I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 132
La cruna dell’ago – 97
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 97
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 77
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Cronaca di un affondamento annunciato - 77
In mezzo alla tempesta - 13
il Fatto 29.4.13
Gli uomini del presidente
Conflitti d’interesse: governissimo da record
di Davide Vecchi
Milano Giovani, donne e conflitti d'interesse. Il neonato governo Letta ha diversi record. Due legati ad anagrafe e genere, un terzo per essere riuscito a esprimere ministri che rappresentano interessi altrui, ciascuno decisamente in conflitto con le deleghe ottenute. Da Angelino Alfano a Flavio Zanonato, in rigoroso ordine alfabetico.
IL VICEPREMIER e ministro dell’Interno, si sa, è fidatissimo uomo di Silvio Berlusconi a cui deve la sua ascesa politica. Da ministro della Giustizia concentrò i suoi sforzi, assieme a Niccolò Ghedini, nel tentativo (poi fallito) di cucire addosso all’allora premier il Lodo Alfano e il legittimo impedimento. Ora che siede al Viminale ha un potere d’intervento diretto sulla sicurezza. Dalla lotta all’immigrazione a quella alla criminalità organizzata. Lui che, siciliano, da giovane deputato dell’Ars e pupillo di Gianfranco Micciché, nel 1996 baciò Croce Napoli (capomafia di Palma di Montechiaro) al matrimonio della figlia. E quando nel 2009 presa una posizione netta contro Cosa Nostra dicendo “la mafia fa schifo”, scatenò la protesta dei picciotti in carcere. Lo ha raccontato, nel processo a Totò Cuffaro, il pentito Ignazio Gagliardo. “Abbiamo visto Alfano parlare in tv e dire che la mafia fa schifo. Ciccio Mormina, Pasquale Fanara, Limblici e Vella Francesco dissero che era un pezzo di merda. A questo punto Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: 'Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino”. Accuse di pentiti, per carità. E il Viminale, fra l’altro, gestisce il programma di protezione. I poteri del ministero dell’Interno sono molteplici. A lui, per dire, rispondono i commissari prefettizi che lui stesso nomina. A breve sul tavolo di Alfano arriverà la relazione conclusiva di Enrico Laudanna, il commissario prefettizio nominato al Comune di Siena dopo lo scandalo Mps. In quei documenti sarà ricostruito il legame tra la banca e la politica cittadina.
Altro devoto al Re di Arcore è Maurizio Lupi che si è visto affidare il ministero delle infrastrutture e trasporti. Dicastero ora fondamentale per il Nord, in particolare per Milano e la Lombardia in attesa di numerosi via libera alle autostrade per l’Expo e per la nuova pista di Malpensa. Ma soprattutto è stato affidato a un esponente di Comunione e Liberazione, rimasta orfana nei Palazzi a seguito dell’addio di Roberto Formigoni, dopo 17 anni, dal Pirellone. Il movimento fondato da Don Giussani ha anche un altro ministro: Mario Mauro alla Difesa. Cl, in pratica, ha un ministro in meno di quanti ne ha espressi Scelta Civica e la metà della componente tecnica: 3 dicasteri e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Qui è seduto Filippo Patroni Griffi, che oltre a essersi guadagnato a pieno titolo l’ingresso nella Casta, comprandosi una casa vista Colosseo a prezzo agevolato, è anche considerato rappresentante dei “poteri di Stato”. Magistrato, Uomo di fiducia del Capo dello Stato, è cresciuto nel Palazzo. Capo dell’Ufficio legislativo del ministero della funzione pubblica dal governo tecnico Ciampi del 1993 ha ricoperto lo stesso incarico in diversi dicasteri fino al quarto esecutivo Berlusconi, terminato nel 2011.
