Re: La Terza Guerra Mondiale
Inviato: 11/10/2015, 9:31
IL COMMENTO
NOI E LA PAURA
DI UNA GUERRA
MONDIALE
di Franco Venturini
La formula di papa Francesco
sulla Terza guerra mondiale
«a pezzettini» si dimostra
ogni giorno più tragicamente
esatta.
L’ultimo pugno nello stomaco
ci viene da Ankara, in Turchia,
con la strage di giovani
che ieri manifestavano per la
pace.
Molti di loro avevano l’età
dei nostri figli.
Ma serve davvero a qualcosa
domandarsi chi abbia indottrinato
e armato chi ha causato la
strage? I siriani che hanno ogni
interesse a destabilizzare la
Turchia, gli iraniani per lo stesso
motivo, la fazione più dura
dei curdi in lotta con quella più
moderata, gli agenti di Erdogan,
che spera di strappare la
maggioranza assoluta alle elezioni
del primo novembre?
L’impressione, piuttosto,
è che in una
ampia zona del
mondo che chiam
i a m o M e d i o
Oriente ma che tocca l’Europa e
l’Africa i «pezzettini» di Francesco
si stiano ricompattando
in una guerra globale a noi vicinissima,
che sarebbe autolesionista
tentare di ignorare o di
sminuire. Il rapporto tra civiltà
occidentale e civiltà islamica
non è diventato complesso e
conflittuale per una deriva storicamente
fatalista come quella
prevista da Huntington, ma
piuttosto perché in entrambi i
campi la caduta del Muro di
Berlino e la fine dell’ordine dei
blocchi ha fatto esplodere crisi
interne di cui non si vede la fine.
L’Occidente ha «perso» il
nemico sovietico (anche se ora
tenta di ritrovarlo con la generosa
complicità dal Cremlino) e
fatica a mantenersi unitario in
un mondo che spinge piuttosto
alla competizione economica e
strategica. Fenomeno questo
aggravato dal palese indebolimento
della leadership americana
e dal fallimento delle ambizioni
europee sulla «voce
unica» in politica estera. Ma la
crisi del mondo islamico è
molto più grave della nostra: è
guerra senza quartiere tra sunniti
e sciiti, è corsa alle interpretazioni
più estreme del Corano,
è odio incrociato tra fazioni
e Stati (anche se il Nobel
alla Tunisia segnala l’esistenza
di eccezioni).
guerrafondaio
nei confronti di tutte le
altre parti: l’Isis, il nemico numero
uno, ma di chi? Dell’Europa
di certo, anche per la paura
di nuovi attentati terroristici.
Della Russia al pari di altri, visto
che i molteplici obbiettivi
di Putin sono salvare Assad,
colpire i jihadisti provenienti
dal Caucaso e piantare la bandiera
per eventuali negoziati
oppure, più probabilmente, in
vista di una eventuale spartizione
territoriale della Siria.
Degli Stati Uniti l’Isis è il nemico
principale, ma nemico è anche
Assad (e qui le due strategie
diventano incompatibili)
ed è nemica strategica una
Russia che ha occupato fulmineamente
lo spazio vacante lasciato
dagli Usa.
E che dire degli altri, mentre
piovono bombe che non si sa
bene chi colpiscano e volano
missili che non si sa bene dove
cadano? La Turchia colpisce i
curdi più dell’Isis ed è contro
Assad. Dunque è contro l’Iran,
che non vuole stare con la Russia,
ha rapporti ancora guardinghi
con gli Usa, ma sta con
Assad perché pensa alla difesa
dello schieramento sciita. Per il
motivo opposto l’Arabia Saudita
sta con i sunniti dunque contro
Assad, e ha inizialmente finanziato
l’Isis.
Fermiamoci qui, per la Siria,
anche se si potrebbe continuare.
