Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Di Raniero La Valle, lucido come sempre!
Una particolare lettura del voto del 4 marzo u.s. :
Dopo il voto del 4 marzo – una felice discontinuità
di Raniero La Valle – 7 marzo 2018
Il voto del 4 marzo, raffigurato nella cartina colorata trasmessa quella sera in TV, ha mostrato due Italie: l’Italia del Nord, identificata dalla maggioranza di centrodestra a trazione leghista, e l’Italia del Sud, identificata dalla maggioranza 5 stelle, ben radicata e rappresentata anche nel Nord.
Diciamo subito https://www.nuovatlantide.org/dopo-il-v ... inuita/che noi amiamo tutte e due le Italie, come un’Italia sola; che questo è un amore fatto di stima e ricco di speranza, e che nell’analisi di ciò che l’Italia ha fatto il 4 marzo cercheremo di dare ragione di questo illeso amore e di questa robusta speranza.
L’elettorato ha espresso un voto che ha sorpreso, da nessuno sondato e immaginato così. È stato un voto che in molti ha suscitato dolore, sgomento, in qualcuno addirittura indignazione e paura. Per rispetto di questi sentimenti occorre escludere qualsiasi trionfalismo e guardarsi da ogni giudizio saccente, manicheo, bianco o nero, tutto bene o tutto male.
Però si possono cogliere alcune positività non indifferenti di questo voto.
Prima di tutto è venuto meno il demone di un crescente astensionismo. Gli italiani non hanno licenziato con disprezzo la politica. Qui i poteri opprimenti non hanno ancora vinto. La democrazia continua, la Costituzione è salva. I giovani hanno votato. Anzi sono stati decisivi. Con entusiasmo lo hanno fatto quelli che, per l’età, votavano la prima volta. Incoscienti, certo, perché non sanno il passato, ma nuovi, ansiosi di futuro.
Una feconda, netta discontinuità
In secondo luogo le elezioni del 4 marzo hanno introdotto nella vita politica italiana una netta discontinuità. Naturalmente non sempre la discontinuità è positiva, perché il dopo può essere peggiore del prima. Tutti i conservatori la pensano così. Però senza discontinuità il nuovo non accade e la storia è finita. La discontinuità è la soglia attraverso cui può fare irruzione l’inedito, l’insperato, può scoccare il tempo propizio, può giungere l’occasione che va colta, può passare quello che gli antichi chiamavano il kairόs, con le ali ai piedi, da afferrare prima che scompaia. È la cesura che interrompe quello che Walter Benjamin nella sua filosofia della storia chiamava il tempo “omogeneo e vuoto”; e la politica italiana aveva bisogno di questa discontinuità, perché il suo tempo stancamente ripetitivo non solo era vuoto, non solo era sordo a qualsiasi parola nuova, come per esempio quella della critica di sistema di papa Francesco, ma di discesa in discesa stava arrivando a un punto di caduta, rischiosissimo, e la gente stava male. Ora dunque si tratta di prendere in mano la discontinuità, non subirla, e volgerla al meglio.
In terzo luogo l’elettorato ha sbrigato alcune pratiche che la politica professionale stentava a chiudere. Una è stata quella della interminabile uscita di scena di Berlusconi: mentre il sistema mediatico lo dava per risorto e futuro deus ex machina della nuova legislatura, l’elettorato ha chiuso la partita. La stessa cosa ha fatto con Renzi, ponendo fine alla sua azione di impossessamento e di progressiva decostruzione di un partito così importante per la democrazia italiana come il Partito Democratico. Naturalmente ci sono i sussulti della fine che rendono drammatica questa transizione, ma l’esito sembra segnato.
Non c’è più il fantasma della secessione della Padania
In quarto luogo c’è un cessato pericolo che il voto del 4 marzo certifica e sancisce. Non c’è più il fantasma della secessione della Padania. È vero che la Lega è passata dal 4 al 17 per cento, (restando pur sempre una minoranza contenuta) ma questo è il prezzo del fatto che essa da partito locale e secessionista del Nord è passato ad essere partito nazionale e unitario anche al Sud, e se proprio non può fare a meno di giuramenti, è meglio che giuri sulla Costituzione e sul Vangelo piuttosto che sul Dio Po e sulle sue ampolle. Siamo sempre al livello pagano del sacramento del potere, ma almeno siamo più tranquilli riguardo alla nazione.
C’è infine un dato molto confortante: non esiste quella ondata di riflusso al fascismo che era stata avvistata e temuta. Casa Pound ha ottenuto un risultato minimo, e la bandiera alzata su tutti gli spalti della lotta agli immigrati non si può accreditare sommariamente al razzismo e alla xenofobia. Essa è ascrivibile piuttosto alla sindrome dell’egoismo, “noi per primi”, “Prima gli italiani”, “mors tua vita mea”, che è poi la logica della politica intesa come difesa dei propri interessi e non del bene comune, della politica identificata col bipolarismo amico-nemico, ed è poi l’etica egemone del capitalismo come competizione, concorrenza, meritocrazia, scarti ed esuberi. L’egoismo non è razzismo, perché è negazione dell’altro, senza badare alla sua pelle, il razzismo semmai ne è un corollario nella situazione data; la destra stessa non si può dire xenofoba, perché non ha affatto paura degli stranieri (e anzi li sfrutta), semplicemente è contro di loro, non li vuole a tavola, non li vuole a traversare il mare, perciò è antixenita, più che xenofoba. La vera questione è che il fascismo va combattuto a monte, prima ancora che diventi tale.
Due vincitori, due sconfitti
Quanto al merito dei risultati elettorali, ci sono due vincitori e due sconfitti. Come da tutti è stato riconosciuto, I due vincitori sono il Movimento Cinque Stelle e la Lega di Salvini, con un’importante differenza però: il Movimento 5 stelle ha vinto nel Paese, la Lega ha vinto all’interno della coalizione di centro-destra, perciò non possono vantare gli stessi diritti. I due sconfitti sono il Partito Democratico e la sinistra di Liberi e Uguali.
C’è ora il problema del Parlamento che deve dare la fiducia a un governo. Non essendoci una maggioranza assoluta, i partiti presenti in Parlamento hanno non la facoltà, ma il dovere di concorrere a formare una tale maggioranza. Perciò Moro, che veniva dall’anticomunismo (inteso allora come lotta al peggiore estremismo) persuase il suo gruppo parlamentare alla Camera di unire i suoi voti con quelli del partito comunista e lo fece con una straordinaria onestà, cultura, e senso dello Stato, e con la forza di una dedizione morale che egli sapeva potesse giungere fino a costargli la vita.
Ora, per costruire una maggioranza che permetta un governo Cinque Stelle, i giochi sono aperti, e questo è del tutto legittimo. Ma non sono consentite bugie e attentati suicidi.
Quanto alle bugie, è falso che l’elettorato abbia collocato il Partito Democratico all’opposizione. Gli elettori votano sempre con l’intenzione che i loro rappresentanti abbiano parte nella direzione del Paese. Se il Partito Democratico decide a priori di stare all’opposizione, non per adempierne il mandato ma in realtà per vendicarsi del corpo elettorale, lo fa per volontà sua, rovesciando la sua stessa tradizione, e anche le tradizioni da cui proviene che si potrebbero far risalire addirittura fino al 1919.
È falso poi che l’Italia sia tutta divisa tra due estremismi, con la sola eccezione della piccola isola rimasta moderata del PD. Imputare la propria sconfitta a un elettorato fattosi d’improvviso insensato ed estremista, ha lo stesso fondamento dell’invettiva di Saragat che imputava al “destino cinico e baro” la sconfitta del PSDI.
Non come Andreas Lubitz!
È però un attentato alla Repubblica dire: “poiché ci sono due estremismi, che facciano loro il governo, se ne sono capaci”. Infatti è il tentativo, per il proprio supposto tornaconto futuro, di indurre a un’alleanza e a un governo degli opposti estremismi, che è precisamente ciò che dall’inizio della Repubblica tutti i politici e gli statisti hanno strenuamente cercato di impedire.
È infine un suicidio ritirarsi sull’Aventino, con il proprio gruppo di parlamentari fedeli. Ma è un suicidio come quello di Andreas Lubitz, il pilota tedesco dell’ Airbus che il 26 marzo 2015 si schiantò volontariamente contro una montagna delle Alpi francesi, con la deliberata volontà di distruggere l’aereo insieme con le 149 persone che erano a bordo.
La sconfitta della sinistra
Ma al di là delle conseguenze più prossime, il vero monito e il vero know how o insegnamento che viene da queste elezioni, è legato alla sconfitta della sinistra. La sconfitta di Liberi e Uguali è più significativa nel lungo periodo di quella del PD. Quella del PD infatti non ha una lettura univoca, essendo stata soprattutto una sconfitta della sua leadership. Ma quella di Liberi e Uguali è proprio una sconfitta della sinistra: veniva da una speranza delusa, ma pur sempre promettente come quella del Brancaccio; godeva del lascito di conoscenze proveniente da sinistre già sperimentate; aveva un gruppo promotore e dirigente di leaders di prestigio e di antica militanza, oltre che di giovani e di donne portatori di freschezza e novità, aveva una proposta politica dirimente come quella della creazione di nuovo lavoro, di “lavoro vero e buono”: eppure ha fallito. E se questa sconfitta si mette insieme alla costante che da un pό di tempo si è stabilita in Europa della sconfitta di tutte le sue sinistre, dalla socialdemocrazia tedesca al Labour inglese ai socialisti francesi, agli spagnoli ecc. si vede che qui c’è un problema nuovo: la sinistra non vince perché non può vincere, non può vincere più. E a quanto pare nemmeno in America o in India. Gli analisti pronti all’uso dicono che la sinistra perde perché non ha saputo adeguarsi alla nuova realtà della globalizzazione. È verissimo, ma non ha saputo farlo perché la globalizzazione non è una nuova condizione di natura, come pretende il pensiero unico, ma è il frutto di una scelta economica e politica, che ha vinto e ha chiuso il gioco, gettando la sinistra fuori dal campo. Si tratta cioè di un ordinamento artificiale, fatto da mano d’uomo, che semplicemente non prevede alternative al regime unico del neoliberismo e della finanza globale. I regimi costituzionali, come quello italiano, escludevano per legge il fascismo ma ammettevano che si potesse lottare politicamente per una scelta liberale o socialista, e pertanto le sinistre erano legittimate e potevano perfino vincere. Il regime vigente esclude per legge il socialismo e perfino il new deal; ovvero esclude politiche pubbliche o “aiuti di Stato” che intervengano nel mercato privatistico, e ne correggano gli esiti anche perversi. Queste leggi, spesso implicite, della globalizzazione, in Europa hanno trovato la loro traduzione in diritto positivo nei Trattati dell’Unione Europea, che è poi il mercato unico europeo. Qui, se la sovranità viene attribuita alla Mano invisibile del Mercato, è chiaro che si tratta di una sovranità assoluta, perché ciò che è invisibile non si può controllare o correggere, e tutte le cose che sono scritte in secoli di dottrine sociali o di dichiarazioni universali di diritti o di Costituzioni democratiche (i fini sociali dell’economia, la rimozione degli ostacoli allo sviluppo delle persone, i diritti universali, la tutela della vita e della dignità degli esseri umani) non si possono fare perché dal nuovo diritto europeo e globale sono considerate “infrazioni”. Perciò chi dice qualunquisticamente che non c’è più né destra né sinistra, dice il vero ma a metà, perché la destra c’è ed è l’unica ammessa. Sicché se la sinistra continua a pensare che il problema principale è come salvare se stessa e durare, e non quello di cambiare le cose, non può che essere anch’essa di destra.
La conclusione, che ci porta oltre il 4 marzo, è che sarebbe reazionario e regressivo postulare uscite grintose dalla globalizzazione, dall’Europa o dall’euro. Il compito dell’ora è però quello di rimettere in discussione le forme e le leggi della globalizzazione (in gran parte prodotte dalle stesse “sinistre”), e in concreto cercare di mettere in piedi una grande alleanza di opinioni e di forze democratiche europee per una revisione dei Trattati europei, per ridare legittimità al pluralismo delle politiche economiche e sociali e al ruolo della sfera pubblica nell’orientamento e nel sollevamento dell’economia reale: che vuol dire persone, famiglie, destini.
di Raniero La Valle – 7 marzo 2018
https://www.nuovatlantide.org/dopo-il-v ... ontinuita/
Una particolare lettura del voto del 4 marzo u.s. :
Dopo il voto del 4 marzo – una felice discontinuità
di Raniero La Valle – 7 marzo 2018
Il voto del 4 marzo, raffigurato nella cartina colorata trasmessa quella sera in TV, ha mostrato due Italie: l’Italia del Nord, identificata dalla maggioranza di centrodestra a trazione leghista, e l’Italia del Sud, identificata dalla maggioranza 5 stelle, ben radicata e rappresentata anche nel Nord.
Diciamo subito https://www.nuovatlantide.org/dopo-il-v ... inuita/che noi amiamo tutte e due le Italie, come un’Italia sola; che questo è un amore fatto di stima e ricco di speranza, e che nell’analisi di ciò che l’Italia ha fatto il 4 marzo cercheremo di dare ragione di questo illeso amore e di questa robusta speranza.
L’elettorato ha espresso un voto che ha sorpreso, da nessuno sondato e immaginato così. È stato un voto che in molti ha suscitato dolore, sgomento, in qualcuno addirittura indignazione e paura. Per rispetto di questi sentimenti occorre escludere qualsiasi trionfalismo e guardarsi da ogni giudizio saccente, manicheo, bianco o nero, tutto bene o tutto male.
Però si possono cogliere alcune positività non indifferenti di questo voto.
Prima di tutto è venuto meno il demone di un crescente astensionismo. Gli italiani non hanno licenziato con disprezzo la politica. Qui i poteri opprimenti non hanno ancora vinto. La democrazia continua, la Costituzione è salva. I giovani hanno votato. Anzi sono stati decisivi. Con entusiasmo lo hanno fatto quelli che, per l’età, votavano la prima volta. Incoscienti, certo, perché non sanno il passato, ma nuovi, ansiosi di futuro.
Una feconda, netta discontinuità
In secondo luogo le elezioni del 4 marzo hanno introdotto nella vita politica italiana una netta discontinuità. Naturalmente non sempre la discontinuità è positiva, perché il dopo può essere peggiore del prima. Tutti i conservatori la pensano così. Però senza discontinuità il nuovo non accade e la storia è finita. La discontinuità è la soglia attraverso cui può fare irruzione l’inedito, l’insperato, può scoccare il tempo propizio, può giungere l’occasione che va colta, può passare quello che gli antichi chiamavano il kairόs, con le ali ai piedi, da afferrare prima che scompaia. È la cesura che interrompe quello che Walter Benjamin nella sua filosofia della storia chiamava il tempo “omogeneo e vuoto”; e la politica italiana aveva bisogno di questa discontinuità, perché il suo tempo stancamente ripetitivo non solo era vuoto, non solo era sordo a qualsiasi parola nuova, come per esempio quella della critica di sistema di papa Francesco, ma di discesa in discesa stava arrivando a un punto di caduta, rischiosissimo, e la gente stava male. Ora dunque si tratta di prendere in mano la discontinuità, non subirla, e volgerla al meglio.
