Diario della caduta di un regime.

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UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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UncleTom ha scritto:REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO

NEL DOMINIO DELLA MERLOCRAZIA





Mentre i quattro cavalieri dell’Apocalisse, pensano solo e soltanto ai
c…i loro, nell’ex Bel Paese, si registra quanto sotto, NELL’INDIFFERENZA TOTALE E GENERALE.




Silvio Berlusconi

Pinocchio Mussoloni

Matteo Salvini

Giuseppe Grillo)
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Italia: poveri triplicati in 10 anni, mentre l’economia crolla
Scritto il 01/8/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
(PS. Chi sono i quattro cavalieri dell’Apocalisse:


Da “Bloomberg”, una foto impietosa della relazione tra crisi demografica e crisi economica italiana, basata sul rapporto Istat pubblicato di recente. «Dopo aver perso il 25% della produzione industriale nella crisi più profonda dalla Seconda Guerra Mondiale, con la disoccupazione ufficiale all’11% e la popolazione in povertà assoluta triplicata nell’ultimo decennio e arrivata a quasi 5 milioni di persone, non è difficile capire perché gli italiani facciano meno figli: fare un figlio significa diventare poveri», scrive “Voci dall’Estero”, riprendendo un articolo di “Bloomberg” firmato da Lorenzo Totaro e Giovanni Salzano. La demografia è ormai il nuovo campo della lotta di classe nel nostro paese? «Gli italiani che vivono al di sotto del livello di povertà assoluta sono quasi triplicati nell’ultimo decennio, mentre il paese attraversava una doppia recessione di durata record». L’Istat ha appena dichiarato che i poveri assoluti, ovvero coloro che non sono in grado di acquistare un paniere di beni e servizi necessari, hanno raggiunto i 4,7 milioni l’anno scorso, dai quasi 1,7 milioni nel 2006. È il 7,9% della popolazione, e molti di questi poveri sono concentrati nelle regioni meridionali dell’Italia.
Italia più povera: gli italiani che non possono permettersi un livello accettabile di vita sono quasi triplicati dal 2006. Mentre il paese tra il 2008 e il 2013 attraversava la sua più profonda recessione, e quindi la più lunga dalla Seconda Guerra Mondiale, più di un quarto della produzione industriale nazionale è stato spazzato via, ricorda “Bloomberg”. Nello stesso periodo, anche la disoccupazione è aumentata, con il tasso dei senza lavoro cresciuto fino al 13% nel 2014, partendo da un livello basso, del 5,7%, nel 2007. La disoccupazione era all’11,3% nell’ultima rilevazione di maggio. Pochi anni di Eurozona (drammatica contrazione della spesa, quindi del Pil, del lavoro e dei consumi, con esplosione della tassazione) sono bastati a mettere il ginocchio l’ex quarta-quinta potenza industriale del pianeta. Poi è arrivata anche l’emergenza demografica: «Per decenni l’Italia ha lottato con un basso tasso di fertilità: solo 1,35 bambini per donna rispetto a una media di 1,58 in tutta l’Unione Europea a 28 paesi nel 2015, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati comparabili», osserva “Bloomberg”.
«Il rapporto sulla povertà mostra che è inutile domandarsi per quale motivo ci siano meno neonati in Italia», dichiara Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari. «Fare un figlio significa diventare poveri, sembra che in Italia i bambini non siano visti come un bene comune». Il numero di poveri assoluti è aumentato l’anno scorso tra le classi sociali più giovani, raggiungendo il 10% nel gruppo di quelli tra i 18 e i 34 anni. Il rapporto Istat ha mostrato anche che tra i più anziani è sceso, arrivando al 3,8% nel gruppo degli ultra65enni. All’inizio di quest’anno, aggiunge “Bloomberg”, il Parlamento italiano ha approvato un nuovo strumento contro la povertà chiamato “reddito di inclusione”, che sostituisce le misure esistenti per il sostegno al reddito. Sarà utile a 400.000 famiglie, per un totale di 1,7 milioni di persone, secondo quanto riferisce “Il Sole 24 Ore” citando documenti parlamentari. Il programma quest’anno sarà finanziato con risorse per circa 2 miliardi di euro, che dovrebbero salire a quasi 2,2 miliardi di euro nel 2018, sempre secondo quanto riporta il “Sole”.
Anche l’incidenza della povertà relativa in Italia, calcolata sulla base della spesa media di consumo e che interessa un numero di persone più grande, è aumentata l’anno scorso, aggiunge “Bloomberg”. Secondo il rapporto dell’Istat, gli individui poveri in termini relativi sono quasi 8,5 milioni, il 14% della popolazione, con una incidenza maggiore nelle famiglie con un numero maggiore di bambini e nei gruppi di età inferiore ai 34 anni. Sono gli effetti tangibili dell’efferata politica di rigore somministrata dalla Trojka Ue a partire dal 2011, con la destituzione di Berlusconi e l’imposizione del governo Monti, “disegnato” da Napolitano e sostenuto anche dal Pd di Bersani. Tagli al welfare, devastazione delle pensioni con la legge Fornero, licenziamenti in massa, crollo di migliaia di aziende. Il tutto con l’alibi dello spread e lo spauracchio del debito pubblico. Poi è arrivato Renzi, insieme ai 5 Stelle (all’opposizione), ma nessuno dei due soggetti ha affrontato il problema euro-Ue: la politica italiana oggi non offre nessuna soluzione a questa crisi, basata sul rigore di bilancio imposto da Bruxelles e regolarmente eseguito da tutti i ministri dell’economia, incluso Padoan.




ATTENZIONE!!!! OVRA IN AZIONE



L'ORIGINALE ERA QUESTO:


Mentre i quattro cavalieri dell’Apocalisse, pensano solo e soltanto ai c…i loro, nell’ex Bel Paese, si registra quanto sotto, NELL’INDIFFERENZA TOTALE E GENERALE.

(PS. Chi sono i quattro cavalieri dell’Apocalisse: <<<<<< MANCA???????

