Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 25/04/2013, 20:02
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 117
La cruna dell’ago - 82
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 82
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 62
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 62
La premiata ditta “Pompe funebri – Becchini & Becchini” – 33
(Per il funerale del Pd niente fiori ma solo opere di bene - bene con la b)
l’Unità 25 aprile 2013
Il partito democratico salvato dai ragazzini
di Pasquale Scimeca
L’ALTRA SERA, TORNANDO A CASA, STANCO DOPO UNA GIORNATA DI LAVORO E DI FREDDO, IN QUESTO INVERNO che non ne vuol sapere di finire, mi sono buttato sul divano e ho acceso la televisione. È una cosa che non faccio mai, ma avevo letto che su La 7 ci sarebbe stata una trasmissione dove si parlava del Partito democratico.
Be, insomma, lo sapete tutti quello che sta succedendo in questi giorni!
Mentre il mio disgraziato Paese affonda lentamente, ma inesorabilmente, verso una decadenza economica e morale che sembra inarrestabile, il Partito in cui avevo riposto le speranze, che avevo votato, e avevo convinto decine di miei amici a votarlo, si era sciolto, come un panetto di burro lasciato sopra una panchina al sole.
Nello studio televisivo c’erano i soliti personaggi: il politico (dalla faccetta furba e stanca), il giornalista di destra (il direttore del Giornale), e quella di sinistra (Bianca Berlinguer).
Stavo quasi per spegnere il televisore, e andarmene a letto a leggere un libro quando, in collegamento da Udine, è comparsa una giovane donna, dalla bella faccia rotonda come una bambola di porcellana d’altri tempi.
Era Debora Serracchiani, che aveva appena vinto le elezioni in Friuli, prendendo 50.000 voti in più della coalizione di centrosinistra che la sosteneva, e insieme a lei, il conduttore del programma, presenta al pubblico che sta a casa, e quindi anche a me, un folto gruppo di ragazzi e ragazze, che sono quelli che in questi giorni occupano, per protesta, le sedi del Partito democratico.
A vedere la faccia della governatrice del Friuli che parlava con grazia, pur dicendo cose terribili:
«Voglio sapere chi sono quei 101 traditori che hanno votato contro Prodi, voglio conoscere i loro nomi uno per uno»,
ma soprattutto, a vedere le facce di quei ragazzi, a sentirli parlare, ho provato, dentro di me, un profondo senso di commozione.
Ma come, mi sono detto, l’impulso primario che stimola l’aver visto/vissuto le vicende di questi giorni è quello di mandarli tutti a quel paese, di lasciare questi dirigenti, questi opportunisti a loro stessi, alla loro deriva e non votarli mai più, e questi ragazzi dimostrano un affetto e una dedizione al loro partito, da spingerli ad occuparne le sedi, a impegnarsi ancora di più a voler lottare per provare a cambiare questa povera patria, dove il destino ha voluto che nascessero.
Mi sono sembrati come i ragazzi della via Pal, disposti a tutto, pur di difendere il luogo che considerano il proprio accampamento, il loro rifugio dai mali del mondo.
C’era un entusiasmo, ma anche una saggezza nelle loro parole, negli occhi e nei gesti che li esprimevano. Uno di loro ha detto: «Io sono andato a occupare la mia casa. Si perché quella casa è anche mia» e un altro ha detto: «Io non voglio lasciare il mio partito nelle loro mani» e una ragazza ha rincarato: «Perché siamo noi il partito. Noi che andiamo nei quartieri e nei mercati a distribuire i volantini, e ci mettiamo la faccia, e ci prendiamo gli insulti per tutte le porcate che combinano quelli lì a Roma».
Se «quelli lì a Roma» uscissero dalle loro macchine blu, e andassero nei circoli, o nei bar, o sugli autobus, o nelle scuole ad ascoltare attentamente questi ragazzi, allora capirebbero con più facilità, quello che molti (i due terzi degli uomini e delle donne di questa nazione) ormai hanno compreso, inclusi quei milioni di elettori di destra che non l’hanno più votato quel signore.