ALTRO TECNICO è Fabrizio Saccomanni, titolare dell’Economia, legittimo erede del banchiere Corrado Passera. Anche Saccomanni, del resto, arriva dai palazzi della finanza. Direttore generale di Bankitalia, ha avuto incarichi, fra gli altri, alla Bce, al fondo monetario internazionale. Anche lui stimato da Napolitano. Così come Carlo Trigilia, esperto meridionalista, nel governo in quota Pd come ministro della Coesione territoriale è molto legato a Giuliano Amato e da Massimo D’Alema. A quest’ultimo è legato nell’esperienza della Fondazione Italianieuropei, di cui è membro. Del Pd è anche Flavio Zanonato, ministro allo sviluppo economico. Inciampato anni fa in un’inchiesta per tangenti della cooperativa rossa Cles. Diventato sindaco a Padova, nel 2006 costruì il “muro di via Anelli” per isolare un quartiere problematico della città. La recinzione è ancora lì, lui è diventato ministro.
Corriere 29.4.13
Fassina: capisco la scelta di tenermi fuori
Ha prevalso la continuità con Monti
di Monica Guerzoni
ROMA — «Sono preoccupato».
Il governo Letta non le piace, onorevole Stefano Fassina?
«È un buon compromesso per avviare la Terza Repubblica. Il frutto politico più rilevante potrebbe essere la legittimazione reciproca tra parti che si sono contrapposte negli ultimi vent'anni, con il contributo di una generazione più giovane».
Lei era in corsa, perché il suo nome è stato depennato dalla lista dei ministri?
«Cosa sia successo non lo so, ma ho dormito lo stesso. C'è un enorme lavoro da fare anche sul versante del partito, mi concentrerò su quello».
Davvero non è deluso?
«Non voglio sottrarmi, ma penso che Enrico Letta abbia dovuto comporre un puzzle difficilissimo e che il risultato sia un buon compromesso. Ci sono tante donne...».
Non penserà che siano troppe, vero?
«Al contrario, ritengo che bisognerà arrivare al cinquanta per cento. Nella situazione data Letta ha fatto un lavoro straordinario. Dopodiché la squadra economico-sociale è un elemento che mi preoccupa molto».
Direbbe così anche se ne facesse parte?
«Non ne faccio parte perché credo sia prevalso un segno di continuità col governo Monti, che una figura come la mia non poteva garantire. Il mio profilo non sarebbe stato coerente con quel team economico-sociale. Capisco la scelta di tenermi fuori».
Saccomanni non le ispira fiducia?
«Non voglio fare nomi. È una percezione, vedo un rischio... Spero che sin dai primi atti, in particolare dalla necessaria nota di aggiornamento al Def, i rischi di continuità sulle politiche di austerità e lavoro siano fugati. E spero che in Europa vada un ministro del Tesoro profondamente convinto della necessità di cambiare rotta».
Insomma, lei vede poco Pd e poca sinistra.
«Vedo poca rappresentanza di quel cambiamento di rotta sulla politica economica che abbiamo portato avanti in questi anni, prima in solitudine e oggi con tanti compagni di strada in Europa. Quella linea non è adeguatamente rappresentata».
Cosa teme?
«Se volessimo raggiungere il pareggio di bilancio nei tempi previsti ci sarebbero altre manovre pesanti da fare, altri disastri sociali e il debito pubblico salirebbe ancora. Se non vogliamo fare ulteriori danni all'economia bisogna rinegoziare a Bruxelles i nostri obiettivi di deficit».
Darà battaglia sui provvedimenti?
«Si presenteranno degli ostacoli, a cominciare dalla restituzione dell'Imu. Le divergenze con il Pdl sono tante, non è stato un capriccio puntare al governo di cambiamento. Non ci sono state le condizioni e sosterremo Letta, con lealtà e convinzione. Però rimaniamo una Repubblica parlamentare e col gruppo del Pd contribuiremo a definire misure utili a risolvere le emergenze».
Se Letta la chiamasse come viceministro o sottosegretario?
«Voglio concentrarmi sulla ricostruzione morale e intellettuale del Pd. Per me è questa la priorità».
