Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
UNA TRAGEDIA ITALIANA
LA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA SI TRASCINA IN UNA LUNGA AGONIA SENZA FINE PER MANCANZA DI CLASSE DIRIGENTE.
LA LOTTA POLITICA ATTRAVERSO LA PROPAGANDA E' LA PIU' BASSA MAI VISTA DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA.
LO SI VEDE ANCHE DAI TITOLI DEL SITO STRUMPTRUPPEN, DI CINQUE MINUTI FA.
8 ore fa
855
Costanzo intervista Cav
e fa il record di ascolti
Chiara Sarra
^^^
4 ore fa
139
"A Ostia serve un voto
contro i disastri grillini"
Luca Romano
^^^
8 ore fa
1339
Il centrodestra riunito
vola ancora nei sondaggi
Luca Romano
^^^
Ecco chi è impresentabile
Gli insulti che "Repubblica" ha usato nei confronti di Berlusconi calzano a pennello sull'editore Carlo De Benedetti
di Alessandro Sallusti
poco fa
LA FINE DELLA SECONDA REPUBBLICA SI TRASCINA IN UNA LUNGA AGONIA SENZA FINE PER MANCANZA DI CLASSE DIRIGENTE.
LA LOTTA POLITICA ATTRAVERSO LA PROPAGANDA E' LA PIU' BASSA MAI VISTA DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA.
LO SI VEDE ANCHE DAI TITOLI DEL SITO STRUMPTRUPPEN, DI CINQUE MINUTI FA.
8 ore fa
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Costanzo intervista Cav
e fa il record di ascolti
Chiara Sarra
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"A Ostia serve un voto
contro i disastri grillini"
Luca Romano
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Il centrodestra riunito
vola ancora nei sondaggi
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Ecco chi è impresentabile
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Re: Diario della caduta di un regime.
Il punto di vista di Ferruccio Sansa:
IlFattoQuotidiano.it / / BLOG di Ferruccio Sansa
Politica
La Sicilia domenica decide le sorti dell’Italia
http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/fsansa/
di Ferruccio Sansa | 3 novembre 2017
76
1,2 mila
Più informazioni su: Elezioni Regionali Sicilia
Ferruccio Sansa
Giornalista
Post | Articoli
Facebook
Non ci sono altri cinque anni di tempo.
Domenica la Sicilia sceglie il suo nuovo governatore e non può sbagliare.
Perché affidarsi a schieramenti infarciti di condannati, indagati e semplici voltagabbana, oltre che magari inetti, rischierebbe di essere una condanna definitiva per la Sicilia.
E anche per l’Italia.
Davvero domenica in Sicilia si decidono le sorti del nostro Paese, almeno come fino a oggi abbiamo inteso l’Italia.
Non c’è più tempo per i fatalismi, la rassegnazione, il “tanto non cambia niente”.
Ora o mai più: la Germania corre, la Francia con le sue imprese compra decine di società italiane.
Le statistiche sull’economia, l’occupazione, l’istruzione e la sanità ci ricordano ogni giorno che l’Italia è indietro.
Ma è indietro soprattutto il Sud.
Perdere il Meridione, questo succederebbe se si sbagliasse ancora una volta la classe dirigente, sarebbe perdere l’Italia.
Non solo: sancirebbe ancor di più la divisione irrecuperabile tra Nord e Sud del Paese.
Non passa giorno senza che le statistiche – oltre che la nostra esperienza di ogni giorno – ci ricordino l’enorme divario tra le due metà dell’Italia.
Prendiamo soltanto oggi: a Milano il 54% dei certificati pubblici sono online, a Napoli zero.
A Palermo il 12%.
Ancora: soltanto il 14% dei turisti stranieri va oltre Roma e visita il Sud.
Che non è certo meno ricco di bellezza del Nord.
È una condanna per il Meridione.
Ma rischia di trascinarsi a fondo anche il resto d’Italia.
Soprattutto diventerà un elemento irrecuperabile di frattura tra i due poli del Paese.
Oggi la distanza è soprattutto economica, ma dal denaro poi nascono divisioni sociali e culturali.
Non è ancora così, facciamo qualcosa prima di finire come Madrid e Barcellona.
Il referendum in Veneto è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare.
Alcune delle rivendicazioni dei cittadini veneti – non tutte, e non i modi, magari – devono essere ascoltate.
La solidarietà tra regioni non deve produrre, però, un’ingiustizia.
Non deve premiare chi amministra male, chi arraffa.
Non si può abbandonare il Sud, questo è chiaro, ma non si può nemmeno continuare così.
Non è una condanna del Meridione e della gente che ci vive.
L’Italia senza Sicilia non esiste.
Perché è forse la regione più bella del nostro Paese.
Perché, ancor più, è parte fondamentale della nostra cultura, del nostro modo di sentire.
I punti di partenza, per sperare in un rilancio che cominci domenica, sono forse responsabilità e orgoglio.
Due parole che sono tanto care alla gente di Sicilia.
Responsabilità non come fardello e colpa, ma al contrario come consapevolezza del proprio valore.
E poi orgoglio: il desiderio di non essere visti come rimorchio del Paese (sempre fanalino di coda in tutte le classifiche), ma come elemento trainante.
È il posto che la Sicilia si merita.
Allora, però, non si possono più tirare in ballo le colpe dei borboni e dei Savoia.
Come dicevano Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella nel loro libro ‘Se muore il Sud’.
Il destino della Sicilia dipende dal valore della classe dirigente che i siciliani si sceglieranno.
Ecco la responsabilità: il destino della Sicilia è in mano agli elettori.
Altri cinque anni di tempo non ci sono.
Per loro e per tutta l’Italia.
di Ferruccio Sansa | 3 novembre 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11 ... a/3954864/
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Ferruccio Sansa
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Non ci sono altri cinque anni di tempo.
Domenica la Sicilia sceglie il suo nuovo governatore e non può sbagliare.
Perché affidarsi a schieramenti infarciti di condannati, indagati e semplici voltagabbana, oltre che magari inetti, rischierebbe di essere una condanna definitiva per la Sicilia.
E anche per l’Italia.
