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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA - Pagina 4
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Re: E’ ORA DI UNA SYRIZA ITALIANA

Inviato: 17/02/2015, 15:40
da pancho
iospero ha scritto:....... Per poter contare a Bruxelles il M5S e una Syriza italiana potrebbero condizionare il PD e riportarlo alle origini mettendo da parte Renzi.[/size]
M5S e Syriza certo che potrebbero fare qualcosa ma non di certo condizionare il PD.

Il PD ha una sua fisionomia oramai conclamata il cui co-esistono delle minoranze di sinistra ma sono delle minoranze che come tali son costrette a rimanere altrimenti non sarebbe piu' il PD e non avrebbe piu questa sua percentuale di elettorato.

E' un partito di centro che lascia vivere nel suo interno una sua minoranza come faceva la DC negli anni orsono con la sua sinistra (Zaccagnini De Mita e co.)

Se il PD dovesse prendere la linea politica che intendi te, ritornerebbe alle origini in cui aveva una percentuale che arrivava al 10:15%. Una linea politica piu' spostata a sinistra in cui conviveva una minoranza proveniente dalla sinistra Dc e poi dal PPI.

Una Syriza italiana potrebbe accogliere a se quella parte di elettorato PD che ora gli sta' stretto questo partito.

Quanto lo potrebbe alleggerire? Credo quel 7-8 % che lascerebbe cmq il PD sempre al 1° posto ma che lo costringerebbe però a fare quelle scelte mai dette esplicitamente e cioe' quelle di allearsi verso l'elettorato di FI(su cui io credo possa avvenire) o verso questa nuova Syriza italiana su cui auspichiamo che possa nascere.

La storia si ripeterà tale e quale come prima se la sinistra non sara' in grado di realizzarsi e tener conto se vuole risorgere che nel suo interno dovranno convivere piu' idee e non un pensiero unico e che le decisioni dovranno essere prese tenendo conto di tutte le posizioni od riaddattando quel centralismo democratico tanto vituperato in questi ultimi decenni

un salutone

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 20/02/2015, 21:36
da camillobenso
Marco Revelli
“La lotta di classe esiste e l'hanno vinta i ricchi”. Vero!


Immagine



In breve
Per un certo mondo che conta le politiche egualitarie sono un grave handicap per l’economia e un pericoloso ‘azzardo morale’: un grado di diseguaglianza è necessario per garantire lo sviluppo economico. Nella stessa ottica, un elevato tasso di inquinamento iniziale, nella fase del decollo, sarebbe accettabile perché destinato a essere riassorbito con la crescita del benessere e il miglioramento delle tecnologie. A oggi, le diseguaglianze hanno continuato a crescere, la crisi economica globale è gravissima e lo stato ambientale del pianeta continua a peggiorare.

Marco Revelli smonta pezzo a pezzo l’hardware teorico dell’ideologia neoliberista.

Video di Marco Revelli a Pane Quotidiano (Rai 3- Concita De Gregorio)

http://www.laterza.it/index.php?option= ... 8858111079

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Da: La Feltrinelli

Descrizione

Nell’ultimo quarto di secolo – dagli anni ’80 in poi – ha prevalso nel mondo che conta il dogma secondo il quale un certo grado di diseguaglianza sarebbe necessario per garantire un elevato tasso di sviluppo economico, mentre le politiche egualitarie affermatesi nel secondo dopoguerra costituirebbero un grave handicap per l’economia e un pericoloso ‘azzardo morale’.

E’ stato questo dogma – sostenuto con argomenti pseudo-scientifici, quasi una sorta di teorema con tanto di algoritmi e di grafici cartesiani – ad alimentare le politiche neoliberiste che, dagli Stati Uniti di Ronald Reagan e dall’esperienza thatcheriana nel Regno Unito, hanno finito per influenzare le politiche economiche dell’intero Occidente.


Tra le retoriche prevalenti di quello che, con buone ragioni, è stato definito come il ‘pensiero unico’ c’era l’assunto fondato sulla cosiddetta teoria del trickle down – dello ‘sgocciolamento’ – secondo cui una concentrazione di ricchezza ‘in alto’, nei settori più fortunati (o privilegiati) della società sarebbe destinata, col tempo, a ‘ricadere’ sugli strati inferiori, avvantaggiando tutti.


Il medesimo schema è stato applicato anche alla questione ambientale, con l’affermazione secondo cui un elevato tasso di inquinamento iniziale, nella fase del ‘decollo’ sarebbe accettabile perché destinato a essere riassorbito con la crescita del benessere e il miglioramento delle tecnologie. Entrambe queste tesi sono state smentite duramente dai fatti: le diseguaglianze hanno continuato a crescere esponenzialmente, in tutto il mondo, sia nel rapporto tra Paesi sia all’interno dei singoli ambiti territoriali.


E gli squilibri determinati da questa vera e propria ‘lotta di classe’ rovesciata – dall’alto contro chi sta in basso – hanno creato le condizioni dell’attuale gravissima crisi economica globale mentre la situazione ambientale del pianeta continua a peggiorare.


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Da: sbilanciamoci.info



La lotta di classe dei ricchi
10/11/2014

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"La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi. Vero!". Smontare l'hardware neoliberista è oggi più che mai necessario. Una recensione dell'ultimo libro di Marco Revelli

La curva di Laffer e la curva di Kuznets. Sono questi gli obiettivi centrali dell’analisi di Marco Revelli nel suo ultimo saggio breve sul tema della disuguaglianza, uscito tra gli Idòla di Laterza e che riprende e sviluppa un tema al centro dell’attenzione (Luciano Gallino, Mario Pianta, Joseph Stiglitz e ora anche Thomas Piketty) con un titolo ad effetto ma sempre replicato dalla realtà: La lotta di classe esiste e l’hanno vinta i ricchi. Vero!


La curva di Laffer e quella di Kuznets: due favole economiche nate in epoche diverse (la prima, nel 1974 e – secondo una leggenda metropolitana probabilmente falsa ma capace di colpire l’immaginario collettivo - disegnata da Laffer su un tovagliolo di un noto ristorante di Washington; la seconda, risalente invece al 1955), ma usate come armi pesanti nella costruzione e nella propagazione dell’ideologia neoliberista.


Ideologia.
Oppure e forse meglio (e oltre Revelli, ma con Foucault) come biopolitica/bioeconomia neoliberale (concetto che preferiamo), posto che l’obiettivo esplicito e perseguito (e purtroppo raggiunto) dal neoliberismo era (è) quello di voler essere non solo una teoria economica ma una autentica antropologia, per la edificazione di un uomo nuovo neoliberista la cui vita fosse solo economica e a mobilitazione incessante e a flessibilità crescente (lavoratore, consumatore, poi imprenditore di se stesso, precario, nodo della rete), uccidendo il vecchio soggetto illuministico titolare di diritti e trasformandolo in oggetto economico, in merce di se stesso, in capitale umano, in nodo di un apparato.


Una biopolitica neoliberista che ovviamente si è subito trasformata in tanatopolitica, perché doveva produrre, per raggiungere il proprio scopo la distruzione (appunto la morte) della società e della socialità, della democrazia politica ed economica, facendo della disuguaglianza il suo target da perseguire e dell’impoverimento la sua disciplina (ancora Foucault) capillare.


Qualcosa di paradossale e di assolutamente irrazionale (oltre che di anti-moderno) – appunto: la produzione deliberata di disuguaglianza – ma che tuttavia ha conquistato il cuore di troppi economisti e l’opportunismo di troppi politici diventando spirito del tempo ottuso e ostinato ma capace di volare sull’intero globo.


Questa opzione disegualitaria, se non (scrive Revelli) “apertamente anti-egualitaria”, questa ideologia della disuguaglianza necessaria continua infatti ad essere parte integrante o base strutturante di quella “dogmatica neoclassica che ha offerto il proprio hardware all’ideologia neoliberista fin dall’origine della sua lotta per l’egemonia, alla fine degli anni Settanta e per tutto il corso degli anni Ottanta del secolo scorso”.