Da reggente? O da segretario eletto con le primarie?
«Discussione prematura. Non ho in mente nulla, sono uno che fa sempre gioco di squadra anche quando altri non lo fanno. L'assemblea nazionale deciderà le soluzioni e i tempi del congresso. L'importante è che il percorso si avvii sui binari giusti, poi la parte dei singoli è secondaria».
Orlando è ministro, lei e Orfini no... Che succederà nei «giovani turchi»?
«Il gruppo, inopportunamente definito così, è stato un'esperienza importante per dare visibilità a un punto di vista sull'agenda Monti. Ma ora siamo in un'altra fase».
Vuol dire che è ora di superare le correnti?
«Dopo le dolorosissime vicende che hanno portato alla caduta di Marini e Prodi ritengo necessario da parte di tutti superare le appartenenze e misurarsi coi problemi profondissimi del Pd. Il correntismo storico, al quale si sono aggiunti ultimamente altri pezzi, è la causa principale di quello che è avvenuto».
il Fatto 29.4.13
T’adoriam Letta divino
Giornali & proiettili: la stampa di Letta e di governo
di Marco Travaglio
Hanno ragione il presidente ridens Piero Grasso e i noti moderati Alemanno, La Russa, Storace, Barani, Maroni, Prestigiacomo, Sallusti, Gasparri e la sua signora Gasbarra: serpeggia, anzi tracima in Italia un eccesso di opposizione che può armare la mano di qualche testa calda. Basta aprire un giornale o un tg a caso per imbattersi in orde di giornalisti ipercritici, addirittura feroci contro il governo Napoletta e i partiti che lo compongono. Un coro pressochè unanime di attacchi forsennati che è francamente difficile distinguere dalle pallottole. Tanto da far sospettare che lo sciagurato attentatore, ieri mattina, prima di aprire il fuoco sul Parlamento fosse passato in edicola o almeno reduce da una full immersion negli speciali televisivi degli ultimi giorni. Ne pubblichiamo qui una piccola antologia, sempre ribadendo il monito del Capo Supremo affinchè la stampa smetta di “rinfocolare” e inizi a “cooperare”. Letterman Show. “Il governissimo delle facce nuove”, “Napolitano, missione compiuta”, “Letta, 77 ore per disinnescare la guerra civile Pd-Pdl”, “Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla finanza mondiale”, “La missione di Giovannini: rilanciare l'occupazione”, “Farnesina in festa per l'arrivo della Bonino” (La Stampa). “Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni” (il Messaggero). “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, “Letta è premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione”, “Ritorno alla realtà”, “Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle riforme”, “Campane a festa per D'Alia” (Corriere). “Governo giovane e in rosa”, ”Straordinari doveri”, “Quagliariello: ‘E ora pacificazione’”, “Su Interni e Giustizia la mossa decisiva” (Avvenire). “La nuova generazione”, “Le signore della competenza”, “Ecco il governo Letta, giovani e donne” (Repubblica). Ancora nessuna notizia dei bambini.
Pigi Lettista. “I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l'ultima chiamata. Sanno che non possono fallire” (Pierluigi Battista, Corriere, 25-4). Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate! Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni irrevocabili. La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!
Stefano Menichetta. “In questi giorni si sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che... annullano la persona di Enrico Letta perché ‘nipote’ sono personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana che... ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi” (Stefano Menichini, Europa, 26-4). E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.
Beppe Lettergnini. “L'incarico a Letta non ha ancora 48 ore e già si sentono i soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree... Questa è l'ultima spiaggia della Penisola: più in là c'è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche pagine di buone idee: nel Paese pleonastico, una piccola rivoluzione... L'Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello... Enrico Letta è un uomo competente, calmo e relativamente giovane” (Beppe Severgnini, Corriere, 26-4). Ma anche marito premuroso, padre esemplare e soprattutto nipote.
