Schifani: “Via Porcellum o Grillo va all’80%”. Il leader M5S: “Colpo di Stato”
La seconda carica dello Stato è convinta che i partiti "con grande responsabilità" si stiano impegnando per una "riforma condivisa" che "interessi i cittadini". Il timore, condiviso anche da Francesco Rutelli, è che il Movimento 5 Stelle ottenga troppi seggi in Parlamento
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 novembre 2012Commenti (3802)
“Ce la sto mettendo tutta e ce la facciamo, altrimenti Grillo dal 30 va all’80%”. Il presidente del Senato Renato Schifani, intervistato da Fiorello a margine di una visita all’associazione Andrea Tudisco che ospita bambini oncologici e le loro famiglie, interviene sulla legge elettorale e si dice convinto che Camera e Senato arriveranno all’approvazione di una norma “che interessa i cittadini”. Al centro la preoccupazione che il Movimento 5 Stelle, raccogliendo poco meno di un terzo dei consensi, occupi troppi seggi in Parlamento. Timore a cui lo stesso Grillo ha replicato dalle colonne del suo blog, definendo “colpo di Stato” il cambiamento della legge elettorale “per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis“. Una definizione che non è piaciuta al segretario del Pd Pier Luigi Bersani che però, pur specificando di non volere usare i termini di Grillo, ha spiegato che senza nessun’altra misura “si potrebbe arrivare ad una situazione di ingovernabilità”.
“Ce la facciamo – ha detto la seconda carica dello Stato – e spero che il mio ottimismo a breve si traduca in certezza”. Schifani è convinto che ci siano “notevoli margini per pensare che a breve si arrivi ad un’ampia intesa tra le forze parlamentari. Tra i partiti – ha puntualizzato – c’è una fase estremamente delicata e costruttiva. I partiti con grande responsabilità stanno facendo in modo che il provvedimento arrivi in aula per una riforma condivisa. Oramai i tempi sono brucianti – conclude – le lancette si devono fermare”.
Già nei giorni scorsi, sul timore che il Movimento 5 Stelle potesse raggiungere un buon risultato elettorale, era intervenuto Francesco Rutelli, favorevole all’emendamento alla legge elettorale secondo cui, per conquistare il premio di maggioranza, una coalizione deve superare la soglia del 42,5% (oggi invece lo prende la coalizione a prescindere dalla percentuale). Il leader dell’Api non ha fatto mistero che si trattasse di un emendamento ‘anti Grillo’. Infatti, aveva detto, “non si può dare il 55 per cento” dei seggi “a chi prende il 30 per cento” dei voti, “sennò lo prende Grillo”. Posizioni che non sono sfuggite al leader 5 Stelle che oggi sul suo blog attacca le istituzioni europee e scrive: ”E ora, di fronte al colpo di Stato del cambiamento della legge elettorale in corsa e al tetto del 42,5% per il premio di maggioranza per impedire a tavolino la possibile vittoria del M5S e replicare il Monti bis, la UE tace”.
Eppure erano state proprio l’Unione europea e l’Ocse a esprimere la necessità di “evitare di apportare modifiche poco prima delle elezioni” per “non apparire come oggetto di manipolazioni partitiche”. Nonostante questo, spiega il leader del M5S, le istituzioni Ue tacciono. “La Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto – prosegue Grillo – ha sancito nel 2003 che ‘gli elementi fondamentali del diritto elettorale, e in particolare del sistema elettorale, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione delle circoscrizioni non devono poter essere modificati nell’anno che precede l’elezione, o dovrebbero essere legittimati a livello costituzionale o ad un livello superiore a quello della legge ordinaria’”. E conclude: “C’è del marcio a Bruxelles“.
Sulla definizione di ‘colpo di Stato’, oltre al segretario del Pd, è intervenuto anche Massimo D’Alema. Al dirigente del centrosinistra “sembra francamente un’espressione esagerata”, ma ha confermato: “Noi non siamo contenti, come è noto, di questa soglia al 42%. E’ stata votata contro di noi. Quindi non siamo partecipi di nessun colpo di Stato. Stiamo discutendo e spero che si faccia una buona legge, una legge equilibrata”.