Silvio Berlusconi

Pinocchio Mussoloni

Matteo Salvini

Giuseppe Grillo)


FACENDO IL COPIA INCOLLA NON POSSONO SPARIRE LE FRASI ALL'INTERNO DI UN PEZZO.

A MENO CHE SI VOGLIA EVITARE CHE VENGA LETTO
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

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REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO

NEL DOMINIO DELLA MERLOCRAZIA


Si possono ingannare poche persone per molto tempo o molte persone per poco tempo. Ma non si possono ingannare molte persone per molto tempo.
Abraham Lincoln





Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.

Primo Levi





Nazitalia
Il vento fascista dalle periferie al Parlamento
Gli squadristi sono tornati in strada. Soffiano sul fuoco delle migrazioni e della crisi economica. Mentre crescono i consensi, i loro slogan tracimano nelle istituzioni
DI GIOVANNI TIZIAN - FOTO DI ESPEN RASMUSSEN
01 agosto 2017


Braccia tese dietro le barricate. Ombre nere sulle periferie, strette nella morsa del degrado. Scontri con le forze dell’ordine per difendere «il diritto alla casa degli italiani» nelle borgate, sempre più distanti dai centri storici, da Palazzo Chigi, dal Parlamento, dal Campidoglio.

I fascisti sono tornati. Eredi dei “Boia chi molla”, fomentano e guidano le proteste. I loro consensi crescono, e sono entrati anche in diversi consigli comunali. I loro linguaggi e le loro parole d’ordine tracimano dai gruppi minoritari alle forze politiche più grosse, anche in Parlamento. Ostentano saluti romani sul web e nelle strade, organizzano ronde per la “sicurezza urbana” o contro gli ambulanti stranieri sulle spiagge, e perfino navi per bloccare gli sbarchi dei migranti.

Braccia tese dietro le barricate. Ombre nere sulle periferie, strette nella morsa del degrado. Scontri con le forze dell’ordine per difendere «il diritto alla casa degli italiani» nelle borgate, sempre più distanti dai centri storici, da Palazzo Chigi, dal Parlamento, dal Campidoglio.

I fascisti sono tornati. Eredi dei “Boia chi molla”, fomentano e guidano le proteste. I loro consensi crescono, e sono entrati anche in diversi consigli comunali. I loro linguaggi e le loro parole d’ordine tracimano dai gruppi minoritari alle forze politiche più grosse, anche in Parlamento. Ostentano saluti romani sul web e nelle strade, organizzano ronde per la “sicurezza urbana” o contro gli ambulanti stranieri sulle spiagge, e perfino navi per bloccare gli sbarchi dei migranti.

La nostalgia del passato e la xenofobia si confondono nella retorica populista. Parole d’ordine: sovranità, frontiere e muri, no ius soli, prima gli italiani, famiglia, élite corrotte. Non disdegnano la violenza fisica: si allenano nelle palestre militanti, si sfogano nei concerti d’area, si addestrano nelle curve degli stadi, dove spesso fede politica e criminalità diventano miscela esplosiva. Programmano raduni annuali: quest’anno il più importante è vicino a Reggio Calabria, dove negli anni Settanta i moti di Reggio sono stati il grande banco di prova dell’eversione nera. E c’è anche chi, per soldi o per gloria, imbraccia il fucile per unirsi ai battaglioni filorussi che combattono in Ucraina, nel Donbass.

Periferie, la prima linea
“Prima gli italiani”, è il grido dei guerrieri urbani del neofascismo romano. L’avanguardia che ha alzato il livello dello scontro sociale. Soffiano, i militanti neri, sulla miccia della guerra tra poveri delle periferie. «Resistenza etnica», la definisce Giuliano Castellino, ultras della Roma, leader del movimento “Roma ai Romani”, vicino a Forza Nuova. Castellino ha nel suo curriculum anche un apparizione nella Destra di Storace. “Roma ai romani”, insieme a Forza Nuova e CasaPound, si batte per «il diritto alla casa delle sole famiglie italiane».

Il 23 gennaio scorso, al Trullo, quartiere popolare di Roma, il gruppo si è mobilitato per difendere dallo sfratto una giovane coppia di romani abusivi, lei 17 anni e incinta, lui 20 anni e precario: a pagarne le conseguenze una famiglia egiziana, padre, madre e cinque figli, a cui la casa era stata assegnata. Dalla protesta all’azione, con i capi della destra radicale al fianco degli emarginati. A distanza di poco tempo si sono verificati altri due episodi simili. A San Basilio, periferia romana al centro di forti interessi criminali, a una famiglia di origine marocchina è stato impedito di entrare nell’alloggio assegnatole dal Comune: l’azione ha ricevuto la solidarietà di Forza Nuova e di “Roma ai Romani”. Tre settimane fa a Tor Bella Monaca, altro sobborgo dilaniato da spaccio e mafie varie, Howlader Dulal, 52 anni, cittadino italiano ma originario del Bangladesh, è stato aggredito. Aveva finalmente ottenuto l’appartamento popolare, ma il colore della pelle ha fatto la differenza: «Negro, qui non c’è posto per te. Le case sono tutte occupate», gli hanno urlato, ignoti, mentre lo picchiavano.

Basta un soffio e il focolaio divampa. I movimenti neofascisti hanno trovato il loro campo di battaglia. Ecco cosa scriveva Castellino sulla sua pagina Facebook qualche giorno fa: «Il popolo di Tor Bella Monaca ha dimostrato con i fatti che Roma e i Romani sono sempre più con i fascisti». In un altro post del 15 giugno dettava la linea: «La patria si difende a calci e pugni». Nella foto pubblicata c’è anche il camerata Maurizio Boccacci, 60 anni, capo dell’organizzazione Militia Italia, storico leader dell’estrema destra dei Castelli Romani, già animatore di presidi di solidarietà a favore dell’ex capo delle SS naziste Erich Priebke, tra gli esecutori dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Negli ultimi mesi Boccacci non ha perso un’udienza del processo Mafia Capitale: maglia verde militare, ascoltava in silenzio le accuse rivolte al suo amico Massimo Carminati, il “Cecato” dei Nuclei armati rivoluzionari. Boccacci e Castellino hanno anche un nemico comune: Emanuele Fiano, il parlamentare del Pd riferimento della comunità ebraica. «Fiano delle tue leggi ce ne freghiamo, eccoti il saluto romano», recitava uno striscione sequestrato dalla Digos di Roma al gruppo di Castellino. Dello stesso tenore le esternazioni social di Boccacci: «Fiano, pezzo di ... Siamo fascisti e tanto basta».

