Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
NELL'ITALIA SOTTO LE MACERIE TORNANO VICENDE DEL RECENTE PASSATO
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Laurenti: Ilaria Alpi e Carlo Giuliani, stessi killer (nostri 007)
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«Fotografò un uomo, un carabiniere, mentre fracassava il cranio di Carlo Giuliani, già a terra, colpito ma ancora vivo. E poi ammise: ho avuto più paura a Genova che tra i miliziani in Somalia. Poi quella foto è scomparsa per sempre». Parola di Giulio Laurenti, scrittore, autore del romanzo d’inchiesta “La madre dell’uovo” che gli è costato minacce e pericolose intrusioni. Il sospetto: Carlo Giuliani è stato ucciso al G8 di Genova nel 2001 per ordine delle stesse persone che, sette anni prima, avevano fatto assassinare a Mogadiscio Ilaria Alpi, giornalista del Tg3. La traccia parte dalla confessione di quel fotografo, di cui Laurenti non fa il nome. «Ho saputo comunque che, prima di essere a piazza Alimonda al momento dell’omicidio Giuliani, aveva lavorato coi militari italiani in Somalia». Retroscena inquietanti, come quelli contenuti nel diario pubblicato nel 1997 dal maresciallo Francesco Aloi, del Sismi, allora in forza in Somalia: nel documento, poi secretato, Aloi accusa alcuni alti funzionari dei servizi, tra cui l’ufficiale dei carabinieri Claudio Cappello e il colonnello Giovanni Truglio, già a capo della polizia militare Msu in Iraq e ora alla guida, in Italia, di Eurogendfor, la misteriosa super-gendarmeria europea dotata di poteri illimitati, e di cui si sa pochissimo.
Intervistato da Stefania Nicoletti ai microfoni di “Border Nights”, Laurenti ripercorre le tappe salienti del suo lavoro. «Non ho mai avuto tesi precostituite, mi sono limitato a verificare collegamenti, cercando di dar loro un significato». Nel suo memoriale, «che sembra far parte di una sorta di “guerra tra servizi”», il maresciallo Aloi accusa con inistenza alcuni ufficiali, come Truglio e Cappello: dice che potevano muoversi in territorio somalo come “fantasmi”, senza neppure essere controllati dalla Cia. La loro missione: tenere i contatti con i “signori della guerra”. Il veterano dell’intelligence attribuisce agli ex colleghi la “copertura” di svariate operazioni: contrabbando di armi e di avorio, traffico di scorie e rifiuti tossici. In più, imputa ad essi il ricorso sistematico alla tortura – e anche all’omicidio per chi, come Ilaria Alpi (e Miran Hrovatin) si avvicinasse troppo alla verità. «La cosa sorprendente è ritrovare quei nomi, quegli ufficiali, sette anni dopo a Genova, in piazza Alimonda, a pochi metri da Carlo Giuliani, durante il suo assassinio».
Gli stessi uomini presenti sulla scena di due delitti: ma quale sarebbe il movente dell’omicidio Giuliani? «L’idea che mi sono fatto di piazza Alimonda – dichiara Laurenti a Stefania Nicoletti – è che è stata un’esercitazione, probabilmente per far fuori un carabiniere», in quel caso Mario Placanica, il militare accusato di aver sparato al manifestante No-Global. «A pensarla così è anche un magistrato romano come Alfonso Sabella», aggiunge Laurenti. E perché mai mettere nei guai un carabiniere? «Per eliminare la legge Calcaterra, che dagli anni ‘50 proibisce ai carabinieri di gestire l’ordine pubblico nei centri abitati oltre i 15.000 abitanti». La sua abrogazione, continua Laurenti, è stata inutilmente richiesta, più volte. «Ma ora c’è la gendarmeria europea, che rappresenta il superamento di quella norma. E lo stesso Truglio è a capo di Eurogendfor». Per il suo lavoro, Giulio Laurenti è stato pesantemente ostacolato e intimidito: telefoni isolati dopo le chiamate, pc inaccessibile, account Facebook violato.
I “disagi” informatici, scrive Eleonora Bianchini sul “Fatto Quotidiano”, sono iniziati nel 2011, quando lo scrittore ha iniziato a indagare su Carlo Giuliani e Ilaria Alpi. Alcuni stralci dello scottante diario del maresciallo Aloi, 430 pagine, erano usciti nel ‘97 su “Panorama”, “L’Unità” ed “Epoca”. Accuse pesantissime, sottolinea il “Fatto”: si parla di «violenze sui somali, soprattutto donne», con prigionieri «torturati a morte». Eppure, dopo la denuncia, non accadde sostanzialmente nulla. A partire da quelle informazioni, Laurenti ha elaborato un’ipotesi diversa: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avrebbero solo depistato, ma piuttosto «agito per colpire deliberatamente Alpi e Hrovatin». Ma, appena Laurenti s’è messo al lavoro, sono cominciati i “problemi”: «Isolavano i telefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci dicevano: “Ma tu lo vedi?”. “Sì, sì, è un po’ più avanti”». E ancora: «Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie».
Secondo Laurenti, gli uomini-ombra che lo hanno tallonato «fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomi paura». Si è ritrovato anche l’auto danneggiata, e qualcuno ha “eliminato” dal suo computer uno stralcio di documento destinato a Heidi Giuliani, la madre di Carlo. «Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro», afferma l’autore, indicando «quella parte di servizi che ha firmato il patto di sangue nel 1994», all’epoca del drammatico passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, quando alti dirigenti del Sismi si ritrovarono privi delle vecchie coperture politiche. Una “guerra” misteriosa, di cui parla anche il maresciallo Aloi, che cita – fra le altre – la strana morte di un ex collega, il maresciallo Vincenzo Li Causi, insieme a quell del suo braccio destro, il parà Flaviano Mandolini, a suo tempo inquadrati nella struttura Gladio, o Stay Behind. Sempre secondo Laurenti, un «gruppo di potere» è riuscito a “sopravvivere” ai rivolgimenti politici degli anni ‘90. Di mezzo ci sarebbero anche le morti eccellenti di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Carlo Giuliani. Fino a “chiudere il cerchio” con la creazione di Eurogendfor. Risolvere l’enigma? Servirebbe quella famosa foto scomparsa, che proverebbe la presenza a Genova degli stessi operatori presenti a Modadiscio. «Ma è impossibile», ammette Laurenti: «Me l’hanno fatto capire: quella foto non salterà fuori mai».
(Il libro: Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 258 pagine, 19 euro).
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«Fotografò un uomo, un carabiniere, mentre fracassava il cranio di Carlo Giuliani, già a terra, colpito ma ancora vivo. E poi ammise: ho avuto più paura a Genova che tra i miliziani in Somalia. Poi quella foto è scomparsa per sempre». Parola di Giulio Laurenti, scrittore, autore del romanzo d’inchiesta “La madre dell’uovo” che gli è costato minacce e pericolose intrusioni. Il sospetto: Carlo Giuliani è stato ucciso al G8 di Genova nel 2001 per ordine delle stesse persone che, sette anni prima, avevano fatto assassinare a Mogadiscio Ilaria Alpi, giornalista del Tg3. La traccia parte dalla confessione di quel fotografo, di cui Laurenti non fa il nome. «Ho saputo comunque che, prima di essere a piazza Alimonda al momento dell’omicidio Giuliani, aveva lavorato coi militari italiani in Somalia». Retroscena inquietanti, come quelli contenuti nel diario pubblicato nel 1997 dal maresciallo Francesco Aloi, del Sismi, allora in forza in Somalia: nel documento, poi secretato, Aloi accusa alcuni alti funzionari dei servizi, tra cui l’ufficiale dei carabinieri Claudio Cappello e il colonnello Giovanni Truglio, già a capo della polizia militare Msu in Iraq e ora alla guida, in Italia, di Eurogendfor, la misteriosa super-gendarmeria europea dotata di poteri illimitati, e di cui si sa pochissimo.