Davvero domenica in Sicilia si decidono le sorti del nostro Paese, almeno come fino a oggi abbiamo inteso l’Italia.
Non c’è più tempo per i fatalismi, la rassegnazione, il “tanto non cambia niente”.
Ora o mai più: la Germania corre, la Francia con le sue imprese compra decine di società italiane.
Le statistiche sull’economia, l’occupazione, l’istruzione e la sanità ci ricordano ogni giorno che l’Italia è indietro.
Ma è indietro soprattutto il Sud.
Perdere il Meridione, questo succederebbe se si sbagliasse ancora una volta la classe dirigente, sarebbe perdere l’Italia.
Non solo: sancirebbe ancor di più la divisione irrecuperabile tra Nord e Sud del Paese.
Non passa giorno senza che le statistiche – oltre che la nostra esperienza di ogni giorno – ci ricordino l’enorme divario tra le due metà dell’Italia.
Prendiamo soltanto oggi: a Milano il 54% dei certificati pubblici sono online, a Napoli zero.
A Palermo il 12%.
Ancora: soltanto il 14% dei turisti stranieri va oltre Roma e visita il Sud.
Che non è certo meno ricco di bellezza del Nord.
È una condanna per il Meridione.
Ma rischia di trascinarsi a fondo anche il resto d’Italia.
Soprattutto diventerà un elemento irrecuperabile di frattura tra i due poli del Paese.
Oggi la distanza è soprattutto economica, ma dal denaro poi nascono divisioni sociali e culturali.
Non è ancora così, facciamo qualcosa prima di finire come Madrid e Barcellona.
Il referendum in Veneto è un campanello d’allarme che non possiamo ignorare.
Alcune delle rivendicazioni dei cittadini veneti – non tutte, e non i modi, magari – devono essere ascoltate.
La solidarietà tra regioni non deve produrre, però, un’ingiustizia.
Non deve premiare chi amministra male, chi arraffa.
Non si può abbandonare il Sud, questo è chiaro, ma non si può nemmeno continuare così.
Non è una condanna del Meridione e della gente che ci vive.
L’Italia senza Sicilia non esiste.
Perché è forse la regione più bella del nostro Paese.
Perché, ancor più, è parte fondamentale della nostra cultura, del nostro modo di sentire.
I punti di partenza, per sperare in un rilancio che cominci domenica, sono forse responsabilità e orgoglio.
Due parole che sono tanto care alla gente di Sicilia.
Responsabilità non come fardello e colpa, ma al contrario come consapevolezza del proprio valore.
E poi orgoglio: il desiderio di non essere visti come rimorchio del Paese (sempre fanalino di coda in tutte le classifiche), ma come elemento trainante.
È il posto che la Sicilia si merita.
Allora, però, non si possono più tirare in ballo le colpe dei borboni e dei Savoia.
Come dicevano Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella nel loro libro ‘Se muore il Sud’.
Il destino della Sicilia dipende dal valore della classe dirigente che i siciliani si sceglieranno.
Ecco la responsabilità: il destino della Sicilia è in mano agli elettori.
Altri cinque anni di tempo non ci sono.
Per loro e per tutta l’Italia.
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Re: Diario della caduta di un regime.
MALGRADO LA SOLITA STROMBAZZANTE PROPAGANDA PER I SOLITI MERLONI DOC, DOVE SI ASSICURA LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA ALLE PROSSIME ELEZIONI, SE SI PRESENTERA' UNITO, IL SEGNO DI GRANDE DIFFICOLTA' E' RAPPRESENTATO DA QUESTO ARTICOLO RIPESCATO NELL'ARCHIVIO DELLA TROMBON-PROPAGANDA DI DUE ANNI E MEZZO FA.
GIA' IL TITOLO LA DICE LUNGA:
“Mani Pulite? Un colpo di stato a favore del Pci
GLI USA HANNO LAVORATO PER QUASI CINQUANT'ANNI PER FARE CADERE L'UNIONE SOVIETICA, E AVREBBERO DOVUTO APPOGGIARE UN COLPO DI STATO PER FAVORIRE IL PCI IN ITALIA.
E' SOLO PROPAGANDA PER MERLI STUPIDI E DEFICIENTI.
MA TANTO VALE, IN QUESTA ITALIETTA FUNZIONA COSI'.
IL CONTENUTO DELL'ARTICOLO, POI, NON DICE ASSOLUTAMENTE NIENTE A SUPPORTO DEL TITOLO.
E' SOLO PROPAGANDA PER INFLUENZARE I SOLITI MERLONI DOC CHE SI BEVONO DI TUTTO E DI PIU'.
“Mani Pulite? Un colpo di stato a favore del Pci”
07/04/2015 Bruno Giurato Interviste
“Ci sono tre mestieri che ti permettono di diventare un altro: il giornalista, lo psicanalista e l’attore. Il giornalista diventa l’intervistato, lo psicanalista diventa il paziente, l’attore diventa il personaggio” E lui, Paolo Guzzanti, a settant’anni ha deciso di spostarsi dal ruolo di giornalista (penna elegante e all’occorrenza feroce di Repubblica, poi de La Stampa, ora de Il Giornale) a quello di attore. Lo era sempre stato, un po’. C’è più che un sospetto che il primo motore del talento dei figli, Sabina, Corrado, Caterina, sia lui.
Le sue imitazioni sono memorabili, il suo Pertini ha ingannato Renzo Arbore in una celebre diretta Rai, e una serie di personalità istituzionali, in scherzi al confine tra goliardia e sovversione carnascialesca.
Ora Paolo Guzzanti arriva a teatro davvero. Solo sul palcoscenico del Brancaccino (dal 26 al 29 marzo) a duettare con se stesso sul canovaccio dell’ autobiografia Senza più sognare il padre. Lo spettacolo si chiama La ballata del prima e del dopo. La regia è di Francesco Sala. “E’ uno spettacolo metà buffo e metà serio” racconta Guzzanti a Il Giornale, “ comincia con la mia intervista a Franco Evangelisti, ministro e uomo di Andreotti, quella di “A Fra che te serve”. Lui resta come voce di contrasto. E mi serve per fare un discorso sulla memoria. Evangelisti 13 anni prima di Tangentopoli aveva detto “qui abbiamo rubato tutti” Eppure tutta la faccenda fu insabbiata derubricandola a questione di “colore”, il romanesco, il “politico alla vaccinara” ecc ecc. Si doveva salvare il compromesso storico Andreotti-Berlinguer…” Conclude.
