Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sotto le macerie - 67
Cronaca di un affondamento - 16

Chi bara - 3


19 GENNAIO 2013
Bersani: ''Non c'è mai stata ipotesi di desistenza''
"Non c'è stata nessuna trattativa per un patto di desistenza, ma avrei apprezzato un gesto di responsabilità per agevolare la vittoria sulla destra in Lombardia e in Italia". Così il segretario del Pd - durante una conferenza stampa a Milano - risponde al leader di Rivoluzione Civile che ha chiuso a ogni ipotesi di dialogo con i democratici. "Tutti i voti sono utili - dice Bersani - ma alcuni servono di più per battere la destra"
(di Marco Billeci)

http://video.repubblica.it/dossier/elez ... 6717?video

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Agorà
Highlights
00:21:16

http://www.agora.rai.it/dl/portali/site ... af261.html
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

Alla faccia della rottamazione
di Massimo Cacciari
Dunque, alla fine Berlusconi è tornato in campo, Renzi è scomparso, c'è l'assalto dei politici alla tv e nel Paese la decadenza continua. Insomma, grandi novità(22 gennaio 2013)
SI NARRAVA CHE SAREBBE STATA LA VOLTA se non della rottamazione, di generosi rinnovamenti. Si alzava a diritta lo squillo grillino, a sinistra rispondeva quello di Fiorenza. E a seguire gli altri,tutti impegnati a coprire l'abisso tra "casta"politica e "società civile". Primarie dappertutto. Competition is competition. Slogan, sia chiaro, che non ho mai frequentato e ai quali ancora meno ho creduto. Ma certo era difficile immaginare che avrebbero partorito così infinitesimi topolini. Renzi ha salvato qualcuno dei suoi e ha evitato la rottamazione - poco altro poteva combinare. Le primarie del Pd non hanno risolto alcun problema di "linea" (come si sarebbe detto all'epoca di Bersani), né avrebbero potuto, trattandosi esattamente dell'opposto di un confronto congressuale all'interno di un partito-partito. Tanto meno risulta chiarito il rapporto con il compagno Vendola, anche se insisto nel dirmi convinto che al momento buono non farà alcuna barricata contro un'intesa con Monti. Come previsto, le pseudo-novità à la Grillo illanguidiscono non appena le televisioni si trovano in altre faccende affaccendate (grande rivoluzione anche questa: gli italiani guardano ancora la tv e sono influenzati dalle sue meraviglie mille volte più che da social network, Twitter, ecc.).

Ma il colmo della novità, da Guinness dei primati, lo abbiamo raggiunto con la "risalita in politica" di Silvio Berlusconi, candidato premier. In qualsiasi Paese sulla faccia della terra la ricandidatura di una persona vicina all'ottantina per la sesta volta, e dopo prove fallimentari di ogni genere e su tutti i palcoscenici del mondo, sarebbe stata immediatamente accolta da una tale omerica risata e da un grido così unanime di "basta!", da costringerla al ritiro in tempo reale. Da noi, no; noi siamo nuovi, originali, un laboratorio. Anzi,il replicante viene invitato dappertutto, fa audience, la gente dice che recita bene e cresce nei sondaggi. Per spiegare simili fenomeni occorre l'antropologo o lo scrittore, più che il politologo. Chi può dirsi innocente per una simile tragica farsa? Chi non ha responsabilità per l'immobilismo culturale, etico, politico, per la decadenza di questo Paese, che essa da sola basta e avanza a rappresentare? Invidio chi riesce ad assolversi, imprenditore o professore, politico o giornalista che sia.

Ma ci si può forse consolare con la certezza che il tempo del centrodestra berlusconiano e della Lega di Bossi sono comunque finiti. Sì, ma quanto potranno ancora condizionare i non pochi resti della loro antica potenza all'interno di un Parlamento, i cui meccanismi nessuno ha saputo modificare, malgrado due decenni di chiacchiere? Poiché il problema ormai non sono le elezioni, ma il governo che ne nascerà. Sarà un governo davvero costituente? Allora l'agenda va ben oltre quanto hanno detto sia Bersani che Monti. Non perché si tratti di inventare impossibili miracoli sul fronte dello sviluppo o della riduzione dell'imposizione fiscale. Ci sono vincoli e priorità "ragionieristici" che sarà bene ripetere, visto che né Bersani né Monti sono costretti a fare demagogia per vincere. La mission possibilissima del prossimo governo è tutta politica: eliminare le ingessature amministrative-burocratiche che fanno sì che aprire o svolgere qualsiasi attività in Italia costi dieci volte più in denaro e tempo che in qualsiasi altro Paese occidentale; delegiferare e costruire snelli testi unici su tutte le materie interessanti imprese e occupazione; eliminare le provincie, conferendone le competenze a città metropolitane e regioni; dar corpo effettivo al federalismo fiscale, a partire dalle spese sanitarie (assumendo come ministri ad hoc uomini come Ricolfi!); avviare una revisione complessiva della nostra Costituzione, che è bellissima quanto, con buona pace di Benigni, da due decenni almeno, palesemente bisognosa di importanti restauri, almeno per superare il bicameralismo, istituire il senato della autonomie e normare la vita dei partiti; fare una legge definitiva sul conflitto di interessi. E usare ogni euro resosi disponibile per sostenere l'avvio di nuove imprese e garantire solidi ammortizzatori sociali.

