Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Il Reverendo • 27 minuti fa
Si traduce l'articolo per i non addetti:
La Corte dei Conti ha rilevato dei casini pazzeschi nei rendiconti esaminati.
La campania ha il 90% dei conti messi così, la liguria il 74, le altre seguono a poche lunghezze.
A fronte di questa scorpacciata di prodotti che nemmeno mia nonna in carriola avrebbe comprato, gli uffici che hanno avuto la genialata sono frequentati da puri incompetenti.
I conti spesso sono sbagliati, con regole calpestate e contratti fatti "ad minchiam" a svantaggio degli enti che li fanno, praticamente un suicidio economico.
Sono stati trovati contratti in lingue sconosciute riferiti a cose già chiuse, tipo pensione del nonno defunto.
Sempre in campania si è visto che il fruttivendolo certificava da solo che la frutta era biologica, e il comune era contento mentre la comprava.
Modena e Forlì invece usavano riti magici per far si che le azioni comprate (vedasi nonna in carriola) non crollassero come in "una poltrona per due"
A venezia i ragionieri dopo che hanno visto perdere soldi invece di guadagnare hanno declamato "sperem che el casinò fassa el pien de schei", mostrando un complicato studio economico.
Bè, direi che dopotutto non siamo messi così male, potrebbe cadere un meteorite gigante sul pianeta.
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Si traduce l'articolo per i non addetti:
La Corte dei Conti ha rilevato dei casini pazzeschi nei rendiconti esaminati.
La campania ha il 90% dei conti messi così, la liguria il 74, le altre seguono a poche lunghezze.
A fronte di questa scorpacciata di prodotti che nemmeno mia nonna in carriola avrebbe comprato, gli uffici che hanno avuto la genialata sono frequentati da puri incompetenti.
I conti spesso sono sbagliati, con regole calpestate e contratti fatti "ad minchiam" a svantaggio degli enti che li fanno, praticamente un suicidio economico.
Sono stati trovati contratti in lingue sconosciute riferiti a cose già chiuse, tipo pensione del nonno defunto.
Sempre in campania si è visto che il fruttivendolo certificava da solo che la frutta era biologica, e il comune era contento mentre la comprava.
Modena e Forlì invece usavano riti magici per far si che le azioni comprate (vedasi nonna in carriola) non crollassero come in "una poltrona per due"
A venezia i ragionieri dopo che hanno visto perdere soldi invece di guadagnare hanno declamato "sperem che el casinò fassa el pien de schei", mostrando un complicato studio economico.
Bè, direi che dopotutto non siamo messi così male, potrebbe cadere un meteorite gigante sul pianeta.
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Re: Diario della caduta di un regime.
La Tv di regime (TG3), annuncia la firma dell'Italicum, ma tace la notizia sui derivati delle Regioni.
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Re: Diario della caduta di un regime.
camillobenso ha scritto:La vox populi si é subito scatenata
cetriolo globale • 18 minuti fa
un altro 'colpo' dei ladri di futuro
*****
nuovo art. 1 della costituzione
l'italia è un paese fondato sulle pensioni e sul lavoro pubblico a danno di precari, finti contratti a tempo indeterminato (jobs act) e partite iva del settore privato.
comma 1 è un piacere per lo stato tassare anche i disoccupati oltre a non prevedere nessun reddito di cittadinanza.
Ma che c'entra con gli scandali che escono fuori il lavoro pubblico? Ancora a dividere il mondo del lavoro? E anche con riguardo alle pensioni, con molte delle quali si mantengono i figli, anche le indennità (o reddito minimo come lo chiamano ora) hanno una natura simile. Mica si elargiscono in cambio di una prestazione.
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Re: Diario della caduta di un regime.
http://www.tzetze.it/redazione/2015/05/ ... _elezioni/
Vitalizi, Crozza: 'Fingono di averli aboliti a 20 giorni dalle elezioni'
Ciao
Paolo11
Vitalizi, Crozza: 'Fingono di averli aboliti a 20 giorni dalle elezioni'
Ciao
Paolo11
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Re: Diario della caduta di un regime.
paolo11 ha scritto:http://www.tzetze.it/redazione/2015/05/ ... _elezioni/
Vitalizi, Crozza: 'Fingono di averli aboliti a 20 giorni dalle elezioni'
Ciao
Paolo11
Senza bisogno di prendere i fucili, tocca a voi a far sapere a tutti prima di votare quanto sopra riportato.
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Re: Diario della caduta di un regime.
SPECCHIO SPECCHIO DELLE MIE BRAME........................
Elezioni comunali 2015, crolla affluenza: Bolzano al ballottaggio, a Trento vince il Pd. Fi sotto il 5 per cento
Forza Italia si ferma sotto il 4 per cento, mentre la Lega Nord arriva all'11 e al 13 per cento nei due centri principali. Il Movimento 5 Stelle al 9,5 e all'8 per cento. Salvini: "E' un risultato storico"
di F. Q. | 11 maggio 2015
L’affluenza crolla di sei punti percentuali e due comuni (Faedo e Ortisei) sono stati commissariati perché l’unico candidato sindaco non ha superato il quorum necessario dei votanti. Poi ballottaggio a Bolzano (dove il centrosinistra è in vantaggio), a Trento riconfermato il sindaco Pd Alessandro Andreatta e il renziano Fulvio Centoz verso la vittoria al primo turno ad Aosta. E’ questo il risultato delle elezioni comunali in Trentino Alto Adige dove si è votato per scegliere 240 sindaci. La prova elettorale in vista delle Regionali di fine maggio consegna la prima fotografia politica dei territori.
Forza Italia si ferma sotto il 5 per cento a Trento e Bolzano, mentre la Lega Nord è il secondo e il terzo partito arrivando rispettivamente all’11 e al 13 per cento. “E’ un risultato storico”, ha detto il segretario del Carroccio, “che dite la gente si sta svegliando?”. Il Movimento 5 Stelle invece ottiene il 9,5 e l’8 per cento. Ridimensionata la Svp: “Siamo stati puniti noi che ci siamo presentati in quasi tutti i comuni”, ha commentato il segretario Philipp Achammer, “paradossale che il crollo della presenza alle urne sia avvenuto in consultazioni che di solito sono molto sentite dai cittadini”.
Il dato più significativo resta quello dell’affluenza che si è fermata al 63,7 per cento, mentre alle precedenti elezioni comunali era arrivata al 69,8%. Alle provinciali del 2013 era stata del 62,82% e alle politiche dello stesso anno dell’80,04%. A Trento invece è stata del 54,8%, cioè di 51.453 votanti su 93.941 aventi diritto, in calo del 5,3% rispetto alle precedenti comunali (60,1%).
