Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
>>A parte il fatto che non sono d'accordo in linea di principio, quello che gente con i paraocchi come Sansonetti, finge di non sapere, è che i contribuenti che stanno oltre questa fascia sono appena 30.000.
Quelli ufficialmente NOTI AL FISCO, ovvero alla comunita`, sono 30000.
Quello che va contestato a Sansonetti (dal lato sinistro) e ai cialtroni liberisti de' noantri (dal lato destro) e` che si continua a voler ragionare COME SE in Italia ci fosse un livello di evasione "normale", "endemico".
NON E` COSI`.
Siamo in presenza di un fenomeno di evasione di massa.
Al quale si aggiunge un altrettanto grave fenomeno di elusione.
Che fanno si che a CONTRIBUIRE al mantenimento della comunita`
(tutta, compresi i parassiti) siano solo gli ONESTI.
Per cui QUALUNQUE piano di ridistribuzione del carico fiscale
SUI REDDITI e` un nonsenso.
Perche` pianificato partendo da una situazione misurata
profondamente DISTORTA.
Che si taglino le tasse sui redditi bassi (tagliando i servizi),
o che le si aumenti sulle fasce di reddito alte, in entrambi
i casi si fa un torto insensato.
Perche` nel primo caso si avvantaggiano gli evasori/elusori
(che si nascondono guardacaso nelle fasce reddituali basse).
Nel secondo si mortificano in modo ingiustificabile contribuenti
onesti, benche` "ricchi".
Il problema pero` non e` il tipo di intervento in se, ma il fatto stesso
che si voglia intervenire sui REDDITI.
I quali, per via di evasione/elusione, sono raggiungibili solo in parte:
la parte ONESTA.
Ecco perche` poi rimane, mariok, come unica possibilita` politicamente
corretta l'azione fiscale sui PATRIMONI.
Primo, perche` come dimostrato sopra, sui REDDITI non puoi intervenire in modo equo.
Secondo, perche` i PATRIMONI sono la destinazione dei redditi, si comprano con i redditi.
Sia quelli "onesti", che quelli "frutto di evasione".
Stupisce che proprio nel centrosinistra non si sia in grado di articolare correttamente questa analisi.
E ci si perda in retoriche vetuste di stampo comunista (la redistribuzione, i ricchi)
o di stampo liberista (poi i patrimoni scappano, poi non investono, ...).
Qua l'analisi e` scevra da ideologia. E` puramente scientifica.
Se tassi o non tassi i redditi fai torto agli onesti.
Per cui tocca ai patrimoni.
Piu` ovvio e facile di cosi` si muore.
Il che poi non vuol dire che ogni patrimonio vada colpito.
Si possono porre soglie, esenzioni, aliquote progressive,
e tutto quanto necessario per evitare che lo strumento
vada a tassare il risparmio anziche` la ricchezza vera.
Ciao.
soloo42000
Quelli ufficialmente NOTI AL FISCO, ovvero alla comunita`, sono 30000.
Quello che va contestato a Sansonetti (dal lato sinistro) e ai cialtroni liberisti de' noantri (dal lato destro) e` che si continua a voler ragionare COME SE in Italia ci fosse un livello di evasione "normale", "endemico".
NON E` COSI`.
Siamo in presenza di un fenomeno di evasione di massa.
Al quale si aggiunge un altrettanto grave fenomeno di elusione.
Che fanno si che a CONTRIBUIRE al mantenimento della comunita`
(tutta, compresi i parassiti) siano solo gli ONESTI.
Per cui QUALUNQUE piano di ridistribuzione del carico fiscale
SUI REDDITI e` un nonsenso.
Perche` pianificato partendo da una situazione misurata
profondamente DISTORTA.
Che si taglino le tasse sui redditi bassi (tagliando i servizi),
o che le si aumenti sulle fasce di reddito alte, in entrambi
i casi si fa un torto insensato.
Perche` nel primo caso si avvantaggiano gli evasori/elusori
(che si nascondono guardacaso nelle fasce reddituali basse).
Nel secondo si mortificano in modo ingiustificabile contribuenti
onesti, benche` "ricchi".
Il problema pero` non e` il tipo di intervento in se, ma il fatto stesso
che si voglia intervenire sui REDDITI.
I quali, per via di evasione/elusione, sono raggiungibili solo in parte:
la parte ONESTA.
Ecco perche` poi rimane, mariok, come unica possibilita` politicamente
corretta l'azione fiscale sui PATRIMONI.
Primo, perche` come dimostrato sopra, sui REDDITI non puoi intervenire in modo equo.
Secondo, perche` i PATRIMONI sono la destinazione dei redditi, si comprano con i redditi.
Sia quelli "onesti", che quelli "frutto di evasione".
Stupisce che proprio nel centrosinistra non si sia in grado di articolare correttamente questa analisi.
E ci si perda in retoriche vetuste di stampo comunista (la redistribuzione, i ricchi)
o di stampo liberista (poi i patrimoni scappano, poi non investono, ...).
Qua l'analisi e` scevra da ideologia. E` puramente scientifica.
Se tassi o non tassi i redditi fai torto agli onesti.
Per cui tocca ai patrimoni.
Piu` ovvio e facile di cosi` si muore.
Il che poi non vuol dire che ogni patrimonio vada colpito.
Si possono porre soglie, esenzioni, aliquote progressive,
e tutto quanto necessario per evitare che lo strumento
vada a tassare il risparmio anziche` la ricchezza vera.
Ciao.
soloo42000
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Re: Come se ne viene fuori ?
...........................mariok ha scritto:caro paolo11, qui il problema non è quello delle aliquote, ma quello delle ricchezze in nero, che spesso sono connesse all'illegalità.
Quella di Ingroia mi sembra l'unica proposta concreta e di una certa efficacia.
Il resto, le patrimoniali, le tasse per i ricchi, vanno a colpire sempre gli stessi (poche decine di migliaia) contribuenti che le tasse già le pagano ed anche parecchio.
Che l'evasione si possa combattere andando a scovare i beni e le loro fonti di finanziamento, è ormai evidente: a poco servono le sceneggiate sugli scontrini del bar.
Vai a cercare, per esempio, tutti i possessori di ferrari, maserati, porshe ecc. Se l'intestatario non ha un reddito superiore ai 400-500 mila euro comincia e sequestrargliela. Poi si vede da dove ha cavato i soldi per comprarla e mantenerla.
Idem per ville ed appartamenti di lusso. Che risolvo aumentando sulla carta l'IMU che tanto o non verrà pagata o rappresenterà solo la punta dell'iceberg?
Caro mariok.Sono dacordissimo su quello che hai riportato.Però a mio avviso la meloni aveva ragione.Ogni governo non può aumentare il carico fiscale dal 40 poi 42, poi 43 44 %ecc .Ci deve essere un tetto che non può superare.Percui i conti li devono fare il governi prima di aumentare IVA ecc.......e portare alla fine una tassazione variabile, siamo la nazione piu tartassata.
Ciao
Paolo11
Re: Come se ne viene fuori ?
Questo è vero. Ma detto dal cds mi sa tanto di depistaggio per non affrontare il problema prioritario che abbiamo, quello appunto dei redditi e dei beni in nero.
