La crisi dell'Europa

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cielo 70
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da cielo 70 »

lilly ha scritto:Quello che fanno i mercati non deve interessare.La Gran Bretagna non deve uscire dall'Europa perche ci sarebbe un'effetto deflagrante.Superato il referendum in cui la Gran Bretagna rimane in europa bisogna pensare a costruire un'altra Europa cioè l'Europa Federale che non è ne il superstato ne la separazione fra i vari paesi europei.Per fare questo bisogna trasferire i poteri al parlamento europeo dove si esercità la sovranità popolare.L'Europa Federale comporta una difesa un'esteri un'interno e una finanza comuni una capitale che è BRUXELLES in cui ha sede il parlamento una lingua comune che è l'inglese per la sua universalità una TV pubblica europea.Per quel che riguarda il ministro delle finanze le sue decisioni dal momento che non è stata ancora raggiunta l'armonizzazione fiscale fra i paesi membri,questi possono derogare cioè le decisioni del ministro delle finanze non sono vincolanti.In merito alle migrazioni il Migrant Compat è di fondamentale importanza e i rifugiati siriani dovrebbero trovare riugio in paesi che garantiscono quel minimo di diritti civili e umani per ex la Russia e non la Turchia in cambio di bond project e programmi di assistenza.In ambito europeo per garantire la libertà di circolazione è necessario creare meritocrazia lavoro e occasioni di lavoro nei paesi mediterranei al pari di quello che aviene in Gran Bretagna per evitare leggi impeditive in ambito europeo.Nell'Europa Federale esiste solo una cornice comune per il resto i paesi membri possono legiferare.L'Europa è necessaria per affrontare le sfide internazionli e essa ha un cuore pulsante che sfugge all'apatia e all'insensibilità degli euroscettici.Il cuore dell'Europa lo troviamo a Trieste nei paesini friulani a ridosso degli appennini dove c'è sta la resistenza dove ci sono stati dei grandi sconvolgimenti.L'Europa è un progetto di pace e di progresso
La Gran Bretagna, che ritengo abbia beneficiato estremamente nello stare un po' dentro e un po' fuori, deve decidersi. Non s'è visto mai uno stato (questo doveva diventare in prospettiva l'Europa) dove alcuni componenti hanno una moneta diversa; invece di pensare alla lingua comune, visto che molti stati multietnici hanno diverse lingue, e non ci sto a che propriamente l'inglese (a maggior ragione visto non si sentono integrati, poi) diventi una lingua ufficiale, che sta annullando le altre identità linguistiche (nessuno ha più parlato in caso dell'esperanto). Mi ricordo che si sono sempre opposti ad armonizzare il fisco e a fare delle regole economiche comuni, poi vogliono restare nella Nato.
In conclusione se l'alternativa è continuare a stare in questa posizione opportunistica, sono per l'uscita della Gran Bretagna.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

LIBRE news

Dalla Francia, campane a morto per la dittatura dell’Ue
Scritto il 22/6/16 • nella Categoria: idee Condividi


