MOVIMENTO 5 STELLE
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Rodotà e D'Arcais benedicono Di Battista e compagni: "Le sinistre sono morte. Ora la speranza è M5S"
Alessandro Di Battista non fa a tempo a citare l’asilo nido realizzato dal sindaco grillino di Pomezia che subito il prof. Rodotà s’accalora: “Gli asili erano le bandiere del Pci in Emilia, venivano da tutto il mondo a studiarli. Sono un pezzo della cultura della sinistra, dei diritti sociali, che non può essere abbandonato”. La platea – in parte grillina, in parte di reduci dei girotondi e di delusi dalle sinistre – si appassiona. Una donna in prima fila propone la sua risposta: “È finito tutto dopo la morte di Berlinguer!”. Rodotà sorride amaro: “Forse è proprio così”.
Sala Umberto, un vecchio teatro nel centro di Roma. Si presenta l’ultimo numero di Micromega, sul palco c’è anche il direttore Flores d’Arcais. Il titolo della serata la dice già lunga: “La rivolta del cittadino contro il partito unico del privilegio e del conformismo”. Sembra il titolo di un post di Beppe Grillo, e invece è quel che resta del Palavobis e delle piazze di Cofferati, più di dieci anni dopo. La sentenza di Flores pare inappellabile: “Ha ragione Di Battista, a sinistra non c’è più nulla da rianimare. Ci sono solo pezzi di partitocrazia, e la sinistra fuori dal Pd è ancora peggio, sono i pezzi di partitocrazia emarginati da quelli vincenti”. L’ex garante della lista Tsipras ci va giù durissimo con Vendola: “Dopo quella telefonata a capo chino con l’uomo delle relazioni esterne di Ilva non capisco come possa stare ancora in politica, ma ognuno ha la dignità che ha. E peggio di lui sono quelli che gli stanno ancora intorno e non l’hanno buttato giù”.
A Renzi ci pensa Rodotà: “In lui vedo un retaggio craxiano più ancora che berlusconiano…”. Fuori due. I maitre a penser della sinistra giustizialista e dei diritti non vedono più nulla nel loro vecchio campo. Il sol dell’avvenire, ormai, è solo a cinque stelle. E quando il Dibba rivendica il mancato sostegno a Bersani nel 2013, tutti gli danno ragione. E lui: “Se avessimo fatto l’inciucio con uno dei partiti responsabili del disastro, oggi non saremmo un’opzione possibile per il futuro”. Applausi.
“Chi ha votato Pd voleva queste riforme? Voleva il ponte sullo stretto e le trivellazioni? Voleva De Luca?”, arringa Di Battista, supportato da una robusta claque che lui ogni tanto ferma con la mano per evitare il “santo subito”. Rodotà annuisce. “Con loro non ho sempre avuto un rapporto idilliaco, ma quando salirono sul tetto della Camera scongiurano la modifica dell’articolo 138 voluta dal governo Letta”. E ancora: “A me non piace lo spirito da curva, sono un vecchio signore, ma oggi per restare in contatto coi cittadini e non trasformarsi in oligarchia servono forme nuove di comunicazione…”.
C’è anche un ricordo personale del prof. Rodotà, che aleggia per due ore la sala: il ricordo di quei giorni del 2013 in cui “un popolo lo voleva al Quirinale”, dice il Dibba, e quella piazza gridava “Ro-do-tà”. La sala è commossa: “Sarebbe stato un grande presidente”.
