Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
Gustavo Zagrebelsky
Come inizia una guerra civile – 28
La cruna dell’ago - 4
La cruna dell’ago si fa ogni giorno sempre più stretta. I commenti degli attenti lettori dei quotidiani nella biblioteca centrale di SSG, si fanno ogni giorno più lapidari. Stamani teneva banco lo stallo palese e le ipotesi di via di scampo. C’è ben poco da scampare, come tutte le strade portano a Roma, alla fine anche le vie di scampo sono tutti terreni minati e con rovi pieni di spine che ti portano a sbattere contro un muro.
Un infermiere del Policlinico di Milano, ancora in attività, faceva notare che nel suo ambiente composto da circa 600 unità esclusi i dirigenti e gli amministrativi, è presente una forte carenza culturale in generale, dove non si riesce a far passare le riflessioni più elementari.
Una di queste carenze è la mancanza di comprensione da parte dei colleghi per quanto sta accadendo nel Bel Paese. Sostiene che faticano a comprendere che lo stipendio glielo paga chi non lavora nello Stato, prevalentemente nell’ossatura, o meglio, ex ossatura delle piccole aziende che però stanno chiudendo una dopo l’altra.
Fa poi una certa impressione sentire ripetere gli stessi discorsi che facevano i nostri genitori e parenti, all’inizio del 1940-41.
<<Sai ha chiuso la gelateria sotto i portici>>
- Ma quale?....quella a metà di Via Cesare da Sesto? –
“”La gelateria del Cigno?””
<<Si proprio quella……>>
Siamo alla seconda ondata della città che muore. Negli anni ’80 c’è stata la moria delle grandi fabbriche che avevano trascinato di conseguenza nei decessi, le piccole aziende che rappresentavano il nutrito indotto.
Nella città delle fabbriche che tra gli anni ’60 e ’70, era diventato il territorio con la maggior presenza di fabbriche rispetto alla superficie comunale del pianeta, con fabbriche primarie a livello internazionale, vedere morire le fabbriche è come vedere morire una parte di se stessi. Adesso la storia si ripete con i negozi che abbassano le serrande. La gelateria del Cigno era la meta serale delle estati dei ragazzi di mezzo secolo fa. Ovvio che muoia una parte di te stesso, non solo una gelateria.
La strage continua.
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UN FALLIMENTO SU 3 CONDANNA CHI HA COME CLIENTE LO STATO
Negli ultimi 5 anni sparite 52mila imprese (e 60 mila posti) – Al blocco dei crediti con Regioni ed enti locali si aggiunge quello dei prestiti delle banche – Allarme di Squinzi sugli “imprenditori disperati” (e sui nuovi suicidi: 89 solo nel 2012): il governo cosa fa?...
Valentina Conte per "La Repubblica"
Imprese fallite per crediti. Imprenditori suicidi. Altri disperati a caccia di prestiti per pagare il fisco. La crisi sta uccidendo le piccole e medie aziende italiane, fiaccando le grandi, mettendo a dura prova chi esporta e ancora resiste allo tsunami.
Il calo del fatturato, la contrazione degli ordini, l'aumento vertiginoso delle tasse, ma anche il credit crunch, i rubinetti sempre più chiusi delle banche, hanno costretto al fallimento 52 mila e 539 imprese dall'inizio della crisi, nel disastroso quinquennio 2008-2012. Di queste 15 mila e 170, secondo i calcoli della Cgia di Mestre, sono morte a causa di pagamenti
mancati o ritardati. E dunque fallite per crediti, soprattutto dello Stato, lasciando senza posto 60 mila persone.
IL PARADOSSO
La linfa del credito non scorre. La Pubblica amministrazione non onora le fatture. Il sistema inceppato ora rischia il collasso. Per Bankitalia lo Stato deve 91 miliardi alle aziende italiane per lavori eseguiti e mai remunerati, di cui 21 nel solo comparto delle costruzioni, ormai devastato dalla crisi. Secondo l'Ance i disoccupati del settore sono 550 mila con l'indotto.
Un conto già vecchio, questo dei crediti della P.a., perché fermo al 31 dicembre 2011, forse salito nel frattempo già a 100 miliardi. Se in Europa, calcola Intrum Justitia, un quarto delle imprese fallite chiude proprio a causa dei ritardi nei pagamenti, per l'Italia questa soglia era al 30% tra 2008 e 2010, salita al 31% nel biennio successivo. Quasi un terzo dunque delle aziende non sopravvive perché ha lavorato gratis. Un fallimento su tre condanna chi ha come cliente lo Stato. Un paradosso.
I SUICIDI
L'ultimo suicidio, due giorni fa a Lipari. Edoardo Bongiorno, 60 anni, figlio del partigiano che fece innamorare Edda Ciano, la figlia di Mussolini, si è sparato nel
furgoncino con cui andava a prendere i clienti al traghetto per portarli al suo albergo, il celebre Hotel Oriente.
Nel biglietto lasciato sul sedile parla dei debiti che lo hanno distrutto «fisicamente, moralmente psicologicamente». Nello stesso giorno altri due alberghi storici delle Eolie, Le Sables Noires e l'Eolian Hotel a Vulcano, annunciano la chiusura. Più a Nord, un altro imprenditore sessantenne ferrarese decide pure lui di farla finita: «Senza lavoro non c'è speranza, senza speranza non c'è voglia di vivere». Nel 2012 ben 89 imprenditori, sull'orlo del fallimento, schiacciati dai debiti, arresi, hanno scelto il suicidio. Quasi 8 al mese.
I DISPERATI
«Molti stanno perdendo il lume della ragione, lo sconforto e l'esasperazione li stanno spingendo a gesti sconsiderati », ammette Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre. «Moltissimi piccoli imprenditori stanno chiedendo soldi per pagare le tasse e i contributi, perché i committenti non li pagano o lo fanno con ritardi spaventosi. Una situazione che sta degenerando di settimana in settimana, spingendo verso il fallimento moltissime imprese, non per debiti ma per crediti».
Sono gli «imprenditori disperati» di cui ieri ha parlato anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Allarmato per il ritardo con cui il governo Monti cerca di mettere una toppa alla falla dell'inevaso della Pubblica amministrazione. Gli imprenditori e le imprese muoiono, il Consiglio dei ministri salta e il decreto con i soldi non arriva
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Ma la novità della settimana è rappresentata dalla progressione del pensiero dei singoli, che di fronte a questo stallo perdurante e senza soluzione, è che sta prendendo piede la convinzione che la classe politica debba essere spazzata via tutta quanta e il tutto messo in mano a colonnelli o generali.
La storia si ripete come più di 90 anni fa da queste parti, la via d’uscita viene affidata ad una soluzione forte.
Tornano quindi in mente le parole di Gustavo Zagrebelsky quanto cita un’anonimo oligarca ateniese.
Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.