La "novità" attuale è che ancora una volta pochissime idee in questo senso circolano tra partiti e movimenti in lizza. E ancora meno uomini in grado di comprenderle e volerle realizzare. Le liste dell'uno e dell'altro sono giustapposizioni di personalità diversissime, in gran parte stra-collaudate. Chissà perché non ci sarebbero potuti stare anche D'Alema e Veltroni... Ne risulteranno maggioranze politiche solide? Si faranno le riforme necessarie? Hic sunt leones...© RIPRODUZIONE RISERVATA
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

ECONOMIA
«MPS è solo la punta dell’iceberg. Una nuova crisi bancaria è alle porte dell’Europa».
Intervista all'economista Emiliano Brancaccio


«Trovo maldestro, al limite del comico, il tentativo di certi media di valutare il caso del Montepaschi come un effetto di ingerenze politiche nella gestione bancaria. Sergio Rizzo, sul Corsera, ha addirittura candidamente affermato che il problema chiave sarebbe la dipendenza della banca senese dal potere politico. A suo avviso, quindi, per risolvere i problemi di MPS è sufficiente che la politica faccia un passo indietro e lasci la banca alle logiche del mercato. Ma qualsiasi osservatore che non abbia il prosciutto dell’ideologia liberista sugli occhi sa bene che questa è una interpretazione fuorviante e manichea dei fatti. La verità è un’altra: la crisi di MPS è soltanto il segno precoce e più evidente di una crisi bancaria di carattere sistemico, che ha le sue radici nell’onda speculativa che ci ha portato al tracollo dell’ottobre 2008 e dei cui danni si stanno facendo carico sempre di più i bilanci pubblici e i contribuenti».
L’economista Emiliano Brancaccio non conosce le banche semplicemente alla luce dei suoi studi sul “capitale finanziario” di Rudolf Hilferding, ma parla per conoscenza diretta dei fatti. Nel 2006 era stato chiamato in Banca Toscana per contribuire al risanamento del piccolo istituto di credito territoriale, di proprietà del Monte dei Paschi di Siena. Due anni dopo, nonostante i progressi di gestione, Banca Toscana venne improvvisamente chiusa e incorporata nel Monte. Non fu un caso isolato: l’intero gruppo venne sottoposto a una profonda ristrutturazione. Giuseppe Mussari, allora presidente, la giustificò con la necessità, per la banca senese, di dirottare tutte le risorse interne sul finanziamento della costosa acquisizione di Antonveneta. Una decisione che molti definiscono poco azzeccata, col senno di poi…
«In realtà anche col senno di prima, ma non da parte di tutti. Oggi è di moda puntare il dito su quella operazione, ma è il caso di ricordare che all’epoca dei fatti gran parte dei media nazionali elogiarono l’acquisto di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi. Personalmente, con altri, criticai la scelta dei vertici del Monte di concentrare tutti gli sforzi sull’acquisto di Antonveneta. I nostri rilievi critici, tuttavia, erano decisamente minoritari. E soprattutto erano ben diversi da quelli sui quali oggi svariati commentatori sembrano concentrarsi. Il problema che ponevamo era che l’operazione stava avvenendo a un prezzo che probabilmente si situava sul picco massimo di una enorme bolla speculativa. Una bolla, a nostro avviso, destinata a esplodere. Il Sole 24 Ore, che forse giudicò l’operazione con più equilibrio di altri, riconobbe il problema. Ma anch’esso poi affermò che dopotutto “le turbolenze dei mercati passano, gli sportelli invece restano”. Il guaio è che non si trattava di una mera “turbolenza”. In realtà eravamo alla vigilia della più violenta crisi finanziaria ed economica dal dopoguerra, che di lì a poco avrebbe determinato un crollo verticale dei valori delle banche. La vera responsabilità di Mussari, dunque, è di non aver capito che stava cercando di inserirsi nel grande boom dei valori finanziari quando l’orgia speculativa era già finita. Tutti gli errori successivi non sono altro che una logica conseguenza di quella illusione originaria».
Anche la mancata informazione relativa alle operazioni sui derivati, sulla quale oggi la stampa si concentra, sarebbe da ascrivere a quel vizio speculativo originario?