E in Iraq? I fronti schierati
contro il Califfato sono più
chiari, ma spesso divisi al loro
interno tra componenti sciite e
componenti sunnite impegnate
comunque contro l’Isis. È
nell’aiuto a queste ultime che
bisognerebbe fare di più, perché
soltanto una maggioranza
di sunniti può davvero sconfiggere
i sunniti estremisti dell’Isis.
E se l’Italia manterrà le
promesse fatte agli Usa i nostri
Tornado potranno dare un piccolo
contributo in questo senso,
oltre a confermare l’appoggio
ai curdi.
Nel frattempo il Libano e la
Giordania sono stati resi più
fragili (come la Turchia) dall’enorme
afflusso di profughi
siriani. Nello Yemen avvengono
massacri circondati dalla disattenzione
generale. Israele
non vuole una terza Intifada,
ma i palestinesi sembrano invece
decisi ad attuarla anche
per bilanciare l’estrema debolezza
di Mahmoud Abbas. E
l’ombra più cupa che si avvicina
è una nuova guerra di Gaza,
combattuta sulle macerie di
quella precedente. La Libia che
ospita un avamposto dell’Isis ci
impone di attendere, anche se
una eventuale ratifica del governo
di unità nazionale risulterà
utile (forse) al Consiglio di
sicurezza più che sul terreno
dal quale ci giungono, quando
riescono a giungere, tanti migranti.
E se poi la scelta si
orientasse verso l’imposizione
militare di una pace inesistente,
rischieremmo di commettere
un grave errore di calcolo.
Ne abbiamo trascurati parecchi
di «pezzettini», a cominciare
dalla crisi Ucraina che
entro gennaio dovrà sciogliere
il dilemma tra congelamento
sulle posizioni attuali e scontato
rinnovo delle sanzioni anti
Russia, oppure cantonizzazione
del Donbass, accordo sul
confine Ucraina-Russia e difficile
confronto euro-americano
sulle sanzioni.
In Europa oggi l’arrivo dei
migranti pare più grave e urgente
di un possibile ritorno alla
Guerra fredda. Brutto segnale
anche questo.
Fventurini500@gmail.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
NOI E LA PAURA
DI UNA GUERRA
MONDIALE
di Franco Venturini
La formula di papa Francesco
sulla Terza guerra mondiale
«a pezzettini» si dimostra
ogni giorno più tragicamente
esatta.
L’ultimo pugno nello stomaco
ci viene da Ankara, in Turchia,
con la strage di giovani
che ieri manifestavano per la
pace.
Molti di loro avevano l’età
dei nostri figli.
Ma serve davvero a qualcosa
domandarsi chi abbia indottrinato
e armato chi ha causato la
strage? I siriani che hanno ogni
interesse a destabilizzare la
Turchia, gli iraniani per lo stesso
motivo, la fazione più dura
dei curdi in lotta con quella più
moderata, gli agenti di Erdogan,
che spera di strappare la
maggioranza assoluta alle elezioni
del primo novembre?
L’impressione, piuttosto,
è che in una
ampia zona del
mondo che chiam
i a m o M e d i o
Oriente ma che tocca l’Europa e
l’Africa i «pezzettini» di Francesco
si stiano ricompattando
in una guerra globale a noi vicinissima,
che sarebbe autolesionista
tentare di ignorare o di
sminuire. Il rapporto tra civiltà
occidentale e civiltà islamica
non è diventato complesso e
conflittuale per una deriva storicamente
fatalista come quella
prevista da Huntington, ma
piuttosto perché in entrambi i
campi la caduta del Muro di
Berlino e la fine dell’ordine dei
blocchi ha fatto esplodere crisi
interne di cui non si vede la fine.
