Bevi Napoli e poi muori, l'inchiesta-choc degli Usa
Acqua contaminata, con tracce pericolose di uranio. Gas velenosi che escono dal suolo. Il rapporto completo dei militari Usa sui rischi dei rifiuti tossici in Campania. Che concludono: “Nessuna zona è sicura, nemmeno nel centro di Napoli”. La versione integrale della nostra inchiesta
Bevi Napoli e poi muori? Per Carmine Schiavone, cugino del padrino Sandokan, la camorra ha sistematicamente inquinato le falde acquifere della Campania con milioni di tonnellate di rifiuti tossici: «Non solo Casal di Principe, ma anche i paesi vicini sono stati avvelenati. Gli abitanti rischiano di morire tutti di cancro, avranno forse vent’anni di vita».
La profezia del boss pentito risale al 1997 ed è rimasta segreta fino a due settimane fa. Nelle cittadine tra Napoli e Caserta da mesi la gente scende in piazza, denunciando una vera epidemia di tumori. La chiamano “Terra dei fuochi”, perché i roghi di immondizia non si fermano mai.
Ma le parole nefaste del camorrista trovano più di un riscontro nell’unico grande studio esistente sugli effetti delle discariche clandestine. Lo ha realizzato il comando dell’Us Navy di Napoli: oltre due anni di esami, costati 30 milioni di dollari, per capire quanto fosse pericoloso vivere in Campania per i militari americani e le loro famiglie. Dal 2009 al 2011 è stata scandagliata un’area di oltre mille chilometri quadrati, analizzando aria, acqua, terreno di 543 case e dieci basi statunitensi alla ricerca di 214 sostanze nocive. Le conclusioni sono state rese note da diversi mesi e sostanzialmente ignorate dalle autorità italiane. L’analisi del dossier completo di questa ricerca però offre la sola diagnosi completa dei mali, con risultati sconvolgenti.
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SICUREZZA ZERO. Non ci sono santuari a prova di veleno: gli esperti americani hanno individuato luoghi con “rischi inaccettabili per la salute” disseminati ovunque nelle due province, persino nel centro di Napoli.
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Per questo scrivono che è impossibile indicare zone sicure dove risiedere: i pericoli sono dappertutto, pure nella fastosa villa di Posillipo dell’ammiraglio in capo. Sostengono che in tutta la regione bisogna usare soltanto acqua minerale per bere, cucinare, fare il ghiaccio e anche lavarsi i denti. Nelle due province non si deve abitare al piano terra, dove penetrano i veleni che evaporano dal terreno, e vanno evitate cantine o garage sotterranei. Ci sono tre “zone rosse” intorno a Casal di Principe, Villa Literno, Marcianise, Casoria e Arzano dove in pratica vietano di prendere casa: i rubinetti pescano da pozzi contaminati da composti cancerogeni e dal suolo escono gas micidiali. Nei grandi complessi statunitensi di Capodichino e di Gricignano d’Aversa le minacce per la salute sono considerate “accettabili” solo “perché il personale vi resta in media per 2,2 anni e comunque per meno di sei anni”: una scadenza che non va superata.
TERRA FUORILEGGE. Il comando dell’Us Navy si è mosso nel giugno 2007 “in risposta alle preoccupazioni” dei 3 mila americani di stanza in quel territorio e delle loro famiglie, poiché “in trent’anni c’è stata una larga diffusione di discariche illegali”. La campagna di test realizzata in Campania è “senza precedenti nella storia”. Si è dovuto inventare un metodo scientifico su misura per le condizioni del nostro Paese, usando come riferimento i rigorosi standard ambientali statunitensi, che valutano non solo le sostanze sicuramente cancerogene, ma anche quelle che probabilmente o potenzialmente possono causare tumori. L’obiettivo era chiaro: scoprire che elementi tossici ci sono, come la gente vi entra in contatto e cosa si può fare per proteggere il personale americano. Per dare risposte hanno elaborato un “modello Napoli” che prende in considerazione non solo i rischi attuali, ma anche le malattie che potrebbero nascere in futuro per effetto dei veleni. L’analisi è stata limitata al problema delle discariche e dei roghi dei rifiuti, partendo dai centri più compromessi per poi allargare lo studio a mille chilometri quadrati. Con tante difficoltà: l’impossibilità di sapere cosa è stato sepolto nei terreni, l’accesso limitato ai documenti italiani e, non ultimo, il ruolo della criminalità organizzata nella vicenda. La premessa è desolante: “Siamo partiti dal considerare che in Italia non esistevano regole e un meccanismo valido per farle applicare. Nel corso del tempo è apparso chiaro che l’incapacità di far rispettare la legge da parte delle istituzioni ha contribuito alla situazione di Napoli”.