Sono settimane che in un crescendo straordinario di mobilitazione, lavoratori, studenti, sindacati e nuovi movimenti tengono in scacco il governo francese. Pierre Moscovici, commissario Ue e compagno di partito di Hollande, ha speso la sua autorità europea per sostenere, contro la rivolta di popolo, la “Loi Travail”, la legge che copia il Jobs Act di Renzi e la precedente legge Fornero, liberalizzando i licenziamenti economici. E che soprattutto cancella il contratto nazionale rendendo più forti i contratti aziendali, cosa già possibile da noi con l’articolo 8 della legge Sacconi, fatto proprio da diversi accordi sottoscritti da Cgil, Cisl, Uil, che rende valide le “deroghe”, cioè il peggioramento, delle regole dei contratti nazionali in sede aziendale. Tutto il lavoro che ha fatto funzionare Expo a Milano è stato regolato secondo queste deroghe. Queste due misure, libertà di licenziamento e superamento dei contratti nazionali, erano già tra i punti programmatici fondamentali indicati al governo italiano il 5 agosto del 2011 dalla lettera di Draghi e Trichet, a nome della Banca Centrale Europea.Sono oggi nelle raccomandazioni e nei diktat che la Ue e la Troika rivolgono verso i paesi che devono aggiustare i conti. Quando Moscovici sostiene che la regolazione liberista del lavoro che Hollande vuole imporre in Francia è quella che esige l’Unione Europea, dice la verità. In Italia la passività e la complicità dei gruppi dirigenti di Cgil, Cisl, Uil, unite al logoramento dei movimenti di massa, alla autodistruzione della sinistra radicale e a un più generale clima di dissolvimento dello spirito democratico, di cui il “renzismo” è solo l’ultimo prodotto, hanno permesso che simili misure passassero sostanzialmente senza ostacoli. In Francia, invece, per la seconda volta dopo la Grecia, assistiamo a una ribellione generalizzata contro le regole economiche e sociali che governano l’Europa. Dopo il No popolare per ora sconfitto in Grecia dopo la resa di Tsipras, la rivolta francese parla di nuovo a tutta l’Europa. E lo fa con la voce di un popolo che nella storia del nostro continente ha spesso suonato quella campana che poi hanno sentito tutti.Il maggio 2016 in Francia ricorda come progressione della mobilitazione quello del 1968 ed è un segnale di sovvertimento generale degli equilibri di potere del continente. Segnale tanto più significativo in quanto la rivolta è contro un governo socialista. Socialisti, democristiani, conservatori, sono oggi le forze politiche che, spesso assieme e sempre con le stesse politiche liberiste, gestiscono il potere della Unione Europea. Merkel, Hollande, Cameron, Renzi sono oramai parte dello sistema di potere, per questo la rivolta francese, quale che sia il suo risultato finale, segna un punto di svolta e rottura. Rottura che si è realizzata nella piccola Austria, dove da destra e da sinistra gli elettori hanno mandato a picco democristiani e socialisti al governo da sempre. La stessa rottura, e anche qui il risultato non sarà la sola cosa a contare, ci sarà a giugno con il referendum sulla Brexit e, seppure in un contesto diverso, da noi in ottobre con quello sulla controriforma costituzionale. È tutto il sistema europeo che scricchiola e lo fa sotto l’estendersi del rifiuto e della contestazione popolare. È una crisi da accogliere con gioia.Sono convinto che, in un futuro speriamo più vicino possibile, ci si chiederà con compassione e incredulità come sia stato possibile che le decisioni fondamentali di paesi formalmente democratici siano state sottoposte al vaglio e al giudizio meticoloso di controllori esterni. Come sia stato possibile che i parlamenti abbiano accettato di rinunciare alla propria sovranità per delegarla ad autorità esterne non elette da nessuno. E soprattutto ci si chiederà come sia stato possibile che le decisioni sul lavoro, sulle pensioni, sulla sanità, sulla scuola, sul sistema produttivo, sulle stesse regole democratiche, siano state prese in funzione del giudizio su di esse da parte di sconosciuti burocrati installati a Bruxelles dai partiti in condivisione con le banche e il potere economico multinazionale. Ci si chiederà come sia stato possibile rinunciare a decidere sugli aspetti fondamentali della propria vita sociale, economica e politica, accettando il potere quasi assoluto di una entità astratta chiamata Europa. Entità astratta dietro la quale si sono nascosti gli interessi concreti delle élite economiche, delle classi più ricche e delle caste politiche e burocratiche di tutti paesi del continente.Tutte queste élite non avrebbero mai avuto la forza di imporre paese per paese, ognuna direttamente contro il proprio popolo, quella drammatica distruzione delle conquiste sociali e democratiche che oggi stiamo vivendo. Da sole non ce l’avrebbero fatta a smantellare la più importante conquista dei popoli del continente, il patrimonio storico politico che l’Europa avrebbe dovuto accrescere e contribuire a estendere in tutto il mondo: lo Stato sociale. Lo Stato sociale era stato sancito dalle costituzioni antifasciste del dopoguerra. Quelle costituzioni che, come la nostra, si erano date l’obiettivo non della semplice eguaglianza giuridica contenuto nei vecchi statuti liberali, ma quello della eguaglianza sociale. Questo sistema costituzionale non poteva piacere alla finanza internazionale. Nel 2013 la Banca Morgan aveva affermato in un suo documento ufficiale che le costituzioni antifasciste, con la loro marcata impronta sociale, erano un ostacolo verso il pieno dispiegarsi della controriforma liberista. Bisognava abbatterle e a questo è servito il nuovo mantra della politica senza alternative: lo vuole l’Europa!Non c’è sciocchezza ideologica più fuorviante dell’affermazione secondo la quale il limite del progetto europeo è che esso sia solo economico e non politico. È vero sostanzialmente il contrario. Il sistema europeo è un sistema politico, costruito per agevolare il dominio dei mercati sulle nostre vite e per affermare il liberismo estremo nelle relazioni economiche e sociali. La costituzione della Unione Europea, i trattati e i patti che la istituiscono e governano, da quello di Maastricht al Fiscal Compact, disegnano l’architettura rigorosa di un sistema di potere con scopi chiarissimi. L’articolo uno reale della costituzione della Unione Europea, se paragonato a quello equivalente di quella italiana, suona così: “L’Unione Europea è una oligarchia fondata sul mercato, la sovranità appartiene al potere economico e finanziario che la esercita secondo le regole della competitività e del massimo profitto”.La rivolta dei lavoratori e dei giovani francesi sconvolge la costituzione reale dell’Europa e segna l’avvio della sua crisi. I popoli hanno cominciato a capire la verità di fondo di questo sistema europeo e cioè che esso non è riformabile, può solo essere rovesciato. La Ue può solo produrre Jobs act in Italia, Loi Travail in Francia ,Memorandum in Grecia. Altro non sa e non può fare. La campana francese suona a morto per l’Unione Europea delle banche e dell’austerità e tutti popoli europei non possono che festeggiare. E prepararsi a seguire l’esempio degli scioperanti francesi.