Lui dà atto ai grillini di quell’omaggio: “Da allora mi riconoscono anche i ragazzi di 20 anni, ho ampliato in modo smisurato la platea a cui riesco ad arrivare”. Flores è assai più pragmatico: la sue guerra trentennale contro i “politici di professione” si invera nelle proposte grilline. “Fui io a proporre nel 1986 il tetto ai mandati, volevo persino metterlo in Costituzione. Ora loro lo fanno, la loro coerenza mi ha stupito”. E’ lui a sottolineare il collegamento coi girotondi, con i giorni del Palavobis e dell’indignazione della società civile contro Berlusconi. E oggi? “Oggi l’unica forza che assomiglia a quelle istanze è il M5s, l’unico movimento votabile. E infatti io lo voto sistematicamente da anni”. Applausi scroscianti, ma Flores, come ai tempi dei girotondi, vuole anche dettare l’agenda del partito di riferimento (anche se a fine 2013 definiva “molto inquietante” Casaleggio): “Dovete essere meno autoreferenziali, sulla Consulta andate all’offensiva, proponete voi tre nomi: Cordero, Carlassare e Rodotà”.
Il prof si chiama fuori: “No, non tiratemi più in ballo, io mi sono autorottamato!”. Flores è un fiume in piena e si rivolge al Dibba: “Organizziamo dei seminari con dei vostri parlamentari ed esponenti della società civile. Sarebbe un segnale grandioso. Solo se si apre alla società civile il M5s può davvero vincere a Torino e Roma, e anche nelle altre città”.
Dall’astio verso Napolitano (“Credevo di aver toccato il fondo con Cossiga e invece no…”, dice Flores) al reddito di dignità, dal no alle riforme costituzionali al parlamento delegittimato dopo la sentenza sul Porcellum: tra i due intellettuali e il giovane e arrembante Dibba la sintonia è pressoché totale. Il deputato ribadisce la coerenza del suo movimento, le regole da rispettare, dai soldi al tetto ai mandati all’impedimento a candidarsi a sindaco per chi sta in Parlamento. “A volte questa coerenza è faticosa…”, si sfoga. E a più riprese ribadisce che “secondo i sondaggi oggi potrei essere il sindaco della Capitale… un mestiere che mi renderebbe molto orgoglioso, durante il Giubileo tutti i grandi della terra che vengono a Roma incontrano anche il sindaco”, racconta con un (grande) retrogusto di rimpianto: “Ma non lo posso fare perché le istituzioni non sono un autobus da prendere per le convenienze personali”. La rinuncia pesa, la folla in platea lo incoraggia. Lui torna sul nazionale: “I più pericolosi oggi sono i partiti che si dicono di sinistra e che ti prendono in giro con il sorriso”. Flores è d’accordo: “E’ dai giorni dell’avvento di Blair che dico che ormai la scelta è tra due destre…”. Oppure cinque stelle. “Secondo me il M5s a Roma ce la può fare”, li benedice Rodotà.
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Certamente il M5S ha fatto notevoli passi in avanti, ma in Europa ha sbagliato a scegliere il gruppo a cui appartenere tant'è che votano molto spesso con la sinistra europea, per cui oggi che devi muoverti in questa Europa il M5S dovrà scegliere con chi stare.
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Alessandro Di Battista non fa a tempo a citare l’asilo nido realizzato dal sindaco grillino di Pomezia che subito il prof. Rodotà s’accalora: “Gli asili erano le bandiere del Pci in Emilia, venivano da tutto il mondo a studiarli. Sono un pezzo della cultura della sinistra, dei diritti sociali, che non può essere abbandonato”. La platea – in parte grillina, in parte di reduci dei girotondi e di delusi dalle sinistre – si appassiona. Una donna in prima fila propone la sua risposta: “È finito tutto dopo la morte di Berlinguer!”. Rodotà sorride amaro: “Forse è proprio così”.
Sala Umberto, un vecchio teatro nel centro di Roma. Si presenta l’ultimo numero di Micromega, sul palco c’è anche il direttore Flores d’Arcais. Il titolo della serata la dice già lunga: “La rivolta del cittadino contro il partito unico del privilegio e del conformismo”. Sembra il titolo di un post di Beppe Grillo, e invece è quel che resta del Palavobis e delle piazze di Cofferati, più di dieci anni dopo. La sentenza di Flores pare inappellabile: “Ha ragione Di Battista, a sinistra non c’è più nulla da rianimare. Ci sono solo pezzi di partitocrazia, e la sinistra fuori dal Pd è ancora peggio, sono i pezzi di partitocrazia emarginati da quelli vincenti”. L’ex garante della lista Tsipras ci va giù durissimo con Vendola: “Dopo quella telefonata a capo chino con l’uomo delle relazioni esterne di Ilva non capisco come possa stare ancora in politica, ma ognuno ha la dignità che ha. E peggio di lui sono quelli che gli stanno ancora intorno e non l’hanno buttato giù”.
A Renzi ci pensa Rodotà: “In lui vedo un retaggio craxiano più ancora che berlusconiano…”. Fuori due. I maitre a penser della sinistra giustizialista e dei diritti non vedono più nulla nel loro vecchio campo. Il sol dell’avvenire, ormai, è solo a cinque stelle. E quando il Dibba rivendica il mancato sostegno a Bersani nel 2013, tutti gli danno ragione. E lui: “Se avessimo fatto l’inciucio con uno dei partiti responsabili del disastro, oggi non saremmo un’opzione possibile per il futuro”. Applausi.
“Chi ha votato Pd voleva queste riforme? Voleva il ponte sullo stretto e le trivellazioni? Voleva De Luca?”, arringa Di Battista, supportato da una robusta claque che lui ogni tanto ferma con la mano per evitare il “santo subito”. Rodotà annuisce. “Con loro non ho sempre avuto un rapporto idilliaco, ma quando salirono sul tetto della Camera scongiurano la modifica dell’articolo 138 voluta dal governo Letta”. E ancora: “A me non piace lo spirito da curva, sono un vecchio signore, ma oggi per restare in contatto coi cittadini e non trasformarsi in oligarchia servono forme nuove di comunicazione…”.
C’è anche un ricordo personale del prof. Rodotà, che aleggia per due ore la sala: il ricordo di quei giorni del 2013 in cui “un popolo lo voleva al Quirinale”, dice il Dibba, e quella piazza gridava “Ro-do-tà”. La sala è commossa: “Sarebbe stato un grande presidente”.
Lui dà atto ai grillini di quell’omaggio: “Da allora mi riconoscono anche i ragazzi di 20 anni, ho ampliato in modo smisurato la platea a cui riesco ad arrivare”. Flores è assai più pragmatico: la sue guerra trentennale contro i “politici di professione” si invera nelle proposte grilline. “Fui io a proporre nel 1986 il tetto ai mandati, volevo persino metterlo in Costituzione. Ora loro lo fanno, la loro coerenza mi ha stupito”. E’ lui a sottolineare il collegamento coi girotondi, con i giorni del Palavobis e dell’indignazione della società civile contro Berlusconi. E oggi? “Oggi l’unica forza che assomiglia a quelle istanze è il M5s, l’unico movimento votabile. E infatti io lo voto sistematicamente da anni”. Applausi scroscianti, ma Flores, come ai tempi dei girotondi, vuole anche dettare l’agenda del partito di riferimento (anche se a fine 2013 definiva “molto inquietante” Casaleggio): “Dovete essere meno autoreferenziali, sulla Consulta andate all’offensiva, proponete voi tre nomi: Cordero, Carlassare e Rodotà”.
Il prof si chiama fuori: “No, non tiratemi più in ballo, io mi sono autorottamato!”. Flores è un fiume in piena e si rivolge al Dibba: “Organizziamo dei seminari con dei vostri parlamentari ed esponenti della società civile. Sarebbe un segnale grandioso. Solo se si apre alla società civile il M5s può davvero vincere a Torino e Roma, e anche nelle altre città”.
