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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • quo vadis PD ???? - Pagina 275
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Re: quo vadis PD ????

Inviato: 11/12/2013, 19:20
da iospero
Caro Pancho penso che se non hai mai votato PD non ti sarai nemmeno iscritto, quindi belle parole quelle che dici , peccato che non corrispondono ai fatti.
Hai sentito parlare di " OCCUPY PD " erano gli iscritti incazzati perchè i vertici obbedivano ad altre direttive.
Quello che dice Barca, puo' essere anche giusto ma la verifica con i referendum deve essere fatta all'interno del partito.
.

Un partito , e in particolare il PD, non è fatto per dar ascolto agli iscritti e fare i loro interessi, un partito nasce per far da tramite tra i cittadini e i parlamentari eletti, se gli iscritti non sono interpreti della maggior parte dei cittadini possono anche andare a casa, per questo è fondamentale aprire i referendum di partito anche ai non iscritti.
Da iscritto al PD non sono mai stato interpellato su alcun problema di importanza nazionale, al massimo su questioni relative al comune.
La linea del partito sono i congressi e i congressi derivano dai circoli e questi dalle assemblee degli iscritti.
dovrebbe essere così, invece la linea del partito finora è stata decisa nelle segrerte stanze di qlc.

Oggi c'è la possibilità di comunicare via internet con tutti , quindi bisogna fare meglio dei grillini, che finora LA DEMOCRAZIA DIRETTA l'hanno fatta solo a parole.

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 12/12/2013, 10:04
da erding
A proposito di Renzi...

8 giugno 2012 - ore 06:59

La sfida di Renzi a Bersani

La candidatura, le idee, il “noi”. Intervista con il sindaco di Firenze


(...)“Dimostreremo che non è vero che l’Italia e l’Europa sono state distrutte dal liberismo

ma che al contrario il liberismo è un concetto di sinistra,

e che le idee degli Zingales, degli Ichino e dei Blair

non possono essere dei tratti marginali dell’identità del nostro partito,

ma ne devono essere il cuore”.
(...)


http://www.ilfoglio.it/soloqui/13721

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 12/12/2013, 11:58
da pancho
iospero ha scritto:Caro Pancho penso che se non hai mai votato PD non ti sarai nemmeno iscritto, quindi belle parole quelle che dici , peccato che non corrispondono ai fatti.
Hai sentito parlare di " OCCUPY PD " erano gli iscritti incazzati perchè i vertici obbedivano ad altre direttive.
Quello che dice Barca, puo' essere anche giusto ma la verifica con i referendum deve essere fatta all'interno del partito.
.

Un partito , e in particolare il PD, non è fatto per dar ascolto agli iscritti e fare i loro interessi, un partito nasce per far da tramite tra i cittadini e i parlamentari eletti, se gli iscritti non sono interpreti della maggior parte dei cittadini possono anche andare a casa, per questo è fondamentale aprire i referendum di partito anche ai non iscritti.
Da iscritto al PD non sono mai stato interpellato su alcun problema di importanza nazionale, al massimo su questioni relative al comune.
La linea del partito sono i congressi e i congressi derivano dai circoli e questi dalle assemblee degli iscritti.
dovrebbe essere così, invece la linea del partito finora è stata decisa nelle segrerte stanze di qlc.

Oggi c'è la possibilità di comunicare via internet con tutti , quindi bisogna fare meglio dei grillini, che finora LA DEMOCRAZIA DIRETTA l'hanno fatta solo a parole.
Fatevi valere on occupate i circoli. Che altro vi devo dire perché possiate contare e quindi essere voi quelli che discutono sulla linea politica da dare al partito e poi portarla ai congressi.

Far meglio dei Grillini a me interessa poco poich'e e' facile cavalcare qualsiasi insofferenza popolare e poi non essere in grada di dare una linea politica a lungo raggio. Affrontare i problemi giorno per giorno non e' fare politica anche se puo' essere visto come un fatto importante.

Riuscire a far convogliare a se molte anime anche diverse fra di loro poi come fai ad avere o cercare di buttar giu una linea politica se poi questa contrastera' con alcune di loro? Sono movimenti di protesta con diverse anime al loro interno anche molto distanti politicamente fra loro. Qualche politico alla Berlusconi ha tentato di dare risposte uisando i sondaggi, come ti ho detto precedentemente ma come vedi nel tempo fara' cascare il castello poiche questo e' stato costruito sulla sabbia politica. Certo da noi ci sono molto merli e per costoro e' piu' facile rimanere in cresta.

Per quanto riguarda la tanto osannata Democrazia Diretta, bisogna anche qui andarci piano poiché come succedein Svizzera, e' molto lunga sulle decisioni. Cmq una discussione su questo va fatta ma prima bisognera' informarci ulteriormente sul come funzionano. non si puo' parlare sul sentito dire.