Succede ancora oggi? Quando leggiamo le fenomenologie sulla felpa di Salvini o sull’inglese di Renzi stiamo assistendo all’uso del “colore” a fini di distrazione?
Be’ certo, sono costruzioni di fondali scenografici. Si costruiscono personaggi. Anche se l’inglese di Renzi, bisogna dire, grida vendetta a Dio…
Sostanziale omogeneità della politica tra Prima, Seconda, Terza Repubblica?
“Seconda Repubblica”, come racconta il libro The Italian Guillotine di Stanton H. Burnett e Luca Mantovani (mai tradotto in italiano), è stato un tentato colpo di stato che doveva concludersi con la vittoria di Occhetto. E lì fu la volta che Berlusconi è impazzito. Trovo l’espressione Seconda Repubblica ridicola, come Terza repubblica
Siamo ancora negli anni Sessanta, insomma
Mah, sì. Le persone sono sempre le stesse, quelle arrivate dopo fanno parte dei soliti potentati. Il carattere degli italiani sta tutto in Machiavelli, e anche in Pinocchio. Quale Prima e Seconda Repubblica….
Come è iniziata la sua carriera? Fu Giacomo Mancini a darle l’accesso alla professione giornalistica?
Ero socialista dai 17 anni. Nei primi anni 60 andai a lavorare senza essere pagato, al Punto della settimana. Settimanale fichissimo: ci scrivevano da Kennedy a Pietro Nenni. Poi andai a fare l’operaio tipografo, per quattro anni, all’Avanti. Poi finalmente mi assunsero. E nel ’72, con Mancini, andai a lavorare al Giornale di Calabria. Tre anni interessanti e anche devastanti. Poi conobbi Serena Rossetti, la compagna di Scalfari. Mi assunsero all’Espresso.
Ecco, Scalfari. Lei è stato un po’ il suo figlioccio…
Ammetto che gli devo tantissimo, e umanamente gli voglio ancora bene.
E’ un maestro di pensiero come si sente di essere, o è un viveur e inventore di giornali?
La seconda. Gli piace essere visto come un grande filosofo: e’ un uomo colto, che ha letto moltissimo, e ha letto bene. Come filosofo, però, non mi pare sia memorabile.
Lei è stato a contatto molto stretto anche con Cossiga. Qual è stato il motore della sua trasformazione, da politico compassato a picconatore?
Gli sembrò che i suoi amici, De Benedetti e Scalfari, da cui andava a pranzo tutte le settimane, avessero l’intenzione di farlo fuori. Che a occhio mi sembra esatto. I due furono gli autori degli articoli in cui si chiedeva che fosse sospeso dalle funzioni di Presidente della Repubblica, sostituito da una comitato di saggi, e ricoverato.
Su De Benedetti lei ha scritto un libro intervista…
Dopo il libro mi chiese se volevo rientrare a Repubblica. Ma dopo un po’ mi disse che c’erano dei problemi. Gli dissi: perché sono berlusconiano? Mi rispose “quello si supera, il guaio è che hai fatto la commissione Mitrokhin”. Mi indignai. Repubblica aveva scritto una serie incredibile di falsità su di me. Dicevano che mi fabbricavo i documenti in un ufficetto a Napoli.
Cazzullo ha scritto che la Mitrokhin metteva in imbarazzo tutti, post comunisti e neoputiniani.
Plausibile. Mi trovai con la commissione piena di comunisti, postcomunisti, paracomunisti. Ero praticamente solo. Scoprimmo un sacco di cose, che sono state tutte insabbiate. Non gliene è fregato niente a nessuno.
Il suo contrasto con Berlusconi, nel 2009, è derivato dal libro Mignottocrazia o dal legame del Cav. con Putin?
Per Putin. Invece Mignottocrazia lo dissi solo per dare un avvertimento a Berlusconi. C’era questo girovagare di sgallettate, anche a sinistra beninteso. Scrissi un libro-sberleffo. Non fu un atto di vendetta, fu un messaggio: “occhio o ti incastreranno”.
Qual è stata la maggiore difficoltà della destra berlusconiana?
Una volta dissi al Cav. “Con giornali, libri e Tv non possiamo creare un’alternativa alla sinistra”. Mi rispose: “le mie reti sono commerciali. Non puoi allontanare parte dei committenti con contenuti che li possono infastidire”.
Avere un’impresa implica il rispetto forzato del pluralismo…
Certo. Il Cav. ha ideali (liberalismo, socialismo democratico), ma da imprenditore non può fare quello che vuole.
E chiudiamo sulla sua vita personale. Nello spettacolo racconta di quando la perseguitavano per i capelli rossi…
Mi dicevano “Roscio malpelo schizza veleno”. Oppure: “A roscio passa domani che è moscio”. Mio padre mi insegnò a fare in modo che nessuno ti notasse. Mettere il cappello in testa in modo che non si vedessero i capelli. E’ anche divertente.
Viene da lì la sua capacità di calarsi in altre personalità?
Strategie mimetiche. Rifare le voci. Essere gli altri. Io sono un ventaglio di identità anche geografiche. Amo il nord, sono pazzo di Napoli, amo la Sicilia. Cerco di rifare il verso a tutti.
http://ilgiornaloff.ilgiornale.it/2015/ ... e-del-pci/
GIA' IL TITOLO LA DICE LUNGA:
“Mani Pulite? Un colpo di stato a favore del Pci
GLI USA HANNO LAVORATO PER QUASI CINQUANT'ANNI PER FARE CADERE L'UNIONE SOVIETICA, E AVREBBERO DOVUTO APPOGGIARE UN COLPO DI STATO PER FAVORIRE IL PCI IN ITALIA.
E' SOLO PROPAGANDA PER MERLI STUPIDI E DEFICIENTI.
