornalista di lungo corso, gli faccio i miei auguri per il futuro e spero che il suo libro venda tanto".
Renzi è convinto che, quanto prima, "si chiariranno le responsabilità a vari livelli". "E - avverte - se c'è un motivo per cui sono contento che la legislatura vada avanti fino ad aprile 2018 è che avremo molto tempo per studiare i comportamenti di tutte le istituzioni competenti. Cioè, competenti per modo di dire. Non vedo l'ora che la commissione d'Inchiesta inizi a lavorare. Come spiega sempre il professor Fortis, vostro collaboratore, Banca Etruria rappresenta meno del 2 per cento delle perdite delle banche nel periodo 2011-2016. Boschi senior è stato vicepresidente non esecutivo per otto mesi e poi noi lo abbiamo commissariato: mi pare che non sia stato neanche rinviato a giudizio. Se vogliamo parlare delle banche, parliamone. Ma sul serio".
La replica di De Bortoli
Sulla propria pagina Facebook, De Bortoli replica ricordando all'ex premier che "avendo detto due volte no alla proposta di fare il presidente, non era tra le mie ambizioni essere eletto nel cda della Rai". E incalza: "Visto quello che sta accadendo, ringrazio di cuore per non avermi votato. Non avrei potuto comunque accettare avendo firmato un patto di non concorrenza". Poi continua: "Io non ho mai scritto che è un massone, mi sono solo limitato a porre l'interrogativo sul ruolo della massoneria in alcune vicende politiche e bancarie. Ruolo emerso, per esempio, nel caso di Banca Etruria. Ho commesso degli errori, certo". Nel libro ne ammette diversi in oltre quarant'anni. Come quello, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera sul caso JpMorgan-Mps, della data di un sms solidale inviato da Marco Carrai a Fabrizio Viola, "licenziato" poi dal governo. "Non so quali falsità siano state scritte sul soggiorno a Forte dei Marmi nell'estate del 2014 - continua - mi aspetterei invece da Renzi che chieda scusa al collega del Corriere che, in quella occasione, stava facendo il suo lavoro e alloggiava nell'hotel. L'inviato venne minacciato dalla scorta che gli intimò di andarsene. E gli faccio i miei migliori auguri per il suo libro che uscirà a breve".
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Re: Diario della caduta di un regime.
Nell’ “ITALIA (che) NON C’E’ PIU’ “
(di Giampaolo Pansa)
IN FONDO AL POZZO NERO, A DESTRA.
LA RIVOLTA DEI PI DOCCHI
IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 13 Maggio 2017
CONTRAEREA
Batteria Pd Tutti contro il giornalista, dal presidente Orfini al soldato Cociancich
De Bortoli? Cialtrone, incivile e massone
La fanteria
Parlano anche
Rosato e Nardella
Per Bonifazi
“il direttore è ossessionato
dal Giglio magico”
» TOMMASO RODANO
La batteria renziana non risparmia nessuno. Nemmeno un giornalista critico ma lontano dalla galassia nemica come Ferruccio de Bortoli, sul quale sono piovute in rapida successione accuse di ogni sorta: cialtrone, incivile e –paradosso –pure un po’massone.
Gli interpreti sono sostituibili, ma il metodo è sempre lo stesso: quando l’aria si fa pesante, la fanteria del Pd parte al contrattacco come fosse un sol uomo.
Dal presidente del partito Matteo Orfini ai soldati semplici (il senatore Roberto Cociancich, fortunato inventore del “canguro”per saltare gli emendamenti dell’op - posizione).
Così quando il “fango” sollevato dall’ex direttore del Corriere della Sera ha sporcato l’immagine di Maria Elena Boschi – definizione della Boschi stessa – la truppa democratica si è messa al lavoro con la consueta solerzia, a suon di tweet, apparizioni televisive e dichiarazioni alle agenzie.