Dall’astio verso Napolitano (“Credevo di aver toccato il fondo con Cossiga e invece no…”, dice Flores) al reddito di dignità, dal no alle riforme costituzionali al parlamento delegittimato dopo la sentenza sul Porcellum: tra i due intellettuali e il giovane e arrembante Dibba la sintonia è pressoché totale. Il deputato ribadisce la coerenza del suo movimento, le regole da rispettare, dai soldi al tetto ai mandati all’impedimento a candidarsi a sindaco per chi sta in Parlamento. “A volte questa coerenza è faticosa…”, si sfoga. E a più riprese ribadisce che “secondo i sondaggi oggi potrei essere il sindaco della Capitale… un mestiere che mi renderebbe molto orgoglioso, durante il Giubileo tutti i grandi della terra che vengono a Roma incontrano anche il sindaco”, racconta con un (grande) retrogusto di rimpianto: “Ma non lo posso fare perché le istituzioni non sono un autobus da prendere per le convenienze personali”. La rinuncia pesa, la folla in platea lo incoraggia. Lui torna sul nazionale: “I più pericolosi oggi sono i partiti che si dicono di sinistra e che ti prendono in giro con il sorriso”. Flores è d’accordo: “E’ dai giorni dell’avvento di Blair che dico che ormai la scelta è tra due destre…”. Oppure cinque stelle. “Secondo me il M5s a Roma ce la può fare”, li benedice Rodotà.
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Certamente il M5S ha fatto notevoli passi in avanti, ma in Europa ha sbagliato a scegliere il gruppo a cui appartenere tant'è che votano molto spesso con la sinistra europea, per cui oggi che devi muoverti in questa Europa il M5S dovrà scegliere con chi stare.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Campidoglio 2016, Fassina: "Mi candido a sindaco di Roma"
Il deputato al teatro Manfredi di Ostia lancia la sua candidatura per le comunali di primavera. "Al ballottaggio non escludo sostegno a M5S"
Il deputato al teatro Manfredi di Ostia lancia la sua candidatura per le comunali di primavera. "Al ballottaggio non escludo sostegno a M5S"
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2015/ ... cupazione/
3 settembre 2015. INTERVISTA TELEFONICA: BARBARA LEZZI SBUGIARDA IL GOVERNO SU PIL E DISOCCUPAZIONE
Ciao
Paolo11
3 settembre 2015. INTERVISTA TELEFONICA: BARBARA LEZZI SBUGIARDA IL GOVERNO SU PIL E DISOCCUPAZIONE
Ciao
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
IL MISTERO A CINQUE STELLE
SONO DI DESTRA, DI SINISTRA O COSA SONO???????????
M5S su alleanza Podemos-Psoe in Spagna: "Per noi è impensabile"
In Spagna si pensa all'accordo tra i Socialisti e il partito di Iglesias in funzione anti Rajoy. E se con Renzi lo scontro è quotidiano, i Cinque Stelle spiegano all'Espresso di non avere alcun rimorso: "Podemos è ancora legato ai vecchi partiti" dice Lombardi
di Luca Sappino
21 dicembre 2015
Nessuno ha i numeri per governare da solo, in Spagna. Matteo Renzi dice che è perché lì non hanno il suo Italicum: «Tutti dicono di aver fatto un buon risultato, tutti dicono che bisogna fare accordi per creare un governo di coalizione, tutti dicono che servono riforme: è la Spagna di oggi, ma sembra l'Italia di ieri», dice alla Spagna più proporzionalista: «Sia benedetto l'Italicum, davvero», ribadisce il premier appassionato di premi di maggioranza.
«Tutti dicono di aver fatto un buon risultato», dice Matteo Renzi, e ha ragione. In alcuni casi però il risultato è buono veramente. Podemos, il partito nato dal movimento degli Indignados, al suo primo test nazionale (alle europee aveva preso l’8 per cento) ha quasi affiancato il Psoe, i socialisti di Sanchez, con il 20,7 per cento.