Perdono voti in assoluto tutti i partiti. C’è il crollo di Forza Italia: a Trento nel 2009 come Pdl aveva preso il 7,19 per cento (3487 voti), mentre oggi ha ottenuto il 4,25% (1963 voti). Storia simile a Bolzano: nel 2010 ottenne il 21,61% (9798 voti) mentre ora è al 3,73% (1042 voti). Resiste in generale il Partito democratico anche se non è indenne dal calo complessivo: a Bolzano è al 17,71 per cento con 4953 voti, mentre nel 2010 era al 17,26% con 7826 preferenze; a Trento ottiene il 29,58 (13.666 voti) contro il 29,80 per cento del 2009 (14.460 voti). Cresce invece la Lega Nord: dal 7,6 al 13,6 a Trento (da 3.777 voti a 6.033) e dal 5,52 all’11,26 per cento a Bolzano (da 2505 voti a 3149). I 5 Stelle entrano per la prima volta in consiglio comunale a Trento con l’8,69 per cento (4017 voti), mentre a Bolzano crescono rispetto al 2010: dal 4,10 per cento al 9,33, anche se l’aumento è ridotto se si guardano i voti assoluti (da 1.858 a 2.609).
I problemi crescono all’interno di Forza Italia: il partito di Silvio Berlusconi si ferma sotto il 4 per cento con un crollo dei voti assoluti rispetto alle scorse amministrative. “Dimissioni immediate del coordinatore Enrico Lillo”, dice la deputata di Forza Italia Micaela Biancofiore. “Quanto avvenuto è da imputarsi alle micro rivalità personali di gente da 2% o da 200 voti ed all’ambizione smisurata di capetti senza seguito e pudore. I risultati elettorali del Comune di Bolzano confermano senza se e senza ma che, se fosse stato candidato l’ex ministro Franco Frattini contro il sindaco uscente del Pd Spagnolli che la città rifiutava, oggi parleremo di una probabile vittoria al primo turno del Centrodestra con la Svp fuori dai blocchi, come avevamo richiesto”.
Ballottaggio a Bolzano tra Pd e Forza Italia
Gli elettori del capoluogo torneranno alle urne tra due settimane per scegliere tra il sindaco uscente Luigi Spagnolli, del Partito Democratico, che ha ottenuto il 41,58%, e Alessandro Urzì che con i colori anche di Forza Italia ha raggiunto quota 12,74%. I risultati definitivi del voto nel capoluogo sono stati resi noti dopo uno scrutinio durato 12 ore e mezzo. Al terzo posto si è piazzato Carlo Vettori della Lega Nord-Salvini con 10,67 punti. Subito dopo Cecilia Stefanelli, della sinistra con i Verdi, che ha ottenuto il 10,45%.
Spagnolli paga l’uscita dalla coalizione della sinistra, che ha preferito presentarsi con un proprio candidato sindaco ed ora dovrà cercare di ricucire i rapporti. Per quanto riguarda i voti di lista il Pd in città è stabile ottenendo le stesse percentuali di 5 anni fa. Grande sorpresa è la Lega che raddoppia i voti, pur orfana dell’ex leader Elena Artioli, recentemente passata al Pd. I commentatori attribuiscono l’exploit all’effetto Salvini, che aveva tenuto un comizio in piazza con moltissimo pubblico a poche ore dall’appuntamento con le urne. Si segnala infine la debacle di Forza Italia che non ha sfiorato il 4% di fronte al 22,2% ottenuto dal Pdl nella precedente tornata. Leggero calo della Svp che lascia sul campo quasi 4 punti percentuali.
A Trento confermato il sindaco Pd Alessandro Andreatta
A Trento Alessandro Andreatta è stato confermato per il suo secondo mandato: ha ottenuto il 53,7% dei voti con la coalizione di centrosinistra autonomista che lo aveva fatto vincere anche nel 2009, col 64,42%. Queste le percentuali degli altri candidati: Claudio Cia (Civica Tr., Pt, Fi, Ln, Fdi-An) 31,0%; Paolo Negroni (M5s) 8,4%; Antonia Romano (L’altra Trento a sinistra) 4,5%; Paolo Primon (Popoli liberi) 2,4%. Il Pd resta il primo partito col 29,6% (aveva il 29,8% alle precedenti comunali), seguito dalla Lega Nord al 13,2% (aveva il 7,8%), dal Cantiere civico democratico all’11,9% (che era Upt e aveva il 17,1%) e dal Partito autonomista trentino tirolese al 9,8% (aveva il 4,7%). M5s subito dietro con l’8,7%.
Renziano Centoz verso la vittoria al primo turno ad Aosta
Si profila una vittoria già al primo turno del renziano Fulvio Centoz alle elezioni comunali di Aosta, dove la coalizione formata dal Pd e dagli autonomisti di centro Union Valdotaine e Stella Alpina si attesta al 53 per centro, quando sono state scrutinate 22 sezioni su 38. Se la tendenza che sta emergendo sarà confermata, in Consiglio comunale del capoluogo regionale per la prima volta entreranno la Lega Nord e il Movimento 5 stelle che stanno riportando entrambi un 10 per cento.
Merano: ballottaggio tra Svp e Verdi
Con un finale-fotografia delle comunali di 5 anni fa, Merano andrà di nuovo al ballottaggio tra i candidati sindaci della Svp e dei Verdi. Il candidato Svp Gerhard Gruber, infatti, ha ottenuto il 24,4% dei suffragi, contro il 22,1% ottenuto da Paul Rösch dei Verdi. Nell’ultima tornata elettorale la sfida si era poi conclusa con la vittoria del candidato Svp Günther Januth. In altri 5 i comuni si profila il ballottaggio fra due settimane. Un dato non definitivo, quando sono le 5.30. I comuni interessati sono Ala, Borgo Valsugana, Folgaria, Mori e Storo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05 ... a/1671136/
Elezioni comunali 2015, crolla affluenza: Bolzano al ballottaggio, a Trento vince il Pd. Fi sotto il 5 per cento
Forza Italia si ferma sotto il 4 per cento, mentre la Lega Nord arriva all'11 e al 13 per cento nei due centri principali. Il Movimento 5 Stelle al 9,5 e all'8 per cento. Salvini: "E' un risultato storico"
di F. Q. | 11 maggio 2015
L’affluenza crolla di sei punti percentuali e due comuni (Faedo e Ortisei) sono stati commissariati perché l’unico candidato sindaco non ha superato il quorum necessario dei votanti. Poi ballottaggio a Bolzano (dove il centrosinistra è in vantaggio), a Trento riconfermato il sindaco Pd Alessandro Andreatta e il renziano Fulvio Centoz verso la vittoria al primo turno ad Aosta. E’ questo il risultato delle elezioni comunali in Trentino Alto Adige dove si è votato per scegliere 240 sindaci. La prova elettorale in vista delle Regionali di fine maggio consegna la prima fotografia politica dei territori.