In terzo luogo l’elettorato ha sbrigato alcune pratiche che la politica professionale stentava a chiudere. Una è stata quella della interminabile uscita di scena di Berlusconi: mentre il sistema mediatico lo dava per risorto e futuro deus ex machina della nuova legislatura, l’elettorato ha chiuso la partita. La stessa cosa ha fatto con Renzi, ponendo fine alla sua azione di impossessamento e di progressiva decostruzione di un partito così importante per la democrazia italiana come il Partito Democratico. Naturalmente ci sono i sussulti della fine che rendono drammatica questa transizione, ma l’esito sembra segnato.
Non c’è più il fantasma della secessione della Padania
In quarto luogo c’è un cessato pericolo che il voto del 4 marzo certifica e sancisce. Non c’è più il fantasma della secessione della Padania. È vero che la Lega è passata dal 4 al 17 per cento, (restando pur sempre una minoranza contenuta) ma questo è il prezzo del fatto che essa da partito locale e secessionista del Nord è passato ad essere partito nazionale e unitario anche al Sud, e se proprio non può fare a meno di giuramenti, è meglio che giuri sulla Costituzione e sul Vangelo piuttosto che sul Dio Po e sulle sue ampolle. Siamo sempre al livello pagano del sacramento del potere, ma almeno siamo più tranquilli riguardo alla nazione.
C’è infine un dato molto confortante: non esiste quella ondata di riflusso al fascismo che era stata avvistata e temuta. Casa Pound ha ottenuto un risultato minimo, e la bandiera alzata su tutti gli spalti della lotta agli immigrati non si può accreditare sommariamente al razzismo e alla xenofobia. Essa è ascrivibile piuttosto alla sindrome dell’egoismo, “noi per primi”, “Prima gli italiani”, “mors tua vita mea”, che è poi la logica della politica intesa come difesa dei propri interessi e non del bene comune, della politica identificata col bipolarismo amico-nemico, ed è poi l’etica egemone del capitalismo come competizione, concorrenza, meritocrazia, scarti ed esuberi. L’egoismo non è razzismo, perché è negazione dell’altro, senza badare alla sua pelle, il razzismo semmai ne è un corollario nella situazione data; la destra stessa non si può dire xenofoba, perché non ha affatto paura degli stranieri (e anzi li sfrutta), semplicemente è contro di loro, non li vuole a tavola, non li vuole a traversare il mare, perciò è antixenita, più che xenofoba. La vera questione è che il fascismo va combattuto a monte, prima ancora che diventi tale.
Due vincitori, due sconfitti
Quanto al merito dei risultati elettorali, ci sono due vincitori e due sconfitti. Come da tutti è stato riconosciuto, I due vincitori sono il Movimento Cinque Stelle e la Lega di Salvini, con un’importante differenza però: il Movimento 5 stelle ha vinto nel Paese, la Lega ha vinto all’interno della coalizione di centro-destra, perciò non possono vantare gli stessi diritti. I due sconfitti sono il Partito Democratico e la sinistra di Liberi e Uguali.
C’è ora il problema del Parlamento che deve dare la fiducia a un governo. Non essendoci una maggioranza assoluta, i partiti presenti in Parlamento hanno non la facoltà, ma il dovere di concorrere a formare una tale maggioranza. Perciò Moro, che veniva dall’anticomunismo (inteso allora come lotta al peggiore estremismo) persuase il suo gruppo parlamentare alla Camera di unire i suoi voti con quelli del partito comunista e lo fece con una straordinaria onestà, cultura, e senso dello Stato, e con la forza di una dedizione morale che egli sapeva potesse giungere fino a costargli la vita.
Ora, per costruire una maggioranza che permetta un governo Cinque Stelle, i giochi sono aperti, e questo è del tutto legittimo. Ma non sono consentite bugie e attentati suicidi.
Quanto alle bugie, è falso che l’elettorato abbia collocato il Partito Democratico all’opposizione. Gli elettori votano sempre con l’intenzione che i loro rappresentanti abbiano parte nella direzione del Paese. Se il Partito Democratico decide a priori di stare all’opposizione, non per adempierne il mandato ma in realtà per vendicarsi del corpo elettorale, lo fa per volontà sua, rovesciando la sua stessa tradizione, e anche le tradizioni da cui proviene che si potrebbero far risalire addirittura fino al 1919.
È falso poi che l’Italia sia tutta divisa tra due estremismi, con la sola eccezione della piccola isola rimasta moderata del PD. Imputare la propria sconfitta a un elettorato fattosi d’improvviso insensato ed estremista, ha lo stesso fondamento dell’invettiva di Saragat che imputava al “destino cinico e baro” la sconfitta del PSDI.
Non come Andreas Lubitz!
È però un attentato alla Repubblica dire: “poiché ci sono due estremismi, che facciano loro il governo, se ne sono capaci”. Infatti è il tentativo, per il proprio supposto tornaconto futuro, di indurre a un’alleanza e a un governo degli opposti estremismi, che è precisamente ciò che dall’inizio della Repubblica tutti i politici e gli statisti hanno strenuamente cercato di impedire.
È infine un suicidio ritirarsi sull’Aventino, con il proprio gruppo di parlamentari fedeli. Ma è un suicidio come quello di Andreas Lubitz, il pilota tedesco dell’ Airbus che il 26 marzo 2015 si schiantò volontariamente contro una montagna delle Alpi francesi, con la deliberata volontà di distruggere l’aereo insieme con le 149 persone che erano a bordo.
La sconfitta della sinistra
Ma al di là delle conseguenze più prossime, il vero monito e il vero know how o insegnamento che viene da queste elezioni, è legato alla sconfitta della sinistra. La sconfitta di Liberi e Uguali è più significativa nel lungo periodo di quella del PD. Quella del PD infatti non ha una lettura univoca, essendo stata soprattutto una sconfitta della sua leadership. Ma quella di Liberi e Uguali è proprio una sconfitta della sinistra: veniva da una speranza delusa, ma pur sempre promettente come quella del Brancaccio; godeva del lascito di conoscenze proveniente da sinistre già sperimentate; aveva un gruppo promotore e dirigente di leaders di prestigio e di antica militanza, oltre che di giovani e di donne portatori di freschezza e novità, aveva una proposta politica dirimente come quella della creazione di nuovo lavoro, di “lavoro vero e buono”: eppure ha fallito. E se questa sconfitta si mette insieme alla costante che da un pό di tempo si è stabilita in Europa della sconfitta di tutte le sue sinistre, dalla socialdemocrazia tedesca al Labour inglese ai socialisti francesi, agli spagnoli ecc. si vede che qui c’è un problema nuovo: la sinistra non vince perché non può vincere, non può vincere più. E a quanto pare nemmeno in America o in India. Gli analisti pronti all’uso dicono che la sinistra perde perché non ha saputo adeguarsi alla nuova realtà della globalizzazione. È verissimo, ma non ha saputo farlo perché la globalizzazione non è una nuova condizione di natura, come pretende il pensiero unico, ma è il frutto di una scelta economica e politica, che ha vinto e ha chiuso il gioco, gettando la sinistra fuori dal campo. Si tratta cioè di un ordinamento artificiale, fatto da mano d’uomo, che semplicemente non prevede alternative al regime unico del neoliberismo e della finanza globale. I regimi costituzionali, come quello italiano, escludevano per legge il fascismo ma ammettevano che si potesse lottare politicamente per una scelta liberale o socialista, e pertanto le sinistre erano legittimate e potevano perfino vincere. Il regime vigente esclude per legge il socialismo e perfino il new deal; ovvero esclude politiche pubbliche o “aiuti di Stato” che intervengano nel mercato privatistico, e ne correggano gli esiti anche perversi. Queste leggi, spesso implicite, della globalizzazione, in Europa hanno trovato la loro traduzione in diritto positivo nei Trattati dell’Unione Europea, che è poi il mercato unico europeo. Qui, se la sovranità viene attribuita alla Mano invisibile del Mercato, è chiaro che si tratta di una sovranità assoluta, perché ciò che è invisibile non si può controllare o correggere, e tutte le cose che sono scritte in secoli di dottrine sociali o di dichiarazioni universali di diritti o di Costituzioni democratiche (i fini sociali dell’economia, la rimozione degli ostacoli allo sviluppo delle persone, i diritti universali, la tutela della vita e della dignità degli esseri umani) non si possono fare perché dal nuovo diritto europeo e globale sono considerate “infrazioni”. Perciò chi dice qualunquisticamente che non c’è più né destra né sinistra, dice il vero ma a metà, perché la destra c’è ed è l’unica ammessa. Sicché se la sinistra continua a pensare che il problema principale è come salvare se stessa e durare, e non quello di cambiare le cose, non può che essere anch’essa di destra.