IL MALE LIQUIDO. La diagnosi più angosciante riguarda l’acqua ( leggi ) e certifica quanto sia profondo il male nelle falde. Il 92 per cento dei pozzi privati che riforniscono le case costituiscono “un rischio inaccettabile per la salute”. Ma ci sono minacce anche negli acquedotti cittadini: esce acqua pericolosa dal 57 per cento dei rubinetti esaminati nel centro di Napoli e dal 16 per cento a Bagnoli. Come è possibile che pure la rete idrica pubblica sia inquinata? Gli americani esaminano le 14 sorgenti che alimentano le città, tutte in ottime condizioni. Le tubature però sono vecchie, con manutenzione e controlli carenti. E scoprono che l’acqua dei pozzi clandestini riesce a entrare nelle condotte urbane, soprattutto in provincia: c’è “un’alta incidenza di pozzi privati senza autorizzazione connessi ad acquedotti”, con “una scarsa prevenzione per evitare il riflusso”. Così, in particolare con la bassa pressione dei mesi estivi, i veleni delle discariche possono finire in tutti i rubinetti ( guarda ).
POZZI KILLER. In oltre la metà dei pozzi, gli esperti trovano una sostanza usata come solvente industriale - il Pce o tetracloroetene - considerato a rischio cancro. Ci sono anche livelli nocivi di rame e di prodotti usati per potabilizzare l’acqua. La diossina invece è concentrata nel territorio tra Casal di Principe e Villa Literno, ma pur essendo alta non costituisce una minaccia. La diossina resta nei limiti di allarme pure nell’acquedotto, dove si evidenziano quote fuori norma di piombo e coliformi, oltre al Pce che rimane l’untore più temuto.
INCUBO RADIOATTIVO. Tra tanti dati inquietanti, spunta un incubo che finora non si era mai materializzato: l’uranio. Gli esami lo individuano in quantità alte ma sotto la soglia di pericolo nel 31 per cento delle case servite da acquedotti: ben 131 su 458. Quando si va ad analizzare i pozzi, il mistero aumenta: è rilevante nell’88 per cento dei casi, mentre nel 5 per cento il livello diventa “inaccettabile”. Ossia in un pozzo su venti si riscontra una quantità di uranio che mette a rischio la salute. La stessa allerta scatta nei canali di irrigazione del Parco le Ginestre, a Capua. Come è finito l’uranio nella falda acquifera? Gli esperti americani non danno risposte. Ipotizzano che possa essere legato alla natura vulcanica dei suoli. Tutti i campioni che superano il livello di allarme però sono stati scoperti nell’area di Casal di Principe e Villa Literno. Il regno dei casalesi, proprio lì dove il pentito Carmine Schiavone ha descritto processioni di «camion dalla Germania che trasportavano fanghi nucleari gettati nelle discariche». Nessuno finora è andato a cercare tracce di radioattività, mentre i test Usa indicano che l’uranio c’è. Ed in quantità che fanno paura.
I VAPORI TOSSICI. L’altro grande nemico sono i gas che sprigionano dal terreno ( leggi ). Non si tratta del radom vulcanico, escluso dello studio: sono vapori densi di sostanze cancerogene, restano a livello del suolo e penetrano nel piano terra delle case, passando da fessure nei muri e tubature. Un poltergeist invisibile che avvolge le persone anche in salotto o in camera da letto. Gli americani sono ricorsi ad apparecchiature speciali e lo hanno trovato nel 16 per cento delle abitazioni. Il problema è che gli appartamenti contaminati sono ovunque. L’epicentro è, come al solito, Casal di Principe. Ma ci sono “cluster” di gas tossici concentrati nella zona a ovest di Gricignano, altri a sud di Lago Patria e tra Bagnoli e Napoli. In questi vapori si segnalano livelli pericolosi di Pce e cloroformio, oltre a dosi di altri due composti cancerogeni elevate ma “tollerabili”. Il Pce pone “rischi inaccettabili” persino nei piani bassi delle basi di Capodichino, Gricignano e nel consolato napoletano di piazza Garibaldi, con un picco nel Parco Eva di Teverola (Caserta). Sull’origine gli americani non si pronunciano: i sospetti potrebbero essere ancora una volta indirizzati sulla falda.