Forza Italia si ferma sotto il 5 per cento a Trento e Bolzano, mentre la Lega Nord è il secondo e il terzo partito arrivando rispettivamente all’11 e al 13 per cento. “E’ un risultato storico”, ha detto il segretario del Carroccio, “che dite la gente si sta svegliando?”. Il Movimento 5 Stelle invece ottiene il 9,5 e l’8 per cento. Ridimensionata la Svp: “Siamo stati puniti noi che ci siamo presentati in quasi tutti i comuni”, ha commentato il segretario Philipp Achammer, “paradossale che il crollo della presenza alle urne sia avvenuto in consultazioni che di solito sono molto sentite dai cittadini”.
Il dato più significativo resta quello dell’affluenza che si è fermata al 63,7 per cento, mentre alle precedenti elezioni comunali era arrivata al 69,8%. Alle provinciali del 2013 era stata del 62,82% e alle politiche dello stesso anno dell’80,04%. A Trento invece è stata del 54,8%, cioè di 51.453 votanti su 93.941 aventi diritto, in calo del 5,3% rispetto alle precedenti comunali (60,1%).
Perdono voti in assoluto tutti i partiti. C’è il crollo di Forza Italia: a Trento nel 2009 come Pdl aveva preso il 7,19 per cento (3487 voti), mentre oggi ha ottenuto il 4,25% (1963 voti). Storia simile a Bolzano: nel 2010 ottenne il 21,61% (9798 voti) mentre ora è al 3,73% (1042 voti). Resiste in generale il Partito democratico anche se non è indenne dal calo complessivo: a Bolzano è al 17,71 per cento con 4953 voti, mentre nel 2010 era al 17,26% con 7826 preferenze; a Trento ottiene il 29,58 (13.666 voti) contro il 29,80 per cento del 2009 (14.460 voti). Cresce invece la Lega Nord: dal 7,6 al 13,6 a Trento (da 3.777 voti a 6.033) e dal 5,52 all’11,26 per cento a Bolzano (da 2505 voti a 3149). I 5 Stelle entrano per la prima volta in consiglio comunale a Trento con l’8,69 per cento (4017 voti), mentre a Bolzano crescono rispetto al 2010: dal 4,10 per cento al 9,33, anche se l’aumento è ridotto se si guardano i voti assoluti (da 1.858 a 2.609).
I problemi crescono all’interno di Forza Italia: il partito di Silvio Berlusconi si ferma sotto il 4 per cento con un crollo dei voti assoluti rispetto alle scorse amministrative. “Dimissioni immediate del coordinatore Enrico Lillo”, dice la deputata di Forza Italia Micaela Biancofiore. “Quanto avvenuto è da imputarsi alle micro rivalità personali di gente da 2% o da 200 voti ed all’ambizione smisurata di capetti senza seguito e pudore. I risultati elettorali del Comune di Bolzano confermano senza se e senza ma che, se fosse stato candidato l’ex ministro Franco Frattini contro il sindaco uscente del Pd Spagnolli che la città rifiutava, oggi parleremo di una probabile vittoria al primo turno del Centrodestra con la Svp fuori dai blocchi, come avevamo richiesto”.
Ballottaggio a Bolzano tra Pd e Forza Italia
Gli elettori del capoluogo torneranno alle urne tra due settimane per scegliere tra il sindaco uscente Luigi Spagnolli, del Partito Democratico, che ha ottenuto il 41,58%, e Alessandro Urzì che con i colori anche di Forza Italia ha raggiunto quota 12,74%. I risultati definitivi del voto nel capoluogo sono stati resi noti dopo uno scrutinio durato 12 ore e mezzo. Al terzo posto si è piazzato Carlo Vettori della Lega Nord-Salvini con 10,67 punti. Subito dopo Cecilia Stefanelli, della sinistra con i Verdi, che ha ottenuto il 10,45%.
Spagnolli paga l’uscita dalla coalizione della sinistra, che ha preferito presentarsi con un proprio candidato sindaco ed ora dovrà cercare di ricucire i rapporti. Per quanto riguarda i voti di lista il Pd in città è stabile ottenendo le stesse percentuali di 5 anni fa. Grande sorpresa è la Lega che raddoppia i voti, pur orfana dell’ex leader Elena Artioli, recentemente passata al Pd. I commentatori attribuiscono l’exploit all’effetto Salvini, che aveva tenuto un comizio in piazza con moltissimo pubblico a poche ore dall’appuntamento con le urne. Si segnala infine la debacle di Forza Italia che non ha sfiorato il 4% di fronte al 22,2% ottenuto dal Pdl nella precedente tornata. Leggero calo della Svp che lascia sul campo quasi 4 punti percentuali.
A Trento confermato il sindaco Pd Alessandro Andreatta
A Trento Alessandro Andreatta è stato confermato per il suo secondo mandato: ha ottenuto il 53,7% dei voti con la coalizione di centrosinistra autonomista che lo aveva fatto vincere anche nel 2009, col 64,42%. Queste le percentuali degli altri candidati: Claudio Cia (Civica Tr., Pt, Fi, Ln, Fdi-An) 31,0%; Paolo Negroni (M5s) 8,4%; Antonia Romano (L’altra Trento a sinistra) 4,5%; Paolo Primon (Popoli liberi) 2,4%. Il Pd resta il primo partito col 29,6% (aveva il 29,8% alle precedenti comunali), seguito dalla Lega Nord al 13,2% (aveva il 7,8%), dal Cantiere civico democratico all’11,9% (che era Upt e aveva il 17,1%) e dal Partito autonomista trentino tirolese al 9,8% (aveva il 4,7%). M5s subito dietro con l’8,7%.
Renziano Centoz verso la vittoria al primo turno ad Aosta
Si profila una vittoria già al primo turno del renziano Fulvio Centoz alle elezioni comunali di Aosta, dove la coalizione formata dal Pd e dagli autonomisti di centro Union Valdotaine e Stella Alpina si attesta al 53 per centro, quando sono state scrutinate 22 sezioni su 38. Se la tendenza che sta emergendo sarà confermata, in Consiglio comunale del capoluogo regionale per la prima volta entreranno la Lega Nord e il Movimento 5 stelle che stanno riportando entrambi un 10 per cento.
Merano: ballottaggio tra Svp e Verdi
Con un finale-fotografia delle comunali di 5 anni fa, Merano andrà di nuovo al ballottaggio tra i candidati sindaci della Svp e dei Verdi. Il candidato Svp Gerhard Gruber, infatti, ha ottenuto il 24,4% dei suffragi, contro il 22,1% ottenuto da Paul Rösch dei Verdi. Nell’ultima tornata elettorale la sfida si era poi conclusa con la vittoria del candidato Svp Günther Januth. In altri 5 i comuni si profila il ballottaggio fra due settimane. Un dato non definitivo, quando sono le 5.30. I comuni interessati sono Ala, Borgo Valsugana, Folgaria, Mori e Storo.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Nel transitorio dello sfascio di questo Paese cosa ne pensano gli abitanti del Bel Paese.
