Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 133
La cruna dell’ago – 98
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 98
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 78
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 78
In mezzo alla tempesta - 14
Repubblica 29.4.13
La rivincita della balena bianca da Letta a Franceschini e Alfano
Il ritorno al potere dei democristiani
Nel nuovo governo l’ultima generazione dc
di Filippo Ceccarelli
E POI ci sarebbe quest’altra cosetta: che sono tornati i democristiani. E rispetto alla pretesa novità, lo si dice sapendo che qualsiasi scetticismo è pienamente giustificato.
PER anni e anni, infatti, tutta una generazione di giornalisti politici cresciuti a pane e Zac, Fanfani e Andreotti, De Mita, Forlani e Donat Cattin, altro non ha fatto che interpretare ogni movimento, o spostamento, o passaggio come un rientro in campo, finalmente, della politica, e cioè della Dc. Era un po’ la nostalgia a generare l’equivoco. Ma bastava una rimpatriata di reduci alla Domus Mariae, una ben augurante fibrillazione pseudocentrista o anche solo un vago documento del professor Pellegrino Capaldo perché le trombe, fin lì riposte nei loro polverosi contenitori, tornassero a squillare il ritorno dello scudo crociato, perepèperepè.
Nel frattempo Bossi faceva sconquassi, Berlusconi ingaggiava drammatiche gare di burlesque con il mondo intero, D’Alema e Veltroni si contendevano i vari partiti che cambiavano nome, Casini lasciamo perdere, ma la Dc non tornava per niente, morta e sepolta com’era nel giardino dei ricordi e anche dei rimpianti — per quanto Marco Follini, cui si deve una rassegna di quattro o cinque libri di argomento democristiano, non si stancasse di ripetere: «Attenzione, la Dc non c’è più, ma i democristiani ci sono ancora». Eccome, ovvero: appunto. Per mettere le mani avanti si può attenuare l’impatto dicendo che sono tornati di moda. Uno di loro, Enrico Letta, sta da ieri a Palazzo Chigi. Un altro, Matteo Renzi, si sta per prendere il Pd. Un altro ancora, Alfano, già delegato del Movimento giovanile per la Sicilia e così seguace di Martinazzoli da essersi recato sulla tomba dell’ultimo segretario democristiano, è al Viminale.
Non a torto, nel suo caso, c’è chi sostiene che il lungo bagno nelle acque berlusconiane, dal lodo ad personam alle usanze cortigiane con tanto di melopea idolatrica “Meno male che Silvio c’è” abbia cancellato nel giovane Angelino ogni imprinting democristoide.
E tuttavia fra i vantaggi e i viziacci di quella particolarissima specie antropologica era senz’altro da annoverare una certa efficace, per non dire opportunistica adattabilità. Per cui se mai un giorno il ministro dell’Interno riuscirà a restituire al Cavaliere la libertà di andarsene a costruire ospedali in giro per il Terzo Mondo, come spesso annunciato, c’è da scommettere che l’avrà fatto in modo molto, ma molto democristiano. Quanto al presidente del Consiglio in attesa di fiducia, l’altra sera a Porta a porta Follini si è meravigliato di sentirsi attribuire una frase che non ricordava: «Letta è l’ultimo frutto del grande albero democristiano ». Ma al netto della retorica da talkshow, la sottoscrive aggiungendo che vede in lui un tratto umano e soprattutto, in un tempo di autodidatti, una scuola politica.
I maestri di Letta sono stati: Nino Andreatta, Romano Prodi e lo zio Gianni. I primi due, c’è da dire, anche piuttosto puntuti, mentre a proposito del terzo è irresistibile rammentare che qualcosa del conte zio dei Promessi sposi Letta senjor ce l’avrebbe pure: “Un certo credito”, senza dubbio; “ma nel farlo valere — osserva Manzoni — e nel farlo rendere con gli altri, non c’era il suo compagno”. Là dove il punto decisivo sta nel garbo rotondo, nel tocco delicato, nell’inventiva suadente che pare di cogliere nella composizione del presente governo.
Ovvio che in Letta junior si coglie un salto evolutivo. Non tanto nelle sbandierate passioni pop o in quel gioco, Subbuteo, che al limite può considerarsi come l’aggiornamento del vecchio calciobalilla dell’oratorio. Né pare troppo significativo che sia lui che Renzi abbiano impegnato l’aggettivo “sexy” in politica (il sindaco di Firenze per il titolo di un libro che poi fu cambiato; il presidente per auspicare un certo tipo di Pd). È che il “giovane” Enrico, più di tanti suoi predecessori, è assai proiettato sulla politica internazionale, parla le lingue, è anche spiritoso, pure con lampi che non si vorrebbero qui definire di lieve cinismo, ma insomma dai quali, non sembri casuale il ritorno anche di Manzoni, “traluce dei padri la fiera virtù”. A tutto ciò si aggiunge — e fa grande effetto in un tempo di cialtroni maleducati — la competenza e la cortesia. L’una e l’altra si sposavano, nella variante esistenziale democristiana, con l’essere, come si diceva con mille sottintesi, “navigati”. Letta pure lo è. Basti pensare su quanti pochi nemici può contare; o anche al rapporto di rivalità con Franceschini, cui ha riconosciuto un posto strategico nel suo governo.
Esistevano del resto dc caldi e dc freddi. Lui appartiene alla seconda specie. Sorvegliato, misurato, disponibile, ma parecchio determinato. Solo in secondo momento si prenderà atto che può anche essere spregiudicato. Non lui come persona, ma le circostanze le opportunità che gli si prospettano. Per quanto riguarda l’arte specifica di fregare gli avversari i canoni democristiani prevedevano di non fare mai qualcosa contro qualcuno, ma di operare affiché altre entità lo facessero, però mai fino in fondo. A tale proposito, e parziale conferma del revival, si coglie l’occasione non solo per segnalare che è appena uscito un aureo libricino di Giuliano Ramazzina, dal significativo titolo “Muoia Sansone ma non i dorotei” (Marcianum),
ma anche per ricordare un’indimenticabile formula del giornalista Giuseppe Crescimbeni secondo il quale «i democristiani ti accecano, ma dopo — e qui si fermava in una pausa molto teatrale — ti passano il cane lupo”. Come dire: la vita, pur con tutti i suoi guai, prosegue. Ecco, sostiene Follini, per vent’anni si è combattuta in Italia una guerra senza vincitori e troppi vinti. Capricci, ostentazioni, risse, trasgressioni di ogni sorta. C’era da celebrare un rito di pacificazione. Serviva un democristiano, Letta, e un comunista, Napolitano. Gli impicci restano, ma la suggestione, pensa un po’, sconfina addirittura nella speranza.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 133
La cruna dell’ago – 98
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 98
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In mezzo alla tempesta - 14
Repubblica 29.4.13
La rivincita della balena bianca da Letta a Franceschini e Alfano
Il ritorno al potere dei democristiani
Nel nuovo governo l’ultima generazione dc
di Filippo Ceccarelli
E POI ci sarebbe quest’altra cosetta: che sono tornati i democristiani. E rispetto alla pretesa novità, lo si dice sapendo che qualsiasi scetticismo è pienamente giustificato.
PER anni e anni, infatti, tutta una generazione di giornalisti politici cresciuti a pane e Zac, Fanfani e Andreotti, De Mita, Forlani e Donat Cattin, altro non ha fatto che interpretare ogni movimento, o spostamento, o passaggio come un rientro in campo, finalmente, della politica, e cioè della Dc. Era un po’ la nostalgia a generare l’equivoco. Ma bastava una rimpatriata di reduci alla Domus Mariae, una ben augurante fibrillazione pseudocentrista o anche solo un vago documento del professor Pellegrino Capaldo perché le trombe, fin lì riposte nei loro polverosi contenitori, tornassero a squillare il ritorno dello scudo crociato, perepèperepè.
Nel frattempo Bossi faceva sconquassi, Berlusconi ingaggiava drammatiche gare di burlesque con il mondo intero, D’Alema e Veltroni si contendevano i vari partiti che cambiavano nome, Casini lasciamo perdere, ma la Dc non tornava per niente, morta e sepolta com’era nel giardino dei ricordi e anche dei rimpianti — per quanto Marco Follini, cui si deve una rassegna di quattro o cinque libri di argomento democristiano, non si stancasse di ripetere: «Attenzione, la Dc non c’è più, ma i democristiani ci sono ancora». Eccome, ovvero: appunto. Per mettere le mani avanti si può attenuare l’impatto dicendo che sono tornati di moda. Uno di loro, Enrico Letta, sta da ieri a Palazzo Chigi. Un altro, Matteo Renzi, si sta per prendere il Pd. Un altro ancora, Alfano, già delegato del Movimento giovanile per la Sicilia e così seguace di Martinazzoli da essersi recato sulla tomba dell’ultimo segretario democristiano, è al Viminale.
Non a torto, nel suo caso, c’è chi sostiene che il lungo bagno nelle acque berlusconiane, dal lodo ad personam alle usanze cortigiane con tanto di melopea idolatrica “Meno male che Silvio c’è” abbia cancellato nel giovane Angelino ogni imprinting democristoide.
