Diario della caduta di un regime.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA
Nella parte alta de il Fatto Quotidiano di oggi, campeggia la notizia:
CONSIP, LA TELEFONATA
Renzi al babbo:
“Non dire bugie, hai visto Romeo
una o più volte?”
Nel libro di Marco Lillo “Di padre in figlio”
(in edicola col Fatto da giovedì),
un’intercettazione del 2.3.2017
in cui Tiziano ammette: “Al ristorante mai, al bar
non ricordo”. Poi Matteo lo incalza: ”Non è
la storia del giro di merda per Medjugorje”.
E Lotti? “La verità non l'hai detta a Luca...
È una cosa seria, andrai a processo”. Infine
l’imbeccata: “Non dire di mamma ai pm”
MARCO LILLO A PAG. 2 - 3
Ai lati:
IN PUBBLICO DICEVA /1:
“Il falso di un pm è molto grave...
Mio padre ha pianto. Ora porto
i miei figli a cena dal nonno”
Matteo Renzi, Otto e mezzo, 12.04.2017
IN PUBBLICO DICEVA /2:
“Travaglio fa il Falso Quotidiano.
È finita la parte di quello che sta
buono e zitto, andremo in tribunale”
Matteo Renzi, Otto e mezzo, 12.04.2017
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
...IL COMICO DI RIGNANO...
7 minuti fa
0
"È una gogna mediatica,
ma dimostra mia serietà"
Chiara Sarra
7 minuti fa
0
"È una gogna mediatica,
ma dimostra mia serietà"
Chiara Sarra
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
2017, L'ANNO DELLA SFIGA
SUBITO DOPO OLIVIERO BEHA:
Morto Alberto La Volpe, ex direttore Tg2
2/34
ANSA
40 minuti fa
CONDIVIDI
DIAPOSITIVA 1 DI 4 © ANSA
(ANSA) - ROMA, 16 MAG - E' morto a 83 anni Alberto La Volpe, giornalista protagonista di una lunga carriera in Rai. Lo ha reso noto il Tg2, testata che diresse dall'87 al '93, inventando insieme a Giovanni Falcone "Lezioni di mafia".
Eletto alla Camera nel 1994 con i progressisti, fu sottosegretario ai Beni Culturali nel primo governo Prodi e agli Interni nel primo governo D'Alema. La Volpe era nato a Napoli, ma viveva a Roma.
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartanntp
SUBITO DOPO OLIVIERO BEHA:
Morto Alberto La Volpe, ex direttore Tg2
2/34
ANSA
40 minuti fa
CONDIVIDI
DIAPOSITIVA 1 DI 4 © ANSA
(ANSA) - ROMA, 16 MAG - E' morto a 83 anni Alberto La Volpe, giornalista protagonista di una lunga carriera in Rai. Lo ha reso noto il Tg2, testata che diresse dall'87 al '93, inventando insieme a Giovanni Falcone "Lezioni di mafia".
Eletto alla Camera nel 1994 con i progressisti, fu sottosegretario ai Beni Culturali nel primo governo Prodi e agli Interni nel primo governo D'Alema. La Volpe era nato a Napoli, ma viveva a Roma.
http://www.msn.com/it-it/notizie/italia ... spartanntp
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
IN FONDO AL POZZO NERO, ….A DESTRA……
Quattro giorni fa:
Rino Formica - L'ex ministro socialista: “È eticamente deplorevole, ma ormai la gente s'è abituata ...
Il problema del fallimento dell’Italia, risiede anche in questa riflessione di Rino Formica.
Da Google:
“I nostri nani erano giganti: chi mente in aula deve dimettersi” - Il Fatto ...
https://www.ilfattoquotidiano.it/.../i- ... aula-deve-...
1.
4 giorni fa - Anovant'anni compiuti il primo marzo scorso, Rino Formica conserva una nitidissima “vista” politica. L'ex ministro del Psi di Bettino Craxi fu tra i ...
“I nostri nani erano giganti: chi mente... - Marco Travaglio News ...
https://www.facebook.com/MarcoTravaglio ... 0855519589
1.
“I nostri nani erano giganti: chi mente in aula deve dimettersi” Rino Formica - L'ex ministro socialista: “È eticamente deplorevole, ma ormai la gente s'è abituata ...
I nostri nani erano giganti: chi mente in aula deve ... - PressReader
https://www.pressreader.com/italy/il-fa ... 6650519757
3 giorni fa - “I nostri nani erano giganti: chi mente in aula deve dimettersi” ... Anovant' anni compiuti il primo marzo scorso, Rino Formica conserva una .
Purtroppo, devo dare ragione all’ex craxiano, Rino Formica, che ai tempi di Bottino, si spacciavano per socialisti, mentre erano solo dei “succhialisti”.
Socialisti erano Pertini e Matteotti.
“ormai la gente s'è abituata ...”, meglio dire “narcotizzata”, ma la realtà oggi è questa, per quanto sia amarissima anticipata anche da Roberto Saviano, giorni addietro:
Quando il nuovo fascismo sarà alle porte ricordiamoci di chi gliele avrà fatte trovare aperte”.
Roberto Saviano
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
ORMAI E' GUERRA SENZA QUARTIERE TRA IL FATTO QUOTIDIANO E PINOCCHIO MUSSSOLONI
Il sindaco di Rignano smentisce Tiziano Renzi
‘Sapeva dell’indagine da ottobre, temeva arresto’
CASO CONSIP – Il babbo dell’ex premier accusa Marco Lillo di averlo informato a novembre, ma il verbale dell’ex Pd Lorenzini smonta questa ipotesi. Matteo attacca, ma non chiarisce – LE 3 DOMANDE DEL FATTO
In due intercettazioni Tiziano Renzi ha accusato Marco Lillo di avergli rivelato l’esistenza dell’inchiesta Consip ai primi di novembre. Ma a verbale di Daniele Lorenzini, sindaco Pd di Rignano sull’Arno, lo smentisce: “Tiziano mi disse che aveva saputo di essere coinvolto in un’indagine di Napoli che riguardava ‘un soggetto di Napoli’. Mi precisò che temeva di essere arrestato. Il nostro colloquio è avvenuto nella prima parte di ottobre”. Il verbale dell’interrogatorio è pubblicato nel libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” (Paper First), da domani in vendita nelle edicole e nelle maggiori librerie
di Marco Lillo
Il sindaco di Rignano smentisce Tiziano Renzi
‘Sapeva dell’indagine da ottobre, temeva arresto’
CASO CONSIP – Il babbo dell’ex premier accusa Marco Lillo di averlo informato a novembre, ma il verbale dell’ex Pd Lorenzini smonta questa ipotesi. Matteo attacca, ma non chiarisce – LE 3 DOMANDE DEL FATTO
In due intercettazioni Tiziano Renzi ha accusato Marco Lillo di avergli rivelato l’esistenza dell’inchiesta Consip ai primi di novembre. Ma a verbale di Daniele Lorenzini, sindaco Pd di Rignano sull’Arno, lo smentisce: “Tiziano mi disse che aveva saputo di essere coinvolto in un’indagine di Napoli che riguardava ‘un soggetto di Napoli’. Mi precisò che temeva di essere arrestato. Il nostro colloquio è avvenuto nella prima parte di ottobre”. Il verbale dell’interrogatorio è pubblicato nel libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” (Paper First), da domani in vendita nelle edicole e nelle maggiori librerie
di Marco Lillo
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
Nell’articolo di oggi scelto da LIBRE ASSOCIAZIONE DI IDEE, avanza quest’accusa nei confronti di de Bortoli:
Magaldi: ipocrita De Bortoli, bussò alla super-massoneria
«Ferruccio De Bortoli dimostra ancora una volta una grande ipocrisia: conosce benissimo i mondi massonici, sia quelli caserecci che quelli sovranazionali. Lui stesso, come Renzi, ha cercato più volte, senza riuscirci, di essere ammesso ai salotti massonici di alto profilo».