La vox populi.
steprazin • 11 minuti fa
“Qualche problema in casa B.”
Che faccia di tolla Salvini. Gli ha rubato i voti e lo sfotte pure. Fortuna sono alleati, e i voti se li scambiano come fossero due bacini a vasi comunicanti.
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Roberto BO • un'ora fa
Il renzismo mostra la corda .Hanno propagandato i dati delle europee confrontandoli con quelli delle politiche di Bersani.Oggi il pd renziano perde consensi e non riguardo alle europee,ma riguardo al PD di bersani .Oggi renzi perde e perde una marea di consensi con un aumento vertiginoso dell'astensionismo .Punto e basta. Addirittura in alcuni comuni si è sfiorato l'invalidazione delle elezioni per il non aver superato il 50% dei voti,che solo grazie allo scorporo dei voti dall'estero e stato superato il commissariamento e con fi al 5% .Questa è una grande sconfitta del renzismo e di chi crede che la democrazia sia prendere anche un solo voto che si è vinto.
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AA Roberto BO • alcuni secondi fa
il problema è che il non voto è appunto "non voto", quindi non concorre a determinare chi va al governo...
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La vox populi.
steprazin • 11 minuti fa
“Qualche problema in casa B.”
Che faccia di tolla Salvini. Gli ha rubato i voti e lo sfotte pure. Fortuna sono alleati, e i voti se li scambiano come fossero due bacini a vasi comunicanti.
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Roberto BO • un'ora fa
Il renzismo mostra la corda .Hanno propagandato i dati delle europee confrontandoli con quelli delle politiche di Bersani.Oggi il pd renziano perde consensi e non riguardo alle europee,ma riguardo al PD di bersani .Oggi renzi perde e perde una marea di consensi con un aumento vertiginoso dell'astensionismo .Punto e basta. Addirittura in alcuni comuni si è sfiorato l'invalidazione delle elezioni per il non aver superato il 50% dei voti,che solo grazie allo scorporo dei voti dall'estero e stato superato il commissariamento e con fi al 5% .Questa è una grande sconfitta del renzismo e di chi crede che la democrazia sia prendere anche un solo voto che si è vinto.
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AA Roberto BO • alcuni secondi fa
il problema è che il non voto è appunto "non voto", quindi non concorre a determinare chi va al governo...
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Re: Diario della caduta di un regime.
steprazin • 5 minuti fa
Come sempre hanno vinto tutti. Il Pd perché vince su tutti; i 5 Stelle perché raddoppiano i voti rispetto al 2010; la lega del felpato perché ha raggiunto l'8%, roba da guinness; forza italia ha vinto perché anziché scendere a quota prefisso telefonico, ha "tenuto bene"... Persino i partiti astensionisti hanno vinto: in barba a chi si aspettava il ritorno in massa alle urne, si è attestato su un pregevole, dignitoso 37%.
Estigatsi!
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Canessa • un'ora fa
Il M5S tutto sommato è andato bene altrimenti Repubblica ci faceva un titolone in HomePage sulla debacle. Persino il Corriere l'ha dovuto ammettere
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gianni cortese • un'ora fa
Il dato di aosta è banale,vince l'union valdotaine,quella che prende a c gli immigrati alleata con i renzies che con le altre regioni fanno la faccia feroce mandando clandestini a manetta.Ipocrisia regna sovrana.Per il trentino-alto adige continua il crollo dell'affluenza,tra un pò le elezioni saranno alla stregua di primarie tra diversamente renziani.Non collaborare col regime,bisogna farlo morire di fame perchè questo è un paese che non merita una sola stilla di sudore
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Come sempre hanno vinto tutti. Il Pd perché vince su tutti; i 5 Stelle perché raddoppiano i voti rispetto al 2010; la lega del felpato perché ha raggiunto l'8%, roba da guinness; forza italia ha vinto perché anziché scendere a quota prefisso telefonico, ha "tenuto bene"... Persino i partiti astensionisti hanno vinto: in barba a chi si aspettava il ritorno in massa alle urne, si è attestato su un pregevole, dignitoso 37%.
Estigatsi!
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Canessa • un'ora fa
Il M5S tutto sommato è andato bene altrimenti Repubblica ci faceva un titolone in HomePage sulla debacle. Persino il Corriere l'ha dovuto ammettere
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gianni cortese • un'ora fa
Il dato di aosta è banale,vince l'union valdotaine,quella che prende a c gli immigrati alleata con i renzies che con le altre regioni fanno la faccia feroce mandando clandestini a manetta.Ipocrisia regna sovrana.Per il trentino-alto adige continua il crollo dell'affluenza,tra un pò le elezioni saranno alla stregua di primarie tra diversamente renziani.Non collaborare col regime,bisogna farlo morire di fame perchè questo è un paese che non merita una sola stilla di sudore
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Re: Diario della caduta di un regime.
Gran Bretagna, chi perde si scusa e se ne va
In Italia cambia nome al partito o ne fonda uno
Poche ore dopo la sconfitta Miliband, Clegg e Farage si erano dimessi. Da noi, per effetto delle leggi
elettorali o per maquillage politico, tutti tengono la poltrona: da Casini a Vendola, da Berlusconi a Rutelli
In Italia cambia nome al partito o ne fonda uno
Poche ore dopo la sconfitta Miliband, Clegg e Farage si erano dimessi. Da noi, per effetto delle leggi
elettorali o per maquillage politico, tutti tengono la poltrona: da Casini a Vendola, da Berlusconi a Rutelli
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Re: Diario della caduta di un regime.
CARTE FALSE
Ecco come i politici manipolano i numeri
Da Berlusconi a Renzi, 20 anni di bugie
Dal milione di posti di lavoro al bonus di 80 euro, passando per tesoretti che appaiono e scompaiono e stime (come quelle Istat) su contratti e disoccupazione: sondaggi, tabelle e statistiche hanno invaso media e tv, e sono usate dai politici come strumento di propaganda. Così anche la matematica è diventata un'opinione
DI EMILIANO FITTIPALDI
08 maggio 2015
Quando dà i numeri, Matteo Renzi sembra ispirarsi alla leggendaria lezione di economia di “The Wolf of Wall Street”. «Regola numero uno: nessuno (ok, se sei Warren Buffett allora forse sì), nessuno sa se la Borsa va su, va giù, di lato o in circolo», ragiona il broker Matthew McConaughey mentre spiega strafatto di coca a Leonardo DiCaprio come fare soldi e fregare i clienti. I dati e le cifre? «Sono tutto un “fughesi”, un “fugasi”, cioè falso, volante... polvere di stelle, non esiste, non tocca terra, non ha importanza, non è sulla tavola degli elementi, non è reale caXXo!».