E tuttavia fra i vantaggi e i viziacci di quella particolarissima specie antropologica era senz’altro da annoverare una certa efficace, per non dire opportunistica adattabilità. Per cui se mai un giorno il ministro dell’Interno riuscirà a restituire al Cavaliere la libertà di andarsene a costruire ospedali in giro per il Terzo Mondo, come spesso annunciato, c’è da scommettere che l’avrà fatto in modo molto, ma molto democristiano. Quanto al presidente del Consiglio in attesa di fiducia, l’altra sera a Porta a porta Follini si è meravigliato di sentirsi attribuire una frase che non ricordava: «Letta è l’ultimo frutto del grande albero democristiano ». Ma al netto della retorica da talkshow, la sottoscrive aggiungendo che vede in lui un tratto umano e soprattutto, in un tempo di autodidatti, una scuola politica.
I maestri di Letta sono stati: Nino Andreatta, Romano Prodi e lo zio Gianni. I primi due, c’è da dire, anche piuttosto puntuti, mentre a proposito del terzo è irresistibile rammentare che qualcosa del conte zio dei Promessi sposi Letta senjor ce l’avrebbe pure: “Un certo credito”, senza dubbio; “ma nel farlo valere — osserva Manzoni — e nel farlo rendere con gli altri, non c’era il suo compagno”. Là dove il punto decisivo sta nel garbo rotondo, nel tocco delicato, nell’inventiva suadente che pare di cogliere nella composizione del presente governo.
Ovvio che in Letta junior si coglie un salto evolutivo. Non tanto nelle sbandierate passioni pop o in quel gioco, Subbuteo, che al limite può considerarsi come l’aggiornamento del vecchio calciobalilla dell’oratorio. Né pare troppo significativo che sia lui che Renzi abbiano impegnato l’aggettivo “sexy” in politica (il sindaco di Firenze per il titolo di un libro che poi fu cambiato; il presidente per auspicare un certo tipo di Pd). È che il “giovane” Enrico, più di tanti suoi predecessori, è assai proiettato sulla politica internazionale, parla le lingue, è anche spiritoso, pure con lampi che non si vorrebbero qui definire di lieve cinismo, ma insomma dai quali, non sembri casuale il ritorno anche di Manzoni, “traluce dei padri la fiera virtù”. A tutto ciò si aggiunge — e fa grande effetto in un tempo di cialtroni maleducati — la competenza e la cortesia. L’una e l’altra si sposavano, nella variante esistenziale democristiana, con l’essere, come si diceva con mille sottintesi, “navigati”. Letta pure lo è. Basti pensare su quanti pochi nemici può contare; o anche al rapporto di rivalità con Franceschini, cui ha riconosciuto un posto strategico nel suo governo.
Esistevano del resto dc caldi e dc freddi. Lui appartiene alla seconda specie. Sorvegliato, misurato, disponibile, ma parecchio determinato. Solo in secondo momento si prenderà atto che può anche essere spregiudicato. Non lui come persona, ma le circostanze le opportunità che gli si prospettano. Per quanto riguarda l’arte specifica di fregare gli avversari i canoni democristiani prevedevano di non fare mai qualcosa contro qualcuno, ma di operare affiché altre entità lo facessero, però mai fino in fondo. A tale proposito, e parziale conferma del revival, si coglie l’occasione non solo per segnalare che è appena uscito un aureo libricino di Giuliano Ramazzina, dal significativo titolo “Muoia Sansone ma non i dorotei” (Marcianum),
ma anche per ricordare un’indimenticabile formula del giornalista Giuseppe Crescimbeni secondo il quale «i democristiani ti accecano, ma dopo — e qui si fermava in una pausa molto teatrale — ti passano il cane lupo”. Come dire: la vita, pur con tutti i suoi guai, prosegue. Ecco, sostiene Follini, per vent’anni si è combattuta in Italia una guerra senza vincitori e troppi vinti. Capricci, ostentazioni, risse, trasgressioni di ogni sorta. C’era da celebrare un rito di pacificazione. Serviva un democristiano, Letta, e un comunista, Napolitano. Gli impicci restano, ma la suggestione, pensa un po’, sconfina addirittura nella speranza.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 134
La cruna dell’ago – 99
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 99
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 79
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 79
In mezzo alla tempesta - 15
Come è notorio gli italiani hanno la memoria corta su moltissime cose.
Hanno invece una memoria mostruosa sugli avvenimenti calcistici di 10-20-30-40 e 50 anni fa.
Berlusconi “padre costituente”: “Presiederò la Convenzione per le riforme”
Dopo aver fatto fallire la Bicamerale del '97 presieduta da D'Alema, il Cavaliere ci riprova. "Forte" di due condanne e tre prescrizioni (una per corruzione di giudici), dice: "Sarò io a guidarla"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 aprile 2013Commenti (2888)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... me/578053/
*******
Piano di rinascita democratica
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il piano di rinascita democratica (detto anche programma di rinascita nazionale o il Piano)[1] era una parte essenziale del programma piduista e consisteva in un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro le spire di un autoritarismo legale che avrebbe avuto al suo centro l'informazione. La sua materiale redazione da parte di Francesco Cosentino[2] è stata la ragione per cui si è voluto definire quest'ultimo come la mente istituzionale della compagnia P2[3].
Obiettivi [modifica]
I suoi obiettivi essenziali consistevano in una serie di riforme e modifiche costituzionali onde
« … rivitalizzare il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati, ai cittadini elettori »
In particolare andavano programmate azioni di Governo, di comportamento politico ed economico, nonché di atti legislativi, per ottenere ad esempio nel settore scuola di
« … chiudere il rubinetto del preteso automatismo: titolo di studio - posto di lavoro… »
Il piano è stato ritrovato e sequestrato nel 1982 in un doppiofondo di una valigia di Maria Grazia Gelli, figlia di Licio Gelli, Maestro venerabile della loggia massonica P2, assieme al memorandum sulla situazione politica in Italia. È stato pubblicato negli atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2[4].
Punti principali [modifica]
A trent'anni di distanza, alcuni punti del piano hanno trovato parziale attuazione a livello istituzionale e di assetto economico nel mondo imprenditoriale e soprattutto a livello mediatico. Altri sono stati riproposti dalle forze politiche, anche di tendenza opposta.
Principali punti:
• La nascita di due partiti: "l'uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l'altra sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali e democratici dellaDestra Nazionale)." Allo scopo di semplificare il panorama politico.
• Controllo dei media. Il piano prevedeva il controllo di quotidiani (quindi l'eliminazione della libertà di stampa e di pensiero) e la liberalizzazione delle emittenti televisive (all'epoca permesse solo a livello regionale) allo scopo di controllarle, e in questo modo influenzare l'opinione pubblica; nonché l'abolizione del monopolio della RAI e la sua privatizzazione. L'abolizione del monopolio RAI era avvenuto prima della scoperta della loggia, con la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 1974 che liberalizzava le trasmissioni televisive via cavo.
• Progetto Bicamerale del 1997 (Commissione parlamentare per le riforme costituzionali): "ripartizione di fatto, di competenze fra le due Camere (funzione politica alla CD e funzione economica al SR)".
• Riforma della magistratura: divisione tra ruolo del P.M. e del magistrato, responsabilità del CSM nei confronti del parlamento. Si osserva che introdurre la responsabilità del CSM nei confronti del parlamento sarebbe tecnicamente una subordinazione del potere giudiziario al potere legislativo, e quindi verrebbe meno la separazione dei poteri. La modifica, infatti, necessiterebbe di una riforma costituzionale.
• Riduzione del numero dei parlamentari[5].
• Abolizione delle province[5].
• Abolizione della validità legale dei titoli di studio[5].
Licio Gelli sostiene che la coincidenza di talune parti del "Piano" con i programmi dei partiti attuali non sarebbe casuale[6]. In un'intervista dell'ottobre 2008 ha successivamente affermato che, sebbene tutte le forze politiche abbiano preso spunto dal Piano (tanto da indurlo a reclamare ironicamente i diritti d'autore), Silvio Berlusconi è l'unico che può attuarlo[7]. Dello stesso avviso Mario Guarino, Sergio Flamigni[8] e Umberto Bossi[9].
Dettagli [modifica]
Il piano prevedeva modifiche urgenti e a medio e lungo termine.
Modifiche urgenti [modifica]
• la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;
• la normativa per l'accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari).