MA TANTO VALE, IN QUESTA ITALIETTA FUNZIONA COSI'.
IL CONTENUTO DELL'ARTICOLO, POI, NON DICE ASSOLUTAMENTE NIENTE A SUPPORTO DEL TITOLO.
E' SOLO PROPAGANDA PER INFLUENZARE I SOLITI MERLONI DOC CHE SI BEVONO DI TUTTO E DI PIU'.
“Mani Pulite? Un colpo di stato a favore del Pci”
07/04/2015 Bruno Giurato Interviste
“Ci sono tre mestieri che ti permettono di diventare un altro: il giornalista, lo psicanalista e l’attore. Il giornalista diventa l’intervistato, lo psicanalista diventa il paziente, l’attore diventa il personaggio” E lui, Paolo Guzzanti, a settant’anni ha deciso di spostarsi dal ruolo di giornalista (penna elegante e all’occorrenza feroce di Repubblica, poi de La Stampa, ora de Il Giornale) a quello di attore. Lo era sempre stato, un po’. C’è più che un sospetto che il primo motore del talento dei figli, Sabina, Corrado, Caterina, sia lui.
Le sue imitazioni sono memorabili, il suo Pertini ha ingannato Renzo Arbore in una celebre diretta Rai, e una serie di personalità istituzionali, in scherzi al confine tra goliardia e sovversione carnascialesca.
Ora Paolo Guzzanti arriva a teatro davvero. Solo sul palcoscenico del Brancaccino (dal 26 al 29 marzo) a duettare con se stesso sul canovaccio dell’ autobiografia Senza più sognare il padre. Lo spettacolo si chiama La ballata del prima e del dopo. La regia è di Francesco Sala. “E’ uno spettacolo metà buffo e metà serio” racconta Guzzanti a Il Giornale, “ comincia con la mia intervista a Franco Evangelisti, ministro e uomo di Andreotti, quella di “A Fra che te serve”. Lui resta come voce di contrasto. E mi serve per fare un discorso sulla memoria. Evangelisti 13 anni prima di Tangentopoli aveva detto “qui abbiamo rubato tutti” Eppure tutta la faccenda fu insabbiata derubricandola a questione di “colore”, il romanesco, il “politico alla vaccinara” ecc ecc. Si doveva salvare il compromesso storico Andreotti-Berlinguer…” Conclude.
Succede ancora oggi? Quando leggiamo le fenomenologie sulla felpa di Salvini o sull’inglese di Renzi stiamo assistendo all’uso del “colore” a fini di distrazione?
Be’ certo, sono costruzioni di fondali scenografici. Si costruiscono personaggi. Anche se l’inglese di Renzi, bisogna dire, grida vendetta a Dio…
Sostanziale omogeneità della politica tra Prima, Seconda, Terza Repubblica?
“Seconda Repubblica”, come racconta il libro The Italian Guillotine di Stanton H. Burnett e Luca Mantovani (mai tradotto in italiano), è stato un tentato colpo di stato che doveva concludersi con la vittoria di Occhetto. E lì fu la volta che Berlusconi è impazzito. Trovo l’espressione Seconda Repubblica ridicola, come Terza repubblica
Siamo ancora negli anni Sessanta, insomma
Mah, sì. Le persone sono sempre le stesse, quelle arrivate dopo fanno parte dei soliti potentati. Il carattere degli italiani sta tutto in Machiavelli, e anche in Pinocchio. Quale Prima e Seconda Repubblica….
Come è iniziata la sua carriera? Fu Giacomo Mancini a darle l’accesso alla professione giornalistica?
Ero socialista dai 17 anni. Nei primi anni 60 andai a lavorare senza essere pagato, al Punto della settimana. Settimanale fichissimo: ci scrivevano da Kennedy a Pietro Nenni. Poi andai a fare l’operaio tipografo, per quattro anni, all’Avanti. Poi finalmente mi assunsero. E nel ’72, con Mancini, andai a lavorare al Giornale di Calabria. Tre anni interessanti e anche devastanti. Poi conobbi Serena Rossetti, la compagna di Scalfari. Mi assunsero all’Espresso.
Ecco, Scalfari. Lei è stato un po’ il suo figlioccio…
Ammetto che gli devo tantissimo, e umanamente gli voglio ancora bene.
E’ un maestro di pensiero come si sente di essere, o è un viveur e inventore di giornali?
La seconda. Gli piace essere visto come un grande filosofo: e’ un uomo colto, che ha letto moltissimo, e ha letto bene. Come filosofo, però, non mi pare sia memorabile.
Lei è stato a contatto molto stretto anche con Cossiga. Qual è stato il motore della sua trasformazione, da politico compassato a picconatore?
Gli sembrò che i suoi amici, De Benedetti e Scalfari, da cui andava a pranzo tutte le settimane, avessero l’intenzione di farlo fuori. Che a occhio mi sembra esatto. I due furono gli autori degli articoli in cui si chiedeva che fosse sospeso dalle funzioni di Presidente della Repubblica, sostituito da una comitato di saggi, e ricoverato.
Su De Benedetti lei ha scritto un libro intervista…
Dopo il libro mi chiese se volevo rientrare a Repubblica. Ma dopo un po’ mi disse che c’erano dei problemi. Gli dissi: perché sono berlusconiano? Mi rispose “quello si supera, il guaio è che hai fatto la commissione Mitrokhin”. Mi indignai. Repubblica aveva scritto una serie incredibile di falsità su di me. Dicevano che mi fabbricavo i documenti in un ufficetto a Napoli.
Cazzullo ha scritto che la Mitrokhin metteva in imbarazzo tutti, post comunisti e neoputiniani.
Plausibile. Mi trovai con la commissione piena di comunisti, postcomunisti, paracomunisti. Ero praticamente solo. Scoprimmo un sacco di cose, che sono state tutte insabbiate. Non gliene è fregato niente a nessuno.
Il suo contrasto con Berlusconi, nel 2009, è derivato dal libro Mignottocrazia o dal legame del Cav. con Putin?