Ecco. A vedere le statistiche snocciolate dal premier e dai suoi ministri nelle ultime settimane, sembra che in Italia, come nel film di Martin Scorsese, la matematica sia diventata un’opinione, un luogo dove 2 più 2 può fare anche 5, 7 o 39, a secondo delle esigenze e degli esegeti del numero. Così, se un tesoretto da «1,6 miliardi» può apparire improvvisamente in un bel giorno di primavera e scomparire 48 ore dopo, per rinascere ancora (accresciuto o sgonfiato, a seconda dell’economista che ne scrive) in qualche dichiarazione al tg, e se le previsioni di crescita del Pil piazzate nel Documento di programmazione economica sembrano scientifiche quanto una partita a dadi, i dati sugli effetti del nuovo Jobs Act sono metafora perfetta dell’affidabilità delle tabelle che dominano il dibattito pubblico. Già: sia a fine marzo che a fine aprile il ministro Giuliano Poletti ha annunciato il miracolo, spiegando che la nuova legge aveva creato 79 e 92 mila contratti in più. Dopo una settimana l’Istat ha però certificato che il tasso di disoccupazione, proprio a marzo, ha raggiunto il suo massimo storico, toccando il 13 per cento. «I numeri non sono confrontabili», hanno spiegato fuori di sé da Palazzo Chigi. Oggi l'Istituto ha rilasciato un'altra sfilza di dati, stavolta trimestrali, che evidenzierebbero un boom (grazie al taglio delle tasse per chi assume) di contratti a tempo indeterminato. Insomma, ce più o meno lavoro di prima? Nemmeno i chiromanti e gli economisti più quotati finora ci hanno ancora capito nulla.
LA DITTATURA DEI NUMERI
Dal milione di posti di lavoro promessi da Silvio Berlusconi nel 1994 fino agli 80 euro del bonus Renzi, passando per l’ossessione europea del 3 per cento nel rapporto tra deficit e Pil, sono più di vent’anni che la dittatura dei numeri condiziona le elezioni, il confronto politico e, conseguentemente, l’evoluzione della società. La passione per le tabelle è diventata una moda e poi una malattia, un diluvio di cifre ci piove in testa tutti i santi giorni. «È vero. Il boom delle cifre è un fenomeno evidente, tangibile, ed è contestuale alla fine delle ideologie», spiega Ilvo Diamanti, ordinario all’università di Urbino che con dati e sondaggi ci lavora da sempre. «Durante la Prima Repubblica politica e partiti erano fondati su certezze granitiche, ma la fine della contrapposizione tra democristiani e comunisti, sommata al declino della fede religiosa, ha cambiato tutto. Le statistiche rappresentano una risposta alla crisi dei valori tradizionali, hanno riempito un vuoto, e sono diventate un totem».
Scomparsi i fondamenti culturali e le visioni etico-morali su cui si disegnavano gran parte delle misure politiche e delle strategie sociali, dunque, la matematica e la statistica sono diventate il filtro più usato per rappresentare e analizzare la realtà. I politici, ovviamente, ci sguazzano dappertutto, ma sotto le Alpi lo fanno con accanimento e modalità che altrove non hanno attecchito: non è un caso che nel “Grande dizionario della lingua italiana” la locuzione «dare i numeri» vuol dire anche «apparire insincero, suscitare il sospetto di tramare un inganno, di agire con doppiezza, con fini reconditi».
L’ARMA FINALE
Di sicuro i numeri sono diventati un corredo indispensabile a ogni strategia comunicativa. Ma, oltre a dare sostegno alle chiacchiere e una parvenza di concretezza alle parole, in Italia vengono usati soprattutto per impressionare, suggestionare, muovere passioni, speranze e paure. Se nel contratto con gli italiani Berlusconi prometteva «l’innalzamento delle pensioni minime ad almeno un milione di lire al mese» e «la riduzione delle imposte al 23 per cento per i redditi fino a 200 milioni di lire annui», nel 2013 Bersani spiegò di voler restituire alle imprese «50 miliardi in 5 anni» in modo da diminuire i debiti della pubblica amministrazione. Il cavallo di battaglia di Beppe Grillo è, da sempre, il reddito minimo di cittadinanza «da mille euro al mese», mentre Matteo Salvini afferma, da giorni, che «un milione di immigrati è pronto a salpare dalla Libia per le nostre coste».
Secondo il linguista Michele Porcaro, dell’università di Zurigo, c’è anche una strategia precisa nel dare i numeri, a seconda di cosa si vuole comunicare: la cifra tonda (un milione, un miliardo) «è in funzione di aggressione verbale», scrive l’esperto, «serve non a essere credibili, ma a suggestionare. Se si vuole suonare affidabili, invece, si usa la cifra esatta». In quest’ultimo caso, però, l’eccesso di pignoleria può causare effetti comici, come quando Berlusconi annunciò che durante il suo mandato a Palazzo Chigi «gli sbarchi di clandestini si sono ridotti del 247 per cento». Fosse stato vero, sarebbe addirittura un saldo negativo, sotto zero.
Già nel 1954 Darrell Huff nel best seller “Mentire con le statistiche” spiegava che i politici hanno una tendenza innata alla manipolazione della matematica. Che in sé è oggettiva e non opinabile, ma la sua interpretazione è assai discutibile. Prendiamo il tasso di disoccupazione: un dato che dovrebbe essere obiettivo e invece dipende da decine di parametri: hai risultati diversi se consideri o meno gli scolarizzati, l’ampiezza della popolazione che misuri, puoi decidere se dare il tasso annuale, mensile, tendenziale. «Alla fine il politico sceglie quello che gli conviene maggiormente. L’ambizione primaria dei partiti non è quella di riformare il Paese, ma costruire consenso», spiega ancora Diamanti. «E i numeri sono invece facili da strumentalizzare. Io per primo, quando faccio sondaggi elettorali, so che il mio lavoro può essere usato come mezzo di condizionamento delle masse. Bisogna, proprio per questo, che gli studi siano autorevoli, e che i media sappiano discernere tra fatti e fattoidi».
PRESSAPPOCHISMO D’ASSALTO
La propaganda non è l’unico modo in cui i politici e gli opinionisti stuprano le cifre. Altra caratteristica nazionale è quella di commentare fenomeni che non si conoscono a fondo, e imbastire analisi con numeri orecchiati al volo. «Nessuno studia, nessuno sa nulla, e così gli errori non si contano più. Anche perché ministri e deputati hanno mutuato dalla Borsa, sempre affamata di previsioni, una tendenza a pubblicare dati provvisori, che dopo poco tempo possono subire enormi revisioni», ragiona Giacomo Vaciago, economista all’Università Cattolica di Milano.