Aldo Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy – ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione... ’ - ma ha detto più o meno le stesse cose, Napolitano. Le ha dette mentre affidava l'incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno”. Il posto di zio era già impegnato. “L'Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all'avanguardia in Europa... A Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo Cazzullo, Corriere, 25-4). Largo ai giovani, pancia in dentro e petto in fuori.
Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara (giornalista del Corriere, ndr), candidata first sciura del Paese. Per l'incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c'è lo zampino della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all'epoca dei fatti né io né lei conoscevamo... Tornava sempre con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue capacità. Anni dopo non tornò più, aveva trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina, non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi giorni, ha passato notevoli sofferenze, soprattutto alla lingua: molto capiente, ma non abbastanza per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, anche tutto il Pd e persino Monti e i suoi. Come fare? Alla fine ha optato per un trapianto di lingua, e ora ne ha due. L'articolo sopra citato è stato scritto con la seconda (il finale della fiaba è custodito nell'apposito dossier “Fregonara” e sarà divulgato se, Dio non voglia, il marito non facesse il bravo).
L'Epifania. “Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 23-4). “Il Pd ritrovi la sua funzione” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 28-4). Ogni cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa uno spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina dell'Unità per rammentare al Pd qualche oggetto smarrito da ritrovare. Prossime puntate: “Il Pd ritrovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino sinistro”, “Il Pd ritrovi l'auto posteggiata in doppia fila e rimossa dai vigili”. Seguirà, con comodo, “Il Pd ritrovi i suoi elettori”.
Antonio Socciletta. “L'arte del compromesso ci salverà dai moralisti. In un'omelia del 1981 Ratzinger elogiava la mediazione come strumento della politica. Contro le ideologie che esaltano lo Stato assoluto. Oggi tre politici cattolici, Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro, portano avanti i valori di dialogo e razionalità che furono di De Gasperi... Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento potrebbero essere l'orizzonte e l'ambizione di questa pacificazione nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci, Libero, 27-4). Dio lo vuole. E anche Ratzinger. E De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.
Claudio Sardoletta. Prima della cura: “Continuiamo a pensare che le larghe intese costituiscano un pericolo, che la riproposizione di uno schema simil-Monti abbia troppe controindicazioni dopo quanto è successo, che la frattura politica apertasi nella società richieda una competizione trasparente e differenze leggibili tra destra e sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità, 23-4). Dopo la cura: “Il governo di Enrico Letta nasce da uno stato di necessità e da una grave sofferenza politica... Il governo Letta, così nuovo e così difficile, è un'opportunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità, 28-4). Che s'ha da fa' per campa'.
Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono i protagonisti del conflitto politico di questi anni... Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari, potrà aiutare persino l'evoluzione democratica del partito della destra” (C. Sardo, 28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo, tutti aderenti alla celebre mozione parlamentare “Ruby nipote di Mubarak”, sono notoriamente estranei al conflitto politico di questi anni. E comunque, vivaddio, sono così giovani. Giovinetta, giovinetta, primavera di belletta.