La conclusione, che ci porta oltre il 4 marzo, è che sarebbe reazionario e regressivo postulare uscite grintose dalla globalizzazione, dall’Europa o dall’euro. Il compito dell’ora è però quello di rimettere in discussione le forme e le leggi della globalizzazione (in gran parte prodotte dalle stesse “sinistre”), e in concreto cercare di mettere in piedi una grande alleanza di opinioni e di forze democratiche europee per una revisione dei Trattati europei, per ridare legittimità al pluralismo delle politiche economiche e sociali e al ruolo della sfera pubblica nell’orientamento e nel sollevamento dell’economia reale: che vuol dire persone, famiglie, destini.
di Raniero La Valle – 7 marzo 2018
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Re: Diario della caduta di un regime.
Analisi perfetta !erding ha scritto:Di Raniero La Valle, lucido come sempre!
Una particolare lettura del voto del 4 marzo u.s. :
Dopo il voto del 4 marzo – una felice discontinuità
di Raniero La Valle – 7 marzo 2018
Il voto del 4 marzo, raffigurato nella cartina colorata trasmessa quella sera in TV, ha mostrato due Italie: l’Italia del Nord, identificata dalla maggioranza di centrodestra a trazione leghista, e l’Italia del Sud, identificata dalla maggioranza 5 stelle, ben radicata e rappresentata anche nel Nord.
Diciamo subito https://www.nuovatlantide.org/dopo-il-v ... inuita/che noi amiamo tutte e due le Italie, come un’Italia sola; che questo è un amore fatto di stima e ricco di speranza, e che nell’analisi di ciò che l’Italia ha fatto il 4 marzo cercheremo di dare ragione di questo illeso amore e di questa robusta speranza.
L’elettorato ha espresso un voto che ha sorpreso, da nessuno sondato e immaginato così. È stato un voto che in molti ha suscitato dolore, sgomento, in qualcuno addirittura indignazione e paura. Per rispetto di questi sentimenti occorre escludere qualsiasi trionfalismo e guardarsi da ogni giudizio saccente, manicheo, bianco o nero, tutto bene o tutto male.
Però si possono cogliere alcune positività non indifferenti di questo voto.
Prima di tutto è venuto meno il demone di un crescente astensionismo. Gli italiani non hanno licenziato con disprezzo la politica. Qui i poteri opprimenti non hanno ancora vinto. La democrazia continua, la Costituzione è salva. I giovani hanno votato. Anzi sono stati decisivi. Con entusiasmo lo hanno fatto quelli che, per l’età, votavano la prima volta. Incoscienti, certo, perché non sanno il passato, ma nuovi, ansiosi di futuro.
Una feconda, netta discontinuità
In secondo luogo le elezioni del 4 marzo hanno introdotto nella vita politica italiana una netta discontinuità. Naturalmente non sempre la discontinuità è positiva, perché il dopo può essere peggiore del prima. Tutti i conservatori la pensano così. Però senza discontinuità il nuovo non accade e la storia è finita. La discontinuità è la soglia attraverso cui può fare irruzione l’inedito, l’insperato, può scoccare il tempo propizio, può giungere l’occasione che va colta, può passare quello che gli antichi chiamavano il kairόs, con le ali ai piedi, da afferrare prima che scompaia. È la cesura che interrompe quello che Walter Benjamin nella sua filosofia della storia chiamava il tempo “omogeneo e vuoto”; e la politica italiana aveva bisogno di questa discontinuità, perché il suo tempo stancamente ripetitivo non solo era vuoto, non solo era sordo a qualsiasi parola nuova, come per esempio quella della critica di sistema di papa Francesco, ma di discesa in discesa stava arrivando a un punto di caduta, rischiosissimo, e la gente stava male. Ora dunque si tratta di prendere in mano la discontinuità, non subirla, e volgerla al meglio.
In terzo luogo l’elettorato ha sbrigato alcune pratiche che la politica professionale stentava a chiudere. Una è stata quella della interminabile uscita di scena di Berlusconi: mentre il sistema mediatico lo dava per risorto e futuro deus ex machina della nuova legislatura, l’elettorato ha chiuso la partita. La stessa cosa ha fatto con Renzi, ponendo fine alla sua azione di impossessamento e di progressiva decostruzione di un partito così importante per la democrazia italiana come il Partito Democratico. Naturalmente ci sono i sussulti della fine che rendono drammatica questa transizione, ma l’esito sembra segnato.
Non c’è più il fantasma della secessione della Padania
In quarto luogo c’è un cessato pericolo che il voto del 4 marzo certifica e sancisce. Non c’è più il fantasma della secessione della Padania. È vero che la Lega è passata dal 4 al 17 per cento, (restando pur sempre una minoranza contenuta) ma questo è il prezzo del fatto che essa da partito locale e secessionista del Nord è passato ad essere partito nazionale e unitario anche al Sud, e se proprio non può fare a meno di giuramenti, è meglio che giuri sulla Costituzione e sul Vangelo piuttosto che sul Dio Po e sulle sue ampolle. Siamo sempre al livello pagano del sacramento del potere, ma almeno siamo più tranquilli riguardo alla nazione.
C’è infine un dato molto confortante: non esiste quella ondata di riflusso al fascismo che era stata avvistata e temuta. Casa Pound ha ottenuto un risultato minimo, e la bandiera alzata su tutti gli spalti della lotta agli immigrati non si può accreditare sommariamente al razzismo e alla xenofobia. Essa è ascrivibile piuttosto alla sindrome dell’egoismo, “noi per primi”, “Prima gli italiani”, “mors tua vita mea”, che è poi la logica della politica intesa come difesa dei propri interessi e non del bene comune, della politica identificata col bipolarismo amico-nemico, ed è poi l’etica egemone del capitalismo come competizione, concorrenza, meritocrazia, scarti ed esuberi. L’egoismo non è razzismo, perché è negazione dell’altro, senza badare alla sua pelle, il razzismo semmai ne è un corollario nella situazione data; la destra stessa non si può dire xenofoba, perché non ha affatto paura degli stranieri (e anzi li sfrutta), semplicemente è contro di loro, non li vuole a tavola, non li vuole a traversare il mare, perciò è antixenita, più che xenofoba. La vera questione è che il fascismo va combattuto a monte, prima ancora che diventi tale.
Due vincitori, due sconfitti
Quanto al merito dei risultati elettorali, ci sono due vincitori e due sconfitti. Come da tutti è stato riconosciuto, I due vincitori sono il Movimento Cinque Stelle e la Lega di Salvini, con un’importante differenza però: il Movimento 5 stelle ha vinto nel Paese, la Lega ha vinto all’interno della coalizione di centro-destra, perciò non possono vantare gli stessi diritti. I due sconfitti sono il Partito Democratico e la sinistra di Liberi e Uguali.
C’è ora il problema del Parlamento che deve dare la fiducia a un governo. Non essendoci una maggioranza assoluta, i partiti presenti in Parlamento hanno non la facoltà, ma il dovere di concorrere a formare una tale maggioranza. Perciò Moro, che veniva dall’anticomunismo (inteso allora come lotta al peggiore estremismo) persuase il suo gruppo parlamentare alla Camera di unire i suoi voti con quelli del partito comunista e lo fece con una straordinaria onestà, cultura, e senso dello Stato, e con la forza di una dedizione morale che egli sapeva potesse giungere fino a costargli la vita.
