quo vadis PD ????

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

erding ha scritto:
Non possiamo ridurre tutto ad un problema di profilo etico delle persone.quote]

Forse no, ma l'onestà è alla pari se non più importante delle capacità.

La persona onesta conosce e sa riconoscere i suoi limiti e non si cimenta in cose in cui non si sente adeguato.

Mentre il disonesto... peggio se genio, può creare grossi danni e la storia ne è piena di esempi.


Non si tratta di privilegiare la capacità all'onestà. E' evidente che abbiamo bisogno di una classe dirigente di persone capaci ed oneste.

Ma non bastano le persone. Bisogna anche fare un'analisi critica dei motivi che hanno portato a privilegiare gli incapaci ed i disonesti
erding
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da erding »

mariok ha scritto:
erding ha scritto:
Non possiamo ridurre tutto ad un problema di profilo etico delle persone.quote]

Forse no, ma l'onestà è alla pari se non più importante delle capacità.

La persona onesta conosce e sa riconoscere i suoi limiti e non si cimenta in cose in cui non si sente adeguato.

Mentre il disonesto... peggio se genio, può creare grossi danni e la storia ne è piena di esempi.


Non si tratta di privilegiare la capacità all'onestà. E' evidente che abbiamo bisogno di una classe dirigente di persone capaci ed oneste.

Ma non bastano le persone. Bisogna anche fare un'analisi critica dei motivi che hanno portato a privilegiare gli incapaci ed i disonesti


Esiste una onestà/disonestà collettiva che è sempre la somma della onesta/disonestà individuale, frutto di egoismo e miopìa.
Anche miopìa si, non si può essere in pace, nè felici da soli.
Difatti la pace è figlia della giustizia.
Il "Lazzaro" attenterà sempre al ricco "Epulone".

Per tornare al discorso di prima il comunismo reale ha fallito per deficenza di socialismo, ha tradito i suoi stessi principi.
e sempre l'egoismo e la bramosia di potere che frega l'uomo.
Al contrario il "riformismo-liberismo" ha per principio la competizione ed il profitto. Nella legge della giungla, non c'è bisogno di politica, vince il più forte ed il più bravo le cose si regolano da sole.
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

Perché il "comunismo reale" ha fallito per deficienza di socialismo? Per una "disonestà collettiva" o una miopia che si è affermata in quei paesi?

Non so, c'è qualcosa che non mi convince nel ragionamento.

Forse va capito cosa c'era di sbagliato in quelle dinamiche che hanno determinato questo "difetto di socialismo".

A me sembra che la spiegazione più plausibile sia che la "collettivizzazione dei mezzi di produzione", che poi significa in pratica il governo statale dell'economia, abbia creato inevitabilmente una nuova classe dominante che si è sostituita alle precedenti: quella dei "gerarchi del regime" cui è stato affidato un potere spropositato, causa prima delle deviazioni che si sono verificate.

L'esperienza delle democrazie liberali ci ha insegnato che l'unico antidoto contro le deviazioni autoritarie è costituito dal bilanciamento di più poteri, nessuno dei quali deve essere messo in condizione di prevaricare gli altri.

Se l'egoismo e la bramosia di potere frega l'uomo, la soluzione non può essere qualla di un'umanità "geneticamente" immune da tali tentazioni. Mi sembra una via impraticabile se non addirittura tragica.

L'unica soluzione sperimentata con qualche successo, è quella della contrapposizione tra diversi egoismi contrastanti, che si bilancino in un equilibrio tale da impedire il predominio di uno sugli altri.

E' dalla dialettica tra governo ed opposizione, poteri economici diversi in competizione tra loro e corpi sociali intermedi (associazioni, sindacati ecc.) che può determinarsi un tale equilibrio, anche se sempre precario ed instabile.

Non è la soluzione definitiva, ma è l'unica finora rivelatasi possibile.

Altre vie non se ne sono viste: qualunque tentativo di "stato etico" ha avuto sempre esiti disastrosi.

Se ciò è vero, le implicazioni in termini politici mi sembrano evidenti, a proposito di riformismo/massimalismo.
pancho
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da pancho »

mariok ha scritto:Non possiamo ridurre tutto ad un problema di profilo etico delle persone.

Non che non sia importante e che non vada evidenziata la differenza tra Berlinguer e baffino. La differenza c'era e come, ma non è bastata.