Skinhead nelle istituzioni
I gruppi della destra estrema si sentono forti. Sospinti dal vento che spira nel Paese e in Europa, hanno alzato il livello dello scontro. Legittimati dalle campagne xenofobe alimentate da leader dal grande seguito come Matteo Salvini. I flirt tra Lega e forze neofasciste - per quanto Salvini si sforzi di negarlo - non sono, del resto, un mistero.

Un esempio di joint venture politica con queste sembianze ha preso forma a Monza. La nuova giunta di centrodestra, Lega inclusa, ha nominato assessore allo Sport Andrea Arbizzoni. Eletto con Fratelli d’Italia, la comunità ideale da cui proviene è però Lealtà - Azione, gruppo d’area skinhead radicato in Lombardia. Arbizzoni tra il 2009 e il 2012 aveva ricoperto il medesimo ruolo ai tempi del sindaco leghista Mariani. Ma l’assessore - ultras nel tempo libero - non è l’unico ad avere avuto accesso ai palazzi delle istituzioni. Stefano Pavesi, pure lui di Lealtà - Azione, è stato eletto con la Lega Nord nel municipio 8 di Milano. Si è fatto notare fin da subito nel giorno della commemorazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, secondo lui «una logica conseguenza del vile attentato dei partigiani». Il 26 gennaio scorso, invece, all’incontro organizzato da una costola di Lealtà - Azione, dal titolo “Come il gender vuol sostituirsi all’uomo e alla donna”, ha partecipato Jari Colla, consigliere regionale del Carroccio. Matteo Salvini ripete spesso che fascismo e antifascismo sono ormai concetti del secolo scorso, che gli italiani vogliono guardare avanti. Salvo, poi, esprimere solidarietà al nostalgico del Duce titolare del lido di Chioggia. E non sembrano guardare oltre i movimenti di estrema destra che hanno trovato una sponda nella Lega. Come i militanti di Lealtà - Azione, appunto, che ogni anno salutano con il braccio teso i caduti della Repubblica sociale italiana nel cimitero Maggiore di Milano.

Pugni e cinghiate
Anche le squadracce sono tornate. E a volte usano le cinghie per punire i detrattori. Il 12 febbraio scorso a Vignanello, in provincia di Viterbo, Paolo, poco più che ventenne, viene aggredito da una quindicina di militanti di CasaPound. Colpevole secondo il branco di aver commentato sui social una vignetta sul movimento: “Chi mette il parmigiano sulla pasta al tonno non merita rispetto”. Versione ironica dello slogan reale con cui CasaPound ha tappezzato alcune città: “Chi scappa dalla guerra abbandonando famiglia, mogli e figli non merita rispetto”.

«Fermati», gli hanno intimato mentre una mano lo trascinava a terra. «Non devi più prendere in giro CasaPound». E giù botte. Sulla scena anche Jacopo Polidori, leader locale del movimento. «Con fare minaccioso batteva la cintura sul palmo della mano e poi sferrava quattro o cinque colpi sulla schiena di Paolo, non desistendo alle sue suppliche», hanno scritto i magistrati. A Paolo hanno fratturato il naso, rotto un dente e le cinghiate gli hanno lasciato delle escoriazioni sul dorso. «La prossima volta ti fai i cazzi tuoi», gli ha detto uno dei picchiatori prima di andarsene. Il 20 ottobre ci sarà il processo a carico di Polidori. Il leader nazionale di CasaPound, Gianluca Iannone, non ha condannato il gesto.

Ostia patria nostra
Nel decimo municipio della Capitale, a Ostia, fra tre mesi si andrà alle urne per scegliere il nuovo presidente. Sarà il primo voto post scioglimento per mafia. Un anno fa alle ultime comunali CasaPound ha ottenuto il due per cento, e in alcuni seggi ha toccato punte del 10. In particolare a Nuova Ostia, zona popolare e con un alto tasso di criminalità. Un risultato che se venisse confermato a ottobre garantirebbe a Casa Pound un consigliere municipale. Nella stessa area di massimo consenso per il movimento, secondo i detective e la procura di Roma comanda il clan Spada. Un gruppo criminale, al centro di molti sospetti e di varie retate, l’ultima il 12 aprile scorso.

A Ostia CasaPound ha organizzato ronde su richiesta per cacciare i venditori abusivi stranieri dalla spiaggia. Sostiene le famiglie italiane che hanno occupato le case popolari a rischio sfratto. Accusa il Pd e commissario prefettizio del degrado in cui versa il municipio. Tra le figure del movimento che hanno riscosso più successo c’è Carlotta Chiaraluce, alter ego del responsabile del litorale romano, Luca Marsella. Candidata alle ultime comunali, ha raccolto più di 1.300 voti. Entrambi non hanno speso una parola sul potere locale del clan Spada. Forse perché in sintonia con i militanti di CasaPound c’è Roberto Spada, fratello di Carmine detto “Romoletto”, ritenuto dall’antimafia di Roma il capo del clan. I contatti con CasaPound risalgono all’anno scorso, titolo dell’iniziativa “Giovinezza in piazza”, promossa dal movimento di Iannone e dalla scuola di danza della moglie del fratello del boss.

