quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
Scusate, ma non è così
dare dei fascisti a quelli del M5S è del tutto gratuito.
chiamare nullità cosmica Ingroia è del tutto gratuito
C'è tanta gente per bene e che lavora un po' dappertutto, non saranno delle aquile, ma fanno del loro meglio.
Intanto la sen. Puppato scrive
E il popolo ha potere solo se vi è rispetto, trasparenza, onestà. Da un appalto all'iscrizione a scuola. Tutto alla luce del sole, tutto secondo le regole, secondo il merito. Coerenza di comportamenti. A nulla vale esprimere concetti vuoti o inapplicati e inapplicabili. È l'unica politica che vale per il Paese e l'incremento della democrazia ha la schiena dritta e le idee chiare
Affidiamo a Pippo Civati l'onore di portarla avanti chiedendogli fin da subito di fare squadra, con noi e con i candidati a segretario che si dimostreranno capaci di recepire queste idee e tradurle in pratica.
Perché la battaglia che si profila naturalmente all'orizzonte mi auguro sia di stimolo per creare quella rete degli innovatori che possono - ciascuno per la sua parte - trasformare la nostra bella Italia in un paese normalmente evoluto. Con cittadini sereni e fiduciosi.
Partendo dal metodo. Perché abbiamo un imperativo categorico: cambiare il PD per recuperare la fiducia che se ne è andata, per recuperare quel 50% e oltre di cittadini che non credono più a nessuno. Ecco, se noi riusciremo con la nostra serietà con il nostro impegno a farli muovere verso la partecipazione e verso il voto democratico avremo vinto. Sempre. .
dare dei fascisti a quelli del M5S è del tutto gratuito.
chiamare nullità cosmica Ingroia è del tutto gratuito
C'è tanta gente per bene e che lavora un po' dappertutto, non saranno delle aquile, ma fanno del loro meglio.
Intanto la sen. Puppato scrive
E il popolo ha potere solo se vi è rispetto, trasparenza, onestà. Da un appalto all'iscrizione a scuola. Tutto alla luce del sole, tutto secondo le regole, secondo il merito. Coerenza di comportamenti. A nulla vale esprimere concetti vuoti o inapplicati e inapplicabili. È l'unica politica che vale per il Paese e l'incremento della democrazia ha la schiena dritta e le idee chiare
Affidiamo a Pippo Civati l'onore di portarla avanti chiedendogli fin da subito di fare squadra, con noi e con i candidati a segretario che si dimostreranno capaci di recepire queste idee e tradurle in pratica.
Perché la battaglia che si profila naturalmente all'orizzonte mi auguro sia di stimolo per creare quella rete degli innovatori che possono - ciascuno per la sua parte - trasformare la nostra bella Italia in un paese normalmente evoluto. Con cittadini sereni e fiduciosi.
Partendo dal metodo. Perché abbiamo un imperativo categorico: cambiare il PD per recuperare la fiducia che se ne è andata, per recuperare quel 50% e oltre di cittadini che non credono più a nessuno. Ecco, se noi riusciremo con la nostra serietà con il nostro impegno a farli muovere verso la partecipazione e verso il voto democratico avremo vinto. Sempre. .
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Re: quo vadis PD ????
Ieri ho visto Ballarò, onestamnente devo dire che mi è piaciuto Landini e la Meloni , mentre Civati ....
Credo che potrà essere un buon segretario , certo non ha la stoffa per un premier , lasciamo il posto a Renzi basta che faccia quanto la base vuole.
Credo che potrà essere un buon segretario , certo non ha la stoffa per un premier , lasciamo il posto a Renzi basta che faccia quanto la base vuole.
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Re: quo vadis PD ????
Non sono d'accordo ...
la sua pacatezza non è timidezza, se no Berlinguer cosa sarebbe stato se la si pensa così ...
invece ho notato un cambio di stile, di modo di porsi agli altri in maniera diversa, anche all'ultimo, quando Floris gli ha detto perché non appoggia uno come Renzi che vincerebbe, ha sottolineato che non basta quel 5% (7% in - 2% out), bisogna recuperare quei voti di chi crede ancora alla sinistra, all'ugualianza, di chi vuole cambiare il paese.
la sua pacatezza non è timidezza, se no Berlinguer cosa sarebbe stato se la si pensa così ...
invece ho notato un cambio di stile, di modo di porsi agli altri in maniera diversa, anche all'ultimo, quando Floris gli ha detto perché non appoggia uno come Renzi che vincerebbe, ha sottolineato che non basta quel 5% (7% in - 2% out), bisogna recuperare quei voti di chi crede ancora alla sinistra, all'ugualianza, di chi vuole cambiare il paese.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: quo vadis PD ????
Giusto per la precisione: per me i fascisti non sono quelli del M5S in genere, ma Grillo e Casaleggio.iospero ha scritto:Scusate, ma non è così
dare dei fascisti a quelli del M5S è del tutto gratuito.
E non solo per qualche "uscita sbagliata", ma per l'ideologia che li anima.
Predicare la distruzione dei partiti per sostituirli con una versione aggiornata dei fasci littori (il fatto che usino la rete è solo un dettaglio tecnologico), cos'altro è se non ideologia fascista?
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Re: quo vadis PD ????
CATTIVERIE
Il Pdl al Pd: ‘Se votate contro Silvio non possiamo più stare insieme’. Il Pd: ‘Allora restituiteci i regali’.
Spinoza
Il Pdl al Pd: ‘Se votate contro Silvio non possiamo più stare insieme’. Il Pd: ‘Allora restituiteci i regali’.
Spinoza
Re: quo vadis PD ????
http://www.huffingtonpost.it/2013/10/17 ... _ref=italy
Dopo le elezioni Pier Luigi Bersani "ha perso lucidità, era dominato dall'idea che senza avere la maggioranza avrebbe comunque potuto fare il governo, cosa palesemente infondata". Lo ha detto Massimo D'Alema, intervistato nell'ultimo libro di Marco Damilano "Chi ha sbagliato più forte", edito da Laterza.
sarà un librone, me lo devo comprare
"Ne parlammo e gli dissi di stare attento, era il segretario del partito che aveva la maggioranza alla Camera ed era la chiave della maggioranza presidenziale, era in una posizione di forza, insistere per farsi dare l'incarico di formare il governo lo avrebbe invece seriamente indebolito. Gli consigliai di fare un gesto, di cambiare lo scenario, di candidare Rodotà alla guida del governo", ha spiegato l'ex premier secondo anticipazioni del libro che saranno pubblicate domani dall'Espresso."Il Movimento 5 Stelle sarebbe stato messo in difficoltà e forse la legislatura sarebbe cominciata diversamente", ha aggiunto.
D'Alema parla anche della mancata elezione di Prodi al Quirinale. "Nelle ore che precedettero le votazioni per il presidente della repubblica ho parlato al telefono con Prodi, era ancora in Africa, è stata una conversazione molto sincera e amichevole. Lo avvertii che il modo in cui si era giunti alla sua candidatura, dopo la liquidazione di Franco Marini, rischiava di esporlo a una vera e propria trappola. Non è vero che quella mattina tutti applaudirono Prodi, nessuno si è dato pena di sapere cosa è successo quella mattina. Non c'ero, ma me l'hanno raccontato in tanti: i parlamentari si sono trovati di fronte a quella che è stata da molti vissuta come una scelta imposta, come una decisione contraddittoria, non discussa. In sala c'era la metà di chi avrebbe dovuto partecipare, c'è stato l'applauso di alcuni, c'è stato l'errore grave di chi non era d'accordo, avrebbe dovuto parlare e non lo ha fatto".
le ricostruzioni postume di D'Alema sono sempre grandiose..specie quando alla fine lui specifica che non c'era
"Trovo grave - aggiunge D'Alema - che dopo il disastro che era accaduto con marini la segreteria non abbia sentito il dovere di aprire una discussione politica: si poteva votare scheda bianca e intanto riflettere su cosa fare".
e perchè non l'ha detta subito sta cosa?
D'Alema parla anche delle ambizioni di Matteo Renzi alla guida del Pd e della coalizione. "Ritengo sbagliata la pretesa di Renzi di impadronirsi del partito con l'idea di farne il tramite per la presidenza del consiglio. E' un errore grave, destinato a creare una ferita seria e rendere il suo cammino verso la premiership non più agevole ma più difficile. Non so che cosa possa accadere, c'è una parte del nostro mondo che per protesta adesso lo sostiene, vedo anche episodi di opportunismo.
qui ha ragione
Non so se Renzi abbia davvero voglia di impegnarsi a fare il segretario del partito e comunque temo che lo guiderebbe in un quadro di fortissima conflittualità. Rischia di logorarsi, e per non logorarsi ha una sola via d'uscita: logorare il governo Letta. Ma non è il pd che può assumersi la responsabilità di far cadere il governo Letta per la fretta di qualcuno".
Aggiunge D'Alema: "Renzi è figlio del nostro tempo. Di un'idea della politica molto esteriore, non so quali capacità effettive di governo abbia. Letta viene da una scuola più robusta
la DC
e ha esperienze di governo che Renzi non ha.
ma a cosa si riferisce ? che ha governato? e poi che vuol dire? allora nessuna matricola governerà mai
Il suo compito non è la pacificazione con Berlusconi, ma creare le condizioni per cui il confitto sia più civile e produttivo per il paese. Un compito transitorio. La verità su questo governo si vedrà quando usciranno le proposte di riforma costituzionale e elettorale: se il progetto ha un senso allora il governo andrà avanti, ci sarà il semestre di presidenza europeo e si potrà votare nel 2015, altrimenti si deve fare una legge elettorale di tre righe in cui si abolisce il porcellum e si ripristina il mattarellum e poi tornare a votare".
nulla che non sapessimo già
annunciaziò annunciziò...
AGGIORNAMENTO DELLE 17.26 Pier Luigi Bersani nega la ricostruzione dei drammatici giorni della formazione del nuovo governo e dell'elezione del presidente della Repubblica fatta da Massimo D'Alema. E in particolare che ci sia mai stato un colloquio con l'ex premier nel quale si sia accennato a una sua rinuncia all'incarico per la formazione del governo in favore di Rodotà o di altri. "Ho già smentito più volte: nessuno mi ha mai suggerito altri nomi per l'incarico.
obiettivamente ce lo vedete d'alema che dice diamo il governo ad un altro?