L’Occidente ha «perso» il
nemico sovietico (anche se ora
tenta di ritrovarlo con la generosa
complicità dal Cremlino) e
fatica a mantenersi unitario in
un mondo che spinge piuttosto
alla competizione economica e
strategica. Fenomeno questo
aggravato dal palese indebolimento
della leadership americana
e dal fallimento delle ambizioni
europee sulla «voce
unica» in politica estera. Ma la
crisi del mondo islamico è
molto più grave della nostra: è
guerra senza quartiere tra sunniti
e sciiti, è corsa alle interpretazioni
più estreme del Corano,
è odio incrociato tra fazioni
e Stati (anche se il Nobel
alla Tunisia segnala l’esistenza
di eccezioni).
guerrafondaio
nei confronti di tutte le
altre parti: l’Isis, il nemico numero
uno, ma di chi? Dell’Europa
di certo, anche per la paura
di nuovi attentati terroristici.
Della Russia al pari di altri, visto
che i molteplici obbiettivi
di Putin sono salvare Assad,
colpire i jihadisti provenienti
dal Caucaso e piantare la bandiera
per eventuali negoziati
oppure, più probabilmente, in
vista di una eventuale spartizione
territoriale della Siria.
Degli Stati Uniti l’Isis è il nemico
principale, ma nemico è anche
Assad (e qui le due strategie
diventano incompatibili)
ed è nemica strategica una
Russia che ha occupato fulmineamente
lo spazio vacante lasciato
dagli Usa.
E che dire degli altri, mentre
piovono bombe che non si sa
bene chi colpiscano e volano
missili che non si sa bene dove
cadano? La Turchia colpisce i
curdi più dell’Isis ed è contro
Assad. Dunque è contro l’Iran,
che non vuole stare con la Russia,
ha rapporti ancora guardinghi
con gli Usa, ma sta con
Assad perché pensa alla difesa
dello schieramento sciita. Per il
motivo opposto l’Arabia Saudita
sta con i sunniti dunque contro
Assad, e ha inizialmente finanziato
l’Isis.
Fermiamoci qui, per la Siria,
anche se si potrebbe continuare.
E in Iraq? I fronti schierati
contro il Califfato sono più
chiari, ma spesso divisi al loro
interno tra componenti sciite e
componenti sunnite impegnate
comunque contro l’Isis. È
nell’aiuto a queste ultime che
bisognerebbe fare di più, perché
soltanto una maggioranza
di sunniti può davvero sconfiggere
i sunniti estremisti dell’Isis.
E se l’Italia manterrà le
promesse fatte agli Usa i nostri
Tornado potranno dare un piccolo
contributo in questo senso,
oltre a confermare l’appoggio
ai curdi.
Nel frattempo il Libano e la
Giordania sono stati resi più
fragili (come la Turchia) dall’enorme
afflusso di profughi
siriani. Nello Yemen avvengono
massacri circondati dalla disattenzione
generale. Israele
non vuole una terza Intifada,
ma i palestinesi sembrano invece
decisi ad attuarla anche
per bilanciare l’estrema debolezza
di Mahmoud Abbas. E
l’ombra più cupa che si avvicina
è una nuova guerra di Gaza,
combattuta sulle macerie di
quella precedente. La Libia che
ospita un avamposto dell’Isis ci
impone di attendere, anche se
una eventuale ratifica del governo
di unità nazionale risulterà
utile (forse) al Consiglio di
sicurezza più che sul terreno
dal quale ci giungono, quando
riescono a giungere, tanti migranti.
E se poi la scelta si
orientasse verso l’imposizione
militare di una pace inesistente,
rischieremmo di commettere
un grave errore di calcolo.
Ne abbiamo trascurati parecchi
di «pezzettini», a cominciare
dalla crisi Ucraina che
entro gennaio dovrà sciogliere
il dilemma tra congelamento
sulle posizioni attuali e scontato
rinnovo delle sanzioni anti
Russia, oppure cantonizzazione
del Donbass, accordo sul
confine Ucraina-Russia e difficile
confronto euro-americano
sulle sanzioni.
In Europa oggi l’arrivo dei
migranti pare più grave e urgente
di un possibile ritorno alla
Guerra fredda. Brutto segnale
anche questo.
Fventurini500@gmail.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA