Don Gallo e la rovina del Pd
di Lorenzo Fazio
| 27 maggio 2013Commenti (66)
Adesso ho capito, quelle 6000 persone che erano a Genova e le molte altre che da lontano hanno salutato per l’ultima volta Don Gallo non c’entrano nulla col Pd.
Ecco il dramma della sinistra in Italia.
Un patrimonio umano, ideale, politico immenso e ricchissimo che una volta trovava espressione nel Pci di Enrico Berlinguer, ora è rimasto solo, senza che nessun partito riesca veramente a rappresentarlo.
Il presidente della Regione Burlando era presente ma non ha parlato, nessuno del partito ha detto qualcosa, quella società, quelle persone che hanno un’anima, un sentimento, dei valori in cui credono e che si chiamano giustizia sociale, verità, onestà, libertà sembrano lontani dalla cultura politica del Pd, anzi la cosidetta società civile fa paura, è pericolosa, a D’Alema addirittura “fa orrore”.
D’altra parte potreste immaginare un D’Alema al funerale di don Gallo? Spesso don Gallo si è trovato il Pd dall’altra parte delle barricate: contro il Tav in Val di Susa, contro l’insediamento militare americano a Vicenza, contro il finanziamento delle cosidette guerre umanitarie, contro l’acquisto dei caccia bombardieri, contro il G8 di Genova (l’allora capo della polizia De Gennaro è sempre stato difeso dal Pd), a favore del referendum per mantenere l’acqua pubblica (il Pd ha cambiato posizione all’ultimo), a favore dei lavoratori della Fiom contro Marchionne, e l’elenco potrebbe continuare.
Non entro nel merito delle singole questioni, non stiamo parlando di errori, ma di scelte.
Il Pd ha scelto di stare dalla parte del denaro, di chi ha i soldi, di chi ha il potere, è vestito bene, parla bene, sta bene, mangia bene, veste bene, non grida, non dà fastidio.
Scusate la brutalità ma è così.
Alla tavola dei poveri il Pd non si siede da decenni.
Dispiace vedere camminare il sindaco di Torino Fassino per il Salone del libro circondato dalla scorta, mentre fa piacere vedere il sindaco di Genova, Marco Doria, alla veglia per Gallo, cittadino tra altri cittadini.
La trans Valentina ha detto molto giustamente, con un sorprendente rovesciamento di prospettiva, che adesso chi va aiutato è chi sta in alto perché chi è in alto è solo, senza sentimenti e l’unica forza che ha è quella del potere (si riferiva anche al cardinale Bagnasco che avrebbe dovuto l’indomani darle la comunione).
Pensate. Se gli scorsi decenni il Pd avesse fatto una politica di sinistra vera, cioè si fosse battuto allora per l’ineggibilità di Berlusconi (ora è fuori tempo massimo), contro il libero mercato, contro la crescita senza qualità, contro la corruzione e i costi della politica, contro la rovina dell’ambiente, e per un’economia a misura d’uomo, ora avrebbe praterie davanti a disposizione.
Ora che anche i capitalisti più testardi hanno capito che il modello che hanno difeso per decenni fa acqua da tutte le parti.
Ci sarebbe in Italia un’alternativa forte, credibile, temprata da anni di battaglie e democratica, estremista non nei comportamenti ma nelle idee, quindi spendibile anche all’estero.
Invece no.
E la colpa non è solo del Pd ma anche di tanti intellettuali, giornalisti, accademici, professionisti che dopo anni di battaglie e di delusioni (il terrorismo ha azzerato la spinta ideale degli anni settanta) hanno preferito chiudersi e mettere in soffitta sentimenti e principi.
Tutto in nome del mercato e del potere.
Come è stata possibile questa distrazione generalizzata?
La Boccassini non sta processando Ruby e Berlusconi ma lo sputtanamento di una intera classe dirigente che si è venduto al migliore offerente.
Il Pd in quanto partito di sinistra non c’è e non c’entra nulla coi principi ispiratori del vecchio Pci che invece permangono in una parte della società, la stessa che era a Genova ai funerali di don Gallo e che in lui si riconosce.
Una riserva ideale buttata via e che imbarazza il Pd perché rappresenta proprio quello che una volta era il partito di Berlinguer: la coscienza civile del paese (di questo ribaltamento di valori se ne ha conferma nel libro di Fassino, Per passione, scritto quando il sindaco, allora segretario dei Ds, fece l’elogio di Craxi prendendo le distanze da Berlinguer) e, inaspettamente, anche una riserva di voti che oggi sarebbero decisivi per dare un’impronta diversa al paese.
Se questa non c’è stata non possiamo imputarlo a Berlusconi ma proprio al Pd.
La responsabilità storica dei Veltroni , D’Alema, Fassino, Violante, Bersani è enorme.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... pd/607939/