13 gen 2018 12:20
1. APERTA LA CAMPAGNA ELETTORALE 2018! ARRIVA LA MANNAIA PER SILVIO BERLUSCONI
2. LA PROCURA DI MILANO APRE UN'INCHIESTA SULLA VENDITA DEL MILAN: IPOTESI RICICLAGGIO
3. "LA STAMPA": IL PM FABIO DE PASQUALE SOSPETTA UNA CESSIONE A PREZZO GONFIATO E IL SUCCESSIVO RIENTRO DI UNA CIFRA FUORI MERCATO ATTRAVERSO CANALI INTERNAZIONALI
4. NELL’APRILE 2017 BERLUSCONI AVEVA VENDUTO IL CLUB A MISTER LI PER 740 MILIONI DI EURO
5. I DUBBI SULLA PROVENIENZA DEI FONDI DA HONG KONG - L'INCHIESTA DEL NEW YORK TIMES
6. A BERLUSCONI NON POTEVA CAPITARE DI PEGGIO. PUO’ PERDERE IL VOTO DI MILIONI DI TIFOSI 7. LA PROCURA DI MILANO SMENTISCE PROCEDIMENTI PENALI SULLA COMPRAVENDITA DEL MILAN
Emilio Randacio per la Stampa
Il sospetto di una vendita gonfiata: una cifra fuori mercato pagata attraverso canali internazionali. È questa l' ipotesi di lavoro da cui sono partite una serie di verifiche per accertare la reale provenienza del denaro con cui la società rossonera, per 31 anni nelle mani di Silvio Berlusconi, è passata nell' aprile scorso per 740 milioni all' imprenditore cinese Yonghong Li.
In realtà un modo, secondo le ipotesi investigative, per schermare il rientro in Italia di una sostanziosa cifra.
Dopo mesi di dubbi, inchieste giornalistiche, ombre sulla vendita della squadra milanista, è la procura di Milano a cercare di capire esattamente la regolarità dell' intera operazione. In gran segreto, nei giorni scorsi, i pm hanno avviato un' inchiesta che tra le varie ipotesi comporta anche verifiche sul reato di riciclaggio, certamente un problema per Silvio Berlusconi in questo periodo di campagna elettorale. Il faro acceso dalla procura vede in prima linea il procuratore aggiunto Fabio de Pasquale.
Un iter discusso, come si diceva: un passaggio di consegne del Milan, dopo anni di successi sotto la presidenza berlusconiana, travagliato e infinito. Per sgombrare il campo da equivoci e voci che si rincorrevano, l' estate scorsa era stato l' avvocato storico dell' ex Cavaliere, Niccolò Ghedini, a consegnare in procura i documenti per attestare la regolare provenienza del denaro cinese («lecita provenienza di fondi», l' esatta dizione del documento ufficiale passato al vaglio di esperti di finanza).
Alla base dell' apertura dell' inchiesta avvenuta poche settimane fa, ci sarebbero nuovi documenti che dimostrerebbero esattamente il contrario. Da dove sia partita la svolta, al momento non è ancora chiaro. Una traccia, si deduce, che risalirebbe ai reali flussi di denaro partiti da Hong Kong. Di certo, ci sono elementi nuovi che smentirebbero la regolarità di una bella fetta dell' operazione.
Una cifra monstre quella ufficializzata nell' aprile scorso: 740 milioni di euro, pagati in due tranche e con la copertura dei debiti. Monstre perchè fino al passaggio di proprietà, il Milan era reduce da diversi campionati deludenti, campagne acquisti sotto tono rispetto ai suoi standard, continui cambi di allenatori in panchina. Campioni venduti e sostituiti con seconde linee o giovani promesse. Da anni, l' ex Cavaliere aveva dichiarato pubblicamente di voler abdicare, «a malincuore», lasciare quell' amore che gli aveva regalato molti successi sportivi, in Italia e all' estero.
Il primo a farsi sotto era stato lo sconosciuto broker thailandese, Bee Taechaubol. Addirittura 960 i milioni che l' uomo sarebbe stato disposto a versare nelle casse Fininvest. Poi, di mese in mese, la trattativa si era misteriosamente arenata dopo due anni di annunci roboanti, presentazioni in alberghi di lusso di Milano.
L' advisor che seguiva il broker nella trattativa, la società finanziaria ticinese, Tax &Finance, era finita nel mirino di un' inchiesta milanese per una frode fiscale a molti zeri. Un socio fondatore era finito in carcere con l' accusa di aver creato strutture finanziarie per permettere ai propri clienti di eludere il fisco. Nelle carte della Finanza, c' era anche il nome di «Mr Bee» per alcune telefonate che parlavano dell' imminente passaggio della maggioranza del Milan.
Bee, dopo un paio di comunicati ufficiali, si era eclissato senza spiegazioni credibili («l' acquisizione si è arenata per le cattive condizioni di salute di Berlusconi», la laconica giustificazione di Bee).
Trascorrono pochi mesi e si materializza l' attuale azionista: Yonghong Li. Presentazione sontuosa, campagna acquisti che i tifosi rossoneri non ricordavano da anni, e tante promesse sui futuri successi calcistici.
