quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
il Fatto 28.10.13
La Leopolda
Renzi leader Pd per raderlo al suolo
di Wanda Marra
C’è scritto “stupore” sulla lavagnetta del palco della Leopolda 2013, mentre Matteo Renzi tiene il suo intervento di chiusura. In effetti lo spettacolo che offre la vecchia stazione industriale dalla quale il sindaco di Firenze sferrò il suo attacco all’establishment del Nazareno per la prima volta nel 2010 ha qualcosa di stupefacente. Tantissima gente, seduta, in piedi, intorno ai tavoli. “Sedicimila presenze – dirà dopo l’organizzatrice Maria Elena Boschi – ma il clima non è cambiato”.
Ma nonostante la cornice sia la stessa (interventi uno dopo l’altro, spezzoni di video, colonna sonora assordante e il Sindaco sul palco a fare da dee-jay, moderatore, presentatore, commentatore) l’energia da rotta-matrice si è fatta conquistatrice.
E lo stupore forse è soprattutto il suo: il giovane Matteo voleva fare il premier, si ritrova a correre da super favorito per la segreteria di un partito contro cui ha lottato fino all’altroieri. Un partito che vuole radere al suolo da dentro e rifondare dalla testa ai piedi.
Neanche per la chiusura ci sono i simboli del Pd: “L’ importante non è che ci siano le bandiere sul palco, ma le croci sulle schede elettorali”, dice, trovando il primo slogan nel suo intervento. Parla a mezzogiorno. Non senza aver accolto gli arrivi: “Benvenuti Franceschini e Migliore, benvenuto Nencini”. Se Epifani è salito sul palco, Franceschini non lo fa. Andando via commenta: “Qui mi sento a casa”. Per l’intervento programmatico, Renzi torna in piedi, jeans e camicia bianca. Fissa 4 punti e dice “Ci rivedremo tra un anno qui alla Leopolda, per vedere cosa si è fatto”. Il suo “contratto con gli italiani”. E dunque. Le riforme costituzionali. Fine del bicameralismo perfetto, via le province (“Non è un dramma se qualche politico va a lavorare”, boato in sala). Torna sulla legge elettorale: “Tra Porcellum e Porcellinum io so che quello dei sindaci è un modello che funziona". Parla di lavoro: "La sinistra che non cambia si chiama destra".
E allora, “essere di sinistra è creare un posto di lavoro in più. Chi fa l’imprenditore fa l’eroe perché crea posti di lavoro". Non risparmia i sindacati: “Vogliamo che abbiano una legge sulla rappresentanza”. Stefano Fassina lo attacca nel suo blog sull’Huffington Post: “Le proposte che fai in materia finanziaria hanno rilevanza zero”. Come emblema della riforma della giustizia “ineludibile” cita il caso di “Silvio” (non Berlusconi, Scaglia): fondatore di Fastweb, ingiustamente detenuto per un anno e poi prosciolto. Critica l’Europa: “La nomina della Ashton è stato un disastro”. Verso le conclusioni torna alle battute: “Mi devono attribuire per forza un guru: guruGori o guruGutgeld”. Fa un elogio della semplicità, e se la prende con chi ha detto che non capisce quali libri legga (D’Alema, ndr). Una politica senza intellettuali. Dichiara: “Dobbiamo prendere i voti di Grillo”. Finale poetico: “Per trovare la strada dobbiamo farci guidare dal bambino che è in noi”. Entusiasmo alle stelle, fedelissimi galvanizzati.
Un programma da premier, ma nessun attacco frontale al governo. “Non vogliamo tornare alle elezioni”. Ragionano i suoi che Renzi ha chiaro che se il Pdl si spacca Letta dura fino al 2015. E Franceschini va a Sky a ribadire che le larghe intese non sono per sempre, ma che “il governo dura, spazzati i sospetti”. D’altra parte l’ex Rottamatore ha bisogno di tempo per riformare da capo un partito, pronto altrimenti a farlo a pezzi. Neanche il tempo di chiudere la Leopolda che parte una riunione dei Comitati. Le tessere gonfiate sono già un caso. Una circolare del Nazareno ha stabilito che sopra il 10-25% di nuove tessere bisogna fare un controllo. “Limiti alla partecipazione”, dal palco denuncia il renziano Magorno.
Ma in realtà agli uomini del sindaco di Firenze la misura va bene. Gli imbrogli, si dice, ci sono da entrambe le parti. Dagli oppositori di Renzi sono in arrivo accuse pesanti: iscrizioni da parte dei renziani di gente legata alla criminalità. Si promettono prove ed elenchi. “Non vogliamo essere accusati di compravendita – dice il coordinatore delle primarie di Matteo, Bonaccini – va bene la trasparenza”. Il clima si riscalda. È il congresso del Pd, bellezza.
La Leopolda
Renzi leader Pd per raderlo al suolo
di Wanda Marra
C’è scritto “stupore” sulla lavagnetta del palco della Leopolda 2013, mentre Matteo Renzi tiene il suo intervento di chiusura. In effetti lo spettacolo che offre la vecchia stazione industriale dalla quale il sindaco di Firenze sferrò il suo attacco all’establishment del Nazareno per la prima volta nel 2010 ha qualcosa di stupefacente. Tantissima gente, seduta, in piedi, intorno ai tavoli. “Sedicimila presenze – dirà dopo l’organizzatrice Maria Elena Boschi – ma il clima non è cambiato”.
Ma nonostante la cornice sia la stessa (interventi uno dopo l’altro, spezzoni di video, colonna sonora assordante e il Sindaco sul palco a fare da dee-jay, moderatore, presentatore, commentatore) l’energia da rotta-matrice si è fatta conquistatrice.
E lo stupore forse è soprattutto il suo: il giovane Matteo voleva fare il premier, si ritrova a correre da super favorito per la segreteria di un partito contro cui ha lottato fino all’altroieri. Un partito che vuole radere al suolo da dentro e rifondare dalla testa ai piedi.
Neanche per la chiusura ci sono i simboli del Pd: “L’ importante non è che ci siano le bandiere sul palco, ma le croci sulle schede elettorali”, dice, trovando il primo slogan nel suo intervento. Parla a mezzogiorno. Non senza aver accolto gli arrivi: “Benvenuti Franceschini e Migliore, benvenuto Nencini”. Se Epifani è salito sul palco, Franceschini non lo fa. Andando via commenta: “Qui mi sento a casa”. Per l’intervento programmatico, Renzi torna in piedi, jeans e camicia bianca. Fissa 4 punti e dice “Ci rivedremo tra un anno qui alla Leopolda, per vedere cosa si è fatto”. Il suo “contratto con gli italiani”. E dunque. Le riforme costituzionali. Fine del bicameralismo perfetto, via le province (“Non è un dramma se qualche politico va a lavorare”, boato in sala). Torna sulla legge elettorale: “Tra Porcellum e Porcellinum io so che quello dei sindaci è un modello che funziona". Parla di lavoro: "La sinistra che non cambia si chiama destra".
E allora, “essere di sinistra è creare un posto di lavoro in più. Chi fa l’imprenditore fa l’eroe perché crea posti di lavoro". Non risparmia i sindacati: “Vogliamo che abbiano una legge sulla rappresentanza”. Stefano Fassina lo attacca nel suo blog sull’Huffington Post: “Le proposte che fai in materia finanziaria hanno rilevanza zero”. Come emblema della riforma della giustizia “ineludibile” cita il caso di “Silvio” (non Berlusconi, Scaglia): fondatore di Fastweb, ingiustamente detenuto per un anno e poi prosciolto. Critica l’Europa: “La nomina della Ashton è stato un disastro”. Verso le conclusioni torna alle battute: “Mi devono attribuire per forza un guru: guruGori o guruGutgeld”. Fa un elogio della semplicità, e se la prende con chi ha detto che non capisce quali libri legga (D’Alema, ndr). Una politica senza intellettuali. Dichiara: “Dobbiamo prendere i voti di Grillo”. Finale poetico: “Per trovare la strada dobbiamo farci guidare dal bambino che è in noi”. Entusiasmo alle stelle, fedelissimi galvanizzati.
Un programma da premier, ma nessun attacco frontale al governo. “Non vogliamo tornare alle elezioni”. Ragionano i suoi che Renzi ha chiaro che se il Pdl si spacca Letta dura fino al 2015. E Franceschini va a Sky a ribadire che le larghe intese non sono per sempre, ma che “il governo dura, spazzati i sospetti”. D’altra parte l’ex Rottamatore ha bisogno di tempo per riformare da capo un partito, pronto altrimenti a farlo a pezzi. Neanche il tempo di chiudere la Leopolda che parte una riunione dei Comitati. Le tessere gonfiate sono già un caso. Una circolare del Nazareno ha stabilito che sopra il 10-25% di nuove tessere bisogna fare un controllo. “Limiti alla partecipazione”, dal palco denuncia il renziano Magorno.
Ma in realtà agli uomini del sindaco di Firenze la misura va bene. Gli imbrogli, si dice, ci sono da entrambe le parti. Dagli oppositori di Renzi sono in arrivo accuse pesanti: iscrizioni da parte dei renziani di gente legata alla criminalità. Si promettono prove ed elenchi. “Non vogliamo essere accusati di compravendita – dice il coordinatore delle primarie di Matteo, Bonaccini – va bene la trasparenza”. Il clima si riscalda. È il congresso del Pd, bellezza.
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Re: quo vadis PD ????
Repubblica 28.10.13
Il Sindaco e il Cavaliere, due destini incrociati
di Ilvo Diamanti
NON è un caso che Berlusconi abbia sciolto il Pdl e rilanciato Forza Italia in coincidenza con la Leopolda. La convention organizzata da Matteo Renzi a Firenze. E non è un caso che la ri-nascita di Fi sia stata prevista nello stesso giorno delle primarie del Pd. L’8 dicembre.
Berlusconi, in questo modo, intende, ovviamente, “trainare” la propria ri-discesa in campo. Utilizzando un evento di successo, in grado di mobilitare milioni di persone.
E l’attenzione dei media, com’è avvenuto un anno fa. Quando, all’indomani delle primarie, i sondaggi attribuirono al Pd stime di voto mai raggiunte, in passato. Ma neppure in seguito, visto il modesto risultato ottenuto alle elezioni di febbraio. (A conferma che le primarie non sostituiscono le campagne elettorali.)
A Berlusconi interessa associare le primarie del Pd e il rinascimento di FI. Ma anche le due leadership. Renzi e, appunto, se stesso.
In un momento in cui la stella di Renzi è ancora luminosa. Quella di Berlusconi molto fioca, se non proprio spenta. Renzi, d’altronde, non ha parlato di Berlusconi perché intende guardare al futuro. Mentre Berlusconi ha rilanciato, consapevolmente, il passato. Perché tale è FI.
Un soggetto politico fondato giusto 20 anni fa. D’altronde, la fine del Pdl sancisce ciò che, di fatto, era già avvenuto. La scomparsa di An. Il partito post-fascista che aveva rotto con la tradizione fascista, appunto. Guidato da Gianfranco Fini, era divenuto un partito democratico della Destra europea. An, alle elezioni del 2006, aveva ottenuto 4 milioni e 700mila voti, oltre il 12%. FI: 9 milioni e quasi il 24% dei voti validi. Due anni dopo, alle elezioni del 2008, FI e An si erano riuniti dietro alle bandiere del Popolo della Libertà, “inventato” nel novembre 2007, da Berlusconi. Per rispondere (non a caso) alla fusione dei Ds e della Margherita nel Pd, guidato da Walter Veltroni. Il Pdl, in quell’occasione, riuscì a intercettare l’elettorato dei due partiti, oltre 13 milioni e mezzo. E ne rafforzò il peso percentuale: 37,4%. Un percorso concluso, alle ultime elezioni, 8 mesi fa. Nelle quali il Pdl ha perso 6 milioni e 300mila voti e oltre 15 punti percentuali. In altri termini: quasi 2 milioni e oltre 2 punti meno di FI da sola, nel 2006.
Berlusconi, dunque, ha semplicemente preso atto che An è scomparsa, insieme alsuo leader, Gianfranco Fini. E ha tentato un “ritorno al futuro”. Allo spirito dei padri fondatori. Cioè, lui stesso. Dietro a questa scelta, c’è, ovviamente, il proposito di “eliminare”, insieme al Pdl, anche i traditori.
Ma c’è anche l’intenzione, o almeno la speranza, di saltare sul “carro” di Renzi.
Anch’egli, come altri dirigenti del Pd, divenuti, all’improvviso, tutti quanti e tutti insieme, “renziani”. Berlusconi, “renziano” anche lui. Per rientrare in gioco, contro il più “berlusconiano” dei leader del centrosinistra — secondo molti osservatori, non solo critici.
A Matteo Renzi, d’altronde, questo inseguimento al contrario, rispetto al passato (quando tutti imitavano Berlusconi), non dovrebbe dispiacere troppo.
Anzitutto, perché Berlusconi non è certo finito, come dimostra la sua reazione di questi giorni. Ma è, sicuramente, più “vecchio”. In senso anagrafico e non solo.
Poi, perché, comunque, il rafforzamento di Berlusconi significa l’indebolimento di Enrico Letta e del governo di larghe intese.
Il vero fortilizio dove agiscono gli oppositori di Berlusconi. Alfano e i ministri: del Pdl, non di FI. Il ritorno di FI, di conseguenza, significherebbe abbandonare al loro destino i ministri del Pdl.
Ma anche il governo e il premier, Letta. La cui posizione appare in crescente contrasto con quella di Renzi.