Lui, che è Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Democratico di Palazzo Giustiniani, deve essere più preciso nella comunicazione.
Se come sostiene lui, de Bortoli ha cercato più volte di essere ammesso alla massoneria, saprà anche perché l’ex direttore del Corriere della Sera non è stato ammesso.
I suoi “confratelli” gli avranno spiegato il motivo del “Gran rifiuto”
Magaldi cita anche Pinocchio Mussoloni.
Ma in questo caso il rifiuto è comprensibile. Pinocchio Mussoloni, detto “Il Bomba” avrebbe fatto crollare la massoneria.
Già in precedenza anche Gelli mal sopportava un cacciaballe come Verdini.
LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.
Magaldi: ipocrita De Bortoli, bussò alla super-massoneria
Scritto il 17/5/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Ferruccio De Bortoli dimostra ancora una volta una grande ipocrisia: conosce benissimo i mondi massonici, sia quelli caserecci che quelli sovranazionali. Lui stesso, come Renzi, ha cercato più volte, senza riuscirci, di essere ammesso ai salotti massonici di alto profilo». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che rivela l’esistenza di 36 Ur-Lodges, superlogge internazionali, che funzionano da “back-office” del vero potere. «Sia chiaro, non è affatto un disonore cercare di essere accolti in quei circoli», premette Magaldi, intervistato da Gianluca Fabi ai microfoni di “Radio Cusano Campus”. Il problema, semmai è la mancanza di franchezza: nel suo libro “Poteri forti, o quasi”, l’ex direttore del “Corriere della Sera” e del “Sole 24 Ore” parla di massoneria e banche, da Mps a Banca Etruria, da cui la polemica su Maria Elena Boschi, che avrebbe interessato Unicredit per tentare di salvare la banca toscana di cui il padre era vicepresidente. «Giusto parlare di conflitto d’interessi quando si compie qualcosa di sbagliato, non quando si cerca di tutelare risparmiatori e posti di lavoro», taglia corto Magaldi, che rimprovera a De Bortoli di “fare le pulci” ai toscani senza però rivelare nulla sui suoi rapporti con la vera massoneria di potere, il mondo delle Ur-Lodges.
Massoneria e banche? Mps, per esempio: «Tra massoni veri e presunti», dichiara Magaldi, «gli unici due che avrebbero dovuto essere ben vigilati sono due massoni di altissimo grado: Mario Draghi, all’epoca governatore di Bankitalia, e Anna Maria Tarantola», poi ministro del governo Monti, «allora a capo della vigilanza di Bankitalia, che non vigilò affatto sulle operazioni Antonveneta e Mps». Esponenti entrambi non della piccola massoneria nazionale, «provinciale», ma del vero circuito del grande potere, quello delle superlogge. La massoneria oggi chiamata in causa perché ne parla De Bortoli? «Qui entriamo nel paradosso, nella surrealtà», continua Magaldi, ricordando che a suo tempo il direttore del “Corriere” parlò di “odore stantio di massoneria” per descrivere i rapporti intorno a Renzi. Errore ottico: «Non era importante indagare tra i rapporti caserecci e di piccolo calibro del padre di Renzi in Toscana, ma andavano cercate altre aree: Renzi si muoveva a New York e bussava alle porte di ben altri templi». Lo stesso Magaldi ne parlò apertamente a “Linkiesta” già nel settembre 2014: «Nessuno ha notato la coincidenza tra la pubblicazione dell’editoriale di De Bortoli e la contemporanea presenza di Matteo Renzi alla sede newyorkese del Council on Foreign Relations».
Il potente Cfr, “santuario” dell’élite atlantica, è definito «solidissimo sodalizio paramassonico istituito nel 1921, mentre nel 1920 era stato fondato il suo omologo britannico, il Royal Institute of International Affairs o Chatham House». Entrambe queste associazioni paramassoniche, rivela Magaldi, furono create su iniziativa della Ur-Lodge “Leviathan”, espressione dei circuiti supermassonici reazionari. Entrambe, sia il Cfr che il Riia, «continuano ad essere controllate e gestite da massoni, con la presenza ancillare e subalterna di paramassoni servizievoli, ossia di membri “profani” del jet-set politico, economico-finanziario, mediatico, diplomatico, militare e culturale internazionale, i quali ancora non hanno avuto un’iniziazione massonica presso il circuito elitario ed ambitissmo delle Ur-Lodges, ma aspirano ad averla». In gergo si chiamano “bussanti”: ruolo che, secondo Magaldi, accomuna Renzi e De Bortoli, entrambi lasciati – per ora – fuori dalla porta. Naturalmente De Bortoli non ne fa cenno, però torna a evocare il tema della massoneria “casereccia” anche in televisione, da Lilli Gruber, per poi essere richiamato alla franchezza da Massimo Cacciari, che gli risponde: ma vogliamo parlare allora dei reticolati massonici francesi e internazionali che hanno costruito in modo artificiale l’operazione Macron?
Il neo-inquilino dell’Eliseo, che ha voluto celebrare la vittoria elettorale «ai piedi della piramide del Louvre fatta erigere dal massone Mitterrand», è senz’altro figlio di un’operazione massonica raffinata, conferma Magaldi: si tratta però di capire di quale segno sia, anche se la storia del suo mentore, il supermassone reazionario Jacques Attali, tra gli architetti dell’oligarchia Ue, si è finora mosso in una direzione non certo progressista. Che Macron sia massone, comunque, non è un segreto (né un problema) per nessuno, in Francia, dove la massoneria – dai tempi di Napoleone, che importò da Charleston il Rito Scozzese e dall’Egitto la simbologia delle piramidi – si confronta apertamente con la politica: «I candidati alle presidenziali vanno tranquillamente a fare audizioni nella sede del Grande Oriente di Francia, e una volta eletti – quando non sono massoni – tributano il loro omaggio ai vertici delle comunioni massoniche francesi, talvolta dichiarando di essersi consultati con loro anche per decisioni importanti dal punto di vista geopolitico, strategico, economico». Il tutto, alla luce del sole: «Negli Usa, nel Regno Unito e in altre democrazie occidentali, il discorso pubblico sulla massoneria è molto più sereno e pacato». Il problema, ribadisce Magaldi, è l’Italia: «Da noi c’è questo verminaio, perché l’opinione pubblica di massoneria non sa nulla, i giornalisti ancor meno, e gli intellettuali, gli editori, i direttori di giornali – che invece ne sanno – fanno finta di non sapere».