«Questo avviene soprattutto in Italia, dove i politici hanno ormai una veduta non corta, come diceva Tommaso Padoa-Schioppa, ma cortissima: se esce un dato sull’occupazione o sul Pil, un sondaggio o uno studio dell’ultima associazione dei consumatori, il politico vuole subito commentarlo, in modo da comparire sui telegiornali delle 20, sui siti, sulla stampa e nei talk show. Pazienza se il dato è solo una stima che può cambiare dopo qualche giorno: mal che vada si fa sempre in tempo a tornare in tv e ricommentarlo, dicendo il contrario di quanto affermato prima. È tutta fuffa, una bolla, numerologia irrazionale. La cosa incredibile è che tutti noi ci viviamo in mezzo, a questa panna montata, come fossero sabbie mobili».
ESODATI NON CALCOLATI
Così non deve stupire che esperti vari, economisti, e persino i cervelloni di Bankitalia abbiano prodotto decine di interventi per spiegare come spendere al meglio il tesoretto da 1,6 miliardi di euro che dopo un po’ si è ridotto della metà, e che oggi rischia di scomparire mangiato da un nuovo buco miliardario causato dalla sentenza della Consulta che ha bocciato come incostituzionale quella parte della riforma Fornero sul blocco delle pensioni (anche qui si è passati da 5 a 13 miliardi di euro in due giorni appena). Un provvedimento che angosciò anche i cosiddetti esodati, lavoratori finiti in un limbo tra lavoro e pensione. Per mesi non si capì quanti fossero davvero: se il governo Monti li quantificò in 65 mila persone, l’Inps parlò inizialmente di 130 mila casi, lievitati in una seconda relazione tecnica a 390 mila, mentre il sindacato ne contò 300 mila. Nemmeno fossimo alla tombola di Natale.
Se fin dalle scuole elementari i numeri danno ai futuri contribuenti un’illusoria garanzia di precisione, oggi gli italiani non riescono a sapere con certezza nemmeno quante tasse pagano: se il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha annunciato che il 2014 s’è chiuso con una riduzione della pressione fiscale, l’Istat - classificando il bonus da 80 euro come spesa sociale e non come riduzione del peso fiscale - ha fotografato invece un nuovo picco, arrivato al 43,5 per cento del Pil. Anche i numeri ballerini sulla spending review hanno intasato per mesi tv e giornali: se l’ex commissario Carlo Cottarelli parlò di tagli «per 8-14 miliardi», il governo Renzi ha recentemente ipotizzato «tagli per 10 miliardi». Alla fine, visto che gran parte degli impegni è rimasta solo su carta, la spesa pubblica ha continuato a crescere. Almeno così sostiene la Ragioneria dello Stato.
I NUOVI SACERDOTI
Se le cifre hanno sostituito le ideologie, coloro che le maneggiano sono diventati i nuovi guru, i sacerdoti della modernità. «E i numeri», aggiunge Diamanti, «sono il nuovo dio: peccato che, per definizione, siano molto meno obiettivi e infallibili di quanto si creda». La voglia incontenibile di tabelle e grafici ha fatto esplodere la domanda di cifre e sondaggi già da qualche lustro, ma oggi, nell’era dei Big Data, la tendenza è ancora più evidente. La società chiede ai numeri le risposte alle domande che pone: decisioni aziendali, personali, politiche vengono prese innanzitutto su dati statistici.
I numeri fanno ascolto, piacciono alla gente, e non è un caso che economisti ed esperti, veri o presunti, siano diventati star assolute della tv e del web: sondaggisti come Renato Mannheimer, Nicola Piepoli e Nando Pagnoncelli sono ospiti fissi nei talk, ascoltati e riveriti da politici e giornalisti come fossero la Sibilla Cumana (e pazienza se a ogni elezione le loro previsioni si dimostrano distanti dalla realtà); economisti come Tito Boeri hanno fondato siti di successo come lavoce.info e hanno fatto carriere importanti (Renzi l’ha nominato presidente dell’Inps, mentre cinque suoi redattori sono in aspettativa dopo aver ottenuto incarichi politici); piccole associazioni di artigiani, come la Cgia di Mestre, hanno pure creato un inedito business delle tabelle, grazie a un ufficio studi che macina centinaia di analisi e classifiche l’anno, riprese quotidianamente da agenzie di stampa e giornali.
«Per fortuna non ho beccato neppure una smentita», disse il segretario Giuseppe Bortolussi in un’intervista a “Panorama”, dimenticando però le critiche arrivate da Asl, assessori comunali, Regioni ed economisti assortiti. «Questa associazione ha una buona notorietà, ma a volte dà i numeri», notò pure Marco Ponti, ordinario di Economia a Milano. «Non che i numeri che dà siano tecnicamente sbagliati, ma confonde tra di loro dati che non c’entrano affatto». Bortolussi, per la cronaca, ha ottenuto un ritorno d’immagine straordinario, e nel 2010 è stato anche candidato del Pd in Veneto alle regionali contro Luca Zaia.
DATI PER TUTTI I GUSTI
Il doping informativo ha travolto tutto, e non c’è fenomeno che non venga misurato e quantificato. Dal presunto boom dei suicidi degli imprenditori (bufala di cui i media si sono occupati per mesi) all’«inflazione percepita» in voga dopo il passaggio dalla lira all’euro, non c’è organismo o consorteria che non abbia un suo centro studi che macina dati e fornisce tabelle facendo concorrenza a Istat, Ocse e Eurostat: dai sindacati alla Confcommercio, da Confindustria al Codacons di Carlo Rienzi, dalle banche al Censis, il delirio di cifre su Pil, fatturati industriali, tasse, stime per la ripresa e crisi dei consumi non lascia tregua a nessuno, ventiquattro ore su ventiquattro.
Vittima predestinata dell’overdose è ovviamente l’opinione pubblica, intontita da dati che alla lunga perdono di senso e di valore, in uno tsunami di matematica che, se da un lato allontana dalla verità, dall’altro distanzia le masse dalla politica, dalla televisione e dai giornali. Perché in tanti, ormai, cominciano a comprendere l’aforisma dell’ex primo ministro inglese Benjamin Disraeli: «Esistono tre tipi di bugie: le bugie, le bugie sfacciate e le statistiche».
http://espresso.repubblica.it/attualita ... =HEF_RULLO
Ecco come i politici manipolano i numeri
Da Berlusconi a Renzi, 20 anni di bugie
Dal milione di posti di lavoro al bonus di 80 euro, passando per tesoretti che appaiono e scompaiono e stime (come quelle Istat) su contratti e disoccupazione: sondaggi, tabelle e statistiche hanno invaso media e tv, e sono usate dai politici come strumento di propaganda. Così anche la matematica è diventata un'opinione
DI EMILIANO FITTIPALDI
08 maggio 2015
Quando dà i numeri, Matteo Renzi sembra ispirarsi alla leggendaria lezione di economia di “The Wolf of Wall Street”. «Regola numero uno: nessuno (ok, se sei Warren Buffett allora forse sì), nessuno sa se la Borsa va su, va giù, di lato o in circolo», ragiona il broker Matthew McConaughey mentre spiega strafatto di coca a Leonardo DiCaprio come fare soldi e fregare i clienti. I dati e le cifre? «Sono tutto un “fughesi”, un “fugasi”, cioè falso, volante... polvere di stelle, non esiste, non tocca terra, non ha importanza, non è sulla tavola degli elementi, non è reale caXXo!».