Così, se i Popolari di Rajoy sono contenti pur avendo perso oltre 15 punti percentuali (sono passati dal 44 al 28 per cento) perché sicuri di meritare il primo mandato del Re, Podemos è soddisfatto perché con i suoi 69 deputati può lanciare uno scenario completamente opposto a un secondo governo Rajoy, fragile e con una coalizione allargata al movimento civico di centro Ciudadanos.
«Podemos» ha spiegato Pablo Iglesias, «agendo sia in modo attivo quanto passivo, non permetterà un governo del Pp». Siccome anche i socialisti escludono di voler aiutare Rajoy, l’ipotesi che monta è dunque un’altra. Un governo delle sinistre. Socialisti, Podemos, la coalizione organizzata da Izquierda unida e altre sigle delle autonomie spagnole (9 deputati ha la Sinistra Repubblicana di Catalogna, e poi c’è il partito basco) potrebbero infatti avere i numeri. Per un governo che duri poco, magari, che faccia alcune cose e riporti il Paese al voto. Ma un governo, e non quello Rajoy che tanto piaceva a Angela Merkel.
Lo si capirà nei prossimi giorni. Prima dei due mesi, comunque, quando se si dovesse prolungare l’impasse la Spagna tornerebbe alle urne con un nulla di fatto. In Italia però, ormai al terzo governo di larghe intese, la sola ipotesi di un fronte largo che escluda i conservatori non sarebbe possibile.
Perché - detto in estrema sintesi - il Pd di Pier Luigi Bersani non è più il Pd di Pier Luigi Bersani che si sottopose allo streaming pur senza mettere mai sul piatto un governo che non contemplasse lui come premier. E il Movimento 5 stelle, soprattutto, è invece sempre lo stesso Movimento 5 stelle. Questo, peraltro, è il motivo per cui è improprio il paragone con Podemos, che è contro l’austerità e applica molti principi di democrazia diretta, ma che - ad esempio - in Europa fa sedere i suoi eurodeputati nel gruppo della sinistra europea e non in un gruppo di euroscettici, insieme all’Ukip di Nigel Farage.
Tra renziani e Cinque Stelle il clima è rovente, e certo non ha aiutato l’avvicinarsi alla maggioranza di Denis Verdini. Ma se Bersani, parlando con Radio Popolare, qualche giorno fa si è detto convinto che nel Movimento «di fronte a responsabilità accresciute stia cominciando una fase un po’ più riflessiva» e ha ricordato come ai tempi dello streaming ai novelli parlamentari disse «verrà un momento nel quale penserete “avremmo potuto, forse si sarebbe potuto”...», questa fase - se mai ci sarà - sembra lontana.
L’Espresso ha parlato con Roberta Lombardi che di quell’incontro fu protagonista. «A parte il fatto che fu lo stesso Bersani a negare di voler fare un'alleanza con il M5S con quel "non son mica matto"», ricorda subito Lombardi, «c'è da dire che Bersani ha sbagliato molte previsioni nella sua vita politica ed ha sbagliato anche questa, purtroppo per lui». «Nessun rimpianto, anzi, siamo orgogliosi di quella scelta», è la sentenza.
E uno streaming con Renzi finirebbe anche peggio? «Sullo streaming con Renzi non ci poniamo il problema», risponde ancora la deputata, «sta devastando questo Paese, il suo Pd fa gli interessi delle lobby e noi dei cittadini. Il nostro obiettivo è fermare questa deriva. E ce la faremo». Ma, insomma: socialisti spagnoli, Pd. Persino Syriza. I partiti sono sempre un nemico? «I partiti, come tali, rappresentano una forma partecipativa obsoleta, facilmente corruttibile, con regole vaghe e intrisi di opportunismo. I partiti sono per chi ritiene la politica una professione», è la teoria ribadita dalla Cinque Stelle. «I partiti si spartiscono milioni di fondi pubblici. Sono autoreferenziali. È la loro natura». Tutti. E tra una stoccata a Renzi e l’altra, anche Podemos si becca così l’appunto: «È un movimento ancora legato ai vecchi partiti», dice Lombardi. Contempla le alleanze Podemos, «mentre il Movimento 5 stelle, che ascolta i cittadini, va oltre la destra e oltre la sinistra».
SONO DI DESTRA, DI SINISTRA O COSA SONO???????????
M5S su alleanza Podemos-Psoe in Spagna: "Per noi è impensabile"
In Spagna si pensa all'accordo tra i Socialisti e il partito di Iglesias in funzione anti Rajoy. E se con Renzi lo scontro è quotidiano, i Cinque Stelle spiegano all'Espresso di non avere alcun rimorso: "Podemos è ancora legato ai vecchi partiti" dice Lombardi
di Luca Sappino
21 dicembre 2015
Nessuno ha i numeri per governare da solo, in Spagna. Matteo Renzi dice che è perché lì non hanno il suo Italicum: «Tutti dicono di aver fatto un buon risultato, tutti dicono che bisogna fare accordi per creare un governo di coalizione, tutti dicono che servono riforme: è la Spagna di oggi, ma sembra l'Italia di ieri», dice alla Spagna più proporzionalista: «Sia benedetto l'Italicum, davvero», ribadisce il premier appassionato di premi di maggioranza.
«Tutti dicono di aver fatto un buon risultato», dice Matteo Renzi, e ha ragione. In alcuni casi però il risultato è buono veramente. Podemos, il partito nato dal movimento degli Indignados, al suo primo test nazionale (alle europee aveva preso l’8 per cento) ha quasi affiancato il Psoe, i socialisti di Sanchez, con il 20,7 per cento.
Così, se i Popolari di Rajoy sono contenti pur avendo perso oltre 15 punti percentuali (sono passati dal 44 al 28 per cento) perché sicuri di meritare il primo mandato del Re, Podemos è soddisfatto perché con i suoi 69 deputati può lanciare uno scenario completamente opposto a un secondo governo Rajoy, fragile e con una coalizione allargata al movimento civico di centro Ciudadanos.
«Podemos» ha spiegato Pablo Iglesias, «agendo sia in modo attivo quanto passivo, non permetterà un governo del Pp». Siccome anche i socialisti escludono di voler aiutare Rajoy, l’ipotesi che monta è dunque un’altra. Un governo delle sinistre. Socialisti, Podemos, la coalizione organizzata da Izquierda unida e altre sigle delle autonomie spagnole (9 deputati ha la Sinistra Repubblicana di Catalogna, e poi c’è il partito basco) potrebbero infatti avere i numeri. Per un governo che duri poco, magari, che faccia alcune cose e riporti il Paese al voto. Ma un governo, e non quello Rajoy che tanto piaceva a Angela Merkel.
Lo si capirà nei prossimi giorni. Prima dei due mesi, comunque, quando se si dovesse prolungare l’impasse la Spagna tornerebbe alle urne con un nulla di fatto. In Italia però, ormai al terzo governo di larghe intese, la sola ipotesi di un fronte largo che escluda i conservatori non sarebbe possibile.
Perché - detto in estrema sintesi - il Pd di Pier Luigi Bersani non è più il Pd di Pier Luigi Bersani che si sottopose allo streaming pur senza mettere mai sul piatto un governo che non contemplasse lui come premier. E il Movimento 5 stelle, soprattutto, è invece sempre lo stesso Movimento 5 stelle. Questo, peraltro, è il motivo per cui è improprio il paragone con Podemos, che è contro l’austerità e applica molti principi di democrazia diretta, ma che - ad esempio - in Europa fa sedere i suoi eurodeputati nel gruppo della sinistra europea e non in un gruppo di euroscettici, insieme all’Ukip di Nigel Farage.
Tra renziani e Cinque Stelle il clima è rovente, e certo non ha aiutato l’avvicinarsi alla maggioranza di Denis Verdini. Ma se Bersani, parlando con Radio Popolare, qualche giorno fa si è detto convinto che nel Movimento «di fronte a responsabilità accresciute stia cominciando una fase un po’ più riflessiva» e ha ricordato come ai tempi dello streaming ai novelli parlamentari disse «verrà un momento nel quale penserete “avremmo potuto, forse si sarebbe potuto”...», questa fase - se mai ci sarà - sembra lontana.
L’Espresso ha parlato con Roberta Lombardi che di quell’incontro fu protagonista. «A parte il fatto che fu lo stesso Bersani a negare di voler fare un'alleanza con il M5S con quel "non son mica matto"», ricorda subito Lombardi, «c'è da dire che Bersani ha sbagliato molte previsioni nella sua vita politica ed ha sbagliato anche questa, purtroppo per lui». «Nessun rimpianto, anzi, siamo orgogliosi di quella scelta», è la sentenza.
E uno streaming con Renzi finirebbe anche peggio? «Sullo streaming con Renzi non ci poniamo il problema», risponde ancora la deputata, «sta devastando questo Paese, il suo Pd fa gli interessi delle lobby e noi dei cittadini. Il nostro obiettivo è fermare questa deriva. E ce la faremo». Ma, insomma: socialisti spagnoli, Pd. Persino Syriza. I partiti sono sempre un nemico? «I partiti, come tali, rappresentano una forma partecipativa obsoleta, facilmente corruttibile, con regole vaghe e intrisi di opportunismo. I partiti sono per chi ritiene la politica una professione», è la teoria ribadita dalla Cinque Stelle. «I partiti si spartiscono milioni di fondi pubblici. Sono autoreferenziali. È la loro natura». Tutti. E tra una stoccata a Renzi e l’altra, anche Podemos si becca così l’appunto: «È un movimento ancora legato ai vecchi partiti», dice Lombardi. Contempla le alleanze Podemos, «mentre il Movimento 5 stelle, che ascolta i cittadini, va oltre la destra e oltre la sinistra».
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Ci sono discrete probabilità che la riforma non passi e che si vada alle elezioni politiche.La teoria ribadita dalla Cinque Stelle. «I partiti si spartiscono milioni di fondi pubblici. Sono autoreferenziali. È la loro natura». Tutti. E tra una stoccata a Renzi e l’altra, anche Podemos si becca così l’appunto: «È un movimento ancora legato ai vecchi partiti», dice Lombardi. Contempla le alleanze Podemos, «mentre il Movimento 5 stelle, che ascolta i cittadini, va oltre la destra e oltre la sinistra».
La campagna per il referendum sulla riforma costituzionale, nell'autunno 2016, sarà "emozionante" ma "non sarà facile. Avremo tutti gli altri partiti contro di noi". Lo afferma Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali.
Dagli ultimi sondaggi la destra unita, il M5S e il PD hanno tutti la probabilità di andare al ballottaggio.
La sinistra non ha alcuna possibilità di affermarsi .
Il M5S volendo continuare nella sua politica dei duri e puri rischia di restare fuori e credo che la sinistra
non abbia alcuna intenzione di sostenere qualcuno nel caso di un ballottaggio Destra-PD.
In quest'ultimo caso rischiamo di avere un'altra legislatura comunque negativa per noi.
Per evitare questo ,secondo me , non ci resta che votare per il M5S chiedendo che nella prossima legislatura si faccia tra le varie riforme costituzionali quella relativa ai referendum senza quorum e quella che indichi una strada sicura per le proposte di legge di iniziativa popolare.
Ciò diventa sempre più urgente in un paese in cui le forze politiche non hanno più una maggioranza consistente e i premi di maggioranza comportanoil rischio di avere al potere rappresentanti che alla fine rappresentano solo una minoranza e possono fare gravi danni al paese.