Tutti sanno che non avrei mai impedito la nascita governo se l'ostacolo ero io". sostiene l'ex segretario Pd nel libro 'Giorni Bugiardi' di Stefano Di Traglia e Chiara Geloni (Editori internazionali riuniti), in uscita il 6 novembre.
mmhmmm un'altra opera imperdibile !!!!!
l'acqua è poca , ossia scarseggia....
Dopo le elezioni Pier Luigi Bersani "ha perso lucidità, era dominato dall'idea che senza avere la maggioranza avrebbe comunque potuto fare il governo, cosa palesemente infondata". Lo ha detto Massimo D'Alema, intervistato nell'ultimo libro di Marco Damilano "Chi ha sbagliato più forte", edito da Laterza.
sarà un librone, me lo devo comprare
"Ne parlammo e gli dissi di stare attento, era il segretario del partito che aveva la maggioranza alla Camera ed era la chiave della maggioranza presidenziale, era in una posizione di forza, insistere per farsi dare l'incarico di formare il governo lo avrebbe invece seriamente indebolito. Gli consigliai di fare un gesto, di cambiare lo scenario, di candidare Rodotà alla guida del governo", ha spiegato l'ex premier secondo anticipazioni del libro che saranno pubblicate domani dall'Espresso."Il Movimento 5 Stelle sarebbe stato messo in difficoltà e forse la legislatura sarebbe cominciata diversamente", ha aggiunto.
D'Alema parla anche della mancata elezione di Prodi al Quirinale. "Nelle ore che precedettero le votazioni per il presidente della repubblica ho parlato al telefono con Prodi, era ancora in Africa, è stata una conversazione molto sincera e amichevole. Lo avvertii che il modo in cui si era giunti alla sua candidatura, dopo la liquidazione di Franco Marini, rischiava di esporlo a una vera e propria trappola. Non è vero che quella mattina tutti applaudirono Prodi, nessuno si è dato pena di sapere cosa è successo quella mattina. Non c'ero, ma me l'hanno raccontato in tanti: i parlamentari si sono trovati di fronte a quella che è stata da molti vissuta come una scelta imposta, come una decisione contraddittoria, non discussa. In sala c'era la metà di chi avrebbe dovuto partecipare, c'è stato l'applauso di alcuni, c'è stato l'errore grave di chi non era d'accordo, avrebbe dovuto parlare e non lo ha fatto".
le ricostruzioni postume di D'Alema sono sempre grandiose..specie quando alla fine lui specifica che non c'era
"Trovo grave - aggiunge D'Alema - che dopo il disastro che era accaduto con marini la segreteria non abbia sentito il dovere di aprire una discussione politica: si poteva votare scheda bianca e intanto riflettere su cosa fare".
e perchè non l'ha detta subito sta cosa?
D'Alema parla anche delle ambizioni di Matteo Renzi alla guida del Pd e della coalizione. "Ritengo sbagliata la pretesa di Renzi di impadronirsi del partito con l'idea di farne il tramite per la presidenza del consiglio. E' un errore grave, destinato a creare una ferita seria e rendere il suo cammino verso la premiership non più agevole ma più difficile. Non so che cosa possa accadere, c'è una parte del nostro mondo che per protesta adesso lo sostiene, vedo anche episodi di opportunismo.
qui ha ragione
Non so se Renzi abbia davvero voglia di impegnarsi a fare il segretario del partito e comunque temo che lo guiderebbe in un quadro di fortissima conflittualità. Rischia di logorarsi, e per non logorarsi ha una sola via d'uscita: logorare il governo Letta. Ma non è il pd che può assumersi la responsabilità di far cadere il governo Letta per la fretta di qualcuno".
Aggiunge D'Alema: "Renzi è figlio del nostro tempo. Di un'idea della politica molto esteriore, non so quali capacità effettive di governo abbia. Letta viene da una scuola più robusta
la DC
e ha esperienze di governo che Renzi non ha.
ma a cosa si riferisce ? che ha governato? e poi che vuol dire? allora nessuna matricola governerà mai
Il suo compito non è la pacificazione con Berlusconi, ma creare le condizioni per cui il confitto sia più civile e produttivo per il paese. Un compito transitorio. La verità su questo governo si vedrà quando usciranno le proposte di riforma costituzionale e elettorale: se il progetto ha un senso allora il governo andrà avanti, ci sarà il semestre di presidenza europeo e si potrà votare nel 2015, altrimenti si deve fare una legge elettorale di tre righe in cui si abolisce il porcellum e si ripristina il mattarellum e poi tornare a votare".
nulla che non sapessimo già
annunciaziò annunciziò...
AGGIORNAMENTO DELLE 17.26 Pier Luigi Bersani nega la ricostruzione dei drammatici giorni della formazione del nuovo governo e dell'elezione del presidente della Repubblica fatta da Massimo D'Alema. E in particolare che ci sia mai stato un colloquio con l'ex premier nel quale si sia accennato a una sua rinuncia all'incarico per la formazione del governo in favore di Rodotà o di altri. "Ho già smentito più volte: nessuno mi ha mai suggerito altri nomi per l'incarico.
obiettivamente ce lo vedete d'alema che dice diamo il governo ad un altro?
Tutti sanno che non avrei mai impedito la nascita governo se l'ostacolo ero io". sostiene l'ex segretario Pd nel libro 'Giorni Bugiardi' di Stefano Di Traglia e Chiara Geloni (Editori internazionali riuniti), in uscita il 6 novembre.
mmhmmm un'altra opera imperdibile !!!!!
l'acqua è poca , ossia scarseggia....
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Re: quo vadis PD ????
17 OTT 2013 09:28
1. PALOMBELLA ROSSA! “DAL ’94 AL TRADIMENTO DEI 101 COSÌ È STATO TENUTO IN VITA SILVIO” -
2. NANNI MORETTI SPARA A ZERO CONTRO IL FALLIMENTO DELLA SINISTRA: “CI VOLEVANO ALTRI STRUMENTI PER CONTRASTARE BERLUSCONI, UN ALTRO TIPO DI PERSONE, UN ALTRO MODO DI FARE POLITICA. UN’ALTRA SOLIDITÀ, UN ALTRO RIGORE. UN’ALTRA INTEGRITÀ” -
3. ‘’MOLTI HANNO CRITICATO D’ALEMA PER DELLE SCEMENZE, MA I SUOI ERRORI SONO TUTTI POLITICI,. NON ERA TRA GLI ELETTORI PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, MA NON CREDO SIA STATO TRISTE IL GIORNO IN CUI I 101 NON HANNO VOTATO PER PRODI” -
4. “SE BERTINOTTI NON AVESSE FATTO CADERE QUEL GOVERNO, L’ULIVO AVREBBE GOVERNATO PER DIECI ANNI CON PRODI E DAL 2006 CON VELTRONI. SE INVECE SI FOSSE ANDATI A VOTARE SUBITO DOPO LA CADUTA DI PRODI, L’ULIVO AVREBBE VINTO DA SOLO, SENZA RIFONDAZIONE” -
L'intervista a Nanni Moretti nell'anticipazione del nuovo libro di Marco Damilano - da Repubblica
«I primi tre girotondi a Roma furono intorno al Palazzo di Giustizia, poi alla Rai, poi al ministero della Pubblica Istruzione. Giustizia uguale per tutti, contro il monopolio dell'informazione, scuola pubblica: erano temi che riguardavano tutti, non solamente una parte dell'elettorato. Manifestazioni non di parte, ma dalla parte di tutti i cittadini. Ancora oggi sono fiero quando penso che nelle nostre manifestazioni siamo riusciti a coinvolgere anche una parte degli elettori del centrodestra. Il «Corriere della Sera » scriveva che non si governa con le manifestazioni, ci accusavano di avere una mentalità minoritaria. Non capivano: noi non volevamo affatto stare per sempre all'opposizione, non ci sentivamo per niente realizzati in quel ruolo.
Nel 1996 ero felice per la vittoria del centrosinistra e mi piaceva il governo Prodi, finalmente un ceto politico di cui non vergognarsi. Volete sconfiggere Berlusconi per via giudiziaria, ci hanno ripetuto per anni, lo ripetono anche ora. Noi, in realtà, volevamo che la legge fosse uguale per tutti e che non si facessero leggi apposta per evitare processi a uno solo. I girotondi li facevamo per ricordare, anche a noi stessi, che ci stavamo ormai abituando a considerare normali cose che in una democrazia non sono affatto normali: per esempio che un uomo possa essere proprietario di tre reti televisive e in più che possa fare politica, e in più che possa diventare capo del governo» (...)
Più volte Berlusconi è rientrato in gioco grazie alla sinistra, per esempio nell'ottobre del 1998. Non sono d'accordo con chi sostiene che ci sia stato un complotto di D'Alema e di Marini. Il responsabile della caduta del governo Prodi fu Bertinotti. Il gesto dissennato di Rifondazione comunista ha fatto perdere molti anni a questo Paese. In quel periodo Berlusconi era percepito come perdente anche dal centrodestra, che timidamente stava cercando un altro leader.
Prodi aveva una sua credibilità e il governo non era impopolare. Se Rifondazione non avesse fatto cadere quel governo, l'Ulivo avrebbe governato per dieci anni con Prodi e dal 2006 con Veltroni. Se invece si fosse andati a votare subito dopo la caduta di Prodi, l'Ulivo avrebbe vinto da solo, senza Rifondazione» (...)
L'unica volta che nel periodo dei girotondi ho parlato con D'Alema fu alla manifestazione della Cgil al Circo Massimo, un mese dopo piazza Navona. Sul grande palco quadrato c'erano molte persone, naturalmente molti politici. D'Alema mi dava le spalle, improvvisamente si voltò e senza nemmeno dire buongiorno, come continuando un discorso interrotto un minuto prima, mi corresse: «No, guarda, ti sbagli, nel ‘98 non si poteva andare a votare».
Mi spiegò che non si potevano fare le elezioni perché c'era la guerra in Kosovo e la legge di bilancio da approvare. Mi raccontò che furono proprio Veltroni e Mussi a bussare alla sua porta chiedendogli di fare il presidente del Consiglio. Molti lo hanno criticato per delle scemenze, ma i suoi errori sono tutti politici, tutti visibili, tutti mai riconosciuti. Non era tra gli elettori per il presidente della Repubblica lo scorso aprile, ma non credo sia stato triste il giorno in cui i 101 non hanno votato per Prodi».
«In questi anni ai vertici del Pd ci sono stati personalismi senza personalità e soprattutto una grande confusione. Dopo le elezioni del 2013 pochi avevano già deciso che dopo quei risultati il governo con il Pdl fosse l'unico possibile, erano pochi ma sono stati decisivi. Gli altri, Bersani per primo, erano confusi. Poi sono arrivati i 101 elettori che nel segreto hanno votato contro Prodi, che sembra avere l'unico torto di averli fatti vincere due volte. E qui non è una questione politica o generazionale: alcuni di questi campioni hanno trent'anni, altri sessanta, alcuni sono moderati, altri più di sinistra, no, quello che mi interessa è il peso specifico umano di quei 101, che è vicino allo zero.
Il governo Letta, per come è stato messo insieme, sembra la realizzazione dei peggiori luoghi comuni e pregiudizi del Movimento 5 Stelle sul Partito democratico. Mi sembra che sia vissuto dai più come qualcosa di transitorio. L'elettorato e i militanti si sono messi in letargo per tornare in tempi abbastanza rapidi al voto». (...)
«C'è stata nel 1994 - con un monopolista televisivo che si candidava a guidare il governo - una straordinaria rottura delle regole democratiche. Per fronteggiare questo fatto straordinario c'era bisogno da parte della sinistra di una risposta straordinaria, anche sul piano simbolico. Non c'è stata nemmeno una risposta ordinaria, semplice, piccola. E invece traccheggiare, sottovalutare il conflitto di interessi, ritenersi più furbi dell'avversario, assuefarsi lentamente a una costante, incredibile anomalia per un paese democratico.
Il centrosinistra in questi anni si è lasciato convincere che anche solo parlare di Berlusconi significava «spaventare i moderati» e «fare autogol». Ormai, anche il solo fatto di esistere, per la sinistra è diventato un autogol. La vera vittoria di Berlusconi è stata di far sentire chi continua giustamente a parlare di conflitto di interessi, come una persona triste che dice cose ovvie, banali, meste».
«Chi vincerà? Ci vuole un cambiamento di costume, culturale. Vincerà chi capisce che il gioco è cambiato e che bisogna farne uno completamente nuovo. Ci volevano altri strumenti per contrastare Berlusconi, un altro tipo di persone, un altro modo di fare politica. Un'altra solidità, un altro rigore. Un'altra integrità».
1. PALOMBELLA ROSSA! “DAL ’94 AL TRADIMENTO DEI 101 COSÌ È STATO TENUTO IN VITA SILVIO” -
2. NANNI MORETTI SPARA A ZERO CONTRO IL FALLIMENTO DELLA SINISTRA: “CI VOLEVANO ALTRI STRUMENTI PER CONTRASTARE BERLUSCONI, UN ALTRO TIPO DI PERSONE, UN ALTRO MODO DI FARE POLITICA. UN’ALTRA SOLIDITÀ, UN ALTRO RIGORE. UN’ALTRA INTEGRITÀ” -
3. ‘’MOLTI HANNO CRITICATO D’ALEMA PER DELLE SCEMENZE, MA I SUOI ERRORI SONO TUTTI POLITICI,. NON ERA TRA GLI ELETTORI PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, MA NON CREDO SIA STATO TRISTE IL GIORNO IN CUI I 101 NON HANNO VOTATO PER PRODI” -
4. “SE BERTINOTTI NON AVESSE FATTO CADERE QUEL GOVERNO, L’ULIVO AVREBBE GOVERNATO PER DIECI ANNI CON PRODI E DAL 2006 CON VELTRONI. SE INVECE SI FOSSE ANDATI A VOTARE SUBITO DOPO LA CADUTA DI PRODI, L’ULIVO AVREBBE VINTO DA SOLO, SENZA RIFONDAZIONE” -
L'intervista a Nanni Moretti nell'anticipazione del nuovo libro di Marco Damilano - da Repubblica
«I primi tre girotondi a Roma furono intorno al Palazzo di Giustizia, poi alla Rai, poi al ministero della Pubblica Istruzione. Giustizia uguale per tutti, contro il monopolio dell'informazione, scuola pubblica: erano temi che riguardavano tutti, non solamente una parte dell'elettorato. Manifestazioni non di parte, ma dalla parte di tutti i cittadini. Ancora oggi sono fiero quando penso che nelle nostre manifestazioni siamo riusciti a coinvolgere anche una parte degli elettori del centrodestra. Il «Corriere della Sera » scriveva che non si governa con le manifestazioni, ci accusavano di avere una mentalità minoritaria. Non capivano: noi non volevamo affatto stare per sempre all'opposizione, non ci sentivamo per niente realizzati in quel ruolo.
Nel 1996 ero felice per la vittoria del centrosinistra e mi piaceva il governo Prodi, finalmente un ceto politico di cui non vergognarsi. Volete sconfiggere Berlusconi per via giudiziaria, ci hanno ripetuto per anni, lo ripetono anche ora. Noi, in realtà, volevamo che la legge fosse uguale per tutti e che non si facessero leggi apposta per evitare processi a uno solo. I girotondi li facevamo per ricordare, anche a noi stessi, che ci stavamo ormai abituando a considerare normali cose che in una democrazia non sono affatto normali: per esempio che un uomo possa essere proprietario di tre reti televisive e in più che possa fare politica, e in più che possa diventare capo del governo» (...)
Più volte Berlusconi è rientrato in gioco grazie alla sinistra, per esempio nell'ottobre del 1998. Non sono d'accordo con chi sostiene che ci sia stato un complotto di D'Alema e di Marini. Il responsabile della caduta del governo Prodi fu Bertinotti. Il gesto dissennato di Rifondazione comunista ha fatto perdere molti anni a questo Paese. In quel periodo Berlusconi era percepito come perdente anche dal centrodestra, che timidamente stava cercando un altro leader.
Prodi aveva una sua credibilità e il governo non era impopolare. Se Rifondazione non avesse fatto cadere quel governo, l'Ulivo avrebbe governato per dieci anni con Prodi e dal 2006 con Veltroni. Se invece si fosse andati a votare subito dopo la caduta di Prodi, l'Ulivo avrebbe vinto da solo, senza Rifondazione» (...)
L'unica volta che nel periodo dei girotondi ho parlato con D'Alema fu alla manifestazione della Cgil al Circo Massimo, un mese dopo piazza Navona. Sul grande palco quadrato c'erano molte persone, naturalmente molti politici. D'Alema mi dava le spalle, improvvisamente si voltò e senza nemmeno dire buongiorno, come continuando un discorso interrotto un minuto prima, mi corresse: «No, guarda, ti sbagli, nel ‘98 non si poteva andare a votare».
Mi spiegò che non si potevano fare le elezioni perché c'era la guerra in Kosovo e la legge di bilancio da approvare. Mi raccontò che furono proprio Veltroni e Mussi a bussare alla sua porta chiedendogli di fare il presidente del Consiglio. Molti lo hanno criticato per delle scemenze, ma i suoi errori sono tutti politici, tutti visibili, tutti mai riconosciuti. Non era tra gli elettori per il presidente della Repubblica lo scorso aprile, ma non credo sia stato triste il giorno in cui i 101 non hanno votato per Prodi».
«In questi anni ai vertici del Pd ci sono stati personalismi senza personalità e soprattutto una grande confusione. Dopo le elezioni del 2013 pochi avevano già deciso che dopo quei risultati il governo con il Pdl fosse l'unico possibile, erano pochi ma sono stati decisivi. Gli altri, Bersani per primo, erano confusi. Poi sono arrivati i 101 elettori che nel segreto hanno votato contro Prodi, che sembra avere l'unico torto di averli fatti vincere due volte. E qui non è una questione politica o generazionale: alcuni di questi campioni hanno trent'anni, altri sessanta, alcuni sono moderati, altri più di sinistra, no, quello che mi interessa è il peso specifico umano di quei 101, che è vicino allo zero.
Il governo Letta, per come è stato messo insieme, sembra la realizzazione dei peggiori luoghi comuni e pregiudizi del Movimento 5 Stelle sul Partito democratico. Mi sembra che sia vissuto dai più come qualcosa di transitorio. L'elettorato e i militanti si sono messi in letargo per tornare in tempi abbastanza rapidi al voto». (...)
«C'è stata nel 1994 - con un monopolista televisivo che si candidava a guidare il governo - una straordinaria rottura delle regole democratiche. Per fronteggiare questo fatto straordinario c'era bisogno da parte della sinistra di una risposta straordinaria, anche sul piano simbolico. Non c'è stata nemmeno una risposta ordinaria, semplice, piccola. E invece traccheggiare, sottovalutare il conflitto di interessi, ritenersi più furbi dell'avversario, assuefarsi lentamente a una costante, incredibile anomalia per un paese democratico.
Il centrosinistra in questi anni si è lasciato convincere che anche solo parlare di Berlusconi significava «spaventare i moderati» e «fare autogol». Ormai, anche il solo fatto di esistere, per la sinistra è diventato un autogol. La vera vittoria di Berlusconi è stata di far sentire chi continua giustamente a parlare di conflitto di interessi, come una persona triste che dice cose ovvie, banali, meste».
«Chi vincerà? Ci vuole un cambiamento di costume, culturale. Vincerà chi capisce che il gioco è cambiato e che bisogna farne uno completamente nuovo. Ci volevano altri strumenti per contrastare Berlusconi, un altro tipo di persone, un altro modo di fare politica. Un'altra solidità, un altro rigore. Un'altra integrità».
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Re: quo vadis PD ????