Ovviamente sì. Se la mancata informazione agli organi interni ed esterni di vigilanza sarà confermata, ci troveremo di fronte a una violazione della legge e degli statuti. Ma è da ingenui considerare questa vicenda in un’ottica semplicemente deontologica o giudiziaria. In questo modo si finisce per interpretare il caso come se fosse un banale problema di “mele marce” in un sistema altrimenti sano. In realtà il caso Montepaschi è solo la punta di un iceberg di problemi che attanaglia larga parte del settore bancario, e che sta lentamente affiorando. Alla fine del 2007 il Monte assumeva di fatto una improvvida posizione da “rialzista” quando il mercato già volgeva al ribasso. Per questo motivo la banca senese è stata tra le prime a registrare pesanti perdite di bilancio, che ha cercato poi di tamponare con operazioni finanziarie sempre più discutibili e gravose, che oggi salgono alla ribalta delle cronache. Ma questa dinamica perversa non è affatto circoscritta al perimetro delle mura di Siena. In misura più o meno accentuata essa investe l’intero assetto del potere bancario. Il tentativo di rimediare al crollo dei valori di bilancio con operazioni di copertura finanziaria che a lungo andare si rivelano gravose e al limite controproducenti, è una prassi diffusa all’interno di un sistema in grave debito d’ossigeno, che ancora per lungo tempo sconterà i fasti delle onde speculative degli anni passati.
Si dice però che le banche italiane siano più solide di quelle estere, perché hanno partecipato in misura solo marginale al baccanale finanziario.
E’ una semplificazione. E’ vero che nei bilanci delle banche italiane ci sono meno titoli cosiddetti “spazzatura”. Ma è anche vero che il nostro sistema bancario, come tutti quelli situati nelle aree periferiche della zona euro, patisce in misura particolarmente accentuata la caduta dei redditi dei debitori e l’aumento conseguente delle sofferenze bancarie e dei fallimenti. Queste difficoltà sul versante dei rimborsi rendono le nostre banche ancora più sensibili al crollo dei valori azionari iniziato nel 2008. Per queste ragioni l’epicentro della prossima crisi bancaria potrebbe situarsi nelle periferie della zona euro, piuttosto che al centro della stessa.
C’è chi afferma che per dare respiro alle banche in difficoltà bisognerebbe rapidamente completare la costruzione della Unione bancaria europea e della connessa Assicurazione europea dei depositi.
Ho qualche dubbio su questa linea, mi sembra che rifletta un europeismo un po’ ingenuo. Se l’assicurazione europea dei depositi sarà istituita in cambio dell’attribuzione all’autorità europea di vigilanza del potere di avviare e gestire un processo di ristrutturazione bancaria su scala continentale, le banche dei paesi periferici potrebbero diventare oggetto di acquisizioni estere a buon mercato. Se così andasse, non sarebbe un esito positivo.
In che modo allora bisognerebbe intervenire? Non solo i giornalisti, ma anche svariati economisti di orientamento liberista, parlano della necessità di sganciare le banche dalle fondazioni, in modo da sottrarle all’influenza della politica e sottoporle in termini più trasparenti al giudizio del mercato.
La causa principale della crisi in cui oggi versa il Monte e che domani colpirà altre banche verte sulle dinamiche speculative del mercato finanziario, che hanno comportato un enorme rialzo dei valori dei capitali fino al 2007 e un successivo tracollo dopo quella data. Queste violente oscillazioni sono connaturate al regime globale di accumulazione finanziaria che abbiamo ereditato dagli anni del cosiddetto “pensiero unico” e che, sebbene in grave affanno, resta tuttora egemone. Sarà scomodo e demodé doverlo ammettere, ma la cosiddetta “influenza” della politica sulle fondazioni non c’entra un bel niente. Piuttosto, bisognerebbe prendere atto che la situazione di bilancio del Monte dei Paschi non potrà essere sanata con dei prestiti al nove percento erogati dal governo. Né si può pensare che questi prestiti favoriranno l’erogazione di credito a favore delle imprese e delle famiglie. L’unica soluzione razionale, a questo punto, dovrebbe esser quella di avviare immediatamente un percorso verso la nazionalizzazione dell’istituto. Le ricerche più recenti evidenziano che le banche di proprietà pubblica possono erogare credito a condizioni più favorevoli e soprattutto in un’ottica di più lungo periodo, servendo così meglio il territorio in cui operano, e senza lasciarsi condizionare da tentazioni di tipo più o meno smaccatamente speculativo.

Checchino Antonini
in data:23/01/2013
http://www.liberazione.it/news-file/-MP ... ropa--.htm
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

L'analisi del prof. Brancaccoi mi pare convincente. La conclusione non mi convince.

A me sembra che c'è qualcosa che non va a livello strutturale delle banche, indipendentemente da chi ne è il possessore.

Non sono un economista e parlo sulla base del buon senso e per esperienza personale.

Negli anni '80 lavoravo per la BNA, la più grande banca privata italiana dell'epoca. Ogni anno, sotto bilancio, risultava sempre più evidente che i margini sulla cosiddetta intermediazione (spread tra interessi sugli impieghi e remunerazione dei depositi) erano del tutto insufficienti a coprire le spese (pesanti) di gestione. Al primo giro il bilancio usciva sempre in rosso.