Le foto che ritraevano Spada con i referenti locali di CasaPound innescarono polemiche politiche, ma a distanza di tempo i rapporti non si sono interrotti. Anzi, stando ai commenti pubblicati su Facebook, pare l’amicizia sia reciproca. L’ultimo contatto a fine giugno, quando Carlotta Chiaraluce sulla pagina di Roberto Spada ha scritto: «Ro’ più tardi passiamo», riferendosi a una grigliata in spiaggia organizzata da Spada, che vanta tra gli amici anche altri militanti dell’organizzazione di Iannone. Non deve stupire. È lo stesso Roberto Spada che sui social si schiera sulle posizioni del movimento dell’estrema destra. È contrario allo Ius soli, vorrebbe chiudere le frontiere. E condivide lo slogan “Prima gli italiani”. Tolleranza zero. Anche se, per paradosso, la sua famiglia ha origini nomadi.
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UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

Se si interpella il "Grande Fratello", su quant'è la durata media della vita umana, puoi sentirti rispondere:
Nella prima metà del 900 l’età media della donna era di 43 anni, quella dell’uomo di 42 circa. Oggi, nel 2012, la vita media, sia della donna che dell’uomo, si può dire sia raddoppiata.

Quindi possiamo affermare che nel 2017, l'uomo vive in media circa 84 anni.

Ma ha ancora senso parlare di "vita" quando l'esistenza la trascorri all'inferno?????????

Di recente, Massimo Gramellini ed altri si stanno interrogando sul perchè gli italiani non fanno più figli.

Ma ha senso condannare all'inferno altre creature, per il sol fatto che all'inferno ci sei finito anche tu??????????



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Carpeoro: Br, cioè Gladio. Chiedetelo a Curcio e Pazienza
Scritto il 02/8/17 • nella Categoria: segnalazioni Condividi

Andate a vedere quanta galera ha fatto Morucci, presunto capo delle Brigate Rosse.
A Curcio, che ha colpito solo il carabiniere che aveva sparato nella schiena alla sua donna, sotto stati attribuiti – come concorso morale – tutti gli omicidi commessi da Morucci.

Il problema è che Morucci ha fatto sì e no sei mesi di carcere, e Curcio ha fatto tutta la pena – ma non la metà, con la semi-libertà: tutta.

Sapete che in Italia l’ergastolo non esiste: dopo trent’anni di buona condotta ti devono mettere fuori, anche se di ergastoli ne hai dodici.

Curcio dopo trent’anni l’hanno messo fuori; Morucci dopo quanto?

Un anno, un anno e mezzo?

Poi è entrato nel programma protezione, ora non si sa più neanche dove sia.

Perché?

Perché le Brigate Rosse, dopo Curcio, erano finite sotto la gestione diretta dei servizi segreti, non più sotto la gestione indiretta.

Ma peggio dei servizi segreti: di Gladio.

Cioè, non erano i servizi segreti: erano i servizi segreti che gestivano le Brigate Rosse per conto di Stay Behind, cioè di Michael Ledeen e del generale Santovito.

E Curcio, che si è fatto tutti i trent’anni, ne è la prova vivente.

E quando esce, e dice “mah, forse ora lo scrivo, un libro”, gli tolgono il posto all’università: lui attualmente è disoccupato, anzi ha fatto un appello per dire: rimettetemi in carcere, che almeno mangio.

Noi in Italia abbiamo una concezione strana della giustizia: per certi soggetti l’ergastolo c’è davvero.

Certi soggetti non si chiamano pregiudicati, si chiamano “eternamente giudicati”.

Il rapporto con la giustizia dovrebbe essere laico: ho violato la legge?

La pena prevista è questa?

Dopo che l’ho scontata è finita, però.

Può non essere finita moralmente, per le vittime.

Ma, laicamente – con lo Stato – la vertenza è chiusa; non mi puoi rifiutare il lavoro, togliermi la cattedra di insegnante, perché per te è ancora aperta, perché altrimenti mi fai fare l’ergastolo davvero.

Perché poi, uno che esce dal carcere dopo trent’anni che fa, specie ora con l’età pensionabile a settanta? Se la tua logica è che ho ancora qualcosa da pagare anche dopo che esco di galera, questo non è nelle regole.

Invece non vale per altri, che non pagano nemmeno quello che dovrebbero pagare.

Ripeto: il confronto tra Curcio e Morucci è impietoso – per non parlare di Mario Moretti.

E’ un confronto impietoso, perché quello ha ammazzato davvero, e l’altro si è preso le condanne.

I brigatisti erano diventati i gestori, per conto dei servizi segreti in capo a Gladio.

Attenzione: tu hai un’organizzazione, creata dagli americani per evitare che venga il comunismo, la quale però gestisce il terrorismo comunista.

Andate a vedere l’atto con cui è stata costituita Gladio: se costituisci una cosa, dovrebbe andare avanti per come l’hai costituita, no?

Se la costituisci in un modo e poi invece ne fai altre, di cose…

Perché, cos’era diventata, Gladio?

E’ esistita quando gli americani sapevano benissimo che i comunisti erano spacciati.

Nel ‘53, un economista americano che lavorava, credo, per McGovern, aveva previsto che il modello economico russo sarebbe morto nell’arco di trent’anni, massimo quaranta – e infatti l’Urss è finita nell’89, sostanzialmente.

Non era un giudizio politico, etico, di disvalore di quel sistema, ma una previsione economica:

“Tra quarant’anni non avranno più i soldi”. Quindi lo sapevano perfettamente, gli americani.

E lo sapevano anche i comunisti italiani, che si sono ben guardati dall’andare al governo: quando nel ‘75 Berlinguer ha vinto a mani basse le elezioni amministrative, subito ha offerto il compromesso storico (alla Dc), non ha mica detto “domani comando io”.

Sapevano tutti che quella roba lì – economicamente – non aveva futuro.

Lo sapevano, tutti. Era un business, su cui hanno marciato tutti quanti.

Ci hanno marciato i partiti italiani, perché beccavano il grano per essere “anticomunisti”.

Ci hanno marciato i servizi segreti e i personaggi come Ledeen, perché (sulla minaccia sovietica) hanno costruito fortune e potere.

Tutti, ci hanno marciato. E quando è morta l’Unione Sovietica hanno pianto: hanno versato calde lacrime, perché era finito il bengodi.

Quindi, queste gestioni (dell’intelligence) sono fatte innanzitutto di interessi economici particolari. Non sono fatte di complotti surreali, esoterici: sono fatte di soldi, di interessi, di gente che ci campa.

Davvero pensate che ci sia dietro una gestione “mistica” del male?