A tale proposito ti allego un link molto interessante.


http://www.swissworld.org/it/politica/i ... a_diretta/

un salutone da Juan

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 13/12/2013, 0:49
da camillobenso
Profezie - 1


La prima profezia si è avverata.....................




Inviato: 14/10/2013, 16:41

Altri tre mesi a Chianciano Terme per recuperare dallo spappolamento del fegato per dare ragione a Pansa.



Pansa: "Renzi trionferà ma in Italia non cambierà nulla"

"Giovane, piacente, cattivo quanto basta: il sindaco di Firenze ha tutto per conquistare il Pd. Ma il suo trionfo non risolverà i problemi del Paese".

Da "0" a "100" quanto sei d'accordo con la previsione di Pansa?


Valore Attuale 81,0

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 13/12/2013, 1:15
da camillobenso
Questi fantasmi - 1

Alfredo Reichlin, classe 1925, anni 88, riesce a vedere ancora la sinistra. Forse l'età fa brutti scherzi.



«Ritorna il bisogno delle grandi idee. Renzi le ha?»
l’Unità 12.12.13
Caro Matteo, il Pd non esiste senza sinistra
di Alfredo Reichlin

Prima di dire qualcosa sul risultato delle primarie io partirei dal dato che a me sembra il più impressionante. Ciò che è accaduto domenica è prima di tutto il segnale di un terremoto. Il vero terremoto che ha investito e sta investendo non solo la politica ma la società.

È veramente finito il Novecento. In poche settimane accadono cambiamenti che un tempo comportavano anni. Il declassamento di poteri come quelli della secolare Curia romana. Il ciclone Renzi.

Ma fino a ieri chi immaginava l’esplosione di Grillo (otto milioni di voti)? Cerchiamo di capire. E cominciamo da noi, dalla sinistra.

Prendiamo atto che da un pezzo anche la sinistra, così com’è, aveva perduto (a parte i voti) quella cosa essenziale che è l’idea di sé e del proprio ruolo storico, quel pensiero politico che consiste nel pensare al di là del proprio naso, e nel sentirsi parte e attore del cambiamento del mondo?

La «botta» che abbiamo preso è forte ma non serve a nulla piangersi addosso. Tutte le strade restano aperte davanti a chi sappia vederle e voglia imboccarle.
È con questo animo che io ho guardato all’Italia che domenica ha fatto la fila per votare nei gazebo del Pd.

Una larga parte (un terzo dicono i sondaggi) non erano nemmeno nostri elettori.

Non sono un ingenuo. Vedo l’uso che del voto di quella gente qualcuno vuole fare. Ma ciò che mi è stato insegnato è che di fronte agli estremi pericoli che (come oggi) corre la democrazia, bisogna guardare al di là degli interessi di parte. Ed è così che ho guardato a quelle file.

Erano persone che volevano affermare in qualche modo una fiducia nella politica, un «no» all’onda sovversiva che vorrebbe travolgere le istituzioni democratiche e credo anche una volontà di progresso.

Sia chiaro, ho anche avvertito la critica che quella gente esprimeva verso la nostra parte. Ne concludo che non si è ristretto lo spazio che mi consente di pensare al futuro di una nuova sinistra. Però, attenzione, a certe condizioni.


E la principale è che la sinistra faccia una svolta e metta in campo un nuovo pensiero molto diverso da quello del Novecento. Il punto è questo. Non si scoraggino i miei compagni.

La forza della sinistra consiste nel fatto che essa non è una istituzione o l’invenzione di qualcuno.

È quel fattore inseparabile dal processo storico che consiste nel sostenere la lotta degli uomini volta a liberarsi via via da paure, miti, false credenze, legami servili, sottomissioni ideologiche.

La sinistra in cui io credo è il bisogno delle persone di impadronirsi delle proprie vite e dei propri pensieri, a prescindere dai soldi. È quel nuovo umanesimo laico che emerge come risposta alle logiche disumane del mercato e al fallimento del neo-liberismo. Direte che la sinistra attuale non è così? Rispondo che però così potrebbe e dovrebbe essere. (E' un sogno di una notte di mezza estate anche se siamo a dicembre - ndt)


Rivolgo, quindi a Matteo Renzi, il mio saluto e l’augurio di buon lavoro. Punto non sulla sua sconfitta ma sul successo suo e del Pd. La domanda che gli rivolgo è questa, ed è molto semplice.

Può esistere nell’Italia di oggi un partito come il Pd senza che la sinistra sia una sua componente essenziale? Sbaglia chi esulta per aver «asfaltato» i pronipoti del Pci. È una ossessione infantile e ridicola. Il Pci non c’è più.

Si è sciolto da oltre 22 anni e chi scrive è tra i fondatori di un partito nuovo, il Pd. Resta il problema di come governare un Paese inferocito e allo sbando. Senza la sinistra? E basta una nuova legge elettorale?