Magaldi: ipocrita De Bortoli, bussò alla super-massoneria
«Ferruccio De Bortoli dimostra ancora una volta una grande ipocrisia: conosce benissimo i mondi massonici, sia quelli caserecci che quelli sovranazionali. Lui stesso, come Renzi, ha cercato più volte, senza riuscirci, di essere ammesso ai salotti massonici di alto profilo».
Lui, che è Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Democratico di Palazzo Giustiniani, deve essere più preciso nella comunicazione.
Se come sostiene lui, de Bortoli ha cercato più volte di essere ammesso alla massoneria, saprà anche perché l’ex direttore del Corriere della Sera non è stato ammesso.
I suoi “confratelli” gli avranno spiegato il motivo del “Gran rifiuto”
Magaldi cita anche Pinocchio Mussoloni.
Ma in questo caso il rifiuto è comprensibile. Pinocchio Mussoloni, detto “Il Bomba” avrebbe fatto crollare la massoneria.
Già in precedenza anche Gelli mal sopportava un cacciaballe come Verdini.
LIBRE news
Recensioni
segnalazioni.
Magaldi: ipocrita De Bortoli, bussò alla super-massoneria
Scritto il 17/5/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Ferruccio De Bortoli dimostra ancora una volta una grande ipocrisia: conosce benissimo i mondi massonici, sia quelli caserecci che quelli sovranazionali. Lui stesso, come Renzi, ha cercato più volte, senza riuscirci, di essere ammesso ai salotti massonici di alto profilo». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del Grande Oriente Democratico nonché presidente del Movimento Roosevelt e autore del bestseller “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che rivela l’esistenza di 36 Ur-Lodges, superlogge internazionali, che funzionano da “back-office” del vero potere. «Sia chiaro, non è affatto un disonore cercare di essere accolti in quei circoli», premette Magaldi, intervistato da Gianluca Fabi ai microfoni di “Radio Cusano Campus”. Il problema, semmai è la mancanza di franchezza: nel suo libro “Poteri forti, o quasi”, l’ex direttore del “Corriere della Sera” e del “Sole 24 Ore” parla di massoneria e banche, da Mps a Banca Etruria, da cui la polemica su Maria Elena Boschi, che avrebbe interessato Unicredit per tentare di salvare la banca toscana di cui il padre era vicepresidente. «Giusto parlare di conflitto d’interessi quando si compie qualcosa di sbagliato, non quando si cerca di tutelare risparmiatori e posti di lavoro», taglia corto Magaldi, che rimprovera a De Bortoli di “fare le pulci” ai toscani senza però rivelare nulla sui suoi rapporti con la vera massoneria di potere, il mondo delle Ur-Lodges.
Massoneria e banche? Mps, per esempio: «Tra massoni veri e presunti», dichiara Magaldi, «gli unici due che avrebbero dovuto essere ben vigilati sono due massoni di altissimo grado: Mario Draghi, all’epoca governatore di Bankitalia, e Anna Maria Tarantola», poi ministro del governo Monti, «allora a capo della vigilanza di Bankitalia, che non vigilò affatto sulle operazioni Antonveneta e Mps». Esponenti entrambi non della piccola massoneria nazionale, «provinciale», ma del vero circuito del grande potere, quello delle superlogge. La massoneria oggi chiamata in causa perché ne parla De Bortoli? «Qui entriamo nel paradosso, nella surrealtà», continua Magaldi, ricordando che a suo tempo il direttore del “Corriere” parlò di “odore stantio di massoneria” per descrivere i rapporti intorno a Renzi. Errore ottico: «Non era importante indagare tra i rapporti caserecci e di piccolo calibro del padre di Renzi in Toscana, ma andavano cercate altre aree: Renzi si muoveva a New York e bussava alle porte di ben altri templi». Lo stesso Magaldi ne parlò apertamente a “Linkiesta” già nel settembre 2014: «Nessuno ha notato la coincidenza tra la pubblicazione dell’editoriale di De Bortoli e la contemporanea presenza di Matteo Renzi alla sede newyorkese del Council on Foreign Relations».
Il potente Cfr, “santuario” dell’élite atlantica, è definito «solidissimo sodalizio paramassonico istituito nel 1921, mentre nel 1920 era stato fondato il suo omologo britannico, il Royal Institute of International Affairs o Chatham House». Entrambe queste associazioni paramassoniche, rivela Magaldi, furono create su iniziativa della Ur-Lodge “Leviathan”, espressione dei circuiti supermassonici reazionari. Entrambe, sia il Cfr che il Riia, «continuano ad essere controllate e gestite da massoni, con la presenza ancillare e subalterna di paramassoni servizievoli, ossia di membri “profani” del jet-set politico, economico-finanziario, mediatico, diplomatico, militare e culturale internazionale, i quali ancora non hanno avuto un’iniziazione massonica presso il circuito elitario ed ambitissmo delle Ur-Lodges, ma aspirano ad averla». In gergo si chiamano “bussanti”: ruolo che, secondo Magaldi, accomuna Renzi e De Bortoli, entrambi lasciati – per ora – fuori dalla porta. Naturalmente De Bortoli non ne fa cenno, però torna a evocare il tema della massoneria “casereccia” anche in televisione, da Lilli Gruber, per poi essere richiamato alla franchezza da Massimo Cacciari, che gli risponde: ma vogliamo parlare allora dei reticolati massonici francesi e internazionali che hanno costruito in modo artificiale l’operazione Macron?
Il neo-inquilino dell’Eliseo, che ha voluto celebrare la vittoria elettorale «ai piedi della piramide del Louvre fatta erigere dal massone Mitterrand», è senz’altro figlio di un’operazione massonica raffinata, conferma Magaldi: si tratta però di capire di quale segno sia, anche se la storia del suo mentore, il supermassone reazionario Jacques Attali, tra gli architetti dell’oligarchia Ue, si è finora mosso in una direzione non certo progressista. Che Macron sia massone, comunque, non è un segreto (né un problema) per nessuno, in Francia, dove la massoneria – dai tempi di Napoleone, che importò da Charleston il Rito Scozzese e dall’Egitto la simbologia delle piramidi – si confronta apertamente con la politica: «I candidati alle presidenziali vanno tranquillamente a fare audizioni nella sede del Grande Oriente di Francia, e una volta eletti – quando non sono massoni – tributano il loro omaggio ai vertici delle comunioni massoniche francesi, talvolta dichiarando di essersi consultati con loro anche per decisioni importanti dal punto di vista geopolitico, strategico, economico». Il tutto, alla luce del sole: «Negli Usa, nel Regno Unito e in altre democrazie occidentali, il discorso pubblico sulla massoneria è molto più sereno e pacato». Il problema, ribadisce Magaldi, è l’Italia: «Da noi c’è questo verminaio, perché l’opinione pubblica di massoneria non sa nulla, i giornalisti ancor meno, e gli intellettuali, gli editori, i direttori di giornali – che invece ne sanno – fanno finta di non sapere».