Ecco. A vedere le statistiche snocciolate dal premier e dai suoi ministri nelle ultime settimane, sembra che in Italia, come nel film di Martin Scorsese, la matematica sia diventata un’opinione, un luogo dove 2 più 2 può fare anche 5, 7 o 39, a secondo delle esigenze e degli esegeti del numero. Così, se un tesoretto da «1,6 miliardi» può apparire improvvisamente in un bel giorno di primavera e scomparire 48 ore dopo, per rinascere ancora (accresciuto o sgonfiato, a seconda dell’economista che ne scrive) in qualche dichiarazione al tg, e se le previsioni di crescita del Pil piazzate nel Documento di programmazione economica sembrano scientifiche quanto una partita a dadi, i dati sugli effetti del nuovo Jobs Act sono metafora perfetta dell’affidabilità delle tabelle che dominano il dibattito pubblico. Già: sia a fine marzo che a fine aprile il ministro Giuliano Poletti ha annunciato il miracolo, spiegando che la nuova legge aveva creato 79 e 92 mila contratti in più. Dopo una settimana l’Istat ha però certificato che il tasso di disoccupazione, proprio a marzo, ha raggiunto il suo massimo storico, toccando il 13 per cento. «I numeri non sono confrontabili», hanno spiegato fuori di sé da Palazzo Chigi. Oggi l'Istituto ha rilasciato un'altra sfilza di dati, stavolta trimestrali, che evidenzierebbero un boom (grazie al taglio delle tasse per chi assume) di contratti a tempo indeterminato. Insomma, ce più o meno lavoro di prima? Nemmeno i chiromanti e gli economisti più quotati finora ci hanno ancora capito nulla.
LA DITTATURA DEI NUMERI
Dal milione di posti di lavoro promessi da Silvio Berlusconi nel 1994 fino agli 80 euro del bonus Renzi, passando per l’ossessione europea del 3 per cento nel rapporto tra deficit e Pil, sono più di vent’anni che la dittatura dei numeri condiziona le elezioni, il confronto politico e, conseguentemente, l’evoluzione della società. La passione per le tabelle è diventata una moda e poi una malattia, un diluvio di cifre ci piove in testa tutti i santi giorni. «È vero. Il boom delle cifre è un fenomeno evidente, tangibile, ed è contestuale alla fine delle ideologie», spiega Ilvo Diamanti, ordinario all’università di Urbino che con dati e sondaggi ci lavora da sempre. «Durante la Prima Repubblica politica e partiti erano fondati su certezze granitiche, ma la fine della contrapposizione tra democristiani e comunisti, sommata al declino della fede religiosa, ha cambiato tutto. Le statistiche rappresentano una risposta alla crisi dei valori tradizionali, hanno riempito un vuoto, e sono diventate un totem».
Scomparsi i fondamenti culturali e le visioni etico-morali su cui si disegnavano gran parte delle misure politiche e delle strategie sociali, dunque, la matematica e la statistica sono diventate il filtro più usato per rappresentare e analizzare la realtà. I politici, ovviamente, ci sguazzano dappertutto, ma sotto le Alpi lo fanno con accanimento e modalità che altrove non hanno attecchito: non è un caso che nel “Grande dizionario della lingua italiana” la locuzione «dare i numeri» vuol dire anche «apparire insincero, suscitare il sospetto di tramare un inganno, di agire con doppiezza, con fini reconditi».
L’ARMA FINALE
Di sicuro i numeri sono diventati un corredo indispensabile a ogni strategia comunicativa. Ma, oltre a dare sostegno alle chiacchiere e una parvenza di concretezza alle parole, in Italia vengono usati soprattutto per impressionare, suggestionare, muovere passioni, speranze e paure. Se nel contratto con gli italiani Berlusconi prometteva «l’innalzamento delle pensioni minime ad almeno un milione di lire al mese» e «la riduzione delle imposte al 23 per cento per i redditi fino a 200 milioni di lire annui», nel 2013 Bersani spiegò di voler restituire alle imprese «50 miliardi in 5 anni» in modo da diminuire i debiti della pubblica amministrazione. Il cavallo di battaglia di Beppe Grillo è, da sempre, il reddito minimo di cittadinanza «da mille euro al mese», mentre Matteo Salvini afferma, da giorni, che «un milione di immigrati è pronto a salpare dalla Libia per le nostre coste».
Secondo il linguista Michele Porcaro, dell’università di Zurigo, c’è anche una strategia precisa nel dare i numeri, a seconda di cosa si vuole comunicare: la cifra tonda (un milione, un miliardo) «è in funzione di aggressione verbale», scrive l’esperto, «serve non a essere credibili, ma a suggestionare. Se si vuole suonare affidabili, invece, si usa la cifra esatta». In quest’ultimo caso, però, l’eccesso di pignoleria può causare effetti comici, come quando Berlusconi annunciò che durante il suo mandato a Palazzo Chigi «gli sbarchi di clandestini si sono ridotti del 247 per cento». Fosse stato vero, sarebbe addirittura un saldo negativo, sotto zero.
Già nel 1954 Darrell Huff nel best seller “Mentire con le statistiche” spiegava che i politici hanno una tendenza innata alla manipolazione della matematica. Che in sé è oggettiva e non opinabile, ma la sua interpretazione è assai discutibile. Prendiamo il tasso di disoccupazione: un dato che dovrebbe essere obiettivo e invece dipende da decine di parametri: hai risultati diversi se consideri o meno gli scolarizzati, l’ampiezza della popolazione che misuri, puoi decidere se dare il tasso annuale, mensile, tendenziale. «Alla fine il politico sceglie quello che gli conviene maggiormente. L’ambizione primaria dei partiti non è quella di riformare il Paese, ma costruire consenso», spiega ancora Diamanti. «E i numeri sono invece facili da strumentalizzare. Io per primo, quando faccio sondaggi elettorali, so che il mio lavoro può essere usato come mezzo di condizionamento delle masse. Bisogna, proprio per questo, che gli studi siano autorevoli, e che i media sappiano discernere tra fatti e fattoidi».