SI DICEVA di Cociancich, ospitato da Sky Tg24 per stroncare, dall’alto del suo prestigioso curriculum politico, la notizia lanciata da De Bortoli e stabilire solennemente che “si è assistito al capovolgimento dei principi fondanti dell’ordi - namento giuridico”. Ma contro il giornalista, in questi giorni, si sono scatenati anche pezzi un po’più grossi del Pd (con la vistosa eccezione del segretario appena rieletto). Il capogruppo Ettore Rosatoha fatto “il poliziotto buono”, per così dire: ha riconosciuto in De Bortoli un “giornalista assolutamente prestigioso”che però “ha avuto sempre un atteggiamento molto, molto, molto critico nei confronti del nostro governo, del Pd, di Renzi e di chi gli sta intorno”. Poi la sentenza inappellabile su Etruria: “Il fatto non esiste, la Boschi ha detto che è così, Unicredit non ha fatto operazioni di nessun tipo, l’acquisizione non è avvenuta. È un modo per speculare su una vicenda già chiusa”. Il poliziotto cattivo invece l’ha fatto Matteo Orfini, autore di un tweet caustico, urticante: “Sarebbe ora di liberare il dibattito sulle banche da questo stantio odore di cialtroneria”. Il riferimento è a un vecchio editoriale in cui De Bortoli – anno 2014, era ancora direttore del Corsera – scriveva dello “stantio odore di mass on er ia ” che aleggiava attorno al governo Renzi. Specchio riflesso: De Bortoli ora sarebbe un cialtrone. Dario Nardella, sindaco di Firenze e amico fraterno del suo predecessore a Palazzo Vecchio, s’inte rroga: “Ma come si può in un paese civile fare un’accusa grave come quella che l’ex direttore ha avanzato contro la Boschi, senza portare le prove? È già successo che De Bortoli abbia scritto delle cose false di cui dopo si è dovuto scusare”. Cialtrone, incivile e notoriamente inaffidabile. L’ATTACCO più allusivo (e più violento) è del tesoriere Fran - cesco Bonifazi, il b a r bu d o del cerchio ristretto renziano: “De Bortoli nutre un’ossessione nei confronti del cosiddetto Giglio magico. Perde intere giornate a cercare di gettare fango su questa Chimera senza peraltro addurre alcuna prova, eccezion fatta per quel vago ‘stantio odore di massoneria’ di cui sembra avere una conoscenza così spiccata da parere sospetta ”. Ricapitoliamo: cialtrone, incivile, ossessionato e (sospetto) massone.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
(di Giampaolo Pansa)
IN FONDO AL POZZO NERO, A DESTRA.
LA RIVOLTA DEI PI DOCCHI
IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 13 Maggio 2017
CONTRAEREA
Batteria Pd Tutti contro il giornalista, dal presidente Orfini al soldato Cociancich
De Bortoli? Cialtrone, incivile e massone
La fanteria
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Rosato e Nardella
Per Bonifazi
“il direttore è ossessionato
dal Giglio magico”
» TOMMASO RODANO
La batteria renziana non risparmia nessuno. Nemmeno un giornalista critico ma lontano dalla galassia nemica come Ferruccio de Bortoli, sul quale sono piovute in rapida successione accuse di ogni sorta: cialtrone, incivile e –paradosso –pure un po’massone.
Gli interpreti sono sostituibili, ma il metodo è sempre lo stesso: quando l’aria si fa pesante, la fanteria del Pd parte al contrattacco come fosse un sol uomo.
Dal presidente del partito Matteo Orfini ai soldati semplici (il senatore Roberto Cociancich, fortunato inventore del “canguro”per saltare gli emendamenti dell’op - posizione).
Così quando il “fango” sollevato dall’ex direttore del Corriere della Sera ha sporcato l’immagine di Maria Elena Boschi – definizione della Boschi stessa – la truppa democratica si è messa al lavoro con la consueta solerzia, a suon di tweet, apparizioni televisive e dichiarazioni alle agenzie.
SI DICEVA di Cociancich, ospitato da Sky Tg24 per stroncare, dall’alto del suo prestigioso curriculum politico, la notizia lanciata da De Bortoli e stabilire solennemente che “si è assistito al capovolgimento dei principi fondanti dell’ordi - namento giuridico”. Ma contro il giornalista, in questi giorni, si sono scatenati anche pezzi un po’più grossi del Pd (con la vistosa eccezione del segretario appena rieletto). Il capogruppo Ettore Rosatoha fatto “il poliziotto buono”, per così dire: ha riconosciuto in De Bortoli un “giornalista assolutamente prestigioso”che però “ha avuto sempre un atteggiamento molto, molto, molto critico nei confronti del nostro governo, del Pd, di Renzi e di chi gli sta intorno”. Poi la sentenza inappellabile su Etruria: “Il fatto non esiste, la Boschi ha detto che è così, Unicredit non ha fatto operazioni di nessun tipo, l’acquisizione non è avvenuta. È un modo per speculare su una vicenda già chiusa”. Il poliziotto cattivo invece l’ha fatto Matteo Orfini, autore di un tweet caustico, urticante: “Sarebbe ora di liberare il dibattito sulle banche da questo stantio odore di cialtroneria”. Il riferimento è a un vecchio editoriale in cui De Bortoli – anno 2014, era ancora direttore del Corsera – scriveva dello “stantio odore di mass on er ia ” che aleggiava attorno al governo Renzi. Specchio riflesso: De Bortoli ora sarebbe un cialtrone. Dario Nardella, sindaco di Firenze e amico fraterno del suo predecessore a Palazzo Vecchio, s’inte rroga: “Ma come si può in un paese civile fare un’accusa grave come quella che l’ex direttore ha avanzato contro la Boschi, senza portare le prove? È già successo che De Bortoli abbia scritto delle cose false di cui dopo si è dovuto scusare”. Cialtrone, incivile e notoriamente inaffidabile. L’ATTACCO più allusivo (e più violento) è del tesoriere Fran - cesco Bonifazi, il b a r bu d o del cerchio ristretto renziano: “De Bortoli nutre un’ossessione nei confronti del cosiddetto Giglio magico. Perde intere giornate a cercare di gettare fango su questa Chimera senza peraltro addurre alcuna prova, eccezion fatta per quel vago ‘stantio odore di massoneria’ di cui sembra avere una conoscenza così spiccata da parere sospetta ”. Ricapitoliamo: cialtrone, incivile, ossessionato e (sospetto) massone.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Politica
Maria Elena Boschi, il ‘clamoroso boomerang’ di Etruria sul nuovo Renzi
di Daniela Gaudenzi | 11 maggio 2017
commenti (116)
Più informazioni su: Banca Etruria, Bankitalia, Flavio Carboni, M5S, Maria Elena Boschi, Matteo Renzi, Pier Luigi Boschi
Profilo blogger
Daniela Gaudenzi
Esperta di giustizia, liberacittadinanza.it
Post | Articoli
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Il “nuovo” Renzi forte dell’altrettanto “nuova” direzione che si discosta dalla precedente per aver rottamato anche gli ultimi critici felpati, come Gianni Cuperlo a favore di cloni e fedelissimi, non importa se bolliti, come Alessandra Moretti, di fidati toscani limitrofi a Rignano e di entusiaste new entry che aspirano “al percorso della Boschi”, non fa in tempo a godersi l’ennesima “novità” di un partito sartoriale a sua immagine e somiglianza ed ecco materializzarsi, più attuale che mai, uno sconcertante passaggio del suo recente passato di capo del governo.
E forse si tratta dello snodo più inglorioso e imbarazzante della tappa più insidiosa e squalificante per l’esecutivo degli “impavidi rottamatori”: una prova da cui il governo Renzi era uscito “indenne” solo grazie ai numeri garantiti dal Porcellum alla Camera, dove era stata respinta la sfiducia individuale che il M5S aveva chiesto per il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi.
Lei si era difesa sdegnata, attaccando e senza dare alcuna risposta pertinente dall’accusa di essere in conflitto di interessi per Banca Etruria dove da consigliere di amministrazione, il padre era asceso in pochi mesi alla vicepresidenza, dopo che la figlia era diventata un ministro chiave del governo Renzi, e si era attivato così alacremente per “dare una mano” alla banca da ritenere opportuno consultare in più incontri un faro di autorevolezza come Flavio Carboni.
Riascoltare oggi quelle parole in libertà pronunciate con una supponenza ignota persino al signore del conflitto di interessi e fondate sulla consapevolezza di essere al di sopra di qualsiasi richiesta di trasparenza e di chiarezza è molto illuminante. Soprattutto se si compara la pretesa di intangibilità contro quella che liquidò come “campagna strumentale contro la sua persona e la sua famiglia umile e onesta” in cui lei era la prima laureata e di cui “andava fiera” con le chiare e sintetiche righe all’interno del libro di Ferruccio De Bortoli, Poteri forti (o quasi) dove c’è la conferma di come “l’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit” (Federico Ghizzoni, ndr) per chiedere di “valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... i/3577351/
Maria Elena Boschi, il ‘clamoroso boomerang’ di Etruria sul nuovo Renzi
di Daniela Gaudenzi | 11 maggio 2017
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Il “nuovo” Renzi forte dell’altrettanto “nuova” direzione che si discosta dalla precedente per aver rottamato anche gli ultimi critici felpati, come Gianni Cuperlo a favore di cloni e fedelissimi, non importa se bolliti, come Alessandra Moretti, di fidati toscani limitrofi a Rignano e di entusiaste new entry che aspirano “al percorso della Boschi”, non fa in tempo a godersi l’ennesima “novità” di un partito sartoriale a sua immagine e somiglianza ed ecco materializzarsi, più attuale che mai, uno sconcertante passaggio del suo recente passato di capo del governo.