Ora, per costruire una maggioranza che permetta un governo Cinque Stelle, i giochi sono aperti, e questo è del tutto legittimo. Ma non sono consentite bugie e attentati suicidi.
Quanto alle bugie, è falso che l’elettorato abbia collocato il Partito Democratico all’opposizione. Gli elettori votano sempre con l’intenzione che i loro rappresentanti abbiano parte nella direzione del Paese. Se il Partito Democratico decide a priori di stare all’opposizione, non per adempierne il mandato ma in realtà per vendicarsi del corpo elettorale, lo fa per volontà sua, rovesciando la sua stessa tradizione, e anche le tradizioni da cui proviene che si potrebbero far risalire addirittura fino al 1919.
È falso poi che l’Italia sia tutta divisa tra due estremismi, con la sola eccezione della piccola isola rimasta moderata del PD. Imputare la propria sconfitta a un elettorato fattosi d’improvviso insensato ed estremista, ha lo stesso fondamento dell’invettiva di Saragat che imputava al “destino cinico e baro” la sconfitta del PSDI.
Non come Andreas Lubitz!
È però un attentato alla Repubblica dire: “poiché ci sono due estremismi, che facciano loro il governo, se ne sono capaci”. Infatti è il tentativo, per il proprio supposto tornaconto futuro, di indurre a un’alleanza e a un governo degli opposti estremismi, che è precisamente ciò che dall’inizio della Repubblica tutti i politici e gli statisti hanno strenuamente cercato di impedire.
È infine un suicidio ritirarsi sull’Aventino, con il proprio gruppo di parlamentari fedeli. Ma è un suicidio come quello di Andreas Lubitz, il pilota tedesco dell’ Airbus che il 26 marzo 2015 si schiantò volontariamente contro una montagna delle Alpi francesi, con la deliberata volontà di distruggere l’aereo insieme con le 149 persone che erano a bordo.
La sconfitta della sinistra
Ma al di là delle conseguenze più prossime, il vero monito e il vero know how o insegnamento che viene da queste elezioni, è legato alla sconfitta della sinistra. La sconfitta di Liberi e Uguali è più significativa nel lungo periodo di quella del PD. Quella del PD infatti non ha una lettura univoca, essendo stata soprattutto una sconfitta della sua leadership. Ma quella di Liberi e Uguali è proprio una sconfitta della sinistra: veniva da una speranza delusa, ma pur sempre promettente come quella del Brancaccio; godeva del lascito di conoscenze proveniente da sinistre già sperimentate; aveva un gruppo promotore e dirigente di leaders di prestigio e di antica militanza, oltre che di giovani e di donne portatori di freschezza e novità, aveva una proposta politica dirimente come quella della creazione di nuovo lavoro, di “lavoro vero e buono”: eppure ha fallito. E se questa sconfitta si mette insieme alla costante che da un pό di tempo si è stabilita in Europa della sconfitta di tutte le sue sinistre, dalla socialdemocrazia tedesca al Labour inglese ai socialisti francesi, agli spagnoli ecc. si vede che qui c’è un problema nuovo: la sinistra non vince perché non può vincere, non può vincere più. E a quanto pare nemmeno in America o in India. Gli analisti pronti all’uso dicono che la sinistra perde perché non ha saputo adeguarsi alla nuova realtà della globalizzazione. È verissimo, ma non ha saputo farlo perché la globalizzazione non è una nuova condizione di natura, come pretende il pensiero unico, ma è il frutto di una scelta economica e politica, che ha vinto e ha chiuso il gioco, gettando la sinistra fuori dal campo. Si tratta cioè di un ordinamento artificiale, fatto da mano d’uomo, che semplicemente non prevede alternative al regime unico del neoliberismo e della finanza globale. I regimi costituzionali, come quello italiano, escludevano per legge il fascismo ma ammettevano che si potesse lottare politicamente per una scelta liberale o socialista, e pertanto le sinistre erano legittimate e potevano perfino vincere. Il regime vigente esclude per legge il socialismo e perfino il new deal; ovvero esclude politiche pubbliche o “aiuti di Stato” che intervengano nel mercato privatistico, e ne correggano gli esiti anche perversi. Queste leggi, spesso implicite, della globalizzazione, in Europa hanno trovato la loro traduzione in diritto positivo nei Trattati dell’Unione Europea, che è poi il mercato unico europeo. Qui, se la sovranità viene attribuita alla Mano invisibile del Mercato, è chiaro che si tratta di una sovranità assoluta, perché ciò che è invisibile non si può controllare o correggere, e tutte le cose che sono scritte in secoli di dottrine sociali o di dichiarazioni universali di diritti o di Costituzioni democratiche (i fini sociali dell’economia, la rimozione degli ostacoli allo sviluppo delle persone, i diritti universali, la tutela della vita e della dignità degli esseri umani) non si possono fare perché dal nuovo diritto europeo e globale sono considerate “infrazioni”. Perciò chi dice qualunquisticamente che non c’è più né destra né sinistra, dice il vero ma a metà, perché la destra c’è ed è l’unica ammessa. Sicché se la sinistra continua a pensare che il problema principale è come salvare se stessa e durare, e non quello di cambiare le cose, non può che essere anch’essa di destra.
La conclusione, che ci porta oltre il 4 marzo, è che sarebbe reazionario e regressivo postulare uscite grintose dalla globalizzazione, dall’Europa o dall’euro. Il compito dell’ora è però quello di rimettere in discussione le forme e le leggi della globalizzazione (in gran parte prodotte dalle stesse “sinistre”), e in concreto cercare di mettere in piedi una grande alleanza di opinioni e di forze democratiche europee per una revisione dei Trattati europei, per ridare legittimità al pluralismo delle politiche economiche e sociali e al ruolo della sfera pubblica nell’orientamento e nel sollevamento dell’economia reale: che vuol dire persone, famiglie, destini.
di Raniero La Valle – 7 marzo 2018
https://www.nuovatlantide.org/dopo-il-v ... ontinuita/
da un uomo eletto come indipendente nelle liste del PCI e che ora costoro che si definiscono di sinistra non riescono a cogliere in questo momento. Da qui si capisce tutto il resto
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Diario della caduta di un regime.
........CARO LEI, QUANDO C'ERA LUI............................
DALLA PRIMA PAGINA DEL VICE BUFALIERE:
...........Gli uomini del giorno dopo
IL BUONO IL BRUTTO IL CATTIVO
COTTARELLI, BRUNETTA, INGROIA
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Passate le elezioni, ritornano gli sbarchi
Nave Ong ci scarica 218 clandestini
e l'Italia cala ancora le brache
di GIANLUCA VENEZIANI
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A PAGINA 2
Bannon, l'ex stratega di Trump
<<Sono affascinato dal Duce
Grillo vince con rabbia>>
<< Mussolini era chiaramente amato dalle donne, era apprezzato dagli uomini(SOPRATTUTTO DA ANTONIO GRAMSCI-ndt) Era così virile.
Aveva persino buon gusto nel vestire, basta pensare a quelle uniformi. Lo ammette lo stratega di Donald Trump, intervistato per il settimanale britannico The spectator da Nicholas Farrel.......
^^^^^^^^^^
DOPO IL VOTO
NERVI TESI
Forza Italia a Salvini: <<Non sei il nostro leader>>
Gli azzurri non si fidano: <<Se ci accordiamo con i 5 stelle salta tutto>>
^^^^^
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Brunetta ce l'ha con i leghisti
ma qualcuno deve spiegargli
che ha perso le elezioni
LITTORIO FELTRI
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Re: Diario della caduta di un regime.
UncleTom ha scritto:........CARO LEI, QUANDO C'ERA LUI............................
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..........BOTTE DA ORBI
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Così Grillo su Salvini
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Sgarbi choc in tv:
lancia sospetti sul Di Maio privato
^^
LA FRASE
E' fidanzato
con Spadafora.
Sarei felice
di avere un
premier gay
NON SCANDALIZZATEVI PER LE CAZZATE CHE DICONO.
QUANDO UN PAESE E' ALLA FINE SI COMPORTA IN QUESTO MODO.
NIENTE A CHE VEDERE CON LA PEGGIORE DC, O IL PEGGIOR PCI DELLA PRIMA REPUBBLICA
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Re: Diario della caduta di un regime.
17 mar 2018 14:04
1. DOPO I SASSI LANCIATI DA BISIGNANI SULLA “POTENTE E LITIGIOSA LOBBY GAY ALL'INTERNO DEL M5S’’, E IL MACIGNO SCARAVENTATO DA SGARBI: “HO SCOPERTO CHE DI MAIO HA UN FIDANZATO, VINCENZO SPADAFORA”, NESSUNA REAZIONE UFFICIALE DA PARTE DEI VERTICI M5S
2. NEL MIRINO ANCHE IL NEO ELETTO M5S EMILIO CARELLI. SUL GIORNALE CATTOLICO ''LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA'' SI LEGGE: “SVARIATI SITI GAY AUSPICANO FACCIA COMING OUT”
3. SPADAFORA, CAMPANO E OMBRA DI DI MAIO, INIZIÒ LA SUA CARRIERA POLITICA COL VERDE PECORARO SCANIO, PRIMO MINISTRO DELLA STORIA A FARE COMING OUT NEL 2000: ''SONO BISEX'' 4. GRILLO: “IL SISTEMA HA REAGITO CONTRO DI NOI, MA MI ASPETTAVO MOLTO DI PIÙ, UN AVVISO DI GARANZIA A ME, LA MACCHINA PIENA DI COCA, O CHE SCOPRISSERO CHE DI MAIO È GAY”
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169552.htm
1. DOPO I SASSI LANCIATI DA BISIGNANI SULLA “POTENTE E LITIGIOSA LOBBY GAY ALL'INTERNO DEL M5S’’, E IL MACIGNO SCARAVENTATO DA SGARBI: “HO SCOPERTO CHE DI MAIO HA UN FIDANZATO, VINCENZO SPADAFORA”, NESSUNA REAZIONE UFFICIALE DA PARTE DEI VERTICI M5S
2. NEL MIRINO ANCHE IL NEO ELETTO M5S EMILIO CARELLI. SUL GIORNALE CATTOLICO ''LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA'' SI LEGGE: “SVARIATI SITI GAY AUSPICANO FACCIA COMING OUT”
3. SPADAFORA, CAMPANO E OMBRA DI DI MAIO, INIZIÒ LA SUA CARRIERA POLITICA COL VERDE PECORARO SCANIO, PRIMO MINISTRO DELLA STORIA A FARE COMING OUT NEL 2000: ''SONO BISEX'' 4. GRILLO: “IL SISTEMA HA REAGITO CONTRO DI NOI, MA MI ASPETTAVO MOLTO DI PIÙ, UN AVVISO DI GARANZIA A ME, LA MACCHINA PIENA DI COCA, O CHE SCOPRISSERO CHE DI MAIO È GAY”
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169552.htm
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Re: Diario della caduta di un regime.
.....QUANDO LE SOCIETA' CROLLANO, SUCCEDONO QUESTE COSE...........
19 mar 2018 14:13
UNA BELLA FAMIGLIA
- IN PROVINCIA DI TREVISO UNA 45ENNE VIENE MALMENATA A CALCI E PUGNI DALLE FIGLIE DI 17 E 20 ANNI E VIENE MINACCIATA CON UN COLTELLO
- IL MOTIVO? SI ERA RIFIUTATA DI PAGARE ALLE DUE UNA VACANZA A PRAGA
- LA DONNA E’ RIUSCITA A SCAPPARE AL PRONTO SOCCORSO E…
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 169634.htm
19 mar 2018 14:13
UNA BELLA FAMIGLIA
- IN PROVINCIA DI TREVISO UNA 45ENNE VIENE MALMENATA A CALCI E PUGNI DALLE FIGLIE DI 17 E 20 ANNI E VIENE MINACCIATA CON UN COLTELLO
- IL MOTIVO? SI ERA RIFIUTATA DI PAGARE ALLE DUE UNA VACANZA A PRAGA
- LA DONNA E’ RIUSCITA A SCAPPARE AL PRONTO SOCCORSO E…
http://www.dagospia.com/rubrica-29/cron ... 169634.htm
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Re: Diario della caduta di un regime.
......DAGOSPIA RIPORTA UNA NOTIZIA DEL VICE BUFALIERE
19 mar 2018 12:27
EX VOTI - A 15 GIORNI DALLE ELEZIONI MANCANO ANCORA I NOMI DEFINITIVI DEGLI ELETTI: ANCORA APERTE 26 SEZIONI PER IL SENATO E 27 PER LA CAMERA - MOTIVO? DURANTE LA NOTTE DEL 4 MARZO ALCUNI PRESIDENTI DI SEGGIO, ALLE PRESE CON LE CONTORTE REGOLE DEL “ROSATELLUM”, NON HANNO CHIUSO LE OPERAZIONI DI SCRUTINIO, INVIANDO LE SCHEDE ALLE CORTI D'APPELLO - OGGI APRE IL PARLAMENTO MA SONO PRONTI I RICORSI…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169624.htm
...MA PINOCCHIO MUSSOLONI NON AVEVA PROMESSO AI MERLI ITALIANI CHE SI DOVEVA AVERE NOTIZIE CERTE LA SERA DEL VOTO?????????????????????
19 mar 2018 12:27
EX VOTI - A 15 GIORNI DALLE ELEZIONI MANCANO ANCORA I NOMI DEFINITIVI DEGLI ELETTI: ANCORA APERTE 26 SEZIONI PER IL SENATO E 27 PER LA CAMERA - MOTIVO? DURANTE LA NOTTE DEL 4 MARZO ALCUNI PRESIDENTI DI SEGGIO, ALLE PRESE CON LE CONTORTE REGOLE DEL “ROSATELLUM”, NON HANNO CHIUSO LE OPERAZIONI DI SCRUTINIO, INVIANDO LE SCHEDE ALLE CORTI D'APPELLO - OGGI APRE IL PARLAMENTO MA SONO PRONTI I RICORSI…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169624.htm
...MA PINOCCHIO MUSSOLONI NON AVEVA PROMESSO AI MERLI ITALIANI CHE SI DOVEVA AVERE NOTIZIE CERTE LA SERA DEL VOTO?????????????????????
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Re: Diario della caduta di un regime.
19 mar 2018 10:43
“UN GOVERNO CON I 5 STELLE? NULLA È IMPOSSIBILE”
- SALVINI OSPITE DI BARBARA D’URSO PARLA GIA’ DA PREMIER: “SMONTEREMO LA LEGGE FORNERO E POI PROMETTO AGLI ITALIANI DI TOGLIERE LE PRIME 7 ACCISE CHE PAGHIAMO DAL 1935 SUL PREZZO DELLA BENZINA. CI POTETE CONTARE FOSSE L'ULTIMA COSA CHE FACCIO…” - VIDEO
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169612.htm
“UN GOVERNO CON I 5 STELLE? NULLA È IMPOSSIBILE”
- SALVINI OSPITE DI BARBARA D’URSO PARLA GIA’ DA PREMIER: “SMONTEREMO LA LEGGE FORNERO E POI PROMETTO AGLI ITALIANI DI TOGLIERE LE PRIME 7 ACCISE CHE PAGHIAMO DAL 1935 SUL PREZZO DELLA BENZINA. CI POTETE CONTARE FOSSE L'ULTIMA COSA CHE FACCIO…” - VIDEO
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Re: Diario della caduta di un regime.