PRESSAPPOCHISMO D’ASSALTO
La propaganda non è l’unico modo in cui i politici e gli opinionisti stuprano le cifre. Altra caratteristica nazionale è quella di commentare fenomeni che non si conoscono a fondo, e imbastire analisi con numeri orecchiati al volo. «Nessuno studia, nessuno sa nulla, e così gli errori non si contano più. Anche perché ministri e deputati hanno mutuato dalla Borsa, sempre affamata di previsioni, una tendenza a pubblicare dati provvisori, che dopo poco tempo possono subire enormi revisioni», ragiona Giacomo Vaciago, economista all’Università Cattolica di Milano.
«Questo avviene soprattutto in Italia, dove i politici hanno ormai una veduta non corta, come diceva Tommaso Padoa-Schioppa, ma cortissima: se esce un dato sull’occupazione o sul Pil, un sondaggio o uno studio dell’ultima associazione dei consumatori, il politico vuole subito commentarlo, in modo da comparire sui telegiornali delle 20, sui siti, sulla stampa e nei talk show. Pazienza se il dato è solo una stima che può cambiare dopo qualche giorno: mal che vada si fa sempre in tempo a tornare in tv e ricommentarlo, dicendo il contrario di quanto affermato prima. È tutta fuffa, una bolla, numerologia irrazionale. La cosa incredibile è che tutti noi ci viviamo in mezzo, a questa panna montata, come fossero sabbie mobili».
ESODATI NON CALCOLATI
Così non deve stupire che esperti vari, economisti, e persino i cervelloni di Bankitalia abbiano prodotto decine di interventi per spiegare come spendere al meglio il tesoretto da 1,6 miliardi di euro che dopo un po’ si è ridotto della metà, e che oggi rischia di scomparire mangiato da un nuovo buco miliardario causato dalla sentenza della Consulta che ha bocciato come incostituzionale quella parte della riforma Fornero sul blocco delle pensioni (anche qui si è passati da 5 a 13 miliardi di euro in due giorni appena). Un provvedimento che angosciò anche i cosiddetti esodati, lavoratori finiti in un limbo tra lavoro e pensione. Per mesi non si capì quanti fossero davvero: se il governo Monti li quantificò in 65 mila persone, l’Inps parlò inizialmente di 130 mila casi, lievitati in una seconda relazione tecnica a 390 mila, mentre il sindacato ne contò 300 mila. Nemmeno fossimo alla tombola di Natale.
Se fin dalle scuole elementari i numeri danno ai futuri contribuenti un’illusoria garanzia di precisione, oggi gli italiani non riescono a sapere con certezza nemmeno quante tasse pagano: se il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha annunciato che il 2014 s’è chiuso con una riduzione della pressione fiscale, l’Istat - classificando il bonus da 80 euro come spesa sociale e non come riduzione del peso fiscale - ha fotografato invece un nuovo picco, arrivato al 43,5 per cento del Pil. Anche i numeri ballerini sulla spending review hanno intasato per mesi tv e giornali: se l’ex commissario Carlo Cottarelli parlò di tagli «per 8-14 miliardi», il governo Renzi ha recentemente ipotizzato «tagli per 10 miliardi». Alla fine, visto che gran parte degli impegni è rimasta solo su carta, la spesa pubblica ha continuato a crescere. Almeno così sostiene la Ragioneria dello Stato.
I NUOVI SACERDOTI
Se le cifre hanno sostituito le ideologie, coloro che le maneggiano sono diventati i nuovi guru, i sacerdoti della modernità. «E i numeri», aggiunge Diamanti, «sono il nuovo dio: peccato che, per definizione, siano molto meno obiettivi e infallibili di quanto si creda». La voglia incontenibile di tabelle e grafici ha fatto esplodere la domanda di cifre e sondaggi già da qualche lustro, ma oggi, nell’era dei Big Data, la tendenza è ancora più evidente. La società chiede ai numeri le risposte alle domande che pone: decisioni aziendali, personali, politiche vengono prese innanzitutto su dati statistici.
I numeri fanno ascolto, piacciono alla gente, e non è un caso che economisti ed esperti, veri o presunti, siano diventati star assolute della tv e del web: sondaggisti come Renato Mannheimer, Nicola Piepoli e Nando Pagnoncelli sono ospiti fissi nei talk, ascoltati e riveriti da politici e giornalisti come fossero la Sibilla Cumana (e pazienza se a ogni elezione le loro previsioni si dimostrano distanti dalla realtà); economisti come Tito Boeri hanno fondato siti di successo come lavoce.info e hanno fatto carriere importanti (Renzi l’ha nominato presidente dell’Inps, mentre cinque suoi redattori sono in aspettativa dopo aver ottenuto incarichi politici); piccole associazioni di artigiani, come la Cgia di Mestre, hanno pure creato un inedito business delle tabelle, grazie a un ufficio studi che macina centinaia di analisi e classifiche l’anno, riprese quotidianamente da agenzie di stampa e giornali.
«Per fortuna non ho beccato neppure una smentita», disse il segretario Giuseppe Bortolussi in un’intervista a “Panorama”, dimenticando però le critiche arrivate da Asl, assessori comunali, Regioni ed economisti assortiti. «Questa associazione ha una buona notorietà, ma a volte dà i numeri», notò pure Marco Ponti, ordinario di Economia a Milano. «Non che i numeri che dà siano tecnicamente sbagliati, ma confonde tra di loro dati che non c’entrano affatto». Bortolussi, per la cronaca, ha ottenuto un ritorno d’immagine straordinario, e nel 2010 è stato anche candidato del Pd in Veneto alle regionali contro Luca Zaia.
DATI PER TUTTI I GUSTI
Il doping informativo ha travolto tutto, e non c’è fenomeno che non venga misurato e quantificato. Dal presunto boom dei suicidi degli imprenditori (bufala di cui i media si sono occupati per mesi) all’«inflazione percepita» in voga dopo il passaggio dalla lira all’euro, non c’è organismo o consorteria che non abbia un suo centro studi che macina dati e fornisce tabelle facendo concorrenza a Istat, Ocse e Eurostat: dai sindacati alla Confcommercio, da Confindustria al Codacons di Carlo Rienzi, dalle banche al Censis, il delirio di cifre su Pil, fatturati industriali, tasse, stime per la ripresa e crisi dei consumi non lascia tregua a nessuno, ventiquattro ore su ventiquattro.
Vittima predestinata dell’overdose è ovviamente l’opinione pubblica, intontita da dati che alla lunga perdono di senso e di valore, in uno tsunami di matematica che, se da un lato allontana dalla verità, dall’altro distanzia le masse dalla politica, dalla televisione e dai giornali. Perché in tanti, ormai, cominciano a comprendere l’aforisma dell’ex primo ministro inglese Benjamin Disraeli: «Esistono tre tipi di bugie: le bugie, le bugie sfacciate e le statistiche».
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