Per Putin. Invece Mignottocrazia lo dissi solo per dare un avvertimento a Berlusconi. C’era questo girovagare di sgallettate, anche a sinistra beninteso. Scrissi un libro-sberleffo. Non fu un atto di vendetta, fu un messaggio: “occhio o ti incastreranno”.
Qual è stata la maggiore difficoltà della destra berlusconiana?
Una volta dissi al Cav. “Con giornali, libri e Tv non possiamo creare un’alternativa alla sinistra”. Mi rispose: “le mie reti sono commerciali. Non puoi allontanare parte dei committenti con contenuti che li possono infastidire”.
Avere un’impresa implica il rispetto forzato del pluralismo…
Certo. Il Cav. ha ideali (liberalismo, socialismo democratico), ma da imprenditore non può fare quello che vuole.
E chiudiamo sulla sua vita personale. Nello spettacolo racconta di quando la perseguitavano per i capelli rossi…
Mi dicevano “Roscio malpelo schizza veleno”. Oppure: “A roscio passa domani che è moscio”. Mio padre mi insegnò a fare in modo che nessuno ti notasse. Mettere il cappello in testa in modo che non si vedessero i capelli. E’ anche divertente.
Viene da lì la sua capacità di calarsi in altre personalità?
Strategie mimetiche. Rifare le voci. Essere gli altri. Io sono un ventaglio di identità anche geografiche. Amo il nord, sono pazzo di Napoli, amo la Sicilia. Cerco di rifare il verso a tutti.
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Re: Diario della caduta di un regime.
OVRA IN AZIONE
nazionale: Salvini sfida Berlusconirodaggio
Guerra di leadership dietro il “centrodestra unito
Renzi si tiene alla larga, Di Maio fa il rodaggio
Guerra di leadership dietro il “centrodestra unito”. Il Pd teme di farsi male, i 5Stelle provano il post-Grillo
URNE APERTE, AFFLUENZA BASSA ALLE 12. HA VOTATO IL 10,8% – Le emergenze del prossimo presidente
Politica
Le elezioni regionali siciliane hanno un valore doppio: uno a livello e locale e uno fondamentale in chiave nazionale. A darglielo, quel valore, sono i vertici delle principali forze politiche del Paese, che qui cominciano a giocarsi la loro partita in attesa del 2018. Il leader Pd sta lontano dall’isola e sta a distanza dal “suo” candidato. Alfano in blackout. Il centrodestra misura il peso specifico delle sue componenti a colpi di comizi, il candidato premier M5s ombra di Cancelleri
di Giuseppe Pipitone
nazionale: Salvini sfida Berlusconirodaggio
Guerra di leadership dietro il “centrodestra unito
Renzi si tiene alla larga, Di Maio fa il rodaggio
Guerra di leadership dietro il “centrodestra unito”. Il Pd teme di farsi male, i 5Stelle provano il post-Grillo
URNE APERTE, AFFLUENZA BASSA ALLE 12. HA VOTATO IL 10,8% – Le emergenze del prossimo presidente
Politica
Le elezioni regionali siciliane hanno un valore doppio: uno a livello e locale e uno fondamentale in chiave nazionale. A darglielo, quel valore, sono i vertici delle principali forze politiche del Paese, che qui cominciano a giocarsi la loro partita in attesa del 2018. Il leader Pd sta lontano dall’isola e sta a distanza dal “suo” candidato. Alfano in blackout. Il centrodestra misura il peso specifico delle sue componenti a colpi di comizi, il candidato premier M5s ombra di Cancelleri
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OVRA IN AZIONE
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Magaldi: guerra al rigore, o Renzi è finito. E attorno, il nulla
Scritto il 06/11/17 • nella Categoria: idee Condividi
Matteo, ripensaci: hai un’ultima chance, azzerare il renzismo sbruffone e prendere il toro per le corna, cioè mandare a quel paese Bruxelles e archiviare l’austerity.
Parola di Gioele Magaldi, all’indomani delle elezioni siciliane che hanno fotografato la peggiore Italia possibile, elettoralmente parlando: da una parte la vecchia nomenklatura berlusconiana dell’isola, e dall’altra l’inconcludenza velleitaria dei 5 Stelle.
Ultimo della fila, ridotto all’irrilevanza, un Pd in aperto declino, affossato dal “pesce lesso” Gentiloni, mentre l’ex rottamatore – fischiato a ogni stazione, nel suo surreale tour ferroviario – corre a rifugiarsi da Obama (altro perdente di successo, visto chi siede oggi alla Casa Bianca).
«Su quale pianeta vive, Matteo Renzi? Possibile che non capisca che gli italiani stanno male, che le loro condizioni economiche stanno precipitando?».
Si metta d’accordo con se stesso, l’ex primo ministro: qual è il vero Renzi?
«Non c’è traccia, nella sua azione politica, delle lodevoli idee che pure ha espresso nel suo ultimo libro, “Avanti”, in cui se la prende giustamente col “pensiero unico” che ha condotto all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione».
Reduce da un convegno del Movimento Roosevelt proprio sulla revisione della Carta costituzionale (con un’idea su tutte: rendere obbligatoria la piena occupazione, per legge), Magaldi – ai microfoni di “Colors Radio” – ragiona con David Gramiccioli sull’infelice momento della politica italiana.
In Sicilia non ha votato neppure un elettore su due, il che la dice lunga sulla fiducia degli italiani verso i partiti – incluso il Movimento 5 Stelle, che anche sull’isola (come a Roma) non è andato oltre la promessa di una politica pulita, senza corrotti né privilegi di casta.
Il centrodestra? «Musumeci sarà anche la brava persona che si dice, ma i siciliani già conoscono il personale politico berlusconiano che ha a lungo governato la Sicilia».
Inutile parlare della sinistra ufficiale: non va oltre la testimonianza di Claudio Fava, «che peraltro si è segnalato per una proposta di legge discriminatoria come quella che chiede di vietare ai massoni gli incarichi pubblici, fingendo di non sapere che era massone persino Meuccio Ruini, il padre della “commissione dei 75” che diede vita alla Costituzione democratica.
Piuttosto, è evidente la voragine rappresentata dall’auto-affondamento del Pd, abbandonato al suo destino da un Renzi «che forse non sa che si sta bruciando le ultime carte».