Schifani insiste per cambiare la legge elettorale nonostante manchino pochi mesi alle prossime politiche. Proprio come avvenne a fine 2005, quando il Porcellum venne firmato da Ciampi a pochi mesi dalle elezioni. E a esultare, in quell’occasione, fu proprio il centrodestra. Roberto Calderoli, allora ministro per le Riforme e ‘ideatore’ del testo, si era detto “molto felice” della firma del Presidente della Repubblica e “contento per non avere scritto norme anticostituzionali”. Per Sandro Bondi si apriva “una fase nuova” e per Ignazio La Russa si trattava della “legge più democratica che ci sia: vince chi ha più voti”. Il contrario di quanto emergeva tra i banchi del centrosinistra. Dario Franceschini, allora coordinatore della Margherita, sperava che fosse giudicata “incostituzionale” e per Roberto Zaccaria, dello stesso partito, già lo era. Secondo Antonio Di Pietro la Cdl ingannava i cittadini e per Oliviero Diliberto si trattava di “un colpo di mano”. E un mese dopo la firma di Ciampi, Romano Prodi aveva promesso di volerla cambiare con una “larga maggioranza”. Opinione condivisa anche da Piero Fassino mentre Pierluigi Castagnetti riteneva fosse una legge da “cambiare radicalmente”. Da allora sono passati quasi sette anni. Ma un’alternativa al Porcellum ancora non c’è.
Maroni (Lega): “Grillo mi sta simpatico” – Il segretario della Lega ha riscattato la figura del leader del M5s parlando ai Giovani imprenditori a Venezia. ”Grillo mi sta simpatico, mi ricorda noi quando abbiamo cominciato. Avevamo un grande progetto che è ancora da realizzare per nostra incapacità ma anche perché il sistema ha dimostrato di avere anticorpi che non hanno consentito di far partire il federalismo”.
Fini (Fli): “Fiducioso che si possa trovare un accordo” – Il presidente della Camera Gianfranco Fini, parlando al Tg3 della legge elettorale, si è detto “fiducioso perché si possa trovare un accordo e fare una legge largamente condivisa, con una soglia al 40%, un premio alla lista che arriva prima e con la certezza per gli elettori di poter rieleggere i parlamentari non più con la lista bloccata”. Il modello appena votato al Senato, ha detto, “mi convince perché dopo il voto non ci troviamo con un Parlamento greco e mi convince la necessità di avere una soglia sopra la quale scatta il premio. Poi se è il 43 o il 40 non cambia assolutamente nulla”, ha spiegato il presidente della Camera. “Grillo non deve parlare di colpo di Stato, c’è la necessità di individuare una soglia, perché facciamo l’ipotesi che tutti prendano il 24 o il 25% chi prende il 25 si trova con il 55% dei seggi. Sarebbe una distorsione del voto, come è stata finora. Ecco perché la legge va cambiata”, ha spiegato Fini.
Tabacci (Api): “Il problema non è la soglia, ma il premio” – Bruno Tabacci, candidato alle primarie del centrosinistra, ritiene che il vero problema non sia è la soglia del 42,5%, “ma il premio”. Infatti, ha aggiunto: “Vorrei ricordare al leader del Movimento 5 Stelle che in Germania, per esempio, il premio non c’è, ognuno prende i seggi in proporzione ai voti e poi si fanno le alleanze per formare il governo”. E si domanda se Grillo voglia “forse vincere avendo il 55% dei seggi con meno del 20% dei voti”.
Staderini (Radicali): “I golpe continuano da decenni” – ”Beppe Grillo fa confusione – spiega il segretario dei Radicali, Mario Staderini – : il principio di stabilità delle leggi elettorali, per cui non vanno modificate nell’anno che precede il voto, non è stato elaborato all’interno dell’Unione europea bensì dal Consiglio d’Europa e richiamato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il marcio, dunque, sarebbe semmai a Strasburgo, non a Bruxelles“
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