(Giorgio Cremaschi, “La campana della Francia suona per tutti i popoli europei”, dal blog di Cremaschi sull’“Huffington Post” del 28 maggio 2016).
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

"Con la Brexit risparmiamo miliardi e finalmente torniamo a governarci da soli"
Alan Sked, fondatore del partito anti europeista Ukip oggi guidato da Nigel Farage, spiega le ragioni a favore dell'uscita di Londra dall'Unione. "E' l'occasione di una vita"
DI DAVIDE LERNER
21 giugno 2016


Entrando al Parlamento Europeo si incrocia lo sguardo torvo e arrabbiato di Wiston Churchill. Il suo cartonato fissa gli occhi sull’ascensore che sale verso l’emiciclo di Strasburgo, la scritta "Stati Uniti d’Europa" si staglia sulla parte posteriore dell’imponente omaggio allo statista inglese. Li aveva preconizzati nel discorso di Zurigo del 1946, e prima ancora in un articolo del 1930, ma li stiamo ancora aspettando. Forse aveva ragione Spinelli, il federalista del "tutto subito". Perché adesso l’architettura europea rischia di sgretolarsi, dopo decenni di progresso prudente nel nome del funzionalismo di Jean Monnet. Alan Sked, fondatore dell’anti-europeista "Uk Indipendence Party" (Ukip), non se ne rammarica. Gli anni consacrati alla causa dell’euroscetticismo, anche dopo il litigio con Nigel Farage, giungono ora ad una resa dei conti definitiva.

Alan Sked, il 23 giugno si consumerà l’atto a cui ha dedicato le battaglie di una vita. E’ emozionato?
«In effetti sì, e le confesso che sto cercando disperatamente di tenere a bada l’ottimismo. Questa volta è tutta un’altra storia rispetto al referendum sull’uscita dall’UE del 1975, soltanto due anni dopo l’ingresso nella Comunità Economica Europea (CEE). Allora l’establishment era tutto dalla parte di Wilson, che aveva rinegoziato aspetti minuscoli dei nostri rapporti con la Cee per poi mettersi a fare campagna per restare. Stavolta abbiamo un’importante sezione dei media che ci sostiene, partiti importanti che sono divisi e casomai propendono per la Brexit, un Primo Ministro che si inventa ridicoli scenari da armageddon sull’uscita perché i sondaggi lo mandano nel panico. E poi c’è l’affluenza: sicuramente non saranno i pro-Brexit ad impigrirsi e non andare a votare. L’Ukip fu primo partito alle elezioni europee nel maggio 2014 proprio per questo motivo – alle politiche un anno più tardi non prese nemmeno un seggio. Per noi euro-scettici il referendum è l’occasione di una vita, mentre i "pro-remain" sono poco convinti, perfino svogliati. Primo fra tutti Corbyn, che nel 1975 votò per uscire».