Poi miracolosamente la situazione si ribaltava. Ciò avveniva dalla registrazione degli utili conseguiti da quello che allora si chiamava Servizio Titoli. Bastavano un po' di operazioni "smart" messe a segno dai colleghi operatori in titoli, per risanare magicamente il bilanci ed a chiudere con un risultato brillante.

Non per niente quelli che avevano la fortuna (o le capacità) di lavorare in quel servizio, erano i più pagati ed invidiati dell'azienda.

Credo che da allora le cose non siano sostanzialmente cambiate, anzi, con l'assottigliarsi dei margini di intermediazione e con il costante rallentamento dell'economia reale, il fenomeno si sia sensibilmente ampliato.

Ciò vuol dire, in parole povere, che le banche sono aziende che senza la speculazione finanziaria, ma basandosi solo sull'attività "tradizionale", non sono in grado di sopravvivere.

Credo che sia per questo che la separazione tra banche commerciali e banche d'affari non si è fatta e mai si farà.

Se è così, il problema non credo che si risolva con la loro nazionalizzazione, che significherebbe istituzionalizzare la pubblicizzazione delle loro perdite, ma ripensare complessivamente il sistema ed un suo drastico quanto inevitabile ridimensionamento.

Come ciò sia possibile ed a quali prezzi, non essendo un esperto, non sono in grado di valutarlo.
Joblack
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Joblack »

Il PDL ha dato la sua ricetta su come risolvere il problema economico dell'italia dopo il voto:

http://www.corriere.it/politica/special ... 2969.shtml

In soldoni:

- BCE come Federal Reserve, creazione eurobond (bisogna vedere cosa ne pensa la Merkel)
- Niente Imu, due sole aliquote e un patto fisco-contribuente. Due aliquote di 23% fino a 43 mila euro 33% per quelli superiori (un regalo del 10% in meno di tasse per gli stipendi medi ed altissimi)
- No aumento IVA (1% è già prevista a giugno)
- No IMU prima casa, IMU rimane ai comuni con azzeramento addizionali.
- No Tobin Tax, ma più imposte sui giochi alcol e sigarette
- Credito d'imposta per aziende che assumono i giovani con recupero irpef e contributi inps
- Taglio spesa pubblica del 2% all'anno x 5 anni
- correzione per gradualità riforma Fornero
- Spesa sanità secondo i costi standard
- Ridurre di 2,5 miliardi la spesa per l'istruzione con inserimento dei privati nella gestione istituti
- Investire 54 miliardi nelle infrastrutture (la mafia degli appalti ringrazia)
- Vendita patrimonio pubblico per 15-20 miliardi l'anno (i soci del quartierino ringraziano)
- White list aziende contribuenti onesti con riduzione degli oneri burocratici.

.........

Secondo me molta fuffa ... cose viste e riviste ...mai attuate perchè impossibili ... molti denari sugli appalti per ingrossare aziende amiche e le mafie ... togliere alla scuola ... far pagare meno tasse ai ricchi.

Niente di nuovo sotto questo sole.

Se questa lista dei desideri potesse essere portata a conoscenza e con chiarezza a quella massa operaia ed impiegatizia che vota PDL sono sicuro che scapperebbero tutti e inorriditi da questo partito truffa, impresentabile con candidati impresentabile e molti condannati almeno in primo grado a cominciare da B.

Un mesto saluto
Ultima modifica di Joblack il 24/01/2013, 18:29, modificato 1 volta in totale.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sotto le macerie - 74
Cronaca di un affondamento - 23

Pinocchio - 1



24 gennaio 2013

1) Aerei F-35, l’accordo Italia – Usa firmato dal Pd


“Bisogna assolutamente rivedere e limitare le spese militari degli F-35 perché le nostre priorità sono altre. La nostra priorità non sono i caccia ma il lavoro.”

(Pier Luigi Bersani 22/01/2013)



Tagliare le spese per l’acquisto dei cacciabombardieri F-35.

Il segretario del Partito democratico azzecca la mossa elettorale toccando un tema sensibile per larga parte dell’elettorato, ma dimentica alcuni particolari del recente passato riguardanti il suo stesso partito

L’accordo Italia - Usa per l’acquisto degli F 35 per esempio – risale al 2007 e porta la firma di Lorenzo Forcieri del Partito democratico.

L’Italia ha inoltre speso 2,7 miliardi di dollari per comprare cacciabombardieri senza che il Partito democratico si sia mai opposto, e il ministero della difesa, nel 2012 , ha già ordinato tre F-35 impegnando 270 milioni con il pieno consenso del Parlamento e del Partito democratico.

Sempre nel 2012 ( 28 marzo) il Partito democratico ha poi votato contro una mozione che proponeva la cancellazione del programma F-35.