È da qui, non da una ideologia ma dalla necessità di tenere ferma la barra del Paese che si ripropone la necessità di un partito forte, organizzato, motivato anche in senso etico e ideale, e ciò in quanto strumento necessario per far fronte ai fenomeni che vediamo e che rischiano di intaccare anche la fibra morale e intellettuale del Paese. La volgarità e le violenze di un ex comico, unito alla ridicola adorazione per Berlusconi ridotto a una specie di Sultano, il Buono, il Bello, il Capo che non è sottoposto alla legge comune. Spettacoli indecenti, da Medioevo. Il tutto in presenza di una crisi che sembra senza vie di uscite e che sta mettendo alla disperazione e alla fame milioni di persone. In queste condizioni sarebbe un grave errore trasformare il partito in un semplice strumento elettorale al servizio di un uomo solo al comando. Se io fossi Renzi e avessi l’ambizione di un cambiamento veramente profondo non mi limiterei a colpire il potere di «vecchi apparati» (che non esistono) ma difenderei il ruolo del partito, e lo farei come altri prima di lui non hanno saputo fare.

Questo è stato forse l’errore più grave: quello di non aver capito e fatto capire la necessità del partito moderno di rappresentare lo strumento attraverso il quale la democrazia cessa di essere un fatto astratto e si incarna in strumenti organizzati, attraverso i quali anche chi non ha potere si può difendere, può prendere la parola, può pensare autonomamente e non in base alle chiacchiere televisive, può acquistare coscienza di sé, e può eleggere i suoi rappresentanti in Parlamento (perfino un operaio, cosa che da anni non accade). Il partito è questo.

È lo strumento attraverso il quale anche gli «ultimi» possono partecipare alla vita statale. Qualche parola infine sul perché le grandi riforme sono così difficili e al tempo stesso così necessarie, a fronte del fatto che è diventato incombente il rischio dell’impoverimento e del declino del Paese. Per quale ragioni? A me sembra che non si è ben capito che la novità del problema e la sua grandezza stanno nel fatto che si tratta di ben altro che di superare una fase, sia pure lunga e grave, di crisi economica. Noi siamo al centro di un grandioso passaggio storico, di un cambiamento che mette in causa e rompe tutti i vecchi equilibri della società italiana, che cambia il nostro posto in Europa e nel mondo.

Di questo si tratta. Si tratta del fatto che bisogna ridisegnare la figura stessa del Paese, la sua compagine sociale e statale, e quindi l’idea di sé come nazione. Questo è il grande compito del Pd. Il nuovo segretario ha questa ambizione? Gli ricordo che esattamente questo avvenne nel dopoguerra con l’intreccio di decisioni davvero capitali: l’elaborazione della costituzione repubblicana, la collocazione geo-politiche in Occidente, la fine dell’Italia contadina e al tempo stesso l’avvento dell’Italia industriale grazie anche a una sorta di capitalismo di Stato. L’Iri, la Cassa del Mezzogiorno, gli enti speciali.


Non è forse questa la dimensione dei problemi di oggi e non sta qui l’intreccio evidentemente inscindibile tra riforma economica, riforma dello Stato e delle istituzioni, nuovo patto sociale e territoriale? Ma è per questo che le riforme è così difficile farle. Perché si tratta di affrontare nodi politici di fondo. Perché (vogliamo dirlo chiaro?) la classe dirigente italiana così com’è non può farle senza suicidarsi. Questo è il nodo. Non basta gridare «io cambio tutto». La realtà è più radicale. Ritorna il bisogno delle grandi idee. Renzi le ha? Io spero di si.

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 13/12/2013, 8:36
da Amadeus
http://www.lastampa.it/2013/12/13/itali ... agina.html

Renzi-Landini, prime prove d’intesa
Il neo segretario al capo della Fiom: non voglio togliere diritti,
ma darne anche a quelli che non li hanno

ANSA
Maurizio Landini capo della Fiom con Matteo Renzi, neosegretario
del Pd. Ieri a Firenze hanno inaugurato insieme una mostra

FRANCESCA SCHIANCHI

«Spero che apprezzerete che mi sono messo a sinistra…», sorride ai suoi interlocutori Matteo Renzi, ultimo a sinistra nel tavolo dei relatori, dinanzi alla bandiera rossa della Fiom. Alla Biblioteca delle Oblate di Firenze è in veste di sindaco, inaugura una mostra fotografica organizzata dalla Fiom fiorentina: un appuntamento fissato da mesi, da giugno, quando la sua investitura a segretario era di là da venire. Ma oggi, in questa sala all’ombra della cupola del Duomo, quando Renzi parla di lavoro e quando il leader del sindacato dei metalmeccanici Maurizio Landini si rivolge a lui, non è solo il sindaco di una grande città ma anche, soprattutto, il segretario del Pd.