Modifiche riguardo al Governo [modifica]
• la “legge sulla Presidenza del Consiglio e sui Ministeri" (Cost.art.95) per determinare competenze e numero (ridotto) dei ministri, con eliminazione o quasi dei Sottosegretari;
• riforma dell'amministrazione (relativa agli artt. 28, 97 e 98 Cost.) fondata sulla teoria dell'atto pubblico non amministrativo, sulla netta separazione della responsabilità politica da quella amministrativa (che diviene personale, attraverso l'istituzione dei Segretari Generali di Ministero) e sulla sostituzione del principio del silenzio-rifiuto con quello del silenzio-consenso;
Provvedimenti economico-sociali [modifica]
• eliminazione delle festività infrasettimanali e dei relativi ponti (eccettuato il 2 giugno, il Natale, il Capodanno e Ferragosto) da riconcedere in un forfait di 7 giorni aggiuntivi alle ferie annuali di diritto;
• alleggerimento delle aliquote sui fondi aziendali destinati a riserve, ammortamenti, investimenti e garanzie, per sollecitare l'autofinanziamento premiando il reinvestimento del profitto;
• concessione di forti sgravi fiscali ai capitali stranieri per agevolare il ritorno dei capitali dall'estero.
TV e stampa [modifica]
• immediata costituzione di una agenzia per il coordinamento della stampa locale (da acquisire con operazioni successive nel tempo) e della TV via cavo da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese.
• moltiplicazione delle reti radio e TV in nome della libertà di antenna (art. 21 della Costituzione), e la soppressione della RAI. Queste emittenti e i giornali dovevano essere coordinati da un'agenzia centrale per la stampa.
Sindacati [modifica]
• ricondurre il sindacato alla sua «naturale funzione» di
« interlocutore del fenomeno produttivo in luogo di quello illegittimamente assunto di interlocutore in vista di decisioni politiche aziendali e governative »
il sindacato non deve fare politica. In quest'ottica occorre
« limitare il diritto di sciopero alle causali economiche ed assicurare comunque la libertà di lavoro »
• provvedere alla
« restaurazione della libertà individuale nelle fabbriche e aziende in genere per consentire l'elezione dei consigli di fabbrica con effettive garanzie di segretezza del voto »
Il primo obiettivo è collegato al tema della insufficiente delimitazione di chiari confini e della sovrapposizione di poteri, che indeboliscono lo Stato. Come esempio:
« lo spostamento dei centri di potere reale del Parlamento ai sindacati e dal Governo ai padronati multinazionali con i correlativi strumenti di azione finanziaria »
I due obiettivi si realizzano con due ipotesi:
• sollecitazione alla rottura di CISL e UIL e successiva unione con i sindacati autonomi;
• controllo delle correnti interne:
« acquisire con strumenti finanziari di pari entità i più disponibili fra gli attuali confederali allo scopo di rovesciare i rapporti di forza all'interno dell'attuale trimurti. »
Lo Statuto dei lavoratori art. 17 vietava il finanziamento a sindacati di comodo; È lasciato come ultima scelta
« un fenomeno clamoroso come la costituzione di un vero sindacato che agiti la bandiera della libertà di lavoro e della tutela economica dei lavoratori »
Provvedimenti a medio e lungo termine [modifica]
• Ordinamento giudiziario:
• unità del Pubblico Ministero con gli altri magistrati (nell'ordinamento vigente, invece, il P.M. è distinto dai Giudici, a norma della Costituzione - articoli 107 e 112);
• riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento (modifica costituzionale);
• riforma dell'ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile.
• Ordinamento del Governo:
• modifica della Costituzione per stabilire che il Presidente del Consiglio è eletto dalla Camera all'inizio di ogni legislatura e può essere rovesciato soltanto attraverso l'elezione del successore;
• Ordinamento del Parlamento:
• nuove leggi elettorali, per la Camera, di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco) riducendo il numero dei deputati a 450 e, per il Senato, di rappresentanza di 2º grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali, diminuendo a 250 il numero dei senatori ed elevando da 5 a 25 quello dei senatori a vita di nomina presidenziale, con aumento delle categorie relative (ex parlamentari - ex magistrati - ex funzionari e imprenditori pubblici - ex militari ecc.);
• preminenza della Camera dei Deputati nell'approvazione delle leggi; Senato federale delle Regioni focalizzato sulla legge di bilancio.
• Ordinamento di altri organi istituzionali:
• Corte Costituzionale: sancire l'incompatibilità successiva dei giudici a cariche elettive ed in enti pubblici; sancire il divieto di sentenze cosiddette attive (che trasformano la Corte in organo legislativo di fatto);
• abolire le province.
• Abolire tutte le provvidenze agevolative dirette a sanare i bilanci deficitari con onere del pubblico erario ed abolire il monopolio RAI.
Il ruolo della stampa:
« che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Il Giorno, Il Giornale, La Stampa, Il Resto del Carlino, Il Messaggero, Il Tempo, Roma, Il Mattino, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Giornale di Sicilia per i quotidiani; e per i periodici: L'Europeo, L'Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana. La RAI-TV non va dimenticata. »
Infine era previsto il ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica con il passaggio, tra l'altro, del comando delle Forze Armate nelle mani del Ministero dell'Interno.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 134
La cruna dell’ago – 99
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 99
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 79
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 79
In mezzo alla tempesta - 15
Come è notorio gli italiani hanno la memoria corta su moltissime cose.
Hanno invece una memoria mostruosa sugli avvenimenti calcistici di 10-20-30-40 e 50 anni fa.
Berlusconi “padre costituente”: “Presiederò la Convenzione per le riforme”
Dopo aver fatto fallire la Bicamerale del '97 presieduta da D'Alema, il Cavaliere ci riprova. "Forte" di due condanne e tre prescrizioni (una per corruzione di giudici), dice: "Sarò io a guidarla"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 aprile 2013Commenti (2888)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... me/578053/
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Piano di rinascita democratica
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Il piano di rinascita democratica (detto anche programma di rinascita nazionale o il Piano)[1] era una parte essenziale del programma piduista e consisteva in un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro le spire di un autoritarismo legale che avrebbe avuto al suo centro l'informazione. La sua materiale redazione da parte di Francesco Cosentino[2] è stata la ragione per cui si è voluto definire quest'ultimo come la mente istituzionale della compagnia P2[3].
Obiettivi [modifica]
I suoi obiettivi essenziali consistevano in una serie di riforme e modifiche costituzionali onde
« … rivitalizzare il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati, ai cittadini elettori »
In particolare andavano programmate azioni di Governo, di comportamento politico ed economico, nonché di atti legislativi, per ottenere ad esempio nel settore scuola di
« … chiudere il rubinetto del preteso automatismo: titolo di studio - posto di lavoro… »
Il piano è stato ritrovato e sequestrato nel 1982 in un doppiofondo di una valigia di Maria Grazia Gelli, figlia di Licio Gelli, Maestro venerabile della loggia massonica P2, assieme al memorandum sulla situazione politica in Italia. È stato pubblicato negli atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2[4].
Punti principali [modifica]
A trent'anni di distanza, alcuni punti del piano hanno trovato parziale attuazione a livello istituzionale e di assetto economico nel mondo imprenditoriale e soprattutto a livello mediatico. Altri sono stati riproposti dalle forze politiche, anche di tendenza opposta.
Principali punti:
• La nascita di due partiti: "l'uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l'altra sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali e democratici dellaDestra Nazionale)." Allo scopo di semplificare il panorama politico.
• Controllo dei media. Il piano prevedeva il controllo di quotidiani (quindi l'eliminazione della libertà di stampa e di pensiero) e la liberalizzazione delle emittenti televisive (all'epoca permesse solo a livello regionale) allo scopo di controllarle, e in questo modo influenzare l'opinione pubblica; nonché l'abolizione del monopolio della RAI e la sua privatizzazione. L'abolizione del monopolio RAI era avvenuto prima della scoperta della loggia, con la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 1974 che liberalizzava le trasmissioni televisive via cavo.
• Progetto Bicamerale del 1997 (Commissione parlamentare per le riforme costituzionali): "ripartizione di fatto, di competenze fra le due Camere (funzione politica alla CD e funzione economica al SR)".
• Riforma della magistratura: divisione tra ruolo del P.M. e del magistrato, responsabilità del CSM nei confronti del parlamento. Si osserva che introdurre la responsabilità del CSM nei confronti del parlamento sarebbe tecnicamente una subordinazione del potere giudiziario al potere legislativo, e quindi verrebbe meno la separazione dei poteri. La modifica, infatti, necessiterebbe di una riforma costituzionale.
• Riduzione del numero dei parlamentari[5].
• Abolizione delle province[5].
• Abolizione della validità legale dei titoli di studio[5].
Licio Gelli sostiene che la coincidenza di talune parti del "Piano" con i programmi dei partiti attuali non sarebbe casuale[6]. In un'intervista dell'ottobre 2008 ha successivamente affermato che, sebbene tutte le forze politiche abbiano preso spunto dal Piano (tanto da indurlo a reclamare ironicamente i diritti d'autore), Silvio Berlusconi è l'unico che può attuarlo[7]. Dello stesso avviso Mario Guarino, Sergio Flamigni[8] e Umberto Bossi[9].
Dettagli [modifica]
Il piano prevedeva modifiche urgenti e a medio e lungo termine.
Modifiche urgenti [modifica]
• la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;
• la normativa per l'accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari).
Modifiche riguardo al Governo [modifica]
• la “legge sulla Presidenza del Consiglio e sui Ministeri" (Cost.art.95) per determinare competenze e numero (ridotto) dei ministri, con eliminazione o quasi dei Sottosegretari;
• riforma dell'amministrazione (relativa agli artt. 28, 97 e 98 Cost.) fondata sulla teoria dell'atto pubblico non amministrativo, sulla netta separazione della responsabilità politica da quella amministrativa (che diviene personale, attraverso l'istituzione dei Segretari Generali di Ministero) e sulla sostituzione del principio del silenzio-rifiuto con quello del silenzio-consenso;
Provvedimenti economico-sociali [modifica]
• eliminazione delle festività infrasettimanali e dei relativi ponti (eccettuato il 2 giugno, il Natale, il Capodanno e Ferragosto) da riconcedere in un forfait di 7 giorni aggiuntivi alle ferie annuali di diritto;
• alleggerimento delle aliquote sui fondi aziendali destinati a riserve, ammortamenti, investimenti e garanzie, per sollecitare l'autofinanziamento premiando il reinvestimento del profitto;
• concessione di forti sgravi fiscali ai capitali stranieri per agevolare il ritorno dei capitali dall'estero.
TV e stampa [modifica]
• immediata costituzione di una agenzia per il coordinamento della stampa locale (da acquisire con operazioni successive nel tempo) e della TV via cavo da impiantare a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese.
• moltiplicazione delle reti radio e TV in nome della libertà di antenna (art. 21 della Costituzione), e la soppressione della RAI. Queste emittenti e i giornali dovevano essere coordinati da un'agenzia centrale per la stampa.
Sindacati [modifica]
• ricondurre il sindacato alla sua «naturale funzione» di
« interlocutore del fenomeno produttivo in luogo di quello illegittimamente assunto di interlocutore in vista di decisioni politiche aziendali e governative »
il sindacato non deve fare politica. In quest'ottica occorre
« limitare il diritto di sciopero alle causali economiche ed assicurare comunque la libertà di lavoro »
• provvedere alla
« restaurazione della libertà individuale nelle fabbriche e aziende in genere per consentire l'elezione dei consigli di fabbrica con effettive garanzie di segretezza del voto »
Il primo obiettivo è collegato al tema della insufficiente delimitazione di chiari confini e della sovrapposizione di poteri, che indeboliscono lo Stato. Come esempio:
« lo spostamento dei centri di potere reale del Parlamento ai sindacati e dal Governo ai padronati multinazionali con i correlativi strumenti di azione finanziaria »
I due obiettivi si realizzano con due ipotesi:
• sollecitazione alla rottura di CISL e UIL e successiva unione con i sindacati autonomi;
• controllo delle correnti interne:
« acquisire con strumenti finanziari di pari entità i più disponibili fra gli attuali confederali allo scopo di rovesciare i rapporti di forza all'interno dell'attuale trimurti. »
Lo Statuto dei lavoratori art. 17 vietava il finanziamento a sindacati di comodo; È lasciato come ultima scelta
« un fenomeno clamoroso come la costituzione di un vero sindacato che agiti la bandiera della libertà di lavoro e della tutela economica dei lavoratori »
Provvedimenti a medio e lungo termine [modifica]
• Ordinamento giudiziario:
• unità del Pubblico Ministero con gli altri magistrati (nell'ordinamento vigente, invece, il P.M. è distinto dai Giudici, a norma della Costituzione - articoli 107 e 112);
• riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento (modifica costituzionale);
• riforma dell'ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile.
• Ordinamento del Governo:
• modifica della Costituzione per stabilire che il Presidente del Consiglio è eletto dalla Camera all'inizio di ogni legislatura e può essere rovesciato soltanto attraverso l'elezione del successore;
• Ordinamento del Parlamento:
• nuove leggi elettorali, per la Camera, di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco) riducendo il numero dei deputati a 450 e, per il Senato, di rappresentanza di 2º grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali, diminuendo a 250 il numero dei senatori ed elevando da 5 a 25 quello dei senatori a vita di nomina presidenziale, con aumento delle categorie relative (ex parlamentari - ex magistrati - ex funzionari e imprenditori pubblici - ex militari ecc.);
• preminenza della Camera dei Deputati nell'approvazione delle leggi; Senato federale delle Regioni focalizzato sulla legge di bilancio.
• Ordinamento di altri organi istituzionali:
• Corte Costituzionale: sancire l'incompatibilità successiva dei giudici a cariche elettive ed in enti pubblici; sancire il divieto di sentenze cosiddette attive (che trasformano la Corte in organo legislativo di fatto);
• abolire le province.
• Abolire tutte le provvidenze agevolative dirette a sanare i bilanci deficitari con onere del pubblico erario ed abolire il monopolio RAI.
Il ruolo della stampa:
« che va sollecitata al livello di giornalisti attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Il Giorno, Il Giornale, La Stampa, Il Resto del Carlino, Il Messaggero, Il Tempo, Roma, Il Mattino, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Giornale di Sicilia per i quotidiani; e per i periodici: L'Europeo, L'Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana. La RAI-TV non va dimenticata. »
Infine era previsto il ridimensionamento del ruolo del Presidente della Repubblica con il passaggio, tra l'altro, del comando delle Forze Armate nelle mani del Ministero dell'Interno.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 135
La cruna dell’ago – 100
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 100
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 80
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 80
In mezzo alla tempesta - 16
Siamo all’interno dell’emergenza, dell’emergenza, dell’emergenza, e ogni giorno si ripetono sempre le stesse cazzate di sempre. Oggi si danno le stesse risposte di 18 mesi fa come se il quadro economico non fosse peggiorato enormemente.
Che si chiami rivolta, rivoluzione, guerra civile oramai ha poca importanza, le cazzate rimangono cazzate e continuare giorno dopo giorno a produrne in quantità industriale porta inevitabilmente diritti sparati allo scontro sociale, pericolo paventato anche da Squinzi un paio di settimane fa ma totalmente ignorato dall’intera classe politica con relativi boys della disinformazione al seguito.
Basta seguire qualsiasi talk politico per rendersene conto. Stasera è la volta di Piazzapulita.
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Remo Bodei
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Siamo all’interno dell’emergenza, dell’emergenza, dell’emergenza, e ogni giorno si ripetono sempre le stesse cazzate di sempre. Oggi si danno le stesse risposte di 18 mesi fa come se il quadro economico non fosse peggiorato enormemente.
Che si chiami rivolta, rivoluzione, guerra civile oramai ha poca importanza, le cazzate rimangono cazzate e continuare giorno dopo giorno a produrne in quantità industriale porta inevitabilmente diritti sparati allo scontro sociale, pericolo paventato anche da Squinzi un paio di settimane fa ma totalmente ignorato dall’intera classe politica con relativi boys della disinformazione al seguito.
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Re: Come se ne viene fuori ?
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Come inizia una guerra civile – 136
La cruna dell’ago – 101
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 101
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 81
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Cronaca di un affondamento annunciato - 81
In mezzo alla tempesta - 17
Se dovessimo sintetizzare cosa sta succedendo alla società alla società italiana negli ultimi 5 anni, potremmo farlo in questo modo:
1) Ogni giorno scendiamo inevitabilmente di un gradino la lunga scala che ci porta verso il basso in un luogo dove non riusciamo bene a delinearne i contorni. Un luogo che avvertiamo non sia un luogo di piacere ma di dolore.
Accade in alcuni giorni che facciamo addirittura un salto di 10 gradini alla volta. Ad esempio come nel giorno del rifiuto di eleggere al Colle Romano Prodi o il rifiuto di prendere in considerazione quello che comunemente pretendiamo debba essere la figura del capo dello Stato, una persona super partes, espressa molto bene da Stefano Rodotà.
Oppure,
2) Possiamo essere paragonati ai vitelli che vengono spinti a forza in un percorso obbligato che porta inevitabilmente verso la sala macello.
I vitelli marciano tutti inconsapevolmente nella stessa direzione e non puoi ribellarti e tornare indietro, perché se tenti di fare marcia indietro ed andare controcorrente vieni immancabilmente travolto e massacrato dal flusso dei vitelli che sta dietro di te.
Calpestato e massacrato dai tuoi stessi simili prima di arrivare nella sala macello.
Il “cretinismo parlamentare” è una definizione datata di almeno 150 anni ad opera di Engels e Lenin, in contesti diversi ma simili.
Segno evidente che la sfera del cervello degli esseri umani che presiede alla vita sociale si sviluppa con una lentezza mostruosa. Tutti i difetti di base della vita sociale della società delle caverne si riscontrano pari pari in quella che viene definita impropriamente “società moderna”.
Di moderno è riscontrabile innegabilmente solo lo scenario che ci circonda corredato da una serie di strumenti che dimostrano un altissimo grado di evoluzione tecnologica.
L’animale uomo, ha sviluppato enormemente solo quella parte del cervello che attiene alla tecnologia.
Partendo dalla scoperta dell’utilizzo del fuoco e della ruota, l’uomo ha progressivamente modificato il teatro che lo circonda ricercando via via nel tempo una serie di strumenti utili ad una vita più confortevole.