Intervistato da Stefania Nicoletti ai microfoni di “Border Nights”, Laurenti ripercorre le tappe salienti del suo lavoro. «Non ho mai avuto tesi precostituite, mi sono limitato a verificare collegamenti, cercando di dar loro un significato». Nel suo memoriale, «che sembra far parte di una sorta di “guerra tra servizi”», il maresciallo Aloi accusa con inistenza alcuni ufficiali, come Truglio e Cappello: dice che potevano muoversi in territorio somalo come “fantasmi”, senza neppure essere controllati dalla Cia. La loro missione: tenere i contatti con i “signori della guerra”. Il veterano dell’intelligence attribuisce agli ex colleghi la “copertura” di svariate operazioni: contrabbando di armi e di avorio, traffico di scorie e rifiuti tossici. In più, imputa ad essi il ricorso sistematico alla tortura – e anche all’omicidio per chi, come Ilaria Alpi (e Miran Hrovatin) si avvicinasse troppo alla verità. «La cosa sorprendente è ritrovare quei nomi, quegli ufficiali, sette anni dopo a Genova, in piazza Alimonda, a pochi metri da Carlo Giuliani, durante il suo assassinio».
Gli stessi uomini presenti sulla scena di due delitti: ma quale sarebbe il movente dell’omicidio Giuliani? «L’idea che mi sono fatto di piazza Alimonda – dichiara Laurenti a Stefania Nicoletti – è che è stata un’esercitazione, probabilmente per far fuori un carabiniere», in quel caso Mario Placanica, il militare accusato di aver sparato al manifestante No-Global. «A pensarla così è anche un magistrato romano come Alfonso Sabella», aggiunge Laurenti. E perché mai mettere nei guai un carabiniere? «Per eliminare la legge Calcaterra, che dagli anni ‘50 proibisce ai carabinieri di gestire l’ordine pubblico nei centri abitati oltre i 15.000 abitanti». La sua abrogazione, continua Laurenti, è stata inutilmente richiesta, più volte. «Ma ora c’è la gendarmeria europea, che rappresenta il superamento di quella norma. E lo stesso Truglio è a capo di Eurogendfor». Per il suo lavoro, Giulio Laurenti è stato pesantemente ostacolato e intimidito: telefoni isolati dopo le chiamate, pc inaccessibile, account Facebook violato.
I “disagi” informatici, scrive Eleonora Bianchini sul “Fatto Quotidiano”, sono iniziati nel 2011, quando lo scrittore ha iniziato a indagare su Carlo Giuliani e Ilaria Alpi. Alcuni stralci dello scottante diario del maresciallo Aloi, 430 pagine, erano usciti nel ‘97 su “Panorama”, “L’Unità” ed “Epoca”. Accuse pesantissime, sottolinea il “Fatto”: si parla di «violenze sui somali, soprattutto donne», con prigionieri «torturati a morte». Eppure, dopo la denuncia, non accadde sostanzialmente nulla. A partire da quelle informazioni, Laurenti ha elaborato un’ipotesi diversa: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avrebbero solo depistato, ma piuttosto «agito per colpire deliberatamente Alpi e Hrovatin». Ma, appena Laurenti s’è messo al lavoro, sono cominciati i “problemi”: «Isolavano i telefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci dicevano: “Ma tu lo vedi?”. “Sì, sì, è un po’ più avanti”». E ancora: «Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie».
Secondo Laurenti, gli uomini-ombra che lo hanno tallonato «fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomi paura». Si è ritrovato anche l’auto danneggiata, e qualcuno ha “eliminato” dal suo computer uno stralcio di documento destinato a Heidi Giuliani, la madre di Carlo. «Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro», afferma l’autore, indicando «quella parte di servizi che ha firmato il patto di sangue nel 1994», all’epoca del drammatico passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, quando alti dirigenti del Sismi si ritrovarono privi delle vecchie coperture politiche. Una “guerra” misteriosa, di cui parla anche il maresciallo Aloi, che cita – fra le altre – la strana morte di un ex collega, il maresciallo Vincenzo Li Causi, insieme a quell del suo braccio destro, il parà Flaviano Mandolini, a suo tempo inquadrati nella struttura Gladio, o Stay Behind. Sempre secondo Laurenti, un «gruppo di potere» è riuscito a “sopravvivere” ai rivolgimenti politici degli anni ‘90. Di mezzo ci sarebbero anche le morti eccellenti di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Carlo Giuliani. Fino a “chiudere il cerchio” con la creazione di Eurogendfor. Risolvere l’enigma? Servirebbe quella famosa foto scomparsa, che proverebbe la presenza a Genova degli stessi operatori presenti a Modadiscio. «Ma è impossibile», ammette Laurenti: «Me l’hanno fatto capire: quella foto non salterà fuori mai».
(Il libro: Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 258 pagine, 19 euro).
Ultima modifica di UncleTom il 18/05/2017, 12:07, modificato 2 volte in totale.
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«Fotografò un uomo, un carabiniere, mentre fracassava il cranio di Carlo Giuliani, già a terra, colpito ma ancora vivo. E poi ammise: ho avuto più paura a Genova che tra i miliziani in Somalia. Poi quella foto è scomparsa per sempre». Parola di Giulio Laurenti, scrittore, autore del romanzo d’inchiesta “La madre dell’uovo” che gli è costato minacce e pericolose intrusioni. Il sospetto: Carlo Giuliani è stato ucciso al G8 di Genova nel 2001 per ordine delle stesse persone che, sette anni prima, avevano fatto assassinare a Mogadiscio Ilaria Alpi, giornalista del Tg3. La traccia parte dalla confessione di quel fotografo, di cui Laurenti non fa il nome. «Ho saputo comunque che, prima di essere a piazza Alimonda al momento dell’omicidio Giuliani, aveva lavorato coi militari italiani in Somalia». Retroscena inquietanti, come quelli contenuti nel diario pubblicato nel 1997 dal maresciallo Francesco Aloi, del Sismi, allora in forza in Somalia: nel documento, poi secretato, Aloi accusa alcuni alti funzionari dei servizi, tra cui l’ufficiale dei carabinieri Claudio Cappello e il colonnello Giovanni Truglio, già a capo della polizia militare Msu in Iraq e ora alla guida, in Italia, di Eurogendfor, la misteriosa super-gendarmeria europea dotata di poteri illimitati, e di cui si sa pochissimo.
Intervistato da Stefania Nicoletti ai microfoni di “Border Nights”, Laurenti ripercorre le tappe salienti del suo lavoro. «Non ho mai avuto tesi precostituite, mi sono limitato a verificare collegamenti, cercando di dar loro un significato». Nel suo memoriale, «che sembra far parte di una sorta di “guerra tra servizi”», il maresciallo Aloi accusa con inistenza alcuni ufficiali, come Truglio e Cappello: dice che potevano muoversi in territorio somalo come “fantasmi”, senza neppure essere controllati dalla Cia. La loro missione: tenere i contatti con i “signori della guerra”. Il veterano dell’intelligence attribuisce agli ex colleghi la “copertura” di svariate operazioni: contrabbando di armi e di avorio, traffico di scorie e rifiuti tossici. In più, imputa ad essi il ricorso sistematico alla tortura – e anche all’omicidio per chi, come Ilaria Alpi (e Miran Hrovatin) si avvicinasse troppo alla verità. «La cosa sorprendente è ritrovare quei nomi, quegli ufficiali, sette anni dopo a Genova, in piazza Alimonda, a pochi metri da Carlo Giuliani, durante il suo assassinio».
Gli stessi uomini presenti sulla scena di due delitti: ma quale sarebbe il movente dell’omicidio Giuliani? «L’idea che mi sono fatto di piazza Alimonda – dichiara Laurenti a Stefania Nicoletti – è che è stata un’esercitazione, probabilmente per far fuori un carabiniere», in quel caso Mario Placanica, il militare accusato di aver sparato al manifestante No-Global. «A pensarla così è anche un magistrato romano come Alfonso Sabella», aggiunge Laurenti. E perché mai mettere nei guai un carabiniere? «Per eliminare la legge Calcaterra, che dagli anni ‘50 proibisce ai carabinieri di gestire l’ordine pubblico nei centri abitati oltre i 15.000 abitanti». La sua abrogazione, continua Laurenti, è stata inutilmente richiesta, più volte. «Ma ora c’è la gendarmeria europea, che rappresenta il superamento di quella norma. E lo stesso Truglio è a capo di Eurogendfor». Per il suo lavoro, Giulio Laurenti è stato pesantemente ostacolato e intimidito: telefoni isolati dopo le chiamate, pc inaccessibile, account Facebook violato.
I “disagi” informatici, scrive Eleonora Bianchini sul “Fatto Quotidiano”, sono iniziati nel 2011, quando lo scrittore ha iniziato a indagare su Carlo Giuliani e Ilaria Alpi. Alcuni stralci dello scottante diario del maresciallo Aloi, 430 pagine, erano usciti nel ‘97 su “Panorama”, “L’Unità” ed “Epoca”. Accuse pesantissime, sottolinea il “Fatto”: si parla di «violenze sui somali, soprattutto donne», con prigionieri «torturati a morte». Eppure, dopo la denuncia, non accadde sostanzialmente nulla. A partire da quelle informazioni, Laurenti ha elaborato un’ipotesi diversa: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avrebbero solo depistato, ma piuttosto «agito per colpire deliberatamente Alpi e Hrovatin». Ma, appena Laurenti s’è messo al lavoro, sono cominciati i “problemi”: «Isolavano i telefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci dicevano: “Ma tu lo vedi?”. “Sì, sì, è un po’ più avanti”». E ancora: «Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie».
Secondo Laurenti, gli uomini-ombra che lo hanno tallonato «fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomi paura». Si è ritrovato anche l’auto danneggiata, e qualcuno ha “eliminato” dal suo computer uno stralcio di documento destinato a Heidi Giuliani, la madre di Carlo. «Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro», afferma l’autore, indicando «quella parte di servizi che ha firmato il patto di sangue nel 1994», all’epoca del drammatico passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, quando alti dirigenti del Sismi si ritrovarono privi delle vecchie coperture politiche. Una “guerra” misteriosa, di cui parla anche il maresciallo Aloi, che cita – fra le altre – la strana morte di un ex collega, il maresciallo Vincenzo Li Causi, insieme a quell del suo braccio destro, il parà Flaviano Mandolini, a suo tempo inquadrati nella struttura Gladio, o Stay Behind. Sempre secondo Laurenti, un «gruppo di potere» è riuscito a “sopravvivere” ai rivolgimenti politici degli anni ‘90. Di mezzo ci sarebbero anche le morti eccellenti di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Carlo Giuliani. Fino a “chiudere il cerchio” con la creazione di Eurogendfor. Risolvere l’enigma? Servirebbe quella famosa foto scomparsa, che proverebbe la presenza a Genova degli stessi operatori presenti a Modadiscio. «Ma è impossibile», ammette Laurenti: «Me l’hanno fatto capire: quella foto non salterà fuori mai».
(Il libro: Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 258 pagine, 19 euro).
«Fotografò un uomo, un carabiniere, mentre fracassava il cranio di Carlo Giuliani, già a terra, colpito ma ancora vivo. E poi ammise: ho avuto più paura a Genova che tra i miliziani in Somalia. Poi quella foto è scomparsa per sempre». Parola di Giulio Laurenti, scrittore, autore del romanzo d’inchiesta “La madre dell’uovo” che gli è costato minacce e pericolose intrusioni. Il sospetto: Carlo Giuliani è stato ucciso al G8 di Genova nel 2001 per ordine delle stesse persone che, sette anni prima, avevano fatto assassinare a Mogadiscio Ilaria Alpi, giornalista del Tg3. La traccia parte dalla confessione di quel fotografo, di cui Laurenti non fa il nome. «Ho saputo comunque che, prima di essere a piazza Alimonda al momento dell’omicidio Giuliani, aveva lavorato coi militari italiani in Somalia». Retroscena inquietanti, come quelli contenuti nel diario pubblicato nel 1997 dal maresciallo Francesco Aloi, del Sismi, allora in forza in Somalia: nel documento, poi secretato, Aloi accusa alcuni alti funzionari dei servizi, tra cui l’ufficiale dei carabinieri Claudio Cappello e il colonnello Giovanni Truglio, già a capo della polizia militare Msu in Iraq e ora alla guida, in Italia, di Eurogendfor, la misteriosa super-gendarmeria europea dotata di poteri illimitati, e di cui si sa pochissimo.
Intervistato da Stefania Nicoletti ai microfoni di “Border Nights”, Laurenti ripercorre le tappe salienti del suo lavoro. «Non ho mai avuto tesi precostituite, mi sono limitato a verificare collegamenti, cercando di dar loro un significato». Nel suo memoriale, Giulio Laurenti«che sembra far parte di una sorta di “guerra tra servizi”», il maresciallo Aloi accusa con inistenza alcuni ufficiali, come Truglio e Cappello: dice che potevano muoversi in territorio somalo come “fantasmi”, senza neppure essere controllati dalla Cia. La loro missione: tenere i contatti con i “signori della guerra”. Il veterano dell’intelligence attribuisce agli ex colleghi la “copertura” di svariate operazioni: contrabbando di armi e di avorio, traffico di scorie e rifiuti tossici. In più, imputa ad essi il ricorso sistematico alla tortura – e anche all’omicidio per chi, come Ilaria Alpi (e Miran Hrovatin) si avvicinasse troppo alla verità. «La cosa sorprendente è ritrovare quei nomi, quegli ufficiali, sette anni dopo a Genova, in piazza Alimonda, a pochi metri da Carlo Giuliani, durante il suo assassinio».
Gli stessi uomini presenti sulla scena di due delitti: ma quale sarebbe il movente dell’omicidio Giuliani? «L’idea che mi sono fatto di piazza Alimonda – dichiara Laurenti a Stefania Nicoletti – è che è stata un’esercitazione, probabilmente per far fuori un carabiniere», in quel caso Mario Placanica, il militare accusato di aver sparato al manifestante No-Global. «A pensarla così è anche un magistrato romano come Alfonso Sabella», aggiunge Laurenti. E perché mai mettere nei guai un carabiniere? «Per eliminare la legge Calcaterra, che dagli anni ‘50 proibisce ai carabinieri di Carlo Giulianigestire l’ordine pubblico nei centri abitati oltre i 15.000 abitanti». La sua abrogazione, continua Laurenti, è stata inutilmente richiesta, più volte. «Ma ora c’è la gendarmeria europea, che rappresenta il superamento di quella norma. E lo stesso Truglio è a capo di Eurogendfor». Per il suo lavoro, Giulio Laurenti è stato pesantemente ostacolato e intimidito: telefoni isolati dopo le chiamate, pc inaccessibile, account Facebook violato.
I “disagi” informatici, scrive Eleonora Bianchini sul “Fatto Quotidiano”, sono iniziati nel 2011, quando lo scrittore ha iniziato a indagare su Carlo Giuliani e Ilaria Alpi. Alcuni stralci dello scottante diario del maresciallo Aloi, 430 pagine, erano usciti nel ‘97 su “Panorama”, “L’Unità” ed “Epoca”. Accuse pesantissime, sottolinea il “Fatto”: si parla di «violenze sui somali, soprattutto donne», con prigionieri «torturati a morte». Eppure, dopo la denuncia, non accadde sostanzialmente nulla. A partire da quelle informazioni, Laurenti ha elaborato un’ipotesi diversa: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avrebbero solo depistato, ma piuttosto «agito per colpire deliberatamente Alpi e Hrovatin». Ma, appena Laurenti s’è messo al lavoro, sono cominciati i “problemi”: «Isolavano i telefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci Ilaria Alpidicevano: “Ma tu lo vedi?”. “Sì, sì, è un po’ più avanti”». E ancora: «Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie».
Secondo Laurenti, gli uomini-ombra che lo hanno tallonato «fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomi paura». Si è ritrovato anche l’auto danneggiata, e qualcuno ha “eliminato” dal suo computer uno stralcio di documento destinato a Heidi Giuliani, la madre di Carlo. «Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro», afferma l’autore, indicando «quella parte di servizi che ha firmato il patto di sangue nel 1994», all’epoca del drammatico passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, quando alti dirigenti del Sismi si ritrovarono privi delle vecchie coperture politiche. Una “guerra” misteriosa, di cui parla anche il maresciallo Aloi, che cita – fra le altre – la strana morte di un ex collega, il maresciallo Vincenzo Li Causi, insieme a quell del suo braccio destro, il parà Flaviano Mandolini, a suo tempo inquadrati nella struttura Gladio, o Stay Behind. Sempre secondo Laurenti, un «gruppo di potere» è riuscito a “sopravvivere” ai rivolgimenti politici degli anni ‘90. Di mezzo ci sarebbero anche le morti eccellenti di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Carlo Giuliani. Fino a “chiudere il cerchio” con la creazione di Eurogendfor. Risolvere l’enigma? Servirebbe quella famosa foto scomparsa, che proverebbe la presenza a Genova degli stessi operatori presenti a Modadiscio. «Ma è impossibile», ammette Laurenti: «Me l’hanno fatto capire: quella foto non salterà fuori mai».
