Re: quo vadis PD ????
Inviato: 17/07/2013, 18:11
Alessandro De Angelis
alessandro.de.angelis@huffingtonpost.it
Shalabayeva, Enrico Letta in Aula per la fiducia ad Alfano: "Vediamo se il Pd vota contro uno del Pd a palazzo Chigi"
Pubblicato: 17/07/2013 17:34 CEST | Aggiornato: 17/07/2013 17:41 CEST
Eccola, la sfida di Enrico Letta al Pd, e a Renzi: "Dalla relazione di Pansa emerge l'estraneità di Alfano". Parole pesanti, ponderate nel giorno della grande rivolta del Pd contro il ministro dell'Interno. Ed è un gesto pensato, ponderato, quello di essere presente, venerdì al Senato, al voto di fiducia su Alfano. È una sfida che il mite Letta ha deciso di portare avanti fino in fondo, col suo partito: “Voglio vedere se il Pd – è il ragionamento condiviso col suo staff - vota contro uno del Pd a palazzo Chigi”. Già, il Pd. Tra i fedelissimi del premier la preparazione della sfida a Renzi è iniziata: "Anche se il Pd critica Alfano - dice un lettiano di ferro - la mozione di Vendola o quella di Grillo sono invotabili per il Pd. Significa aprire la crisi di governo. Li voglio vedere che votano mozioni che vogliono mandare a casa tutto il governo e non solo Alfano".
Ecco il solco sempre più profondo che si è scavato tra il premier e pezzi importanti del suo partito. Una doppia mossa, la difesa di Alfano e la presenza in Aula che configurano una discesa in campo contro Renzi. Per la prima volta Letta, uomo incline alla mediazione, ha scelto una linea che drammatizza. A costo di far precipitare il Pd in uno psicodramma. Perché ormai lo schema su cui si muove è “coprire Alfano per salvare il governo”. Essere presente in Aula significa dire al Pd che la mozione contro Alfano è una mozione contro tutto il governo: simul stabunt simul cadent.
È un passaggio vissuto al Nazareno come “drammatico”. Che certo rischia di segnare, di fatto, la fine di un rapporto di fiducia sostanziale col Nazareno. Ma è a questo braccio di ferro che il premier sta lavorando. Perché a questo punto, è il ragionamento, non ci sono più tanti margini di mediazione. Nel senso che, al momento, non appare percorribile la strada di “togliere le deleghe ad Alfano”, facendolo rimanere vicepremier. È l’intervista di Berlusconi, accompagnata dai messaggi delle diplomazie, che l’ha chiusa: “Non la reggiamo – spiega un ex ministro vicino al Cavaliere – perché Alfano è anche segretario del partito, e vicepremier. Non è un semplice ministro”.
È un intreccio complicatissimo. Perché questa “soluzione politica” su cui Letta ha pure fatto qualche tentativo e che consentirebbe di trovare la quadra col Pd non è praticabile. Pesa un ricatto del Pdl che il premier considera accettabile pur di far sopravvivere il governo. Anzi, il premier non lo considera un ricatto. Perché è davvero sua convinzione profonda che il governo si sia mosso su quella linea di total disclosure posta in essere sin dal primo comunicato congiunto Letta-Alfano-Bonino-Cancellieri. È proprio la relazione di Pansa, letta da Alfano, quella giudicata da Cuperlo e Renzi “insufficiente” e giudicata come “vergognosa” da mezzo Pd che per il premier rappresenta la chiusura del caso. Chiarimenti sì, ma Alfano non è in discussione, altrimenti salta il governo è la linea di palazzo Chigi.
È lo schema di gioco che Letta non ha intenzione di mettere in discussione fino a venerdì: la soluzione tecnica alla crisi politica. Ecco che, di fronte al clima infiammato dalle dichiarazioni di Renzi, le parole pronunciate dal capo della Polizia Pansa al Senato vengono considerate come un ulteriore conferma della correttezza dell’operato del governo: “Alfano e Bonino – ha ripetuto più volte il capo della polizia – non sapevano dell’espulsione”. Tutti i chiarimenti forniti sono sufficiente, per Letta, per andare al Senato “costringendo” il Pd a votare la fiducia. E poco importa che, per molti, neanche le parole di oggi di Pansa non fughino i dubbi alimentati dalla relazione di Alfano.