La superiorità morale del PCI, basata unicamente sulla dirittura morale del suo gruppo dirigente e soprattutto del suo leader, si è rivelato un errore.

I vari Veltroni, d'alemoni, Fioroni ecc. ci hanno messo senza dubbio del loro. Ma evidentemente l'eccessivo peso dei partiti (tutti) nel governo del paese, ai vari livelli, non poteva non creare e diffondere il virus democristiano, che ha toccato tutti, nessuno escluso. E non è che basta classificare, non si sa come, i buoni e i cattivi, per risolvere il problema.

Giusto per rendere il concetto con un semplice esempio riferito all'oggi. L'onestà di Ferrero penso sia fuori discussione. E' un motivo sufficiente per votarlo? Io dico di no, semplicemente perché quando, per difendere forse in buona fede lo stato sociale, difende il mantenimento delle province o delle aziende di stato, di fatto difende lo status quo e l'occupazione da parte dei partiti dello stato e dell'economia.

Che il PD vada liberato dalla cricca di potere che lo domina, non ci piove. Ma dobbiamo farlo, distruggendolo e mettendoci in mano a due fascisti come Grillo e Casaleggio? Io dico di no.

Così come sarebbe assurdo resuscitare degli zombi (politicamente parlando) come Revelli, lo stesso Rodotà ed altre bravissime persone che però non hanno più niente da dire e da dare, se non le nostalgie ed i rimpianti di un passato irripetibile e mai realizzato.

Quando non si sa dove andare, uno sguardo fuori del proprio cortile, può aiutare.

Nel campo dei riformisti europei, l'unico che può vantare un passato di successi sia pure non definitivi, si è sviluppata una riflessione sulla insostenibilità di un arroccamento in difesa dello stato sociale, sulla base della spinta di leader innovatori come Tony Blair e Gerhard Schröder, secondo cui se si vuole conservare lo stato sociale lo si deve riformare più o meno gradualmente.

Oggi, i paesi in cui questa riflessione è avvenuta, si sono rivelati i più solidi nel fronteggiare la crisi, ed è un dato di fatto che va riconosciuto e dal quale ripartire per un ripensamento profondo della sinistra.
Carissimo Mario, non bastano uomini onesti qui occorrono obiettiti ed ideali che possano cambiare questo status quo. Non possono le piccole riforme a dare una svolta. Queste prolungano l'agonia di una morte certa.Probabilmente per noi ormai no ma per i ns. figli e nipoti forse si.

Come ti ho detto in un'altro post recente il concetto del riformismo ha molte interpretazione ed e' per cio' che si usa questo termine. Quando fai riferimento al riformismo Blairiano non ti accorgi che la storia stessa recente lo accusa proprio di aver distrutto la sinistra in europa. Sempre la storia recente lo da come un fallimento storico dal quali oggi dovremmo trarre molti insegnamenti. Purtroppo te come pure altri si rifanno ancora a Blair e questo mi preoccupa non solo.
Sempre nel post che facevo riferimento prima, scrivevo che proprio su queste due strade si divide il PD(Blairiana e oltre Blairiana) ed e' proprio questo un motivo delle continue beghe interne. Divide pure gli ex PCI ora nel PD.

Per quanto riguarda invece come dici te:...difende il mantenimento delle province o delle aziende di stato, di fatto difende lo status quo e l'occupazione da parte dei partiti dello stato e dell'economia.titengo anche questo un errore. In tutta Europa e non solo si sta' rivalutando il compito dello stato sopratutto in quei settori cardini di un paese e tu e qualcun altro siete ancora fermi al Blairismo. Scherziamo?

Che dobbiamo ancora prelevare dallo stato sociale con le riforme che anche te auspichi?

Mi fermo xche' ho fretta, ma ci risentiamo anche per poter discutere se questo Blair e' ancora attuale pèoiche e' proprio qui la madre di tutte le divisioni.


un salutone dal compagno Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

Cerchiamo di capirci.

Cominciamo dal cosiddetto "blairismo" e dal suo presunto fallimento.

Se per "blairismo" intendiamo la figura di Tony Blair, il giudizio è fatto di luci ed ombre (la maggiore ombra è il suo rapporto con Bush nella guerra in Iraq).

Ma credo che il giudizio su Blair non ci interessi più di tanto, se non da un punto di vista storico.

Se per "blairismo" intendiamo la revisione della socialdemocrazia della fine '900 (ed è credo di questo che stiamo parlando a proposito di riformismo), che ha visto in Antony Giddens il suo principale teorico (la cosiddetta terza via) e nella UK di Blair e nella Germania di Schröder le più significative applicazioni, sinceramente tutto questo fallimento proprio non lo vedo.

Entrambi quei paesi, in forme, con tradizioni e vocazioni economiche diverse, sono i migliori esempi, non solo in Europa, ma nel mondo, di tenuta dello stato sociale e del tessuto economico pur nella tempesta di questa crisi.

Se un limite essi hanno avuto ed ancora hanno, è quello di essere rimasti chiusi negli ambiti nazionali e di non aver quindi potuto affrontare i problemi della finanza a livello globale.

Ma ciò è dovuto ai persistenti egoismi nazionali che attraversano tutta la sinistra.

Per quanto riguarda la rivalutazione del ruolo dello stato in questa particolare congiuntura economica, un conto che questo discorso lo si faccia in Uk, Germania ed altri paesi nordeuropei, tutto un altro conto è che lo si faccia in Italia per difendere carrozzoni come le province, Finmeccanica o la miriade di aziende "municipalizzate" e fondazioni bancarie che servono solo ad alimentare il sottogoverno dei partiti.
pancho
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da pancho »

mariok ha scritto:Cerchiamo di capirci.

Cominciamo dal cosiddetto "blairismo" e dal suo presunto fallimento.......
Cerrchiamo di capirci ulteriormente.

Articolo pubblicato da Vicenç Navarro sulla rivista digitale SISTEMA, 16/11/2012
(Chi e' Vicenç Navarro? http://translate.google.it/translate?hl ... 6bih%3D578 )

.....Una delle cose che più ha danneggiato la socialdemocrazia europea è stata l’apparizione e lo sviluppo all’interno della stessa della corrente liberale conosciuta come la Terza Via. Questa viene chiamata anche blairismo, termine che enfatizza il ruolo decisivo che Tony Blair, Premier del governo Laburista, ha giocato nell’apparizione di tale corrente all’interno della socialdemocrazia.
Il blairismo si è caratterizzato per la sostituzione di principi socialdemocratici con principi di chiara orientazione liberale. Tra i tanti, quello che richiamò maggiormente l’attenzione fu l’abbandono delle politiche redistributive, e l’enfatizzazione della necessità di facilitare la concentrazione della ricchezza con l’obiettivo di creare ed accumulare capitale, il quale, indirettamente, sarebbe dovuto filtrare fino a raggiungere il resto della popolazione.
L’applicazione di tali principi ha fatto si che il blairismo abbia riscosso grande interesse ed appoggio da parte del grande capitale britannico, ed in modo particolare da parte del capitale finanziario con base nella City (l’equivalente di Wall Street in Gran Bretagna), il quale ha tratto gran beneficio dalle politiche fiscali che favorivano coloro che ottenevano rendite dai patrimoni invece che dal lavoro. Tony Blair divenne così il personaggio preferito delle, e sostenuto dalle, grandi fortune della City in Gran Bretagna.
In realtà, attrasse capitale finanziario nella City, presentandola come il paradiso fiscale di maggior redditività. Tony Blair era orgoglioso che nella City fossero permesse delle pratiche vietate a Wall Street. Ciò determinò un enorme aumento del capitale finanziario che, durante il mandato di Blair, raggiunse il 32% del PIL, crescita che avvenne a spese del settore industriale, che nello stesso periodo scese dal 20% al 12% del PIL (si veda il mio articolo “El fracaso del nuevo laborismo y del socioliberalismo”, ‘Sistema digital’, 21.05.12”).
Tony Blair, come Gerhard Schröder in Germania, approvò riforme che, attraverso una maggiore deregolamentazione, ridussero i salari. Oltretutto Tony Blair disincentivò le politiche di espansione della spesa pubblica come mezzo di stimolo economico, argomentando la loro impossibilità in un’economia globalizzata, ed ignorando però che alcuni tra i paesi più integrati a livello internazionale, come i paesi scandinavi, avevano una spesa pubblica maggiore, base della loro espansione economica. Tony Blair continuò le politiche di austerità della spesa pubblica iniziate da Margaret Tatcher. Tanto da essere soprannominato “signora Tatcher coi pantaloni”. Naturalmente quest’appellativo era un po’ esagerato, ma rifletteva bene la percezione popolare che si aveva di Blair in Gran Bretagna: l’incorporazione del liberalismo (economicamente parlando del neo-liberismo) all’interno della socialdemocrazia, modificando radicalmente le politiche pubbliche che ne avevano caratterizzato la sensibilità politica.

IL COSTO ELETTORALE DEL BLAIRISMO

Tali politiche spiegano il declino elettorale del partito Laburista, che ha diminuito in maniera molto significativa la sua rappresentanza parlamentare.

Come ho documentato in un articolo precedente (“La crisis de la socialdemocracia en Europa”, pubblicato sulla rivista ‘Sistema Digital’ e disponibile su http://www.vnavarro.org), contrariamente a ciò che venne presentato dai media di maggiore diffusione, il blairismo condusse il Partito Laburista al disastro.

Basti ricordare che l’appoggio elettorale del Partito Laburista scese dal 33% dell’elettorato all’inizio del primo Governo, nel 1997, al 25% nel 2001 ed al 22% nel 2005.

Se in Gran Bretagna ci fosse un sistema proporzionale, il Partito Laburista avrebbe perso la maggioranza parlamentare già durante la seconda legislatura. Il fatto che raggiunse la maggioranza fino all’anno del suo collasso parlamentare, nel 2005, non si deve ad una sua supposta popolarità, come alcuni ideologhi dello stesso partito, tipo Anthony Giddens, sostengono, ma al contrario all’enorme disequilibrio del sistema elettorale ed alla crisi del Partito Conservatore.

Qualcosa di simile successe tra l’altro anche al partito di governo socialdemocratico tedesco.

Tutti i partiti socialdemocratici aderenti alla Terza Via (che governavano la maggior parte dell’Unione Europea) sono stati sconfitti elettoralmente, perdendo contemporaneamente una gran parte del loro elettorato ed un gran numero di militanti e simpatizzanti.

FINALMENTE POSSIAMO VEDERE COSA FU IL BLAIRISMO

Però il significato di Tony Blair e ciò che rappresentò è diventato persino più chiaro da quando ha lasciato il suo carico da capo del Governo della Gran Bretagna. L’ansia d’ arricchirsi si è sviluppata in maniera estensiva e l´ha portato a stringere contatti con alcuni tra i regimi più crudeli e disdicevoli del mondo d’oggi.

Tra questi ci sono il Kazakistan e l’Azerbaigian, paesi che secondo le organizzazioni a favore dei diritti dell’uomo sono tra quelli in cui tali diritti sono più limitati al mondo. Sono dittature senza nessun rispetto per i diritti politici, civili, sociali e del lavoro, nelle quali una minuscola minoranza sfrutta le ricchezze naturali, pertrolio incluso, con l’appoggio delle compagnie straniere, le quali mantengono una relazione privilegiata con i dittatori che opprimono i cittadini.

Tony Blair ha ricevuto e continua a ricevere tuttora milioni e milioni di dollari come, oltre ad altre funzioni, consigliere per le relazioni pubbliche, aiutando così tali regimi a cambiare immagine.

Gli oppositori di questi regimi hanno chiesto alle forze democratiche del mondo di denunciare il signor Blair per la difesa e l’aiuto apportato a tali regimi.

Le fonti d’ingresso del signor Tony Blair sono numerose.

Ken Silvertein, codirettore della rivista statunitense “Harper’s” ne ha citate alcune in un suo articolo dedicato a tale personaggio, e pubblicato sul “The New Republic” (04/10/12), da cui ho ricavato la maggior parte dei dati presentati in questo articolo.

La lista è lunghissima ed include alcune imprese famose per i propri comportamenti immorali, come JP Morgan Chase (che pagò 4 milioni di dollari a Blair), il Governo feudale del Kuwait e molte altre dittature.

In un solo anno (secondo il “Financial Times”) Tony Blair ha ricevuto 30 milioni di dollari. Riceve poi sovvenzioni per partecipare a conferenze (a 200000 dollari a conferenza) sul futuro della socialdemocrazia nel mondo.

Ciò che trovo straordinario, non è ciò che questo ex leader della socialdemocrazia faccia (lo si sarebbe potuto prevedere vedendolo governare) ma che circoli socialdemocratici lo invitino, incluso la “Fundación Ideas”, il “think tank” del PSOE. Suppongo che non l’avranno pagato 200000 dollari.

Però mi chiedo: veramente vogliono imparare da Blair come costruire il socialismo?


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Certo, sono opinioni e come tali sempre opinabili. Io pero sono su questa linea di pensiero e non solo da ora.
La sua conclusione finale e' una domanda alla quale qualcuno dovrebbe dare una risposta sempre che.......l'obiettivo non sia proprio questo a cui si riferisce questo "nostalgico" di Navarro.


un salutone da Juan
Ultima modifica di pancho il 13/08/2013, 13:49, modificato 1 volta in totale.
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
pancho
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da pancho »

mariok ha scritto:Cerchiamo di capirci.

.....Per quanto riguarda la rivalutazione del ruolo dello stato in questa particolare congiuntura economica, un conto che questo discorso lo si faccia in Uk, Germania ed altri paesi nordeuropei, tutto un altro conto è che lo si faccia in Italia per difendere carrozzoni come le province, Finmeccanica o la miriade di aziende "municipalizzate" e fondazioni bancarie che servono solo ad alimentare il sottogoverno dei partiti.
Carchiamo di capirci ancora di piu'.

Qui non si tratta di giustificare alcuni o forse anche troppi carrozzoni.
Qui ti do' perfettamente ragione anche se sulle provincie ha alcuni dubbi che ho elencato qualche tempo fa. Dubbi derivati da studi sui costi e benefici fatti da alcuni esperti in materia. Per essere contrari o a favora, bisogna sentire entrambi le "campane". Non dai soliti giornali i cui editori spesso sono dentro in queste mangiatoie, ma da esperti. Il web ci aiuta in questo se vogliamo saperne di piu'.


Per quanto riguarda invece il ruolo che dovrebbe avere lo stato ora ci sono non poche proposte affinche questi debba essere lo traino per un nuovo sviluppo.

E' successo altre volte e quando lo si e' voluto trasferire al privato la situazione e' peggiorata. certamente ci devono essere dirigenti che abbiano il senso delo stoto e che ci credano in questo e non come allora il cui scopo era di farlo fallire per poi trasferirlo al privato. In francia e non solo qui questo funzione piu' che bene.

Funzionava piu' che bene anche da noi fino a che la politica si e' messa di mezzo per alimentarsi.
Questo pero' non giustifica che non si debba rivedere il compito che dovrebbe avere lo stato nell'economia del Paese.


un salutone dal compagno Juan
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mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

Ho letto con attenzione l'articolo del prof. Navarro.

Tralascio l'ultima parte, in cui si dedica ad un attacco personale a Blair ed ai suoi comportamenti da privato cittadino dopo la fine della sua esperienza di governo. Aspetti che ci interessano poco, dal momento che non stiamo parlando della persona Blair ma dell'esperienza politica da lui diretta.

Di fatti ce ne sono molto pochi.

La principale accusa è quella di aver fatto perdere consensi con la sua politica al partito labourista.

Affermazione ben strana, in quanto riferita ad un personaggio (Tony Blair) che è stato il primo uomo politico della storia della sinistra britannica a vincere tre elezioni consecutive in dieci anni (1997, 2001 e 2005), la prima delle quali pose fine a quasi un ventennio di ininterrotto governo conservatore e rappresenta tutt’oggi la vittoria elettorale con più ampio margine della storia di quel paese. Altre figure imponenti della sinistra europea non possono vantare successi simili: lo svedese Olof Palme ha anch’egli governato un decennio, ma con un interruzione di sei anni (dal 1976 al 1982). Francois Mitterand ha sì governato più a lungo (quattordici anni) ma avendo vinto solo due elezioni consecutive (1981 e 1988) e non tre come Blair. Per non parlare della sinistra italiana, che non è mai riuscita a governare per più di due anni di seguito.

Per quanto riguarda l'azione politica, nessun accenno ai risultati conseguiti.

Come quelli per esempio in campo economico, dopo un periodo di profonda crisi che aveva visto la GB superata addirittura dall'Italia, che hanno portato il Pil pro-capite dai 21.800 $ del 1999 ai 35.000 $ del 2007 (+60% in otto anni).

Per quanto riguarda le politiche sociali, la spesa sanitaria è cresciuta del 2% medio all'anno (contro lo 0,9 di Francia e Italia), mentre è stato riorganizzato alla radice il Servizio Sanitario Nazionale rendendolo più efficiente e riducendo le liste di attesa.

Tony Blair ha introdotto il salario minimo, ha varato programmi di intervento per bambini disagiati (quali il progetto Sure Start) per evitare che i differenti background familiari pregiudicassero fin dall’inizio il cammino di realizzazione individuale.
Ha riformato profondamente la scuola britannica:
- la spesa pro capite per ogni allievo è aumentata in 10 anni del 48% ed è ora di 2121€ l’anno;
- sono stati reclutati 35 000 insegnanti in più rispetto a quanti ne erano in servizio nel 1997;
- il salario degli insegnanti è cresciuto del 18% in termini reali;
- il salario dei presidi è cresciuto del 27%
- sono stati reclutati 170 000 assistenti didattici (non bidelli !), l’equivalente di tutte le forze armate britanniche;
- la proporzione allievi/insegnanti è calata sensibilmente; nelle scuole medie la proporzione è di 1 adulto per 11 allievi ;
- la spesa in capitale è aumentata di 8 volte; nel decennio si sono create o rinnovate 1106 scuole;
- la spesa per l’istruzione è del 5,7% del PIL (media OCSE 5,5%). L’Italia è al di sotto del 5%;
- i risultati scolastici sono sensibilmente migliorati
- nel 1997, nei test svolti prima delle elezioni generali, la percentuale degli undicenni (coloro che finivano la scuola elementare) che conseguì gli standard previsti in lettura fu del 63% e quella che conseguì gli standard in matematica fu del 62%; nove anni dopo tutti i risultati sono saliti: il 79% in lettura ed il 76% in matematica.

Nessun cenno al fatto che che Blair è colui che ha dato alle coppie omosessuali gli stessi diritti e le stesse responsabilità delle coppie sposate, con il Civil Partnership Act.

Così come viene completamente ignorato il fatto di aver dato ampi poteri di autogoverno a Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Che ha riformato la spesa pubblica britannica, inventando le pratiche di spending review (bizzarramente importate in Italia un decennio dopo) e spostando risorse dalla spesa corrente agli investimenti pubblici, motore di crescita e sviluppo (l'esatto contrario di ciò che si è fatto in Italia, dove la spesa corrente è costantemente cresciuta mentre sono stati tagliati gli investimenti).

Certo, è l’uomo della guerra in Iraq, che è stato un tragico errore. Ma è anche l’uomo che ha portato la pace in Irlanda del Nord, mettendo fine a secoli di contrapposizioni e a decenni di sangue, sofferenze, morti, divisioni. È l’uomo che più di tutti ha fatto per fermare il genocidio in Kosovo, minimizzando al contempo la portata dell’intervento occidentale.

Non dico che si tratti di un modello da imitare acriticamente.

Ma da qui ad affermare che è stato una delle cause del fallimento della sinistra in Europa ce ne corre.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Se Atene piange, Sparta non ride - 1


Il primo sondaggio dopo Ferragosto, presenta un Pdl al 28 % e un Pd al 24 %.

Le cronache di ieri presentavano la rivolta della base per il pateracchio dell'Imu.

La base di sinistra che pensa ancora che il Pd presenti tracce di sinistra, mentre è diventato un partito democristiano in attesa di riagganciare i democristiani berlusconiani, è stanca ovunque.


*******


Repubblica 30.8.13

L’epicentro della protesta in Toscana. Malumori anche in Lombardia, Umbria e Marche. Paganelli: persi 25 appuntamenti rispetto all’anno scorso
“Delusi dalle larghe intese”. E le feste dem cambiano nome

di Ernesto Ferrara

FIRENZE — A Martignana, ottocento anime sulle colline tra Empoli e Montespertoli, in quella che un tempo era la “Stalingrado” della rossa Toscana, i compagni del Pd hanno fatto una scelta dolorosa per «punire il partito»: niente festa “democratica”, quest’anno l’hanno chiamata “festa di fine estate”, come fosse una sagra qualunque.

A Piacenza, patria di Bersani, hanno mantenuto il nome ma hanno dovuto fare i conti con la realtà: «I militanti sono un po’ provati qui da noi», ammette il segretario Vittorio Silva.