Ma il male non è mistico, è pratico.

Il male, che è l’assenza di bene, non ha una dimensione mistica, esoterica, spirituale: ha una dimensione meramente pragmatica.

Non dovete pensare che ci siano dietro delle cose complicate, le cose sono semplici.

Avete degli esempi.

C’è un mio “fratello” massone, a cui voglio bene – e lo dico pubblicamente – che si chiama Francesco Pazienza.

Questo signore è in galera da vent’anni.

E sta là perché vuole campare, perché se esce di galera lo ammazzano.

Pazienza è colui che gestiva, per conto di interessi massonici italiani (cercando di limitare i danni), la moderazione del meccanismo Stay Behind.

Era il signore che avrebbe dovuto evitare che Stay Behind finisse per farci fare, al 100%, i servi degli americani: era il nemico, lo “speculum” di Michael Ledeen.

Nel momento in cui è scoppiato il bubbone, Pazienza venne protetto da Cossiga: e quello è stato uno dei pochi atti della vita di Cossiga per cui posso dire che si sia comportato bene.

Fu Cossiga a pattuire che Pazienza stesse zitto, in carcere, e che gli venisse garantita la sopravvivenza – una sopravvivenza anche dignitosa, senza carcere duro.

Fu stipulato questo accordo, nel quale venno coinvolti i magistrati, per cui Pazienza si prese una pena bestiale, è tuttora in galera e sta zitto.

L’unica dichiarazione che ha fatto, da vero massone, è stata quella che poi ha confermato il quadro per cui esistesse una P1.

Però i giornali l’hanno pubblicata in settantunesima pagina. Fu una dichiarazione che lui rese nell’anniversario dell’uccisione di Olof Palme.

Pazienza è una persona sottile, non fa le cose grossolanamente.

Nell’anniversario dell’uccisione di Palme fece la famosa dichiarazione della cosiddetta “cupola Santovito”.

Cos’era la “cupola Santovito”?

Era la cupola che stava sopra il generale Santovito e Gelli, ed era gestita da Michael Ledeen: cioè la P1, di cui non ha mai parlato nessuno.

Questo per farvi capire come, in realtà, il potere fa un’operazione semplicissima: ci offre soluzioni estremamente complicate per nascondere quelle semplici.

Se cerchiamo la soluzione semplice rischiamo di trovare la verità, ma siccome il potere ci offre sempre delle soluzioni “mistiche”, esoteriche e sataniche complicate (contorte, fantasiose, suggestive, depistanti), noi la verità semplice non l’andiamo a cercare.

Non ci chiediamo mai perché la massoneria fa una loggia che si chiama “Propaganda” e poi decide che sia segreta: se è segreta, dov’è la propaganda?

Avete mai visto una propaganda segreta?

Invece: fanno la loggia “Propaganda”, dove vanno quelli famosi, perché così la massoneria ha una bellissima reputazione, ma la fanno segreta.

E perché? A che serve?

Se uno si fa le domande giuste e va appresso alle cose semplici, si dà delle risposte: nel senso che la “Propaganda”, la P2, era il modo più efficace – una volta scoperta – per coprire la P1.

Ovvero: ti faccio trovare quello che tu puoi trovare, per non farti trovare quello che non si deve trovare.

Così funziona.

(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-radio da Civitanova Marche il 23 luglio 2017, ripresa su YouTube. Già a capo della comunione massonica italiana di Piazza del Gesù, da lui stesso poi disciolta, l’avvocato Carpeoro – al secolo, Gianfranco Pecoraro – è un acuto studioso di simbologia esoterica, ha appena dato alle stampe il prezioso volume “Summa Symbolica” e, nel saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, uscito nel 2016, offre una particolarissima chiave di lettura per inquadrare lo schema di potere denominato “sovragestione” che tiene insieme settori dell’élite, servizi segreti atlantici e manovalanza terroristica, dagli “anni di piombo” alla P2 di Gelli, fino alla segretissima Loggia P1 e all’Isis).
UncleTom
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

2 agosto 1980

L'Associazione delle vittime: «Lo Stato non vuole la verità sulla strage di Bologna»
«Se si sapessero come sono andate veramente le cose si innescherebbe un effetto a catena che a molti farebbe paura» afferma il presidente Paolo Bolognesi. Sulle polemiche dopo l'archiviazione dell'indagine sui mandanti: «Anche noi abbiamo il diritto di critica, non parliamo solo in tribunale»
DI FEDERICO MARCONI
01 agosto 2017


«L’Italia non ha mai fatto i conti con il proprio passato. È una costante: è stato così per il fascismo, lo è oggi per la strategia della tensione. Ci sono ancora dei grumi, delle situazioni e degli apparati che non si possono assolutamente svelare. Se così fosse ci sarebbe un effetto a catena che a molti farebbe paura». Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime della strage di Bologna e deputato Pd, non si nasconde dietro frasi di circostanza quando si parla dell’attentato che il 2 agosto 1980 sconvolse Bologna e l’Italia.

La bomba che scoppiò quel giorno alla stazione fece 85 morti e oltre 200 feriti: la più grande strage che l’Italia abbia conosciuto in tempo di pace. Nonostante lacune nelle indagini e depistaggi di cui furono responsabili dirigenti del Sismi, dopo un tormentato iter giudiziario sono stati individuati i responsabili dell'eccidio: nel 1995 la Cassazione ha condannato in via definitiva all’ergastolo Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, membri del gruppo di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari.

Presidente Bolognesi, dopo 37 anni si continuano ancora a cercare i mandanti della strage.
Ancora non sappiamo tutta la verità e ci impegneremo fino a che non verrà fatta. Abbiamo cercato una sponda negli ultimi governi, e in un primo momento sembrava che l’avessimo trovata: nel 2015 è stato stipulato un accordo per la digitalizzazione degli archivi con il Ministero della Giustizia e quello dei Beni Culturali. Questa è una metodologia di indagine e di analisi che permetterebbe di fare chiarezza sui mandanti della strage. La digitalizzazione viene però osteggiata, boicottata, con tutte le motivazioni più incredibili. Nei tre anni successivi all’accordo non è stata digitalizzata una pagina. Dopo i miei reclami è stato fatto un comunicato congiunto in cui si diceva che gli archivi non possono essere divulgati per ricerche di natura giudiziaria, una cosa totalmente assurda. Ma questi sono messaggi che vogliono rassicurare qualcuno che è un po' preoccupato, sicuramente non i familiari delle vittime. Poi c'è la direttiva Renzi (con cui nel 2014 è stato deciso di declassificare i documenti riguardanti le stragi, ndr), che tante speranze aveva dato alle associazioni: ma gli unici che vogliono che funzioni sono i familiari delle vittime, non certo gli apparati dello Stato.