E forse si tratta dello snodo più inglorioso e imbarazzante della tappa più insidiosa e squalificante per l’esecutivo degli “impavidi rottamatori”: una prova da cui il governo Renzi era uscito “indenne” solo grazie ai numeri garantiti dal Porcellum alla Camera, dove era stata respinta la sfiducia individuale che il M5S aveva chiesto per il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi.
Lei si era difesa sdegnata, attaccando e senza dare alcuna risposta pertinente dall’accusa di essere in conflitto di interessi per Banca Etruria dove da consigliere di amministrazione, il padre era asceso in pochi mesi alla vicepresidenza, dopo che la figlia era diventata un ministro chiave del governo Renzi, e si era attivato così alacremente per “dare una mano” alla banca da ritenere opportuno consultare in più incontri un faro di autorevolezza come Flavio Carboni.
Riascoltare oggi quelle parole in libertà pronunciate con una supponenza ignota persino al signore del conflitto di interessi e fondate sulla consapevolezza di essere al di sopra di qualsiasi richiesta di trasparenza e di chiarezza è molto illuminante. Soprattutto se si compara la pretesa di intangibilità contro quella che liquidò come “campagna strumentale contro la sua persona e la sua famiglia umile e onesta” in cui lei era la prima laureata e di cui “andava fiera” con le chiare e sintetiche righe all’interno del libro di Ferruccio De Bortoli, Poteri forti (o quasi) dove c’è la conferma di come “l’allora ministra delle Riforme, nel 2015, non ebbe problemi a rivolgersi direttamente all’amministratore delegato di Unicredit” (Federico Ghizzoni, ndr) per chiedere di “valutare una possibile acquisizione di Banca Etruria”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05 ... i/3577351/
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Re: Diario della caduta di un regime.
13 mag 2017 10:48
1.BOOM!IL PADRE DELLA BOSCHI UTILIZZÒ I MASSONI PER FARE PRESSIONI SU BANKITALIA
2. MENTRE LA FIGLIA CHIEDEVA AIUTO A UNICREDIT, IL VICEPRESIDENTE DI BANCA ETRURIA SI RIVOLGEVA A CARBONI E MUREDDU. GRAZIE A LORO, PRESE CONTATTO CON 3 MEMBRI SU 5 DEL DIRETTORIO DI PALAZZO KOCH, QUELLI PIU’ VICINI AL GOVERNO RENZI - L' IDEA ERA DI FAR ACQUISIRE LA BANCA TOSCANA ALLA POPOLARE DELL'EMILIA – IL MISTERO DELLE MAIL...
Giacomo Amadori per la Verità
Per decifrare la storia recente di Banca Etruria bisogna concentrarsi su Pier Luigi Boschi e sulle sue ambizioni. L' uomo era entrato nel cda della Popolare di Arezzo quasi per caso, in quota Coldiretti, ma era sempre rimasto nell' ombra. Ma quando il 17 febbraio 2014 sua figlia Maria Elena giura come ministro della Repubblica, chi gli sta intorno inizia a guardarlo con occhi diversi. Qualcuno lo immagina come un possibile salvatore della Patria e a lui questo nuovo ruolo non dispiace. Tanto che accetta la nomina a vicepresidente.
Un testimone privilegiato di quei giorni convulsi rivela alla Verità: «La figlia all' inizio gli aveva consigliato di uscire dal cda di Etruria. Lo confidava lui stesso. Ma lui, invece, un po' per d' ambizione e un po' per arroganza, volle rimanere al suo posto». E i suoi errori non sono finiti. Pier Luigi si affida alle persone sbagliate, si lascia blandire e consigliare da massoni e bancarottieri. In quel periodo ha come suggeritore un apprendista faccendiere, Valeriano Mureddu, con cui aveva condiviso in passato alcuni affari legati al commercio dell' olio e del vino. Mureddu, arrestato a febbraio per bancarotta, è un personaggio indecifrabile: massone dichiarato, piccoli occhi color ghiaccio, si vanta in giro di lavorare con non meglio precisati servizi segreti esteri.