Inoltre, penso che un eventuale tetto alla pressione fiscale non può essere fissato in assoluto. Dipende dalla quantità e dalla qualità dei servizi forniti dallo stato. Ben diversa per esempio è un'equa pressione fiscale in Danimarca o in Italia o in USA.
Se per esempio, come dicono, ci abbassano di un punto l'IRPEF o abbattono l'IMU, sulla prima casa e contemporaneamente ci privatizzano la sanità, la scuola o ci tagliano l'assistenza, più che altro fanno l'ennesima truffa.
Inoltre, penso che un eventuale tetto alla pressione fiscale non può essere fissato in assoluto. Dipende dalla quantità e dalla qualità dei servizi forniti dallo stato. Ben diversa per esempio è un'equa pressione fiscale in Danimarca o in Italia o in USA.
Se per esempio, come dicono, ci abbassano di un punto l'IRPEF o abbattono l'IMU, sulla prima casa e contemporaneamente ci privatizzano la sanità, la scuola o ci tagliano l'assistenza, più che altro fanno l'ennesima truffa.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Su quello che ha detto Ingroia non ho nulla da obiettare.Fare come con la mafia.Pensate che nessuno ci abbia pensato dei partiti tradizionali?.
Io credo di si:Ma siccome ormai è un casino ovunque è meglio lasciar stare la cosa.L'evasione fiscale rientrata in Italia e scudati, per quale motivo non hanno fatto i nomi?
Posso allora pensare che ci fossero soldi anche delle banche specialmente di quest'untima che si parla ora.
Verdini PDL e dentro anche in questa situazione eppure lo hanno candidato al senato.
Per questo motivo sono sempre piu convinto che L'Italia la devi capovolgere come un calzino.
Con questi partiti andremo avanti sempre allo stesso modo.
Ogni giorno ne esce una di nuova.Adesso a Milano regione hanno controllato pure quelli dell'opposizione.Anche li spese fatte con i soldi dei cittadini che non hanno niente a che vedere con le spese normali.
Ciao
Paolo11
Io credo di si:Ma siccome ormai è un casino ovunque è meglio lasciar stare la cosa.L'evasione fiscale rientrata in Italia e scudati, per quale motivo non hanno fatto i nomi?
Posso allora pensare che ci fossero soldi anche delle banche specialmente di quest'untima che si parla ora.
Verdini PDL e dentro anche in questa situazione eppure lo hanno candidato al senato.
Per questo motivo sono sempre piu convinto che L'Italia la devi capovolgere come un calzino.
Con questi partiti andremo avanti sempre allo stesso modo.
Ogni giorno ne esce una di nuova.Adesso a Milano regione hanno controllato pure quelli dell'opposizione.Anche li spese fatte con i soldi dei cittadini che non hanno niente a che vedere con le spese normali.
Ciao
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Lanciare a tappeto il programma Serpico e verificare per tutti i contribuenti la congruità tra tenore di vita e redditi dichiarati così si beccano evasori e elusori.
Sequestrare i beni non congruenti (ville, auto e gioielli di lussso, barche, aerei ecc. ecc.).
Sequestrare i beni non congruenti (ville, auto e gioielli di lussso, barche, aerei ecc. ecc.).
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sotto le macerie – 91
Cronaca di un affondamento - 41
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc –19
Dopo aver ascoltato la puntata odierna di Agorà e sfogliato alcuni tra i principali quotidiani oggi in edicola, non si può non affermare che questi siano i classici giorni della follia che precedono il disastro, complice la campagna elettorale.
Una verità ufficiale su cosa sia avvenuto nella prima quindicina del novembre 2011, non l’abbiamo ancora. Si va a tentoni con verità parziali e di parte che aumentano soltanto la confusione generale.
Storicamente i fatti sono che SB da le dimissioni senza neppure passare attraverso una regolare sfiducia alle Camere.
Messa in questo modo, senza una verità ufficiale, dobbiamo leggere quell’evento come un segnale di resa.
Altri, sostengono invece che ci siano state pressioni di governi esteri sul Capo dello Stato affinché costringesse il bollito a passare la mano.
Un dato certo è che la resa di B. è contemporanea alla resa degli altri partiti dell’opposizione. Nessuno era in grado di assumersi la responsabilità di affrontare la situazione.
Penosa, vomitevole, inqualificabile la giustificazione dei “falce e sportello”, per l’ammucchiata della casta.
“Per alto senso di responsabilità verso il Paese, abbiamo rinunciato ad elezioni che avremmo vinto.”, hanno ripetutamente dichiarato D’Alema, Bersani e compari.
La soluzione di mettere insieme un’accozzaglia di partiti falliti per sostenere un governo di presunti tecnici a guida Monti è stata la preferita del Capo dello Stato.
Ognuno dei tre partiti che ha sostenuto Monti ha intravisto in quella soluzione una possibilità per risolvere i propri problemi interni in vista delle elezioni del 2013.
La mummia cinese ha calcolato che in 15 mesi gli italiani si sarebbero dimenticati di tutti gli errori commessi dal suo governo che hanno portato la nave Italia davanti all’Isola del Giglio per fare compagnia alla Costa Concordia. Di conseguenza, avrebbe potuto giocare in campagna elettorale, alla fine dell’esperienza dell’insolita ammucchiata, la carta di scaricare la responsabilità della partecipazione al governo Monti e gli inevitabili errori che avrebbe commesso, sia sullo stesso premier che sui comprimari del nuovo bunga bunga, “C” & “B”.
Strategia che si sta puntualmente verificando con il suo ri-ritorno in campo.
Casini, con l’arrivo di Monti poteva coltivare il sogno di concretizzare l’atto finale per rifare la Dc.
Quella cosa informe ed indefinibile del Piddì oramai diventato un partito democristiano a tutti gli effetti, vedeva la possibilità di ritornare al potere, accelerando i legami con Casini.
Infatti, l’obiettivo sempre dichiarato di Bersani è ed è sempre stato: “Una legislatura ricostituente tra “progressisti” e “moderati” “.
In questi giochi delle poltrone c’entrava anche la candidatura del duca conte Dalemoni al Quirinale.
Dopo 15 mesi di grande ammucchiata, sarebbe stato logico attendersi un cambio di passo.
La crisi perdura, la Germania ha rischiato l’anticamera recessione con un Pil a fine anno a + 0,7. Il falco del Ppe, e presidente ancora per pochi giorni dell’Eurogruppo, presidente del Lussemburgo, Jean-Claude Juncker, il 10 gennaio scorso sorprende la destra europea facendo capire che le politiche liberiste sono fallite.
Lorenzo Sentino, per conto di Finanza e Investiamenti riporta così la notizia:
La forte recessione che sta colpendo l’Europa ha messo sul lastrico un gran numero di imprese, che per fronteggiare le difficoltà si sono trovate costrette ad approvare programmi di licenziamento importanti.
La disoccupazione è salita cosi su livelli insostenibili e i leader europei sono chiamati a decidere interventi volti ad invertire questa tragica tendenza.
Il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Junker, in audizioni al Parlamento Europeo ha lanciato un monito sulla grave situazione in cui versa il mercato del lavoro nel vecchio continente esortando i governi ad intervenire immediatamente per porre un freno alla situazione.