E parla da neoleader del più grande partito di centrosinistra quando si dichiara «profondamente d’accordo» con Landini, che lo segue con attenzione e alla fine gli batte le mani, sul «tema della legge sulla rappresentanza sindacale, che da troppo tempo per varie responsabilità è ferma», aprendo a una richiesta che da tempo arriva dal leader dei metalmeccanici Cgil. Così come parla da capo del Pd quando cita il lavoro precario (facendo riferimento alla «legge 30 del 1997»: lo bacchetta il presidente della Camera del Lavoro fiorentina, «la legge 30 è la Biagi e il ’97 era Treu») e dice di non voler togliere diritti a qualcuno, ma semmai estenderli a tutti, «c’è una responsabilità atroce della politica ma anche del sindacato» guarda allusivo Landini. «Bisogna uscire da una logica per cui la politica fa i tavoli e non risolve i problemi, perché di questo s’è trattato in questi mesi: l’Imu è stata uno specchietto per le allodole per non trattare problemi reali». Ora, il Pd «deve parlare di lavoro con un linguaggio nuovo: nelle prossime settimane presenterà il jobs act per cambiare le regole del gioco».

E mentre con la Cgil il sindaco ha avuto tensioni plateali (ancora non ha perdonato le parole della Camusso, durante le primarie dell’anno scorso, quando definì «un problema» una sua eventuale vittoria a urne ancora aperte), qui trova un interlocutore attento, che pur ricordandogli quello che gli disse un operaio («da quando parlate in inglese io ho meno diritti»), riconosce che «avere coraggio vuol dire correre il rischio di fare scelte che non sai come vanno a finire. Ma che devi fare». Uno che alla domanda se ha paura che Renzi distrugga la sinistra risponde amaro che «la sinistra era già abbastanza distrutta prima» ed è il primo a dire che sì, il sindacato va cambiato. Tanto che Renzi in uno dei suoi comunicati settimanali via mail, un mese fa ha scritto «il sindacato è morto, se non cambia»: ed era la citazione di un’intervista di Landini.

Non si tocca l’argomento spinoso dell’articolo 18, lo Statuto dei lavoratori lo cita appena il leader della Fiom, per ricordare che «i diritti non sono mai stati regalati, ma sempre conquistati»: ma certo sono entrambi consapevoli che, quando bisognerà entrare nei dettagli, quando si aprirà la discussione che invoca Landini «coraggiosa, che non parta dall’idea che ci sono ricette già scritte, ma avendo in testa un’idea di sviluppo», i loro modelli saranno probabilmente molto diversi. Ma una stima e una simpatia umana c’è. «Poi volevo parlarti del jobs act, ci stiamo lavorando… Ci sentiamo via sms», promette il segretario del Pd. Non si erano mai incontrati prima, tranne una volta in tv. Avranno ancora molto di cui discutere.

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 29/12/2013, 10:34
da mariok
POLITICA
29/12/2013 - ANTICIPAZIONE

Renzi: “Con Letta e Alfano
non ho niente in comune”

In edicola l’intervista al leader Pd: “Governo dalle larghe intese alle marchette”

FEDERICO GEREMICCA

Matteo Renzi rifiuta la vicinanza generazionale con Letta e Alfano. «Io sono totalmente diverso, per tanti motivi», dice. E sul governo: «Bisogna tener fede a quanto detto: se Letta fa, va avanti. Certo, se si fanno marchette e si passa dalle larghe intese all’assalto alla diligenza, non va bene».

In un lungo colloquio con La Stampa il segretario del Pd bolla come «uno sfogo di pancia» le parole di Davide Faraone sul futuro dell’esecutivo. «Le cose bisogna raccontarle per come stanno - spiega -. Lui, Enrico, è stato portato al governo anni fa da D’Alema, che io ho combattuto e combatto in modo trasparente; e Angelino Alfano al governo ce l’ha messo Berlusconi, quando io non ero ancora nemmeno sindaco di Firenze». «Io sono totalmente diverso, per tanti motivi» in primis perché «ho ricevuto un mandato popolare». Per questo «con l’anno nuovo si passa dalle chiacchiere alle cose scritte»: lavoro e riforme i «due temi capitali».
L’idea è di continuare a sostenere il governo a condizione che faccia quel che deve. Però «potevano risparmiarsi e risparmiarci tante cose. E la faccenda della nomina da parte di Alfano di diciassette nuovi prefetti è soltanto la ciliegina sulla torta».
Di «rimpasto» il sindaco di Firenze non vuole sentir parlare, «quella parola, intendo rimpasto, non l’ho mai pronunciata e mai la pronuncerò». «Io fatico a tenere Delrio al governo, perché ogni tanto mi dice che vorrebbe lasciare: è quello il mio problema», «non ho alcun interesse a mettere pedine e scambiare caselle: chiedo solo che si cambino stile e velocità nel governo».
Sulla legge elettorale prepara una nuova offensiva, anche nei confronti di Grillo e Berlusconi: «Vediamo cosa risponderanno gli uni e gli altri ma io con loro ci parlo e ci parlerò». Il voto subito? «Calma», «bisogna tener fede a quando detto: se Letta fa, va avanti».