Il motivo inconscio, per cui non vogliono neanche sentir parlare di accordi con Berlusconi, è prepolitico, è prima di tutto morale. Non ha niente a che vedere con la tattica, con le alleanze e tutto il resto, è che loro, sentono il bisogno «esistenziale» di difendersi dalla corruzione morale che quest’uomo, più o meno inconsapevolmente, ha rappresentato in questi ormai quasi vent’anni in cui ha imposto il suo potere sull’Italia.
A sentirli parlare, questi ragazzi, a vedere la sincerità che vi è nei loro occhi mi è venuto il desiderio di prendere anch’io la tessera del Partito democratico, quanto meno per poter avere anch’io una casa da condividere con gli altri, un luogo dove difendermi dalle ingiustizie e dalle brutture di questo mondo.
Mi è venuto in mente l’ultima volta che ho avuto la tessera di un partito: l’anno in cui è morto Berlinguer, quell’uomo che predicava nel deserto la questione morale, quell’uomo che andava di fronte ai cancelli di Mirafiori a difendere gli operai col suo esile corpo.
E con questa piacevole sensazione di «appartenenza» a un popolo che non credevo esistesse più, mi è venuto in mente il pensiero: «Vuoi vedere che questi ragazzini avranno la forza di salvare il Partito democratico»? E quando dico il partito, intendo qualcosa di nobile, un’anima, l’anima cristiana del nostro popolo.
Ho spento la televisione e sono andato a letto, con un sogno, un sogno infantile, lo riconosco, ma nei sogni ogni cosa può avverarsi.
Che i dirigenti, i deputati che abbiamo mandato in Parlamento in nostra vece, potessero, all’improvviso, avere un’illuminazione e ascoltare quei ragazzi, e darsi da fare per cambiare, finalmente, la politica e la morale della nazione.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 117
La cruna dell’ago - 82
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 82
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 62
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 62
La premiata ditta “Pompe funebri – Becchini & Becchini” – 33
(Per il funerale del Pd niente fiori ma solo opere di bene - bene con la b)
l’Unità 25 aprile 2013
Il partito democratico salvato dai ragazzini
di Pasquale Scimeca
L’ALTRA SERA, TORNANDO A CASA, STANCO DOPO UNA GIORNATA DI LAVORO E DI FREDDO, IN QUESTO INVERNO che non ne vuol sapere di finire, mi sono buttato sul divano e ho acceso la televisione. È una cosa che non faccio mai, ma avevo letto che su La 7 ci sarebbe stata una trasmissione dove si parlava del Partito democratico.
Be, insomma, lo sapete tutti quello che sta succedendo in questi giorni!
Mentre il mio disgraziato Paese affonda lentamente, ma inesorabilmente, verso una decadenza economica e morale che sembra inarrestabile, il Partito in cui avevo riposto le speranze, che avevo votato, e avevo convinto decine di miei amici a votarlo, si era sciolto, come un panetto di burro lasciato sopra una panchina al sole.
Nello studio televisivo c’erano i soliti personaggi: il politico (dalla faccetta furba e stanca), il giornalista di destra (il direttore del Giornale), e quella di sinistra (Bianca Berlinguer).
Stavo quasi per spegnere il televisore, e andarmene a letto a leggere un libro quando, in collegamento da Udine, è comparsa una giovane donna, dalla bella faccia rotonda come una bambola di porcellana d’altri tempi.
Era Debora Serracchiani, che aveva appena vinto le elezioni in Friuli, prendendo 50.000 voti in più della coalizione di centrosinistra che la sosteneva, e insieme a lei, il conduttore del programma, presenta al pubblico che sta a casa, e quindi anche a me, un folto gruppo di ragazzi e ragazze, che sono quelli che in questi giorni occupano, per protesta, le sedi del Partito democratico.