Quali difficoltà ci sono in questa partita che si gioca negli archivi?
Innanzitutto abbiamo un blocco costante e metodico da parte degli apparati dello Stato. Sembrerà incredibile, ma sia dal Ministero della Difesa che dal vecchio Ministero dei Trasporti sono spariti gli archivi. Incredibile ma vero, il Ministero della Difesa dal 1980 al 1986 non ha nulla che riguardi i voli e le navi che attraversavano l'Italia e il Tirreno. Ma se non si trovano questi archivi fai qualcosa, fai un'inchiesta per capire dove sono andati a finire. Nessuno però fa una piega: questo dei documenti è l’ultimissimo dei loro problemi.
Per quale motivo ci sono ancora tutte queste resistenze da parte dello Stato?
Perché evidentemente ci sono situazioni e apparati che non possono essere svelati. Nell'ambito della direttiva Renzi ultimamente ho chiesto i nomi degli appartenenti ai Nuclei Armati di Difesa dello Stato, la cosiddetta Gladio Nera, che molto probabilmente è implicata in questi attentati e non solo. Mi è stato risposto che non me li potevano dare per ragioni di privacy.

A marzo la Procura di Bologna ha archiviato l’indagine su Licio Gelli come mandante e finanziatore della strage. Non avete risparmiato critiche ai procuratori bolognesi.
La procura deve ricordarsi che anche le vittime hanno il diritto di critica, non parliamo solo in tribunale. L'archiviazione è stata fatta su una serie di “non indagini” che lasciano perplessi. Sul finanziamento di Gelli agli stragisti si sono basati su una relazione del 1984, non su elementi più recenti o sulle acquisizioni che noi abbiamo presentato, che non sono stati neanche guardate. C'è anche una perla nella richiesta di archiviazione: i pm scrivono che Mambro e Fioravanti erano degli “spontaneisti”. Questo vuol dire non tenere nemmeno conto della sentenza del 1995 con cui i due membri dei Nar sono stati condannati. Questa cosa ci lascia molto perplessi. Noi abbiamo presentato un dossier di mille pagine, la procura ha chiesto l'archiviazione a cui ci siamo opposti e a ottobre vedremo cosa deciderà il Gip. Poi se il fascicolo verrà archiviato vedremo quali parti si potranno sviluppare per far riaprire il processo.
Dopo tutte questi attacchi a governo e procura, in che clima si svolgeranno le manifestazioni per l’anniversario della strage?
Bologna è una città estremamente democratica, i cittadini hanno avuto sempre un comportamento esemplare nei confronti di chiunque abbia partecipato alla commemorazione. Non c'è stato nessun ministro, neanche nei momenti più delicati, che sia stato contestato durante il corteo o le manifestazioni. Può darsi che qualche volta, mentre parlavano dal palco, siano stati fischiati. Ma questo per altre ragioni, come per le promesse non mantenute.


Nonostante si siano individuati i responsabili della strage, periodicamente si torna a parlare della “pista palestinese” (secondo cui la bomba è stata una ritorsione dell’Olp per la rottura del Lodo Moro, ndr). Per quale motivo?
La “pista palestinese” non porta da nessuna parte. Riportarla agli onore della cronaca fa parte di operazioni per confondere le idee alla gente, per fargli uscire dalla testa personaggi come Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. I due responsabili della strage, condannati a 8 ergastoli per i loro 98 omicidi, hanno già finito di scontare la pena. Sembra una grande barzelletta, ma è quello che ha fatto lo Stato italiano. È una sorta di do ut des.

Può spiegarsi meglio?
C’è un silenzio eccezionale da parte dello Stato nei confronti di questi personaggi. Non dico che dovrebbero essere in galera, ma almeno non dovrebbero aver finito di scontare la pena dopo tutto il sangue che hanno versato. Inoltre è appurato come abbiano continuato ad avere frequentazioni poco limpide. Mambro e Fioravanti, durante il periodo di liberà condizionale, avevano contatti con Gennaro Mokbel, uomo della Banda della Magliana e grande riciclatore di soldi sporchi. Addirittura c'è un’intercettazione telefonica di Mokbel in cui dice che “liberare quei due dalla galera” gli è costato un milione e duecentomila euro. È incredibile che nessuno abbia indagato su queste situazioni. Mambro e Fioravanti erano in libertà condizionale e doveva essere sospesa immediatamente: per evitare, come poi è successo, che avessero contatti con malavitosi. Per Mambro e Fioravanti si è mosso il mondo della Banda della Magliana, non so che si vuole di più: probabilmente avrebbero dovuto fare un’altra strage affinché lo Stato li rispedisse in galera.

L'ESPRESSO del 17 agosto 1980 sulla strage di Bologna
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Re: Diario della caduta di un regime.