Perché, da un lato, Letta è l’unico leader, in Italia, che, per livello di popolarità e di consenso personale, possa competere con Renzi.
E, anzi, nelle ultime settimane, sembra averlo superato. D’altra parte, comunque, il tempo gioca a sfavore di Renzi.
La lunga durata, alla guida di un partito complesso, come il Pd, rischia di logorarlo. O, almeno, di appannarne lo smalto. «Mai più larghe intese », risuonato più volte ieri alla Leopolda, echeggia dunque come: «Mai più Letta».
Da ciò l’impressione che a Renzi, in fondo, il confronto con Berlusconi non dispiaccia. Perché evoca un modello di democrazia che gli piace e lo favorisce. Fondato sulla “personalizzazione”.
Un processo in atto in tutte le democrazie occidentali. Anche se in Italia è stata condizionata dalla costruzione di “partiti personali”. Cioè, di partiti “privati”, dipendenti dalle risorse — economiche, comunicative e organizzative — di una persona. Per prima e prima di tutti, Forza Italia. Appunto. Il Centrosinistra ha, invece, respinto la “personalizzazione”, interpretando il ruolo del “partito impersonale”.
Senza personalità e senza persone in grado di “rappresentarlo”. Nelle mani di “un’armata — poco gioiosa e molto disorganizzata — di micro-notabili” (come osserva Mauro Calise nell’acuminato saggio, emblematicamente intitolato Fuorigioco e appena pubblicato da Laterza).
(Questo è il vecchio modello voluto dalle correnti democristiane durante la prima Repubblica un segretario debole in mano i capibastone delle correnti. Questa è stata la sorte di Bersani e della sua fine ingloriosa. - ndt)
======================================================================
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Per questo la sfida lanciata da Matteo Renzi alla Leopolda non sembra rivolta tanto agli altri candidati, in vista delle primarie. Con i quali non c’è partita. Ma, soprattutto, al Partito Democratico in quanto tale.
Cioè: in quanto “partito”, erede di “partiti” — di massa.
Non a caso non ha voluto bandiere di “partito”.
E ha dichiarato l’intento di “rottamare le correnti”, per prima la propria.
Perché ciò che gli interessa, soprattutto, è scardinare la logica del partito.
O meglio, dei partiti da cui provengono il Pd, i suoi consensi e i suoi gruppi dirigenti — centrali e locali.
A Renzi interessa andare oltre le tradizioni e la storia — di chi “viene da lontano”. Oltre i post-democristiani e, prima ancora, oltre i post-comunisti.
In altri termini: oltre il Pd.
======================================================================
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Per questo, in fondo, le strade di Berlusconi e di Renzi, per quanto percorse in direzione opposta, sono destinate a incrociarsi.
Perché Berlusconi torna a FI per andare oltre il Pdl. Per restaurare il “partito personale”. Mentre Renzi intende vincere le Primarie per rottamare il Pd. Insieme a ogni larga intesa e a ogni Mediatore legittimato dal Presidente.
Renzi: vuole fare il Sindaco d’Italia. In nome di una democrazia diretta e personalizzata.
(Cioé il nuovo Duce? Tutto porta da sempre a lì-ndt)
Prepariamoci. Dopo il prossimo 8 dicembre nulla resterà come prima.
Il Sindaco e il Cavaliere, due destini incrociati
di Ilvo Diamanti
NON è un caso che Berlusconi abbia sciolto il Pdl e rilanciato Forza Italia in coincidenza con la Leopolda. La convention organizzata da Matteo Renzi a Firenze. E non è un caso che la ri-nascita di Fi sia stata prevista nello stesso giorno delle primarie del Pd. L’8 dicembre.
Berlusconi, in questo modo, intende, ovviamente, “trainare” la propria ri-discesa in campo. Utilizzando un evento di successo, in grado di mobilitare milioni di persone.
E l’attenzione dei media, com’è avvenuto un anno fa. Quando, all’indomani delle primarie, i sondaggi attribuirono al Pd stime di voto mai raggiunte, in passato. Ma neppure in seguito, visto il modesto risultato ottenuto alle elezioni di febbraio. (A conferma che le primarie non sostituiscono le campagne elettorali.)
A Berlusconi interessa associare le primarie del Pd e il rinascimento di FI. Ma anche le due leadership. Renzi e, appunto, se stesso.
In un momento in cui la stella di Renzi è ancora luminosa. Quella di Berlusconi molto fioca, se non proprio spenta. Renzi, d’altronde, non ha parlato di Berlusconi perché intende guardare al futuro. Mentre Berlusconi ha rilanciato, consapevolmente, il passato. Perché tale è FI.
Un soggetto politico fondato giusto 20 anni fa. D’altronde, la fine del Pdl sancisce ciò che, di fatto, era già avvenuto. La scomparsa di An. Il partito post-fascista che aveva rotto con la tradizione fascista, appunto. Guidato da Gianfranco Fini, era divenuto un partito democratico della Destra europea. An, alle elezioni del 2006, aveva ottenuto 4 milioni e 700mila voti, oltre il 12%. FI: 9 milioni e quasi il 24% dei voti validi. Due anni dopo, alle elezioni del 2008, FI e An si erano riuniti dietro alle bandiere del Popolo della Libertà, “inventato” nel novembre 2007, da Berlusconi. Per rispondere (non a caso) alla fusione dei Ds e della Margherita nel Pd, guidato da Walter Veltroni. Il Pdl, in quell’occasione, riuscì a intercettare l’elettorato dei due partiti, oltre 13 milioni e mezzo. E ne rafforzò il peso percentuale: 37,4%. Un percorso concluso, alle ultime elezioni, 8 mesi fa. Nelle quali il Pdl ha perso 6 milioni e 300mila voti e oltre 15 punti percentuali. In altri termini: quasi 2 milioni e oltre 2 punti meno di FI da sola, nel 2006.
Berlusconi, dunque, ha semplicemente preso atto che An è scomparsa, insieme alsuo leader, Gianfranco Fini. E ha tentato un “ritorno al futuro”. Allo spirito dei padri fondatori. Cioè, lui stesso. Dietro a questa scelta, c’è, ovviamente, il proposito di “eliminare”, insieme al Pdl, anche i traditori.
Ma c’è anche l’intenzione, o almeno la speranza, di saltare sul “carro” di Renzi.
Anch’egli, come altri dirigenti del Pd, divenuti, all’improvviso, tutti quanti e tutti insieme, “renziani”. Berlusconi, “renziano” anche lui. Per rientrare in gioco, contro il più “berlusconiano” dei leader del centrosinistra — secondo molti osservatori, non solo critici.
A Matteo Renzi, d’altronde, questo inseguimento al contrario, rispetto al passato (quando tutti imitavano Berlusconi), non dovrebbe dispiacere troppo.
Anzitutto, perché Berlusconi non è certo finito, come dimostra la sua reazione di questi giorni. Ma è, sicuramente, più “vecchio”. In senso anagrafico e non solo.
Poi, perché, comunque, il rafforzamento di Berlusconi significa l’indebolimento di Enrico Letta e del governo di larghe intese.
Il vero fortilizio dove agiscono gli oppositori di Berlusconi. Alfano e i ministri: del Pdl, non di FI. Il ritorno di FI, di conseguenza, significherebbe abbandonare al loro destino i ministri del Pdl.
Ma anche il governo e il premier, Letta. La cui posizione appare in crescente contrasto con quella di Renzi.
Perché, da un lato, Letta è l’unico leader, in Italia, che, per livello di popolarità e di consenso personale, possa competere con Renzi.
E, anzi, nelle ultime settimane, sembra averlo superato. D’altra parte, comunque, il tempo gioca a sfavore di Renzi.
La lunga durata, alla guida di un partito complesso, come il Pd, rischia di logorarlo. O, almeno, di appannarne lo smalto. «Mai più larghe intese », risuonato più volte ieri alla Leopolda, echeggia dunque come: «Mai più Letta».
Da ciò l’impressione che a Renzi, in fondo, il confronto con Berlusconi non dispiaccia. Perché evoca un modello di democrazia che gli piace e lo favorisce. Fondato sulla “personalizzazione”.
Un processo in atto in tutte le democrazie occidentali. Anche se in Italia è stata condizionata dalla costruzione di “partiti personali”. Cioè, di partiti “privati”, dipendenti dalle risorse — economiche, comunicative e organizzative — di una persona. Per prima e prima di tutti, Forza Italia. Appunto. Il Centrosinistra ha, invece, respinto la “personalizzazione”, interpretando il ruolo del “partito impersonale”.
Senza personalità e senza persone in grado di “rappresentarlo”. Nelle mani di “un’armata — poco gioiosa e molto disorganizzata — di micro-notabili” (come osserva Mauro Calise nell’acuminato saggio, emblematicamente intitolato Fuorigioco e appena pubblicato da Laterza).
(Questo è il vecchio modello voluto dalle correnti democristiane durante la prima Repubblica un segretario debole in mano i capibastone delle correnti. Questa è stata la sorte di Bersani e della sua fine ingloriosa. - ndt)
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Per questo la sfida lanciata da Matteo Renzi alla Leopolda non sembra rivolta tanto agli altri candidati, in vista delle primarie. Con i quali non c’è partita. Ma, soprattutto, al Partito Democratico in quanto tale.
Cioè: in quanto “partito”, erede di “partiti” — di massa.
Non a caso non ha voluto bandiere di “partito”.
E ha dichiarato l’intento di “rottamare le correnti”, per prima la propria.
Perché ciò che gli interessa, soprattutto, è scardinare la logica del partito.
O meglio, dei partiti da cui provengono il Pd, i suoi consensi e i suoi gruppi dirigenti — centrali e locali.
A Renzi interessa andare oltre le tradizioni e la storia — di chi “viene da lontano”. Oltre i post-democristiani e, prima ancora, oltre i post-comunisti.
In altri termini: oltre il Pd.
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Per questo, in fondo, le strade di Berlusconi e di Renzi, per quanto percorse in direzione opposta, sono destinate a incrociarsi.
Perché Berlusconi torna a FI per andare oltre il Pdl. Per restaurare il “partito personale”. Mentre Renzi intende vincere le Primarie per rottamare il Pd. Insieme a ogni larga intesa e a ogni Mediatore legittimato dal Presidente.
Renzi: vuole fare il Sindaco d’Italia. In nome di una democrazia diretta e personalizzata.
(Cioé il nuovo Duce? Tutto porta da sempre a lì-ndt)
Prepariamoci. Dopo il prossimo 8 dicembre nulla resterà come prima.
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Re: quo vadis PD ????
ma non hanno niente di meglio da fare che azzuffarsi sulle bandiere e le magliette?
L'ambizione sfrenata, il marketing berlusconiano, l'idiosincrasia per le bandiere, il perverso desiderio di mandare a casa Letta (come se fosse una colpa): le critiche a Renzi sono in generale abbastanza capziose, vuote e forzate.
Ecco invece, qualcosa di un po' più serio.
mariok
*****
Io ieri ci ho giocato sul fatto della mancanza di bandiere alla Leopolda, ed altro. Nella remota speranza che venisse fuori la verità dal forum (se no a che serve il forum?)
Ilvo Diamanti invece su Repubblica non poteva permettersi di giocare con i suoi lettori, e quindi è stato costretto ad andare giù piatto, a raccontare direttamente il significato della mancanza di simboli del Pd e a cosa ci stava dietro.
…………………………..Per questo la sfida lanciata da Matteo Renzi alla Leopolda non sembra rivolta tanto agli altri candidati, in vista delle primarie. Con i quali non c’è partita. Ma, soprattutto, al Partito Democratico in quanto tale.
Cioè: in quanto “partito”, erede di “partiti” — di massa.
Non a caso non ha voluto bandiere di “partito”.
E ha dichiarato l’intento di “rottamare le correnti”, per prima la propria.
Perché ciò che gli interessa, soprattutto, è scardinare la logica del partito.
O meglio, dei partiti da cui provengono il Pd, i suoi consensi e i suoi gruppi dirigenti — centrali e locali.
A Renzi interessa andare oltre le tradizioni e la storia — di chi “viene da lontano”. Oltre i post-democristiani e, prima ancora, oltre i post-comunisti.
In altri termini: oltre il Pd. ……………………………………………………………….
Renzi: vuole fare il Sindaco d’Italia. In nome di una democrazia diretta e personalizzata.
Cioè il nuovo Duce.
Questo era chiaro da subito tre anni fa quando Renzi si è improvvisato ROTTAMM’ATTORE che voleva saltare tutti i passaggi “”democratici” e diventare premier.
Questo lo fanno solo i dittatori o i dittatori in erba.
Non sempre si riesce a far capire cosa si sta dicendo.
Al sottoscritto è capitato spessissimo in questi undici anni e mezzo di forum.
Perché non ho il dono e la capacità di sapermi spiegare da subito.
E allora bisogna armarsi di santa pazienza aspettando che gli eventi maturino.
Nel caso specifico ci sono voluti tre anni con il sindaco di Firenze.
Infatti ieri gli eventi sono maturati con la Leopolda e Ilvo Diamanti li ha intepretati.
Da sempre ho fatto riferimento sul forum alle similitudini tra Renzi e Berlusconi, tra Renzi e Grillo e tra Renzi e Mussolini.
Ovviamente non gradite. Ma mi sembra più che normale quando si toccano certi argomenti.
Spero ora che le parole di Ilvo Diamanti riescano a far comprendere quello che io non sono stato in grado di fare comprendere.