A vedere la faccia della governatrice del Friuli che parlava con grazia, pur dicendo cose terribili:
«Voglio sapere chi sono quei 101 traditori che hanno votato contro Prodi, voglio conoscere i loro nomi uno per uno»,
ma soprattutto, a vedere le facce di quei ragazzi, a sentirli parlare, ho provato, dentro di me, un profondo senso di commozione.
Ma come, mi sono detto, l’impulso primario che stimola l’aver visto/vissuto le vicende di questi giorni è quello di mandarli tutti a quel paese, di lasciare questi dirigenti, questi opportunisti a loro stessi, alla loro deriva e non votarli mai più, e questi ragazzi dimostrano un affetto e una dedizione al loro partito, da spingerli ad occuparne le sedi, a impegnarsi ancora di più a voler lottare per provare a cambiare questa povera patria, dove il destino ha voluto che nascessero.
Mi sono sembrati come i ragazzi della via Pal, disposti a tutto, pur di difendere il luogo che considerano il proprio accampamento, il loro rifugio dai mali del mondo.
C’era un entusiasmo, ma anche una saggezza nelle loro parole, negli occhi e nei gesti che li esprimevano. Uno di loro ha detto: «Io sono andato a occupare la mia casa. Si perché quella casa è anche mia» e un altro ha detto: «Io non voglio lasciare il mio partito nelle loro mani» e una ragazza ha rincarato: «Perché siamo noi il partito. Noi che andiamo nei quartieri e nei mercati a distribuire i volantini, e ci mettiamo la faccia, e ci prendiamo gli insulti per tutte le porcate che combinano quelli lì a Roma».
Se «quelli lì a Roma» uscissero dalle loro macchine blu, e andassero nei circoli, o nei bar, o sugli autobus, o nelle scuole ad ascoltare attentamente questi ragazzi, allora capirebbero con più facilità, quello che molti (i due terzi degli uomini e delle donne di questa nazione) ormai hanno compreso, inclusi quei milioni di elettori di destra che non l’hanno più votato quel signore.
Il motivo inconscio, per cui non vogliono neanche sentir parlare di accordi con Berlusconi, è prepolitico, è prima di tutto morale. Non ha niente a che vedere con la tattica, con le alleanze e tutto il resto, è che loro, sentono il bisogno «esistenziale» di difendersi dalla corruzione morale che quest’uomo, più o meno inconsapevolmente, ha rappresentato in questi ormai quasi vent’anni in cui ha imposto il suo potere sull’Italia.
A sentirli parlare, questi ragazzi, a vedere la sincerità che vi è nei loro occhi mi è venuto il desiderio di prendere anch’io la tessera del Partito democratico, quanto meno per poter avere anch’io una casa da condividere con gli altri, un luogo dove difendermi dalle ingiustizie e dalle brutture di questo mondo.
Mi è venuto in mente l’ultima volta che ho avuto la tessera di un partito: l’anno in cui è morto Berlinguer, quell’uomo che predicava nel deserto la questione morale, quell’uomo che andava di fronte ai cancelli di Mirafiori a difendere gli operai col suo esile corpo.
E con questa piacevole sensazione di «appartenenza» a un popolo che non credevo esistesse più, mi è venuto in mente il pensiero: «Vuoi vedere che questi ragazzini avranno la forza di salvare il Partito democratico»? E quando dico il partito, intendo qualcosa di nobile, un’anima, l’anima cristiana del nostro popolo.
Ho spento la televisione e sono andato a letto, con un sogno, un sogno infantile, lo riconosco, ma nei sogni ogni cosa può avverarsi.
Che i dirigenti, i deputati che abbiamo mandato in Parlamento in nostra vece, potessero, all’improvviso, avere un’illuminazione e ascoltare quei ragazzi, e darsi da fare per cambiare, finalmente, la politica e la morale della nazione.