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Strage di Bologna, parla il ministro Galletti: i parenti delle vittime escono dall’aula. “Il governo ci ha tradito”

Politica


Il presidente dell'associazione Bolognesi: "Governo scorretto, non mantiene le promesse su risarcimenti e desecretazione degli atti". Il rappresentante dell'esecutivo: "Capisco l'insoddisfazione, ma il processo è lungo e in corso"



di F. Q. | 2 agosto 2017

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Più informazioni su: Strage di Bologna


L’associazione dei familiari delle vittime della strage della stazione di Bologna, di cui oggi ricorre il 37esimo, ha lasciato l’aula del consiglio comunale di Bologna prima che il ministro Gian Luca Galletti, in rappresentanza del Governo, prendesse la parola. “Non abbiamo niente contro Galletti – ha detto il presidente Paolo Bolognesi – ma rappresenta un governo scorretto”. Bolognesi è anche deputato del Partito democratico. Secondo l’associazione dei familiari il governo non ha mantenuto alcune promesse: “Siamo stati traditi da chi doveva stare al nostro fianco. Gli impegni presi non sono stati mantenuti. Coloro che ricoprono incarichi di Governo non sono stati all’altezza del loro ruolo” ha detto Bolognesi. “Oggi – ha detto Merola – c’è contrarietà tra noi e tocca al ministro Galletti per dovere istituzionale prendersi le critiche che inevitabilmente ci saranno. Facciamo queste critiche, consapevoli che vogliamo rafforzare le istituzioni del nostro Paese”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08 ... e/3770611/
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Re: Diario della caduta di un regime.

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3 agosto 2017



Se il centosinistra è alla frutta, il centrodestra non è da meno.

Da fonte STRUMPTRUPPEN




3 minuti fa
4
Duello sulla leadership
tra Berlusconi e Salvini

Francesco Cramer

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Berlusconi e Salvini, duello sulla leadership. E con Alfano è stallo
Il Cav: "Solo io posso riunire il centrodestra". E un sondaggio premia il listone con la Lega
Francesco Cramer - Gio, 03/08/2017 - 08:27
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Silvio Berlusconi scalpita, vorrebbe uscire, fare passeggiate in montagna, magari un salto in città per sentire il calore della gente.
Niente da fare: sconsigliato. Così rimane nel suo buen retiro del Palace Espace Henry Chenot di Merano, tallonato da Licia Ronzulli che fa da schermo a chiunque voglia incontrarlo e persino parlargli. Ma le notizie filtrano anche nel resort e al Cavaliere non hanno fatto per nulla piacere le ultime uscite di Salvini che, dalla Versiliana l'ha liquidato così: «Un grandissimo ma del passato». Berlusconi invece si sente «del presente» e soprattutto in forma. Anche nelle ultime ore ha ripetuto: «Solo io sono in grado di riunire il centrodestra e alla maggioranza degli italiani, che resta moderata, non piacciono i toni estremistici della Lega».
Tanti, troppi, elementi lo spingono però a non rompere definitivamente con lo storico ma ambizioso alleato. L'ultimo è un sondaggio di Euromedia Research, della fidata Alessandra Ghisleri, secondo cui l'ipotesi «listone» del centrodestra sarebbe vincente. Non solo: un'alleanza larga tra Forza Italia, Lega, Fratelli d'Italia, Udc e Scelta civica trionferebbe anche sui 5 Stelle e sfiorerebbe il 35,5%. Una percentuale più alta, inoltre, della somma algebrica dei rispettivi partiti. Meglio, quindi, mandar giù ancora qualche rospo dello scalpitante Salvini che ancora ieri lo sfidava a duello: «Io sono pronto: tra me e Berlusconi il leader lo farà chi otterrà un voto in più da parte degli italiani. Decideranno gli italiani».
Vero è che, comunque, che il leader di Forza Italia è convinto di avere, a livello nazionale, più consensi del Carroccio. E poi, da qui al voto c'è tempo e, a settembre, Berlusconi ha intenzione di tornare sotto i riflettori sia andando più spesso in televisione, sia facendo campagna elettorale in vista delle elezioni in Sicilia. Già, la Sicilia: altro cantiere aperto e complicatissimo. È noto come la pensi il leader di Forza Italia che ha più volte ammesso: «Io la politica la capisco al massimo fino a Reggio Calabria, in Sicilia proprio no». E infatti sull'isola ha carta bianca il commissario azzurro Gianfranco Miccichè che sta sudando sette camicie per perfezionare l'accordo con i centristi (sull'isola ci sono ben 7 liste che si collocano al centro ndr.) e soprattutto con Alfano. Molti sondaggi concordano: Angelino in Sicilia vale almeno il 7% e se si perfezionasse l'intesa il centrodestra potrebbe battere i favoriti pentastellati.
Alfano tratta sia con Forza Italia sia con il Pd e alza la posta; ma sa che qualche chances di vittoria l'avrebbe soltanto alleandosi con il centrodestra. Facile a dirsi, molto più difficile a farsi anche perché Alfano vorrebbe cambiare candidato che per ora rimane Nello Musumeci, ex presidente della Provincia di Catania che ha già l'appoggio degli azzurri ma soprattutto di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Stefano Parisi. «Scegliamone un altro», aveva buttato là Alfano in fase di trattative, complicando ulteriormente il quadro e provocando le ire della Meloni. La quale torna a chiudere la porta in faccia ad Angelino: «L'ho già detto: chi ha governato con Renzi non può essere nostro alleato. E penso che per noi sarebbe molto imbarazzante avere Alfano come alleato, anche a livello regionale». Così la trattativa con i centristi torna in una fase di pieno stallo.
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Re: Diario della caduta di un regime.

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REPUBBLICA ITALIANA: ULTIMO ATTO



In questa fase dell'estate bollente, per le temperature, ci mancavano solo le scemenze doc del quarto cavaliere dell'Apocalisse, Matteo Salvini, a rendere l'aria del mondo della politica, irrespirabile.
Oggi, giovedì 3 agosto dell'anno domini 2017, l'anno della sfiga; il capo delle camice "double face", verdi di fuori e nere di dentro, pronte per la bisogna quando sarà il momento, ha pensato di doversi mettere in mostra in questo modo:




"Napolitano sia processato"
E scoppia la bufera su Salvini

Salvini contro Napolitano per l'intervista sulla guerra in Libia. Boldrini: "È spregevole". Re Giorgio "Falsità spudorate"
di Sergio Rame
2 ore fa
1455

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"Napolitano sia processato". E scoppia la bufera su Salvini
Salvini attacca Napolitano per l'intervista sulla guerra in Libia: "Non va intervistato, va processato". E scoppia il caso politico. La Boldrini: "Metodo spregevole". Il Pd: "Sabotatore d'Italia". E Re Giorgio contrattacca: "Falsità spudorate"
Sergio Rame - Gio, 03/08/2017 - 17:17
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"Napolitano non dovrebbe essere intervistato, pagato e scortato, dovrebbe essere processato". Matteo Salvini è lapidario, ma durissimo.