Il colloquio integrale:
http://www.selpress.com/istitutotreccan ... 932402.pdf

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 30/12/2013, 15:58
da camillobenso
Matteo il Conquistatore - 1


Gli italiani possono dormire tranquilli tra due guanciali.


L'endorsement di Max Pezzali a Matteo Renzi: "Un cavallo di razza"
Lode sperticata al sindaco fiorentino: "Ha un quid in più. È un fuoriclasse"


Lucio Di Marzo - Lun, 30/12/2013 - 14:30


Nel pantheon musicale di Matteo Renzi potrebbe a breve fare la sua comparsa un'icona della musica pop anni Novanta in salsa italiana.

Se infatti il sindaco fiorentino, ora anche segretario del Partito Democratico, non ha mai fatto mistero del suo apprezzamento per Jovanotti, incluso nella "colonna sonora" del discorso con cui ha salutato la sua vittoria alle primarie, a manifestare tutto il suo apprezzamento per il rottamatore è ora un altro che con Cherubini ha condiviso un'epoca musicale, l'ex 883 Max Pezzali.

A Firenze per presentare i concerti della notte di San Silvestro, Pezzali ha parlato del sindaco del capoluogo toscano come di "un cavallo di razza", "un fuoriclasse" che si nota "indipendentemente dall'opinione politica" e "con un quid in più".

Una lode sperticata, motivata dalla domanda di un giornalista, che a Pezzali chiedeva se avrebbe dedicato a Renzi uno dei suoi classici, "Sei un mito". "Sei un mito". Cosa che, a quanto pare, il cantante farebbe.


http://www.ilgiornale.it/news/interni/l ... 79270.html

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 03/01/2014, 20:10
da camillobenso
Corriere 3.1.14
Ecco le proposte di Renzi. E Berlusconi apre
Il segretario: scegliamo tra sistema spagnolo, quello del sindaco e Mattarellum rivisto L’invito a Grillo a riformare insieme il Senato. Ma i 5 Stelle dicono no: propaganda