''Stiamo tutti sottovalutando l'enorme tragedia della disoccupazione, che ha raggiunto livelli drammatici'' sottolinea Junker, che continua riprendendo alcuni concetti espressi da Carl Marx.
Dopo un anno molto complesso in cui i cittadini sono stati chiamati ad enormi sacrifici, è giunto il momento di intervenire a sostegno degli stessi, ora che la situazione del debito dei Paesi periferici che rappresentava una priorità un anno fa, sta andando verso una normalizzazione.
Junker parla di salario minimo garantito. Un concetto molto caro al Brasile ed al presidente Lula che partendo da interventi alle classi sociali più deboli è riuscito a portare alla ricchezza un Paese fino ad un decennio fa tra i più poveri.
Il presidente del Lussemburgo ricorda a tutti che tra le premesse della fondazione dell’euro c’era la promessa di una creazione di società più equa ed invece non è stato cosi. Ma si è ancora in tempo per intervenire.
Junker che lascerà il proprio incarico il 21 gennaio si è detto deluso dal comportamento assunto nell’ultimo periodo dai Paesi nordici, contraddistinti da mancanza di solidarietà verso i Paesi in difficoltà e quindi da una indole meno europeista.
I dati pubblicati oggi dalla Grecia hanno riferito di una disoccupazione al 26,8%, in forte crescita rispetto al già disastroso dato dello scorso anno, attestatosi al 19,7%.
*
Da noi, come se fossimo di fronte ad una seconda Medjugorje, Monti per giustificare il suo operato, già dall’estate scorsa, racconta di vedere una luce in fondo al tunnel. Entrato in politica, per raccattare un po’ di voti, pur avversando il bollito sta copiando il modello di comunicazione perché rende. Si è convinto che bisogna parlare agli italiani come si fa a dei bambini della scuola media. Infatti, racconta che la ripresa ci sarà a metà anno (2013).
Il che vuol dire, secondo il “rivoluzionario” Che della destra, che la Germania ha sbagliato a fare i conti, che il suo Pil non è a + 0,7, ma molto molto più alto, che Juncker è uno stupido e che quella mattina che ha lanciato l’allarme, prima aveva alzato il gomito e non sapeva cosa stava dicendo.
Continua
Cronaca di un affondamento - 41
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc –19
Dopo aver ascoltato la puntata odierna di Agorà e sfogliato alcuni tra i principali quotidiani oggi in edicola, non si può non affermare che questi siano i classici giorni della follia che precedono il disastro, complice la campagna elettorale.
Una verità ufficiale su cosa sia avvenuto nella prima quindicina del novembre 2011, non l’abbiamo ancora. Si va a tentoni con verità parziali e di parte che aumentano soltanto la confusione generale.
Storicamente i fatti sono che SB da le dimissioni senza neppure passare attraverso una regolare sfiducia alle Camere.
Messa in questo modo, senza una verità ufficiale, dobbiamo leggere quell’evento come un segnale di resa.
Altri, sostengono invece che ci siano state pressioni di governi esteri sul Capo dello Stato affinché costringesse il bollito a passare la mano.
Un dato certo è che la resa di B. è contemporanea alla resa degli altri partiti dell’opposizione. Nessuno era in grado di assumersi la responsabilità di affrontare la situazione.
Penosa, vomitevole, inqualificabile la giustificazione dei “falce e sportello”, per l’ammucchiata della casta.
“Per alto senso di responsabilità verso il Paese, abbiamo rinunciato ad elezioni che avremmo vinto.”, hanno ripetutamente dichiarato D’Alema, Bersani e compari.
La soluzione di mettere insieme un’accozzaglia di partiti falliti per sostenere un governo di presunti tecnici a guida Monti è stata la preferita del Capo dello Stato.
Ognuno dei tre partiti che ha sostenuto Monti ha intravisto in quella soluzione una possibilità per risolvere i propri problemi interni in vista delle elezioni del 2013.
La mummia cinese ha calcolato che in 15 mesi gli italiani si sarebbero dimenticati di tutti gli errori commessi dal suo governo che hanno portato la nave Italia davanti all’Isola del Giglio per fare compagnia alla Costa Concordia. Di conseguenza, avrebbe potuto giocare in campagna elettorale, alla fine dell’esperienza dell’insolita ammucchiata, la carta di scaricare la responsabilità della partecipazione al governo Monti e gli inevitabili errori che avrebbe commesso, sia sullo stesso premier che sui comprimari del nuovo bunga bunga, “C” & “B”.
Strategia che si sta puntualmente verificando con il suo ri-ritorno in campo.
Casini, con l’arrivo di Monti poteva coltivare il sogno di concretizzare l’atto finale per rifare la Dc.
Quella cosa informe ed indefinibile del Piddì oramai diventato un partito democristiano a tutti gli effetti, vedeva la possibilità di ritornare al potere, accelerando i legami con Casini.
Infatti, l’obiettivo sempre dichiarato di Bersani è ed è sempre stato: “Una legislatura ricostituente tra “progressisti” e “moderati” “.
In questi giochi delle poltrone c’entrava anche la candidatura del duca conte Dalemoni al Quirinale.
Dopo 15 mesi di grande ammucchiata, sarebbe stato logico attendersi un cambio di passo.
La crisi perdura, la Germania ha rischiato l’anticamera recessione con un Pil a fine anno a + 0,7. Il falco del Ppe, e presidente ancora per pochi giorni dell’Eurogruppo, presidente del Lussemburgo, Jean-Claude Juncker, il 10 gennaio scorso sorprende la destra europea facendo capire che le politiche liberiste sono fallite.
Lorenzo Sentino, per conto di Finanza e Investiamenti riporta così la notizia:
La forte recessione che sta colpendo l’Europa ha messo sul lastrico un gran numero di imprese, che per fronteggiare le difficoltà si sono trovate costrette ad approvare programmi di licenziamento importanti.
La disoccupazione è salita cosi su livelli insostenibili e i leader europei sono chiamati a decidere interventi volti ad invertire questa tragica tendenza.
Il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Junker, in audizioni al Parlamento Europeo ha lanciato un monito sulla grave situazione in cui versa il mercato del lavoro nel vecchio continente esortando i governi ad intervenire immediatamente per porre un freno alla situazione.
''Stiamo tutti sottovalutando l'enorme tragedia della disoccupazione, che ha raggiunto livelli drammatici'' sottolinea Junker, che continua riprendendo alcuni concetti espressi da Carl Marx.
Dopo un anno molto complesso in cui i cittadini sono stati chiamati ad enormi sacrifici, è giunto il momento di intervenire a sostegno degli stessi, ora che la situazione del debito dei Paesi periferici che rappresentava una priorità un anno fa, sta andando verso una normalizzazione.
Junker parla di salario minimo garantito. Un concetto molto caro al Brasile ed al presidente Lula che partendo da interventi alle classi sociali più deboli è riuscito a portare alla ricchezza un Paese fino ad un decennio fa tra i più poveri.
Il presidente del Lussemburgo ricorda a tutti che tra le premesse della fondazione dell’euro c’era la promessa di una creazione di società più equa ed invece non è stato cosi. Ma si è ancora in tempo per intervenire.
Junker che lascerà il proprio incarico il 21 gennaio si è detto deluso dal comportamento assunto nell’ultimo periodo dai Paesi nordici, contraddistinti da mancanza di solidarietà verso i Paesi in difficoltà e quindi da una indole meno europeista.
