Così Al Sisi si candida a guidare la grande coalizione anti-jihad
Mosca pronta a dare il consenso. Il via libera dell’Onu in tempi rapidi
Il Presidente Al Sisi vuole organizzare un convegno con i saggi dell’Islam sunnita per delegittimare il pensiero jihadista
17/02/2015
MAURIZIO MOLINARI, CORRISPONDENTE DA GERUSALEMME
Pugno di ferro militare contro i jihadisti in Libia e iniziativa all’Onu per ripetere sullo scacchiere del Maghreb la coalizione anti-Isis già attiva in Iraq e Siria: sono i due binari della risposta di Abdel Fattah al-Sisi alla sfida del Califfo dello Stato Islamico, Abu Bakr al-Baghdadi.
Il presidente egiziano ha letto la decapitazione dei 21 copti come una minaccia diretta alla sicurezza nazionale e, nell’arco di 24 ore, è passato al contrattacco sul fronte militare e diplomatico. Il timore di Al Sisi è un Egitto accerchiato da guerriglie jihadiste - Ansar al Sharia in Libia e Bayyt al Maqqdis in Sinai - entrambe agli ordini del Califfo, che può contare anche sui alcuni gruppi salafiti presenti al Cairo ed Alessandria, espressione del dilagante malessere dei Fratelli Musulmani. Le reazione punta dunque a scompaginare i piani del Califfo, trasformando l’Egitto nel volano di una risposta regionale di alto profilo. Si spiega così la contemporaneità delle mosse del Raiss: dà luce verde ad almeno due ondate di attacchi aerei contro le basi di Isis a Derna e concorda, nelle stesse ore, con il presidente francese Francois Hollande la bozza di una risoluzione da presentare al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per dare veste internazionale all’intervento armato in Libia.
Il ruolo saudita
Dietro ad Al Sisi c’è il nuovo re saudita, Salman, che in qualità di ministro della Difesa è stato fra i registi politici della coalizione anti-Isis impegnata in Siria ed Iraq. Ed ora vuole estenderla alle aree del Maghreb dove i jihadisti sono più presenti e pericolosi, ovvero la Libia e il Nord del Mali. L’ipotesi allo studio, spiegano fonti diplomatiche arabe dal Cairo, è dunque costruire attorno all’intesa Egitto-Francia una coalizione di Paesi, europei ed arabi, pronta ad intervenire contro le almeno sette aree urbane che Isis già controlla il Libia.
L’aiuto degli Emirati
Saranno i Paesi aderenti a decidere come farlo ma l’opzione della guerra aerea resta la più valida, a sostegno delle truppe di terra libiche del generale Khalifa Haftar, in maniera analoga a come gli Usa in Iraq sostengono dall’aria truppe irachene e peshmerga curdi. La rapidità con cui il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Khalifa bin Zayed al-Nahayan, ha espresso sostegno al Al Sisi per «sradicare la minaccia terrorista» lascia intendere che i suoi jet già affiancano quelli egiziani sui cieli libici e che, sul fronte diplomatico, è questo - assieme ai sauditi - il nucleo iniziale della coalizione. Per Al Sisi, che non partecipa all’iniziativa militare anti-Isis in Iraq e Siria, significa ritagliarsi il ruolo di Paese guida del fronte occidentale della guerra al Califfo jihadista ed anche, in prospettiva, di leader nella ricostruzione della Libia, d’intesa con Parigi da cui non a caso ha appena acquistato 24 jet Rafale nel primo segno di smarcamento dalla dipendenza trentennale dalle forniture militari degli Stati Uniti. L’altro tassello dell’iniziativa di Al Sisi è il leader del Cremlino Vladimir Putin che ha ricevuto al Cairo la scorsa settimane suggellando una collaborazione economica e strategica di dimensioni tali da rendere improbabile un veto russo all’Onu sull’intervento anti-Isis. «Se Mosca dovesse opporsi, andremo avanti comunque» precisano le fonti arabe. In attesa di vedere cosa avverrà al Palazzo di Vetro, si profila dunque la nascita di una seconda coalizione anti-Isis che offrirà anche all’Italia la possibilità di partecipare, nei tempi e modi che il governo di Roma deciderà. Le opzioni tattiche dell’Italia includono impiego di jet, blocco navale e missioni di truppe speciali per dare la caccia ai leader jihadisti in una riedizione della coalizione internazionale che portò alla caduta del regime di Gheddafi nel 2011.
Battaglia ideologica
Ma non è tutto, perché Al Sisi ha anche l’ambizione di demolire ideologicamente il Califfato: da qui il progetto, discusso con il re giordano Abdullah, di organizzare un grande convegno dei saggi dell’Islam sunnita per delegittimare il pensiero jihadista innescando quella che proprio il Raiss definisce una «
rivoluzione nel mondo musulmano».
http://www.lastampa.it/2015/02/17/ester ... 3DE44D5603
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Siamo oramai arrivati in un mondo in cui probabilmente dovremmo cambiare anche il ns. modo di percepire le soluzioni anche se queste contrastano con il ns. buon senso, la ns.etica e la ns.orale?