Si scaglia contro Giorgio Napolitano dopo aver letto l'intervista a Repubblica sull'intervento italiano in Libia contro il rais Muhammar Gheddafi. Nella revisionismo storico dell'ex capo dello Stato le colpe ricadrebbero sull'allora premier Silvio Berlusconi. Una ricostruzione che cela completamente le colpe dell'ex inquilino del Quirinale. Le parole del leader leghista, però, hanno sollevato un vero e proprio vespaio.
Pur ammettendo la riluttanza di Berlusconi a entrare in guerra con la Libia, Napolitano getta la colpa di quell'attacco addosso al Cavaliere. "Io ho un ricordo che altri forse hanno cancellato - attacca - che (Berlusconi, ndr) abbia evitato quel gesto per non innescare una crisi istituzionale al vertice del nostro Paese, fu certamente un atto di responsabilità da riconoscergli ancora oggi. Però - conclude - non poteva che decidere il governo in armonia con il Parlamento, che approvò con schiacciante maggioranza due risoluzioni gemelle alla Camera e al Senato, con l'adesione anche dell'allora opposizione di centrosinistra". Una ricostruzione che ha creato parecchio malumore nel centrodestra. Il primo a condannarla è stato, appunto, Salvini. Su Twitter ha detto chiaramente l'ex presidente della Repubblica "non dovrebbe essere intervistato" ma "processato" immediatamente. Una posizione netta che ha scatenato, a sua volta, un scontro durissimo.
Il Pd urla in coro "Vergogna!". "Non è possibile restare indifferenti di fronte al dilagare di questa barbarie", tuona il vicesegretario Maurizio Martina. Il presidente dei senatori dem, Luigi Zanda, parla di Salvini come "sabotatore d'Italia", Walter Verini lo bolla come un "arruffapopolo". A sinistra, poi, c'à chi, come Gianni Cuperlo, che parla di "attentato alla democrazia". Anche le più alte cariche dello Stato difendono l'ex capo dello Stato. In primi il presidente della Camera Laura Boldrini: "Da Salvini offese a ruota libera solo per far parlare di sè. Metodo insopportabile e spregevole". Il presidente del Senato, Pietro Grasso, dice invece di non voler commentare poi però lo fa dicendo di non le ritenerle "degne di alcuna considerazione".
Giorgia Meloni, invece, attacca frontalmente Napolitano parlando di "vergognosa mistificazione della realtà" sul "folle attacco alla Libia di Gheddafi nel 2011". "La storia saprà fare luce sugli eventi del 2011, sulla caduta del governo di centrodestra, sulla guerra in Libia e sul perché una parte importante delle istituzioni italiane si schierò contro gli interessi della Nazione - accusa il presidente di Fratelli d'Italia - se Napolitano sperava di cavarsela con una carnevalesca intervista su Repubblica ha sbagliato di grosso". Commentando le parole di Salvini, il vice presidente del Senato Maurizio Gasparri spiega che le "minacce" sono "sbagliate", ma ricorda che è stato l'ex capo dello Stato a imporre una "guerra sbagliata alla Libia".
E alla fine è arrivato anche il contrattacco di Re Giorgio, che ha ringraziato "tutte le personalità istituzionali e politiche che hanno voluto indirizzargli messaggi di solidarietà" e accusa Salvini di rivolgergli "grossolani e inauditi attacchi", "fondati su spudorate falsificazioni dei fatti relativi all'intervento Onu in Libia del 2011".
lilly
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Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da lilly »

La caduta di Miammar Gheddafi è una caduta che si è originata all'interno della libia perche il leader libico non riusciva più a gestire la libia,non dava più libertà ai libici e i libici semplicemente si sono ribellati.I paesi europei hanno semplicemente accettato l'inevitabile declino e caduta del leader libico e naturalmente sono intervenuti con una forza multilaterale di pace per stabilizzare la libia.Tutto il resto è fantasia popolare
lilly
Messaggi: 317
Iscritto il: 02/03/2015, 18:13

Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da lilly »

la vicenda si tinge di giallo il mistero incombe su Mike
UncleTom
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Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Diario della caduta di un regime.

Messaggio da UncleTom »

REPUBBLICA ITALIANA : ULTIMO ATTO

DALLA GUERRA DI LIBERAZIONE ALLA GUERRA DI DISINTEGRAZIONE







Italiani, brava gente…..





Prima del 25 aprile 1945, una buona parte di italiani salutava con il braccio destro alzato e teso.

Da quella data in poi, una parte , non tutti, salutava con il braccio sinistro e il pugno chiuso.

Nei talk show politici degli anni ottanta, vigeva l’abitudine di presentare gli schieramenti e gli schierati, tutti dalla stessa parte dello studio televisivo.

Gli avversari, di fronte, dalla parte opposta.

Paolo Guzzanti, compariva sempre con gli schieramenti di sinistra.

Allora, lavorava per La Repubblica, schierato nominalmente a sinistra.

Da tempo lavora per Il Giornale ed è schierato decisamente a destra.

Guzzanti è nato a Roma, 1º agosto 1940.


Forse, prima del 25 aprile 1945, potrà aver fatto in tempo a fare il balillino con orgoglio, ma non poteva essere tra quelli che salutavano con il braccio teso, corredato della frase di turno: “A NOI!!!!”

Però ha fatto tempo a fare il classico italiano voltagabbana.

Oggi da buon camerata in attesa di eventi, si schiera contro Napolitano.


5 ore fa
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Giorgio Napolitano, comunista
che prima spara e poi fugge via

Paolo Guzzanti


Poi non ditemi che non aveva ragione Primo Levi:

“Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.”

Qua si sono dimenticati tutti i “fazzoletti” degli anni ’20, ’30 e ’40.

Ps. 60 anni fa, a Milano, per addolcire il termine dopo 20 anni di dittatura fascista, chiamavano così i fascisti
.
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