....LA FINE DELLA DC 2.0....
19 mar 2018 09:45
OFFRIAMO IL COLLO AL COLLE
- DA MARTINA A FRANCESCHINI DA VELTRONI E DELRIO FINO A GENTILONI E ORLANDO, MEZZO PD VUOLE ASSECONDARE MATTARELLA NELLA CREAZIONE DI UN GOVERNO (ANCHE CON I GRILLINI, SE FOSSE NECESSARIO)
- E I RENZIANI? HANNO CIRCA 120 MEMBRI SUI 214 DELLA DIREZIONE MA TEMONO DI PERDERE PEZZI PER STRADA…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169603.htm
19 mar 2018 09:45
OFFRIAMO IL COLLO AL COLLE
- DA MARTINA A FRANCESCHINI DA VELTRONI E DELRIO FINO A GENTILONI E ORLANDO, MEZZO PD VUOLE ASSECONDARE MATTARELLA NELLA CREAZIONE DI UN GOVERNO (ANCHE CON I GRILLINI, SE FOSSE NECESSARIO)
- E I RENZIANI? HANNO CIRCA 120 MEMBRI SUI 214 DELLA DIREZIONE MA TEMONO DI PERDERE PEZZI PER STRADA…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 169603.htm
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Re: Diario della caduta di un regime.
Analisi
Così la vittoria di Lega e M5S rivoluziona anche la magistratura
I partiti usciti vincitori dalle urne avranno un peso rilevante nella nomina dei membri laici del Csm. Ma non è l'unica forma di influenza che le toghe subiranno dalla politica
di Lirio Abbate
19 marzo 2018
È un’incognita il futuro della politica giudiziaria, che rischia anch’essa di essere attraversata dal vento del populismo. Forti del consenso ottenuto, i vincitori potranno esercitare la loro influenza sul Csm - che a luglio rinnova i consiglieri togati e poi quelli laici - e riscrivere il rapporto tra politica e magistratura. Con il ritorno del controllo politico sull’attività giurisdizionale di pm e giudici.
Per tentare di capire occorre procedere per gradi. Partiamo dai programmi. Il M5S sul Csm ha proposto che i componenti laici non debbano essere parlamentari. I grillini ritengono che sia giusto avere una componente laica nel Consiglio superiore, ma la vorrebbero slegata dalle dinamiche dei partiti. Lega e M5S hanno visioni diverse della magistratura e dell’organo di autogoverno.
Nell’attuale Csm i componenti laici provengono tutti dal Parlamento, tranne il professor Alessio Zaccaria, espresso dal Movimento. Il gruppo dei laici ha votato compatto in molte occasioni, come le nomine dei vertici delle procure di Palermo, Napoli e Milano a differenza di esperienze precedenti del Consiglio in cui i laici venivano “pilotati” dalle appartenenze partitiche e dalle diverse correnti della magistratura.
vedi anche:
ita1-jpg
L'Italia fratturata dove sono in crisi anche i corpi intermedi
Chiesa, industriali, sindacati, magistratura. Dopo il voto anche la società è divisa. Specchio della politica paralizzata. E del governo impossibile
La proposta dei grillini è creare un’intercapedine istituzionale, tra le dinamiche politico-parlamentari e le scelte che riguardano la giurisdizione, con la creazione di un filtro. Per ora, è una idea isolata. La Lega prevede due Csm distinti per pm e giudici. E punta a rivedere i criteri per stabilire le priorità dell’azione penale.
L’interferenza più concreta e dannosa che la politica può esercitare è il trasferimento dei magistrati sgraditi. L’allarme, anche tra diversi consiglieri del Csm, è stato acceso da recenti occasioni in cui il Consiglio ha di fatto sdoganato procedimenti “pericolosi” per l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati. Di che si tratta? Dell’uso, a volte disinvolto, delle denunce per presunta incompatibilità ambientale del magistrato ai fini del suo trasferimento. Perché è pericoloso? Perché in futuro questo strumento ordinamentale potrebbe essere usato per liberarsi di giudici che emettono provvedimenti impopolari. Un esempio arriva da una storia della scorsa estate quando un gip del tribunale di Reggio Emilia, a cui il pm aveva chiesto l’arresto di un cittadino extracomunitario accusato di aver stuprato un ragazzino, ha mandato l’indagato ai domiciliari, perché ne ha ottenuto la confessione e in base a una ricostruzione della vicenda leggermente diversa da come l’aveva descritta l’accusa.
Scoppia il caso e tutti i sindaci, anche del Pd, firmano una petizione. E un esposto arriva al Csm in cui si chiede il trasferimento per incompatibilità ambientale del giudice. Il comitato di presidenza del Csm (Vice Presidente del Csm, Primo presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale presso la Corte), si riunisce a fine agosto e stabilisce di acquisire il provvedimento del magistrato e manda il fascicolo alla prima commissione per la pratica di trasferimento. Tutto ciò cosa ci fa pensare? Lo strumento dell’allontanamento del magistrato con la procedura dell’incompatibilità ambientale da un posto ad un altro può essere esercitato in maniera impropria. Per contestare un provvedimento in modo giurisdizionalmente corretto esiste lo strumento dell’impugnazione. Non può essere un organo, anche se si tratta del Csm, a sbattere da un posto all’altro un giudice solo perché quella decisione non è politicamente “gradita”.
Nel caso di Reggio nel Plenum del Csm è scoppiata una battaglia che ha rimesso le cose a posto. Ma il rischio esiste. Si pensi se al Nord qualche magistrato dovesse emettere sul tema della legittima difesa provvedimenti che non sono in sintonia con lo spirito dei tempi agitato dalla Lega. Potrebbe rischiare la petizione popolare e quindi il procedimento per trasferimento. Lo spirito dei tempi dettato dal populismo, può rapidamente attaccare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
I magistrati temono dalla politica interventi che si possono prestare a operazioni demagogiche.
«Il mio auspicio è che il nuovo Parlamento, la cui composizione come è noto è così complessa e inedita, si incarichi di preservare tutte le funzioni di garanzia e tra esse quelle che la Costituzione affida al Csm. E sono convinto che ciò accadrà», dice il vice presidente del Csm Giovanni Legnini.
vedi anche:
riccardi francesco
«Se i cattolici hanno votato M5S e Lega, significa che la Chiesa ha perso»
«Il messaggio di accoglienza di papa Francesco non è stato accolto. E per questo anche noi dobbiamo fare una lettura profonda». Parla Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio
I temi della giustizia sono molto delicati, e il populismo rischia di far saltare i meccanismi di controllo penale, con l’introduzione di manovre intimidatorie verso quei magistrati che toccano questioni ad alto contenuto politico.
C’è poi l’aspetto retributivo dei magistrati con i Cinque stelle che guardano al passato. La progressione in carriera che hanno in mente i grillini è un passo indietro rispetto all’assetto attuale. Ritengono che per fare i passaggi di carriera il magistrato debba svolgere effettivamente la funzione che gli è riconosciuta con la retribuzione. Oggi la toga che ha la qualifica di magistrato di Cassazione, per anzianità e valutazioni professionali, che continua a fare il giudice di primo grado, riceve lo stesso stipendio di chi esercita in Cassazione. Con la proposta di M5S si ritornerebbe al meccanismo di qualche decennio fa in cui si guadagna in virtù del ruolo che si svolge.
Si è parlato poco di giustizia in campagna elettorale ma se ne parlerà molto durante la legislatura. Il prossimo Csm avrà il compito di fare importanti nomine, come il procuratore di Roma, presidenti di Corte d’appello e procuratori generali e rinominare i vertici della Cassazione. Per il nuovo Consiglio sono già pronti i candidati: il giudice Piercamillo Davigo (Autonomia e Indipendenza); il pm romano dell’inchiesta “mafia Capitale” Giuseppe Cascini (Area) e il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita (ancora Autonomia e Indipendenza). Sono i nomi più noti in pista per le votazioni di luglio. In tutto i consiglieri togati da eleggere sono 16: 2 della Cassazione, 4 pm e 10 giudici di merito.