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:ORMAI E' GUERRA SENZA QUARTIERE TRA IL FATTO QUOTIDIANO E PINOCCHIO MUSSSOLONI
Il sindaco di Rignano smentisce Tiziano Renzi
‘Sapeva dell’indagine da ottobre, temeva arresto’
CASO CONSIP – Il babbo dell’ex premier accusa Marco Lillo di averlo informato a novembre, ma il verbale dell’ex Pd Lorenzini smonta questa ipotesi. Matteo attacca, ma non chiarisce – LE 3 DOMANDE DEL FATTO
In due intercettazioni Tiziano Renzi ha accusato Marco Lillo di avergli rivelato l’esistenza dell’inchiesta Consip ai primi di novembre. Ma a verbale di Daniele Lorenzini, sindaco Pd di Rignano sull’Arno, lo smentisce: “Tiziano mi disse che aveva saputo di essere coinvolto in un’indagine di Napoli che riguardava ‘un soggetto di Napoli’. Mi precisò che temeva di essere arrestato. Il nostro colloquio è avvenuto nella prima parte di ottobre”. Il verbale dell’interrogatorio è pubblicato nel libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” (Paper First), da domani in vendita nelle edicole e nelle maggiori librerie
di Marco Lillo
Consip, l’amico sindaco di Rignano: “Tiziano Renzi sapeva dell’indagine da ottobre e temeva le manette”
Esclusivo - Il verbale di Lorenzini (Rignano) svela ai pm che babbo Renzi seppe dell’inchiesta prima che ne parlassero i giornali
di Marco Lillo | 17 maggio 2017
|
Pubblichiamo un estratto dal libro di Marco Lillo “Di padre in figlio” (Paper First), da giovedì 18 maggio in vendita nelle edicole e nelle maggiori librerie.
Il verbale del sindaco di Rignano sull’Arno, Daniele Lorenzini, finora inedito è davvero importante per capire che il giro rignanese di Tiziano Renzi e quello fiorentino e istituzionale del figlio premier in carica erano strettamente legati. E che ci sia stata un’osmosi tra i due giri, con passaggio di notizie riservate da Roma a Firenze e Rignano, non appare così assurdo. Ma leggiamo cosa disse quel giorno Lorenzini ai pm Palazzi di Roma e Woodcock di Napoli: “Tiziano Renzi, presso il suo ufficio di Rignano sull’Arno, sito in via Roma, dove mi ero recato per discutere di cose locali, a un certo punto mi disse di seguirlo fuori dalla porta del suo ufficio nel piazzale antistante, dicendomi di lasciare il mio come il suo cellulare all’interno dell’ufficio; quando fummo fuori Tiziano mi disse che aveva saputo di essere coinvolto in un’indagine di Napoli che riguardava un ‘soggetto di Napoli’, che lui aveva incontrato una sola volta, facendomi intendere a gesti che aveva probabilmente il telefono sotto controllo; nella circostanza Renzi mi disse che lui non c’entrava, ma che temeva qualora fosse uscita la notizia, poterci essere un pregiudizio per l’esito del futuro referendum istituzionale; Tiziano mi precisò anche che temeva di essere arrestato nell’ambito di tale indagine. Il colloquio tra me e Tiziano Renzi è avvenuto sicuramente nella prima parte di ottobre” (un mese prima che La Verità, il 6 novembre 2016, accennasse all’inchiesta Consip, ndr).
Inizialmente Lorenzini aveva detto che l’incontro era avvenuto “intorno alla fine di ottobre del 2016” ma poi, orientandosi meglio tra gli accadimenti aveva rettificato la data con certezza. “Dopo qualche tempo, e cioè il sabato sera (5 novembre, ndr) della Leopolda ho ricevuto una telefonata di un giornalista o del Mattino o del Messaggero il quale mi chiese se sapevo qualcosa di un’indagine condotta dall’autorità giudiziaria di Napoli che coinvolgeva anche Tiziano Renzi; (…) Tiziano Renzi nel periodo successivo mi ha più volte parlato di tale indagine e della sua preoccupazione. Confermo di avere parlato di tale indagine anche con Roberto Bargilli (detto Billi, ndr), che è un mio assessore, e anche con altri assessori, Tommaso Cipro sicuramente forse anche con Eva Uccella”.
Attenzione, quindi Billi sapeva. L’autista del camper due mesi dopo quelle confidenze di Tiziano sull’inchiesta di Napoli e sulla paura di essere intercettato telefona, a nome di Tiziano stesso, al coindagato Carlo Russo per dirgli di non chiamare più Renzi senior. A Rignano non deve esserci proprio un clima sereno in giunta. Bargilli resta assessore e Lorenzini rimane sindaco ma è evidente che, quando il primo cittadino avrà sentito le dichiarazioni di Billi, che nega un intervento su Russo per evitare le intercettazioni (“gli ho solo inviato un sms per dirgli di non scocciare perché chiamava sempre Tiziano”), si deve essere messo a ridere.
Anche perché, sempre ai pm, il 3 marzo Lorenzini dichiara: “Non escludo che anche Bargilli Roberto mi disse che Tiziano Renzi gli aveva detto di non parlare al telefono”. Lorenzini è davvero una figura particolare nel giro dei Renzi: sindaco, medico e amico di famiglia viene ammesso alle segrete stanze (meglio ai segreti cortili dove si parla senza paura delle cimici) e poi spiffera tutto ai giornali e ai magistrati, ai quali descrive anche una cena nella quale il generale Emanuele Saltalamacchia mise in guardia Tiziano Renzi.
Lorenzini anche in questo caso dice di non aver sentito il nome dell’indagato, ma afferma con nettezza che ci fu un allarme preciso dal capo della Toscana dell’Arma “Nei secoli fedele” al padre del premier in carica. “Ricordo inoltre che, sempre nel mese di ottobre, pochi giorni dopo il primo incontro nell’ufficio di Tiziano Renzi sono stato invitato a una cena a casa di Tiziano. Tra gli invitati c’erano oltre a me e mia moglie il generale Emanuele Saltalamacchia (comandante regionale Toscana dei Carabinieri), Massimo Mattei già assessore del Comune di Firenze nella giunta di Matteo Renzi, con la moglie e tale Paolo che credo sia socio di Mattei; Andrea Conticini (genero di Tiziano)”. Interessante notare che, a parte Lorenzini, molti dei presenti avevano qualche problemino: Renzi con la Procura di Napoli e Conticini con quella di Firenze che lo indaga per reimpiego di capitali per l’uso, da parte del fratello, dei fondi Unicef e Operation Usa per fini personali.