FASSINA SI DIMETTE DA VICEMINISTRO e LA MOGLIE DI PIPPO CIVATI DIVORZIA SE IL MARITINO PERDE LE PRIMARIE ?
mentre il nipotino viaggia sempre in USA ogni week end ,
nel suo PD è il caos.
per chi ritiene il democristiano Letta un rappresentante del centro destra il problema non è il PD MA LA SINISTRA E IL SOCIALISMO .
Fassina ha fatto la coglionata di entrare nel governo di centro destra ma sembra ora un pentito
noi speriamo che il pentimento sia sincero.
Le dimissioni di Fassina lancerebbero in automatico la sua candidatura alle primarie del centro sinistra
e per la nascita in Italia finalmente di un partito socialista.
Civati secondo alcuni intimi punta strategicamente su Ulivo e non su Socialismo
in questo quadro manca l' obiettivo er Civati di un PIANO ECONOMICO DELLO STATO e sulle NAZIONALIZZAZIONI in primis Fiat ma non solo.
Su ULIVO qui in questo forum tutti o quasi tutti hanno partecipato
si è trattato di una grande stagione di partecipazione di democrazia diretta di innovazione politica e di politica in rete.
ma è stato anche la stagione del neoliberismo e della precarietà del lavoro.
Pensaci PIPPO prima che sia troppo tardi !!!
il tandem civati segretario e Fassina presidente consiglio potrebbe avere un senso
ma il programma economico di Civati dovrebbe essere piu preciso e meno vuoto o nuovista.
il tentativo di civati di arrivare secondo per avere il ministero della cultura è bocciato dalla moglie
che sembra che abbia dichiarato in un fuori onda ' se perde con fonsi lo butto fuori di casa a calci nel....'
povero civati o si vince o è meglio che ti ritiri magari il ministro della cultura fonsi te lo da lo stesso
e salvi la famigliola....
mentre il nipotino viaggia sempre in USA ogni week end ,
nel suo PD è il caos.
per chi ritiene il democristiano Letta un rappresentante del centro destra il problema non è il PD MA LA SINISTRA E IL SOCIALISMO .
Fassina ha fatto la coglionata di entrare nel governo di centro destra ma sembra ora un pentito
noi speriamo che il pentimento sia sincero.
Le dimissioni di Fassina lancerebbero in automatico la sua candidatura alle primarie del centro sinistra
e per la nascita in Italia finalmente di un partito socialista.
Civati secondo alcuni intimi punta strategicamente su Ulivo e non su Socialismo
in questo quadro manca l' obiettivo er Civati di un PIANO ECONOMICO DELLO STATO e sulle NAZIONALIZZAZIONI in primis Fiat ma non solo.
Su ULIVO qui in questo forum tutti o quasi tutti hanno partecipato
si è trattato di una grande stagione di partecipazione di democrazia diretta di innovazione politica e di politica in rete.
ma è stato anche la stagione del neoliberismo e della precarietà del lavoro.
Pensaci PIPPO prima che sia troppo tardi !!!
il tandem civati segretario e Fassina presidente consiglio potrebbe avere un senso
ma il programma economico di Civati dovrebbe essere piu preciso e meno vuoto o nuovista.
il tentativo di civati di arrivare secondo per avere il ministero della cultura è bocciato dalla moglie
che sembra che abbia dichiarato in un fuori onda ' se perde con fonsi lo butto fuori di casa a calci nel....'
povero civati o si vince o è meglio che ti ritiri magari il ministro della cultura fonsi te lo da lo stesso
e salvi la famigliola....
Re: quo vadis PD ????
L’INTERVISTA: PARLA IL SINDACO
Renzi: adesso voglio una rivoluzione capillare
Tutti cambino, anche l’establishment finanziario
«Non attacco il governo, dico ciò che serve all’Italia in futuro»
FIRENZE -Sindaco Renzi, come trova la legge di Stabilità?
«Il Pd ha un segretario, si chiama Epifani; è giusto che la commenti lui. Chi pensa che da qui alle primarie io faccia il controcanto al Pd, o peggio al governo, si sbaglia. Dobbiamo parlare dell’Italia dei prossimi dieci anni, non della contingenza».
Ma la contingenza è decisiva: tutti i Paesi stanno rialzando la testa dalla crisi, tranne il nostro.
«Credo che ci sia bisogno di una svolta radicale. Una rivoluzione capillare che non passa dalla legge di Stabilità, ma dalla riconsiderazione del sistema italiano. Lo sostengo da tempo. Ho un unico rammarico: non aver spiegato a sufficienza che la rottamazione non è solo il sacrosanto ricambio generazionale. Quello di cui l’Italia ha bisogno non è cambiare tutto, ma cambiare tutti. Ognuno nella sua testa dovrebbe cambiare un pezzettino. Anche l’establishment economico e finanziario, che ha colpe forse non più gravi di quelle dei politici, ma ha fatto perdere tempo e occasioni all’Italia».
Per una svolta radicale servono soldi che non ci sono. O dobbiamo chiedere all’Europa di sforare il tabù del 3%?
«Il 3% è anacronistico. L’Europa deve cambiare; non per l’Italia, per se stessa. Ma prima di chiedere all’Europa di cambiare, dobbiamo fare in casa le riforme che rinviamo da troppo tempo. La formula per risolvere la crisi italiana non è un algoritmo complicato; è la semplicità. Semplificare la burocrazia, il fisco, la giustizia, le norme sul lavoro. Perché non possiamo avere le stesse norme sul lavoro della Germania?».
Semplificare il fisco? Il Pd è considerato il partito delle tasse.
«Mi trova lei un altro sindaco che in piena crisi abbia abbassato l’Irpef?».
Dello 0,1%...
«Dallo 0,3% allo 0,2%, il 33% in meno. Per il Comune, milioni di euro in meno di entrate. Ma è importante il messaggio: la sinistra non può essere considerata il partito delle tasse. Durante la scorsa campagna per le primarie avevo proposto un intervento sul cuneo fiscale da 21-22 miliardi, per cui un signore che guadagna 2 mila euro al mese se ne sarebbe ritrovati in busta paga cento in più».
Come li prende i soldi? Ai pensionati?
«Io parlo delle pensioni d’oro. C’è chi prende 5 o 10 mila euro al mese. Sulla parte retributiva della sua pensione - che di fatto costituisce un regalo dello Stato - è legittimo chiedere un contributo. Per non parlare di alcune reversibilità. E dei tagli alla spesa pubblica, che vanno fatti, individuando i settori su cui intervenire. Oggi faccio un passo indietro. Quando toccherà a noi, le proposte le faremo in modo chiaro. Di queste cose parlerò in un incontro nelle prossime settimane a Milano» .
Ce lo dica adesso: quale sarebbe la sua politica economica?
«Tutto ciò che viene dalla dismissione del patrimonio pubblico va a ridurre il debito. Tutto ciò che viene dal recupero dell’evasione va a ridurre la pressione fiscale. Lo Stato non può intervenire con la logica degli ultimi anni. E ogni riferimento alla Telecom dei capitani coraggiosi e all’Alitalia è puramente voluto. Non possiamo continuare con un modello dirigista, con lo Stato che decide e la Cassa depositi e prestiti che fa da tappabuchi».
Di fronte alla crisi un intervento pubblico è inevitabile, non crede?
«Ma il sistema capitalistico italiano ha responsabilità atroci. Inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare. Ogni euro investito in operazioni di sistema e perduto è un euro tolto alle aziende, alle famiglie, agli artigiani consegnati all’usura che alimenta la criminalità. Il sistema bancario è entrato in mondi da cui dovrebbe uscire. Compresa l’editoria. Posso dirlo?».
Certo .
«Considero positivo che si sia sciolto il patto Rcs. L’Italia è stata gestita da troppi patti di sindacato che erano in realtà pacchi di sindacato. Faccio il tifo per i manager che stanno cambiando il sistema. Deve finire il capitalismo relazionale, in cui spesso lo Stato ha finito per coprire le perdite. L’eccesso di vicinanza tra politici, imprenditori e banche ha creato operazioni sbagliate. E’ assurdo che per salvare un’azienda come Ansaldo Energia si metta mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè ai soldi della vecchietta o dell’immigrato, cui viene chiesto a propria insaputa di pagare i giochi spericolati di chi ha fatto impresa con i soldi altrui».
Non è che i politici siano innocenti.
«È per questo che mi candido alla guida del Pd. Per cambiarlo. Non per fare il grillo parlante di quello che fa oggi il governo, ma per costruire un partito nuovo, che non conclude affari con i capitani coraggiosi, che sta in mezzo alla gente. A Civiltà Cattolica che gli chiedeva perché non sia entrato nell’appartamento papale, Francesco ha risposto proprio così: non perché sia troppo lussuoso, ma perché renderebbe più difficile il contatto con la gente».
A proposito di capitani coraggiosi, D’Alema dice che lei, per non logorarsi, logorerà Letta.
«È un giudizio sbagliato. D’Alema è una persona intelligente, ma questa sua qualità non lo mette al riparo da clamorosi errori di giudizio. Nel caso di D’Alema non è il primo, purtroppo per lui. Io ho 38 anni: posso aspettare. Il punto è che l’Italia non può aspettare. Compito di tutti noi che abbiamo responsabilità è dare una mano perché le cose si facciano. A Enrico do volentieri una mano».
Lei aiuta Letta? Dice sul serio?
«La cronaca di questi sei mesi ha smentito chi mi accusava di cospirare. Continuo a non dare alcun alibi a chi mi accusa di voler criticare il governo per anticiparne la fine. Io non attacco il governo. Parlo di quel che serve all’Italia nei prossimi anni. Convinto che l’Italia possa avere un futuro straordinario».
Lei teme che in Parlamento ci sia un accordo per una legge elettorale che perpetui le larghe intese?
«Il Pd farà il congresso e le primarie, con candidati che propongono soluzioni diverse anche per la legge elettorale. Io faccio la mia proposta. Sono per una legge che garantisca l’alternanza, il bipolarismo, e un risultato chiaro. Chi vince le elezioni non potrà mai avere il diritto di dire “non mi hanno fatto lavorare”. No all’inciucione generalizzato: le larghe intese devono essere l’eccezione, non la regola» .