Rispetto a quattro anni fa il numero complessivo dei candidati si è ristretto (si è passati da 25 a 20), ma come nel 2014 restano poche le donne in campo: sono solo 6, meno della metà degli uomini in lista. L’attesa è per il risultato di Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata da Davigo e da altri fuoriusciti da Magistratura Indipendente, sui quali puntano molti esponenti a 5 stelle.
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Piercamillo Davigo
Così la vittoria di Lega e M5S rivoluziona anche la magistratura
I partiti usciti vincitori dalle urne avranno un peso rilevante nella nomina dei membri laici del Csm. Ma non è l'unica forma di influenza che le toghe subiranno dalla politica
di Lirio Abbate
19 marzo 2018
È un’incognita il futuro della politica giudiziaria, che rischia anch’essa di essere attraversata dal vento del populismo. Forti del consenso ottenuto, i vincitori potranno esercitare la loro influenza sul Csm - che a luglio rinnova i consiglieri togati e poi quelli laici - e riscrivere il rapporto tra politica e magistratura. Con il ritorno del controllo politico sull’attività giurisdizionale di pm e giudici.
Per tentare di capire occorre procedere per gradi. Partiamo dai programmi. Il M5S sul Csm ha proposto che i componenti laici non debbano essere parlamentari. I grillini ritengono che sia giusto avere una componente laica nel Consiglio superiore, ma la vorrebbero slegata dalle dinamiche dei partiti. Lega e M5S hanno visioni diverse della magistratura e dell’organo di autogoverno.
Nell’attuale Csm i componenti laici provengono tutti dal Parlamento, tranne il professor Alessio Zaccaria, espresso dal Movimento. Il gruppo dei laici ha votato compatto in molte occasioni, come le nomine dei vertici delle procure di Palermo, Napoli e Milano a differenza di esperienze precedenti del Consiglio in cui i laici venivano “pilotati” dalle appartenenze partitiche e dalle diverse correnti della magistratura.
vedi anche:
ita1-jpg
L'Italia fratturata dove sono in crisi anche i corpi intermedi
Chiesa, industriali, sindacati, magistratura. Dopo il voto anche la società è divisa. Specchio della politica paralizzata. E del governo impossibile
La proposta dei grillini è creare un’intercapedine istituzionale, tra le dinamiche politico-parlamentari e le scelte che riguardano la giurisdizione, con la creazione di un filtro. Per ora, è una idea isolata. La Lega prevede due Csm distinti per pm e giudici. E punta a rivedere i criteri per stabilire le priorità dell’azione penale.
L’interferenza più concreta e dannosa che la politica può esercitare è il trasferimento dei magistrati sgraditi. L’allarme, anche tra diversi consiglieri del Csm, è stato acceso da recenti occasioni in cui il Consiglio ha di fatto sdoganato procedimenti “pericolosi” per l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati. Di che si tratta? Dell’uso, a volte disinvolto, delle denunce per presunta incompatibilità ambientale del magistrato ai fini del suo trasferimento. Perché è pericoloso? Perché in futuro questo strumento ordinamentale potrebbe essere usato per liberarsi di giudici che emettono provvedimenti impopolari. Un esempio arriva da una storia della scorsa estate quando un gip del tribunale di Reggio Emilia, a cui il pm aveva chiesto l’arresto di un cittadino extracomunitario accusato di aver stuprato un ragazzino, ha mandato l’indagato ai domiciliari, perché ne ha ottenuto la confessione e in base a una ricostruzione della vicenda leggermente diversa da come l’aveva descritta l’accusa.
Scoppia il caso e tutti i sindaci, anche del Pd, firmano una petizione. E un esposto arriva al Csm in cui si chiede il trasferimento per incompatibilità ambientale del giudice. Il comitato di presidenza del Csm (Vice Presidente del Csm, Primo presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale presso la Corte), si riunisce a fine agosto e stabilisce di acquisire il provvedimento del magistrato e manda il fascicolo alla prima commissione per la pratica di trasferimento. Tutto ciò cosa ci fa pensare? Lo strumento dell’allontanamento del magistrato con la procedura dell’incompatibilità ambientale da un posto ad un altro può essere esercitato in maniera impropria. Per contestare un provvedimento in modo giurisdizionalmente corretto esiste lo strumento dell’impugnazione. Non può essere un organo, anche se si tratta del Csm, a sbattere da un posto all’altro un giudice solo perché quella decisione non è politicamente “gradita”.
Nel caso di Reggio nel Plenum del Csm è scoppiata una battaglia che ha rimesso le cose a posto. Ma il rischio esiste. Si pensi se al Nord qualche magistrato dovesse emettere sul tema della legittima difesa provvedimenti che non sono in sintonia con lo spirito dei tempi agitato dalla Lega. Potrebbe rischiare la petizione popolare e quindi il procedimento per trasferimento. Lo spirito dei tempi dettato dal populismo, può rapidamente attaccare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
I magistrati temono dalla politica interventi che si possono prestare a operazioni demagogiche.
«Il mio auspicio è che il nuovo Parlamento, la cui composizione come è noto è così complessa e inedita, si incarichi di preservare tutte le funzioni di garanzia e tra esse quelle che la Costituzione affida al Csm. E sono convinto che ciò accadrà», dice il vice presidente del Csm Giovanni Legnini.
vedi anche:
riccardi francesco
«Se i cattolici hanno votato M5S e Lega, significa che la Chiesa ha perso»
«Il messaggio di accoglienza di papa Francesco non è stato accolto. E per questo anche noi dobbiamo fare una lettura profonda». Parla Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio
I temi della giustizia sono molto delicati, e il populismo rischia di far saltare i meccanismi di controllo penale, con l’introduzione di manovre intimidatorie verso quei magistrati che toccano questioni ad alto contenuto politico.
C’è poi l’aspetto retributivo dei magistrati con i Cinque stelle che guardano al passato. La progressione in carriera che hanno in mente i grillini è un passo indietro rispetto all’assetto attuale. Ritengono che per fare i passaggi di carriera il magistrato debba svolgere effettivamente la funzione che gli è riconosciuta con la retribuzione. Oggi la toga che ha la qualifica di magistrato di Cassazione, per anzianità e valutazioni professionali, che continua a fare il giudice di primo grado, riceve lo stesso stipendio di chi esercita in Cassazione. Con la proposta di M5S si ritornerebbe al meccanismo di qualche decennio fa in cui si guadagna in virtù del ruolo che si svolge.
Si è parlato poco di giustizia in campagna elettorale ma se ne parlerà molto durante la legislatura. Il prossimo Csm avrà il compito di fare importanti nomine, come il procuratore di Roma, presidenti di Corte d’appello e procuratori generali e rinominare i vertici della Cassazione. Per il nuovo Consiglio sono già pronti i candidati: il giudice Piercamillo Davigo (Autonomia e Indipendenza); il pm romano dell’inchiesta “mafia Capitale” Giuseppe Cascini (Area) e il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita (ancora Autonomia e Indipendenza). Sono i nomi più noti in pista per le votazioni di luglio. In tutto i consiglieri togati da eleggere sono 16: 2 della Cassazione, 4 pm e 10 giudici di merito.
Rispetto a quattro anni fa il numero complessivo dei candidati si è ristretto (si è passati da 25 a 20), ma come nel 2014 restano poche le donne in campo: sono solo 6, meno della metà degli uomini in lista. L’attesa è per il risultato di Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata da Davigo e da altri fuoriusciti da Magistratura Indipendente, sui quali puntano molti esponenti a 5 stelle.
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