I dati pubblicati oggi dalla Grecia hanno riferito di una disoccupazione al 26,8%, in forte crescita rispetto al già disastroso dato dello scorso anno, attestatosi al 19,7%.
*
Da noi, come se fossimo di fronte ad una seconda Medjugorje, Monti per giustificare il suo operato, già dall’estate scorsa, racconta di vedere una luce in fondo al tunnel. Entrato in politica, per raccattare un po’ di voti, pur avversando il bollito sta copiando il modello di comunicazione perché rende. Si è convinto che bisogna parlare agli italiani come si fa a dei bambini della scuola media. Infatti, racconta che la ripresa ci sarà a metà anno (2013).
Il che vuol dire, secondo il “rivoluzionario” Che della destra, che la Germania ha sbagliato a fare i conti, che il suo Pil non è a + 0,7, ma molto molto più alto, che Juncker è uno stupido e che quella mattina che ha lanciato l’allarme, prima aveva alzato il gomito e non sapeva cosa stava dicendo.
Continua
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Re: Come se ne viene fuori ?
Continua dal post precedente
Il che vuol dire che hanno detto tutti insieme una pirlata:
- Squinzi, presidente di Confindustria che ha lanciato l’allarme la settimana scorsa sullo stato di fatto del sistema imprese italiano.
- Unioncamere, che conferma i dati di novembre del CGIA di Mestre che lancia l’allarme per le 1000 imprese di media al giorno che hanno chiuso nell’intero 2012.
- Che è una bufala il dato Istat che indica che il 41% delle famiglie italiane non arrivano alla fine del mese, e che ci sono 8 milioni di poveri.
La classe politica continua imperterrita a fare la politica delle promesse da marinaio fingendo di capire i problemi del Paese.
Lo si vede riascoltando ancora una volta di più la puntata odierna di Agorà, dove fino a quando, non interviene un disoccupato con i suoi problemi reali, i politici e i giornalisti con la casacca se le sono date di santa ragione solo per difendere la casta.
Poi, visto i rilievi del cinquantenne bancario disoccupato lui e la moglie, tagliato fuori dal giro perché un cinquantenne bancario oggi è merce che non serve, i presenti hanno fatto finta di essere compresivi nei confronti degli italiani.
Al caso Mps, a parte che serve per la lotta politica, dalle parole del pm senese di ieri, fa intravvedere problematiche non indifferenti, con i titoli di prima pagina che riportano di “caso esplosivo” e di banda del 5 %, si affianca il caso del Pirellone:
Regioni, in Lombardia indagati per peculato i capigruppo di Pd, Sel, Udc e Idv
Sotto accusa per le presunte "spese pazze" anche il consigliere dei Pensionati. Ma gli inviti a comparire in totale sono 29. Zamponi (Italia dei Valori): "E' un atto doveroso". Ambrosoli: "Non faremo sconti a nessuno"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 gennaio 2013
Commenti (95)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... dv/484276/
Ad un certo punto della puntata di Agorà si fa presente che la Lega era intenzionata a mettere le mani su Cariplo. Già aveva fatto fallire la Banca di Lodi.
Qui stiamo assistendo ad una degenerazione del sistema politico.
La necessità di disporre di una banca da parte dei partiti è una vecchia degenerazione democristiana della prima Repubblica.
Dal punto di vista politico, permette l’arricchimento dei partiti e dei suoi membri.
Permette con le elargizioni e le erogazioni di mantenere un giro solido di amicizie legate ai voti.
Le banche servono per favorire gli amici e sfavorire i nemici.
Solo che il caso Mps, ci porta ad un’ulteriore evoluzione degenerativa di questo sistema.
Il “”nemico” Berlusconi, dal Mps, ha ricevuto tantissimi aiuti. Verdini, non è stato certo considerato un “nemico”. Fino al 2011, la vice-presidenza del Mps era targata Caltagirone. Casini U Dc. (E’ per questo motivo che Casini si oppone all’inchiesta parlamentare. Meglio tenere fuori la famiglia da questo caso).
Il sistema ormai è marcio ovunque, e non si può autoriformare come non si possono autoriformare i partiti.
Malgrado i conflitti, come si può vedere dalla puntata di Agorà di stamani, i partiti sono sempre quelli che si sono spartiti la torta.
Hanno in mente solo quello e non sono in grado di risolvere i problemi della penisola.
Le proposte sono striminzite, qualcuna da prendersi in considerazione, ma sono solo piccoli tasselli separati di un puzzle molto più grande composto da molte più tessere.
Diventa macroscopicamente evidente che non sono tutti quanti all’altezza della situazione. Mettendosi puoi assieme in un’anomala ammucchiata ne è venuta fuori una solenne porcata con il Paese in ginocchio.
Quando tutti i quotidiani riportano concordi che Balotelli porterà voti a B., Lupi, da falso cattolico nega facendo propaganda per un Pdl attento ai problemi delle famiglie e delle imprese.
Negano tutti l’evidenza su tutto.
Qualunque sia il risultato finale delle elezioni non cambia nulla. L’agonia di questo Paese continua, perché la radice del male sono questi politici e i giornalisti a pieno servizio.
Ci può salvare solo un secondo diluvio universale e una buona Arca.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
La puntata di Agorà per rendersi conto:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 57.html#p=
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Il che vuol dire che hanno detto tutti insieme una pirlata:
- Squinzi, presidente di Confindustria che ha lanciato l’allarme la settimana scorsa sullo stato di fatto del sistema imprese italiano.
- Unioncamere, che conferma i dati di novembre del CGIA di Mestre che lancia l’allarme per le 1000 imprese di media al giorno che hanno chiuso nell’intero 2012.
- Che è una bufala il dato Istat che indica che il 41% delle famiglie italiane non arrivano alla fine del mese, e che ci sono 8 milioni di poveri.
La classe politica continua imperterrita a fare la politica delle promesse da marinaio fingendo di capire i problemi del Paese.
Lo si vede riascoltando ancora una volta di più la puntata odierna di Agorà, dove fino a quando, non interviene un disoccupato con i suoi problemi reali, i politici e i giornalisti con la casacca se le sono date di santa ragione solo per difendere la casta.
Poi, visto i rilievi del cinquantenne bancario disoccupato lui e la moglie, tagliato fuori dal giro perché un cinquantenne bancario oggi è merce che non serve, i presenti hanno fatto finta di essere compresivi nei confronti degli italiani.
Al caso Mps, a parte che serve per la lotta politica, dalle parole del pm senese di ieri, fa intravvedere problematiche non indifferenti, con i titoli di prima pagina che riportano di “caso esplosivo” e di banda del 5 %, si affianca il caso del Pirellone:
Regioni, in Lombardia indagati per peculato i capigruppo di Pd, Sel, Udc e Idv
Sotto accusa per le presunte "spese pazze" anche il consigliere dei Pensionati. Ma gli inviti a comparire in totale sono 29. Zamponi (Italia dei Valori): "E' un atto doveroso". Ambrosoli: "Non faremo sconti a nessuno"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 gennaio 2013
Commenti (95)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... dv/484276/
Ad un certo punto della puntata di Agorà si fa presente che la Lega era intenzionata a mettere le mani su Cariplo. Già aveva fatto fallire la Banca di Lodi.