Lei ha chiesto di spostare la discussione sulla legge elettorale dal Senato alla Camera. La Finocchiaro le ha risposto di no.
«Se in Parlamento si forma una maggioranza favorevole a una norma chiara e trasparente, per cui chi vince governa e non si ritorna ad accordicchi nelle segrete stanze, io sono il primo a festeggiare. Ma se si pensa di poter ulteriormente bloccare il Paese con un’operazione da prima Repubblica, senza statisti da prima Repubblica, allora sia chiaro che ci sarà il dissenso non solo mio ma della maggioranza dei senatori del Pd; come la Finocchiaro ha avuto modo di verificare in queste ore in modo riservato. Il Pd è vincolato dalle primarie. Decidono gli elettori che vanno al gazebo, non una senatrice che ha l’unico titolo di essere lì da trent’anni».
Tra le riforme da fare lei cita la giustizia, cara soprattutto alla destra.
«La riforma della giustizia è una priorità per gli italiani, non per la destra. Non so se riuscirà a farla questo Parlamento o il prossimo. So che è indispensabile, dopo 20 anni di provvedimenti ad personam. Non è possibile reggere lo spread tra Italia e Germania, per cui un provvedimento di natura civilistica da loro richiede un anno e da noi 4. Non è possibile ricorrere alla custodia cautelare nella misura di oggi. Non è possibile che i tempi della giustizia amministrativa siano sempre un incognita: se voglio togliere una bancarella dal mercato devo aspettare che si pronunci il Tar, per aprire la caffetteria di Palazzo Vecchio deve attendere due mesi in più per il ricorso sull’appalto... Ormai sugli appalti pubblici lavorano più gli avvocati dei manovali».
Si ricandiderà a sindaco di Firenze, la prossima primavera?
«Se i fiorentini lo vorranno, sì. Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana. Voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici».
Come può fare entrambe le cose?
«La storia del doppio incarico è ridicola. Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico. Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps. E poi dipende da cosa deve fare un partito. Se si vuole un Pd tutto centrato su Roma, è logico che il segretario ci passi tutta la settimana. Se, come spero, porteremo alla guida amministratori locali, avremo un Pd molto più snello. Vorrei che il pastone del tg la sera non mi trovasse mentre salgo ed esco dalle stanze di partito, ma mentre inauguro una biblioteca, come ho appena fatto» .
In attesa degli amministratori, arriva la vecchia guardia. Dopo Franceschini si è schierato con lei Latorre. Ma il rinnovamento lo fa o no?
«La stragrande maggioranza di coloro che stavano contro di me continua a stare contro di me; gli altri si contano sulle dita di una mano. Noi dobbiamo andare avanti con tutti. Non credo a un Pd che butta fuori la gente: sono per includere, non per escludere. Perché respingere quelli della vecchia guardia che non ce l’hanno con te? E poi ho un rapporto di stima con Gianni Cuperlo. È una persona perbene, di cui non condivido tutto ma che ascolto con grande piacere. Se vinco le primarie, il giorno dopo lavorerò per allargare».
Non faccia il finto modesto. Tutti sanno che vincerà le primarie.
«Il risultato è tutt’altro che scontato. Un conto è se vota un milione di persone, un conto se ne arriva il doppio. L’8 dicembre, con le feste religiose a Milano, Roma, Palermo, è la peggiore data possibile. Spero di coinvolgere la gente, fin dal prossimo 25 ottobre alla Leopolda, proprio perché la sfida in gioco è decisiva».
Il Pdl si dividerà?
«Non lo so. So che non sopporto quelli che hanno osannato per vent’anni Berlusconi, arrivando a votare che Ruby era la nipote di Mubarak, e ora lo attaccano perché è stato condannato e ha perso il controllo del partito. Passi il dibattito su falchi e colombe, tacchini e pitonesse. Ci risparmino lo spettacolo di iene e avvoltoi».
La sua uscita contro amnistia e indulto, proposti da Napolitano, è stata interpretata anche come un modo per rivendicare l’autonomia della politica dal Quirinale. È così?
«Io ho un rispetto profondo per il presidente della Repubblica. Per la figura istituzionale, e per la persona. Ma trovo irrispettoso proprio nei confronti di Napolitano trasformare un messaggio di 12 cartelle in un diktat, per cui bisogna far così e basta. Alcuni commentatori non lo sanno, ma il presidente della Repubblica è il primo a essere consapevole che la funzione del suo messaggio era stimolare il dibattito. Io ho fatto la mia parte. Il falso unanimismo su questi temi è frutto di superficialità. Si cambino le leggi che riempiono le carceri, la Giovanardi e la Bossi-Fini. E si prenda atto dell’esperienza del 2006: a sette anni da un indulto non se ne può fare un altro. È diseducativo. Significa che lo Stato rinuncia a fare lo Stato. Non ho la pretesa di avere la verità in tasca. Ma se c’è una cosa da dire, la dico in faccia, chiara. Io non sono cambiato».
18 ottobre 2013L’INTERVISTA: PARLA IL SINDACO
Renzi: adesso voglio una rivoluzione capillare
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«Non attacco il governo, dico ciò che serve all'Italia in futuro»
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FIRENZE -Sindaco Renzi, come trova la legge di Stabilità?
«Il Pd ha un segretario, si chiama Epifani; è giusto che la commenti lui. Chi pensa che da qui alle primarie io faccia il controcanto al Pd, o peggio al governo, si sbaglia. Dobbiamo parlare dell’Italia dei prossimi dieci anni, non della contingenza».
Ma la contingenza è decisiva: tutti i Paesi stanno rialzando la testa dalla crisi, tranne il nostro.
«Credo che ci sia bisogno di una svolta radicale. Una rivoluzione capillare che non passa dalla legge di Stabilità, ma dalla riconsiderazione del sistema italiano. Lo sostengo da tempo. Ho un unico rammarico: non aver spiegato a sufficienza che la rottamazione non è solo il sacrosanto ricambio generazionale. Quello di cui l’Italia ha bisogno non è cambiare tutto, ma cambiare tutti. Ognuno nella sua testa dovrebbe cambiare un pezzettino. Anche l’establishment economico e finanziario, che ha colpe forse non più gravi di quelle dei politici, ma ha fatto perdere tempo e occasioni all’Italia».
Per una svolta radicale servono soldi che non ci sono. O dobbiamo chiedere all’Europa di sforare il tabù del 3%?
«Il 3% è anacronistico. L’Europa deve cambiare; non per l’Italia, per se stessa. Ma prima di chiedere all’Europa di cambiare, dobbiamo fare in casa le riforme che rinviamo da troppo tempo. La formula per risolvere la crisi italiana non è un algoritmo complicato; è la semplicità. Semplificare la burocrazia, il fisco, la giustizia, le norme sul lavoro. Perché non possiamo avere le stesse norme sul lavoro della Germania?».
Semplificare il fisco? Il Pd è considerato il partito delle tasse.
«Mi trova lei un altro sindaco che in piena crisi abbia abbassato l’Irpef?».
Dello 0,1%...
«Dallo 0,3% allo 0,2%, il 33% in meno. Per il Comune, milioni di euro in meno di entrate. Ma è importante il messaggio: la sinistra non può essere considerata il partito delle tasse. Durante la scorsa campagna per le primarie avevo proposto un intervento sul cuneo fiscale da 21-22 miliardi, per cui un signore che guadagna 2 mila euro al mese se ne sarebbe ritrovati in busta paga cento in più».
Come li prende i soldi? Ai pensionati?
«Io parlo delle pensioni d’oro. C’è chi prende 5 o 10 mila euro al mese. Sulla parte retributiva della sua pensione - che di fatto costituisce un regalo dello Stato - è legittimo chiedere un contributo. Per non parlare di alcune reversibilità. E dei tagli alla spesa pubblica, che vanno fatti, individuando i settori su cui intervenire. Oggi faccio un passo indietro. Quando toccherà a noi, le proposte le faremo in modo chiaro. Di queste cose parlerò in un incontro nelle prossime settimane a Milano» .
Ce lo dica adesso: quale sarebbe la sua politica economica?
«Tutto ciò che viene dalla dismissione del patrimonio pubblico va a ridurre il debito. Tutto ciò che viene dal recupero dell’evasione va a ridurre la pressione fiscale. Lo Stato non può intervenire con la logica degli ultimi anni. E ogni riferimento alla Telecom dei capitani coraggiosi e all’Alitalia è puramente voluto. Non possiamo continuare con un modello dirigista, con lo Stato che decide e la Cassa depositi e prestiti che fa da tappabuchi».
Di fronte alla crisi un intervento pubblico è inevitabile, non crede?
«Ma il sistema capitalistico italiano ha responsabilità atroci. Inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare. Ogni euro investito in operazioni di sistema e perduto è un euro tolto alle aziende, alle famiglie, agli artigiani consegnati all’usura che alimenta la criminalità. Il sistema bancario è entrato in mondi da cui dovrebbe uscire. Compresa l’editoria. Posso dirlo?».
Certo .
«Considero positivo che si sia sciolto il patto Rcs. L’Italia è stata gestita da troppi patti di sindacato che erano in realtà pacchi di sindacato. Faccio il tifo per i manager che stanno cambiando il sistema. Deve finire il capitalismo relazionale, in cui spesso lo Stato ha finito per coprire le perdite. L’eccesso di vicinanza tra politici, imprenditori e banche ha creato operazioni sbagliate. E’ assurdo che per salvare un’azienda come Ansaldo Energia si metta mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè ai soldi della vecchietta o dell’immigrato, cui viene chiesto a propria insaputa di pagare i giochi spericolati di chi ha fatto impresa con i soldi altrui».
Non è che i politici siano innocenti.
«È per questo che mi candido alla guida del Pd. Per cambiarlo. Non per fare il grillo parlante di quello che fa oggi il governo, ma per costruire un partito nuovo, che non conclude affari con i capitani coraggiosi, che sta in mezzo alla gente. A Civiltà Cattolica che gli chiedeva perché non sia entrato nell’appartamento papale, Francesco ha risposto proprio così: non perché sia troppo lussuoso, ma perché renderebbe più difficile il contatto con la gente».