Spesso, anche in tv capita di sentire che Renzi è un leader costruito. Molto dell’intero operato di questi anni spinge in quella direzione.
Ma contemporaneamente la domanda sorge spontanea:
CHI STA DIETRO AL GIOVANE RENZI CHE HA INTERESSE CHE DIVENTI UN LEADER DI QUESTO GENERE?
L'ambizione sfrenata, il marketing berlusconiano, l'idiosincrasia per le bandiere, il perverso desiderio di mandare a casa Letta (come se fosse una colpa): le critiche a Renzi sono in generale abbastanza capziose, vuote e forzate.
Ecco invece, qualcosa di un po' più serio.
mariok
*****
Io ieri ci ho giocato sul fatto della mancanza di bandiere alla Leopolda, ed altro. Nella remota speranza che venisse fuori la verità dal forum (se no a che serve il forum?)
Ilvo Diamanti invece su Repubblica non poteva permettersi di giocare con i suoi lettori, e quindi è stato costretto ad andare giù piatto, a raccontare direttamente il significato della mancanza di simboli del Pd e a cosa ci stava dietro.
…………………………..Per questo la sfida lanciata da Matteo Renzi alla Leopolda non sembra rivolta tanto agli altri candidati, in vista delle primarie. Con i quali non c’è partita. Ma, soprattutto, al Partito Democratico in quanto tale.
Cioè: in quanto “partito”, erede di “partiti” — di massa.
Non a caso non ha voluto bandiere di “partito”.
E ha dichiarato l’intento di “rottamare le correnti”, per prima la propria.
Perché ciò che gli interessa, soprattutto, è scardinare la logica del partito.
O meglio, dei partiti da cui provengono il Pd, i suoi consensi e i suoi gruppi dirigenti — centrali e locali.
A Renzi interessa andare oltre le tradizioni e la storia — di chi “viene da lontano”. Oltre i post-democristiani e, prima ancora, oltre i post-comunisti.
In altri termini: oltre il Pd. ……………………………………………………………….
Renzi: vuole fare il Sindaco d’Italia. In nome di una democrazia diretta e personalizzata.
Cioè il nuovo Duce.
Questo era chiaro da subito tre anni fa quando Renzi si è improvvisato ROTTAMM’ATTORE che voleva saltare tutti i passaggi “”democratici” e diventare premier.
Questo lo fanno solo i dittatori o i dittatori in erba.
Non sempre si riesce a far capire cosa si sta dicendo.
Al sottoscritto è capitato spessissimo in questi undici anni e mezzo di forum.
Perché non ho il dono e la capacità di sapermi spiegare da subito.
E allora bisogna armarsi di santa pazienza aspettando che gli eventi maturino.
Nel caso specifico ci sono voluti tre anni con il sindaco di Firenze.
Infatti ieri gli eventi sono maturati con la Leopolda e Ilvo Diamanti li ha intepretati.
Da sempre ho fatto riferimento sul forum alle similitudini tra Renzi e Berlusconi, tra Renzi e Grillo e tra Renzi e Mussolini.
Ovviamente non gradite. Ma mi sembra più che normale quando si toccano certi argomenti.
Spero ora che le parole di Ilvo Diamanti riescano a far comprendere quello che io non sono stato in grado di fare comprendere.
Spesso, anche in tv capita di sentire che Renzi è un leader costruito. Molto dell’intero operato di questi anni spinge in quella direzione.
Ma contemporaneamente la domanda sorge spontanea:
CHI STA DIETRO AL GIOVANE RENZI CHE HA INTERESSE CHE DIVENTI UN LEADER DI QUESTO GENERE?
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- Iscritto il: 18/03/2012, 10:43
Re: quo vadis PD ????
Il liberista Travaglio, che tanto ha esaltato Grillo, non crede a Renzi?camillobenso ha scritto:il Fatto 28.10.13
La Leopolda
Renzi leader Pd per raderlo al suolo
di Wanda Marra
C’è scritto “stupore” sulla lavagnetta del palco della Leopolda 2013, mentre Matteo Renzi tiene il suo intervento di chiusura. In effetti lo spettacolo che offre la vecchia stazione industriale dalla quale il sindaco di Firenze sferrò il suo attacco all’establishment del Nazareno per la prima volta nel 2010 ha qualcosa di stupefacente. Tantissima gente, seduta, in piedi, intorno ai tavoli. “Sedicimila presenze – dirà dopo l’organizzatrice Maria Elena Boschi – ma il clima non è cambiato”.
Ma nonostante la cornice sia la stessa (interventi uno dopo l’altro, spezzoni di video, colonna sonora assordante e il Sindaco sul palco a fare da dee-jay, moderatore, presentatore, commentatore) l’energia da rotta-matrice si è fatta conquistatrice.
E lo stupore forse è soprattutto il suo: il giovane Matteo voleva fare il premier, si ritrova a correre da super favorito per la segreteria di un partito contro cui ha lottato fino all’altroieri. Un partito che vuole radere al suolo da dentro e rifondare dalla testa ai piedi.
Neanche per la chiusura ci sono i simboli del Pd: “L’ importante non è che ci siano le bandiere sul palco, ma le croci sulle schede elettorali”, dice, trovando il primo slogan nel suo intervento. Parla a mezzogiorno. Non senza aver accolto gli arrivi: “Benvenuti Franceschini e Migliore, benvenuto Nencini”. Se Epifani è salito sul palco, Franceschini non lo fa. Andando via commenta: “Qui mi sento a casa”. Per l’intervento programmatico, Renzi torna in piedi, jeans e camicia bianca. Fissa 4 punti e dice “Ci rivedremo tra un anno qui alla Leopolda, per vedere cosa si è fatto”. Il suo “contratto con gli italiani”. E dunque. Le riforme costituzionali. Fine del bicameralismo perfetto, via le province (“Non è un dramma se qualche politico va a lavorare”, boato in sala). Torna sulla legge elettorale: “Tra Porcellum e Porcellinum io so che quello dei sindaci è un modello che funziona". Parla di lavoro: "La sinistra che non cambia si chiama destra".
E allora, “essere di sinistra è creare un posto di lavoro in più. Chi fa l’imprenditore fa l’eroe perché crea posti di lavoro". Non risparmia i sindacati: “Vogliamo che abbiano una legge sulla rappresentanza”. Stefano Fassina lo attacca nel suo blog sull’Huffington Post: “Le proposte che fai in materia finanziaria hanno rilevanza zero”. Come emblema della riforma della giustizia “ineludibile” cita il caso di “Silvio” (non Berlusconi, Scaglia): fondatore di Fastweb, ingiustamente detenuto per un anno e poi prosciolto. Critica l’Europa: “La nomina della Ashton è stato un disastro”. Verso le conclusioni torna alle battute: “Mi devono attribuire per forza un guru: guruGori o guruGutgeld”. Fa un elogio della semplicità, e se la prende con chi ha detto che non capisce quali libri legga (D’Alema, ndr). Una politica senza intellettuali. Dichiara: “Dobbiamo prendere i voti di Grillo”. Finale poetico: “Per trovare la strada dobbiamo farci guidare dal bambino che è in noi”. Entusiasmo alle stelle, fedelissimi galvanizzati.
Un programma da premier, ma nessun attacco frontale al governo. “Non vogliamo tornare alle elezioni”. Ragionano i suoi che Renzi ha chiaro che se il Pdl si spacca Letta dura fino al 2015. E Franceschini va a Sky a ribadire che le larghe intese non sono per sempre, ma che “il governo dura, spazzati i sospetti”. D’altra parte l’ex Rottamatore ha bisogno di tempo per riformare da capo un partito, pronto altrimenti a farlo a pezzi. Neanche il tempo di chiudere la Leopolda che parte una riunione dei Comitati. Le tessere gonfiate sono già un caso. Una circolare del Nazareno ha stabilito che sopra il 10-25% di nuove tessere bisogna fare un controllo. “Limiti alla partecipazione”, dal palco denuncia il renziano Magorno.
Ma in realtà agli uomini del sindaco di Firenze la misura va bene. Gli imbrogli, si dice, ci sono da entrambe le parti. Dagli oppositori di Renzi sono in arrivo accuse pesanti: iscrizioni da parte dei renziani di gente legata alla criminalità. Si promettono prove ed elenchi. “Non vogliamo essere accusati di compravendita – dice il coordinatore delle primarie di Matteo, Bonaccini – va bene la trasparenza”. Il clima si riscalda. È il congresso del Pd, bellezza.
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Re: quo vadis PD ????
Renzi "leader" ???camillobenso ha scritto:
il Fatto 28.10.13
La Leopolda
Renzi leader Pd per raderlo al suolo
ma per favore...
hanno più contenuti i monologhi della Litizzetto sulla "Jolanda",
che quelli di Renzi dalla "Leopolda".
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Re: quo vadis PD ????
http://www.pmli.it/renziforaggiatograndefinanza.htm
Renzi foraggiato da banchieri, finanzieri, industriali e affaristi
Hanno sborsato 814mila euro per le primarie
Redazione di Firenze
Il neopodestà fiorentino Matteo Renzi (PD ed ex Margherita) continua giorno dopo giorno la scalata politica all'interno del PD e verso Palazzo Chigi. Sebbene abbia perso le primarie del "centro-sinistra" di fine 2012, a distanza di quattro mesi pubblica l'elenco dei finanziatori della sua Fondazione "Big Bang", sostenendo la "trasparenza politica", mentre sembra più mostrare a tutti i partiti della "sinistra" e della destra della borghesia che lui ha le carte in regola per potersi imporre a livello governativo nazionale.
Ciò che emerge dalla pubblicazione dall'elenco dei più grossi finanziatori del neopodestà di Palazzo Vecchio, sebbene solo il 72% abbia dato l'autorizzazione a figurare, la dice lunga su chi sponsorizza il privatizzatore berlusconino Renzi. Emerge un quadro di intrecci politici e finanziari nazionali e fiorentini che rappresentano la sua sponda e il trampolino di lancio politico nel campo borghese. I finanziamenti, ad esempio, provengono da chi ha ricevuto una sistemazione di prestigio in posti chiave della città, da banchieri, finanzieri, industriali e affaristi di tutta Italia. Ciò ricorda proprio la "irresistibile ascesa" di cui fu protagonista Berlusconi.
Scorrendo l'elenco troviamo che il contributo più generoso, 100mila euro, è stato versato da Davide Serra insieme a sua moglie Anna Barassi. Il finanziere Serra, amico di Renzi, è fondatore del fondo Algebris che ha sede nel paradiso fiscale delle Isole Cayman. Un vero e proprio alleato, tanto da essersi meritato la nomina a presidente della municipalizzata Firenze Parcheggi, consigliere del Gabinetto Vieusseux e della Cassa di Risparmio di Firenze, dalla cui fondazione bancaria, l'Ente Cassa di Risparmio, arrivano anche soldi che Serra investe in suoi progetti. Per ricambiare tanta "amicizia" durante le primarie Serra ha organizzato una cena a Milano, alla quale sono stati invitati borghesi e affaristi al fine di raccogliere fondi pro Renzi. Il presidente dell'Ente Cassa di Risparmio, il marchese Jacopo Mazzei, ha elargito 10.000 euro.
Proseguendo, Guido Ghisolfi e la moglie Ivana Tanzi, proprietari della società chimica Mossi hanno donato 100mila euro. La Isvafim spa di Napoli, un istituto per la valorizzazione fondiaria e immobiliare dona tramite Alfredo Romeo 60 mila euro. Romeo nel 2009 è stato arrestato e successivamente inquisito per corruzione e turbativa d'asta. Aveva già elargito finanziamenti sia ad Alemanno che a Rutelli.
25mila euro provengono dall'ex presidente Fiat, ex numero due della General Electric, Paolo Fresco, premiato da Renzi con il Fiorino d'oro e nominato vicepresidente del super indebitato e a rischio fallimento Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. 20mila euro da Simon Fiduciaria Spa, della famiglia di Franzo Grande Stevens, avvocato della famiglia Agnelli, presidente della Fondazione San Paolo, consulente della banca del Vaticano, lo IOR. 20mila euro da una società impiantistica che lavora con Eni, la Cimis Srl di Sannazzaro, della famiglia Fiorani. Largo finanziamento anche da Giancarlo Lippi, manager del gruppo Targetti. 25mila dalla Karat Srl dei fratelli Bassilichi, imprenditori immobiliari e informatici legati al Monte dei Paschi di Siena. La Telit Communications di Oozi Cats, società israeliana che dopo aver donato 20mila euro a Gasparri nel 2006 e 10mila a Bersani nel 2008 ne ha dati 10mila a Renzi. 10mila euro anche da Fabrizio Landi, amministratore della società Esaote e da Carlo Micheli, consigliere della Banca Leonardo e figlio del finanziere Francesco Micheli. 5mila euro dalla Key2 People Executive Search, una società cosiddetta "tagliatori di teste", ovvero dedita ai licenziamenti sotto commissione delle grandi imprese.
Anche l'avvocato Alberto Bianchi, che guida la Fondazione "Big Bang" non ha voluto far mancare il suo appoggio economico di 5.400 euro, forse anche tenendo conto che suo fratello Francesco è stato da poco nominato commissario straordinario del Maggio Musicale Fiorentino. Da segnalare anche il Cral del Comune di Napoli con 1.100 euro, l'ex presidente di Confindustria Firenze, Sergio Ceccuzzi, 1.000 euro, Giovanna Folonari del cda del Maggio Fiorentino 2.000. Vi è poi tutta una rete di altri finanziatori con importi minori nel campo dell'imprenditoria, dei rifiuti e della sanità.
Renzi punta ad "abolire il finanziamento pubblico ai partiti", ma la sua linea per trovare soldi e sponsor è quella capitalista e borghese non solo del "partito-azienda", ma anche al servizio del grande capitale, dei favoritismi, del clientelismo e della corruzione, un "cambiamento" e una "rottamazione" a esclusivo beneficio suo e della borghesia da cui proviene e che punta a rappresentare ai massimi livelli.
10 aprile 2013
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Per non dimenticare
Ciao
Paolo11
Renzi foraggiato da banchieri, finanzieri, industriali e affaristi
Hanno sborsato 814mila euro per le primarie
Redazione di Firenze
Il neopodestà fiorentino Matteo Renzi (PD ed ex Margherita) continua giorno dopo giorno la scalata politica all'interno del PD e verso Palazzo Chigi. Sebbene abbia perso le primarie del "centro-sinistra" di fine 2012, a distanza di quattro mesi pubblica l'elenco dei finanziatori della sua Fondazione "Big Bang", sostenendo la "trasparenza politica", mentre sembra più mostrare a tutti i partiti della "sinistra" e della destra della borghesia che lui ha le carte in regola per potersi imporre a livello governativo nazionale.
Ciò che emerge dalla pubblicazione dall'elenco dei più grossi finanziatori del neopodestà di Palazzo Vecchio, sebbene solo il 72% abbia dato l'autorizzazione a figurare, la dice lunga su chi sponsorizza il privatizzatore berlusconino Renzi. Emerge un quadro di intrecci politici e finanziari nazionali e fiorentini che rappresentano la sua sponda e il trampolino di lancio politico nel campo borghese. I finanziamenti, ad esempio, provengono da chi ha ricevuto una sistemazione di prestigio in posti chiave della città, da banchieri, finanzieri, industriali e affaristi di tutta Italia. Ciò ricorda proprio la "irresistibile ascesa" di cui fu protagonista Berlusconi.
Scorrendo l'elenco troviamo che il contributo più generoso, 100mila euro, è stato versato da Davide Serra insieme a sua moglie Anna Barassi. Il finanziere Serra, amico di Renzi, è fondatore del fondo Algebris che ha sede nel paradiso fiscale delle Isole Cayman. Un vero e proprio alleato, tanto da essersi meritato la nomina a presidente della municipalizzata Firenze Parcheggi, consigliere del Gabinetto Vieusseux e della Cassa di Risparmio di Firenze, dalla cui fondazione bancaria, l'Ente Cassa di Risparmio, arrivano anche soldi che Serra investe in suoi progetti. Per ricambiare tanta "amicizia" durante le primarie Serra ha organizzato una cena a Milano, alla quale sono stati invitati borghesi e affaristi al fine di raccogliere fondi pro Renzi. Il presidente dell'Ente Cassa di Risparmio, il marchese Jacopo Mazzei, ha elargito 10.000 euro.
Proseguendo, Guido Ghisolfi e la moglie Ivana Tanzi, proprietari della società chimica Mossi hanno donato 100mila euro. La Isvafim spa di Napoli, un istituto per la valorizzazione fondiaria e immobiliare dona tramite Alfredo Romeo 60 mila euro. Romeo nel 2009 è stato arrestato e successivamente inquisito per corruzione e turbativa d'asta. Aveva già elargito finanziamenti sia ad Alemanno che a Rutelli.
25mila euro provengono dall'ex presidente Fiat, ex numero due della General Electric, Paolo Fresco, premiato da Renzi con il Fiorino d'oro e nominato vicepresidente del super indebitato e a rischio fallimento Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. 20mila euro da Simon Fiduciaria Spa, della famiglia di Franzo Grande Stevens, avvocato della famiglia Agnelli, presidente della Fondazione San Paolo, consulente della banca del Vaticano, lo IOR. 20mila euro da una società impiantistica che lavora con Eni, la Cimis Srl di Sannazzaro, della famiglia Fiorani. Largo finanziamento anche da Giancarlo Lippi, manager del gruppo Targetti. 25mila dalla Karat Srl dei fratelli Bassilichi, imprenditori immobiliari e informatici legati al Monte dei Paschi di Siena. La Telit Communications di Oozi Cats, società israeliana che dopo aver donato 20mila euro a Gasparri nel 2006 e 10mila a Bersani nel 2008 ne ha dati 10mila a Renzi. 10mila euro anche da Fabrizio Landi, amministratore della società Esaote e da Carlo Micheli, consigliere della Banca Leonardo e figlio del finanziere Francesco Micheli. 5mila euro dalla Key2 People Executive Search, una società cosiddetta "tagliatori di teste", ovvero dedita ai licenziamenti sotto commissione delle grandi imprese.
Anche l'avvocato Alberto Bianchi, che guida la Fondazione "Big Bang" non ha voluto far mancare il suo appoggio economico di 5.400 euro, forse anche tenendo conto che suo fratello Francesco è stato da poco nominato commissario straordinario del Maggio Musicale Fiorentino. Da segnalare anche il Cral del Comune di Napoli con 1.100 euro, l'ex presidente di Confindustria Firenze, Sergio Ceccuzzi, 1.000 euro, Giovanna Folonari del cda del Maggio Fiorentino 2.000. Vi è poi tutta una rete di altri finanziatori con importi minori nel campo dell'imprenditoria, dei rifiuti e della sanità.
Renzi punta ad "abolire il finanziamento pubblico ai partiti", ma la sua linea per trovare soldi e sponsor è quella capitalista e borghese non solo del "partito-azienda", ma anche al servizio del grande capitale, dei favoritismi, del clientelismo e della corruzione, un "cambiamento" e una "rottamazione" a esclusivo beneficio suo e della borghesia da cui proviene e che punta a rappresentare ai massimi livelli.
10 aprile 2013
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Paolo11
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Re: quo vadis PD ????
I risultati delle votazioni nel circolo della mia città è stato congelato per il sopetto di brogli.
C'è stato un incremento delle tessere all'ultima ora impressionante, oltre il 200% !
La maggior parte lavoratori extracomunitari nel campo dell'edilizia!
Poi, come si fa a non pensar male!
C'è stato un incremento delle tessere all'ultima ora impressionante, oltre il 200% !
La maggior parte lavoratori extracomunitari nel campo dell'edilizia!
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: quo vadis PD ????
La risposta sul perché alla Leopolda non c’erano simboli del Pd me l’ha fornita Ilvo Diamanti.
La risposta su :
“La sinistra che non cambia si chiama destra”
Me lo spiegate per favore?
Me l’ha fornita oggi Freccero:
Se la sinistra (che rappresenta il cambiamento) non cambia, diventa destra.
Quindi la sinistra deve cambiare.