DUBBI SULL’ARIA. La campagna di test non fornisce risultati allarmanti sui roghi di rifiuti. Le analisi non sono state fatte nei mesi caldi dei fuochi, ma il monitoraggio sul personale americano è stato massiccio. Sono stati selezionati quattro tipi di cancro che potrebbero essere legati all’esposizione per tempi limitati: non sono però emersi dati sospetti nelle cartelle cliniche di 16 mila militari che nell’ultimo decennio hanno fatto servizio a Napoli per almeno sei mesi. Nella norma anche le malformazioni sugli 894 bimbi che hanno vissuto la gravidanza in Campania. L’asma invece mostra un aumento anomalo, seppur lieve, che viene ricondotto ai residui dei motori diesel. Nel verdetto sull’aria ( leggi ) però gli scienziati si scontrano con un problema metodologico: delle 27 sostanze potenzialmente cancerogene individuate in Campania esaminando oltre 90 mila campioni, sei non sono censite negli Stati Uniti. Se queste sei non vengono considerate, allora i rischi di Napoli sono inferiori a quelli di una metropoli americana. Ma se si stima l’effetto di tutti i veleni, allora i napoletani corrono pericoli di tumore e asma cinque volte superiori a un abitante di New York o Los Angeles.
INSETTICIDA FANTASMA. La colpa è soprattutto di un antiparassitario chiamato dibromo-cloro-propano, vietato negli Usa dal 1985. Era usato nelle grandi piantagioni: si versava nel terreno ed evaporava proteggendo i frutti da uccelli e insetti. Poi si è capito che rendeva sterili gli uomini e probabilmente causava il cancro. Anche in Europa è proibito da due decenni ma nell’aria della Campania gli americani ne trovano tantissimo. Un vero enigma: nel suolo e nell’acqua non c’è, mentre nell’aria dovrebbe svanire in tempi brevi. I tecnici fanno ulteriori analisi, senza scalfire il mistero. L’agricoltura - scrivono - non c’entra, perché lo repertano anche nel centro di Napoli e sul lungomare. Restano due ipotesi. O gli esami sono clamorosamente sbagliati, ma le procedure adottate sono quelle certificate negli Usa. Oppure la causa potrebbe essere nascosta nel ventre delle discariche. Un dubbio che solo gli investigatori italiani possono risolvere.
LA TERRA SCOTTA. Complessa la diagnosi sui terreni: intorno alle case solo l’1 per cento presenta contaminazioni “inaccettabili per la salute”. Gli esami però sono stati limitati ai giardini delle villette affittate dagli americani: spesso i proprietari hanno negato il permesso di controllare i lotti confinanti. Nelle basi Usa di Capodichino, Gricignano, nel Consolato e nel vecchio comando Nato di Bagnoli il rischio tumore c’è ma è “tollerabile” perché si resta lì per tre-sei anni. Più grave il caso del Flag Officer Quarters, la lussuosa residenza del comandante in capo: nella splendida Villa Nike di Posillipo si può stare al massimo tre anni. Non a caso nello scorso agosto è stata abbandonata, per motivi di costo e “danni strutturali”.
VERDURA OK. Il quadro più tranquillizzante riguarda la verdura. Fanno analizzare in Germania le piante più esposte alla contaminazione: un campione di carciofi, carote, cavoli, funghi, spinaci, sedano. Trovano arsenico e piombo negli spinaci, in quantità superiore agli standard Usa ma sotto i limiti europei. Non preoccupanti le tracce di diossina, riscontrate nelle carote e nel petto di pollo. Il pollo proviene dallo stabilimento molisano di un grande marchio: lì scoprono che l’acqua non rispetta la “tolleranza zero” sui coliformi e sospendono le forniture, riprese quando l’azienda si è messa in regola. Nel dossier parlano della mozzarella di bufala, descrivendo l’allarme per la diossina, e dicono di averla analizzata: non forniscono i risultati ma spiegano che viene confezionata con latte non pastorizzato e quindi per precauzione e “alla luce dell’elevato timore” è esclusa dalle loro mense. Dalla Campania infatti non comprano né carne, né latte, né formaggi.