Qui stiamo assistendo ad una degenerazione del sistema politico.
La necessità di disporre di una banca da parte dei partiti è una vecchia degenerazione democristiana della prima Repubblica.
Dal punto di vista politico, permette l’arricchimento dei partiti e dei suoi membri.
Permette con le elargizioni e le erogazioni di mantenere un giro solido di amicizie legate ai voti.
Le banche servono per favorire gli amici e sfavorire i nemici.
Solo che il caso Mps, ci porta ad un’ulteriore evoluzione degenerativa di questo sistema.
Il “”nemico” Berlusconi, dal Mps, ha ricevuto tantissimi aiuti. Verdini, non è stato certo considerato un “nemico”. Fino al 2011, la vice-presidenza del Mps era targata Caltagirone. Casini U Dc. (E’ per questo motivo che Casini si oppone all’inchiesta parlamentare. Meglio tenere fuori la famiglia da questo caso).
Il sistema ormai è marcio ovunque, e non si può autoriformare come non si possono autoriformare i partiti.
Malgrado i conflitti, come si può vedere dalla puntata di Agorà di stamani, i partiti sono sempre quelli che si sono spartiti la torta.
Hanno in mente solo quello e non sono in grado di risolvere i problemi della penisola.
Le proposte sono striminzite, qualcuna da prendersi in considerazione, ma sono solo piccoli tasselli separati di un puzzle molto più grande composto da molte più tessere.
Diventa macroscopicamente evidente che non sono tutti quanti all’altezza della situazione. Mettendosi puoi assieme in un’anomala ammucchiata ne è venuta fuori una solenne porcata con il Paese in ginocchio.
Quando tutti i quotidiani riportano concordi che Balotelli porterà voti a B., Lupi, da falso cattolico nega facendo propaganda per un Pdl attento ai problemi delle famiglie e delle imprese.
Negano tutti l’evidenza su tutto.
Qualunque sia il risultato finale delle elezioni non cambia nulla. L’agonia di questo Paese continua, perché la radice del male sono questi politici e i giornalisti a pieno servizio.
Ci può salvare solo un secondo diluvio universale e una buona Arca.
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La puntata di Agorà per rendersi conto:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 57.html#p=
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Re: Come se ne viene fuori ?
CASO MPS: TUTTI CONTRO DRAGHI, VISCO E BANKITALIA (Stefano Feltri).
30/01/2013 di triskel182
IL PRESIDENTE DELLA BCE SOTTO ATTACCO DALLA GERMANIA: IL CASO SIENA SARÀ LO SPUNTO PER BLOCCARE L’UNIONE BANCARIA.
A riferire era il governo, ma a finire sotto accusa è stata la Banca d’Italia, presente e passata. Cioè Ignazio Visco, governatore attuale, e Mario Draghi, il predecessore oggi alla Banca centrale europea. “Questa torbida saga ha messo Draghi sotto i riflettori perché il presidente della Bce guidava Bankitalia quando Mps è finita nei guai”, scrive Hugo Dixon, il più autorevole columnist di Reuters. I siti tedeschi si scatenano: basta accostare il nome di Draghi al buco Mps per indebolire la pretesa della Bce di accentrare a Francoforte la supervisione sulle grandi banche europee. Berlino si oppone da mesi.
MONTECITORIO, ore 15, commissioni Finanze di Camera e Senato riunite. Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli è molto teso. Legge una relazione composta quasi per intero da un documento di Bankitalia, la cronologia delle azioni di vigilanza. Grilli spande ottimismo: “Il sistema bancario è solido”, “questo non è un salvataggio”. Non è chiaro quale sia esattamente lo scopo della seduta: molti parlamentari, da Gianni Fava (Lega) a Elio Lannutti (ex Idv) ne approfittano per rivendicare di aver denunciato per tempo che qualcosa non andava. Il Pd si eclissa, giusto un minuscolo intervento di Luigi Zanda. E riesce quasi a far dimenticare l’intreccio tra banca e partito a Siena. Si discute molto più di Bankitalia che del ruolo del governo. E nei prossimi giorni anche Visco verrà a riferire in commissione. Draghi no, non è più il suo ruolo.
I punti oggetto della discussione sono due: cosa ha fatto Bankitalia e come è intervenuto il governo. Grilli recita la lista degli interventi di via Nazionale, poi integrata dall’elenco delle sanzioni: dai 64mila euro del 2009 all’ex ad Antonio Vigni (che nel 2012 ha preso una buonuscita da 4 milioni, anche questa sotto esame) per violazione della trasparenza bancaria agli accertamenti del 2011 conclusi “nel marzo 2012 con giudizio in prevalenza sfavorevole”, e il rapporto è stato poi consegnato alla Procura di Siena, a quella di Milano (che però sui derivati tramite la società Enigma indagava già dal 2011) e alla Consob. É probabile che la scoperta del contratto segreto con Nomura, rivelato dal Fatto, porti ad altre sanzioni relative al contratto Alexandria. Tutto bene?
RESTANO molti punti da chiarire, soprattutto sull’acquisizione di Antonveneta nel 2008 (il Tesoro doveva vigilare sulla Fondazione Monte Paschi, azionista della banca, ma ha avallato anche operazioni oggi censurate). Tremonti non crede alla storia del contratto segreto scoperto nella cassaforte di Vigni a ottobre: “Il documento rilevante era nella cassaforte della Banca d’Italia”, dice, riferendosi al verbale dell’ispezione del 2010 che evidenziava i punti critici delle operazioni in derivati Santorini e Alexandria.
Sempre Tremonti insiste sul punto che era di stretta competenza del governo: i 3,9 miliardi di Monti bond. Grilli spiega che“non è un salvataggio”, perché le condizioni del prestito sono molto onerose e congegnate in modo da rendere sempre più costoso il prestito in caso di ritardi nel rimborso, fino a portare la somma da restituire a 4,5 miliardi. Nel ragionamento di Grilli però c’è una contraddizione che nessuno, Tremonti a parte, pare cogliere: lo strumento dei Monti bond, cioè obbligazioni speciali sottoscritte dallo Stato, è stato ideato nel 2011 per creare un “buffer”, un cuscinetto protettivo che mettesse Monte Paschi al riparo dalle oscillazioni nel valore dei titoli di Stato (la banca senese ne ha comprati circa 25 miliardi). Per questo Grilli dice che “non è un salvataggio”. Eppure i Monti bond sono stati concessi a dicembre a 3,9 miliardi sulla base di altre logiche: visto che il Monte non riusciva a rimborsare i precedenti 1,9 miliardi di Tremonti bond (strumenti simili richiesti nel 2008 e destinati in teoria al sostegno delle imprese) e che aveva da coprire 500 milioni di perdite dai derivati impreviste. Alla fine il governo Monti ha dato 3,9 miliardi proprio come aiuto. “I Monti bond sono uno swap, credito illimitato a Mps”, dice Tremonti.