E così quest’anno la festa anziché i soliti 10 giorni ne dura 5.

Gran fatica organizzare le kermesse estive anche in Umbria, Marche e Lombardia per non parlare del Sud, spiegano segretari e dirigenti.

Per la crisi economica che allontana gli affari ma anche per i volontari senza più voglia.

Spesso a causa delle larghe intese: a Zanica, Bergamo, quest’anno un cartello avvertiva che «per il disagio nel partito» la festa si chiamava «di centrosinistra» e non più «democratica».

Travolte da una crisi che ha a che la linea politica prima ancora che con la congiuntura, le feste Pd si riscoprono epicentri del malessere della base.

In certi casi saltano.

A Vernio, Prato, hanno deciso di non farla subito dopo il caso dei 101: «Un tradimento che meritava un gesto forte», spiegano.

A Montale (Pistoia) e Cavriglia (Arezzo) sono invece mancati i volontari: «A livello nazionale 25 feste in meno rispetto all’anno scorso, compensate però da altrettante nuove, in Calabria ad esempio», fa i conti Lino Paganelli, responsabile nazionale del settore, secondo cui «l’orgoglio Pd èsempre vivo».

Un vero business quello delle ex feste dell’Unità: oltre 2.000 per un giro d’affari da 130 milioni di euro.

E però ora sembra emergere una stagione di “scioperi”.

A Martignana dicono: «Una scossa la dovevamo dare a questo partito che ha fatto l’accordo con Berlusconi ma non ha dato la data del congresso ».

Nel Pd di Milano, rientrata la minaccia dello sciopero della militanza, la base vuole un referendum consultivo tra gli iscritti sugli F35.

In Liguria lite via mail tra il segretario della sezione Pd di Recco (Genova), Luciano Port, e la deputata Anna Giacobbe: «Votate per cacciare Silvio dal Parlamento», le scrive lui allegando 92 firme di iscritti. Lei: «Ma certo!».

E Port: «Certo un bel nulla: ancora dobbiamo sapere chi erano i 101».
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Se Atene piange, Sparta non ride - 2



La Stampa 30.8.13
Enrico e Matteo, così simili da non poter evitare lo scontro Ma in stile democristiano

di Mattia Feltri


Ce li terremo per i prossimi venti anni, durante i quali l’uno dirà dell’altro che è «una risorsa», e nei momenti peggiori «una risorsa preziosa».

Saranno loro due, Enrico Letta e Matteo Renzi, i D’Alema e Veltroni della prossima stagione, che è appena iniziata e dentro il partito democratico vede l’imprevisto trionfo della componente cattolica.

I giovani laici, i postcomunisti, i Gianni Cuperlo e quel che c’è, assistono dai margini all’ennesimo duello della politica italiana, e sarà cordialmente sanguinoso.

Oggi inaugurano una nuova fase del loro confronto a distanza parlando alle feste del Pd: Letta a Genova, Renzi a Forlì.

Sono troppe le similitudini fra i due perché possano sopportarsi.

Sono cattolici. Sono giovani di un gioventù programmatica, Letta giovane da una vita, da quando fu presidente dei Giovani democristiani europei fra il 1991 (cioè a 24 anni) e il 1995; più modestamente, Renzi fu segretario del Ppi fiorentino nel ’99 (naturalmente a 24 anni), dopo essere stato fondatore di un fan club di Romano Prodi.

Letta continuò a essere giovane fino a diventare il più giovane ministro della storia repubblicana, e Renzi, che è un professionista dal ramo, è stato eletto sindaco di Firenze a 34 anni, cioè a un’età in cui in politica ci si accontenta di fare il portavoce del sottosegretario.


Anche le differenze si scovano, però, e parecchie: intanto Letta ha ormai 47 anni quindi è giovane soprattutto nello spirito, mentre Renzi ne ha 38 e il titolo di giovane lo conserverà per lustri.

Poi Letta è uno che ha fatto la carriera interna, da secchione, da bravo ragazzo che sa aspettare il suo momento, mentre quell’altro è il monellaccio che la carriera l’ha fatta a parolacce e calci negli stinchi, alla fiorentina però, a cielo aperto.

Alla fine, con ironia automatica, si dice che moriremo democristiani.

Letta fu allievo di Beniamino Andreatta, che vide il ragazzo a Strasburgo (dove il babbo di Enrico insegnava) e se lo portò al ministero degli Esteri.