Mureddu mette a disposizione di Boschi i buoni uffici di personaggi assai chiacchierati e il padre della ministra decide di giovarsene. Il nome più scomodo è quello di Flavio Carboni, uscito dalle nebbie degli anni Ottanta con accuse infamanti, diverse assoluzioni e una condanna definitiva per il crac del famigerato Banco ambrosiano.
Nella primavera 2014, Boschi va in missione nella capitale in più occasioni e senza colleghi. Saltuariamente lo accompagna il presidente Lorenzo Rosi. In quel periodo da una parte ci sono gli incontri ufficiali, i tentativi del governo di trovare una soluzione alle varie crisi bancarie, gli abboccamenti con la Popolare di Vicenza e con Unicredit e dall' altra le sortite solitarie di Pier Luigi, convinto di risolvere i problemi grazie a faccendieri e massoni. «Mi risulta che a Roma incontrasse, per lo più in pausa pranzo, un personaggio fuori da Palazzo Koch, il quale poi saliva in sede e riferiva l' esito dell' incontro. Gli abboccamenti avvenivano vicino alla sede di Banca d' Italia», ricorda un ex dirigente di Etruria. Pier Luigi citava come mediatore un uomo che aveva lavorato in via Nazionale e che poi si era dedicato all' attività di consulenza. Qualcuno ci suggerisce il nome di un influente ex ispettore capo.
In quel momento, secondo le fonti della Verità, il direttorio di via Bankitalia era diviso: da una parte il governatore Ignazio Visco e Carmelo Barbagallo, poco sensibili ai desiderata dell' esecutivo, e dall' altro i membri considerati più filogovernativi. In un appunto del 4 giugno 2014, dettato da Mureddu a un suo collaboratore, si legge: «Nominativi della Banca d' Italia Luigi Federico Signorini, Fabio Panetta, Valeria Sannucci già contattati». Secondo il massone toscano qualcuno a lui legato era riuscito ad avvicinare tre membri su cinque del direttorio.
«Ci proporranno anche una banca italiana per l' acquisizione di Banca Etruria» continuava Mureddu. Per i ben informati l' istituto avrebbe dovuto essere quello della Popolare dell' Emilia. Nel promemoria ci sono altre due righe piuttosto interessanti: «Nominativo per direttore generale di Banca Etruria. Ex Banca Italia oggi direttore Generale della Federazione delle banche cooperative delle Marche Franco Di Colli».
Chi aveva pensato a Di Colli come dg, magari per ammorbidire i rapporti tesi con via Nazionale? Mureddu? Carboni? Boschi? L' appunto non lo rivela. «Quel che è certo è che in quei giorni convulsi il nome di Di Colli girò davvero nei piani nobili della banca come possibile direttore», ammette un' altra fonte. Confermando come pure in questo caso Mureddu fosse in possesso di informazioni di prima mano. Nel file dettato dal sedicente 007, dopo la citazione dedicata a Di Colli, compare anche la parola «FIGLIA» tutta in lettere maiuscole. Chi è la figlia in questione? Nel documento il quesito resta senza risposta.
Boschi, con la mediazione di Mureddu, ha cercato il nuovo dg anche nell' ufficio romano di Carboni e nella rosa dei papabili finì pure il nome di Gaetano Sannolo, ex vicedirettore generale della Banca del frusinate. Un personaggio che Mureddu sosteneva fosse imparentato con l' ex vicedirettore dei servizi segreti esteri Paolo Poletti.
In un' intercettazione Carboni e Mureddu individuavano la mancata nomina di Sannolo come possibile origine dei loro guai giudiziari e mediatici. Lo stesso Mureddu, qualche mese fa, con chi scrive, aveva buttato lì una domanda sibillina: «C' era una persona dell' Aise che aveva un nipote che doveva andare in banca Etruria e andò male, non sarà lui la sua fonte?». E raccontò di una presunta telefonata infuocata tra Carboni e Poletti dopo la mancata nomina.
Un omonimo del più celebre Flavio, Marco Carboni, informatico ed ex dipendente della Geovision srl, la società di Mureddu fallita nel 2016, ha descritto ai pm gli incontri che avvenivano nel capannone dell' azienda: «Ricordo che un paio di volte ho visto arrivare alla Geovision un' auto di grossa cilindrata di colore scuro con a bordo delle persone bene vestite. In queste due occasioni ricordo che Mureddu diceva () di vestirsi bene in quanto arrivavano quelli di Banca Etruria. Ricordo che un giorno G. C. mi diede anche un computer da analizzare per rimuovere un virus che sentii dire da lui stesso essere di Boschi».
Una notizia che si potrebbe collegare ad alcune frasi pronunciate da Mureddu, nel già citato incontro con il cronista della Verità. Il massone sardo sospettava che Banca d' Italia avesse volontariamente affondato l' istituto aretino: «Come mai non hanno fatto l' accordo con la Popolare di Vicenza? Secondo lei tra Zonin e Banca d' italia c' erano degli accordi?
Non è che tra le email arrivate da Bankitalia a Etruria c' era qualche ordine per fare l' accordo con la Vicenza? Perché non va a vedere se ci sono queste email?». Un riferimento ai messaggi di posta elettronica che potrebbe non essere casuale.
1.BOOM!IL PADRE DELLA BOSCHI UTILIZZÒ I MASSONI PER FARE PRESSIONI SU BANKITALIA
2. MENTRE LA FIGLIA CHIEDEVA AIUTO A UNICREDIT, IL VICEPRESIDENTE DI BANCA ETRURIA SI RIVOLGEVA A CARBONI E MUREDDU. GRAZIE A LORO, PRESE CONTATTO CON 3 MEMBRI SU 5 DEL DIRETTORIO DI PALAZZO KOCH, QUELLI PIU’ VICINI AL GOVERNO RENZI - L' IDEA ERA DI FAR ACQUISIRE LA BANCA TOSCANA ALLA POPOLARE DELL'EMILIA – IL MISTERO DELLE MAIL...
Giacomo Amadori per la Verità
Per decifrare la storia recente di Banca Etruria bisogna concentrarsi su Pier Luigi Boschi e sulle sue ambizioni. L' uomo era entrato nel cda della Popolare di Arezzo quasi per caso, in quota Coldiretti, ma era sempre rimasto nell' ombra. Ma quando il 17 febbraio 2014 sua figlia Maria Elena giura come ministro della Repubblica, chi gli sta intorno inizia a guardarlo con occhi diversi. Qualcuno lo immagina come un possibile salvatore della Patria e a lui questo nuovo ruolo non dispiace. Tanto che accetta la nomina a vicepresidente.
Un testimone privilegiato di quei giorni convulsi rivela alla Verità: «La figlia all' inizio gli aveva consigliato di uscire dal cda di Etruria. Lo confidava lui stesso. Ma lui, invece, un po' per d' ambizione e un po' per arroganza, volle rimanere al suo posto». E i suoi errori non sono finiti. Pier Luigi si affida alle persone sbagliate, si lascia blandire e consigliare da massoni e bancarottieri. In quel periodo ha come suggeritore un apprendista faccendiere, Valeriano Mureddu, con cui aveva condiviso in passato alcuni affari legati al commercio dell' olio e del vino. Mureddu, arrestato a febbraio per bancarotta, è un personaggio indecifrabile: massone dichiarato, piccoli occhi color ghiaccio, si vanta in giro di lavorare con non meglio precisati servizi segreti esteri.
Mureddu mette a disposizione di Boschi i buoni uffici di personaggi assai chiacchierati e il padre della ministra decide di giovarsene. Il nome più scomodo è quello di Flavio Carboni, uscito dalle nebbie degli anni Ottanta con accuse infamanti, diverse assoluzioni e una condanna definitiva per il crac del famigerato Banco ambrosiano.
Nella primavera 2014, Boschi va in missione nella capitale in più occasioni e senza colleghi. Saltuariamente lo accompagna il presidente Lorenzo Rosi. In quel periodo da una parte ci sono gli incontri ufficiali, i tentativi del governo di trovare una soluzione alle varie crisi bancarie, gli abboccamenti con la Popolare di Vicenza e con Unicredit e dall' altra le sortite solitarie di Pier Luigi, convinto di risolvere i problemi grazie a faccendieri e massoni. «Mi risulta che a Roma incontrasse, per lo più in pausa pranzo, un personaggio fuori da Palazzo Koch, il quale poi saliva in sede e riferiva l' esito dell' incontro. Gli abboccamenti avvenivano vicino alla sede di Banca d' Italia», ricorda un ex dirigente di Etruria. Pier Luigi citava come mediatore un uomo che aveva lavorato in via Nazionale e che poi si era dedicato all' attività di consulenza. Qualcuno ci suggerisce il nome di un influente ex ispettore capo.
In quel momento, secondo le fonti della Verità, il direttorio di via Bankitalia era diviso: da una parte il governatore Ignazio Visco e Carmelo Barbagallo, poco sensibili ai desiderata dell' esecutivo, e dall' altro i membri considerati più filogovernativi. In un appunto del 4 giugno 2014, dettato da Mureddu a un suo collaboratore, si legge: «Nominativi della Banca d' Italia Luigi Federico Signorini, Fabio Panetta, Valeria Sannucci già contattati». Secondo il massone toscano qualcuno a lui legato era riuscito ad avvicinare tre membri su cinque del direttorio.
«Ci proporranno anche una banca italiana per l' acquisizione di Banca Etruria» continuava Mureddu. Per i ben informati l' istituto avrebbe dovuto essere quello della Popolare dell' Emilia. Nel promemoria ci sono altre due righe piuttosto interessanti: «Nominativo per direttore generale di Banca Etruria. Ex Banca Italia oggi direttore Generale della Federazione delle banche cooperative delle Marche Franco Di Colli».
Chi aveva pensato a Di Colli come dg, magari per ammorbidire i rapporti tesi con via Nazionale? Mureddu? Carboni? Boschi? L' appunto non lo rivela. «Quel che è certo è che in quei giorni convulsi il nome di Di Colli girò davvero nei piani nobili della banca come possibile direttore», ammette un' altra fonte. Confermando come pure in questo caso Mureddu fosse in possesso di informazioni di prima mano. Nel file dettato dal sedicente 007, dopo la citazione dedicata a Di Colli, compare anche la parola «FIGLIA» tutta in lettere maiuscole. Chi è la figlia in questione? Nel documento il quesito resta senza risposta.
Boschi, con la mediazione di Mureddu, ha cercato il nuovo dg anche nell' ufficio romano di Carboni e nella rosa dei papabili finì pure il nome di Gaetano Sannolo, ex vicedirettore generale della Banca del frusinate. Un personaggio che Mureddu sosteneva fosse imparentato con l' ex vicedirettore dei servizi segreti esteri Paolo Poletti.
In un' intercettazione Carboni e Mureddu individuavano la mancata nomina di Sannolo come possibile origine dei loro guai giudiziari e mediatici. Lo stesso Mureddu, qualche mese fa, con chi scrive, aveva buttato lì una domanda sibillina: «C' era una persona dell' Aise che aveva un nipote che doveva andare in banca Etruria e andò male, non sarà lui la sua fonte?». E raccontò di una presunta telefonata infuocata tra Carboni e Poletti dopo la mancata nomina.
Un omonimo del più celebre Flavio, Marco Carboni, informatico ed ex dipendente della Geovision srl, la società di Mureddu fallita nel 2016, ha descritto ai pm gli incontri che avvenivano nel capannone dell' azienda: «Ricordo che un paio di volte ho visto arrivare alla Geovision un' auto di grossa cilindrata di colore scuro con a bordo delle persone bene vestite. In queste due occasioni ricordo che Mureddu diceva () di vestirsi bene in quanto arrivavano quelli di Banca Etruria. Ricordo che un giorno G. C. mi diede anche un computer da analizzare per rimuovere un virus che sentii dire da lui stesso essere di Boschi».
Una notizia che si potrebbe collegare ad alcune frasi pronunciate da Mureddu, nel già citato incontro con il cronista della Verità. Il massone sardo sospettava che Banca d' Italia avesse volontariamente affondato l' istituto aretino: «Come mai non hanno fatto l' accordo con la Popolare di Vicenza? Secondo lei tra Zonin e Banca d' italia c' erano degli accordi?
Non è che tra le email arrivate da Bankitalia a Etruria c' era qualche ordine per fare l' accordo con la Vicenza? Perché non va a vedere se ci sono queste email?». Un riferimento ai messaggi di posta elettronica che potrebbe non essere casuale.
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