E’ di tre giorni fa la notizia piuttosto sbalorditiva che ci fa fare un ulteriore balzo in avanti sulla via del progresso tecnologico. Il cellulare di nuova generazione che ti ricerca un numero telefonico solo con il pensiero.
Possiamo anche dire che l’uomo ha sviluppato in maniera strabiliante la scienza della medicina che si prefissa lo scopo di prolungare la sopravvivenza della specie.
Ma inspiegabilmente mantiene inalterate le caratteristiche fondamentali dei loro progenitori delle caverne.
Quelle che a vario titolo spingono verso l’eliminazione fisica in modalità singola o di massa dei suoi simili.
La fase degenerativa che stiamo attraversando spinge sempre più la società italiana e non solo, perché il fenomeno si sta sviluppando anche in sede europea, a ricorrere alla tradizione della prevaricazione dell’uomo sull’uomo che porta come conseguenza diretta alla eliminazione fisica dei singoli che se non avrà una reazione adeguata porterà inevitabilmente all’accettazione dell’eliminazione di massa dei componenti della società umana.
Né più né meno di come facevano i loro progenitori della caverne in funzione dei vari interessi del momento.
Remo Bodei
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Se dovessimo sintetizzare cosa sta succedendo alla società alla società italiana negli ultimi 5 anni, potremmo farlo in questo modo:
1) Ogni giorno scendiamo inevitabilmente di un gradino la lunga scala che ci porta verso il basso in un luogo dove non riusciamo bene a delinearne i contorni. Un luogo che avvertiamo non sia un luogo di piacere ma di dolore.
Accade in alcuni giorni che facciamo addirittura un salto di 10 gradini alla volta. Ad esempio come nel giorno del rifiuto di eleggere al Colle Romano Prodi o il rifiuto di prendere in considerazione quello che comunemente pretendiamo debba essere la figura del capo dello Stato, una persona super partes, espressa molto bene da Stefano Rodotà.
Oppure,
2) Possiamo essere paragonati ai vitelli che vengono spinti a forza in un percorso obbligato che porta inevitabilmente verso la sala macello.
I vitelli marciano tutti inconsapevolmente nella stessa direzione e non puoi ribellarti e tornare indietro, perché se tenti di fare marcia indietro ed andare controcorrente vieni immancabilmente travolto e massacrato dal flusso dei vitelli che sta dietro di te.
Calpestato e massacrato dai tuoi stessi simili prima di arrivare nella sala macello.
Il “cretinismo parlamentare” è una definizione datata di almeno 150 anni ad opera di Engels e Lenin, in contesti diversi ma simili.
Segno evidente che la sfera del cervello degli esseri umani che presiede alla vita sociale si sviluppa con una lentezza mostruosa. Tutti i difetti di base della vita sociale della società delle caverne si riscontrano pari pari in quella che viene definita impropriamente “società moderna”.
Di moderno è riscontrabile innegabilmente solo lo scenario che ci circonda corredato da una serie di strumenti che dimostrano un altissimo grado di evoluzione tecnologica.
L’animale uomo, ha sviluppato enormemente solo quella parte del cervello che attiene alla tecnologia.
Partendo dalla scoperta dell’utilizzo del fuoco e della ruota, l’uomo ha progressivamente modificato il teatro che lo circonda ricercando via via nel tempo una serie di strumenti utili ad una vita più confortevole.
E’ di tre giorni fa la notizia piuttosto sbalorditiva che ci fa fare un ulteriore balzo in avanti sulla via del progresso tecnologico. Il cellulare di nuova generazione che ti ricerca un numero telefonico solo con il pensiero.
Possiamo anche dire che l’uomo ha sviluppato in maniera strabiliante la scienza della medicina che si prefissa lo scopo di prolungare la sopravvivenza della specie.
Ma inspiegabilmente mantiene inalterate le caratteristiche fondamentali dei loro progenitori delle caverne.
Quelle che a vario titolo spingono verso l’eliminazione fisica in modalità singola o di massa dei suoi simili.
La fase degenerativa che stiamo attraversando spinge sempre più la società italiana e non solo, perché il fenomeno si sta sviluppando anche in sede europea, a ricorrere alla tradizione della prevaricazione dell’uomo sull’uomo che porta come conseguenza diretta alla eliminazione fisica dei singoli che se non avrà una reazione adeguata porterà inevitabilmente all’accettazione dell’eliminazione di massa dei componenti della società umana.
Né più né meno di come facevano i loro progenitori della caverne in funzione dei vari interessi del momento.
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Re: Come se ne viene fuori ?
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La cruna dell’ago – 102
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 102
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 82
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 82
In mezzo alla tempesta - 18
Finché dura è tornata la Dc -1
Finché dura è tornata la Democrazia cristiana. Berlusconi terrà sveglio Letta nipote fino a quando non otterrà ciò che vuole. Il ricatto e la corruzione è il suo mestiere.
Finché dura perché sulla hp del sito del Corriere.it, per 27 ora campeggia:
Stop all'Imu, tensione tra Pd e Pdl
Berlusconi: abolirla o via dal governo
Berlusconi lascia palazzo Grazioli diretto al Senato
http://images2.corriereobjects.it/Media ... 0430132344
Franceschini: la tassa non verrà tolta. Il Pdl insorge, Delrio chiarisce: «Sospesa la rata estiva, poi più leggera per i meno abbienti». Letta: vale quel che ho detto in Aula
Sospensione dell’Imu, condividete? VOTA
http://www.corriere.it/politica/13_apri ... 3cff.shtml
Per necessità alcuni,i bucaneros berlusconiani, per strategia gli altri, i democrats cristiani, che hanno tessuto la tela del ragno per 2 anni spingendo forzatamente per l’alleanza “progressisti” e “moderati” per riformare la Dc, battuti alle elezioni, leggesi Pd-Udc-Lc, hanno sapientemente giocato su una ricostituzione più larga messa in atto da altri soggetti più giovani come Letta e Alfano.
Senza poi dimenticare che i poteri forti hanno necessità impellente di rappresentanza in Parlamento. L’hanno sempre avuta a cominciare da prima di Benito Mussolini, per arrivare a Silvio Mussoloni, poi a Monti e oggi a Letta.
La Dc è tornata in vita in questa fase con un’ala di sinistra rappresentata dal Pd, ma che equivale all’ala sinistra della prima Repubblica. Niente a che vedere con la sinistra classica che conosciamo dal 25 aprile 1945.
Politicamente sono stati abili e bisogna riconoscerlo.
Si sono fatti forti negli ultimi 16 anni con l’apporto degli ex Pci. In modo particolare sono stati bravi a manovrare con il Pd.
Sono stati eletti con l’apporto e il supporto degli elettori di sinistra.
Chapeau.
Sono riusciti ad abbindolare per tanti anni gli elettori di sinistra.
Ma tutto ha avuto un termine, il 25 febbraio 2013, quando la prima tranche di 3,5 milioni di elettori di sinistra se ne è accorto e ha detto BASTA.
Le manovre successive per arrivare a tutti i costi a riunire la Dc anche allargando a Berlusconi passando per il “”””””””””centrino”””””””””””””” sono andate in porto creando di conseguenza la rivolta nella base di sinistra del Pd che non aveva ancora capito la partita che si stava giocando sopra la propria testa.
<<Non mi sarei mai aspettato di morire democristiano, ha dichiarato ieri al Corriere Galan>>.
Se questa condizione desta stupore in un uomo di destra, di certo non verrà accettata da chi è di sinistra e non necessariamente komunista.
I giochetti sono stati in parte scoperti e si attendono le regolari reazioni.
Bersani è stato fatto fuori da chi da anni studia a tavolino la riunione della Dc alle spese della sinistra merlifera.
Sbaglia chi in tutto questo tempo se la prende con Grillo per il mancato accordo con la nuova Dc targata Pd.
I 101 che non hanno consentito l’elezione di Prodi non avrebbero mai permesso a Bersani di governare, perché l’obiettivo finale è sempre stato quello di rifare la Dc.
Bersani, in quanto segretario con qualche tendenza di sinistra doveva essere fatto fuori a tutti i costi per fare posto al suo vice, legato al Bildelberg, alla Trilaterale, ai poteri forti nazionali compreso il Vaticano SpA, e agli Usa.
Gli hanno concesso tutta la corda per impiccarsi. Forse Pier Luigi non si è ancora accorto oggi di cosa gli è successo, visto che spara minchiate unitarie.
La classe dirigente dell’ex Pci si è venduta per il potere. Adesso è stata battuta e la sinistra si è ritirata nella riserva indiana del Sel, a cui si sta legando Stefano Rodotà che ha ben chiaro il tradimento dei notabili ex Pci.
Si chiude così la seconda fase Repubblicana con la resurrezione della Dc a cui da il temporaneo apporto il Caimano, mentre la sinistra rappresentativa non esiste più.