Eppure, nel novembre scorso, un' inchiesta del «New York Times», faceva a pezzi la nuova proprietà della squadra milanese. Yonghong Li, risultava «sconosciuto sia in Italia che in Cina». Non solo, secondo l' inchiesta finanziaria dell' autorevole quotidiano della Grande Mela, nemmeno le presunte attività estrattive della Guizhou Fuquan Group - società di riferimento del finanziere cinese-, avrebbero avuto questo lustro che veniva invece trionfalmente annunciato. Li «non risulta nemmeno tra gli uomini cinesi più importanti e ricchi», la sospettosa chiosa.
LA PROCURA SMENTISCE "LA STAMPA"
http://www.corrieredellosport.it/ - «Allo stato non esistono procedimenti penali sulla compravendita dell' A.C. Milan», lo ha dichiarato il procuratore capo della Repubblica di Milano, Francesco Greco. Smentita l'indiscrezione riportata questa mattina da La Stampa. Allo stato attuale nessun commento dal Milan.
TUTTI I RISCHI DELL'EX PREMIER COSÌ IL GIOCATTOLO SPORTIVO PUÒ DIVENTARE UN BOOMERANG
Ugo Magri per la Stampa
A 50 giorni dal voto, non gli potrebbe capitare di peggio. Perché questa tegola, se cadesse, sarebbe molto diversa da tutte le altre inchieste giudiziarie piovute sulla testa di Berlusconi, alle quali il Cav è sempre sopravvissuto e che puntualmente, anzi, gli hanno consentito di presentarsi come vittima innocente della «giustizia a orologeria».
Stavolta c' è di mezzo il «suo» Milan, l' indagine riguarda certe modalità della vendita cinese. Soprattutto, sono parte in causa milioni di tifosi, i quali rischiano di andare alle urne con un doppio sospetto. Se tutti i dubbi non venissero ben chiariti, potrebbero chiedersi a chi mai Silvio ha venduto la squadra da lui proclamata «più titolata al mondo», dopo aver giurato di volerla mettere in mani sicure.
E si domanderebbero increduli come abbia potuto, il loro presidentissimo, concludere così malamente una «love story» trentennale, perché lui il Milan l' ha amato davvero, macchiandola con un simile sotterfugio da commedia all' italiana. Si aggiungano gli sfottò degli juventini, dei «cugini» interisti e di tutte le altre tifoserie che non perderebbero occasione per infierire. Insomma: proprio mentre sull' onda dei sondaggi pregustava già un trionfale ritorno, l' ex premier corre adesso un pericolo.
Può diventare il bersaglio del popolo che più l' ha osannato e in parte seguito nella sua avventura politica, se è vero quanto dicono, che un terzo degli elettori «azzurri» sono in realtà rossoneri.
Per un personaggio che sulle glorie sportive ha fabbricato tanta parte della sua popolarità, l' inchiesta sarebbe politicamente la nemesi (nel senso di destino vendicativo).
Grazie al pallone, l' ex premier è salito sul piedistallo, per colpa del calcio potrebbe farsi sfuggire l' ultima agognata rivincita. Chi ha la memoria lunga potrebbe obiettare: non è il primo scandalo calcistico berlusconiano. Vent' anni fa ce ne fu un altro, quando l' uomo fece carte false per accaparrarsi a suon di miliardi un talento del Toro, Gianluigi Lentini. Ma nel 2002 venne prosciolto per prescrizione.
E comunque i milanisti veri non fecero una piega perché l' imbroglio, se tale fu veramente, era destinato a rafforzare la squadra, nell' ottica della Curva dunque a fin di bene, meritevole di cori e applausi, mentre il Milan di oggi è un povero diavolo che annaspa a metà classifica dopo un lustro di privazioni e di stenti.
La differenza appare abissale. Allora Berlusconi si presentava ai raduni in elicottero, con la Cavalcata delle Valchirie di sottofondo in perfetto stile «Apocalypse Now». Corteggiava e comprava tutti gli assi in circolazione, da Gullit a Van Basten, ma senza limitarsi allo shopping: a suo modo rivoluzionava l' ambiente. Quel Berlusconi era un innovatore che, attraverso il calcio, voleva trasmettere un' idea gioiosa, anzi gaudente dello sport e della vita, della televisione e della politica di cui poi con la «discesa in campo» (guarda un po', altra metafora sportiva) nel '94 seppe raccogliere i frutti.
Erano altri tempi, perché ancora esistevano le bandiere, i calciatori-simbolo e i presidenti-mecenate. Poi, col secondo millennio, il mondo pallonaro dei russi e degli emiri è diventato eccessivo, «troppo» perfino per le mire grandiose di Berlusconi. La sua ritirata ha avuto inizio dieci anni fa, con l' ultima Champions vinta ad Atene. Chi fu testimone di quella notte ne ricorda il sorriso triste, crepuscolare. Il Milan era diventato un peso per i conti dell' azienda e anche per la politica berlusconiana. Sbarazzarsene era inevitabile. Ma forse avrebbe meritato un epilogo migliore.