Mi convinca che vi conviene uscire dall’Unione
«Parto dalla questione più importante, quella democratica. Uscendo torneremo ad essere un paese normale, una nazione in grado di auto-governarsi, in cui le leggi possono essere cambiate soltanto dal Parlamento inglese. Risparmieremmo poi circa 10 miliardi l’anno di contributi europei – di questi tempi non è poca cosa. Margaret Thatcher riuscì a farseli diminuire di un terzo, con il suo celebre discorso "I want my money back" (restituitemi i miei soldi!) a Fontainbleau nel 1984. Ma rimangono troppo alti, ed alimentano troppi sprechi. Ma lei lo sa che al Parlamento europeo ogni deputato ha diritto a 22.000 euro al mese per pagare i propri assistenti, che spesso e volentieri si girano i pollici? E vogliamo parlare della doppia sede? In terzo luogo c’è la questione dell’immigrazione. Ogni anno arrivano nel Regno Unito 200.000 persone, di cui la metà dall’interno dell’Unione. Servizi e infrastrutture non ce la fanno, il problema del sovraffollamento è reale. Prenda Londra: non ci sono abbastanza case e i trasporti pubblici sono sovraccarichi, prendere la metro nelle ore di punta è diventato impensabile».

L’ex sindaco di Londra Boris Johnson è uomo simbolo della campagna per l’uscita. Di lui si dice che sposi la causa in maniera strumentale, per prendere il posto di Cameron a Downing Street.
«Con la Brexit Boris Johnson diventerebbe quasi certamente Primo Ministro, è vero, ma questo non vuol dire che non sia intellettualmente onesto. Lo conosco bene, Boris, ed è sempre stato molto critico dell’Unione europea. Quando Cameron è tornato da Bruxelles con concessioni risibili – il "freno d’emergenza" per i migranti in caso di sofferenza del sistema di welfare può essere attivato solo con l’ok del Consiglio europeo, giusto per dirne una – ha stabilito che non fosse abbastanza. Come Churchill, anche lui crede in un’Inghilterra "intimamente associata" all’Unione, ma che non ne faccia parte. E come avvenne con Churchill nel 1940, quando da popolarissimo outsider politico scalzò Chamberlain per poi salvare l’Europa, lo stesso avverrà con Johnson. Grazie a lui tutta l’Europa si libererà dal giogo dell’UE, sfruttando l’effetto domino del referendum».
paolo11
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Iscritto il: 22/02/2012, 14:30

Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da paolo11 »

Se L'inghilterra esce completamente area euro.Poi se le cose vanno bene altri la seguiranno.
Paolo11
soloo42001
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Iscritto il: 09/01/2015, 10:40

Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da soloo42001 »

Massi dai.
Passiamo i prossimi 10 anni a rinegoziare circolazione, lavoro, tasse, sicurezza, commercio.
Ogni Paese contro ogni altro.
Bellissimo.

Poi a un certo punto arrivano gli alieni e ci invadono.
E Grillo va in televisione a dire che è un'illusione, un complotto della CIA di Hooover imbeccata da Bilderberg.

Nel mentre gli alieni lanciano un asteroide contro Londra.
Così' Salvini va da Farage e insieme sulle macerie del BigBen dichiarano guerra alla Merkel.

Come direbbero a Bolzano: "stamo a ggiocà".