(Il libro: Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 258 pagine, 19 euro).
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Scritto il 18/5/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
«Fotografò un uomo, un carabiniere, mentre fracassava il cranio di Carlo Giuliani, già a terra, colpito ma ancora vivo. E poi ammise: ho avuto più paura a Genova che tra i miliziani in Somalia. Poi quella foto è scomparsa per sempre». Parola di Giulio Laurenti, scrittore, autore del romanzo d’inchiesta “La madre dell’uovo” che gli è costato minacce e pericolose intrusioni. Il sospetto: Carlo Giuliani è stato ucciso al G8 di Genova nel 2001 per ordine delle stesse persone che, sette anni prima, avevano fatto assassinare a Mogadiscio Ilaria Alpi, giornalista del Tg3. La traccia parte dalla confessione di quel fotografo, di cui Laurenti non fa il nome. «Ho saputo comunque che, prima di essere a piazza Alimonda al momento dell’omicidio Giuliani, aveva lavorato coi militari italiani in Somalia». Retroscena inquietanti, come quelli contenuti nel diario pubblicato nel 1997 dal maresciallo Francesco Aloi, del Sismi, allora in forza in Somalia: nel documento, poi secretato, Aloi accusa alcuni alti funzionari dei servizi, tra cui l’ufficiale dei carabinieri Claudio Cappello e il colonnello Giovanni Truglio, già a capo della polizia militare Msu in Iraq e ora alla guida, in Italia, di Eurogendfor, la misteriosa super-gendarmeria europea dotata di poteri illimitati, e di cui si sa pochissimo.
Intervistato da Stefania Nicoletti ai microfoni di “Border Nights”, Laurenti ripercorre le tappe salienti del suo lavoro. «Non ho mai avuto tesi precostituite, mi sono limitato a verificare collegamenti, cercando di dar loro un significato». Nel suo memoriale, «che sembra far parte di una sorta di “guerra tra servizi”», il maresciallo Aloi accusa con inistenza alcuni ufficiali, come Truglio e Cappello: dice che potevano muoversi in territorio somalo come “fantasmi”, senza neppure essere controllati dalla Cia. La loro missione: tenere i contatti con i “signori della guerra”. Il veterano dell’intelligence attribuisce agli ex colleghi la “copertura” di svariate operazioni: contrabbando di armi e di avorio, traffico di scorie e rifiuti tossici. In più, imputa ad essi il ricorso sistematico alla tortura – e anche all’omicidio per chi, come Ilaria Alpi (e Miran Hrovatin) si avvicinasse troppo alla verità. «La cosa sorprendente è ritrovare quei nomi, quegli ufficiali, sette anni dopo a Genova, in piazza Alimonda, a pochi metri da Carlo Giuliani, durante il suo assassinio».
Gli stessi uomini presenti sulla scena di due delitti: ma quale sarebbe il movente dell’omicidio Giuliani? «L’idea che mi sono fatto di piazza Alimonda – dichiara Laurenti a Stefania Nicoletti – è che è stata un’esercitazione, probabilmente per far fuori un carabiniere», in quel caso Mario Placanica, il militare accusato di aver sparato al manifestante No-Global. «A pensarla così è anche un magistrato romano come Alfonso Sabella», aggiunge Laurenti. E perché mai mettere nei guai un carabiniere? «Per eliminare la legge Calcaterra, che dagli anni ‘50 proibisce ai carabinieri di gestire l’ordine pubblico nei centri abitati oltre i 15.000 abitanti». La sua abrogazione, continua Laurenti, è stata inutilmente richiesta, più volte. «Ma ora c’è la gendarmeria europea, che rappresenta il superamento di quella norma. E lo stesso Truglio è a capo di Eurogendfor». Per il suo lavoro, Giulio Laurenti è stato pesantemente ostacolato e intimidito: telefoni isolati dopo le chiamate, pc inaccessibile, account Facebook violato.
I “disagi” informatici, scrive Eleonora Bianchini sul “Fatto Quotidiano”, sono iniziati nel 2011, quando lo scrittore ha iniziato a indagare su Carlo Giuliani e Ilaria Alpi. Alcuni stralci dello scottante diario del maresciallo Aloi, 430 pagine, erano usciti nel ‘97 su “Panorama”, “L’Unità” ed “Epoca”. Accuse pesantissime, sottolinea il “Fatto”: si parla di «violenze sui somali, soprattutto donne», con prigionieri «torturati a morte». Eppure, dopo la denuncia, non accadde sostanzialmente nulla. A partire da quelle informazioni, Laurenti ha elaborato un’ipotesi diversa: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avrebbero solo depistato, ma piuttosto «agito per colpire deliberatamente Alpi e Hrovatin». Ma, appena Laurenti s’è messo al lavoro, sono cominciati i “problemi”: «Isolavano i telefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci dicevano: “Ma tu lo vedi?”. “Sì, sì, è un po’ più avanti”». E ancora: «Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie».
Secondo Laurenti, gli uomini-ombra che lo hanno tallonato «fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomi paura». Si è ritrovato anche l’auto danneggiata, e qualcuno ha “eliminato” dal suo computer uno stralcio di documento destinato a Heidi Giuliani, la madre di Carlo. «Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro», afferma l’autore, indicando «quella parte di servizi che ha firmato il patto di sangue nel 1994», all’epoca del drammatico passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, quando alti dirigenti del Sismi si ritrovarono privi delle vecchie coperture politiche. Una “guerra” misteriosa, di cui parla anche il maresciallo Aloi, che cita – fra le altre – la strana morte di un ex collega, il maresciallo Vincenzo Li Causi, insieme a quell del suo braccio destro, il parà Flaviano Mandolini, a suo tempo inquadrati nella struttura Gladio, o Stay Behind. Sempre secondo Laurenti, un «gruppo di potere» è riuscito a “sopravvivere” ai rivolgimenti politici degli anni ‘90. Di mezzo ci sarebbero anche le morti eccellenti di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Carlo Giuliani. Fino a “chiudere il cerchio” con la creazione di Eurogendfor. Risolvere l’enigma? Servirebbe quella famosa foto scomparsa, che proverebbe la presenza a Genova degli stessi operatori presenti a Modadiscio. «Ma è impossibile», ammette Laurenti: «Me l’hanno fatto capire: quella foto non salterà fuori mai».
(Il libro: Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 258 pagine, 19 euro).
«Fotografò un uomo, un carabiniere, mentre fracassava il cranio di Carlo Giuliani, già a terra, colpito ma ancora vivo. E poi ammise: ho avuto più paura a Genova che tra i miliziani in Somalia. Poi quella foto è scomparsa per sempre». Parola di Giulio Laurenti, scrittore, autore del romanzo d’inchiesta “La madre dell’uovo” che gli è costato minacce e pericolose intrusioni. Il sospetto: Carlo Giuliani è stato ucciso al G8 di Genova nel 2001 per ordine delle stesse persone che, sette anni prima, avevano fatto assassinare a Mogadiscio Ilaria Alpi, giornalista del Tg3. La traccia parte dalla confessione di quel fotografo, di cui Laurenti non fa il nome. «Ho saputo comunque che, prima di essere a piazza Alimonda al momento dell’omicidio Giuliani, aveva lavorato coi militari italiani in Somalia». Retroscena inquietanti, come quelli contenuti nel diario pubblicato nel 1997 dal maresciallo Francesco Aloi, del Sismi, allora in forza in Somalia: nel documento, poi secretato, Aloi accusa alcuni alti funzionari dei servizi, tra cui l’ufficiale dei carabinieri Claudio Cappello e il colonnello Giovanni Truglio, già a capo della polizia militare Msu in Iraq e ora alla guida, in Italia, di Eurogendfor, la misteriosa super-gendarmeria europea dotata di poteri illimitati, e di cui si sa pochissimo.
Intervistato da Stefania Nicoletti ai microfoni di “Border Nights”, Laurenti ripercorre le tappe salienti del suo lavoro. «Non ho mai avuto tesi precostituite, mi sono limitato a verificare collegamenti, cercando di dar loro un significato». Nel suo memoriale, Giulio Laurenti«che sembra far parte di una sorta di “guerra tra servizi”», il maresciallo Aloi accusa con inistenza alcuni ufficiali, come Truglio e Cappello: dice che potevano muoversi in territorio somalo come “fantasmi”, senza neppure essere controllati dalla Cia. La loro missione: tenere i contatti con i “signori della guerra”. Il veterano dell’intelligence attribuisce agli ex colleghi la “copertura” di svariate operazioni: contrabbando di armi e di avorio, traffico di scorie e rifiuti tossici. In più, imputa ad essi il ricorso sistematico alla tortura – e anche all’omicidio per chi, come Ilaria Alpi (e Miran Hrovatin) si avvicinasse troppo alla verità. «La cosa sorprendente è ritrovare quei nomi, quegli ufficiali, sette anni dopo a Genova, in piazza Alimonda, a pochi metri da Carlo Giuliani, durante il suo assassinio».
Gli stessi uomini presenti sulla scena di due delitti: ma quale sarebbe il movente dell’omicidio Giuliani? «L’idea che mi sono fatto di piazza Alimonda – dichiara Laurenti a Stefania Nicoletti – è che è stata un’esercitazione, probabilmente per far fuori un carabiniere», in quel caso Mario Placanica, il militare accusato di aver sparato al manifestante No-Global. «A pensarla così è anche un magistrato romano come Alfonso Sabella», aggiunge Laurenti. E perché mai mettere nei guai un carabiniere? «Per eliminare la legge Calcaterra, che dagli anni ‘50 proibisce ai carabinieri di Carlo Giulianigestire l’ordine pubblico nei centri abitati oltre i 15.000 abitanti». La sua abrogazione, continua Laurenti, è stata inutilmente richiesta, più volte. «Ma ora c’è la gendarmeria europea, che rappresenta il superamento di quella norma. E lo stesso Truglio è a capo di Eurogendfor». Per il suo lavoro, Giulio Laurenti è stato pesantemente ostacolato e intimidito: telefoni isolati dopo le chiamate, pc inaccessibile, account Facebook violato.
I “disagi” informatici, scrive Eleonora Bianchini sul “Fatto Quotidiano”, sono iniziati nel 2011, quando lo scrittore ha iniziato a indagare su Carlo Giuliani e Ilaria Alpi. Alcuni stralci dello scottante diario del maresciallo Aloi, 430 pagine, erano usciti nel ‘97 su “Panorama”, “L’Unità” ed “Epoca”. Accuse pesantissime, sottolinea il “Fatto”: si parla di «violenze sui somali, soprattutto donne», con prigionieri «torturati a morte». Eppure, dopo la denuncia, non accadde sostanzialmente nulla. A partire da quelle informazioni, Laurenti ha elaborato un’ipotesi diversa: e cioè che gli agenti a Mogadiscio non avrebbero solo depistato, ma piuttosto «agito per colpire deliberatamente Alpi e Hrovatin». Ma, appena Laurenti s’è messo al lavoro, sono cominciati i “problemi”: «Isolavano i telefoni di chiunque chiamassi. Ricevevo chiamate al cellulare mentre stavo guidando. Dall’altra parte della cornetta parlavano come se mi stessero seguendo. Sentivo solo che alcune voci Ilaria Alpidicevano: “Ma tu lo vedi?”. “Sì, sì, è un po’ più avanti”». E ancora: «Mi chiamavano a casa. Rispondevo. E sentivo le voci dei miei figli al piano di sopra. Dove, però, non c’è nessun telefono. Quindi non so se abbiano messo alcune microspie».
Secondo Laurenti, gli uomini-ombra che lo hanno tallonato «fanno il gioco del gatto e del topo: sperano di fermarmi facendomi paura». Si è ritrovato anche l’auto danneggiata, e qualcuno ha “eliminato” dal suo computer uno stralcio di documento destinato a Heidi Giuliani, la madre di Carlo. «Credo che i responsabili di queste intimidazioni facciano parte del gruppo di potere che racconto nel libro», afferma l’autore, indicando «quella parte di servizi che ha firmato il patto di sangue nel 1994», all’epoca del drammatico passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, quando alti dirigenti del Sismi si ritrovarono privi delle vecchie coperture politiche. Una “guerra” misteriosa, di cui parla anche il maresciallo Aloi, che cita – fra le altre – la strana morte di un ex collega, il maresciallo Vincenzo Li Causi, insieme a quell del suo braccio destro, il parà Flaviano Mandolini, a suo tempo inquadrati nella struttura Gladio, o Stay Behind. Sempre secondo Laurenti, un «gruppo di potere» è riuscito a “sopravvivere” ai rivolgimenti politici degli anni ‘90. Di mezzo ci sarebbero anche le morti eccellenti di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Carlo Giuliani. Fino a “chiudere il cerchio” con la creazione di Eurogendfor. Risolvere l’enigma? Servirebbe quella famosa foto scomparsa, che proverebbe la presenza a Genova degli stessi operatori presenti a Modadiscio. «Ma è impossibile», ammette Laurenti: «Me l’hanno fatto capire: quella foto non salterà fuori mai».
(Il libro: Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 258 pagine, 19 euro).
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Re: Diario della caduta di un regime.
E' TORNATA L'OVRA, CHE NON TI PERMETTE DI SCRIVERE. QUANDO SARA' POSSIBILE METTERO' A POSTO L'INTERVENTO PRECEDENTE
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Re: Diario della caduta di un regime.
Consip, qualche considerazione sulla telefonata tra Renzino e Renzone
di Andrea Scanzi | 18 maggio 2017
Politica
di Andrea Scanzi | 18 maggio 2017
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Più informazioni su: Consip, Giornalisti, Il Fatto Quotidiano, Luca Lotti, Marco Lillo, Matteo Renzi, Tiziano Renzi
Andrea Scanzi
Giornalista e scrittore
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1. Faccio molta, molta, molta fatica a credere che Renzino non sapesse che Renzone fosse intercettato. Era evidente. E’ vero che Renzino non è esattamente Einstein, ma se non avesse saputo una cosa così ovvia sarebbe stato davvero a livelli ninamorici.
2. Renzino (si fa per dire) avrebbe quindi recitato la parte del figliol prodigo, a favor telecamera, media e magistratura. Purtroppo, non essendo Einstein ma solo Renzino, è riuscito a sbagliare anche qui. Per esempio consigliando a Renzone di non citare la mamma, altrimenti poi interrogavano pure lei. Non gliene riesce proprio una, poveretto.
3. Il Renzino che parla al telefono a Renzone è diametralmente opposto a quello che parlava (e parla) in pubblico del caso Consip. Quello privato mostra di sapere tante cose, di dare ragione a Romeo, di essere più d’accordo col Noe (crivellato nelle dichiarazioni pubbliche) che con Renzone. E’ questo il punto: ci dica qual è quello vero. E lo dica anche a se stesso, altrimenti siamo allo sdoppiamento della personalità.
4. Renzino, oltre a intimare a Renzone di non nominare la moglie/madre invano, cita “Luca” (Lotti?) e allude a un secondo incontro con Romeo, dando per scontato che ci sia stato il famoso primo incontro “nella bettola” (più probabilmente un bar). Su questo, e non solo su questo, Renzino deve chiarire. Ma ovviamente non lo farà. E nessuno, o quasi, glielo rinfaccerà. Se invece lo avesse fatto Berlusconi, i Lerner & Zucconi avrebbero per protesta fatto brillare tutti i loro Rolex. Canticchiando nel frattempo L’Internazionale.
Prossimo Capitolo
2. Consip, qualche considerazione sulla telefonata tra Renzino e Renzone
di Andrea Scanzi | 18 maggio 2017
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1. Faccio molta, molta, molta fatica a credere che Renzino non sapesse che Renzone fosse intercettato. Era evidente. E’ vero che Renzino non è esattamente Einstein, ma se non avesse saputo una cosa così ovvia sarebbe stato davvero a livelli ninamorici.
2. Renzino (si fa per dire) avrebbe quindi recitato la parte del figliol prodigo, a favor telecamera, media e magistratura. Purtroppo, non essendo Einstein ma solo Renzino, è riuscito a sbagliare anche qui. Per esempio consigliando a Renzone di non citare la mamma, altrimenti poi interrogavano pure lei. Non gliene riesce proprio una, poveretto.
3. Il Renzino che parla al telefono a Renzone è diametralmente opposto a quello che parlava (e parla) in pubblico del caso Consip. Quello privato mostra di sapere tante cose, di dare ragione a Romeo, di essere più d’accordo col Noe (crivellato nelle dichiarazioni pubbliche) che con Renzone. E’ questo il punto: ci dica qual è quello vero. E lo dica anche a se stesso, altrimenti siamo allo sdoppiamento della personalità.
4. Renzino, oltre a intimare a Renzone di non nominare la moglie/madre invano, cita “Luca” (Lotti?) e allude a un secondo incontro con Romeo, dando per scontato che ci sia stato il famoso primo incontro “nella bettola” (più probabilmente un bar). Su questo, e non solo su questo, Renzino deve chiarire. Ma ovviamente non lo farà. E nessuno, o quasi, glielo rinfaccerà. Se invece lo avesse fatto Berlusconi, i Lerner & Zucconi avrebbero per protesta fatto brillare tutti i loro Rolex. Canticchiando nel frattempo L’Internazionale.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Romano Prodi: “M5s non pronto a governare. Se vince le elezioni sarebbe un pericolo”
Politica
Ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, l'ex premier non usa parole tenere neanche nei confronti di Matteo Renzi: "Il compito di federare il centrosinistra spetterebbe al segretario del PD, ma non so se questa sia la sua volontà"
di F. Q. | 18 maggio 2017
commenti (1)
690
Più informazioni su: Governo Prodi, M5S, Matteo Renzi, Romano Prodi
Dice che non tornerà a fare politica attiva, ma nei fatti lo fa.
A favore di telecamera.
E ne ha per tutti: Movimento 5 Stelle, Renzi, Pd, Pisapia e Maria Elena Boschi.
Perché “ho ancora l’obbligo di pensare, dire, parlare”.
Parola di Romano Prodi, che ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo ha attaccato praticamente tutti i protagonisti del panorama politico italiano.
In primis il segretario del Partito democratico, specie in ottica elezioni: “Se si vuole perdere, ci si divide.
Io sono perché si rimettano assieme tutte queste anime (del centrosinistra, ndr) e io ho sempre voluto un governo di centro-sinistra” ha detto l’ex premier a La7.
Per poi aggiungere: “Il compito di federare il centrosinistra spetterebbe al segretario del PD, a Renzi – ha detto – ma non so se questa sia la sua volontà.
Un processo di riconciliazione esige un’apertura per rendere possibile di nuovo la convergenza“.
L’analisi di Prodi, poi, è continuata sul momento dell’ex Rottamatore fiorentino: “Penso che Renzi abbia vissuto una fase di depressione, di scoramento, dopo il referendum.
Ora con la vittoria alle primarie – ha proseguito – ha ripreso coraggio, ma le persone si misurano nel momento in cui devono prendere delle decisioni.
Vediamo se Renzi sarà inclusivo o escludente – ha sottolineato – Penso sia naturale che Renzi sia il leader del centrosinistra, purché sia inclusivo.
Se il PD avesse il 55% di voti, il problema neanche si porrebbe.
Ma non è così”.
E quindi si prospetta l’ipotesi di un ennesimo esecutivo di larghe intese.
“Un governo di grande coalizione in caso di emergenza può benissimo esserci – ha detto Prodi – ma diventa immediatamente provvisorio.
Ad ogni modo, un governo Pd-Forza Italia, oltre a non avere i numeri, sarebbe un governo di sinistra-centro-destra.
Mi pare molto problematico“.
Ancor più netta la presa di posizione sul Movimento 5 Stelle.
“Non sono pronti a governare.
Fanno dichiarazioni omnicomprensive, la loro vera cifra è quella di opporsi al regime – ha detto Romano Prodi – Il loro successo è dovuto al fatto che giocano solo all’opposizione e hanno rinunciato ad ogni radice politica.
Non si capisce nessuna proposta positiva, c’è il rischio – ed è il vero attacco dell’ex capo del governo – che se arrivassero primi alle elezioni, rappresentino un pericolo”.
Tornando al centrosinistra, il professore ha un’idea molto chiara sulla vocazione politica nazionale dell’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia: “Mi aspetto che faccia un suo programma e prenda una decisione perché finora si è proposto come aggregatore, creando molte attese, ma non ancora come protagonista ufficiale della politica nazionale – ha spiegato Prodi – Ha un ottimo record di governo in una città affatto facile come Milano, è una persona saggia e pur venendo da una formazione laica, ha governato facendo accordi con tutti”.
L’ex presidente della Commissione europea non si è sottratto ad offrire un suo parere anche sulla questione Boschi-Banca Etruria: “Ove mai fosse confermato che la Boschi avesse interpellato (Unicredit,ndr)… non avrebbe fatto bene perché c’era suo padre (in banca Etruria, ndr).
Mi pare che in questa vicenda si ponga un problema giuridico e uno di stile.
Ma si vedrà”. Lui, però, non commenterà gli sviluppi da uomo delle istituzioni, ma da semplice cittadino: “Non ho intenzione di tornare in politica perché sento il tempo che è passato.
È cambiato il mondo, non è che io non voglia ma si tratta di prendere in considerazione che ognuno ha un suo periodo, e il mio, di governante, è passato.
Ma ho ancora l’obbligo di pensare, dire, parlare…”. E in tal senso ha un pensiero preciso sul ruolo di guida di un partito, nella fattispecie il Pd: “In un sistema democratico, che il capo del governo sia anche il capo del partito non è sempre positivo perché in questo momento ad esempio i partiti hanno bisogno di popolarizzazione, di tornare ad essere presenti sul territorio. (…)
Renzi può benissimo andare a Palazzo Chigi ma serve qualcuno che si occupi del partito“.
“La comunicazione – ha concluso – è diventata uno strumento fondamentale in politica, e non dico certo che sia un bene.
Ha talmente accorciato il modo di riflettere e di pensare che è il vero dramma della democrazia.
Siamo sempre inquieti e per pensare, invece, bisogna essere quieti“.
Politica
Ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, l'ex premier non usa parole tenere neanche nei confronti di Matteo Renzi: "Il compito di federare il centrosinistra spetterebbe al segretario del PD, ma non so se questa sia la sua volontà"
di F. Q. | 18 maggio 2017
commenti (1)
690
Più informazioni su: Governo Prodi, M5S, Matteo Renzi, Romano Prodi
Dice che non tornerà a fare politica attiva, ma nei fatti lo fa.
A favore di telecamera.
E ne ha per tutti: Movimento 5 Stelle, Renzi, Pd, Pisapia e Maria Elena Boschi.
Perché “ho ancora l’obbligo di pensare, dire, parlare”.
Parola di Romano Prodi, che ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo ha attaccato praticamente tutti i protagonisti del panorama politico italiano.
In primis il segretario del Partito democratico, specie in ottica elezioni: “Se si vuole perdere, ci si divide.
Io sono perché si rimettano assieme tutte queste anime (del centrosinistra, ndr) e io ho sempre voluto un governo di centro-sinistra” ha detto l’ex premier a La7.
Per poi aggiungere: “Il compito di federare il centrosinistra spetterebbe al segretario del PD, a Renzi – ha detto – ma non so se questa sia la sua volontà.
Un processo di riconciliazione esige un’apertura per rendere possibile di nuovo la convergenza“.
L’analisi di Prodi, poi, è continuata sul momento dell’ex Rottamatore fiorentino: “Penso che Renzi abbia vissuto una fase di depressione, di scoramento, dopo il referendum.
Ora con la vittoria alle primarie – ha proseguito – ha ripreso coraggio, ma le persone si misurano nel momento in cui devono prendere delle decisioni.
Vediamo se Renzi sarà inclusivo o escludente – ha sottolineato – Penso sia naturale che Renzi sia il leader del centrosinistra, purché sia inclusivo.
Se il PD avesse il 55% di voti, il problema neanche si porrebbe.
Ma non è così”.
E quindi si prospetta l’ipotesi di un ennesimo esecutivo di larghe intese.
“Un governo di grande coalizione in caso di emergenza può benissimo esserci – ha detto Prodi – ma diventa immediatamente provvisorio.
Ad ogni modo, un governo Pd-Forza Italia, oltre a non avere i numeri, sarebbe un governo di sinistra-centro-destra.
Mi pare molto problematico“.
Ancor più netta la presa di posizione sul Movimento 5 Stelle.
“Non sono pronti a governare.
Fanno dichiarazioni omnicomprensive, la loro vera cifra è quella di opporsi al regime – ha detto Romano Prodi – Il loro successo è dovuto al fatto che giocano solo all’opposizione e hanno rinunciato ad ogni radice politica.
Non si capisce nessuna proposta positiva, c’è il rischio – ed è il vero attacco dell’ex capo del governo – che se arrivassero primi alle elezioni, rappresentino un pericolo”.
Tornando al centrosinistra, il professore ha un’idea molto chiara sulla vocazione politica nazionale dell’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia: “Mi aspetto che faccia un suo programma e prenda una decisione perché finora si è proposto come aggregatore, creando molte attese, ma non ancora come protagonista ufficiale della politica nazionale – ha spiegato Prodi – Ha un ottimo record di governo in una città affatto facile come Milano, è una persona saggia e pur venendo da una formazione laica, ha governato facendo accordi con tutti”.
L’ex presidente della Commissione europea non si è sottratto ad offrire un suo parere anche sulla questione Boschi-Banca Etruria: “Ove mai fosse confermato che la Boschi avesse interpellato (Unicredit,ndr)… non avrebbe fatto bene perché c’era suo padre (in banca Etruria, ndr).
Mi pare che in questa vicenda si ponga un problema giuridico e uno di stile.
Ma si vedrà”. Lui, però, non commenterà gli sviluppi da uomo delle istituzioni, ma da semplice cittadino: “Non ho intenzione di tornare in politica perché sento il tempo che è passato.
È cambiato il mondo, non è che io non voglia ma si tratta di prendere in considerazione che ognuno ha un suo periodo, e il mio, di governante, è passato.
Ma ho ancora l’obbligo di pensare, dire, parlare…”. E in tal senso ha un pensiero preciso sul ruolo di guida di un partito, nella fattispecie il Pd: “In un sistema democratico, che il capo del governo sia anche il capo del partito non è sempre positivo perché in questo momento ad esempio i partiti hanno bisogno di popolarizzazione, di tornare ad essere presenti sul territorio. (…)
Renzi può benissimo andare a Palazzo Chigi ma serve qualcuno che si occupi del partito“.
“La comunicazione – ha concluso – è diventata uno strumento fondamentale in politica, e non dico certo che sia un bene.
Ha talmente accorciato il modo di riflettere e di pensare che è il vero dramma della democrazia.
Siamo sempre inquieti e per pensare, invece, bisogna essere quieti“.
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Re: Diario della caduta di un regime.
IN UN PASSAGGIO DIFFICILISSIMO COME QUESTO E' NECESSARIO SENTIRE COSA NE PENSA LA VOX POPULI
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Vittorio Caricola • 21 minuti fa
Come ho fatto ha votare per questo tizio sa solo il Signore! Una sola incommensurabile ..come si fa a dire che i5 stelle non sono preparati a governare con un PD pieno zeppo di massoni e pinocchietti con fatine al seguito
1 △ ▽
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Lulic-aus-wien71 • 21 minuti fa
Ancora lo chiamano in tv .
△ ▽
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Gianni Marconi • 22 minuti fa
Caro professore, io l'ho sempre seguita con rispetto e (persino ho votato per lei) ma dichiarare che un movimento politico che potrebbe avere, qualora succedesse, il supporto del popolo
non sia pronto a governare mi sembra una affermazione curiosa; e' o non e' il popolo sovrano? Al di la di questo non mi sembra che gli ultimi anni di questa politica dei piacioni abbia espresso grandi menti in pronte a governare... o sbaglio?
△ ▽
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Renato Viola • 28 minuti fa
Perché Renzi era ed è pronto a governare .ma non dica barzellette
3 △ ▽
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luca rizzi • 29 minuti fa
ancora sto rimbambito che c'ha fatto entrare nell'euro...
ma basta! vai ai giardinetti che hai fatto abbastanza vaccate
3 △ ▽
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Piero Battini • 30 minuti fa
Può darsi che il movimento 5 Stelle non sia pronto a governare ma sicuramente non farà peggio di Renzi.Non è poi tanto difficile fare meglio.Basta che trovino delle persone intelligenti e ce ne sono!
3 △ ▽
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Vittorio Caricola • 21 minuti fa
Come ho fatto ha votare per questo tizio sa solo il Signore! Una sola incommensurabile ..come si fa a dire che i5 stelle non sono preparati a governare con un PD pieno zeppo di massoni e pinocchietti con fatine al seguito
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Lulic-aus-wien71 • 21 minuti fa
Ancora lo chiamano in tv .
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Gianni Marconi • 22 minuti fa
Caro professore, io l'ho sempre seguita con rispetto e (persino ho votato per lei) ma dichiarare che un movimento politico che potrebbe avere, qualora succedesse, il supporto del popolo
non sia pronto a governare mi sembra una affermazione curiosa; e' o non e' il popolo sovrano? Al di la di questo non mi sembra che gli ultimi anni di questa politica dei piacioni abbia espresso grandi menti in pronte a governare... o sbaglio?
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Renato Viola • 28 minuti fa
Perché Renzi era ed è pronto a governare .ma non dica barzellette
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luca rizzi • 29 minuti fa
ancora sto rimbambito che c'ha fatto entrare nell'euro...
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Piero Battini • 30 minuti fa
Può darsi che il movimento 5 Stelle non sia pronto a governare ma sicuramente non farà peggio di Renzi.Non è poi tanto difficile fare meglio.Basta che trovino delle persone intelligenti e ce ne sono!
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Re: Diario della caduta di un regime.
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fili51 • 34 minuti fa
Perchè Prodi come ha dimostrato di saper governare?!? Ci ha fatto entrare nell'euro a condizioni capestro; a svenduto (o tentato di svendere' buone imprese statali agli amichetti suoi, etc. etc.Quindi abbia il buon gusto di stare almeno zitto!! Dire che i 5S non hanno esperienza, vuol dire conservare lo 'statu quo' e non cambiare mai. Forse Forza Italia aveva esperienza quando vinse le elezioni?!? a ben vedere non ha governato certo peggio del Pd
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Essex • 34 minuti fa
"Dice che non tornerà a fare politica attiva, ma nei fatti lo fa."
Ma infatti, che ingenuo... In questi casi si dice "sono solo un garante / un megafono"...
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LesPaul335 > Essex • 33 minuti fa
Ingenuo sono io a leggere commenti del genere.
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thomas köhler • 34 minuti fa
Il M5S non e pronto a governare?
Lo dice colui
che e stato premier dal Lunedi al Giovedi se mi ricordo bene....
e sempre colui che ha avuto 101 del suo partito contro perche non lo ritenevano in grado di governare
Ma il bello che si da credito a lui su TUTTI i GIORNALI
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sergio • 34 minuti fa
Lei ha "il diritto" di parlare,non l'obbligo.Considerate le sue esternazioni,meglio avesse rinunciato "all'obbligo" di parlare
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Salvatore R. Familiari • 34 minuti fa
Prodi:
'Ma ho ancora l’obbligo di pensare, dire, parlare…'
anche prima... nostro caro Prof. aveva:
l'obbligo di pensare che il cambio a 1.936,27 Lira/Euro non andava bene
l'obbligo di dire nelle sedi UE che il cambio a 1.936,27 Lira/Euro non andava bene
l'obbligo di parlare in UE dicendolo che il cambio a 1.936,27 Lira/Euro non andava bene
△ ▽
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fili51 • 34 minuti fa
Perchè Prodi come ha dimostrato di saper governare?!? Ci ha fatto entrare nell'euro a condizioni capestro; a svenduto (o tentato di svendere' buone imprese statali agli amichetti suoi, etc. etc.Quindi abbia il buon gusto di stare almeno zitto!! Dire che i 5S non hanno esperienza, vuol dire conservare lo 'statu quo' e non cambiare mai. Forse Forza Italia aveva esperienza quando vinse le elezioni?!? a ben vedere non ha governato certo peggio del Pd
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Essex • 34 minuti fa
"Dice che non tornerà a fare politica attiva, ma nei fatti lo fa."
Ma infatti, che ingenuo... In questi casi si dice "sono solo un garante / un megafono"...
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LesPaul335 > Essex • 33 minuti fa
Ingenuo sono io a leggere commenti del genere.
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thomas köhler • 34 minuti fa
Il M5S non e pronto a governare?
Lo dice colui
che e stato premier dal Lunedi al Giovedi se mi ricordo bene....
e sempre colui che ha avuto 101 del suo partito contro perche non lo ritenevano in grado di governare
Ma il bello che si da credito a lui su TUTTI i GIORNALI
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sergio • 34 minuti fa
Lei ha "il diritto" di parlare,non l'obbligo.Considerate le sue esternazioni,meglio avesse rinunciato "all'obbligo" di parlare
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Salvatore R. Familiari • 34 minuti fa
Prodi:
'Ma ho ancora l’obbligo di pensare, dire, parlare…'
anche prima... nostro caro Prof. aveva:
l'obbligo di pensare che il cambio a 1.936,27 Lira/Euro non andava bene
l'obbligo di dire nelle sedi UE che il cambio a 1.936,27 Lira/Euro non andava bene
l'obbligo di parlare in UE dicendolo che il cambio a 1.936,27 Lira/Euro non andava bene
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Re: Diario della caduta di un regime.
vittorio lubelli • 39 minuti fa
Egreg. Prodi il vero motivo che il M5* non'è pronto a governare è perchè
non fa parte del Partiti unificato.
Quindi avete tutti paura dell'onestà alle ISTITUZIONI.
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Un'altra persona sta scrivendo...
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W.Reich • 39 minuti fa
Inizialmente gli diedi credito e feci un errore madornale, a parziale giustificazione ciò che offriva, si fa per dire, il resto.
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Eric SaintJust • 39 minuti fa
il buon Romano in versione La Palisse a dire:
“M5s non pronto a governare. Se vince le elezioni sarebbe un pericolo”......
E' di tutta evidenza caro Romano......ASSOLUTA EVIDENZA....
Basta ascoltare cio' che dicono....ROBA DA CHIODI....
Cito solo 2 perle fra le tante:
a) Fuori dall'euro, da poco modificata in referendum sull'euro che resta comunque un bell'esempio di abominio ridicolo
b) Posizione sulle vaccinazioni assolutamente pazzesca....
basta poi per completare il quadro guardare dove amministrano....disastri a go go......figurarsi se andassero al governo....
dai...ma e' un'ipotesi destituita di ogni fondamento.....
NON ESISTE PROPRIO....
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quoquetu • 39 minuti fa
Stimato Prof. perché tutti quelli che hanno governato fino ad oggi erano tutti pronti a governare e ne sono stati capaci?
A vedere come siamo ridotti, non mi pare. Sono convinto, inoltre, che andrebbe avanti, questo stato di cose, ancora per qualche decennio se non ci fosse il cambiamento proposto dai M5S. D'altra parte , converrà, non si nasce con il DNA politico lo si matura nel tempo e con la giusta mentalità e conoscenza del mondo nel quale si vive.Lei m'insegna.
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silvio • 40 minuti fa
Invece se continua a governare il Pd stiamo tranquilli ... Complimenti per l'analisi lucida e onesta ... peccato ... avevo una certa stima di Lei. Ma Lei appartiene ad una classe politca che andandosene e restando lontano dalla cosa pubblica ci permetterebbe di rialzarci ...
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SW78_2 • 40 minuti fa
Per Prodi il M5S sarà pronto per governare quando il potere se lo sarà comprato... come ha già fatto col PD e con lui nel passato.
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Ignoto Marinaio • 41 minuti fa
"M5S non è pronto a governare" se lo dice Prodi significa che governerà bene senza corrotti ,apparentamenti con mafiosi , massoni e collusi con la mafia e politici incapaci che hanno perso il referendum , hanno fatto leggi liberticide e hanno massacrato lo statuto dei lavoratori
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Egreg. Prodi il vero motivo che il M5* non'è pronto a governare è perchè
non fa parte del Partiti unificato.
Quindi avete tutti paura dell'onestà alle ISTITUZIONI.
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W.Reich • 39 minuti fa
Inizialmente gli diedi credito e feci un errore madornale, a parziale giustificazione ciò che offriva, si fa per dire, il resto.
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Eric SaintJust • 39 minuti fa
il buon Romano in versione La Palisse a dire:
“M5s non pronto a governare. Se vince le elezioni sarebbe un pericolo”......
E' di tutta evidenza caro Romano......ASSOLUTA EVIDENZA....
Basta ascoltare cio' che dicono....ROBA DA CHIODI....
Cito solo 2 perle fra le tante:
a) Fuori dall'euro, da poco modificata in referendum sull'euro che resta comunque un bell'esempio di abominio ridicolo
b) Posizione sulle vaccinazioni assolutamente pazzesca....
basta poi per completare il quadro guardare dove amministrano....disastri a go go......figurarsi se andassero al governo....
dai...ma e' un'ipotesi destituita di ogni fondamento.....
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quoquetu • 39 minuti fa
Stimato Prof. perché tutti quelli che hanno governato fino ad oggi erano tutti pronti a governare e ne sono stati capaci?
A vedere come siamo ridotti, non mi pare. Sono convinto, inoltre, che andrebbe avanti, questo stato di cose, ancora per qualche decennio se non ci fosse il cambiamento proposto dai M5S. D'altra parte , converrà, non si nasce con il DNA politico lo si matura nel tempo e con la giusta mentalità e conoscenza del mondo nel quale si vive.Lei m'insegna.
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silvio • 40 minuti fa
Invece se continua a governare il Pd stiamo tranquilli ... Complimenti per l'analisi lucida e onesta ... peccato ... avevo una certa stima di Lei. Ma Lei appartiene ad una classe politca che andandosene e restando lontano dalla cosa pubblica ci permetterebbe di rialzarci ...
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SW78_2 • 40 minuti fa
Per Prodi il M5S sarà pronto per governare quando il potere se lo sarà comprato... come ha già fatto col PD e con lui nel passato.
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Ignoto Marinaio • 41 minuti fa
"M5S non è pronto a governare" se lo dice Prodi significa che governerà bene senza corrotti ,apparentamenti con mafiosi , massoni e collusi con la mafia e politici incapaci che hanno perso il referendum , hanno fatto leggi liberticide e hanno massacrato lo statuto dei lavoratori
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Re: Diario della caduta di un regime.
CRONACA DEL BEL PAESE IN FRANTUMI SOTTO LE MACERIE
Depuriamo pure il tasso di propaganda degli STRUMPTRUPPEN, ma alla fine la notizia rimane.
In Sicilia ora crolla tutto:
indagato pure Crocetta
Il presidente della Regione Sicilia accusato di "concorso in corruzione". Sotto inchiesta anche il sottosegretario Vicari
di Luca Romano
1 ora fa
449
Depuriamo pure il tasso di propaganda degli STRUMPTRUPPEN, ma alla fine la notizia rimane.
In Sicilia ora crolla tutto:
indagato pure Crocetta
Il presidente della Regione Sicilia accusato di "concorso in corruzione". Sotto inchiesta anche il sottosegretario Vicari
di Luca Romano
1 ora fa
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- Iscritto il: 11/10/2016, 2:47
Re: Diario della caduta di un regime.
‘Corrotta con un Rolex’. Sottosegretaria indagata
Trapani, sotto inchiesta anche Rosario Crocetta
Vicari (Ap) è accusata di corruzione. Fondi trasporto marittimo, arrestati armatore ed ex sindaco (leggi)
Indagine a carico del governatore: “Io in barca con Morace, circostanza non vera. Sono tranquillo”
Giustizia & Impunità
È indagata per corruzione perché avrebbe agevolato l’armatore Ettore Morace in cambio di un Rolex. Questa l’accusa contestata a Simona Vicari, senatrice di AP e sottosegretario ai Trasporti. L’indagine parte dalla stessa inchiesta che stamattina ha portato all’arresto per corruzione di Morace e dell’ex sindaco di Trapani – ricandidato alle prossime elezioni – e deputato regionale Girolamo Fazio. Morace è riuscito a entrare in contatto con la sottosegretaria per ottenere l’approvazione di un emendamento che riduceva dal 10 al 5 per cento l’Iva sui trasporti marittimi urbani
di F. Q.
Trapani, sotto inchiesta anche Rosario Crocetta
Vicari (Ap) è accusata di corruzione. Fondi trasporto marittimo, arrestati armatore ed ex sindaco (leggi)
Indagine a carico del governatore: “Io in barca con Morace, circostanza non vera. Sono tranquillo”
Giustizia & Impunità
È indagata per corruzione perché avrebbe agevolato l’armatore Ettore Morace in cambio di un Rolex. Questa l’accusa contestata a Simona Vicari, senatrice di AP e sottosegretario ai Trasporti. L’indagine parte dalla stessa inchiesta che stamattina ha portato all’arresto per corruzione di Morace e dell’ex sindaco di Trapani – ricandidato alle prossime elezioni – e deputato regionale Girolamo Fazio. Morace è riuscito a entrare in contatto con la sottosegretaria per ottenere l’approvazione di un emendamento che riduceva dal 10 al 5 per cento l’Iva sui trasporti marittimi urbani
di F. Q.
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