TECNICAMENTE ha ragione: se nel 2015 il Monte non rimborserà i 3,9 miliardi, lo Stato non potrà convertire il prestito in azioni (prendendo quindi il controllo della banca, visto che, ai prezzi attuali di Borsa, rileverebbe “l’82 per cento”, dice Grilli). Il Monte potrà emettere altro debito per rimborsare i Monti bond, prolungando così la situazione di instabilità e scambiando – uno swap, appunto – debiti presenti con debiti futuri. Sempre entro il 2015 dovrà anche restituire oltre 29 miliardi di prestiti agevolati alla Bce.
Il problema però potrebbe porsi molto prima: il presidente di Mps Alessandro Profumo non esclude la nazionalizzazione, “potenzialmente può accadere”. Soprattutto se non si trova un nuovo socio disposto a investire un miliardo nell’aumento di capitale da fare entro il 2015. “E siamo sicuri di conoscere davvero la situazione della banca?”, chiede il leghista Fava. Domanda complessa.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/01/2013.
30/01/2013 di triskel182
IL PRESIDENTE DELLA BCE SOTTO ATTACCO DALLA GERMANIA: IL CASO SIENA SARÀ LO SPUNTO PER BLOCCARE L’UNIONE BANCARIA.
A riferire era il governo, ma a finire sotto accusa è stata la Banca d’Italia, presente e passata. Cioè Ignazio Visco, governatore attuale, e Mario Draghi, il predecessore oggi alla Banca centrale europea. “Questa torbida saga ha messo Draghi sotto i riflettori perché il presidente della Bce guidava Bankitalia quando Mps è finita nei guai”, scrive Hugo Dixon, il più autorevole columnist di Reuters. I siti tedeschi si scatenano: basta accostare il nome di Draghi al buco Mps per indebolire la pretesa della Bce di accentrare a Francoforte la supervisione sulle grandi banche europee. Berlino si oppone da mesi.
MONTECITORIO, ore 15, commissioni Finanze di Camera e Senato riunite. Il ministro dell’Economia Vittorio Grilli è molto teso. Legge una relazione composta quasi per intero da un documento di Bankitalia, la cronologia delle azioni di vigilanza. Grilli spande ottimismo: “Il sistema bancario è solido”, “questo non è un salvataggio”. Non è chiaro quale sia esattamente lo scopo della seduta: molti parlamentari, da Gianni Fava (Lega) a Elio Lannutti (ex Idv) ne approfittano per rivendicare di aver denunciato per tempo che qualcosa non andava. Il Pd si eclissa, giusto un minuscolo intervento di Luigi Zanda. E riesce quasi a far dimenticare l’intreccio tra banca e partito a Siena. Si discute molto più di Bankitalia che del ruolo del governo. E nei prossimi giorni anche Visco verrà a riferire in commissione. Draghi no, non è più il suo ruolo.
I punti oggetto della discussione sono due: cosa ha fatto Bankitalia e come è intervenuto il governo. Grilli recita la lista degli interventi di via Nazionale, poi integrata dall’elenco delle sanzioni: dai 64mila euro del 2009 all’ex ad Antonio Vigni (che nel 2012 ha preso una buonuscita da 4 milioni, anche questa sotto esame) per violazione della trasparenza bancaria agli accertamenti del 2011 conclusi “nel marzo 2012 con giudizio in prevalenza sfavorevole”, e il rapporto è stato poi consegnato alla Procura di Siena, a quella di Milano (che però sui derivati tramite la società Enigma indagava già dal 2011) e alla Consob. É probabile che la scoperta del contratto segreto con Nomura, rivelato dal Fatto, porti ad altre sanzioni relative al contratto Alexandria. Tutto bene?
RESTANO molti punti da chiarire, soprattutto sull’acquisizione di Antonveneta nel 2008 (il Tesoro doveva vigilare sulla Fondazione Monte Paschi, azionista della banca, ma ha avallato anche operazioni oggi censurate). Tremonti non crede alla storia del contratto segreto scoperto nella cassaforte di Vigni a ottobre: “Il documento rilevante era nella cassaforte della Banca d’Italia”, dice, riferendosi al verbale dell’ispezione del 2010 che evidenziava i punti critici delle operazioni in derivati Santorini e Alexandria.
Sempre Tremonti insiste sul punto che era di stretta competenza del governo: i 3,9 miliardi di Monti bond. Grilli spiega che“non è un salvataggio”, perché le condizioni del prestito sono molto onerose e congegnate in modo da rendere sempre più costoso il prestito in caso di ritardi nel rimborso, fino a portare la somma da restituire a 4,5 miliardi. Nel ragionamento di Grilli però c’è una contraddizione che nessuno, Tremonti a parte, pare cogliere: lo strumento dei Monti bond, cioè obbligazioni speciali sottoscritte dallo Stato, è stato ideato nel 2011 per creare un “buffer”, un cuscinetto protettivo che mettesse Monte Paschi al riparo dalle oscillazioni nel valore dei titoli di Stato (la banca senese ne ha comprati circa 25 miliardi). Per questo Grilli dice che “non è un salvataggio”. Eppure i Monti bond sono stati concessi a dicembre a 3,9 miliardi sulla base di altre logiche: visto che il Monte non riusciva a rimborsare i precedenti 1,9 miliardi di Tremonti bond (strumenti simili richiesti nel 2008 e destinati in teoria al sostegno delle imprese) e che aveva da coprire 500 milioni di perdite dai derivati impreviste. Alla fine il governo Monti ha dato 3,9 miliardi proprio come aiuto. “I Monti bond sono uno swap, credito illimitato a Mps”, dice Tremonti.
TECNICAMENTE ha ragione: se nel 2015 il Monte non rimborserà i 3,9 miliardi, lo Stato non potrà convertire il prestito in azioni (prendendo quindi il controllo della banca, visto che, ai prezzi attuali di Borsa, rileverebbe “l’82 per cento”, dice Grilli). Il Monte potrà emettere altro debito per rimborsare i Monti bond, prolungando così la situazione di instabilità e scambiando – uno swap, appunto – debiti presenti con debiti futuri. Sempre entro il 2015 dovrà anche restituire oltre 29 miliardi di prestiti agevolati alla Bce.
Il problema però potrebbe porsi molto prima: il presidente di Mps Alessandro Profumo non esclude la nazionalizzazione, “potenzialmente può accadere”. Soprattutto se non si trova un nuovo socio disposto a investire un miliardo nell’aumento di capitale da fare entro il 2015. “E siamo sicuri di conoscere davvero la situazione della banca?”, chiede il leghista Fava. Domanda complessa.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/01/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Monte Paschi di Siena e la “LA BANDA DEL 5%”
(Gianni Barbacetto).
30/01/2013 di triskel182
MPS: PARLA IL SUPERTESTIMONE.
Intervista a Antonio Rizzo (il nostro “Superbonus”) costretto a lasciare Dresdner Bank dopo le rivelazioni sulle creste del Montepaschi. È lui l’uomo chiave dei pm: “Così i manager mangiavano sui derivati”. Il procuratore di Siena: “Situazione incandescente”. Rissa sulle colpe di Monti e Bankitalia. Visco riferirà in Parlamento.