2) Quando il Professor Che Guevara si trasforma in “Pierino”.

Quando il Che se ne stava tranquillo alla Bocconi era il dominus, il più potente della zona. A Davos, invece, si comporta come Pierino che non ha fatto i compiti.

Si può leggere in questo momento sul Corriere.it:

Lavoro, Monti a Davos attacca la Cgil
«Un sindacato ha frenato la riforma»

Il premier ai potenti del mondo: «La riforma non è andata avanti per colpa di un sindacato che ha resistito al cambiamento». Il leader di Confindustria Squinzi: la Cgil non ostacola gli interventi per crescita


http://www.corriere.it/index.shtml?refresh_ce
http://www.corriere.it/economia/13_genn ... 2969.shtml
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Joblack ha scritto:Il PDL ha dato la sua ricetta su come risolvere il problema economico dell'italia dopo il voto:

http://www.corriere.it/politica/special ... 2969.shtml

In soldoni:

- BCE come Federal Reserve, creazione eurobond (bisogna vedere cosa ne pensa la Merkel)
- Niente Imu, due sole aliquote e un patto fisco-contribuente. Due aliquote di 23% fino a 43 mila euro 3 33% per quelli superiori (un regalo del 10% in meno di tasse per gli stipendi medi ed altissimi)
- No aumento IVA (1% è gia prevista a giugno)
- No IMU prima casa, IMU rimane ai comuni con azzeramento addizionali.
- No Tobin Tax, ma più imposte sui giochi alcol e sigarette
- Credito d'imposta per aziende che assumono i giovani con irpef e contributi inps
- Taglio spesa pubblica del 2% all'anno x 5 anni
- correzione per gradualità riforma Fornero
- Spesa sanità secondo i costi standard
- Ridurre di 2,5 miliardi la spesa per l'istruzione con inserimento dei privati nella gestione istituti
- Investire 54 miliardi nelle infrastrutture (la mafia degli appalti ringrazia)
- Vendita patrimonio pubblico per 15-20 miliardi l'anno.
- White list aziende contribuenti onesti con riduzione degli oneri burocratici.

.........

Secondo me molta fuffa ... cose viste e riviste ...mai attuate perchè impossibili ... molti denari sugli appalti per ingrossare aziende amiche e le mafie ... togliere alla scuola ... far pagare meno tasse ai ricchi.

Niente di nuovo sotto questo sole.

Potessero saperlo con chiarezza quella massa operaia ed impiegatizia che vota PDL ... scapperebbero inorriditi.

Un mesto saluto
-----------------
Caro Joblack.Macchinette mangia soldi.Uno lo hanno dovuto ricoverare aveva speso 12.000 in poche ore.
Alora il cane si morde la coda.SE poi queste persone si rendono dipendenti dal gioco,che diventa una droga.Alla fine aumentano i costi della sanità.
Ciao
Paolo11
Joblack
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Joblack »

Sulle macchinette mangiasoldi ha mai sentito una voce-contro dai benpensanti del PDL e dalla gerarchia ecclesiastica?

Nessuna.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sotto le macerie – 75
Cronaca di un affondamento - 24


I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo - 2



Grazie Concita per aver fatto quello che le inutili teste di caXXo, sparapalle in quantità industriale, che vivono all'interno della cittadella dorata chiamata "Casta", avrebbero dovuto fare e invece si comportano esattamente come la Corte di Francia all'interno della dorata Versailles

Cambiano i tempi, cambiano gli scenari, ma gli uomini recitano sempre la stessa commedia.

*******

Cronache dall'Italia in crisi:
"Così siamo diventati poveri"
Otto milioni di italiani vivono con meno di mille euro al mese. L’ascensore sociale è tornato indietro di 27 anni. La crisi economica ha massacrato la classe media che si ritrova così a fare i conti con le bollette ammucchiate sul frigo, l’assillo dell’affitto da pagare, la retta dei bambini a scuola. Ecco alcune semplici storie di chi per farcela compra il pane del giorno prima o divide la casa con altre famiglie. Vite di laureati che fanno i baristi e di mariti mandati sul lastrico dal divorzio

di CONCITA DE GREGORIO



I NUMERI non rendono l’idea. Siamo assuefatti, bombardati. Non li tratteniamo neppure il tempo necessario perché si traducano in un pensiero.

Sono le storie che parlano. Quelle sì, quelle somigliano tutte a qualcosa che sappiamo. La commessa del super, il fornaio dove vai a comprare le rosette, il ragazzo che ha l’età di tuo figlio, il padre di mezza età, la madre.

Questa è l’Italia, questi siamo noi.




Narcotizzati da una campagna elettorale che discute di pensioni e di tasse, di esodati e di aliquote: un mondo politico che parla, provando a farsi votare, a chi il lavoro ce l’ha o ce l’ha avuto.




Ma quasi la metà del paese non ha lavoro, lavora al nero, ha redditi sotto i mille euro.

La media delle famiglie italiane guadagna meno di ventimila euro l’anno, dicono i dati ministeriali, con buona pace delle discussioni sulla patrimoniale per chi ha redditi sopra il milione o il milione e mezzo.



C’è differenza fra ventimila e un milione, una differenza così grande che genera, in chi non trova ascolto, rabbia, ostilità, fragilità, disillusione.



Siamo tornati poveri, dicono i dati Istat. Più di otto milioni di italiani, una famiglia su dieci spende circa mille euro a testa al mese, la cifra sotto la quale l’Istat stabilisce la soglia di povertà relativa.

Indietro di 27 anni.

Ma nemmeno questo rende l’idea perché ormai sono anni che separarsi è diventato un lusso da ricchi, che il ceto medio è scivolato verso l’indigenza, che i padri che pagano gli alimenti dormono in macchine e vanno a mangiare alla Caritas.


La novità, oggi, come queste sei semplicissime storie raccontano, è che nell’indifferenza diffusa comprare a metà prezzo il pane di ieri, fare la spesa al super di carne in scadenza e quindi in saldo, nascondere la laurea per trovare un lavoro da 800 euro o laurearsi per poi servire ai tavoli di un pub, al nero, è diventato assolutamente normale.


Tutto intorno è così. L’ascensore sociale non è solo fermo, guasto, bloccato dal malaffare e dal malgoverno (e dalle teste di caXXo - ndt).



Torna indietro. Non sale: scende. I figli hanno un destino peggiore dei padri, il giovane laureato in Legge, figlio di operai del Sud, ha vergogna a dire che non sa che farsene del suo titolo, non sa come spiegarlo ai genitori.

Non va avanti, non può tornare indietro.




È il lavoro che manca.





È l’unica cosa di cui parlare, la sola di cui una campagna elettorale dovrebbe occuparsi: offrire un progetto per restituire lavoro al Paese.



Senza libertà materiale non c’è libertà politica né democrazia.



Il resto sono chiacchiere.




LA CASSIERA

"Vedo tanti pensionati a caccia di super-sconti tra i prodotti in scadenza"

"Può scrivere solo il mio nome? Non vorrei passare un guaio, mi manca solo quello. Giovanna. Faccio la cassiera qui da otto anni, delle prime sono rimasta l'ultima. Ora arrivano tutte ragazze che stanno tre mesi meno un giorno, poi cambiano. Contratti di formazione, li chiamano: ti danno due euro, ti "formano", poi ti mandano a casa e avanti un'altra. Così se ne va la giovinezza e poi dopo a quarant'anni dove lo trovi un impiego? Sì, qui nel nostro "super" facciamo gli sconti last minute. Non li ha visti? Sono quelli con il prezzo in giallo. Se il formaggio, o il latte, o la carne sono a 24 ore dalla scadenza costano fino all'80 per cento in meno. Roba da mangiare subito, la sera stessa, prima che vada a male. Ma ancora buona, eh. Guardi, si fermi a guardare: la comprano tutti. Vede, qui a San Giovanni in Laterano, ci vivono moltissimi pensionati. Vengono col borsellino con la cerniera e dieci euro dentro, la busta di plastica da casa. Che poi uno dice pensionati e pensa agli anziani, ma i pensionati che vedo io hanno anche meno di sessant'anni. A 58 anni non sei vecchio, ma se da un giorno all'altro i duemila euro di stipendio diventano 900 di pensione e se hai ancora i figli a casa... Sapesse quante ne sento. Allora per forza devi comprare la carne che scade. Guardi, guardi. Perché non si direbbe, no? Li vedi ben vestiti, poi arrivano alla cassa e fanno passare tre oggetti. Ormai pagano più in monete che in banconote. Abbiamo anche un accordo con le scuole: i punti della spesa si possono devolvere all'istituto di quartiere per il materiale scolastico. Sì, alla scuola pubblica, perché?"


L'OPERATRICE DI CALL CENTER

"Tre donne, quattro figli: con una casa in comune arriviamo a fine mese"

"Mi chiamo Antonia L. Ho 57 anni, una figlia di 18 che vive con me. Ho cominciato a lavorare al call center quando mi sono separata, tre anni fa. Il mio ex marito non è in condizione di darci niente. Prendo, come tutti, 80 centesimi lordi a chiamata. Il mensile dipende da quanto lavoro. Se sono in salute, se ci metto gli straordinari posso arrivare a 800 euro. Ne pagavo 400 di affitto, più un centinaio di bollette varie. Con i 300 euro che restavano a vivere in due non ce la facevamo. Come me le altre, che al call center siamo soprattutto donne, e tante sole con figli. Con due di loro siamo andate a vivere insieme, un paio di anni fa: un appartamento a Cinecittà. In casa siamo tre donne, una ragazza, la mia, e tre bambini. Ciascuna dorme in camera coi figli. Facciamo la spesa a turno, una volta alla settimana, al discount. A turno laviamo, cuciniamo e assistiamo quelli che si ammalano così se una ha il figlio con la febbre può andare lo stesso al lavoro. Ci prendiamo anche una serata libera, a rotazione. Abbiamo una macchina sola, una tv, un computer. Dividiamo tutto, per orari e per giorni. È una specie di comune anni Settanta: solo che allora lo facevamo per scelta, ora per necessità. Mio padre era impiegato, mia madre maestra. Hanno laureato tre figli, avevamo una casetta al mare. Io la mia laurea ho dovuto nasconderla, sennò ero troppo qualificata per ottenere il lavoro. Mia figlia dice che l'università non serve, non so più cosa risponderle. Da ragazza facevo politica, sono stata anche iscritta a un partito. Ora no, a votare non ci vado più".


IL PANETTIERE

"Vendo a metà prezzo il pane del giorno prima: c'è la fila per comprarlo"

"Abbiamo fatto mettere un cartello fuori: "Il pane di ieri a metà prezzo". Ho raccomandato ai dipendenti discrezione per non urtare le suscettibilità di nessuno. Sa com'è: siamo tutti benestanti fino a prova contraria, il paese è piccolo, la gente parla, la dignità non ha prezzo. Però vedo che lo chiedono in tanti, il pane di ieri. Mi chiamo Luigi Di Ianni, ho 64 anni. Facevo il commerciante, qui a Sulmona. Quando sono andato in pensione ho rilevato il forno "Profumo di pane", che è anche una pasticceria. Un'attività di medie dimensioni: tre punti vendita, mia moglie e mio figlio piccolo che mi aiutano e nove dipendenti. Questo Natale è stato un disastro. I dolci prima si vendevano tutti i giorni, ora a stento per le feste e la domenica. Il pane da noi siamo abituati a comprarlo in forme grandi, e si butta. Uno spreco che non ci possiamo più permettere. Mia madre faceva il pane con le patate che durava venti giorni. Allora ho pensato: ma perché abbiamo smesso di fare così? Se avessimo fatto attenzione, in passato, se fossimo stati più sobri... Io le vedo le persone a negozio, la conosco Sulmona. Sta morendo. Siamo in provincia dell'Aquila, abbiamo passato tristi giorni. Molti sono in cassa integrazione, molti hanno i figli che sono tornati a casa, e tocca mantenerli. Io stesso, se guardassi solo i conti, farei meglio a chiudere. È un impegno verso gli altri, l'impresa. È buono ancora, sa, il nostro pane di ieri? E poi il pane è sacro. Non si butta. Vedo che lo chiedono, infatti. E magari dicono per giustificarsi: sa, ci devo fare le polpette, i ripieni. Che importa se non è vero".


L'IMPRENDITRICE FALLITA

"Noi strozzati dai debiti, mio padre si è ammazzato e l'azienda non c'è più"

"Ho scritto a Monti, a Napolitano. Volevo solo che sospendessero le ingiunzioni di pagamento. Mio padre si è ammazzato per quello. Per rimetterci in piedi ci voleva un po' di tempo, un po' di liquidità, soprattutto avevamo bisogno di non essere in mora coi pagamenti. C'è una legge per i casi come il nostro, ho controllato. Ma non è successo niente. Passavano i mesi e le ingiunzioni continuavano ad arrivare. 200 mila. 180 mila euro a volta. Ma creditori di chi? Papà si è sparato. L'azienda non c'è più. E lo sa poi cos'è che lo ha rovinato? L'amministrazione pubblica. I lavori fatti e non pagati. Fatti, consegnati, con la mano d'opera e i materiali pagati: e i pagamenti delle municipalizzate, delle Asl che non arrivavano mai. A nove mesi, a dodici mesi. E se protesti è peggio, perché poi non lavori più. Ma come fai ad aspettare e intanto pagare i contributi ai dipendenti? Da dove li prendi i soldi? E se ritardi la stessa amministrazione pubblica che non ti paga i lavori ti nega la patente di legalità, non ti dà le carte che ti servono per accedere ai crediti bancari. E così muori, perché poi ci sarebbe da parlare dell'usura bancaria, l'usura legale che ti strozza e ti mette in ginocchio ma io non ne voglio parlare perché sono stanca e non ne posso più. Ho un figlio piccolo devo pensare a lui. Avevo pensato di andare via dal mio paese, dalla mia regione che è il Veneto, certo, il polmone produttivo d'Italia, come no. Ma poi dove vado. Mi chiamo Flavia, lasci stare il cognome. Sono stanca, gliel'ho detto. Tanto qui da noi lo sanno tutti chi sono e sono stanca anche di questo. Vorrei solo sparire".