Detto questo e allargando lo sguardo all'Europa potremmo trovarci finalmente Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e forse Francia e Inghilterra in grado di dettare nuove norme.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Ci sono discrete probabilità che la riforma non passi e che si vada alle elezioni politiche.La teoria ribadita dalla Cinque Stelle. «I partiti si spartiscono milioni di fondi pubblici. Sono autoreferenziali. È la loro natura». Tutti. E tra una stoccata a Renzi e l’altra, anche Podemos si becca così l’appunto: «È un movimento ancora legato ai vecchi partiti», dice Lombardi. Contempla le alleanze Podemos, «mentre il Movimento 5 stelle, che ascolta i cittadini, va oltre la destra e oltre la sinistra».
La campagna per il referendum sulla riforma costituzionale, nell'autunno 2016, sarà "emozionante" ma "non sarà facile. Avremo tutti gli altri partiti contro di noi". Lo afferma Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali.
Dagli ultimi sondaggi la destra unita, il M5S e il PD hanno tutti la probabilità di andare al ballottaggio.
La sinistra non ha alcuna possibilità di affermarsi .
Il M5S volendo continuare nella sua politica dei duri e puri rischia di restare fuori e credo che la sinistra
non abbia alcuna intenzione di sostenere qualcuno nel caso di un ballottaggio Destra-PD.
In quest'ultimo caso rischiamo di avere un'altra legislatura comunque negativa per noi.
Per evitare questo ,secondo me , non ci resta che votare per il M5S chiedendo che nella prossima legislatura si faccia tra le varie riforme costituzionali quella relativa ai referendum senza quorum e quella che indichi una strada sicura per le proposte di legge di iniziativa popolare.
Ciò diventa sempre più urgente in un paese in cui le forze politiche non hanno più una maggioranza consistente e i premi di maggioranza comportanoil rischio di avere al potere rappresentanti che alla fine rappresentano solo una minoranza e possono fare gravi danni al paese.
Detto questo e allargando lo sguardo all'Europa potremmo trovarci finalmente Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e forse Francia e Inghilterra in grado di dettare nuove norme.
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Re: MOVIMENTO 5 STELLE
Ci sono discrete probabilità che la riforma non passi e che si vada alle elezioni politiche.La teoria ribadita dalla Cinque Stelle. «I partiti si spartiscono milioni di fondi pubblici. Sono autoreferenziali. È la loro natura». Tutti. E tra una stoccata a Renzi e l’altra, anche Podemos si becca così l’appunto: «È un movimento ancora legato ai vecchi partiti», dice Lombardi. Contempla le alleanze Podemos, «mentre il Movimento 5 stelle, che ascolta i cittadini, va oltre la destra e oltre la sinistra».
La campagna per il referendum sulla riforma costituzionale, nell'autunno 2016, sarà "emozionante" ma "non sarà facile. Avremo tutti gli altri partiti contro di noi". Lo afferma Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme costituzionali.
Dagli ultimi sondaggi la destra unita, il M5S e il PD hanno tutti la probabilità di andare al ballottaggio.
La sinistra non ha alcuna possibilità di affermarsi .
Il M5S volendo continuare nella sua politica dei duri e puri rischia di restare fuori e credo che la sinistra
non abbia alcuna intenzione di sostenere qualcuno nel caso di un ballottaggio Destra-PD.
In quest'ultimo caso rischiamo di avere un'altra legislatura comunque negativa per noi.
Per evitare questo ,secondo me , non ci resta che votare per il M5S chiedendo che nella prossima legislatura si faccia tra le varie riforme costituzionali quella relativa ai referendum senza quorum e quella che indichi una strada sicura per le proposte di legge di iniziativa popolare.
Ciò diventa sempre più urgente in un paese in cui le forze politiche non hanno più una maggioranza consistente e i premi di maggioranza comportanoil rischio di avere al potere rappresentanti che alla fine rappresentano solo una minoranza e possono fare gravi danni al paese.
Detto questo e allargando lo sguardo all'Europa potremmo trovarci finalmente Portogallo, Spagna, Italia, Grecia e forse Francia e Inghilterra in grado di dettare nuove norme.
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