M'hai detto un Prospero. “D'Alema è temuto dalla destra, che lo indica come il simbolo del nemico irriducibile, che è meglio tenere alla larga perchè richiama una storia, rievoca una tradizione, risveglia delle memorie che è preferibile spegnere per sempre. Eppure un politico dell'esperienza internazionale di D'Alema avrebbe potuto contribuire all'azione incisiva di un governo che non può rinunciare a definire dei momenti di svolta nelle politiche prevalenti nello scacchiere europeo. Un ponte solido verso la sinistra europea” (Michele Prospero, l'Unità, 28-4). “La squadra ha perso qualcosa in competenza e valore aggiunto rinunciando a un ministro degli Esteri come Massimo D'Alema” (C. Sardo, l'Unità, 28-4). Ecco l’unico difetto nel governo Letta: manca D'Alema. Il Lettaggero. Il direttore del Messaggero Virman Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, confeziona per il nuovo governo un abitino su misura. Titolo: “Un cambio di stagione”. Svolgimento: “Non c'è commento migliore al governo appena nato della foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s'affidano l'un l'altro prima delle navigazioni impegnative della vita”. Corbezzoli, gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quelle mani di fata, la prima domanda che si ponevano pensosi tutti gl'italiani era appunto questa: chissà dove comincia la stretta del primo e finisce la presa del secondo? Ah saperlo. Ma anche: va bene il padre, va bene il figlio, ma dove sarà mai lo zio? A pag. 3 Alberto Gentili colma anche questa la-cuna: lo zio non c'è, ma c'era fino a qualche minuto prima a reggere la coda al Cainano, poi gli ha telefonato: “Sei stato bravo, Enrico, e sei molto maturato”. Ecco, a 47 anni il pupo ha messo su i primi dentini e sta per smettere di gattonare. Per il resto, avverte il Cusenza, “il richiamo al 1946 non è casuale”: “Il nuovo governo Letta è chiamato” a “una piccola grande rifondazione del concetto di buon governo perchè almeno generazionalmente sono venuti meno io muri e gli steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e l'odio e la loro interminabile scia di sangue”. Insomma quella di De Gasperi che nel '46 governò con Togliatti è “un'impresa simile (al netto del conflitto mondiale) ” a quella di Alfano che governa con Letta (al netto dei processi a B.). Lo dice anche Letta al Messaggero: “Oggi si chiude la guerra dei vent'anni. Ora siamo all'armistizio. La speranza è che scoppi la pace”. Amnistia, si chiama amnistia. Eugenio Lettari. Scalfari è il più entusiasta, fin dal titolo dell'editoriale: “Un medico per l'Italia”. Non si sa a chi si riferisca, ma si sa a chi non si riferisce: Alfano, che essendo soltanto il ministro dell'Interno e il vicepresidente del Consiglio, non merita neppure una citazione. “Nelle circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde pienamente all'impegno preso, con un'aggiunta in più: una presenza femminile quale prima d'ora non si era mai verificata... Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese”. Rimosso Alfano - ma anche Lupi, De Girolamo, Lorenzin e Quagliariello, la banda fresca e non divisiva della nipote di Mubarak - Scalfari ammira molto la “competenza” dell'avvocato De Girolamo in tema di agricoltura, o della signora Lorenzin (maturità classica) in materia di Sanità, o di Andrea Orlando (maturità scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fatto di Ambiente. Però non ne cita nessuno, per precauzione. preferisce citare “Camillo Prampolini” (non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno capisce che diavolo c'entri). Poi tributa il consueto omaggio a Sua Castità Napolitano: Suo malgrado, ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado, ma per fortuna del Paese”. Egli, ça va sans dire, “conosce benissimo i limiti e i doveri che la Costituzione li prescrive”: infatti li ha violati tutti nel giro di qualche giorno. A questo punto, Scalfari elenca i “molti precedenti” del governo Napoletta nella storia della Repubblica. Che poi sono due. Il primo è primo il patto Moro-Berlinguer per la non sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però non c'entra nulla, visto che il Pci non aveva ministri, nemmeno quando nel ‘78 votò per qualche mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio del 1944, dove sì c'erano nello stesso governo ministri comunisti e democristiani: ma nemmeno quello è un precedente, perchè l'Italia era ancora una monarchia, oltre a essere ancora in guerra. Insomma, i “molti precedenti” non esistono. Meglio tornare a Re Giorgio, “un presidente al di sopra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esistito” perchè “garantisce tutti, ma garantisce soprattutto il Paese”. Ma garantisce soprattutto B. Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le armi” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow, era ora! Ferrara, sempre così informato, ci farà sapere quanto dura l'armistizio, e soprattutto la decorrenza e la scadenza. Insomma, da quando a quando c’è licenza di delinquere. Così magari, prima che i giudici riprendano le armi, gli sfiliamo il portafogli o gli svaligiamo la casa.