IL SEPARATO

"Lo stipendio da grafico se ne va per mio figlio: adesso vivo di carità"

"Cosa vuole sapere che non abbia già raccontato? Ora vengono tutti a intervistarci come se fossimo bestie nello zoo: "Le case dei padri separati", scrivono nei titoli, e poi sotto sempre le stesse storie, tutte uguali. Cosa c'è di interessante? Non è normale? E poi perché tutti ora? Sono anni che va così e nessuno si è mai occupato di come vive un uomo che guadagna 1200 euro e si separa, deve pagare gli alimenti e mantenere i figli piccoli. Come vuole che viva? Con 300 euro al mese, vive. Oppure va per strada. Dorme in macchina. Sì, va bene, scriva. Mi chiamo Umberto, ho 52 anni, da otto mesi sto in una stanza dei Padri oblati di Rho. Mio figlio ne ha 11 e sta con me una settimana ogni due. La casa l'ho lasciata alla madre. Quando viene qui dormiamo nello stesso letto, anche se ormai è grandino. Ma non protesta. Prima, quando giravo per i divani letto degli altri, era peggio. Sono diplomato: grafico. Lavoro in una ditta, faccio il materiale pubblicitario. Ho provato a cercare un secondo lavoro, ma è un miracolo se sono riuscito a tenermi il primo. Per un periodo sono andato in depressione. Dopo l'apatia mi è venuta su una rabbia pazzesca. Ma come è possibile, dico, che si debba campare di carità? Ho smesso di guardare la tv, a sentire i talk show politici mi montava la furia, il resto è schifezza per addormentarsi. La macchina l'ho venduta, mio figlio a scuola lo accompagno coi mezzi. Lui si vergogna, vuole che scendiamo alla fermata prima della scuola. Non bisognerebbe separarsi mai. Resistere, ingoiare ma restare. Io non ce l'ho fatta, e ora pago".


IL LAUREATO

"Avvocato sulla carta faccio il cameriere per 400 euro al mese"

"Mi chiamo Giuseppe Minafro, ho 24 anni, la mia famiglia è di Sala Consilina, una frazione. Siamo di origine contadina, i miei genitori operai. Ho due fratelli, un maschio e una femmina. Non ci è mai mancato niente. Ho visto i miei lavorare sempre, tanto, ma la domenica a tavola c'era la torta e il vino dolce, d'estate si andava in vacanza al mare, stavamo bene, noi figli abbiamo studiato tutti. Certo che i miei hanno fatto i sacrifici, per noi, specialmente per me che mi hanno mandato a Roma e mi hanno pagato i libri, l'affitto della stanza, i biglietti del treno per andare e tornare. Io mi sono laureato, ora: Giurisprudenza, con una tesi in diritto penale. Abbiamo fatto una festa a casa. Una festa bellissima, con mezzo paese. Tutti a dire che orgoglio, che bellezza Peppino, ora che sei avvocato ci devi rendere giustizia. Ma io non lo faccio l'avvocato e non lo farò mai. Non sono parente a nessuno, come si dice da me. Concorsi in magistratura non ce ne sono. Io quello che faccio è lavorare in un pub dietro Campo dè Fiori. Cameriere la notte: entro alle sette e stacco alle tre del mattino, e prendo 400 euro al mese. Senza contratto, macché. Se rinuncio io entra un altro. Ho una ragazza, dividiamo il fitto della stanza. Dovrei essere contento, ho avuto bei voti alla tesi e tanti complimenti. Però ho un'angoscia dentro che mi porta via. Io l'avvocato non lo faccio ma al paese mio non lo sanno, e ai miei genitori gli dico ancora un po', non salite, aspettate che mi sistemo. Perché come faccio a spiegarglielo a loro, che hanno la terza media, che la mia laurea non mi serve a lavorare?"
(24 gennaio 2013)

http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... f=HREC1-10
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

molto difficile dire qualcosa dopo questo post.

una delle cose che mi viene in mente è che le centinaia di migliaia di persone in difficoltà dovrebbero avere un peso determinante alla vigilia di un voto importante, forse non sanno a sufficienza "contarsi" , come fanno i nostri politicanti quando sono in difficoltà o devono mostrare i muscoli.
forse la loro frustrazione personale blocca completamente quella che dovrebbe essere la percezione di un pensiero collettivo, è comprensibile.
tuttavia la forza che li spinge ad accettare condizioni pesantissime c'è, ogni mattina si alzano per fare la loro parte.
questa forza ( residuale? ) va convogliata, attratta, "sedotta" da quella parte della sinistra che nei talk show si schiera a gran voce dalla loro parte .
in qualcosa/ qualcuno queste persone devono essere indotte a credere, qualcosa che sia più della forza d'inerzia.
perchè queste persone non sono attratte naturalmente da uno schieramento di sinistra sinistra? perchè non accade?
non si è ancora superata l'ubriacatura del "vorrei ma non posso"?
si è ancora succubi del mondo virtuale televisivo canalecinquestyle dove sono tutti belli, ricchi e fighi?
si vive una doppia vita in una dimensione parallela dove si è tali?
...
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