Tanta attenzione per Renzi, da parte di Magaldi, è presto spiegata: «E’ stato un leader vero, con grandi potenzialità e doti di comunicazione».
Il problema? «Si è limitato a vendere fumo, senza capire che anche gli italiani dopo un po’ si stancano, di essere presi giro».
Il guaio è che, via Renzi, chi altro c’è in campo?
Nonno Silvio?
Grillo, che continua a non spiegare come governerebbe l’Italia?
Il futuro è nuvoloso: il Rosatellum è fatto apposta per costruire l’ennesimo inciucio e mandare a Palazzo Chigi un’altra comparsa, stile Gentiloni.
«Ma Renzi non si illuda: se adesso non compie una svolta, una precisa scelta di campo, finirà ben presto anche la sua leadership, la sua carriera politica».
Cosa dovrebbe fare?
«L’ha scritto nel suo libro: mettere fine al rigore, alla “dittatura” del pensiero unico, senza timore di scontrarsi – ma per davvero – con la Merkel e con Draghi».
A differenza di Bersani, Renzi il pareggio di bilancio non l’ha votato: non era ancora in Parlamento, all’epoca.
«E se la rimozione del pareggio di bilancio l’avesse inserita nel quesito referendario del 4 dicembre scorso, probabilmente Renzi non l’avrebbe perso, quel referendum».
Un appello ad personam: ne vogliamo riparlare, Matteo?
Nonostante tutto, Magaldi considera Renzi un vettore potenziale di buona politica: l’unico teoricamente in campo, a patto che – per la prima volta – si decida a fare sul serio.
«Temo che viva in un’altra dimensione e non si renda conto dello stato di crisi in cui versa l’Italia», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt.
Dov’era, Renzi, negli ultimi anni, quando il “pensiero unico” (il rigore di bilancio) divorava l’economia del paese?
«Stava a Palazzo Chigi, da dove si è limitato a partorire il Jobs Act, che anziché aggredire la disoccupazione ha semplicemente aggravato la precarizzazione del lavoro».
Ora scrive che il “nemico vero” è a Bruxelles?
«Benone, ma ci dimostri che non sono le solite chiacchiere.
Finora è andato dalla Merkel a baciarle l’anello.
E ha chiesto, invano, di essere accolto dei circuiti della massoneria sovranazionale di stampo reazionario, quella contro cui noi ci battiamo».
Piccola profezia: se non scende in campo finalmente dalla parte giunta, il politico Matteo Renzi è praticamente finito.
«Ricorda Tremonti, che nei libri tuonava contro il neoliberismo ma poi, nei summit internazionali, restava in silenzio».
Se la sente, l’ex rottamatore, di passare dalle parole (di un libro) ai fatti?
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Magaldi: guerra al rigore, o Renzi è finito. E attorno, il nulla
Scritto il 06/11/17 • nella Categoria: idee Condividi
Matteo, ripensaci: hai un’ultima chance, azzerare il renzismo sbruffone e prendere il toro per le corna, cioè mandare a quel paese Bruxelles e archiviare l’austerity.
Parola di Gioele Magaldi, all’indomani delle elezioni siciliane che hanno fotografato la peggiore Italia possibile, elettoralmente parlando: da una parte la vecchia nomenklatura berlusconiana dell’isola, e dall’altra l’inconcludenza velleitaria dei 5 Stelle.
Ultimo della fila, ridotto all’irrilevanza, un Pd in aperto declino, affossato dal “pesce lesso” Gentiloni, mentre l’ex rottamatore – fischiato a ogni stazione, nel suo surreale tour ferroviario – corre a rifugiarsi da Obama (altro perdente di successo, visto chi siede oggi alla Casa Bianca).
«Su quale pianeta vive, Matteo Renzi? Possibile che non capisca che gli italiani stanno male, che le loro condizioni economiche stanno precipitando?».
Si metta d’accordo con se stesso, l’ex primo ministro: qual è il vero Renzi?
«Non c’è traccia, nella sua azione politica, delle lodevoli idee che pure ha espresso nel suo ultimo libro, “Avanti”, in cui se la prende giustamente col “pensiero unico” che ha condotto all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione».
Reduce da un convegno del Movimento Roosevelt proprio sulla revisione della Carta costituzionale (con un’idea su tutte: rendere obbligatoria la piena occupazione, per legge), Magaldi – ai microfoni di “Colors Radio” – ragiona con David Gramiccioli sull’infelice momento della politica italiana.
In Sicilia non ha votato neppure un elettore su due, il che la dice lunga sulla fiducia degli italiani verso i partiti – incluso il Movimento 5 Stelle, che anche sull’isola (come a Roma) non è andato oltre la promessa di una politica pulita, senza corrotti né privilegi di casta.
Il centrodestra? «Musumeci sarà anche la brava persona che si dice, ma i siciliani già conoscono il personale politico berlusconiano che ha a lungo governato la Sicilia».
Inutile parlare della sinistra ufficiale: non va oltre la testimonianza di Claudio Fava, «che peraltro si è segnalato per una proposta di legge discriminatoria come quella che chiede di vietare ai massoni gli incarichi pubblici, fingendo di non sapere che era massone persino Meuccio Ruini, il padre della “commissione dei 75” che diede vita alla Costituzione democratica.
Piuttosto, è evidente la voragine rappresentata dall’auto-affondamento del Pd, abbandonato al suo destino da un Renzi «che forse non sa che si sta bruciando le ultime carte».
Tanta attenzione per Renzi, da parte di Magaldi, è presto spiegata: «E’ stato un leader vero, con grandi potenzialità e doti di comunicazione».
Il problema? «Si è limitato a vendere fumo, senza capire che anche gli italiani dopo un po’ si stancano, di essere presi giro».
Il guaio è che, via Renzi, chi altro c’è in campo?
Nonno Silvio?
Grillo, che continua a non spiegare come governerebbe l’Italia?
Il futuro è nuvoloso: il Rosatellum è fatto apposta per costruire l’ennesimo inciucio e mandare a Palazzo Chigi un’altra comparsa, stile Gentiloni.