Cosa si dissero mentre gli spiedini cuocevano sul braciere della villa in contrada Torri? “A un certo punto mentre eravamo in giardino ho sentito il generale Saltalamacchia dire a Tiziano Renzi che sarebbe stato meglio per lui non frequentare un soggetto, di cui tuttavia non ho sentito il nome, perché era oggetto di indagine. Non conosco nel dettaglio la natura dei rapporti tra la famiglia Renzi e il generale Saltalamacchia ma ho avuto modo di constatare la familiarità perché si davano del tu. Ricordo anche che sentii Saltalamacchia dire a Tiziano di non parlare al telefono. Sempre nel contesto del colloquio Saltalamacchia-Tiziano Renzi. Ricordo perfettamente che questo colloquio a cui ho assistito è avvenuto nel giardino di casa Renzi in occasione della suddetta cena intorno alla bistecchiera mentre si faceva la brace”.
E ancora Lorenzini: “Non ho mai conosciuto personalmente Carlo Russo a meno che non abbia partecipato anche lui a un viaggio a Medjugorje nell’ottobre 2014, viaggio al quale partecipai anche io con mia moglie e Tiziano Renzi con la sua, al quale parteciparono più di cento persone; non so se ci fosse anche Russo ma se c’era io non lo individuai neppure. Ho appreso solo dopo, e cioè da qualche mese, che una società a nome ‘Sicur’ o qualcosa del genere, riconducibile a Carlo Russo, ha formalmente contribuito alla mia campagna elettorale in occasione del rinnovo del consiglio regionale della Toscana del maggio 2015 nella quale io fui candidato; tengo però a precisare che di tale campagna elettorale si occupò Tommaso Cipro, mio attuale assessore e già consigliere comunale di Rignano e dunque io ribadisco che neppure sapevo che tale contributo della suddetta società provenisse dal menzionato Carlo Russo circostanza questa che ripeto ho appreso solo negli ultimi mesi avendomelo rappresentato Tommaso Cipro. Si è trattato comunque di un regolare contributo registrato. Preciso comunque di non essere stato eletto”.
E infine, sempre a verbale, il sindaco parla dell’attuale ministro dello Sport: “A me personalmente Tiziano Renzi non ha mai parlato dell’onorevole Luca Lotti in relazione a tale vicenda anche perché Lotti l’ho visto in tutta la mia vita 2 o 3 volte e con lui non ho mai avuto rapporti diretti. Ho incontrato Filippo Vannoni (presidente di Publiacqua, altro teste nell’inchiesta Consip, ndr) in due o tre occasioni per motivi connessi alla mia attività di sindaco ma in epoca precedente a questi fatti”.
Dopo le interviste e le deposizioni davanti ai pm, tra Lorenzini e Renzi senior è calato il gelo. Tiziano, prima ha cercato più volte l’amico sindaco per un chiarimento. Poi ciascuno ha deciso di tirar dritto per la sua strada. Dopo le notizie sulle indagini, Tiziano s’è autosospeso da segretario Pd del paese. E Lorenzini si è candidato per la rielezione con la lista civica “Insieme per Rignano”, fuori dal Pd (…).
LE BALLE DETTE A “LUCA” E I VUOTI DI MEMORIA: TRE DOMANDE A RENZI
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... e-manette/
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
E’ VERAMENTE UN MOMENTACCIO. CI MANCAVA SOLO “ROMANO”.
17 mag 2017 09:21
RI-STAPPA UN PRODINO! AVVISATE RENZI: NEL NUOVO LIBRO DEL PROFESSORE UN PROGRAMMA DI GOVERNO PER PROVARE A SALVARE L' ITALIA
– TASSA DI SUCCESSIONE, SERVIZIO CIVILE, POLITICHE INDUSTRIALI, PRODI OFFRE LA SUA RICETTA ANCHE SE A TORNARE NELLA STANZA DEI BOTTONI NON CI PENSA: PER ORA…
Paolo Martini per la Stampa
Un programma di governo, dettagliato e pronto per l' uso. Pensato e scritto da un personaggio, Romano Prodi, che a tutto pensa tranne che a tornare nella stanza dei bottoni e invece mette a disposizione di chi volesse metterle in pratica, proposte operative di breve e medio periodo: alcune contropelo, tutte immaginate per ridare slancio ad un Paese che rischia di affogare nella palude sulla quale galleggia da anni. Questo, in sintesi, è «Il piano inclinato», il libro che esce domani, edito da Il Mulino, che è il frutto di una serie di conversazioni di Romano Prodi con Giulio Santagata, già braccio destro del Professore a Palazzo Chigi e con Luigi Scarola, ricercatore di Nomisma.
L' assunto dal quale muove il libro è questo: le crescenti diseguaglianze delle nostre società sono «la causa e non solo la conseguenza del rallentamento della crescita economica». Si parte da alcune «istantanee» eloquenti, che riguardano il passato, quando «le grandi catastrofi» portavano «maggiore giustizia», perché «restringendo l' offerta di mano d' opera» provocavano «l' aumento dei salari e la diminuzione delle rendite». E anche se, ovviamente, non si può sperare in nuove guerre, c' è anche un' altra eredità del passato irriproducibile: un tempo le rivoluzione tecnologiche distruggevano ma poi ricostruivano posti di lavoro. Le automobili appiedarono produttori di carrozze e allevatori di cavalli, ma spalancarono un formidabile indotto: «Strade, raffinerie, distributori di carburante», mentre oggi quell'«aggiustamento automatico non esiste più».
Si è rivelata errata «l' idea imperante» che la crescita della quota di reddito della parte più ricca della popolazione «avrebbe fatto crescere tutta la società» e invece «la remunerazione del capitale e delle rendite» ha dilatato i profitti «ma non gli investimenti. Vittima è il ceto medio, col risultato che «i bianchi americani hanno adesso gli stessi sentimenti che avevano gli underclass neri negli Anni Ottanta». E dunque «la ricostruzione di una robusta classe media e la lotta contro la povertà debbono essere gli obiettivi» prioritari di una politica progressista e il consenso da cercare per alcune riforme dolorose passa «obbligatoriamente» attraverso una «ritrovata centralità» della «middle class».
Le proposte ruotano attorno alla vera «ossessione» del Professore: il sistema Italia è afflitto da un deficit di produttività, da noi «rimasta statica» negli ultimi 15 anni, mentre è «aumentata di 15 punti in Germania e Francia».