Se fosse un combattente Vendola ha sempre la possibilità di vincere la partita, ma credo non ne abbia tanta voglia.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 137
La cruna dell’ago – 102
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Finché dura è tornata la Dc -1
Finché dura è tornata la Democrazia cristiana. Berlusconi terrà sveglio Letta nipote fino a quando non otterrà ciò che vuole. Il ricatto e la corruzione è il suo mestiere.
Finché dura perché sulla hp del sito del Corriere.it, per 27 ora campeggia:
Stop all'Imu, tensione tra Pd e Pdl
Berlusconi: abolirla o via dal governo
Berlusconi lascia palazzo Grazioli diretto al Senato
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Franceschini: la tassa non verrà tolta. Il Pdl insorge, Delrio chiarisce: «Sospesa la rata estiva, poi più leggera per i meno abbienti». Letta: vale quel che ho detto in Aula
Sospensione dell’Imu, condividete? VOTA
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Per necessità alcuni,i bucaneros berlusconiani, per strategia gli altri, i democrats cristiani, che hanno tessuto la tela del ragno per 2 anni spingendo forzatamente per l’alleanza “progressisti” e “moderati” per riformare la Dc, battuti alle elezioni, leggesi Pd-Udc-Lc, hanno sapientemente giocato su una ricostituzione più larga messa in atto da altri soggetti più giovani come Letta e Alfano.
Senza poi dimenticare che i poteri forti hanno necessità impellente di rappresentanza in Parlamento. L’hanno sempre avuta a cominciare da prima di Benito Mussolini, per arrivare a Silvio Mussoloni, poi a Monti e oggi a Letta.
La Dc è tornata in vita in questa fase con un’ala di sinistra rappresentata dal Pd, ma che equivale all’ala sinistra della prima Repubblica. Niente a che vedere con la sinistra classica che conosciamo dal 25 aprile 1945.
Politicamente sono stati abili e bisogna riconoscerlo.
Si sono fatti forti negli ultimi 16 anni con l’apporto degli ex Pci. In modo particolare sono stati bravi a manovrare con il Pd.
Sono stati eletti con l’apporto e il supporto degli elettori di sinistra.
Chapeau.
Sono riusciti ad abbindolare per tanti anni gli elettori di sinistra.
Ma tutto ha avuto un termine, il 25 febbraio 2013, quando la prima tranche di 3,5 milioni di elettori di sinistra se ne è accorto e ha detto BASTA.
Le manovre successive per arrivare a tutti i costi a riunire la Dc anche allargando a Berlusconi passando per il “”””””””””centrino”””””””””””””” sono andate in porto creando di conseguenza la rivolta nella base di sinistra del Pd che non aveva ancora capito la partita che si stava giocando sopra la propria testa.
<<Non mi sarei mai aspettato di morire democristiano, ha dichiarato ieri al Corriere Galan>>.
Se questa condizione desta stupore in un uomo di destra, di certo non verrà accettata da chi è di sinistra e non necessariamente komunista.
I giochetti sono stati in parte scoperti e si attendono le regolari reazioni.
Bersani è stato fatto fuori da chi da anni studia a tavolino la riunione della Dc alle spese della sinistra merlifera.
Sbaglia chi in tutto questo tempo se la prende con Grillo per il mancato accordo con la nuova Dc targata Pd.
I 101 che non hanno consentito l’elezione di Prodi non avrebbero mai permesso a Bersani di governare, perché l’obiettivo finale è sempre stato quello di rifare la Dc.
Bersani, in quanto segretario con qualche tendenza di sinistra doveva essere fatto fuori a tutti i costi per fare posto al suo vice, legato al Bildelberg, alla Trilaterale, ai poteri forti nazionali compreso il Vaticano SpA, e agli Usa.
Gli hanno concesso tutta la corda per impiccarsi. Forse Pier Luigi non si è ancora accorto oggi di cosa gli è successo, visto che spara minchiate unitarie.
La classe dirigente dell’ex Pci si è venduta per il potere. Adesso è stata battuta e la sinistra si è ritirata nella riserva indiana del Sel, a cui si sta legando Stefano Rodotà che ha ben chiaro il tradimento dei notabili ex Pci.
Si chiude così la seconda fase Repubblicana con la resurrezione della Dc a cui da il temporaneo apporto il Caimano, mentre la sinistra rappresentativa non esiste più.
Se fosse un combattente Vendola ha sempre la possibilità di vincere la partita, ma credo non ne abbia tanta voglia.
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Re: Come se ne viene fuori ?
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Remo Bodei
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La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 82
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 82
In mezzo alla tempesta - 19
Finché dura è tornata la Dc -2
Caterina Perniconi per il "Fatto quotidiano"
GIANFRANCO ROTONDI
Giacca, cravatta e occhiali da vista sportivi, come se fosse appena tornato da una regata in barca a vela. Gianfranco Rotondi è l'unico berlusconiano ex Dc della generazione di Enrico Letta rimasto fuori dall'esecutivo, ma si mostra tranquillo.
Onorevole, dica la verità, è dispiaciuto.
Ma no, è giusto che non ci fossero ex ministri, sarebbe stato di cattivo gusto.
Comunque questo governo le piace parecchio.
Se si potesse votare la fiducia aggiungendo la formula "con entusiasmo", lo farei.
LETTA
É un ritorno a casa.
Diciamo che è un prodotto che conosco bene.
Come Letta.
Per Enrico sarà una passeggiata. Lui ha svolto un compito molto più gravoso di quello di premier: era il mediatore tra Beniamino Andreatta e il resto del mondo.
MONS ANDREATTA
Difficile?
Parlargli era impossibile. Lui ti ascoltava e al massimo se chiedevi cosa ne pensasse ti dava del "presuntuoso". Una volta lo chiamai a casa per fargli gli auguri di Pasqua. Mi rispose la moglie, appoggiò il telefono e quando tornò mi disse: "Mio marito non ricambia gli auguri ma accetta i suoi, arrivederci". Letta è un suo allievo, non può che avere una marcia in più.
Un mediatore, quel che serve.
Io sono più grande, ma lui metteva in soggezione già da ragazzo. Mai disinformato, mai fuori posto. Siamo sempre stati su fronti opposti nel partito, ma io lo vedevo che un altro così non c'era.
Piaggeria?
Non ce n'è bisogno, nella Dc non c'erano mica battaglie, c'erano guerre. Letta era nella sinistra democristiana, che però aveva idee economico-sociali di destra. Infatti ora sta nascendo un grande centrosinistra dove a sinistra c'è Berlusconi non il Pd.
ARNALDO FORLANI
Ecco il punto. Più che un governo un progetto politico.
La maggioranza è la stessa del governo tecnico, ma non si sente più "strana". Letta li ha già fatti innamorare tutti.
Anche Berlusconi?
Berlusconi è il più felice. Fa la faccia mogia con gli scontenti, per carineria.
SILVIO BERLUSCONI
Quindi non staccherà la spina?
E come fa? Enrico è abile, lo ha già fregato sui suoi temi forti, Imu e Iva. Ma lui voleva questo governo, era il momento giusto per provarci e passare il testimone. Invece Bersani lo devo assolvere per non aver capito il fatto, il Pd che c'era prima non c'è più.
Nemmeno con Matteo Renzi?
Con tutto il rispetto, stiamo parlando di un Togliatti (Letta) a confronto con un Bersani (Renzi). Matteo è un democristiano nato a Dc morta, anche allora voleva rottamare Forlani, ma oltre quello non va.
MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIO
Ieri lei ha ricevuto una lettera di minacce, dove si citava anche la sparatoria davanti a Palazzo Chigi.
Sì, ma quella non è una cosa seria. Ne vivo di peggiori.
Secondo il suo partito, il Pdl, è colpa di chi dissente dalle larghe intese.
Se si riferisce a Grillo penso che non c'entri assolutamente niente, anzi. É meglio che quei voti siano dentro il Parlamento e non fuori. I ragazzi eletti sono persone molto civili.
Allora Alemanno, Gasparri?
Parlano al nostro elettorato, ma lo sanno che non è così.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 137
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La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 82
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In mezzo alla tempesta - 19
Finché dura è tornata la Dc -2
Caterina Perniconi per il "Fatto quotidiano"
GIANFRANCO ROTONDI
Giacca, cravatta e occhiali da vista sportivi, come se fosse appena tornato da una regata in barca a vela. Gianfranco Rotondi è l'unico berlusconiano ex Dc della generazione di Enrico Letta rimasto fuori dall'esecutivo, ma si mostra tranquillo.
Onorevole, dica la verità, è dispiaciuto.
Ma no, è giusto che non ci fossero ex ministri, sarebbe stato di cattivo gusto.
Comunque questo governo le piace parecchio.
Se si potesse votare la fiducia aggiungendo la formula "con entusiasmo", lo farei.
LETTA
É un ritorno a casa.
Diciamo che è un prodotto che conosco bene.
Come Letta.
Per Enrico sarà una passeggiata. Lui ha svolto un compito molto più gravoso di quello di premier: era il mediatore tra Beniamino Andreatta e il resto del mondo.