«Ma Renzi non si illuda: se adesso non compie una svolta, una precisa scelta di campo, finirà ben presto anche la sua leadership, la sua carriera politica».
Cosa dovrebbe fare?
«L’ha scritto nel suo libro: mettere fine al rigore, alla “dittatura” del pensiero unico, senza timore di scontrarsi – ma per davvero – con la Merkel e con Draghi».
A differenza di Bersani, Renzi il pareggio di bilancio non l’ha votato: non era ancora in Parlamento, all’epoca.
«E se la rimozione del pareggio di bilancio l’avesse inserita nel quesito referendario del 4 dicembre scorso, probabilmente Renzi non l’avrebbe perso, quel referendum».
Un appello ad personam: ne vogliamo riparlare, Matteo?
Nonostante tutto, Magaldi considera Renzi un vettore potenziale di buona politica: l’unico teoricamente in campo, a patto che – per la prima volta – si decida a fare sul serio.
«Temo che viva in un’altra dimensione e non si renda conto dello stato di crisi in cui versa l’Italia», sostiene il presidente del Movimento Roosevelt.
Dov’era, Renzi, negli ultimi anni, quando il “pensiero unico” (il rigore di bilancio) divorava l’economia del paese?
«Stava a Palazzo Chigi, da dove si è limitato a partorire il Jobs Act, che anziché aggredire la disoccupazione ha semplicemente aggravato la precarizzazione del lavoro».
Ora scrive che il “nemico vero” è a Bruxelles?
«Benone, ma ci dimostri che non sono le solite chiacchiere.
Finora è andato dalla Merkel a baciarle l’anello.
E ha chiesto, invano, di essere accolto dei circuiti della massoneria sovranazionale di stampo reazionario, quella contro cui noi ci battiamo».
Piccola profezia: se non scende in campo finalmente dalla parte giunta, il politico Matteo Renzi è praticamente finito.
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Re: Diario della caduta di un regime.
IL FASCISMO 2.0 E' GIA' COMINCIATO.
SE PER EVITARE LA LETTURA DELLA PRIMA PAGINA DEL FATTO QUOTIDIANO.IT, TI OSCURANO IL COMPUTER, SIGNIFICA SOLO CHE IL FASCISMO E' GIA' INIZIATO.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Non credo che Renzi possa diventare credibile. Tremonti, dopo un po' di anni in cui aveva provato ad affermare delle tesi socialiste, adesso conferma la sua fedeltà a Berlusconi.
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Re: Diario della caduta di un regime.
La cattiveria
Nuovo Dizionario della lingua italiana.
I m p re s e n t ab ile [ i m - p re - s e n - t à - b i - le ] : agg. –Che viene presentato e vince
WWW.SPINOZA.IT
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Re: Diario della caduta di un regime.
....................................LA LUNGA AGONIA
............................CADAVERI POCO ECCELLENTI
Renzi: “Sicilia come Consip, mi vogliono fuori
40% vicino, l’ho già raggiunto al referendum”
L’analisi del leader Pd tra sindrome dell’accerchiamento e i ricordi di quando ‘ho condotto io la campagna’
I non alleati – Mdp, Si e Civati accelerano per l’unità con i caucus all’americana. E Grasso parla con Pisapia
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11 ... m/3963870/ http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/11 ... m/3963870/
Politica [/b]
Cos’ha capito Renzi dopo la sconfitta in Sicilia? “Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta”. Non è una novità, scrive, “visto che hanno studiato vari modi per dirmelo: le prove false di Consip, la polemiche sulle banche, le accuse sulla mancata crescita, i numeri sbagliati sulle tasse e sul Jobs Act”. Cos’ha capito sul centrosinistra? “Alle elezioni, se il Pd fa il Pd e smette di litigare al proprio interno, possiamo raggiungere, insieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale che abbiamo preso nelle due volte in cui io ho guidato la campagna elettorale: il 40%, raggiunto sia alle Europee che al referendum”
di F. Q.
•blog caporale – nessun dubbio sull’onestà di Musumeci. Ma non si possono sminuire gli impresentabili •blog rizzo – Sicilia, il grande affare del Pd
•blog roccuzzo – Sicilia, una terra in cui i giovani non votano non ha futuro •blog speaker’s corner – oggi mi vergogno di essere siciliano
•video – cancelleri: “Vittoria contaminata” •il caso – musumeci al top nelle zone degli impresentabili (di G. Pipitone)
•la confusione del pd – le idee dopo il voto? copiare il Berlusconi del 2005: l’alleanza tridente
•il m5s – “Noi unica alternativa al ritorno di Berlusconi”: così alle Politiche M5s cercherà l’effetto Sicilia (di m.castigliani)
•video – Bersani: “Grasso leader della sinistra? Ci starebbe da Dio” (di a.sofia)
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Renzi: “Sicilia come Consip, mi vogliono fuori
40% vicino, l’ho già raggiunto al referendum”
L’analisi del leader Pd tra sindrome dell’accerchiamento e i ricordi di quando ‘ho condotto io la campagna’
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:....................................LA LUNGA AGONIA
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40% vicino, l’ho già raggiunto al referendum”
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Cos’ha capito Renzi dopo la sconfitta in Sicilia? “Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta”. Non è una novità, scrive, “visto che hanno studiato vari modi per dirmelo: le prove false di Consip, la polemiche sulle banche, le accuse sulla mancata crescita, i numeri sbagliati sulle tasse e sul Jobs Act”. Cos’ha capito sul centrosinistra? “Alle elezioni, se il Pd fa il Pd e smette di litigare al proprio interno, possiamo raggiungere, insieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale che abbiamo preso nelle due volte in cui io ho guidato la campagna elettorale: il 40%, raggiunto sia alle Europee che al referendum”
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IlFattoQuotidiano.it / Politica
Renzi: “La Sicilia? Da mesi cercano di mettermi da parte. Ma il 40% è vicino: l’abbiamo già raggiunto al referendum”
Politica
Il segretario del Pd nella sua newsletter: "Hanno studiato vari modi per dirmi di farmi da parte: da Consip alle banche, alle accuse sulla mancata crescita. Ogni mezzo per togliere di mezzo l'avversario scomodo. E infatti Di Maio e Berlusconi attaccano me"
di F. Q. | 7 novembre 2017
498
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Più informazioni su: Centrosinistra, Elezioni Regionali Sicilia, Matteo Renzi, PD
Cosa ha capito Matteo Renzi sul flop del candidato Pd alle elezioni regionali in Sicilia? Primo: “Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta”. Non è una novità, scrive, “visto che hanno studiato vari modi per dirmelo: le prove false di Consip, la polemiche sulle banche, le accuse sulla mancata crescita, i numeri sbagliati sulle tasse e sul Jobs Act“. Ora il voto in Sicilia. Il segretario Pd scrive nella newsletter personale in cui ribadisce questa sindrome dell’accerchiamento: “In tutti i casi è bastato dare tempo al tempo e la verità è emersa, o sta emergendo, limpida – sottolinea – Dire che il problema sono io per il voto in Sicilia si colloca nello stesso filone: utilizzare ogni mezzo per togliere di mezzo l’avversario scomodo. Che poi è l’obiettivo di chi è contro di noi. Non a caso Di Maio rinuncia al confronto, non a caso Berlusconi per prima cosa attacca me e il Pd”.
Cosa ha capito Matteo Renzi dopo il voto in Sicilia sul centrosinistra? “Alle elezioni, se il Pd fa il Pd e smette di litigare al proprio interno, possiamo raggiungere, insieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale che abbiamo preso nelle due volte in cui io ho guidato la campagna elettorale: il 40%, raggiunto sia alle Europee che al referendum“. Secondo Renzi “già oggi siamo in coalizione”. Ribadisce: “Siamo pronti ad allargare ancora al centro e alla nostra sinistra. Condivido a questo proposito le riflessioni di Dario Franceschini. Non abbiamo veti verso nessuno, noi”. E Grasso? Nessuno gli ha dato la colpa: “Si è solo detto che se Grasso si fosse candidato, come gli era stato chiesto, i risultati sarebbero stati diversi. Ma Grasso ha rinunciato, dicendo che da presidente del Senato non poteva sobbarcarsi un impegno politico in prima persona. Il che dimostra anche rigore istituzionale, intendiamoci. Rispetto per la sua scelta, nessuna polemica, ma semplice constatazione”. Per contro “forse sarebbe il caso di dire che se qualcuno dentro il Pd pensa di passare i prossimi mesi a litigare fa un grande regalo a Silvio Berlusconi e a Beppe Grillo. Sono mesi che si discute, si media, si fanno compromessi, si limano documenti: una vita fantastica, lo immaginate. Personalmente penso che sia arrivato il momento di cominciare la campagna elettorale”.
Cos’ha capito Renzi invece sul Pd? Ha perso, sì, ma è cresciuto. “pur avendo mantenuto gli stessi voti delle Regionali del 2012 (che avevamo vinto grazie alle divisioni della destra e al 10% dell’Udc, ripeto 10% Udc). Gli stessi. E rispetto alle politiche la coalizione di Bersani nel 2013 prese 21,4%, quella di Micari il 25,2%. Dunque noi, pur avendo perso, siamo cresciuti rispetto al 2013. Ma ovviamente non lo leggerete da nessuna parte”. Ma se il Pd non sta bene, non è che gli alleati vadano tanto meglio. “Del resto le liste della Sinistra radicale sono passate dal 6,5 per cento delle scorse regionali al 5,3 di ieri, eleggendo un solo consigliere regionale. Questo grande trionfo a sinistra io non l’ho visto, almeno in Sicilia. È vero che oggi è il 7 novembre 17 e dunque sono cento anni esatti: ma non vedo alle porte una rivoluzione comunista. Penso che un elettore di sinistra, anche radicale, voglia unità. Non le divisioni che fanno vincere la destra“. Ecco allora rinnovata l’idea della grande alleanza, proposta che dall’intervista di Franceschini al Corriere della Sera rimbalza nei retroscena di tutti i giornali.
Insomma, non è successo niente. Ha vinto la destra “come accade sempre, da decenni, in Sicilia”. A Musumeci Renzi fa gli auguri “perché riesca a governare bene la Sicilia. Dirò di più: spero che ci riesca perché prima vengono i cittadini, poi gli schieramenti. Ne dubito, per la compagnia di giro che ha, ma glielo auguro”. A proposito di compagnia di giro: “Sono molto fiero che ci siamo liberati di qualche personaggio che nel 2013 stava con noi – dice – Per esempio Francantonio Genovese, già deputato di Messina, poi condannato in primo grado a 9 anni. Quando è uscito dal carcere Genovese ha lasciato il Pd in polemica con la mia decisione di votare a favore dell’arresto in Aula. E si è iscritto a Forza Italia. A Messina Genovese, per il tramite del figlio, ha portato a Forza Italia 17mila voti. Ma io preferisco guidare il partito che candida il figlio di La Torre anziché il figlio di Genovese. Anche se magari qualche volta si perde”.
Invece i Cinquestelle “hanno perso” perché i commenti di queste ore “non fanno i conti con i numeri reali“. Il Movimento “aveva preso alle politiche del 2013 in Sicilia il 33% e a livello nazionale il 25%. La Sicilia era stata dunque la loro Toscana, il loro bacino di voti più forte. Oggi hanno preso il 26% in Sicilia, dopo che tutti i sondaggi li davano ampiamente sopra il 30%. Il voto alla lista, al simbolo passa dal 33 al 26%: dunque hanno perso sette punti percentuali su base regionale, chissà a quanto sono davvero su base nazionale. Se a questo si aggiunge che Di Maio e Di Battista hanno passato quattro mesi in Sicilia, Grillo ha detto che era l’ultima spiaggia, hanno speso centinaia di migliaia di euro in questa campagna ci rendiamo conto che i Cinque Stelle hanno perso. Eppure in tv raccontano di aver vinto e nessuno che gli faccia una domanda su questo. Ecco perché scappano dal confronto. Perché che hanno perso, loro lo sanno benissimo”.
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