Prodi propone «robusti investimenti» su un «sistema di scuole tecniche degne del Ventunesimo secolo», «la palestra dei futuri imprenditori»; la nascita di un servizio civile «innovativo», «da remunerare», puntando così a «recuperare» quella parte di giovani tra i i 18 e i 24 anni che non lavorano e non studiano; chiede una legislazione ad hoc, che eviti la dissipazione delle famiglie imprenditoriali, favorendo la nascita di «Fondazioni che mantengano il ruolo proprietario della famiglia», perché «un' impresa è certamente un bene di proprietà ma anche un interesse pubblico».
Accarezza per paradosso la suggestione di «abolire Tar e Consiglio di Stato», co-protagonisti dell' indecisionismo nazionale; propone di semplificare il sistema di detrazioni fiscali; invoca il ripristino di una mirata imposta di successione; si chiede se non sia stato un errore abolire la tassa sulla prima casa; auspica una «operazione-cacciavite» per rendere più efficace la spesa pubblica, una messa a rendimento del patrimonio pubblico, sostegni vigorosi alle start-up.
Privo di autocelebrazioni (del tipo: «i miei governi...») e di recriminazioni, «Il piano inclinato» conferma le proverbiali doti di visione e di vis operativa di Prodi ed esprime anche un paradosso: quello di un Paese in crisi, che dispone di personalità (non molte) dotate di know how politico, esperienza e relazioni, personalità che però finiscono per diventare «profeti disarmati», incontrando maggiore ascolto nell' opinione pubblica, piuttosto che nella classe politica, tutta concentrata su se stessa e nella ricerca del consenso a breve termine.
17 mag 2017 09:21
RI-STAPPA UN PRODINO! AVVISATE RENZI: NEL NUOVO LIBRO DEL PROFESSORE UN PROGRAMMA DI GOVERNO PER PROVARE A SALVARE L' ITALIA
– TASSA DI SUCCESSIONE, SERVIZIO CIVILE, POLITICHE INDUSTRIALI, PRODI OFFRE LA SUA RICETTA ANCHE SE A TORNARE NELLA STANZA DEI BOTTONI NON CI PENSA: PER ORA…
Paolo Martini per la Stampa
Un programma di governo, dettagliato e pronto per l' uso. Pensato e scritto da un personaggio, Romano Prodi, che a tutto pensa tranne che a tornare nella stanza dei bottoni e invece mette a disposizione di chi volesse metterle in pratica, proposte operative di breve e medio periodo: alcune contropelo, tutte immaginate per ridare slancio ad un Paese che rischia di affogare nella palude sulla quale galleggia da anni. Questo, in sintesi, è «Il piano inclinato», il libro che esce domani, edito da Il Mulino, che è il frutto di una serie di conversazioni di Romano Prodi con Giulio Santagata, già braccio destro del Professore a Palazzo Chigi e con Luigi Scarola, ricercatore di Nomisma.
L' assunto dal quale muove il libro è questo: le crescenti diseguaglianze delle nostre società sono «la causa e non solo la conseguenza del rallentamento della crescita economica». Si parte da alcune «istantanee» eloquenti, che riguardano il passato, quando «le grandi catastrofi» portavano «maggiore giustizia», perché «restringendo l' offerta di mano d' opera» provocavano «l' aumento dei salari e la diminuzione delle rendite». E anche se, ovviamente, non si può sperare in nuove guerre, c' è anche un' altra eredità del passato irriproducibile: un tempo le rivoluzione tecnologiche distruggevano ma poi ricostruivano posti di lavoro. Le automobili appiedarono produttori di carrozze e allevatori di cavalli, ma spalancarono un formidabile indotto: «Strade, raffinerie, distributori di carburante», mentre oggi quell'«aggiustamento automatico non esiste più».
Si è rivelata errata «l' idea imperante» che la crescita della quota di reddito della parte più ricca della popolazione «avrebbe fatto crescere tutta la società» e invece «la remunerazione del capitale e delle rendite» ha dilatato i profitti «ma non gli investimenti. Vittima è il ceto medio, col risultato che «i bianchi americani hanno adesso gli stessi sentimenti che avevano gli underclass neri negli Anni Ottanta». E dunque «la ricostruzione di una robusta classe media e la lotta contro la povertà debbono essere gli obiettivi» prioritari di una politica progressista e il consenso da cercare per alcune riforme dolorose passa «obbligatoriamente» attraverso una «ritrovata centralità» della «middle class».
Le proposte ruotano attorno alla vera «ossessione» del Professore: il sistema Italia è afflitto da un deficit di produttività, da noi «rimasta statica» negli ultimi 15 anni, mentre è «aumentata di 15 punti in Germania e Francia».
Prodi propone «robusti investimenti» su un «sistema di scuole tecniche degne del Ventunesimo secolo», «la palestra dei futuri imprenditori»; la nascita di un servizio civile «innovativo», «da remunerare», puntando così a «recuperare» quella parte di giovani tra i i 18 e i 24 anni che non lavorano e non studiano; chiede una legislazione ad hoc, che eviti la dissipazione delle famiglie imprenditoriali, favorendo la nascita di «Fondazioni che mantengano il ruolo proprietario della famiglia», perché «un' impresa è certamente un bene di proprietà ma anche un interesse pubblico».
Accarezza per paradosso la suggestione di «abolire Tar e Consiglio di Stato», co-protagonisti dell' indecisionismo nazionale; propone di semplificare il sistema di detrazioni fiscali; invoca il ripristino di una mirata imposta di successione; si chiede se non sia stato un errore abolire la tassa sulla prima casa; auspica una «operazione-cacciavite» per rendere più efficace la spesa pubblica, una messa a rendimento del patrimonio pubblico, sostegni vigorosi alle start-up.
Privo di autocelebrazioni (del tipo: «i miei governi...») e di recriminazioni, «Il piano inclinato» conferma le proverbiali doti di visione e di vis operativa di Prodi ed esprime anche un paradosso: quello di un Paese in crisi, che dispone di personalità (non molte) dotate di know how politico, esperienza e relazioni, personalità che però finiscono per diventare «profeti disarmati», incontrando maggiore ascolto nell' opinione pubblica, piuttosto che nella classe politica, tutta concentrata su se stessa e nella ricerca del consenso a breve termine.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
.....NON CI POSSO CREDERE CHE LA VISIONE DI ROMANO SIA FORZATA DAL PARAOCCHI.........ADESSO VADO A FARMI UNA LUNGA CAMMINATA PER RIPRENDERMI DA UN ATTACCO DI SCONFORTO......
Dal Fatto Quotidiano di stamani:
18 » Il Fatto Economico | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 17 Maggio 2017
IL RITORNO Il nuovo libro dell’ex premier è il programma per un governo
di centrosinistra: servizio civile, tassa di successione, meno chef e più industria
Oltre Renzi e M5S, ecco
l’alternativa: il Prodi 4.0
» STEFANO FELTRI
Il nuovo libro di Romano Prodi, in uscita oggi, non è il saggio di un intellettuale, ma un programma di governo.
Il piano inclinato (Il Mulino) è quello su cui sta rotolando l’Italia: in fondo, nel 2018, si intravedono solo un governo deciso da Matteo Renzi, sempre più sfibrato da fallimenti passati e inchieste presenti, o un esperimento centrato sul Movimento 5 Stelle dalle incerte prospettive.
E allora ecco Prodi, che ha costretto le tipografie agli straordinari per arrivare subito in libreria, forse pensando alle elezioni anticipate in autunno.
A differenza di Renzi e del movimento di Beppe Grillo, impegnato in consultazioni web su punti programmatici piuttosto vaghi, Romano Prodi un progetto per l’Italia ce l’ha, solidamente di centrosinistra.
Ha anche una visione del Paese: non abbiamo le “armi atomiche”, cioè Google, Amazon, Facebook, neppure le “corazzate” ( Volkswagen , Nestlé, Siemens).
Abbiamo soltanto “soldati”, alcuni di questi “agili e capaci”: piccole e medie imprese in settori scomparsi dallo storytelling.
Meccanica, componentistica, servizi alla persona.
Ma abbiamo anche un problema di disuguaglianza profondo che si risolve soltanto con correzioni strutturali, bonus o reddito di cittadinanza non bastano.
LA DIAGNOSI.
Secondo Prodi ci sono due priorità: aumentare la produttività e risollevare la domanda interna, “attraverso un sostegno deciso a salari e pensioni ”. Senza troppi convenevoli, Prodi si sbarazza di tutte le parole d’ordine di questi anni.
Via tutta la retorica renziana sulla bellezza, le eccellenze italiane da riscoprire, il turismo come salvezza, il Made in Italycome fonte di orgoglio e petrolio culturale da estrarre: “Non ho nulla contro tutto ciò perché amo il buon cibo e il riposo confortevole, ma penso che le risorse vadano indirizzate nella giusta proporzione richiesta dalle necessità presenti e dalle prospettive di occupazione futura”.
Dimenticate anche l’oscillazione del Movimento 5 Stelle tra slogan anni Ottanta – piccolo è bello, le micro imprese sono perfette così –e previsioni apocalittiche alla Domenico De Masi su un futuro senza lavoro e con troppi robot: nella globalizzazione possiamo starci, se non da protagonisti almeno da comprimari, ma soltanto se capiamo che le imprese sono organizzazioni private con una forte valenza pubblica. E quindi è responsabilità di tutti, e della politica, occuparsi del loro destino. Esempi concreti: una difesa dei settori strategici per evitare lo shopping straniero, incentivare la nascita di fondazioni cui conferire le azioni per evitare che il passaggio generazionale distrugga le imprese famigliari. Alle imprese serve anche un “capitale umano”adeguato: una istruzione tecnica adatta ai tempi è un vecchio pallino del Professore che propone il modello tedesco, una rete di “istituti specializzati (Fraunhofer)” nei vari settori di tecnologia applicata: dall’elettronica ai materiali alla chimica all’automazione alla biotecnologia ai risparmi energetici nell’edilizia. Per guidare questa transizione sono cruciali quei sindacati che renzismo e M5S vogliono relegare nei musei.
LE MISURE STRUTTURALI
Ridurre la disuguaglianza è l’obiettivo di fondo. Non per ragioni (solo) di giustizia, ma perché è tramite la redistribuzione che si possono risolvere molti problemi. Primo punto: l’imposta di successione. In Italia non c’è sotto il milione di euro, sopra è al 4 per cento. In Francia a franchigia è a 157.000 euro e le aliquote tra il 4 e il 40 per cento. In Germania al 7 per cento per beni sotto i 600.000 euro e 30 per cento sopra. Basta adottare una via di mezzo tra questi sistemi e in Italia il gettito sale da 500 milioni a 1,5 miliardi. Risorse da usare per l’istruzione, per esempio. Perché il programma di Prodi ha bisogno di parecchie risorse: per il servizio civile esteso a tutti, o almeno a metà di quei 1,1 milioni di giovani (18-24 anni) che non studiano e non lavorano, costa 1,8 miliardi all’anno. Parecchio ma, osserva Prodi, tenere questi ragazzi improduttivi oggi determina un costo per l’Italia di 30-45 miliardi l’anno.
WELFARE.
Altri 10 miliardi servono per intervenire sulle pensioni: invece che assegnare un reddito di cittadinanza, Prodi propone di rispondere alla maggiore angoscia diffusa –un reddito dopo la fine dell’età lavorativa – rendendo al contempo più competitive le imprese. L’idea è di avere un’unica aliquota contributiva al 27 per cento (la più bassa delle attuali) e di garantire a tutti i lavoratori che hanno versato almeno 20 anni di contributi una pensione aggiuntiva rispetto a quella maturata con la differenza a carico della fiscalità generale. I lavoratori sarebbero sicuri di non finire in povertà, le imprese avrebbero una riduzione del costo del lavoro (a salari invariati). Sono tanti 10 miliardi, ma è la stessa cifra che Renzi ha impegnato per rendere permanente il bonus da 80 euro al mese che così pochi risultati ha prodotto.
LE FAMIGLIE.
La casa è il dramma di molte famiglie: capitale immobilizzato che non rende, mutui insostenibili in caso di perdita del lavoro, conseguenti sofferenze bancarie che zavorrano i bilanci. Il programma Prodi prevede un fondo pubblico che acquisterebbe dalle famiglie le case che non riescono più a pagare: gli inquilini perderebbero la proprietà, ma scambierebbero un mutuo con un contratto a lunga scadenza con un canone sostenibile (2.000 euro l’anno). Risultato: le famiglie non finiscono per strada, le banche non devono disfarsi dei mutui svendendoli a società di recupero crediti. Più volte nel libro Prodi accenna ai primi passi compiuti su alcuni di questi temi nei suoi due precedenti governi, 1996 e 2006. Forse gli piacerebbe finire il lavoro.
Dal Fatto Quotidiano di stamani:
18 » Il Fatto Economico | IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 17 Maggio 2017
IL RITORNO Il nuovo libro dell’ex premier è il programma per un governo
di centrosinistra: servizio civile, tassa di successione, meno chef e più industria
Oltre Renzi e M5S, ecco
l’alternativa: il Prodi 4.0
» STEFANO FELTRI
Il nuovo libro di Romano Prodi, in uscita oggi, non è il saggio di un intellettuale, ma un programma di governo.
Il piano inclinato (Il Mulino) è quello su cui sta rotolando l’Italia: in fondo, nel 2018, si intravedono solo un governo deciso da Matteo Renzi, sempre più sfibrato da fallimenti passati e inchieste presenti, o un esperimento centrato sul Movimento 5 Stelle dalle incerte prospettive.
E allora ecco Prodi, che ha costretto le tipografie agli straordinari per arrivare subito in libreria, forse pensando alle elezioni anticipate in autunno.