MONS ANDREATTA
Difficile?
Parlargli era impossibile. Lui ti ascoltava e al massimo se chiedevi cosa ne pensasse ti dava del "presuntuoso". Una volta lo chiamai a casa per fargli gli auguri di Pasqua. Mi rispose la moglie, appoggiò il telefono e quando tornò mi disse: "Mio marito non ricambia gli auguri ma accetta i suoi, arrivederci". Letta è un suo allievo, non può che avere una marcia in più.
Un mediatore, quel che serve.
Io sono più grande, ma lui metteva in soggezione già da ragazzo. Mai disinformato, mai fuori posto. Siamo sempre stati su fronti opposti nel partito, ma io lo vedevo che un altro così non c'era.
Piaggeria?
Non ce n'è bisogno, nella Dc non c'erano mica battaglie, c'erano guerre. Letta era nella sinistra democristiana, che però aveva idee economico-sociali di destra. Infatti ora sta nascendo un grande centrosinistra dove a sinistra c'è Berlusconi non il Pd.
ARNALDO FORLANI
Ecco il punto. Più che un governo un progetto politico.
La maggioranza è la stessa del governo tecnico, ma non si sente più "strana". Letta li ha già fatti innamorare tutti.
Anche Berlusconi?
Berlusconi è il più felice. Fa la faccia mogia con gli scontenti, per carineria.
SILVIO BERLUSCONI
Quindi non staccherà la spina?
E come fa? Enrico è abile, lo ha già fregato sui suoi temi forti, Imu e Iva. Ma lui voleva questo governo, era il momento giusto per provarci e passare il testimone. Invece Bersani lo devo assolvere per non aver capito il fatto, il Pd che c'era prima non c'è più.
Nemmeno con Matteo Renzi?
Con tutto il rispetto, stiamo parlando di un Togliatti (Letta) a confronto con un Bersani (Renzi). Matteo è un democristiano nato a Dc morta, anche allora voleva rottamare Forlani, ma oltre quello non va.
MATTEO RENZI CON LA MANO NELL'OCCHIO
Ieri lei ha ricevuto una lettera di minacce, dove si citava anche la sparatoria davanti a Palazzo Chigi.
Sì, ma quella non è una cosa seria. Ne vivo di peggiori.
Secondo il suo partito, il Pdl, è colpa di chi dissente dalle larghe intese.
Se si riferisce a Grillo penso che non c'entri assolutamente niente, anzi. É meglio che quei voti siano dentro il Parlamento e non fuori. I ragazzi eletti sono persone molto civili.
Allora Alemanno, Gasparri?
Parlano al nostro elettorato, ma lo sanno che non è così.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
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Come inizia una guerra civile – 138
La cruna dell’ago – 103
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 103
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 83
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Cronaca di un affondamento annunciato - 83
In mezzo alla tempesta - 20
l’Unità 30.4.13
Letta ricompatta i democratici Epifani: «Mettiamoci la faccia»
Sì Pd-Pdl, Lega astenuta
Il grazie a Bersani. L’ex segretario: «Ora aiutiamolo»
Rientrati i cinquanta dissidenti sul voto di fiducia
il Fatto 30.4.13
I Democrats si allineano. Inizia il post-Bersani
Speranza evoca l’”interesse nazionale”
di Wanda Marra
Non potrei iniziare questo discorso, in un passaggio così impegnativo, senza un accenno personale ed esprimere un senso di gratitudine profonda verso chi, con generosità e senso antico della parola lealtà, mi ha sostenuto anche in questo difficile passaggio: Pierluigi Bersani”. Enrico Letta parla da Presidente del Consiglio. L’altro, che era il candidato elettorale, è seduto tra i banchi del Pd. I due si erano presentati in ticket alle primarie del 2009. Insieme hanno gestito questa fase politica. Il vice è diventato premier. L’ex segretario, deputato semplice, sorride, fa il segno di vittoria. Applaude tutta l’Aula (eccettuati i grillini). Passaggio di consegne storico: il Pd ha non vinto le elezioni, l’ex comunista Bersani non è andato a Palazzo Chigi a fare il governo col Pdl, ma ha assicurato “sostegno leale” all’ex Dc con il quale ha lavorato fino all’altroieri. Un Pd che per 60 giorni non ha fatto che litigare, sabotarsi, impallinare i suoi vertici, e in una parola autodistruggersi, cede la sua sovranità, rinuncia alla sua alterità, si rassegna all’inciucio finale. Senza uno strappo ufficiale, se non quello di Pippo Civati (che alla fine, piuttosto che dire no alla fiducia e di fatto mettersi fuori dal partito sceglie di uscire dall’Aula). E del neo eletto piemontese Davide Mattiello, proveniente da Libera, che si dimette dal gruppo.
QUALCHE distinguo c’è. Interviene in Aula Stefano Fassina, responsabile Economico del Pd (e ancora in corsa per un posto da vice Ministro): “I 4 miliardi di euro necessari a cancellare l’Imu, premesso che li abbiamo trovati, possiamo utilizzarli per evitare l’aumento dell’Iva? ”, chiede. “Oppure abbiamo trovato, oltre ai 7-8 miliardi per affrontare i provvedimenti urgenti lasciati scoperti da Monti, altri 8 miliardi all’anno per cancellare l’Imu e per cancellare l’aumento dell’Iva? E come li finanziamo? Con ulteriori ticket sulla sanità? Con ulteriori tagli alla scuola pubblica e all’università? Con ulteriore deindicizzazione delle pensioni basse? ”.
Un intervento da opposizione lo fa Rosy Bindi: “Per molti di noi non è giusto sospendere l’Imu sulla prima casa”. Perché “le priorità sono la riforma delle pensioni, gli esodati. Per l’Imu c’è una data certa, per questi altri temi caldi no”. Mettono il dito nella piaga Fassina e Bindi e preannunciano problemi: Letta è andato incontro al Pdl. E il Pd? Per ora il Pd nel complesso sorride e ingoia. Gozi (fino all’ultimo dissidente) inneggia all’europeismo di Letta, i più critici, come Orfini e Zampa, si allineano. Nel frattempo, qualcuno s’interroga. Mineo: “Ma come si fa a preservare la sinistra? Quando facciamo il congresso? ”, chiede a Orfini. La risposta è un’altra domanda: “Facciamo l’Assemblea. Se no, chi lo convoca il congresso? ”. L’Assemblea prevista per sabato è stata rimandata all’11. Meglio finire la partita dei sottosegretari prima, per sedare qualche malumore. E poi si brancola nel buio. Segretario dimissionario, vicesegretario premier. Si parla di un reggente, Guglielmo Epifani, che dovrebbe traghettare il partito fino al congresso (che è a ottobre e probabilmente non si anticiperà: il tempo serve a tutti). Ieri applauditissimo all’assemblea del gruppo mentre invitava a metterci la faccia, sull’operazione larghe intese e non a subirla. È in pole position. Oppure un Triumvirato, con un renziano, un Giovane turco e un rappresentante di un’altra area.
POCO entusiasmo generale per la leadership del partito. Matteo Renzi si dichiara non interessato. “Può fare tutti i capricci che vuole, ma ora c’è una sola cosa da fare, ed è questa: impegnarsi nel partito”, dice uno dei suoi. L’ultima vittima del governo Letta sembra proprio lui: rottamati i big, il governo dei giovani, moderato e post ideologico, l’ha fatto un altro. Se dura, per Matteo rischiano di diventare guai definitivi. Nell’intervento a nome del Pd il capogruppo, Roberto Speranza ripete il nuovo mantra democratico. Facciamo questa scelta “eccezionale, in un tempo eccezionale”, “nell’interesse nazionale”. Il Pd “farà la sua parte fino in fondo”. E ringraziando il “faro Napolitano” cita Don Milani: “A che serve avere le mani pulite se poi le tieni in tasca? ”. Tutti in piedi ad applaudire. L’era del post Pd è iniziata.
il Fatto 30.4.13
Stralunati e un po’ sorpresi tra le braccia del Caimano
Traversata verso l’ignoto
Il ministro Pd: “Se sei nella melma meglio stare ai posti di comando”
di Antonello Caporale
Clima contratto, bicipiti in tiro, istinto difensivo. Nella traversata verso l’ignoto il Transatlantico sembra una nave senza nocchiero, un po’ concordia e un po’ discordia. “Chissà che ne sarà di noi domani”, dice Andrea Orlando, ligure mite e neo ministro che ha colto l’attimo a modo suo. Ora dà un saggio di politica zen: “Visto che siamo nella melma meglio stare dentro il governo che fuori. La contieni meglio. Alla peggio si rompe tutto e si ritorna come prima”. Come piano non è male. Se uno deve proprio buttarsi a mare meglio scegliere una bella tempesta che l’alba chiara. Prima che Enrico Letta si accomodi in poltrona, arriva la vocina di Silvio Berlusconi via Mediaset (oggi titolo in smagliante risalita): “Vorrei presiedere la convenzione per le Riforme, come da accordi”. Il grande B. reintegrato nelle funzioni di statista e padre della Patria è pronto e sorridente. “E io non lo voto”, dice Orlando che tira verso sinistra. “Io forse sì”, spiega Pierpaolo Baretta che tira verso il centro. Faranno confusione anche questa volta: “Anch’io penso che ci dobbiamo chiarire le idee su chi siamo e su dove andiamo”. “Io ancora non so cosa fare”, ammette Ermete Realacci. C’è mal di mare alla Camera. Brunetta trotterella, Verdini sorride, Santanchè tambureggia. E sono quelli di là. Vogliono subito passare all’incasso, e abbattere l’Imu già oggi. Rosy Bindi, contiene a fatica la bile: “Ho letto della richiesta di Berlusconi, potrò mai votarlo? E poi anche l’Imu: è proprio un’urgenza, una condizione imprescindibile? Non sarebbe stato meglio iniziare dagli esodati? Non ci capisco granchè”.