...


soloo42001
Maucat
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Iscritto il: 19/04/2012, 12:04

Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da Maucat »

L'attuale UE non è il miglior risultato a cui si aspirava 20/30 anni fa per il futuro dell'Europa ma non si può buttare via il bambino con l'acqua sporca. L'UE va mantenuta e migliorata dando sempre più poteri al Parlamento Europeo e unificando dopo la moneta anche l'emissione dei Titoli di Stato e istituendo un bilancio europeo con trasferimenti di fondi se necessario a zone più arretrate e povere da quelle più ricche stile quello in vigore negli USA.
Parallelamente iniziare a formare una partnership seria con la Russia e non con gli USA.
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

Leggendo i commenti dei post precedenti, mi viene da chiedere:

MA NOI CHE EUROPA VOGLIAMO????
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

Brexit. Che Londra lasci l’Unione o meno ora si rischia l’effetto domino: “Il primo pilastro dell’Ue in discussione sarà l’Euro”

Mondo
L’uccisione della deputata labourista Jo Cox potrebbe aver inferto il colpo fatale alla Brexit.

Ma l’effetto domino scatenato dal referendum britannico potrebbe essere già iniziato.

“Che il Regno Unito esca o meno dall’Ue – sostiene Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) della Cattolica di Milano – gli altri Paesi hanno capito che una contrattazione con l’Europa è possibile"
di Gianni Rosini | 22 giugno 2016
COMMENTI (375)


Francia, Austria, Grecia, ma anche Italia e Germania.

L’uccisione della deputata labourista britannica Jo Cox potrebbe aver inferto il colpo fatale alla Brexit.

Ma l’effetto domino scatenato dal referendum britannico sull’uscita dall’Unione Europea potrebbe essere già iniziato e pronto a coinvolgere anche altri stati membri.

“Che il Regno Unito esca o meno dall’Ue – sostiene Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri) dell’Università Cattolica di Milano – gli altri Paesi hanno capito che una contrattazione con l’Europa è possibile.

Quindi faranno di tutto per ottenere più vantaggi possibili da questa situazione”.

E il primo pilastro dell’unione a essere messo in discussione “sarà l’Euro”.

L’omicidio di Cox ha spostato i sondaggi fino a oggi equilibrati, con leggero vantaggio per il fronte della Brexit, verso la permanenza del Regno Unito nell’Unione.

“Ѐ un risultato tutt’altro che scontato – continua Parsi – la Gran Bretagna è un Paese diverso dagli altri, con un popolo fiero e geloso della propria sovranità e dallo spiccato patriottismo.

D’altra parte, storicamente sono la monarchia mai sconfitta dell’Europa.

Se questo omicidio influirà, lo farà sugli indecisi”.

Che sia Brexit o meno, sostiene l’analista, un
effetto domino potrebbe innescarsi ugualmente.

“Se il Regno Unito uscisse dall’Unione e le conseguenze apocalittiche preannunciate da molti esperti non dovessero realizzarsi, in molti proverebbero a imitare la scelta di Londra.

Ma questo processo potrebbe innescarsi indipendentemente dal risultato del voto”.

E tra i primi Paesi che potrebbero guardare concretamente a un’uscita dall’Unione ci sono, per motivi diversi, la Francia e l’Austria, dove partiti e movimenti euroscettici stanno continuando a crescere, come testimoniato dalle ultime elezioni presidenziali austriache e l’ascesa continua del Front National di Marine Le Pen; la Grecia, dove lo spauracchio Grexit è stato un tema centrale dell’ultimo anno di governo, e, dice Parsi, anche l’Italia, dove Movimento 5 Stelle e Lega Nord cavalcano il sentimento euroscettico di una bella fetta della popolazione.

“Non sono né la questione migranti né quella monetaria i principali temi che stimolano l’euroscetticismo – spiega Parsi – bensì il crescente sentimento anti-establishment nella classe media. L’Europa unita è il battistrada della globalizzazione che, fino ad oggi, ha creato una spaccatura tra le classi più alte, sempre più ricche, e quelle più basse, sempre più povere, con una graduale cancellazione della classe media che però rappresenta la base della democrazia politica”.

L’ondata di sfiducia nei confronti dell’Unione Europea è testimoniata dalle elezioni politiche, amministrative e presidenziali degli ultimi anni che hanno registrato una tendenziale crescita dei partiti euroscettici.