A differenza di Renzi e del movimento di Beppe Grillo, impegnato in consultazioni web su punti programmatici piuttosto vaghi, Romano Prodi un progetto per l’Italia ce l’ha, solidamente di centrosinistra.
Ha anche una visione del Paese: non abbiamo le “armi atomiche”, cioè Google, Amazon, Facebook, neppure le “corazzate” ( Volkswagen , Nestlé, Siemens).
Abbiamo soltanto “soldati”, alcuni di questi “agili e capaci”: piccole e medie imprese in settori scomparsi dallo storytelling.
Meccanica, componentistica, servizi alla persona.
Ma abbiamo anche un problema di disuguaglianza profondo che si risolve soltanto con correzioni strutturali, bonus o reddito di cittadinanza non bastano.
LA DIAGNOSI.
Secondo Prodi ci sono due priorità: aumentare la produttività e risollevare la domanda interna, “attraverso un sostegno deciso a salari e pensioni ”. Senza troppi convenevoli, Prodi si sbarazza di tutte le parole d’ordine di questi anni.
Via tutta la retorica renziana sulla bellezza, le eccellenze italiane da riscoprire, il turismo come salvezza, il Made in Italycome fonte di orgoglio e petrolio culturale da estrarre: “Non ho nulla contro tutto ciò perché amo il buon cibo e il riposo confortevole, ma penso che le risorse vadano indirizzate nella giusta proporzione richiesta dalle necessità presenti e dalle prospettive di occupazione futura”.
Dimenticate anche l’oscillazione del Movimento 5 Stelle tra slogan anni Ottanta – piccolo è bello, le micro imprese sono perfette così –e previsioni apocalittiche alla Domenico De Masi su un futuro senza lavoro e con troppi robot: nella globalizzazione possiamo starci, se non da protagonisti almeno da comprimari, ma soltanto se capiamo che le imprese sono organizzazioni private con una forte valenza pubblica. E quindi è responsabilità di tutti, e della politica, occuparsi del loro destino. Esempi concreti: una difesa dei settori strategici per evitare lo shopping straniero, incentivare la nascita di fondazioni cui conferire le azioni per evitare che il passaggio generazionale distrugga le imprese famigliari. Alle imprese serve anche un “capitale umano”adeguato: una istruzione tecnica adatta ai tempi è un vecchio pallino del Professore che propone il modello tedesco, una rete di “istituti specializzati (Fraunhofer)” nei vari settori di tecnologia applicata: dall’elettronica ai materiali alla chimica all’automazione alla biotecnologia ai risparmi energetici nell’edilizia. Per guidare questa transizione sono cruciali quei sindacati che renzismo e M5S vogliono relegare nei musei.
LE MISURE STRUTTURALI
Ridurre la disuguaglianza è l’obiettivo di fondo. Non per ragioni (solo) di giustizia, ma perché è tramite la redistribuzione che si possono risolvere molti problemi. Primo punto: l’imposta di successione. In Italia non c’è sotto il milione di euro, sopra è al 4 per cento. In Francia a franchigia è a 157.000 euro e le aliquote tra il 4 e il 40 per cento. In Germania al 7 per cento per beni sotto i 600.000 euro e 30 per cento sopra. Basta adottare una via di mezzo tra questi sistemi e in Italia il gettito sale da 500 milioni a 1,5 miliardi. Risorse da usare per l’istruzione, per esempio. Perché il programma di Prodi ha bisogno di parecchie risorse: per il servizio civile esteso a tutti, o almeno a metà di quei 1,1 milioni di giovani (18-24 anni) che non studiano e non lavorano, costa 1,8 miliardi all’anno. Parecchio ma, osserva Prodi, tenere questi ragazzi improduttivi oggi determina un costo per l’Italia di 30-45 miliardi l’anno.
WELFARE.
Altri 10 miliardi servono per intervenire sulle pensioni: invece che assegnare un reddito di cittadinanza, Prodi propone di rispondere alla maggiore angoscia diffusa –un reddito dopo la fine dell’età lavorativa – rendendo al contempo più competitive le imprese. L’idea è di avere un’unica aliquota contributiva al 27 per cento (la più bassa delle attuali) e di garantire a tutti i lavoratori che hanno versato almeno 20 anni di contributi una pensione aggiuntiva rispetto a quella maturata con la differenza a carico della fiscalità generale. I lavoratori sarebbero sicuri di non finire in povertà, le imprese avrebbero una riduzione del costo del lavoro (a salari invariati). Sono tanti 10 miliardi, ma è la stessa cifra che Renzi ha impegnato per rendere permanente il bonus da 80 euro al mese che così pochi risultati ha prodotto.
LE FAMIGLIE.
La casa è il dramma di molte famiglie: capitale immobilizzato che non rende, mutui insostenibili in caso di perdita del lavoro, conseguenti sofferenze bancarie che zavorrano i bilanci. Il programma Prodi prevede un fondo pubblico che acquisterebbe dalle famiglie le case che non riescono più a pagare: gli inquilini perderebbero la proprietà, ma scambierebbero un mutuo con un contratto a lunga scadenza con un canone sostenibile (2.000 euro l’anno). Risultato: le famiglie non finiscono per strada, le banche non devono disfarsi dei mutui svendendoli a società di recupero crediti. Più volte nel libro Prodi accenna ai primi passi compiuti su alcuni di questi temi nei suoi due precedenti governi, 1996 e 2006. Forse gli piacerebbe finire il lavoro.
-
- Messaggi: 5725
- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
| IL FATTO QUOTIDIANO | Giovedì 18 Maggio 2017
RIMOZIONE FORZATA Nessuno parla delle frasi imbarazzanti di Renzi al babbo
Vogliono imboscare tutto
Da Consip a Etruria, i partiti chiedono di imbavagliare chi racconta i fatti
1. Inquietante telefonata
fra Tiziano e l’avvocato:
“Marroni è ricattabile”
>> LILLO A PAG. 2
2. Re Giorgio: bavaglio su
intercettazioni. Orfini:
“Democrazia a rischio”
>> TECCE A PAG. 3
3. Commissione Finanze
non vuole ascoltare
Ghizzoni sulla Boschi
>> PALOMBI A PAG. 5
RIMOZIONE FORZATA Nessuno parla delle frasi imbarazzanti di Renzi al babbo
Vogliono imboscare tutto
Da Consip a Etruria, i partiti chiedono di imbavagliare chi racconta i fatti
1. Inquietante telefonata
fra Tiziano e l’avvocato:
“Marroni è ricattabile”
>> LILLO A PAG. 2
2. Re Giorgio: bavaglio su
intercettazioni. Orfini:
“Democrazia a rischio”
>> TECCE A PAG. 3
3. Commissione Finanze
non vuole ascoltare
Ghizzoni sulla Boschi
>> PALOMBI A PAG. 5
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Nessuno e 0 ospiti