di Alessandro Trocino

ROMA — Matteo Renzi rompe gli indugi e sfida i partiti, proponendo tre modelli di legge elettorale possibili e invitando i leader di maggioranza e opposizione a un confronto già dalla prossima settimana. Con i consueti affondi contro «le stanche liturgie della politica», il segretario del Pd detta l’agenda, provocando reazioni contrastanti e alzando nuovamente la tensione con il governo. Perché tra i modelli proposti c’è quello spagnolo, molto gradito a Silvio Berlusconi (che infatti è tra i primi ad applaudire) e poco ad Angelino Alfano, partner del Pd nell’esecutivo delle larghe intese. E perché tra i temi dell’imminente patto di coalizione inserisce anche il capitolo Diritti civili. Mentre con un’intervista al «Fatto Quotidiano» rilancia la sfida a Beppe Grillo per cambiare «insieme» il Senato in Camera delle autonomie «risparmiando un miliardo» e contempla la possibilità di sforare il vincolo europeo del 3% nel rapporto tra deficit e Pil.
Il calendario
Renzi ha fretta: «Qualcuno mi dice: “Scusa Matteo, ti abbiamo votato l’8 dicembre e non hai ancora abolito il Senato e nemmeno cambiato la legge elettorale”. Hanno ragione loro». E quindi, «tiriamo giù le carte» senza attendere oltre: «Mi hanno detto: Matteo, “aspetta il ponte”. Non scherziamo! Sono vent’anni che la classe politica sta facendo il ponte. Partiamo dai». Il suo calendario prevede, dalla settimana prossima, «incontri bilaterali» con i singoli partiti. Poi, il 14 gennaio, quando la commissione Affari costituzionali entrerà nel vivo, un incontro con i senatori del gruppo Pd per «parlarci in faccia, senza troppi giri di parole». Mentre il 16 è convocata la Direzione sui temi del lavoro. Ma già domani si riunisce la segreteria. Non a Roma, come da tradizione, ma a Firenze, in «casa». Un segnale contro «la riunionite» della politica romana, che forse non sarà gradito a tutti i membri della segreteria (sono fiorentini solo Lorenzo Lotti e Maria Elena Boschi). Unica concessione: si comincia alle 11 e non alle 7, come al primo incontro.
Le proposte
Tre «soluzioni molto diverse», ma che «rispettano il mandato delle primarie». L’obiettivo è «togliere gli alibi agli altri». Perché «il Pd è decisivo, ma da solo non basta: la riforma “selfie” non esiste. Quando si fanno le riforme, si chiamano tutti gli altri partiti. Poi se uno non ci vuol stare, lo dice. Ma senza troppi di giri di parole. Davanti all’opinione pubblica».
Renzi ha messo nero su bianco i modelli in una lettera inviata a tutti i partiti. «Non imponiamo le nostre idee, ma siamo pronti a chiudere su uno di questi». Il primo è quello spagnolo: divisione in 118 piccole circoscrizioni, con premio di maggioranza del 15 per cento. Ogni circoscrizione elegge da 4 a 5 deputati. La soglia di sbarramento è al 5 per cento. Il secondo è la legge Mattarella rivisitata: «475 collegi uninominali e assegnazione del 25 per cento dei restanti attraverso l’attribuzione di un premio di maggioranza del 15 per cento, oltre al diritto di tribuna per il 10% del totale dei collegi». L’ultimo è il doppio turno di coalizione dei sindaci: «Chi vince prende il 60 per cento dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze o con collegi. Soglia di sbarramento al 5 per cento».
Oltre alla legge elettorale «maggioritaria», Renzi chiede di accelerare sulla trasformazione del Senato «in Camera delle autonomie locali con la cancellazione di ogni indennità per i senatori, non più eletti, ma tali per i loro ruoli in Comuni e Regioni». E chiede la riforma del Titolo V della Costituzione.
Ma c’è un post scriptum. Prendendo a spunto il caso delle 24 famiglie di italiani bloccate in Congo in attesa che si risolva l’iter per le adozioni internazionali, Renzi parla anche del contratto di coalizione, «che si dovrebbe siglare a gennaio». Nel patto inserisce il capitolo Diritti civili: «Che comprende non solo le modifiche alla Bossi-Fini, le unioni civili, la legge sulla cooperazione internazionale, i provvedimenti per le famiglie, ma anche una disciplina più moderna delle adozioni». E suggerisce di chiamare questi non più Diritti civili, ma Doveri civili.
Le reazioni
Tra i primi a dirsi d’accordo (oltre a Sel) c’è Silvio Berlusconi. Che plaude al «metodo» ma anche alla sostanza. Perché uno dei modelli, lo spagnolo, è amato da Forza Italia. Con una postilla: la riforma dovrebbe essere immediatamente seguita dalle elezioni, con una election day a maggio. Tema, quello della durata dell’esecutivo, al centro di uno scambio di tweet tra il direttore del Corriere e lo stesso Renzi. Scrive Ferruccio de Bortoli: «Tra le proposte di Renzi sulla legge elettorale sorprende quella spagnola che mette in crisi l’alleanza con Ncd. Letta ogni giorno a rischio». Replica il segretario pd: «E perché mai direttore? Noi siamo disponibili a una delle tre. Facciamo interesse degli italiani, non del Pd o degli alleati».
Di tutt’altro avviso, rispetto a Forza Italia, è il Nuovo Centrodestra. Già in passato Angelino Alfano aveva detto di preferire il sistema dei Sindaci d’Italia e lo ribadisce: «Siamo coerenti. Se si vuole si può. Noi la legge elettorale la vogliamo cambiare e subito». Gaetano Quagliariello, però, insiste anche sul metodo e chiede che si arrivi prima a un’intesa nella maggioranza. Il Movimento 5 Stelle reagisce negativamente con Roberto Fico e Luigi Di Maio: «Voteremo per il ritorno al Mattarellum. Renzi fa propaganda, vuole vestirsi addosso un vestito cucito su misura, perché ha paura di perdere». Poi arriva l’ordine di tacere, via messaggino dal capogruppo dei 5 Stelle.

Corriere 3.1.14
Le accelerazioni del leader pd che ora rischia i veti incrociati
Così il sindaco prova a smarcarsi da Letta e Alfano
Lo scenario di un accordo di maggioranza allargato a FI