Renzi faceva il boy scout e dirigeva la relativa rivista firmandosi Zac, è forse era un atto di stima per Benigno Zaccagnini. Si laureò in giurisprudenza con una tesi su Giorgio La Pira, il sindaco santo (e democristiano).

Letta - che quanto a titoli universitari ne ha un elenco per il quale qui non c’è spazio - deviò un poco per amore del socialista ed europeista Jacques Deleros, e del resto il professore Cancemi del liceo Dante di Firenze sostiene che da ragazzo Renzi era un cattocomunista («e lui un fascista», rispose in classico stile l’ex allievo).

Non c’è problema, si può andare avanti a lungo. Enrico e Matteo hanno tre figli a testa due dei quali, uno di qua e uno di là, si chiamano Francesco e non si fa altro che dire: in onore del Poverello.

Hanno anche una dose di berlusconite, Enrico perché è milanista a nipote di Gianni, Matteo perché sarà anche della Fiorentina, ma è stato ad Arcore e da ragazzo alla Ruota della Fortuna di Mike Bongiorno.

E hanno una dose di cupezza, Enrico perché ha sentito divampare il fuoco della passione politica quando il babbo lo condusse in pellegrinaggio in via Fani, mentre Aldo Moro era ancora prigioniero delle Br, Matteo perché ebbe la stessa fiammata quando alla sera mamma gli leggeva la biografia di Bob Kennedy, il fratello di John ammazzato a Los Angeles nel ’68.

Lo vedete il derby perfetto? Più si somigliano e più ci si scannerà. Chi dei due è più pop? Chi dei due è più fedele all’esempio di Mandela, del quale hanno il poster appeso sulle pareti dell’anima? Chi ha compreso più a fondo la forza rivoluzionaria del rock, Enrico con Phil Collins o Matteo con gli U2? Chi cita meglio Ligabue, il premier nel discorso della fiducia («bellezza senza navigatore») o il sindaco all’esordio della campagna per le primarie («non è tempo per noi»)? Chi è più fascinosamente toscano, il fiorentino («La Torre di Arnolfo a Palazzo Vecchio è più alta e soprattutto più dritta della vostra») oppure il pisano («sì ma il lungarno Gambacorti è il più bello del mondo»)? Per ora sono fermi alle sfide rusticane a prevalenza fair play: le bottarelle sono girate sotto tavolo, come prodromo di eleganti accoltellamenti futuri.

Perché la verità ultima è che in mezzo a tanti parallelismi i due hanno vite che si scontrano perpendicolarmente. Letta è il pisano di genitori abruzzesi che studia in Francia e fa carriera a Roma, Renzi è il fiorentino che da lì non si schioda, né schioderà sino all’ultimo.

Letta è il cattolico adulto che ha viaggiato e tempera la fede con l’uso di mondo, Renzi è lo scout che va a fare i ritiri spirituali coi gesuiti, ma se c’è da attaccar briga lo fa anche col vescovo. Letta è uno che dice di credere «moltissimo nel formalismo delle regole e agli statuti», Renzi è uno per il quale «la politica deve essere conquista senza reti. Come dice Clint Eastwood, se vuoi una garanzia allora comprati un tostapane».

Letta è sempre stato convinto che la leadership sia un obiettivo da raggiungere con la concordia, tendendo la mano, avvicinando le idee e gli uomini distanti, Renzi è invece persuaso che la leadership sia un obiettivo da strappare affrontando la vita a petto in fuori, senza paura di niente e di nessuno, perché se non si ha la forza e il coraggio di battersi tanto vale restare in tinello.

Letta è un signore dai tratti nobili, con la libreria colma, che fa esercizio di modernità presentandosi in maniche di camicia. Renzi è un simpatico teppista, con la parlantina veloce, che fa esercizio di modernità presentandosi in maniche di camicia. E pure senza cravatta.


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Il problema però al di là delle lotte intestine del partito democristiano è il sistema paese.

Se prossimamente Berlusconi venisse ridimensionato o interdetto, il fatidico dopo Berlusconi diventerà una realtà. Assisteremo al suo sfascio.

Se sparita la destra rimarrà in pista la nuova democrazia cristiana, entreremo nella seconda "Notte della Repubblica".

Un Paese senza futuro.
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