Spezzeremo le reni alla Grecia - 31
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Da Fratelli d’Italia a Banditi d’Italia - 5
Quando David Thorne l’altro ieri ha incontrato a Roma i ragazzi del Visconti e dichiarato:
"Potete prendere in mano il vostro Paese e agire, come il M5S", è voluto entrare nella politica italiana, per poter dire quello che un’ambasciatore straniero, per ovvie ragioni diplomatiche non può dire ufficialmente al Paese che lo ospita.
Tanto è vero che abbiamo assistito ad una immediata reazione dei principali partiti italiani con la coda di paglia, che hanno parlato di "entrata a gamba tesa inaccettabile" nella vita politica del Paese.
Giochi delle parti inevitabili ed obbligati.
Infatti, l’ambasciata Usa, diplomaticamente fa sapere:
"Non appoggiamo nessuno, dialoghiamo con tutti"
Sappiamo però molto bene che non è così, perché gli Usa hanno le loro preferenze nella rosa dei partiti politici italiani. Ma non bisogna però fare finta di niente sul perché l’ambasciatore Thorne, rompe gli indugi e sceglie i ragazzi del Visconti per dichiarare : "A te nuora dico e tu suocera intendi"
Molto probabilmente per via diplomatica l’ambasciatore statunitense David Thorne, può aver fatto presente più volte ai politici italiani e agli uomini delle istituzioni, che la visione dall’esterno indicava che il livello di corruzione in Italia aveva superato il livello di guardia da troppo tempo.
I risultati pratici sono sotto i nostri occhi. E’ uscita una legge anticorruzione dove sono ben presenti i vantaggi bipartisan di destra e della cosa informe. Da un parte gli uomini del Caimano, dall’altra gli uomini di Pierloden.
E’ con questa legge anticorruzione che sia avvia a prescrizione il caso Penati. Un caso che avrebbe coinvolto da vicino la direzione del Pd. Possiamo dire senza ombra di dubbio che al Nazareno sono stati molto abili nel gestire il tutto fino a portare alla prescrizione il caso.
Ma a questo punto diventa evidente erga omnes, che sul piano dei principi non esiste alcuna differenza tra Pd e Pdl quando si tratta di affari che li interessano e riguardano direttamente.
Sempre diplomaticamente, l’Europa del Kaiser Merkel non ha avuto lo stesso coraggio dell’ambasciatore Thorne nel dire agli italiani che devono cambiare registro.
I servizi segreti tedeschi negli ultimi 50 anni hanno operato attivamente sul territorio italiano.
Il Kaiser Merkel, e i suoi predecessori prima, conoscono molto bene l’alto tasso di corruzione vigente in Italia e nelle sue istituzioni. Ma soprattutto, conoscono alla perfezione il peso che le Mafie SpA hanno sull’intero territorio nazionale e all'interno dello Stato e delle istituzioni.
Quando il Kaiser si è pronunciata per l’imposizione dell’austerity nel Bel Paese, sapeva che riguardava in modo particolare la gestione politica allegra dello Stato in tutte le sue branchie.
Però si è limitata ad accettare gli interventi di Herr Professor Monti. Alla fine l’egoismo tedesco temporaneo ha prevalso su una visione a più largo respiro.
“Bravo Mario”, erano le dichiarazioni ufficiali in coro della Ue, soprattutto delle autorità tedesche, perché Mario ha garantito la restituzione del credito europeo e non solo, facendo pagare lo scotto a famiglie e imprese.
In questo momento ci troviamo in una situazione sensibilmente peggiore di quella del novembre 2011, e Squinzi, il grande capo di Confindustria che ha in mano i dati della realtà produttiva italiana, ha completamente ragione ad essere preoccupato e a dichiarare che il prossimo semestre sarà durissimo.
In un quadro tragico che non ha precedenti nella storia Repubblicana, si tratta di trovar immediatamente ed obbligatoriamente le risorse necessarie per rimettere in moto l’economia italiana dopo il disastro prodotto da Herr Professor, con la complicità diretta dei tre partiti che lo hanno sostenuto in questi ultimi 16 mesi.
Ma su questo fronte il comportamento dei partiti è sempre lo stesso degli ultimi 40 anni. Fanno in continuazione titoli di interventi immaginifici da marinaio, senza spiegare come e dove reperire le risorse. Il primo ad avere il coraggio di denunciare la vecchia e truffaldina politica italiana degli annunci e basta, è stato Luca Ricolfi circa una decina di giorni fa su La Stampa.
Per fare questo, occorre che qualsiasi tipo di esecutivo possa nascere prossimamente, compreso un teorico ed ipotetico governo golpista di colonnelli o generali, debba fare obbligatoriamente dei passaggi vincolati che avrebbe dovuto già fare a suo tempo il governo Monti, ma che per una soluzione assurda e pasticciata della formula del sostegno e della partecipazione dell’ammucchiata di partiti falliti e interessati non ha volutamente fatto.
Bisogna andare obbligatoriamente a reperire i fondi necessari per tamponare, stabilizzare e tentare, se possibile, di fare ripartire l’economia.
Ma contemporaneamente e da subito, parallelamente alla ricerca dei fondi, bisogna riparare il fondo del secchio, con una legge anticorruzione che non guardi più agli interessi particolari dei partiti. Il che vuol dire, che se si opera in questa direzione, il loro smantellamento e distruzione è inevitabile.
L’ambasciatore David Thorne, rivolgendosi però ai ragazzi del Visconti di Roma, ha detto loro solo una mezza verità. Non ha voluto dire ai ragazzi la verità più importante. Non basta dire di seguire l’esempio del M5S nel ricambiare il personale politico corrotto della casta. Bisognava metterli al corrente che la crescita esagerata di uno dei poteri forti, che condiziona l’economia produttiva, la finanza e lo Stato, deve essere decisamente ridimensionata e quindi combattuta, non a chiacchiere come succede da sempre, ma con i fatti concreti e rapidi, perché non esiste più tempo per nulla.
I partiti, tutti quanti, in questa materia sono renitenti. A parole sono 50 anni che fanno fessi gli italiani, e gli italiani sono ben felici di essere fatti fessi.
Il Capo dello Stato, qualche giorno fa, dopo aver ricevuto Squinzi, e aver toccato con mano la tragica situazione italiana riguardante la produzione, ha emanato un comunicato in cui sollecitava il pagamento da parte della P.A. alle aziende creditrici, dove al solito, all’italiana non si sanno mai i conti esatti.
Cosa ci stiano a fare i centri di elaborazione dati nello Stato rimane un mistero gaudioso.
I dati oggi disponibili variano tra i 70 e i 150 miliardi.
Il governo di Herr Professor, si è impegnato con i suoi ridicoli sostenitori, ABC, a restituire 7 miliardi anno.
Quindi, l’ultima tranche verrà erogata tra dieci anni.
In questo caso, anche il più scemo degli scemi dei merli tricolori, comprende che lo Stato confida sul decesso delle aziende per evitare di erogare il dovuto.
I tre partiti complici in materia non hanno fatto una piega.
Sono andati tutti assieme appassionatamente a recuperare fondi per salvare le banche e parte dello Stato nelle famiglie e nelle aziende italiane.
Il tema mafia fa paura ai politici vecchi e nuovi.
Tanto è vero che quando l’anno scorso hanno messo i bastoni tra le ruote al colonnello della Finanza, Rapetto, che da anni lavorava tra le altre cose, per riportare nelle casse dello Stato 98 miliardi annui di tasse evase da chi gestisce le macchinette mangiasoldi, la Mafia SpA, Herr Professor e la sua banda ABC, che non sono proprio degli Ambrosoli, dei Falcone, dei Borsellino, dei Don Puglisi, hanno fatto finta di niente. Hanno preferito che il colonnello Rapetto rinunciasse al suo incarico rassegnando le dimissioni.
Per la banda era più semplice prelevare i soldi da famiglie e imprese. La Mafia fa paura.
E’ più che logico che la lotta alle Mafie SpA, la può condurre solo una persona esperta in materia. Gente di alta competenza come erano ai tempi Falcone e Borsellino.
Era quindi ipotizzabile, che in una situazione emergenziale come questa, dove la lotta alle Mafie SpA, diventa un mezzo prioritario per recuperare fondi per far ripartire l’economia, il prossimo ministro dell’Interno dovesse essere affidato al massimo esperto in materia del momento, l’ex Capo della Direzione nazionale antimafia, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.
Giochi politici del momento hanno sacrificato Pietro Grasso.
Le Mafie SpA ringraziano sentitamente.
A combattere le Mafie SpA, conoscendo alla perfezione quanto possa essere utile al Paese il recupero dei fondi evasi in una fase senza via d’uscita per il Paese, c’è rimasto solo un povero prete con la sua organizzazione. Don Ciotti, che oggi a Firenze ha indetto l’ennesima manifestazione di protesta a cui hanno partecipato 150mila persone.
Il mondo politico, e moltissimi italiani che quando li spingi a ragionare in materia di Mafie Spa, arrivano alla medesima conclusione dell’ex ministro Lunardi, sostengono che:
CON LA MAFIA BISOGNA CONVIVERE.
Non la pensa così Don Ciotti e il suo movimento, ma sono solo una minoranza risibile.
Questo è un altro motivo per cui questo Paese è destinato ad affondare definitivamente nei prossimi mesi.
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Don Ciotti: "Non uccidiamoli una seconda volta"
In 150mila nel corteo di Libera contro le mafie
Due minuti di applausi quando dal palco allo stadio Franchi si ricorda che è anche l'anniversario della strage delle Brigate Rosse in via Fani. C'è il procuratore Gian Carlo Caselli, la vedova Caponnetto, i parenti delle vittime. Dal palco letti i 900 nomi
di redazione
Il silenzio interrotto solo dalla voce che scandisce i nomi, uno per uno. E poi fiori di carta colorati, bandiere, striscioni. "Chi non lotta ha già perso", "Bisogna ricordare cos'è la bellezza, imparare a riconoscerla e a difenderla", "No alla camorra, sì alla vita libera". Un corteo composto e colorato, quello organizzato da Libera, centocinquantamla persone che hanno sfilato tra le strade di Firenze nella Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie. In testa la dignità composta dei familiari delle 900 vittime di mafia, camorra e 'ndrangheta, seguiti da una lunga bandiera della pace e dai gonfaloni di decine di Comuni e Province di tutta Italia.
La cronaca multimediale
"Un abbraccio che diventa un impegno", come aveva detto Don Luigi Ciotti, presidente di Libera. Un impegno che continuerà anche dopo la due giorni fiorentina, soprattutto nelle coscienze dei più giovani.
I volti/ Striscioni e bandiere / Caselli e Don Ciotti
Prima di partire gli studenti di tante scuole hanno acquistato buste in carta riciclata contenenti semi di fiori che, al ritorno nelle proprie citta', saranno piantati nei giardini a futura memoria di questa giornata, ma soprattutto a simbolo della lotta alle mafie. Partiti dalla Fortezza da Basso i manifestanti sono arrivati allo stadio Franchi. Venuti da tutta Italia con autobus e treni. Scampia, Bari, Torino, Salerno e Palermo. Studenti delle scuole,giovani, attivisti, cittadini ma anche i sindaci di Firenze e Napoli Matteo Renzi e Luigi de Magistris, il segretario della Cgil Susanna Camusso, la vedova Caponnetto, il premio Nobel Esquivel e l'allenatore della Nazionale Cesare Prandelli che ha letto, sul palco allestito nello stadio, alcuni dei 900 nomi delle vittime della mafia, accolti da un lungo e intenso applauso.
Prandelli legge i nomi delle vittime
C'è un momento in cui si fa ancora più silenzio, in mezzo a decine di migliaia di teste, a decine di migliaia di voci. E' quando dal palco allestito davanti allo stadio Franchi si ricorda che oggi è anche l'anniversario della strage di via Fani, quella che diede il via al rapimento di Aldo Moro, una strage firmata dalle Brigate Rosse. Parte un applauso lungo due minuti.
Vd: "I cento passi" - I ragazzi da Scampia - Quei 900 nomi
Questa di Libera è la diciottesima edizione, la prima che sceglie il capoluogo toscano. "Non uccidiamoli una seconda volta con il nostro silenzio e con la nostra indifferenza" dice don Luigi Ciotti dal palco. Ci sono i familiari delle vittime venute con i cartelli o con le fotografie dei loro cari: giudici, poliziotti, carabinieri, politici, amministratori, gente qualunque finita in qualche modo a dare fastidio agli interessi della crimininalità. "Ho partecipato a tutte le manifestazioni - ricorda il procuratore di Torino Gian Carlo Caselli - ma questa è la più importante per il momento politico che stiamo vivendo".
Il corto anticamorra: "Giulia, uccisa per errore"
Dal palco Don Ciotti invita a non dimenticare, riceve l'ovazione dei centocinquantamila quando afferma che chi dice "che i magistrati sono peggio della mafia dovrebbe vergognarsi". Poi ricorda le vittime di tutti i grandi misteri dello Stato, dai morti per l'Eternit a quelli della strage di Viareggio, dalla Thyssen a Ustica. "La mafiosità può annidarsi dentro ognuno di noi, e dentro le coscienze addormentate o addomesticate.
E' una peste - dice Don Ciotti - chiamatela con questo nome". Un altro lungo applauso e poi le note de "La storia siamo noi" e "Io non ho paura" cantate da Fiorella Mannoia.
(hanno collaborato Gerardo Adinolfi, Maria Cristina Carratù, Laura Montanari, Mario Neri, Simona Poli, foto di Gianni Pasquini, Enrico Ramerini, Maurizio Degl'Innocenti e Matteo Bovo)
(16 marzo 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA
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