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| Ma, aggiungo io, per cambiare, la sinistra non può che spostarsi a destra.
|
| Quindi il destino della sinistra è segnato.
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| O rimane di destra, o cambia per diventare destra
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La risposta su :
“La sinistra che non cambia si chiama destra”
Me lo spiegate per favore?
Me l’ha fornita oggi Freccero:
Se la sinistra (che rappresenta il cambiamento) non cambia, diventa destra.
Quindi la sinistra deve cambiare.
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Re: quo vadis PD ????
Qui, Zione, c'e' un'equivoco di fondo. Qui si discute di sinistra senza l'oste(PD).camillobenso ha scritto:La risposta sul perché alla Leopolda non c’erano simboli del Pd me l’ha fornita Ilvo Diamanti.
La risposta su :
“La sinistra che non cambia si chiama destra”
Me lo spiegate per favore?
Me l’ha fornita oggi Freccero:
Se la sinistra (che rappresenta il cambiamento) non cambia, diventa destra.
Quindi la sinistra deve cambiare.
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| Ma, aggiungo io, per cambiare, la sinistra non può che spostarsi a destra.
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| Quindi il destino della sinistra è segnato.
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| O rimane di destra, o cambia per diventare destra
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Il PD ha sempre detto che non e' di sinistra ma riformista. Ebbe questo la dice lunga.
Non e' cosi'? Ti posso inserire mille interventi di esponenti del PD che l'hanno confermato e riconfermato.
Inutile che qualcuno continui a pensare che questo e' un partito di sinistra se non lo e'.
Pia illusione per soli romantici di vecchio stampo del PD. E magari anche di qualche "occupy PD", poverini.
Quindi , ripeto, continuare su questa strada non porta a niente se non quello di criticare sempre questo partito poiché si vorrebbe che fosse un altro. Cazzolina.....
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: quo vadis PD ????
pancho ha scritto:Qui, Zione, c'e' un'equivoco di fondo. Qui si discute di sinistra senza l'oste(PD).camillobenso ha scritto:La risposta sul perché alla Leopolda non c’erano simboli del Pd me l’ha fornita Ilvo Diamanti.
La risposta su :
“La sinistra che non cambia si chiama destra”
Me lo spiegate per favore?
Me l’ha fornita oggi Freccero:
Se la sinistra (che rappresenta il cambiamento) non cambia, diventa destra.
Quindi la sinistra deve cambiare.
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| Quindi il destino della sinistra è segnato.
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Il PD ha sempre detto che non e' di sinistra ma riformista. Ebbe questo la dice lunga.
Non e' cosi'? Ti posso inserire mille interventi di esponenti del PD che l'hanno confermato e riconfermato.
Inutile che qualcuno continui a pensare che questo e' un partito di sinistra se non lo e'.
Pia illusione per soli romantici di vecchio stampo del PD. E magari anche di qualche "occupy PD", poverini.
Quindi , ripeto, continuare su questa strada non porta a niente se non quello di criticare sempre questo partito poiché si vorrebbe che fosse un altro. Cazzolina.....
un salutone
Che rebelòtt!!!!!!
Partiamo dal semplice "fa un rebelot", cioè fare disordine, che viene così commentato: "Questa parola, tipicamente milanese, non trova l’esatto termine corrispondente nella lingua italiana. Deriva infatti dal francese e non vi è dubbio ch’è stata importata e milanesizzata all’epoca della rivoluzione. Infatti da "rebellion", che vuol dire "ribellione", i milanesi hanno tratto con un conio del tutto ambrosiano la parola "rebelòtt", che esprime disordine, la confusione, il caos che provoca una ribellione e condisce questo stato di cose con un sottile senso d’ironia, perché il "rebelòtt" è per il milanese la confusione inutile, contraddittoria, di poco profitto. Comunque uno stato di cose non gradevole e negativo in tutti i sensi. I milanesi desiderano lavorare in pace e, se non è strettamente necessario, rifuggono dal disordine e dalle manifestazioni di piazza. Quando le vedono dicono: "l’è un rebelòtt".
(http://portale.lombardinelmondo.org/art ... 20milanese)
1) Leggendo ancora di recente i commenti ai vari articoli su “Libero” e “Il Giornale capita di frequente di imbattersi negli indottrinati Fratelli mussulmani che definiscono il Pd “comunisti”.
Un retaggio del berlusconismo spinto
2) Il capo dei Fratelli mussulmani, sempre in spregio come ai vecchi tempi, da qualche anno ha mutato la definizione del Pd da “comunisti” in: “la sinistra”.
3) Gianluigi Paragone ha appena definito il Pd come “la sinistra”.
4) Io scrivo da più di un anno sul forum, ma lo sostengo anche in privato, che la sinistra non esiste più, è morta (come rappresentanza politica). Sopravvive in effetti la riserva indiana chiamata Sel che è certamente ancora di sinistra, ma è un mistero gaudioso perché in tempi di vacche grasse come questo in cui l’elettorato Pd in fuga non si riversa su di lui, preferendo il M5S o l’astensione.
Vendola se continua in questo modo rischia di diventare l’ultimo dei mohicani della sinistra.
5) Definisco il Pd da tempo immemore la nuova Dc. Adesso lo stanno facendo quasi tutti i commentatori politici, ad eccezione di quelli di area piddina.
Penso però che la migliore definizione del Pd l’abbia fornita qualche giorno fa Tommaso Cerno (L'Espresso), a Otto e mezzo:
Il PD E' UN'ALTRO PARTITO POPOLARE EUROPEO (oltre a Pdl, Udc, Sc)
6) Tu hai ricordato che il Pd (o una gran buona parte del Pd) si dichiara Riformista.
Il solito imbroglio piddino. Definirsi Riformisti non significa assolutamente niente. Si tratta del solito mangime per merli.
Perché il riformismo, quello vero, è limitato nel tempo ed è indifferentemente di destra o di sinistra, a secondo di cosa si intende riformare.
7) In molti definiscono il Pd di centrosinistra. La sinistra è morta da un pezzo, e continuo a chiedere a tutti, compreso sul forum, cosa s’intende oggi per politica di centro. (Sul forum non è arrivata risposta)
8) Renzi ha voluto coniare uno slogan dei suoi (oppure glielo hanno suggerito i guru della comunicazione) ricordando la sinistra. Ma dal punto di vista della scienza delle Comunicazioni, significa che intendeva grattare il pancino e lisciare il pelo al vecchio popolo della sinistra. I voti di sinistra gli servono quanto i voti di destra per vincere E’ il concorrente diretto di Grillo nel prossimo futuro perché pescano negli stessi mari.
9) Freccero gli è andato dietro nel ragionamento, per spiegare le intenzioni di Renzi.
Duro il servizio di ieri sera sul currucula dei suoi guru, Yoram Gutgeld e Serra, i due “operai” della finanza made in Usa.
Chi c’è in linea
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