di Francesco Verderami

Si è condannato al movimentismo, perché convinto che sia l’unico modo per non finire logorato da quei due «vecchi democristiani» seduti a palazzo Chigi. Perciò ieri Renzi ha aperto formalmente il confronto con gli altri partiti sulla legge elettorale.
Ma il rischio che corre il leader del Pd è di rimanere vittima delle sue stesse manovre, finendo incastrato nel gioco dei veti incrociati. Se l’abbia messo nel conto o più semplicemente si senta costretto a farlo non è chiaro, di sicuro è consapevole del pericolo, e con lui i suoi più fidati consiglieri. L’accelerazione impressa sulla riforma del Porcellum è un modo per tenere fede alla promessa sottoscritta alle primarie: il punto è che da questo momento il segretario democratico diventa il regista dell’operazione e non potrà scaricare su altri un eventuale fallimento.
Perciò Letta e Alfano lo attendono al varco, certi che alla fine l’intesa sul nuovo sistema di voto dovrà partire — come sostiene il leader del Nuovo centrodestra — «dall’alveo della maggioranza», per essere poi «allargata a Forza Italia». L’abbrivio sembra questo, e questi almeno sono i calcoli dei vertici di governo, disposti ad assecondare il timing dettato Renzi. È una convergenza di cui c’è traccia nei colloqui di ieri tra i rappresentanti dell’esecutivo e il capo democrat, è una tesi caldeggiata dal ministro Franceschini con il premier e il vicepremier, e che solo all’apparenza è paradossale: «Se la legge elettorale non venisse approvata rapidamente, allora sì che il fallimento farebbe saltare la legislatura, non viceversa».
D’altronde, se per un verso lo schema di Renzi delle tre proposte — che sono altrettante offerte distinte ad Alfano, Berlusconi e Grillo — spettacolarizza la sfida, dall’altro lascia intuire come la «rosa» presentata ai suoi interlocutori sia destinata a perdere ben presto due petali. Il primo è già caduto, e non tanto perché il «comico» ha già risposto con il solito «vaffa», ma perché in realtà il sindaco di Firenze più che a un’intesa con i Cinquestelle mira a quella cassaforte di consensi. È un progetto ambizioso, che nella strategia renziana garantirebbe la vittoria del Pd alle Politiche. Le avances a Berlusconi hanno invece un diverso obiettivo. Siccome il segretario democratico non si fida di Letta e Alfano, e teme un loro gioco di sponda, intende presentarsi al tavolo della trattativa minacciando l’asse con il Cavaliere, così da togliere al leader di Ncd la facoltà di porre veti. Di qui l’apertura di Renzi al modello spagnolo, caro a un pezzo di Forza Italia, e a cui il Cavaliere ha subito risposto mostrandosi disponibile all’intesa. L’ex premier è desideroso di partecipare alla sfida, «sono pronto a incontrare Renzi e ad accordarmi con lui», ha infatti detto, «ma a patto di ottenere le elezioni anticipate», accorpando a maggio Politiche ed Europee.
Ecco le avvisaglie dei rischi che corre il leader democrat, semmai iniziasse il gioco del cerino sulla legge elettorale: il movimentismo di cui è protagonista oggi, gli si potrebbe ritorcere contro domani. Perché un conto sono i desiderata di Renzi, che se potesse andrebbe alle urne anche domani, un conto sono gli spazi di manovra. E il voto anticipato non è nelle sue disponibilità. Non a caso lo stato maggiore del Pd ieri ha subito frenato dinnanzi alle richieste del leader forzista, che a sua volta si tiene le mani libere, e lascia i suoi dirigenti dividersi sul sistema di voto. Se Brunetta è favorevole al Mattarellum e Verdini propende per lo spagnolo, c’è chi — come il capogruppo al Senato Romani — sottolinea come «noi siamo fermi sulla difesa del bipolarismo, sapendo però che in Italia non c’è il bipartitismo». Traduzione: va privilegiata la logica di coalizione, e dunque un sistema che non uccida gli alleati ma li riunisca.
È un ponte verso Alfano che Berlusconi non ha mai fatto saltare, anzi. E c’è un motivo se il vicepremier intende tenerlo solido, se ribadendo la linea di un’intesa preventiva nella maggioranza, parla esplicitamente di un successivo «allargamento a Forza Italia». Dal ginepraio di mosse e contromosse, emerge il fatto che nella «rosa» delle proposte già una raccoglie il consenso dell’area di governo: il modello del «sindaco d’Italia», che è stato offerto da Renzi nel pacchetto, che non è inviso agli azzurri — visto come la Gelmini ieri ha evidenziato la «nostra disponibilità a discutere su qualsiasi sistema» — e che è stato preso al volo dal leader del Nuovo centrodestra: «Noi siamo pronti, e siamo pronti a fare in fretta».
A fronte della mano tesa da Alfano, come potrebbe il leader del Pd ritrarre la propria? Anche perché, se davvero vorrà portare a casa «entro gennaio» il primo voto della Camera sulla riforma, non ha molto tempo a disposizione. Il presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, Sisto, ha spiegato ai dirigenti del Pd che è possibile stare nei tempi, «a patto però che ci sia un accordo su un testo». Appunto.

Re: quo vadis PD ????

Inviato: 04/01/2014, 19:44
da pancho
Renzi: «Fassina chi?» E lui si dimette. Il segretario: «Una settimana per la riforma della legge elettorale»

Il vice ministro:
un dovere lasciare dopo il congresso. Il leader democrat attacca Alfano sulle unioni civili: «Ncd non le usi per bloccare le riforme. Il calo dello spread? Merito di Draghi»


Matteo Renzi riunisce la segreteria del Pd a Firenze. Ma nel parttio e nel governo scoppia la grana Fassina. Il segretario durante la conferenza stampa al termine della riunione ironizza infatti con il vice ministro dell'Economia e poco dopo Fassina annuncia le dimissioni.

Fassina chi? Così Renzi ha interrotto la domanda di un giornalista che gli stava chiedendo: «So che è allergico al termine rimpasto, ma Fassina...». Renzi lo ha guardato sorridendo ribattendo «chi?».

Subito dopo le dimissioni. «Le parole del segretario Renzi su di me confermano la valutazione politica che ho proposto in questi giorni: la delegazione del Pd al governo va resa coerente con il risultato congressuale. Non c'è nulla di personale. È questione politica. È un dovere lasciare per chi, come me, ha sostenuto un'altra posizione», ha spiegato Fassina.

«È responsabilità di Renzi, che ha ricevuto un così largo mandato - ha osservato ancora Fassina, nel motivare le sue dimissioni dal governo - proporre uomini e donne sulla sua linea». Di conseguenza «restituisco irrevocabilmente il mio incarico al presidente Letta. Ringrazio il presidente Letta per la fiducia che mi ha concesso. Ringrazio anche il ministro Saccomanni per l'opportunità che mi ha dato per lavorare con lui. Ringrazio i colleghi, il viceministro Casero e i sottosegretari Giorgetti e Baretta per l'ottima intesa che abbiamo avuto. Continuerò - ha concluso Fassina - a dare il mio contributo al governo Letta dai banchi della Camera».

La segreteria a Firenze. «È stata una discussione a 360 gradi, abbiamo parlato di scuola, ambiente e infrastrutture ma il tema centrale è stata la legge elettorale», ha spiegato Renzi al termine della riunione. «La prossima settimana tiriamo su la rete e tentiamo di chiudere», ha poi assicurato il segretario del Pd riferendosi alla riforma del sistema di voto.

Sulla legge elettorale «aspetto che Forza Italia decida è il secondo partito del Paese in termine posizione politica», ha continuato Renzi, aggungendo che sta aspettando «la disponibilità» dei partiti per gli incontri bilaterali, e ha poi scherzato ricordando che ci saranno dopo il ponte della Befana e aggiungendo: «C'è chi il ponte lo fa da 20 anni».

«Nessuno sta mettendo in discussione l'esistenza del governo, anzi: mette in difficoltà il governo chi lo vuole far stare fermo. Lo aiuta chi lo sprona a risolvere i problemi italiani», ha proseguito Renzi, assicurando che il suo piano non è una minaccia per il governo.

«Se l'unico problema di Alfano sulle nostre proposte sono le unioni civili ci va di lusso. Trovo invece discutibile che si possa obiettare mettendo in mezzo la famiglia: che cosa hanno fatto i governi Alfano-Giovanardi per la famiglia? Hanno azzerato il fondo per la famiglia. Se la famiglia è una cosa seria bisogna essere coerenti», ha sottolineato ancora il segretario del Pd.

«Chi oggi pone il tema delle unioni civili non vuole affrontare il punto centrale: in una settimana vogliamo una risposta sulla legge elettole. Non vorrei si utilizzasse un'arma distrazione di massa», ha aggiunto Renzi. Sui temi della famiglia «non mi farò scavalcare da Alfano e Giovanardi», ha poi sottolineato.

«Noi non vogliamo solo le unioni civili ma un Paese civile. Facciamo una trattativa con chi ci sta perché siamo un Paese che ha bisogno di risposte». Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia e componente della segreteria Pd, aveva spiegato così in precedenza la linea del partito.

«Se vale il principio che il Parlamento è abusivo i primi abusivi sono i suoi, allora rinunci ai propri parlamentare e alle loro indennità. Il tema è invece che urge la riforma elettorale proprio per evitare di ritrovarci con un Parlamento di questo tipo», ha quindi osservato Renzi.

Il lavoro. «Entro la direzione del 16 intavoleremo una discussione con un sommario, serio documento che si aprirà al confronto con parlamentari e tecnici. Sono molto soddisfatto per la discussione che si è svolta oggi in segreteria», ha poi rilevato parlando dello stato dell'arte sul job act.

Lo spread? Merito di Draghi. «I dati sul calo della spread sono dati per cui ringraziare non solo i governi succeduti ma un italiano che ha lavorato nell'interesse dell'Europa: Mario Draghi, è suo il merito fondamentale», ha detto ancora Renzi.

«Il 3 per cento è un vincolo che nel corso degli anni è stato sforato da tanti paesi ma per noi è importante da difendere perché è il simbolo della battaglia del rigore dei conti. È stata una sorte di coperta di Linus per dire che noi saremmo rientrati nei parametri. Se mettiamo a posto i conti in casa nostra, allora il 3 per cento, che va comunque affrontato a livello europeo, può essere oggetto di discussione», ha quindi argomentato il segretario democrat.

Il tour della segreteria. Con la riunione della segretaria del Pd, oggi a Firenze, Renzi ha aperto un tour dell'Italia. «La faremo anche in altre città - ha spiegato - andremo dove si vota alle prossime elezioni amministrative. Ci sono 27 capoluoghi che voteranno il 25 di maggio. Sarà naturale riunire la segreteria anche in altri luoghi».

Le spese del Partito democratico saranno messe tutte on line «come alcune amministrazioni già fanno, compresa Firenze», ha infine assicurato Renzi. Che ha poi scherzato: «Il pranzo di oggi ce lo siamo autofinanziato con 17 euro, pausa caffè compresa».

http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/P ... 3954.shtml

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