Il procuratore di Siena Ti-to Salerno delinea uno scenario inquietante: “La situazione è esplosiva e incandescente”. Le indagini su Montepaschi, dunque, stanno arrivando a una svolta. “Stiamo parlando del terzo gruppo bancario italiano”, dice. E poi blinda la procura: “Non posso dirvi niente”. Ieri è stato sentito, come persona informata sui fatti, Valentino Fanti, ex capo della segreteria di Giuseppe Mussari e segretario del consiglio d’amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena. L’hanno interrogato per quasi sette ore i pm Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalini, con il procuratore Salerno e gli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza di Roma, che conducono le indagini.
Appare finalmente chiaro che l’inchiesta Mps si sta svolgendo su quattro livelli. Il primo riguarda le eventuali irregolarità nell’acquisto di Antonveneta, nel 2007, pagata una decina di miliardi al Santander. Il secondo, l’aumento di capitale per ben 1 miliardo che Mps ha dovuto realizzare per poter fare l’acquisto: sottoscritto da Jp-Morgan, l’aumento di capitale è stato in realtà garantito e supportato dalla stessa Mps, attraverso l’operazione Fresh. Il terzo livello è quello delle operazioni con derivati realizzate per abbellire i bilanci e nascondere i buchi (Alexandria), o per cercare, invano, di rilanciare dopo operazioni sfortunate (Santorini, Nota italiana). Il quarto, infine, riguarda le “creste” che, secondo l’ipotesi d’accusa, i dirigenti Mps avrebbero fatto grazie alla sponda di intermediari, come Lutifin ed Enigma.
Un ex funzionario di Dresdner Bank, Antonio Rizzo, nell’ambito dell’inchiesta sulla finanziaria svizzera Lutifin ha raccontato ai pm milanesi, prima che l’inchiesta passasse a Siena, che Gianluca Baldassarri, capo della finanza Mps, e Matteo Pontone, responsabile di Mps Londra, erano conosciuti come “la banda del 5 per cento: perché su ogni operazione prendevano tale percentuale”.
RIZZO RACCONTA di un incontro avvenuto nel 2007 tra lui, il suo superiore Lorenzo Cutolo e Massimilano Pero, che in Dresdner vendeva prodotti strutturati. “In quella occasione, si venne a sapere che Dresdner per l’operazione avrebbe pagato una somma di intermediazione a tale Lutifin. Cutolo rimase sorpreso e disse che era assurdo pagare un’intermediazione per un affare che Dresdner poteva fare tranquillamente da sola”. Rizzo spiega poi di avere saputo che il pagamento a Lutifin era stato autorizzato dal suo superiore, Stefan Guetter. “Cutolo mi disse che lui aveva provato a fare qualcosa, ma che aveva rischiato il licenziamento”. Rizzo aggiunge di avere esposto nel marzo 2008 quanto accaduto all’organismo di controllo di Dresdner. “Cortese sostanzialmente mi ha detto che a suo avviso – ma il fatto sembrava notorio – Pontone e Baldassarre avevano percepito un’indebita commissione dell’operazione per il tramite di Lutifin. Mi disse anche che i due erano conosciuti come la banda del 5 per cento”. L’operazione raccontata da Rizzo è quella realizzata tra Mps e Dresdner su un derivato da 120 milioni di euro, con Lutifin come intermediario. “Scopo dell’operazione”, scrivono gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria di Milano, “era quello di far ristrutturare il pacchetto a Mps, che si è occupata di sostituire i titoli in sofferenza con altri in salute, in modo da consentire a Dresdner di neutralizzare le perdite che stava subendo, scaricandole su Mps”. L’inchiesta è quella del pm di Milano Roberto Pellicano, che nei prossimi giorni chiederà il rinvio a giudizio per 18 persone accusate di fare la “cresta” sulla compravendita di titoli. “È stato accertato”, secondo gli investigatori, “che la Lutifin services era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti del Monte dei Paschi di Siena in cambio dell’acquisto da parte dell’istituto di credito da cui dipendevano di un pacchetto titoli all’interno dei quali ve n’erano alcuni (derivati) che presentavano forti perdite per Dresdner Bank”.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/01/2013.
(Gianni Barbacetto).
30/01/2013 di triskel182
MPS: PARLA IL SUPERTESTIMONE.
Intervista a Antonio Rizzo (il nostro “Superbonus”) costretto a lasciare Dresdner Bank dopo le rivelazioni sulle creste del Montepaschi. È lui l’uomo chiave dei pm: “Così i manager mangiavano sui derivati”. Il procuratore di Siena: “Situazione incandescente”. Rissa sulle colpe di Monti e Bankitalia. Visco riferirà in Parlamento.
Il procuratore di Siena Ti-to Salerno delinea uno scenario inquietante: “La situazione è esplosiva e incandescente”. Le indagini su Montepaschi, dunque, stanno arrivando a una svolta. “Stiamo parlando del terzo gruppo bancario italiano”, dice. E poi blinda la procura: “Non posso dirvi niente”. Ieri è stato sentito, come persona informata sui fatti, Valentino Fanti, ex capo della segreteria di Giuseppe Mussari e segretario del consiglio d’amministrazione di Banca Monte dei Paschi di Siena. L’hanno interrogato per quasi sette ore i pm Giuseppe Grosso, Antonino Nastasi e Aldo Natalini, con il procuratore Salerno e gli uomini del nucleo valutario della Guardia di finanza di Roma, che conducono le indagini.
Appare finalmente chiaro che l’inchiesta Mps si sta svolgendo su quattro livelli. Il primo riguarda le eventuali irregolarità nell’acquisto di Antonveneta, nel 2007, pagata una decina di miliardi al Santander. Il secondo, l’aumento di capitale per ben 1 miliardo che Mps ha dovuto realizzare per poter fare l’acquisto: sottoscritto da Jp-Morgan, l’aumento di capitale è stato in realtà garantito e supportato dalla stessa Mps, attraverso l’operazione Fresh. Il terzo livello è quello delle operazioni con derivati realizzate per abbellire i bilanci e nascondere i buchi (Alexandria), o per cercare, invano, di rilanciare dopo operazioni sfortunate (Santorini, Nota italiana). Il quarto, infine, riguarda le “creste” che, secondo l’ipotesi d’accusa, i dirigenti Mps avrebbero fatto grazie alla sponda di intermediari, come Lutifin ed Enigma.
Un ex funzionario di Dresdner Bank, Antonio Rizzo, nell’ambito dell’inchiesta sulla finanziaria svizzera Lutifin ha raccontato ai pm milanesi, prima che l’inchiesta passasse a Siena, che Gianluca Baldassarri, capo della finanza Mps, e Matteo Pontone, responsabile di Mps Londra, erano conosciuti come “la banda del 5 per cento: perché su ogni operazione prendevano tale percentuale”.
