Nelle questioni di genere il nodo del dibattito Usa
Intervista a Nancy L. Cohen
Nancy L. Cohen è una delle più brillanti storiche della politica americana. Docente alla Ucla (Univerity of California Los Angeles), collaboratrice abituale del «Los Angeles Times» e del «Chicago Tribune», ha da poco dato alle stampe un saggio, Delirium. Come la contro-rivoluzione sessuale sta polarizzando l'America (Counterpoint, $ 17.82), che è diventato subito oggetto di dibattito nei talk show politici americani. E proprio a partire dal libro abbiamo intervistato la studiosa a Santa Monica, il quartiere di Los Angeles dove vive.
Quale è il tema di Delirium?
Nel mio libro analizzo il modo in cui la minoranza integralista religiosa ha catturato il Partito Repubblicano, spostando a destra l'agenda programmatica a livello nazionale, e come i Democratici hanno lasciato che ciò accadesse. Durante la campagna elettorale del 2008, quando erano molto forti i contrasti all'interno del Partito Democratico, mi sono accorta che alla base di questi dissidi c'erano questioni di genere, poi scoppiate anche nel Partito Repubblicano con la nomina di Sarah Palin a candidata alla vicepresidenza. Da storica, mi interessava capire quale fosse l'origine del fenomeno.
Pensa che la polarizzazione della politica americana sia legata soprattutto ai ruoli sessuali, ai diritti che attengono a questa sfera?
Il sesso non è l'unico tema del discorso politico, ma credo sia una delle forze più importanti per la politica americana. Anche la questione razziale conta, ma negli ultimi vent'anni molte questioni legate alla razza hanno perso importanza con la presidenza di Bill Clinton, che aveva un background di bianco del Sud, ma anche una storia di partecipazione alle lotte per i diritti civili, e che ha lavorato molto per sanare le ferite della discriminazione razziale, anche se non sempre con buone soluzioni. Con Clinton la razza ha cessato di essere il tema dominante della politica americana.
L'elezione di Obama è stata una conseguenza di tutto questo?
La vittoria di Obama è un'espressione del fatto che la vasta maggioranza degli americani non prende più decisioni politiche sulla base della razza. Certo il razzismo esiste ancora, ma per la generazione sotto i quarant'anni non è più un tema centrale. Oggi le grandi discriminanti della politica americana sono legate alle questioni di genere, che hanno origine nei movimenti delle donne e dei gay, nati dalla rivoluzione sessuale per ampliare la sfera delle libertà e della tolleranza culturale. Ma c'è una minoranza di meno del 20 per cento della popolazione che vuole tornare ai tempi in cui pochi cristiani super-conservatori dettavano la politica dello Stato su questioni come famiglia e sesso. La sodomia, per esempio, era un crimine punito per legge in tutti gli Stati del paese fino alla fine degli anni '50.
Come giocano questi temi nell'anno elettorale 2012? Nelle primarie repubblicane tutti i candidati sembrano sposare le posizioni più conservatrici...
È qui che vediamo l'esito logico di quella che chiamo la controrivoluzione sessuale. Coloro che sono più attivi nel cercare di riportare indietro l'orologio della storia sono organizzatori politici molto brillanti e si sono impadroniti della macchina del partito repubblicano a livello organizzativo. Nessun candidato che dissenta da loro su questi temi può vincere nel Partito Repubblicano. Si dice che nelle elezioni per il Congresso di due anni fa il Tea Party ha trionfato. Ma il Tea Party non è altro che un re-branding della Destra Cristiana. E questo ha di fatto spinto fuori dal partito i pochi repubblicani che avevano posizioni moderate sui temi sociali. Dunque nessun candidato repubblicano, quali che siano le sue intime convinzioni, può evitare di prendere posizioni non solo contro l'aborto, ma anche contro il controllo delle nascite.
Ma se si guarda agli exit-poll delle primarie repubblicane, gli elettori sembrano dire che il tema centrale è l'economia. Mentono oppure si vergognano di parlare delle questioni di genere?
Non mentono, ma non vogliono parlarne. Sulle questioni di sesso come aborto o controllo delle nascite non devono prendere posizione perché tutti i candidati repubblicani si sono adeguati all'agenda dei conservatori. L'economia è la risposta giusta da dare perché una tattica del movimento conservatore è dissimulare la motivazione religiosa fondamentalista su questi temi.
Dopo le primarie in Florida lei ha scritto un articolo paragonando le elezioni di quest'anno e il voto del '92. Ci spiega in che senso?
Nel 1992 l'allora presidente in carica George H. Bush godeva giustamente della fama di essere un repubblicano moderato, vicino all'establishment del Partito. L'economia andava male e Bush fu sfidato alle primarie da destra: in quell'anno apparve sulla scena nazionale la Christian Coalition, guidata da Pat Robertson. Dietro la facciata dei «valori della famiglia» tutti i discorsi alla Convention erano dichiarazioni di guerra religiosa e culturale contro Clinton e i Democratici. Era già chiaro anche allora che la maggior parte degli americani non condividevano quella visione e il voto lo doveva confermare. Bush perse anche perché si adeguò a quell'ondata che dominava il suo partito ma non era condivisa dalla maggior parte degli elettori, un quarto dei quali, negli exit poll disse che i temi sociali e culturali erano importanti, anche se l'economia andava male. Romney mi sembra faccia lo stesso.
Pensa che anche quest'anno le cose andranno così? E quale dovrebbe essere la strategia vincente per i Democratici?
Nel '92 Clinton vinse sui temi economici, ma diede anche una risposta chiara in difesa delle libertà culturali. E Obama avrebbe solo dei vantaggi ad adottare quel modello, ma non è chiaro se lo farà. Ci sono segnali contrastanti: ha inserito il controllo delle nascite nelle coperture della riforma sanitaria, con grande scandalo dei Repubblicani, ma su altri temi ha ceduto. I Democratici dovrebbero dimenticare il luogo comune secondo il quale gay e femministe fanno perdere le elezioni. Tra l'altro nel 2008 Obama vinse la nomination perché ignorò quel luogo comune, mentre fu Hillary, la prima seria candidata donna, a crederci, almeno all'inizio, e questo, credo, le è costato la nomination.
Il 2012 sarà un anno di voto per il Congresso, oltre che per la Presidenza. Pensa che ci sarà un allargamento della presenza delle donne candidate ed elette?
Nell'anno delle presidenziali votano molti più elettori che nelle elezioni di Mid-term, e un minore astensionismo di solito favorisce i Democratici. Dai primi dati pare ci saranno molte donne candidate, ma la percentuale delle elette resta bassa. Credo che il Partito Democratico manterrà una forte piattaforma a favore delle donne ma, ricordiamo, la controrivoluzione sessuale è stata iniziata da attiviste donne e donne sono alcune delle candidate più conservatrici, da Sarah Palin a Michelle Bachmann. Che sono impigliate in una grossa contraddizione: si conformano alla lettera della Bibbia per condannare gay e aborto, ma non si adeguano alle Scritture quando chiedono alla donna sottomissione al marito. Cosa che invece molti Repubblicani maschi nel partito teorizzano, vedendo con fastidio donne che entrano in politica invece di stare a casa con i figli.
E le donne democratiche, avranno lo stesso entusiasmo per Obama che ebbero nel 2008?
Quella del 2008 è stata una elezione come ne capita una al secolo. C'era il senso del cambiamento possibile, della speranza. Oggi la speranza è svanita. E si voterà più per le paure che incute la parte avversa che per convinzioni proprie.
Intervista di Andrea Rocco su
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