Non e' una constatazione la mia ma una semplice domanda anche che in un certo qual modo possono essere le circostanze ad imporcelo.
IL caso Libia e quindi tutto il tema del terrorismo islamico ci pone davanti ora, il dilemma se intervenire o non intervenire militarmente magari sotto l'egida dell'onu o sotto quant'altra egida.
Come tutti sappiamo. fin'ora le guerre ha sempre portato guerra e disperazione sopratutto quando si facevano per i meri interessi nazionali e di lobbies che tutti noi sappiamo.
Ora abbiamo davanti una guerra un po' diversa e particolare fatta con mezzi che mai avremmo pensato (?) in cui soltanto una ideologia religiosa avrebbe potuto avviare.
Ora, soltanto delle schegge singole impazzite ed imbevute di queste ideologie sono in grado di mettere in crisi qualsiasi stato .
Certo, le cause di questo possono sicuramente trovarsi all'interno di questo ns. occidente ma, fatta questa considerazione, ora ci rimane il problema e su questo dobbiamo ragionare. Nello stesso tempo pero dobbiamo essere attenti che qualsiasi decisione si dovra' prendere questa dovrà tener conto degli errori del passato e quindi saper prevedere il dopo..
Questa nuova guerra terroristica/religiosa(?) ora(come sempre) si serve di qualsiasi mezzo per arrivare ai suoi obiettivi.
Ho sempre davanti quello spot di film(non mi ricordo il nome) in cui si intravede un militare che punta un ragazzino che veniva imbottito di esplosivo per farsi poi saltare nel momento giusto e nel luogo giusto e il dramma di quel sodato che si chiedeva cosa fare.
Queste situazioni la nostra generazione non le aveva mai toccate con mano anche perche casomai succedevano molto molto lontano da noi.
Ora pero' ce le troviamo davanti e dobbiamo ORA risolverle. Non ieri ne domani ma,OGGI!.
Non possiamo non chiederci se l'intervento immediato della Giordania sia' stato giusto o no.
Non possiamo non chiederci anche se l'intervento immediato dell'Egitto sia stato giusto o no.
Certe dietrologie si devono fare sul perche di questi interventi ma detto questo rimane il fatto. Giusta o sbagliata la risposta?
Nello stesso tempo dovremmo anche chiederci se attualmente sia cosa valida iniziare rapporti con Assad(siria)visto che era l'unico baluardo contro questi tipo di jihadisti.
A m,io sermplice avviso, credo possa essere molto utile un rialacciamento dei rapporti con il governo di Siria. Questo potrebbe portare ad un cambiamento all'interno dello stesso paese se fatto senza alcun obiettivo di egemonizzazione.
Dovremmo ancor piu ragionare piu attentamente sul problema dei flussi migratori con il quale si servono coloro che hanno obiettivi di destabilizzazione di un paese.
I modi con i quali ora si presentano costoro vanno contro i ns. sentimenti umani/religiosi e per ns. cultura son di difficile soluzione se non entriamo nella loro stessa logica. Ma questo lo si puio' fare e ci potrebbero essere altre soluzioni?
Quanto cerco di sottolineare ora, e' che bisogna affrontare queste emergenze in modo diverso da quello che spesso ci potrebbe comandare il cuore il cuore poiche la politica maledettamente ci impone a vedere in modo crudo le cose e ci pone davanti problemi a cui dobbiamo dare risposte immediate.
Cmq deve essere chiaro allo stesso momento che qualsiasi soluzione si prenda, questa non potrà risolvere un gran che se non abbiamo capito che il piatto della bilancia di questo mondo non dera' mai piu' pendere da una parte sola. Si deve cominciare una nuova epoca in cui si rimetta in discussione un po' tutta questa disuguaglianza che esiste nel mondo.
Ora(e non dopo), ritornando al tema, abbiamo un problema grande come una casa davanti che sintetizzando brutalmente ci chiede:
Dobbiamo sparare al quel bimbo imbottito di tritolo che si farà esplodere in chissà quale luogo o dobbiamo lasciarlo raggiungere la sua destinazione?
Domanda terribile ma che purtroppo si presentano sempre piu spesso come quelle in le basi logistiche del terrorismo partono dall'interno dei complessi scolari e agiscono nel momento in cui ci sono gli alunni .
Spesso la paura di essere considerati anti questo o anti quello e che certe volte ci spinge ad essere neutrali un po'su tutto, ci fa perdere qualsiasi analisi approfondita sul problema e questo non e' un bene per trovare la giusta soluzione. O perlomeno una soluzione discussa il piu' possibile
un salutone