Si capisce anche dall’intervento del premier a Londra come ormai ci sia un baratro tra palazzo Chigi e il Nazareno. Mentre il grosso del Pd invoca trasparenza, chiarimenti, assunzione di responsabilità di fronte a una vicenda opaca, Letta forza: “La stabilità politica è essenziale per la crescita. Chiederò ai partiti di continuare su questa strada”. È un salto di qualità. È la richiesta di “coprire” Alfano in nome della ragion di governo. E qualcuno, a microfoni spenti, inizia a sussurrare la parola “ricatto”. Di Letta al Pd.
alessandro.de.angelis@huffingtonpost.it
Shalabayeva, Enrico Letta in Aula per la fiducia ad Alfano: "Vediamo se il Pd vota contro uno del Pd a palazzo Chigi"
Pubblicato: 17/07/2013 17:34 CEST | Aggiornato: 17/07/2013 17:41 CEST
Eccola, la sfida di Enrico Letta al Pd, e a Renzi: "Dalla relazione di Pansa emerge l'estraneità di Alfano". Parole pesanti, ponderate nel giorno della grande rivolta del Pd contro il ministro dell'Interno. Ed è un gesto pensato, ponderato, quello di essere presente, venerdì al Senato, al voto di fiducia su Alfano. È una sfida che il mite Letta ha deciso di portare avanti fino in fondo, col suo partito: “Voglio vedere se il Pd – è il ragionamento condiviso col suo staff - vota contro uno del Pd a palazzo Chigi”. Già, il Pd. Tra i fedelissimi del premier la preparazione della sfida a Renzi è iniziata: "Anche se il Pd critica Alfano - dice un lettiano di ferro - la mozione di Vendola o quella di Grillo sono invotabili per il Pd. Significa aprire la crisi di governo. Li voglio vedere che votano mozioni che vogliono mandare a casa tutto il governo e non solo Alfano".
Ecco il solco sempre più profondo che si è scavato tra il premier e pezzi importanti del suo partito. Una doppia mossa, la difesa di Alfano e la presenza in Aula che configurano una discesa in campo contro Renzi. Per la prima volta Letta, uomo incline alla mediazione, ha scelto una linea che drammatizza. A costo di far precipitare il Pd in uno psicodramma. Perché ormai lo schema su cui si muove è “coprire Alfano per salvare il governo”. Essere presente in Aula significa dire al Pd che la mozione contro Alfano è una mozione contro tutto il governo: simul stabunt simul cadent.
È un passaggio vissuto al Nazareno come “drammatico”. Che certo rischia di segnare, di fatto, la fine di un rapporto di fiducia sostanziale col Nazareno. Ma è a questo braccio di ferro che il premier sta lavorando. Perché a questo punto, è il ragionamento, non ci sono più tanti margini di mediazione. Nel senso che, al momento, non appare percorribile la strada di “togliere le deleghe ad Alfano”, facendolo rimanere vicepremier. È l’intervista di Berlusconi, accompagnata dai messaggi delle diplomazie, che l’ha chiusa: “Non la reggiamo – spiega un ex ministro vicino al Cavaliere – perché Alfano è anche segretario del partito, e vicepremier. Non è un semplice ministro”.
È un intreccio complicatissimo. Perché questa “soluzione politica” su cui Letta ha pure fatto qualche tentativo e che consentirebbe di trovare la quadra col Pd non è praticabile. Pesa un ricatto del Pdl che il premier considera accettabile pur di far sopravvivere il governo. Anzi, il premier non lo considera un ricatto. Perché è davvero sua convinzione profonda che il governo si sia mosso su quella linea di total disclosure posta in essere sin dal primo comunicato congiunto Letta-Alfano-Bonino-Cancellieri. È proprio la relazione di Pansa, letta da Alfano, quella giudicata da Cuperlo e Renzi “insufficiente” e giudicata come “vergognosa” da mezzo Pd che per il premier rappresenta la chiusura del caso. Chiarimenti sì, ma Alfano non è in discussione, altrimenti salta il governo è la linea di palazzo Chigi.
È lo schema di gioco che Letta non ha intenzione di mettere in discussione fino a venerdì: la soluzione tecnica alla crisi politica. Ecco che, di fronte al clima infiammato dalle dichiarazioni di Renzi, le parole pronunciate dal capo della Polizia Pansa al Senato vengono considerate come un ulteriore conferma della correttezza dell’operato del governo: “Alfano e Bonino – ha ripetuto più volte il capo della polizia – non sapevano dell’espulsione”. Tutti i chiarimenti forniti sono sufficiente, per Letta, per andare al Senato “costringendo” il Pd a votare la fiducia. E poco importa che, per molti, neanche le parole di oggi di Pansa non fughino i dubbi alimentati dalla relazione di Alfano.
Si capisce anche dall’intervento del premier a Londra come ormai ci sia un baratro tra palazzo Chigi e il Nazareno. Mentre il grosso del Pd invoca trasparenza, chiarimenti, assunzione di responsabilità di fronte a una vicenda opaca, Letta forza: “La stabilità politica è essenziale per la crescita. Chiederò ai partiti di continuare su questa strada”. È un salto di qualità. È la richiesta di “coprire” Alfano in nome della ragion di governo. E qualcuno, a microfoni spenti, inizia a sussurrare la parola “ricatto”. Di Letta al Pd.