Disuguaglianze crescenti e quindi e conseguentemente lotta di classe vinta dai ricchi contro il resto del mondo. Attraverso i piani di aggiustamento strutturale del Fondo monetario e della Banca mondiale, le politiche di deregolamentazione dei mercati finanziari e del lavoro, la riduzione dei diritti sociali, oggi l’austerità europea e le riforme strutturali di Draghi, di Angela Merkel e di Matteo Renzi (strutturale: una parola magica per una pedagogia finalizzata alla strutturazione e alla costruzione - è una biopolitica e insieme una forma di costruttivismo - della società come mercato).


Quella uguaglianza che era “l’idea regolativa” o la meta da raggiungere nei trenta gloriosi o nell’età dell’oro del secolo breve secondo Hobsbawm, è stata così rovesciata nel perseguimento dell’obiettivo opposto e contrario, quello appunto della disuguaglianza.

Una svolta copernicana, scrive Revelli, che ha avuto “come naturale complemento della supply-side economy – e sua copertura morale – la cosiddetta teoria del trickle-down (letteralmente, ‘gocciolamento)”, per cui se si favoriscono i soggetti che trainano lo sviluppo economico - i capitalisti, i grandi investitori, il potere finanziario – si genera spontaneamente un meccanismo virtuoso “il quale crea ricchezza aggiuntiva e in parte la ridistribuisce per una sorta di ‘forza di gravità’ naturale, senza che l’intervento dello Stato giunga a turbare o inceppare il meccanismo”.


Dunque, la curva di Laffer, favola di uno sconosciuto professore di una periferica business school e diventata poi icona della Reaganomics, sulla base di un ipotetico trade-off tra aliquote ed entrate fiscali.


E la curva di Kuznets, secondo la quale un accelerato sviluppo economico produce sì, in una prima fase, disuguaglianze crescenti ma solo fino a un punto di svolta, superato il quale il sistema comincia invece a generare uguaglianza. Nata senza pretendere di avere un valore predittivo né prescrittivo, negli anni Settanta ne venne fatto invece un uso ideologico “al fine di neutralizzare le critiche nei confronti degli effetti disegualitari del modello di sviluppo patrocinato dai fautori della supply-side economy e di propagandare le spregiudicate politiche di imposizione del modello neoliberista ai paesi in via di sviluppo, nonostante gli effetti negativi sui loro equilibri sociali”. Una sua variante venne applicata anche ai temi ambientali, dove era l’inquinamento a scendere, dopo una iniziale fase di sua necessaria crescita.
Due curve-icona, due feticci neoliberisti che Revelli smonta – con una lunga sequenza di statistiche e di analisi empiriche e legando il tema dei redditi calanti ai debiti crescenti (soprattutto privati, come modo per disinnescare politicamente e socialmente l’impoverimento prodotto) – dimostrandone l’assoluta falsità. Le disuguaglianze sono cresciute. La crisi prodotta dal neoliberismo resta crisi e anche l’ambiente è messo sempre peggio, come dimostrato dall’ultimo Rapporto dell’Ipcc dell’Onu. Come falsa era la congettura del gocciolamento.
Citando Keynes e la sua metafora delle giraffe dal collo lungo, Revelli conclude che tale teoria ha semmai “giustificato e incentivato la tendenza bulimica dei colli lunghi”. Favorendo appunto l’avidità delle giraffe dai colli lungi, anzi lunghissimi: gli gnomi di Wall Street e i “velieri corsari dei mercati finanziari”, gli uomini di banca, gli hedge-fund, i conti off-shore (e ora potremmo aggiungere Juncker e il suo Lussemburgo-paradiso fiscale). Mentre le giraffe dal collo corto – che deve restare corto o farsi sempre più corto – continuano a generare una ricchezza “che viene sistematicamente risucchiata in alto, nel circuito da loro inattingibile di una finanza onnipervasiva, diventata principio di organizzazione principale dello stesso assetto produttivo globale e, insieme, proprietaria degli ambiti decisionali strategici, a cominciare da quello politico”.


Revelli, da par suo e con il suo stile, smonta dunque il paradigma (l’ideologia o la biopolitica/tanatopolitica) neoliberista. Ma questo paradigma resta saldamente al potere.


Smontare il suo hardware è dunque necessario come necessario è non smettere mai di farlo, altrimenti la sua egemonia e il suo dominio resteranno tali per sempre. Senza dimenticare tuttavia di smontare anche il software (il pensiero unico, il senso comune dominante, l’accettazione del principio per cui non ci sarebbero alternative al capitalismo, la falsa individualizzazione offerta dal consumo, la condivisione in rete, i social network) che incessantemente e contro ogni evidenza, lo giustifica e lo legittima.

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 20/02/2015, 22:35
da flaviomob
Molto, molto interessante.

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 21/02/2015, 16:29
da aaaa42
sul job act oltre alla analisi tecnica per questo serve la lettera del testo , e necessario in rete una iniziativa importante perche per un piatto di lenticchie indennizzi ridicoli si liberalizzano i licenziamenti. aziende con più di 15 dipendenti.

la mia proposta e che 2 compagni di questo forum prendano contatto con altri compagni in rete pagine facebook e siti per preparare una iniziativa comune in rete.
tipo una conferenze on line.

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 26/02/2015, 21:39
da aaaa42
29 marzo. 2015
la rivoluzione d ottobre in italia

http://www.circololaprimapietra.eu/riun ... -italiana/

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 27/02/2015, 6:52
da camillobenso
aaaa42 ha scritto:29 marzo. 2015
la rivoluzione d ottobre in italia

http://www.circololaprimapietra.eu/riun ... -italiana/
Battutaccia.

Spero che stiano alla larga da quel randevu quegli impiastri come la ballerina di Venezia (De Michelis), Claudio Martelli, e il povero pensionato Giuliano Amato.

Non credo che ci sarà quel socialista di complemento di Giulianone Ferrara perché ha scelto Renzi come "Duce mia luce".

E nemmeno Stefania Craxi.

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 27/02/2015, 10:26
da iafran
aaaa42 ha scritto:29 marzo. 2015
la rivoluzione d ottobre in italia

http://www.circololaprimapietra.eu/riun ... -italiana/
“Vogliamo riportare al voto i milioni di elettori delusi” e “l’utopia è una società di liberi e uguali, una società più ricca perchè diversamente ricca”, sono le parole d’ordine.
Belle parole, ma solo parole ... usate per carpire la buona fede degli elettori.

il progetto per contrastare l’annullamento del socialismo italiano nel Pd e nell’establishement culturale, mediatico e politico,
Bisognerebbe cercarlo negli abusi che i cosiddetti "socialisti" hanno fatto dell'essersi trovati nel prezioso ruolo di "ago della bilancia nella gestione del potere".

I cosiddetti "socialisti" hanno fatto proseliti nel "Cdx" e nel "Cs", e sono stati da questi superati negli arricchimenti personali (fatti passare "finanziamenti illeciti ai partiti") e per risultare impunibili per le nuove malefatte ai Conti dello Stato.

È possibile che questo "novellame" si possa scordare dei "vecchi marpioni", che hanno esperienza da vendere (bene) e stomaci sempre affamati?

Il momento è (sempre) buono per contribuire all'assalto della diligenza dell'oro: qualche urla, qualche sparo (intimidatorio) e, poi, buoni cavalli per le praterie ... dei paradisi fiscali.

<<Venghino, venghino, signori ... fatevi avanti ... qui c'è posto (purché strappiate voti agli altri)!>>

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 13/03/2015, 10:57
da camillobenso
iospero,........... ti hanno ascoltato



IL RETROSCENA
Raduno e lancio del manifesto
Nasce la «Podemos» di Landini
Il progetto del segretario per la «coalizione sociale». Sabato l’incontro alla Fiom

di Alessandra Coppola



La «coalizione sociale» nasce già sabato, nella sede della Fiom nazionale. «Dovremmo trovare il modo di dare forma e forza ad un progetto innovativo, individuando punti di programma condivisi (...). Queste poche righe per invitarti\vi a incontrarci», dalle 10, in corso Trieste a Roma. Sindacalisti assieme ad «associazioni, reti, movimenti e “personalità”». L’ora della fondazione è arrivata. «Cari saluti» e la firma: Maurizio Landini.
Eccolo al dunque, il segretario nazionale dei metalmeccanici della Cgil. «Nelle scorse settimane (...) abbiamo ragionato sulla necessità di un momento assembleare per dibattere in modo libero e aperto l’ipotesi di costruire una “coalizione sociale”». Se ne parla da tempo. Landini l’ha portata ad ogni attivo regionale, in un lungo tour attraverso il Paese. E poi, alla fine, all’assemblea dei delegati a Cervia, il 27 febbraio: l’idea di un’associazione di associazioni, un rassemblement a sinistra del Partito democratico, e ampiamente plurale, in grado di raccogliere il dissenso anti-Renzi. Un partito? «Faccio politica, ma non un partito», diceva ancora a Cervia il leader. E rimandava alla manifestazione della Fiom il 28 marzo a Roma. Prima di quella data, però, la «cosa» landiniana avrà già una forma, che si delineerà di sabato in sabato: domani, poi il 21 alla XX Giornata della Memoria organizzata dalla rete di Libera a Bologna, infine con la piazza del 28.
Le «poche righe» contenute nella lettera d’invito alla «costituente» di corso Trieste, allora, hanno il passo e la sostanza di un manifesto programmatico. O quanto meno della sua bozza, da limare. «Ho avuto la fortuna di potermi confrontare con molti - scrive il segretario - e di condividere sin da subito l’idea che il tentativo di costruire una coalizione sociale muove da una certezza: la politica non è proprietà privata». L’ultima frase è evidenziata in grassetto. Quindi, sottolinea il leader, è la stessa Costituzione a promuovere «la partecipazione alla vita pubblica». L’obiettivo è dichiaratamente questo. All’attivo della Fiom Lombardia, il 17 febbraio, Landini portava l’esempio del Partito laburista, nato per iniziativa dei lavoratori, che sono pertanto chiamati a entrare in scena. «Il sindacato a Detroit finanzia il Partito democratico», spiegava a Milano. Dal lavoro alla politica attiva, saltando le intermediazioni.
Perché questo passaggio è necessario? Si parte «da due assunti che si stanno affermando», annota ancora nella convocazione il segretario. Due idee nefaste alimentate dalla «crisi economica e sociale» e dalle «politiche di austerità europee»: «”La fine del lavoro” e “la società non esiste, esistono solo gli individui e il potere che li governa” credo diano vita allo spettro di un futuro già presente con cui siamo chiamati a fare i conti in tutta Europa». Riferimento importante, quello alla Ue, che serve ad agganciarsi alle due «coalizioni sociali» evidentemente sorelle: Syriza in Grecia e Podemos in Spagna.

«La politiche della Commissione e della troika - continua Landini -, anche in Italia stanno mettendo in discussione la democrazia, il lavoro e i suoi diritti, l’istruzione e la formazione, la salute, i beni comuni e la cultura, la giustizia». Ecco allora che bisogna superare «il frazionamento» e «coalizzarsi insieme per una domanda di giustizia sociale sempre più inascoltata e - passaggio chiave - senza rappresentanza». Nasce qualcosa di nuovo e di diverso dai partiti conosciuti: «La coalizione sociale dovrà essere indipendente e autonoma - conclude il leader Fiom -: significa che per camminare dovrà potersi reggere sulle proprie gambe e pensare collettivamente con la propria testa».

13 marzo 2015 | 09:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.corriere.it/politica/15_marz ... 5d62.shtml

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 13/03/2015, 15:09
da camillobenso
La domanda sorge spontanea. Per quale motivo la stampa italiana, ad eccezione del Corriere della Sera, non proprio vicino a Landini, ignora la notizia della manifestazione di domani promossa dal segretario FIOM?

Neppure il Manifesto in rete riporta la notizia.

A chi da fastidio l’iniziativa di Landini?

Re: E’ ORA DI UNA SIRYZA ITALIANA

Inviato: 13/03/2015, 20:17
da camillobenso
La situazione si tinge di giallo.

Il Tg3 un tempo considerato di sinistra, tace sull'avvenimento della scelta di Landini.

Non è così per Mentana che passa regolarmente la notizia.

Le Agenzie Ansi.it e Agi.it ignorano la notizia.

Come tutti gli altri quotidiani.

NON BISOGNA DISTURBARE IL MANOVRATORE?????