A proposito di capitani coraggiosi, D’Alema dice che lei, per non logorarsi, logorerà Letta.
«È un giudizio sbagliato. D’Alema è una persona intelligente, ma questa sua qualità non lo mette al riparo da clamorosi errori di giudizio. Nel caso di D’Alema non è il primo, purtroppo per lui. Io ho 38 anni: posso aspettare. Il punto è che l’Italia non può aspettare. Compito di tutti noi che abbiamo responsabilità è dare una mano perché le cose si facciano. A Enrico do volentieri una mano».
Lei aiuta Letta? Dice sul serio?
«La cronaca di questi sei mesi ha smentito chi mi accusava di cospirare. Continuo a non dare alcun alibi a chi mi accusa di voler criticare il governo per anticiparne la fine. Io non attacco il governo. Parlo di quel che serve all’Italia nei prossimi anni. Convinto che l’Italia possa avere un futuro straordinario».
Lei teme che in Parlamento ci sia un accordo per una legge elettorale che perpetui le larghe intese?
«Il Pd farà il congresso e le primarie, con candidati che propongono soluzioni diverse anche per la legge elettorale. Io faccio la mia proposta. Sono per una legge che garantisca l’alternanza, il bipolarismo, e un risultato chiaro. Chi vince le elezioni non potrà mai avere il diritto di dire “non mi hanno fatto lavorare”. No all’inciucione generalizzato: le larghe intese devono essere l’eccezione, non la regola» .
Lei ha chiesto di spostare la discussione sulla legge elettorale dal Senato alla Camera. La Finocchiaro le ha risposto di no.
«Se in Parlamento si forma una maggioranza favorevole a una norma chiara e trasparente, per cui chi vince governa e non si ritorna ad accordicchi nelle segrete stanze, io sono il primo a festeggiare. Ma se si pensa di poter ulteriormente bloccare il Paese con un’operazione da prima Repubblica, senza statisti da prima Repubblica, allora sia chiaro che ci sarà il dissenso non solo mio ma della maggioranza dei senatori del Pd; come la Finocchiaro ha avuto modo di verificare in queste ore in modo riservato. Il Pd è vincolato dalle primarie. Decidono gli elettori che vanno al gazebo, non una senatrice che ha l’unico titolo di essere lì da trent’anni».
Tra le riforme da fare lei cita la giustizia, cara soprattutto alla destra.
«La riforma della giustizia è una priorità per gli italiani, non per la destra. Non so se riuscirà a farla questo Parlamento o il prossimo. So che è indispensabile, dopo 20 anni di provvedimenti ad personam. Non è possibile reggere lo spread tra Italia e Germania, per cui un provvedimento di natura civilistica da loro richiede un anno e da noi 4. Non è possibile ricorrere alla custodia cautelare nella misura di oggi. Non è possibile che i tempi della giustizia amministrativa siano sempre un incognita: se voglio togliere una bancarella dal mercato devo aspettare che si pronunci il Tar, per aprire la caffetteria di Palazzo Vecchio deve attendere due mesi in più per il ricorso sull’appalto... Ormai sugli appalti pubblici lavorano più gli avvocati dei manovali».
Si ricandiderà a sindaco di Firenze, la prossima primavera?
«Se i fiorentini lo vorranno, sì. Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana. Voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici».
Come può fare entrambe le cose?
«La storia del doppio incarico è ridicola. Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico. Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps. E poi dipende da cosa deve fare un partito. Se si vuole un Pd tutto centrato su Roma, è logico che il segretario ci passi tutta la settimana. Se, come spero, porteremo alla guida amministratori locali, avremo un Pd molto più snello. Vorrei che il pastone del tg la sera non mi trovasse mentre salgo ed esco dalle stanze di partito, ma mentre inauguro una biblioteca, come ho appena fatto» .
In attesa degli amministratori, arriva la vecchia guardia. Dopo Franceschini si è schierato con lei Latorre. Ma il rinnovamento lo fa o no?
«La stragrande maggioranza di coloro che stavano contro di me continua a stare contro di me; gli altri si contano sulle dita di una mano. Noi dobbiamo andare avanti con tutti. Non credo a un Pd che butta fuori la gente: sono per includere, non per escludere. Perché respingere quelli della vecchia guardia che non ce l’hanno con te? E poi ho un rapporto di stima con Gianni Cuperlo. È una persona perbene, di cui non condivido tutto ma che ascolto con grande piacere. Se vinco le primarie, il giorno dopo lavorerò per allargare».
Non faccia il finto modesto. Tutti sanno che vincerà le primarie.
«Il risultato è tutt’altro che scontato. Un conto è se vota un milione di persone, un conto se ne arriva il doppio. L’8 dicembre, con le feste religiose a Milano, Roma, Palermo, è la peggiore data possibile. Spero di coinvolgere la gente, fin dal prossimo 25 ottobre alla Leopolda, proprio perché la sfida in gioco è decisiva».
Il Pdl si dividerà?
«Non lo so. So che non sopporto quelli che hanno osannato per vent’anni Berlusconi, arrivando a votare che Ruby era la nipote di Mubarak, e ora lo attaccano perché è stato condannato e ha perso il controllo del partito. Passi il dibattito su falchi e colombe, tacchini e pitonesse. Ci risparmino lo spettacolo di iene e avvoltoi».
La sua uscita contro amnistia e indulto, proposti da Napolitano, è stata interpretata anche come un modo per rivendicare l’autonomia della politica dal Quirinale. È così?
«Io ho un rispetto profondo per il presidente della Repubblica. Per la figura istituzionale, e per la persona. Ma trovo irrispettoso proprio nei confronti di Napolitano trasformare un messaggio di 12 cartelle in un diktat, per cui bisogna far così e basta. Alcuni commentatori non lo sanno, ma il presidente della Repubblica è il primo a essere consapevole che la funzione del suo messaggio era stimolare il dibattito. Io ho fatto la mia parte. Il falso unanimismo su questi temi è frutto di superficialità. Si cambino le leggi che riempiono le carceri, la Giovanardi e la Bossi-Fini. E si prenda atto dell’esperienza del 2006: a sette anni da un indulto non se ne può fare un altro. È diseducativo. Significa che lo Stato rinuncia a fare lo Stato. Non ho la pretesa di avere la verità in tasca. Ma se c’è una cosa da dire, la dico in faccia, chiara. Io non sono cambiato».
18 ottobre 2013
Aldo Cazzullo
Renzi: adesso voglio una rivoluzione capillare
Tutti cambino, anche l’establishment finanziario
«Non attacco il governo, dico ciò che serve all’Italia in futuro»
FIRENZE -Sindaco Renzi, come trova la legge di Stabilità?
«Il Pd ha un segretario, si chiama Epifani; è giusto che la commenti lui. Chi pensa che da qui alle primarie io faccia il controcanto al Pd, o peggio al governo, si sbaglia. Dobbiamo parlare dell’Italia dei prossimi dieci anni, non della contingenza».
Ma la contingenza è decisiva: tutti i Paesi stanno rialzando la testa dalla crisi, tranne il nostro.
«Credo che ci sia bisogno di una svolta radicale. Una rivoluzione capillare che non passa dalla legge di Stabilità, ma dalla riconsiderazione del sistema italiano. Lo sostengo da tempo. Ho un unico rammarico: non aver spiegato a sufficienza che la rottamazione non è solo il sacrosanto ricambio generazionale. Quello di cui l’Italia ha bisogno non è cambiare tutto, ma cambiare tutti. Ognuno nella sua testa dovrebbe cambiare un pezzettino. Anche l’establishment economico e finanziario, che ha colpe forse non più gravi di quelle dei politici, ma ha fatto perdere tempo e occasioni all’Italia».
Per una svolta radicale servono soldi che non ci sono. O dobbiamo chiedere all’Europa di sforare il tabù del 3%?
«Il 3% è anacronistico. L’Europa deve cambiare; non per l’Italia, per se stessa. Ma prima di chiedere all’Europa di cambiare, dobbiamo fare in casa le riforme che rinviamo da troppo tempo. La formula per risolvere la crisi italiana non è un algoritmo complicato; è la semplicità. Semplificare la burocrazia, il fisco, la giustizia, le norme sul lavoro. Perché non possiamo avere le stesse norme sul lavoro della Germania?».
Semplificare il fisco? Il Pd è considerato il partito delle tasse.
«Mi trova lei un altro sindaco che in piena crisi abbia abbassato l’Irpef?».
Dello 0,1%...
«Dallo 0,3% allo 0,2%, il 33% in meno. Per il Comune, milioni di euro in meno di entrate. Ma è importante il messaggio: la sinistra non può essere considerata il partito delle tasse. Durante la scorsa campagna per le primarie avevo proposto un intervento sul cuneo fiscale da 21-22 miliardi, per cui un signore che guadagna 2 mila euro al mese se ne sarebbe ritrovati in busta paga cento in più».
Come li prende i soldi? Ai pensionati?
«Io parlo delle pensioni d’oro. C’è chi prende 5 o 10 mila euro al mese. Sulla parte retributiva della sua pensione - che di fatto costituisce un regalo dello Stato - è legittimo chiedere un contributo. Per non parlare di alcune reversibilità. E dei tagli alla spesa pubblica, che vanno fatti, individuando i settori su cui intervenire. Oggi faccio un passo indietro. Quando toccherà a noi, le proposte le faremo in modo chiaro. Di queste cose parlerò in un incontro nelle prossime settimane a Milano» .
Ce lo dica adesso: quale sarebbe la sua politica economica?
«Tutto ciò che viene dalla dismissione del patrimonio pubblico va a ridurre il debito. Tutto ciò che viene dal recupero dell’evasione va a ridurre la pressione fiscale. Lo Stato non può intervenire con la logica degli ultimi anni. E ogni riferimento alla Telecom dei capitani coraggiosi e all’Alitalia è puramente voluto. Non possiamo continuare con un modello dirigista, con lo Stato che decide e la Cassa depositi e prestiti che fa da tappabuchi».
Di fronte alla crisi un intervento pubblico è inevitabile, non crede?
«Ma il sistema capitalistico italiano ha responsabilità atroci. Inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare. Ogni euro investito in operazioni di sistema e perduto è un euro tolto alle aziende, alle famiglie, agli artigiani consegnati all’usura che alimenta la criminalità. Il sistema bancario è entrato in mondi da cui dovrebbe uscire. Compresa l’editoria. Posso dirlo?».
Certo .
«Considero positivo che si sia sciolto il patto Rcs. L’Italia è stata gestita da troppi patti di sindacato che erano in realtà pacchi di sindacato. Faccio il tifo per i manager che stanno cambiando il sistema. Deve finire il capitalismo relazionale, in cui spesso lo Stato ha finito per coprire le perdite. L’eccesso di vicinanza tra politici, imprenditori e banche ha creato operazioni sbagliate. E’ assurdo che per salvare un’azienda come Ansaldo Energia si metta mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè ai soldi della vecchietta o dell’immigrato, cui viene chiesto a propria insaputa di pagare i giochi spericolati di chi ha fatto impresa con i soldi altrui».
Non è che i politici siano innocenti.
«È per questo che mi candido alla guida del Pd. Per cambiarlo. Non per fare il grillo parlante di quello che fa oggi il governo, ma per costruire un partito nuovo, che non conclude affari con i capitani coraggiosi, che sta in mezzo alla gente. A Civiltà Cattolica che gli chiedeva perché non sia entrato nell’appartamento papale, Francesco ha risposto proprio così: non perché sia troppo lussuoso, ma perché renderebbe più difficile il contatto con la gente».
A proposito di capitani coraggiosi, D’Alema dice che lei, per non logorarsi, logorerà Letta.
«È un giudizio sbagliato. D’Alema è una persona intelligente, ma questa sua qualità non lo mette al riparo da clamorosi errori di giudizio. Nel caso di D’Alema non è il primo, purtroppo per lui. Io ho 38 anni: posso aspettare. Il punto è che l’Italia non può aspettare. Compito di tutti noi che abbiamo responsabilità è dare una mano perché le cose si facciano. A Enrico do volentieri una mano».
Lei aiuta Letta? Dice sul serio?
«La cronaca di questi sei mesi ha smentito chi mi accusava di cospirare. Continuo a non dare alcun alibi a chi mi accusa di voler criticare il governo per anticiparne la fine. Io non attacco il governo. Parlo di quel che serve all’Italia nei prossimi anni. Convinto che l’Italia possa avere un futuro straordinario».
Lei teme che in Parlamento ci sia un accordo per una legge elettorale che perpetui le larghe intese?
«Il Pd farà il congresso e le primarie, con candidati che propongono soluzioni diverse anche per la legge elettorale. Io faccio la mia proposta. Sono per una legge che garantisca l’alternanza, il bipolarismo, e un risultato chiaro. Chi vince le elezioni non potrà mai avere il diritto di dire “non mi hanno fatto lavorare”. No all’inciucione generalizzato: le larghe intese devono essere l’eccezione, non la regola» .
Lei ha chiesto di spostare la discussione sulla legge elettorale dal Senato alla Camera. La Finocchiaro le ha risposto di no.
«Se in Parlamento si forma una maggioranza favorevole a una norma chiara e trasparente, per cui chi vince governa e non si ritorna ad accordicchi nelle segrete stanze, io sono il primo a festeggiare. Ma se si pensa di poter ulteriormente bloccare il Paese con un’operazione da prima Repubblica, senza statisti da prima Repubblica, allora sia chiaro che ci sarà il dissenso non solo mio ma della maggioranza dei senatori del Pd; come la Finocchiaro ha avuto modo di verificare in queste ore in modo riservato. Il Pd è vincolato dalle primarie. Decidono gli elettori che vanno al gazebo, non una senatrice che ha l’unico titolo di essere lì da trent’anni».
Tra le riforme da fare lei cita la giustizia, cara soprattutto alla destra.
«La riforma della giustizia è una priorità per gli italiani, non per la destra. Non so se riuscirà a farla questo Parlamento o il prossimo. So che è indispensabile, dopo 20 anni di provvedimenti ad personam. Non è possibile reggere lo spread tra Italia e Germania, per cui un provvedimento di natura civilistica da loro richiede un anno e da noi 4. Non è possibile ricorrere alla custodia cautelare nella misura di oggi. Non è possibile che i tempi della giustizia amministrativa siano sempre un incognita: se voglio togliere una bancarella dal mercato devo aspettare che si pronunci il Tar, per aprire la caffetteria di Palazzo Vecchio deve attendere due mesi in più per il ricorso sull’appalto... Ormai sugli appalti pubblici lavorano più gli avvocati dei manovali».
Si ricandiderà a sindaco di Firenze, la prossima primavera?
«Se i fiorentini lo vorranno, sì. Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana. Voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici».
Come può fare entrambe le cose?
«La storia del doppio incarico è ridicola. Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico. Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps. E poi dipende da cosa deve fare un partito. Se si vuole un Pd tutto centrato su Roma, è logico che il segretario ci passi tutta la settimana. Se, come spero, porteremo alla guida amministratori locali, avremo un Pd molto più snello. Vorrei che il pastone del tg la sera non mi trovasse mentre salgo ed esco dalle stanze di partito, ma mentre inauguro una biblioteca, come ho appena fatto» .
In attesa degli amministratori, arriva la vecchia guardia. Dopo Franceschini si è schierato con lei Latorre. Ma il rinnovamento lo fa o no?
«La stragrande maggioranza di coloro che stavano contro di me continua a stare contro di me; gli altri si contano sulle dita di una mano. Noi dobbiamo andare avanti con tutti. Non credo a un Pd che butta fuori la gente: sono per includere, non per escludere. Perché respingere quelli della vecchia guardia che non ce l’hanno con te? E poi ho un rapporto di stima con Gianni Cuperlo. È una persona perbene, di cui non condivido tutto ma che ascolto con grande piacere. Se vinco le primarie, il giorno dopo lavorerò per allargare».
Non faccia il finto modesto. Tutti sanno che vincerà le primarie.
«Il risultato è tutt’altro che scontato. Un conto è se vota un milione di persone, un conto se ne arriva il doppio. L’8 dicembre, con le feste religiose a Milano, Roma, Palermo, è la peggiore data possibile. Spero di coinvolgere la gente, fin dal prossimo 25 ottobre alla Leopolda, proprio perché la sfida in gioco è decisiva».
Il Pdl si dividerà?
«Non lo so. So che non sopporto quelli che hanno osannato per vent’anni Berlusconi, arrivando a votare che Ruby era la nipote di Mubarak, e ora lo attaccano perché è stato condannato e ha perso il controllo del partito. Passi il dibattito su falchi e colombe, tacchini e pitonesse. Ci risparmino lo spettacolo di iene e avvoltoi».
La sua uscita contro amnistia e indulto, proposti da Napolitano, è stata interpretata anche come un modo per rivendicare l’autonomia della politica dal Quirinale. È così?
«Io ho un rispetto profondo per il presidente della Repubblica. Per la figura istituzionale, e per la persona. Ma trovo irrispettoso proprio nei confronti di Napolitano trasformare un messaggio di 12 cartelle in un diktat, per cui bisogna far così e basta. Alcuni commentatori non lo sanno, ma il presidente della Repubblica è il primo a essere consapevole che la funzione del suo messaggio era stimolare il dibattito. Io ho fatto la mia parte. Il falso unanimismo su questi temi è frutto di superficialità. Si cambino le leggi che riempiono le carceri, la Giovanardi e la Bossi-Fini. E si prenda atto dell’esperienza del 2006: a sette anni da un indulto non se ne può fare un altro. È diseducativo. Significa che lo Stato rinuncia a fare lo Stato. Non ho la pretesa di avere la verità in tasca. Ma se c’è una cosa da dire, la dico in faccia, chiara. Io non sono cambiato».
18 ottobre 2013L’INTERVISTA: PARLA IL SINDACO
Renzi: adesso voglio una rivoluzione capillare
Tutti cambino, anche l'establishment finanziario
«Non attacco il governo, dico ciò che serve all'Italia in futuro»
Governo 1,374
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(Imagoeconomica)
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FIRENZE -Sindaco Renzi, come trova la legge di Stabilità?
«Il Pd ha un segretario, si chiama Epifani; è giusto che la commenti lui. Chi pensa che da qui alle primarie io faccia il controcanto al Pd, o peggio al governo, si sbaglia. Dobbiamo parlare dell’Italia dei prossimi dieci anni, non della contingenza».
Ma la contingenza è decisiva: tutti i Paesi stanno rialzando la testa dalla crisi, tranne il nostro.
«Credo che ci sia bisogno di una svolta radicale. Una rivoluzione capillare che non passa dalla legge di Stabilità, ma dalla riconsiderazione del sistema italiano. Lo sostengo da tempo. Ho un unico rammarico: non aver spiegato a sufficienza che la rottamazione non è solo il sacrosanto ricambio generazionale. Quello di cui l’Italia ha bisogno non è cambiare tutto, ma cambiare tutti. Ognuno nella sua testa dovrebbe cambiare un pezzettino. Anche l’establishment economico e finanziario, che ha colpe forse non più gravi di quelle dei politici, ma ha fatto perdere tempo e occasioni all’Italia».
Per una svolta radicale servono soldi che non ci sono. O dobbiamo chiedere all’Europa di sforare il tabù del 3%?
«Il 3% è anacronistico. L’Europa deve cambiare; non per l’Italia, per se stessa. Ma prima di chiedere all’Europa di cambiare, dobbiamo fare in casa le riforme che rinviamo da troppo tempo. La formula per risolvere la crisi italiana non è un algoritmo complicato; è la semplicità. Semplificare la burocrazia, il fisco, la giustizia, le norme sul lavoro. Perché non possiamo avere le stesse norme sul lavoro della Germania?».
Semplificare il fisco? Il Pd è considerato il partito delle tasse.
«Mi trova lei un altro sindaco che in piena crisi abbia abbassato l’Irpef?».
Dello 0,1%...
«Dallo 0,3% allo 0,2%, il 33% in meno. Per il Comune, milioni di euro in meno di entrate. Ma è importante il messaggio: la sinistra non può essere considerata il partito delle tasse. Durante la scorsa campagna per le primarie avevo proposto un intervento sul cuneo fiscale da 21-22 miliardi, per cui un signore che guadagna 2 mila euro al mese se ne sarebbe ritrovati in busta paga cento in più».
Come li prende i soldi? Ai pensionati?
«Io parlo delle pensioni d’oro. C’è chi prende 5 o 10 mila euro al mese. Sulla parte retributiva della sua pensione - che di fatto costituisce un regalo dello Stato - è legittimo chiedere un contributo. Per non parlare di alcune reversibilità. E dei tagli alla spesa pubblica, che vanno fatti, individuando i settori su cui intervenire. Oggi faccio un passo indietro. Quando toccherà a noi, le proposte le faremo in modo chiaro. Di queste cose parlerò in un incontro nelle prossime settimane a Milano» .
Ce lo dica adesso: quale sarebbe la sua politica economica?
«Tutto ciò che viene dalla dismissione del patrimonio pubblico va a ridurre il debito. Tutto ciò che viene dal recupero dell’evasione va a ridurre la pressione fiscale. Lo Stato non può intervenire con la logica degli ultimi anni. E ogni riferimento alla Telecom dei capitani coraggiosi e all’Alitalia è puramente voluto. Non possiamo continuare con un modello dirigista, con lo Stato che decide e la Cassa depositi e prestiti che fa da tappabuchi».
Di fronte alla crisi un intervento pubblico è inevitabile, non crede?
«Ma il sistema capitalistico italiano ha responsabilità atroci. Inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare. Ogni euro investito in operazioni di sistema e perduto è un euro tolto alle aziende, alle famiglie, agli artigiani consegnati all’usura che alimenta la criminalità. Il sistema bancario è entrato in mondi da cui dovrebbe uscire. Compresa l’editoria. Posso dirlo?».
Certo .
«Considero positivo che si sia sciolto il patto Rcs. L’Italia è stata gestita da troppi patti di sindacato che erano in realtà pacchi di sindacato. Faccio il tifo per i manager che stanno cambiando il sistema. Deve finire il capitalismo relazionale, in cui spesso lo Stato ha finito per coprire le perdite. L’eccesso di vicinanza tra politici, imprenditori e banche ha creato operazioni sbagliate. E’ assurdo che per salvare un’azienda come Ansaldo Energia si metta mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè ai soldi della vecchietta o dell’immigrato, cui viene chiesto a propria insaputa di pagare i giochi spericolati di chi ha fatto impresa con i soldi altrui».
Non è che i politici siano innocenti.
«È per questo che mi candido alla guida del Pd. Per cambiarlo. Non per fare il grillo parlante di quello che fa oggi il governo, ma per costruire un partito nuovo, che non conclude affari con i capitani coraggiosi, che sta in mezzo alla gente. A Civiltà Cattolica che gli chiedeva perché non sia entrato nell’appartamento papale, Francesco ha risposto proprio così: non perché sia troppo lussuoso, ma perché renderebbe più difficile il contatto con la gente».
A proposito di capitani coraggiosi, D’Alema dice che lei, per non logorarsi, logorerà Letta.
«È un giudizio sbagliato. D’Alema è una persona intelligente, ma questa sua qualità non lo mette al riparo da clamorosi errori di giudizio. Nel caso di D’Alema non è il primo, purtroppo per lui. Io ho 38 anni: posso aspettare. Il punto è che l’Italia non può aspettare. Compito di tutti noi che abbiamo responsabilità è dare una mano perché le cose si facciano. A Enrico do volentieri una mano».
Lei aiuta Letta? Dice sul serio?
«La cronaca di questi sei mesi ha smentito chi mi accusava di cospirare. Continuo a non dare alcun alibi a chi mi accusa di voler criticare il governo per anticiparne la fine. Io non attacco il governo. Parlo di quel che serve all’Italia nei prossimi anni. Convinto che l’Italia possa avere un futuro straordinario».
Lei teme che in Parlamento ci sia un accordo per una legge elettorale che perpetui le larghe intese?
«Il Pd farà il congresso e le primarie, con candidati che propongono soluzioni diverse anche per la legge elettorale. Io faccio la mia proposta. Sono per una legge che garantisca l’alternanza, il bipolarismo, e un risultato chiaro. Chi vince le elezioni non potrà mai avere il diritto di dire “non mi hanno fatto lavorare”. No all’inciucione generalizzato: le larghe intese devono essere l’eccezione, non la regola» .
Lei ha chiesto di spostare la discussione sulla legge elettorale dal Senato alla Camera. La Finocchiaro le ha risposto di no.
«Se in Parlamento si forma una maggioranza favorevole a una norma chiara e trasparente, per cui chi vince governa e non si ritorna ad accordicchi nelle segrete stanze, io sono il primo a festeggiare. Ma se si pensa di poter ulteriormente bloccare il Paese con un’operazione da prima Repubblica, senza statisti da prima Repubblica, allora sia chiaro che ci sarà il dissenso non solo mio ma della maggioranza dei senatori del Pd; come la Finocchiaro ha avuto modo di verificare in queste ore in modo riservato. Il Pd è vincolato dalle primarie. Decidono gli elettori che vanno al gazebo, non una senatrice che ha l’unico titolo di essere lì da trent’anni».
Tra le riforme da fare lei cita la giustizia, cara soprattutto alla destra.
«La riforma della giustizia è una priorità per gli italiani, non per la destra. Non so se riuscirà a farla questo Parlamento o il prossimo. So che è indispensabile, dopo 20 anni di provvedimenti ad personam. Non è possibile reggere lo spread tra Italia e Germania, per cui un provvedimento di natura civilistica da loro richiede un anno e da noi 4. Non è possibile ricorrere alla custodia cautelare nella misura di oggi. Non è possibile che i tempi della giustizia amministrativa siano sempre un incognita: se voglio togliere una bancarella dal mercato devo aspettare che si pronunci il Tar, per aprire la caffetteria di Palazzo Vecchio deve attendere due mesi in più per il ricorso sull’appalto... Ormai sugli appalti pubblici lavorano più gli avvocati dei manovali».
Si ricandiderà a sindaco di Firenze, la prossima primavera?
«Se i fiorentini lo vorranno, sì. Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana. Voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici».
Come può fare entrambe le cose?
«La storia del doppio incarico è ridicola. Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico. Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps. E poi dipende da cosa deve fare un partito. Se si vuole un Pd tutto centrato su Roma, è logico che il segretario ci passi tutta la settimana. Se, come spero, porteremo alla guida amministratori locali, avremo un Pd molto più snello. Vorrei che il pastone del tg la sera non mi trovasse mentre salgo ed esco dalle stanze di partito, ma mentre inauguro una biblioteca, come ho appena fatto» .
In attesa degli amministratori, arriva la vecchia guardia. Dopo Franceschini si è schierato con lei Latorre. Ma il rinnovamento lo fa o no?
«La stragrande maggioranza di coloro che stavano contro di me continua a stare contro di me; gli altri si contano sulle dita di una mano. Noi dobbiamo andare avanti con tutti. Non credo a un Pd che butta fuori la gente: sono per includere, non per escludere. Perché respingere quelli della vecchia guardia che non ce l’hanno con te? E poi ho un rapporto di stima con Gianni Cuperlo. È una persona perbene, di cui non condivido tutto ma che ascolto con grande piacere. Se vinco le primarie, il giorno dopo lavorerò per allargare».
Non faccia il finto modesto. Tutti sanno che vincerà le primarie.
«Il risultato è tutt’altro che scontato. Un conto è se vota un milione di persone, un conto se ne arriva il doppio. L’8 dicembre, con le feste religiose a Milano, Roma, Palermo, è la peggiore data possibile. Spero di coinvolgere la gente, fin dal prossimo 25 ottobre alla Leopolda, proprio perché la sfida in gioco è decisiva».
Il Pdl si dividerà?
«Non lo so. So che non sopporto quelli che hanno osannato per vent’anni Berlusconi, arrivando a votare che Ruby era la nipote di Mubarak, e ora lo attaccano perché è stato condannato e ha perso il controllo del partito. Passi il dibattito su falchi e colombe, tacchini e pitonesse. Ci risparmino lo spettacolo di iene e avvoltoi».
La sua uscita contro amnistia e indulto, proposti da Napolitano, è stata interpretata anche come un modo per rivendicare l’autonomia della politica dal Quirinale. È così?
«Io ho un rispetto profondo per il presidente della Repubblica. Per la figura istituzionale, e per la persona. Ma trovo irrispettoso proprio nei confronti di Napolitano trasformare un messaggio di 12 cartelle in un diktat, per cui bisogna far così e basta. Alcuni commentatori non lo sanno, ma il presidente della Repubblica è il primo a essere consapevole che la funzione del suo messaggio era stimolare il dibattito. Io ho fatto la mia parte. Il falso unanimismo su questi temi è frutto di superficialità. Si cambino le leggi che riempiono le carceri, la Giovanardi e la Bossi-Fini. E si prenda atto dell’esperienza del 2006: a sette anni da un indulto non se ne può fare un altro. È diseducativo. Significa che lo Stato rinuncia a fare lo Stato. Non ho la pretesa di avere la verità in tasca. Ma se c’è una cosa da dire, la dico in faccia, chiara. Io non sono cambiato».
18 ottobre 2013
Aldo Cazzullo
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: quo vadis PD ????
Bello e democratico
Questo è lo slogan di Cuperlo per la corsa alla segreteria.
Cuperlo, è già arrivato per primo sul fondo che ospiterà l’affondamento della Concordia Italia.
Uno slogan di quel genere nella fase storica che stiamo attraversando è da urlo.
Come si può pensare che gli italiani siano così tutti scemi???
Questo è lo slogan di Cuperlo per la corsa alla segreteria.
Cuperlo, è già arrivato per primo sul fondo che ospiterà l’affondamento della Concordia Italia.
Uno slogan di quel genere nella fase storica che stiamo attraversando è da urlo.
Come si può pensare che gli italiani siano così tutti scemi???
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