RIZZO RACCONTA di un incontro avvenuto nel 2007 tra lui, il suo superiore Lorenzo Cutolo e Massimilano Pero, che in Dresdner vendeva prodotti strutturati. “In quella occasione, si venne a sapere che Dresdner per l’operazione avrebbe pagato una somma di intermediazione a tale Lutifin. Cutolo rimase sorpreso e disse che era assurdo pagare un’intermediazione per un affare che Dresdner poteva fare tranquillamente da sola”. Rizzo spiega poi di avere saputo che il pagamento a Lutifin era stato autorizzato dal suo superiore, Stefan Guetter. “Cutolo mi disse che lui aveva provato a fare qualcosa, ma che aveva rischiato il licenziamento”. Rizzo aggiunge di avere esposto nel marzo 2008 quanto accaduto all’organismo di controllo di Dresdner. “Cortese sostanzialmente mi ha detto che a suo avviso – ma il fatto sembrava notorio – Pontone e Baldassarre avevano percepito un’indebita commissione dell’operazione per il tramite di Lutifin. Mi disse anche che i due erano conosciuti come la banda del 5 per cento”. L’operazione raccontata da Rizzo è quella realizzata tra Mps e Dresdner su un derivato da 120 milioni di euro, con Lutifin come intermediario. “Scopo dell’operazione”, scrivono gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria di Milano, “era quello di far ristrutturare il pacchetto a Mps, che si è occupata di sostituire i titoli in sofferenza con altri in salute, in modo da consentire a Dresdner di neutralizzare le perdite che stava subendo, scaricandole su Mps”. L’inchiesta è quella del pm di Milano Roberto Pellicano, che nei prossimi giorni chiederà il rinvio a giudizio per 18 persone accusate di fare la “cresta” sulla compravendita di titoli. “È stato accertato”, secondo gli investigatori, “che la Lutifin services era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti del Monte dei Paschi di Siena in cambio dell’acquisto da parte dell’istituto di credito da cui dipendevano di un pacchetto titoli all’interno dei quali ve n’erano alcuni (derivati) che presentavano forti perdite per Dresdner Bank”.
Da Il Fatto Quotidiano del 30/01/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Inchiesta sui versamenti all’Udc
(Valeria Pacelli).
29/01/2013 di triskel182
NEL MIRINO DELLA PROCURA I FINANZIAMENTI DEI COSTRUTTORI AL PARTITO NEL LAZIO.
Dopo la Margherita, il Pdl e l’Italia dei Valori, anche il partito di Pier Ferdinando Casini finisce sotto inchiesta. A seguito della segnalazione della Corte dei Conti, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo, di cui è titolare il procuratore aggiunto Francesco Caporale, per chiarire alcuni aspetti sui finanziamenti ricevuti da parte di aziende private per le regionali del 28 e 29 marzo del 2010.
I MAGISTRATI contabili nell’ultima relazione, pubblicata ad agosto scorso, scrivono che “Il dott. Vittorio Bonavita, (poi nominato direttore dell’Asl Roma B, ndr), segretario amministrativo dell’Udc Lazio pro tempore, con nota in data 3 luglio 2012 ha trasmesso solo una parte (14 delibere societarie) della documentazione relativa alle società eroganti (in tutto 39 società) previste dalla predetta legge n. 195 del 1974”. Ossia su 39 aziende o comunque persone giuridiche che hanno finanziato il partito, in 25 casi non è stata presentata alcuna carta che giustifichi quelle entrate , contabilizzate per un totale di 171mila euro.
Nell’elenco delle società di cui manca documentazione c’è la Todini Costruzioni Generali Spa che ha finanziato quella campagna regionale del 2010 con un bonifico di 20 mila euro. La società Todini è gestita da Luisa Todini che siede anche tra i consigliere Rai in quota Pdl/Lega. Altri esempi di società, di cui non è stato presentato alcun documento alla Corte dei Conti, sono poi la Edil C.a.s.a. Edilizia che al partito ha donato 20 mila euro, la Ciaccia appalti srl (altri 20mila). E ancora, la Sales appalti (15 mi-la) e la Di. Bi. costruzioni (5 mi-la), tutte operanti nel settore dell’edilizia.
Il collegio dei magistrati contabili, si conclude nell’ultima relazione, però “non ritiene che la mancata trasmissione della documentazione relativa ai contributi di che trattasi sia, di per sé sola, atta a concretizzare un fumus di sussistenza del reato di cui all’art. 7, ultimo comma, della legge 2 maggio 1974, n. 195 – ossia la legge che regola i finanziamenti privati ai partiti. Tuttavia, il Collegio si è determinato nei sensi dell’opportunità di riferire i fatti, per quanto di rispettiva competenza, alla Procura della Repubblica di Roma”.
CHE SOLO POCHI GIORNI FA ha aperto un fascicolo, per adesso senza indagati né reati, al fine di chiarire la regolarità o meno di quei 171 mila euro che sono entrati nelle casse della sezione regionale dell’Udc e che sono stati utilizzati per la tornata elettorale del 2010.
Da Il Fatto Quotidiano del 29/01/2013.
(Valeria Pacelli).
29/01/2013 di triskel182
NEL MIRINO DELLA PROCURA I FINANZIAMENTI DEI COSTRUTTORI AL PARTITO NEL LAZIO.
Dopo la Margherita, il Pdl e l’Italia dei Valori, anche il partito di Pier Ferdinando Casini finisce sotto inchiesta. A seguito della segnalazione della Corte dei Conti, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo, di cui è titolare il procuratore aggiunto Francesco Caporale, per chiarire alcuni aspetti sui finanziamenti ricevuti da parte di aziende private per le regionali del 28 e 29 marzo del 2010.
I MAGISTRATI contabili nell’ultima relazione, pubblicata ad agosto scorso, scrivono che “Il dott. Vittorio Bonavita, (poi nominato direttore dell’Asl Roma B, ndr), segretario amministrativo dell’Udc Lazio pro tempore, con nota in data 3 luglio 2012 ha trasmesso solo una parte (14 delibere societarie) della documentazione relativa alle società eroganti (in tutto 39 società) previste dalla predetta legge n. 195 del 1974”. Ossia su 39 aziende o comunque persone giuridiche che hanno finanziato il partito, in 25 casi non è stata presentata alcuna carta che giustifichi quelle entrate , contabilizzate per un totale di 171mila euro.
Nell’elenco delle società di cui manca documentazione c’è la Todini Costruzioni Generali Spa che ha finanziato quella campagna regionale del 2010 con un bonifico di 20 mila euro. La società Todini è gestita da Luisa Todini che siede anche tra i consigliere Rai in quota Pdl/Lega. Altri esempi di società, di cui non è stato presentato alcun documento alla Corte dei Conti, sono poi la Edil C.a.s.a. Edilizia che al partito ha donato 20 mila euro, la Ciaccia appalti srl (altri 20mila). E ancora, la Sales appalti (15 mi-la) e la Di. Bi. costruzioni (5 mi-la), tutte operanti nel settore dell’edilizia.
Il collegio dei magistrati contabili, si conclude nell’ultima relazione, però “non ritiene che la mancata trasmissione della documentazione relativa ai contributi di che trattasi sia, di per sé sola, atta a concretizzare un fumus di sussistenza del reato di cui all’art. 7, ultimo comma, della legge 2 maggio 1974, n. 195 – ossia la legge che regola i finanziamenti privati ai partiti. Tuttavia, il Collegio si è determinato nei sensi dell’opportunità di riferire i fatti, per quanto di rispettiva competenza, alla Procura della Repubblica di Roma”.
CHE SOLO POCHI GIORNI FA ha aperto un fascicolo, per adesso senza indagati né reati, al fine di chiarire la regolarità o meno di quei 171 mila euro che sono entrati nelle casse della sezione regionale dell’Udc e che sono stati utilizzati per la tornata elettorale del 2010.
Da Il Fatto Quotidiano del 29/01/2013.
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