Come in Spagna, dove Podemos ha ottenuto il 21% dei voti alle ultime politiche, conquistando 69 seggi in Parlamento e diventando il terzo partito a livello nazionale.

Un 21% che potrebbe essere attratto da un’eventuale vittoria della Brexit.

In Polonia, nonostante il Paese sia tra quelli che maggiormente beneficiano dei fondi europei (77,5 miliardi dal 2014 al 2020), l’euroscetticismo ha trionfato alle ultime elezioni con il partito Diritto e Giustizia del Primo Ministro, Beata Szydło.

Un euroscetticismo che però, probabilmente a causa proprio dei fondi europei, può essere definito moderato rispetto a quello dei Democratici Svedesi, partito nazionalista di destra.

Il suo leader,Jimmie Åkesson, che dopo le elezioni del 2014 può contare su 49 seggi al Riksdag, ha dichiarato di auspicare un referendum simile a quello britannico in Svezia, nella speranza di un’uscita del Paese dall’Unione.

Una situazione, quella svedese, simile a quella della vicina Finlandia.

Dopo le elezioni del 2015, il partito nazionalista ed euroscettico dei Veri Finlandesi si è imposto come seconda forza politica del Paese, con oltre il 17% delle preferenze e 38 seggi in Parlamento.

Rilevanza che ha portato il Partito di Centro Finlandese, guidato dal Primo Ministro Juha Sipilä, a coinvolgere il leader Timo Soini nella coalizione di governo.

A sostenere la causa antieuropeista in Danimarca è invece il piccolo partito di destra Movimento Popolare contro l’Ue.

La sua influenza sulla vita politica del Paese è quasi nulla, visto che occupano un solo seggio in Parlamento.

Certo è che la causa euroscettica in Danimarca supera i limiti del consenso politico del Movimento: come spiega l’Express, i sondaggi parlano di un 33% della popolazione danese che vorrebbe uscire dall’Unione, contro il25% del 2013, con solo il 56% che ancora crede di dover rimanere in Ue.

Tendenza che ha convinto il Movimento Popolare contro l’Ue a lanciare una petizione per convincere il governo a indire un referendum per l’uscita del Paese dall’Eurozona.

Secondo Parsi, però, un’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea potrebbe coinvolgere anche un altro insospettabile Paese membro: la Germania.

“Berlino ha sempre dimostrato scarsa attitudine alla leadership in ambito europeo, più interessata a perseguire interessi nazionali che comunitari – dice il direttore dell’Aseri – l’uscita di un membro così importante come la Gran Bretagna costringerebbe l’Ue a chiedere al governo di Angela Merkel maggiore impegno in questo senso e non so se la Germania abbia intenzione di farlo.

In questo caso, l’euroscetticismo potrebbe gradualmente crescere all’interno delle forze politiche del Paese”.

E a chi dice che l’uscita della Gran Bretagna non influirebbe sulla questione monetaria, Parsi ribatte: “Con un Paese come il Regno Unito fuori dall’Ue, gli altri membri vorranno ricontrattare lo stato dell’Unione.

Come ho detto, gli Stati sanno di poter contrattare e in questo caso lo farebbero.

E qual è il primo aspetto, quello su cui è più facile intavolare una discussione e, eventualmente, trovare un accordo? L’Euro”.
Twitter: @GianniRosini

Per i commenti, vedi:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06 ... o/2841715/
camillobenso
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da camillobenso »

TG7 delle 20,00 di Mentana, nei titoli di testa compare che i sondaggi ultimi danno di 2 punti avanti il SI.
EUROPA NEL PANICO.
lilly
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Re: La crisi dell'Europa

Messaggio da lilly »

cielo 70 la lingua inglese non è la sola lingua in Europa.In Europa ogni singolo paese a fianco dell'inglese che è la lingua ufficiale mantiene la sua lingua.L'Italia l'italiano la Francia il francese la Spagna lo spagnolo etc.Non sono per niente d'accordo con la brexit cosi come non sono per niente stato d'accordo con la grexit il cui rischio è stato superato perche l'Europa non è un processo immediato
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