COSI NO
" (…) Nella nostra epoca, più che mai esposta alle tossine della menzogna e della falsa diceria...
(c'è bisogno) della critica come difesa dei cittadini che non vogliono essere ridotti a sudditi: aguzzare
la vista per non dover piegare la testa... per capirne il progetto, il contesto, le intenzioni e i tranelli (...)
Per aiutarli a non far entrare il cavallo di legno della cosiddetta riforma dentro la città della democrazia.
(...)ci sono momenti in cui le tossine della menzogna sono così diffuse e acute che bisogna lasciare
ogni altra occupazione. Per combatterle: possibilmente, per vincerle.
Montesquieu guardava con la stessa acutezza al potere pubblico, e ai suoi equilibri. Egli ha scritto,
ne Lo spirito delle leggi (libro XI, capitolo IV), che: «La libertà politica... vi è soltanto quando non si
abusa del potere: ma è una esperienza eterna che qualunque uomo che ha un certo potere è portato ad abusarne;
va avanti finché trova dei limiti. Chi lo direbbe! Perfino la virtù ha bisogno di limiti.
Perché non si possa ABUSARE DEL POTERE bisogna che, per la disposizione delle cose, IL POTERE ARRESTI IL POTERE »
È questo il senso ultimo di tutta la storia delle costituzioni: che vengono chieste dal basso per limitare il potere di chi sta in alto.
Ebbene, cosa direbbe allora Montesquieu di questa riforma della Costituzione italiana?
A chiedere di cambiarla non sono cittadini decisi a limitare i poteri del Potere. La richiesta non viene dal basso.
No: stavolta è il contrario, è il Potere che dice ai cittadini: «Scioglimi le mani da questi lacci, da questi contrappesi.
Non avere paura di me: userò bene questo arbitrio, lo userò nel tuo interesse. Fidati di me. Democrazia italiana, stai serena».
A chiederlo con una scelta inaudita, gravissima è proprio il potere che dovrebbe essere più soggetto ai controlli: quello esecutivo.
Il primo firmatario del disegno di legge costituzionale su cui voteremo è il presidente del Consiglio Matteo Renzi: così
l’esecutivo mette direttamente le mani sul potere legislativo. Esattamente il contrario di ciò che Piero Calamandrei prescrisse
durante i lavori preparatori dell’Assemblea Costituente: «Nella preparazione della Costituzione, il governo non deve avere alcuna
ingerenza... Nel campo del potere costituente il governo non può avere alcuna iniziativa, neanche preparatoria...
Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti».
Le preoccupazioni di Calamandrei erano fondate: come comprendiamo oggi, quando vediamo un presidente del Consiglio
che sopprime Equitalia senza aver pronta un’alternativa, promette ai signori del cemento il Ponte sullo Stretto e scrive a tutti gli
italiani all’estero per far propaganda al Sì, calpestando la dignità e l’imparzialità della sua alta carica e mettendo i soldi di tutti al
servizio di una parte sola.Un giocatore non può e non deve fare le regole: ma oggi quel giocatore non ha alcuna remora.
Oggi il Potere ci sta dicendo che l’Italia ha bisogno di un «capo». È questa la parola chiave per capire qual è il senso profondo
della riforma. Non la si trova nel testo della nuova Costituzione, ma in quello della legge elettorale: l’Italicum, cioè l’altro gemello
di questa doppia gravidanza politica. L’articolo 2, comma 8 dell’Italicum dice che «i partiti o gruppi politici che si candidano a
governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e il cognome della persona da loro indicata come capo
della forza politica». Basterebbe questa norma a far capire che stiamo cambiando senza aver nemmeno il coraggio di dircelo
chiaramente – la forma stessa della Repubblica: non più parlamentare, ma di fatto presidenziale. I partiti, infatti, non si candidano
più a rappresentarci in Parlamento, ma direttamente a «governare». E i cittadini eleggono un «capo» a cui il presidente della
Repubblica (ora davvero un notaio inutile) è obbligato a conferire l’incarico. Un capo eletto direttamente dal popolo:
il sindaco d’Italia.(...) "
Stralcio tratto dall'interessantissimo: COSI NO di Tomaso Montanari
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