IL DILEMMA DELL’US NAVY. Nel trarre le conclusioni degli esami, il Comando dell’Us Navy ha due dilemmi strategici. Il primo è evitare di creare precedenti, che possano dare spazio a cause legali dei militari in servizio a Napoli e nel resto del mondo. Per questo non ordinano di lasciare le case “pericolose”, ma si limitano a dare consigli: il giudizio riguarda sempre i luoghi, non le persone. Vogliono però proteggere la salute dei loro cittadini e si rendono conto che le regole statunitensi non funzionano in Italia. I livelli di pericolo degli standard americani Usepa sono campanelli d’allarme per prevenire i danni: se una sostanza nociva li supera, si interviene per trovare l’origine ed eliminarla. Cosa impossibile in Campania, dove l’emergenza invece aumenta. Scrivono che i siti contaminati censiti nel 2005 erano 2.599, poi nel 2011 sono diventati 5.281: la provincia di Napoli ha il record di luoghi inquinati (2.532), quella di Caserta il primato di discariche illegali (851). E solo 13 sono state bonificate. Dati che li spingono a stigmatizzare “la documentata carenza di progressi del governo italiano nell’individuare e pulire questi siti, come la mancanza di un sistema dei rifiuti integrato e adeguato”.
TUTTI NEL BUNKER. Senza speranze di pulizia, gli americani dal 2011 si sono progressivamente barricati nelle loro basi, dove hanno installato impianti per rendere sicura l’acqua e mantengono la rete di monitoraggio dell’aria, con una torre speciale costata 300 mila dollari. E, per motivi di riduzione dei fondi, dallo scorso giugno non finanziano più gli affitti all’esterno. I contratti per i complessi residenziali di Parco Eva e Parco Le Ginestre sono stati disdetti: per coincidenza, si tratta delle due strutture più vicine alla “zona rossa”.
IL SILENZIO ITALIANO. Sin dalla nascita dell’operazione Napoli, il comando statunitense ha offerto massima collaborazione alle autorità italiane. Nell’agosto 2009 ha presentato i risultati della prima fase di test ai rappresentati degli enti ambientali nazionali e regionali. Scrive che l’Ispra (L’Istituto superiore per la protezione dell’ambiente) dichiarò di volere creare una commissione tecnica insieme agli americani, “ma poi non hanno dato seguito alla proposta”. I dossier dell’Us Navy sono stati trasmessi alla Protezione Civile e agli assessori campani anche nel 2010 e nel 2011, mettendo a disposizione le analisi e le metodologie elaborate per decifrare i mali di Napoli: una trasparenza totale. Dagli atti non risultano risposte. Gli americani continuano però a “chiedere che le agenzie italiane competenti indaghino in modo completo sulle zone di pericolo ambientale individuate negli esami”. È quello che chiedono anche milioni di cittadini campani. È quello che ha chiesto Giorgio Napolitano incontrando le associazioni della “Terra dei Fuochi”: «Occorre porre riparo ai guasti di molti anni di prassi illegale di interramento di rifiuti tossici. Le conseguenze di pauroso inquinamento dei terreni con rilevanti ricadute sulla salute e sull’ambiente esigono la realizzazione di un vasto programma di bonifiche». Quante vittime dei veleni bisognerà seppellire prima che la pulizia cominci?
13 novembre 2013 © Riproduzione riservata
http://espresso.repubblica.it/inchieste ... i-1.141086
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Nelle basi usa si erano accorti da tempo.Forse è uscito qualche voce da quelle basi.A quel punto non potevano pi nascondere le cose.
Per fortuna La costituzione dice tutela la salute.Si Quella dei politicanti,Sicuramento non mangiavano e non benevano L'acqua inquinata ecc...E poi si incazzano quando Grillo Dice di azzerare questa classe politica.A partire dalla cima della piramide fino a sotto la piramide.
Ciao
Paolo11
Per chi vuole sapere nelle zone rosse cosa hanno trovato Entrate nel linc.