GIRA LA TESTA e girano le scatole. “Certo, Berlusconi farà quel che meglio sa fare. Incasso immediato degli utili, e con l’Imu non si risparmierà. Spetta a noi trovare una strategia, una quadra, un’idea”. Neanche termina la frase Gianni Cuperlo, inquieto, e spunta in televisione il solito Brunetta che canta vittoria. “L’Imu, la nostra grande battaglia è vinta”. E i soldi? Dove sono i soldi? “Lo vedrà il ministro Saccomanni”. Risposta efferata, veleno puro. Letta, il premier dell’emergenza, ha appena illustrato un programma megagalattico, onnicomprensivo. I soldi sono l’ultimo assillo. Nell’arco delle cose da fare mancano gli impegni di target più berlusconiano (felicità per tutti, o anche il sole tutti i giorni) ma ci sarà ogni cosa possibile, dall’Erasmus in poi. Il centrosinistra batte le mani all’inizio e con più convinzione, quegli altri con più sofferenza. Mano a mano che si allunga e si impasta il lavoro la fatica di fare clap clap si fa notare e la vigoria inizia a scemare. “È stato un discorso un po’ pastoso”, dice il giovane democristiano Valiante (Pd). Un po’ obliquo, anche un po’ ambiguo, sulle energie rinnovabili appena una pennellata, ma una cosina proprio”, annota Realacci. Ci sono tutti e sono un po’ felici e un po’ scontenti, un po’ allarmati, un po’ stralunati. “Venga in Sicilia dottore”, propone a sorpresa l’onorevole Cardinale, ora ex, ora accompagnatore della figliola Claudia, molto giovane e già al secondo mandato da deputata. Non c’è commozione, manca l’ardore, si naviga a vista ma insomma si parte. Le amazzoni del Pdl fanno due conti: la Ravetto per esempio, sarà sottosegretario? E alle altre? Chi fa la lista dei nomi è il solito Denis, a lui bisogna bussare. “Io non so se sarò dentro, temo che l’amicizia con Angelino Alfano produca un ostacolo. Sa, lui non vuol far mai vedere di promuovere gli amici”.
DORINA BIANCHI, crotonese, è in controllata attesa e tanti maschi, più di lei, confabulano e non si arrendono al destino di non prendere parte verso l’ignoto. “Enrico ha messo in fila in meno di un’ora spese per oltre quaranta miliardi di euro. Domani va a Berlino dalla Merkel e le dirà chiaro che ce li deve permettere di spendere, altrimenti finiremo in bocca ai cinquestelle”. L’ignoto è un salto carpiato e Lapo Pistelli non ha motivi per non essere pronto al tuffo: “Fino a una settimana fa tu avresti mai previsto uno scenario simile? Ti dico che se le cose vanno al posto giusto Letta siederà a palazzo Chigi per l’intera legislatura. La ruota è girata troppo velocemente che anche Berlusconi è fuori gioco. Ma lo vedi dov’è finito? ”. A dire la verità il Cavaliere si gode la scena, trasmette sicurezza, sorridente e finalmente rilassato. Guarda il suo Angelino e gli altri intrepidi ministri suoi. Quagliariello e Lupi e Lorenzin. Tolto Alfano erano tutti fuggitivi. A novembre scorso sembravano voler lasciare l’amato Padre per via della sconfitta imminente. Fuggitivi ripresi nell’ultimo miglio e premiati. Perchè premiare i traditori, come disse Verdini? “Facile, perchè noi siamo su un gommone e Berlusconi ha uno spillone in mano, ci bucherà quando vorrà e senza troppi dispiaceri” ha spiegato Gaetano Quagliariello, oggi felicissimo pentito. La quarta della squadra, un po’ qui e un po’ là, è gasatissima: “Cercavo proprio lei. Ricorda quando anni fa mi intervistò (ero appena giunta da Benevento) e mi chiese della mia ambizione più grande, del mio sogno nel cassetto? Le risposi: fare il ministro dell’Agricoltura. Eccomi qua”. Eccola qua Nunzia De Girolamo, con un sorriso smacchia paure e la convinzione che sia salita in groppa al cavallo giusto al momento giusto.
il Fatto 30.4.13
La “coesione” fra Pd e Pdl farà trionfare le ingiustizie
di Maurizio Viroli
Dobbiamo essere tutti sinceramente riconoscenti al governo Letta e a coloro che l’hanno generosamente auspicato, tenacemente voluto e saggiamente realizzato: il capo dello Stato, Berlusconi e il Pd. Essi hanno regalato agli italiani una certezza, che Pd e Pdl non devono più incontrarsi e frequentarsi di nascosto fingendo in pubblico di detestarsi cordialmente, ma possono convivere alla luce del sole. Si sono tolti la maschera, è crollata la menzogna del Pd avversario – incerto, timido, balbettante – ma pur sempre avversario, con la quale i dirigenti di quel partito hanno ottenuto i voti di tanti italiani onesti e saggi e come tali nemici di Berlusconi e dei suoi servi. Di questi tempi, una verità fra tante menzogne, e tanta simulazione e dissimulazione, non è poco.
“GOVERNO politico, unico possibile”, ha commentato il capo dello Stato. Con il più sentito rispetto per l’Istituzione e per l’uomo mi permetto di rilevare che la prima affermazione non è davvero un esempio di chiarezza. Non si capisce che cosa possa mai essere un governo non politico. È vero che il linguaggio italiano abbonda di sciocchezze quali ‘governo tecnico’, ‘governo del presidente’, ‘governo elettorale’ e via di questo passo. Ma sono tutte espressioni che confondono, anziché chiarire la realtà delle cose. Qualsiasi governo attua e concorre a formare leggi, più spesso decreti, che valgono per tutta la comunità e dunque sono atti politici della più bell’acqua. Certo che anche quello attuale è un governo politico, ma che bisogno c’era di dirlo? Se invece quel “politico” indica qualcos’altro lo si spieghi con parole chiare.
La seconda affermazione che il governo Letta è l’unico possibile è probabilmente vera, dopo che il Pd ha deciso di non votare per Rodotà. Il presunto ‘stato di necessità’, diciamo così, che costringe a formare un governo con Berlusconi se lo sono creati il capo dello Stato e il Pd, e dunque non è affatto tale. Ora, potrebbe qualcuno spiegare agli italiani per quale motivo Berlusconi presidente del Consiglio era alla fine del 2011 causa delle patrie sventure, mentre oggi un governo con il suo più fedele yes man quale vice di Letta e capo del ministero degli Interni sarebbe benefico? Si suppone indipendenza di pensiero all’Alfano? Si fantastica di un diverso orientamento di Berlusconi? Insomma, se allora il bene dell’Italia esigeva di allontanare Berlusconi e i suoi da Palazzo Chigi, quale ragione impone oggi di richiamarli?
Coesione! coesione! coesione! È il nuovo imperativo categorico. Non se ne potrebbe trovare uno peggiore. Perché la coesione, ma meglio sarebbe parlare di concordia, è benefica se c’è giustizia. E quale giustizia possiamo aspettarci da un esecutivo che deve operare sotto il comando, o a essere benevoli, il forte condizionamento, del peggior nemico del governo delle leggi, dell’indipendenza della magistratura e soprattutto della Costituzione repubblicana? Quale giustizia da chi ha portato in Parlamento corruttori di giudici, collusi con la mafia, corrotti di ogni tipo e li ha poi difesi con tutte le sue forze? Quale giustizia da chi ha approvato le peggiori leggi a favore dei gaglioffi? Essere concordi o coesi con figuri siffatti vuol dire essere complici di ingiustizie, e così crescono non la concordia ma la discordia, e perfino la rabbia e il furore, due passioni pericolosissime per l’ordine repubblicano.
È TEMPO di gite scolastiche. Suggerisco ai sostenitori del nuovo governo di mettere i panini e la Coca-cola nello zainetto e andare a visitare la mostra su Machiavelli al Vittoria-no, dove spero gli organizzatori abbiano dedicato adeguato spazio a questo aureo pensiero del Segretario: “Che la disunione della Plebe e del Senato romano fece libera e potente quella republica”. Si riferiva alla Roma antica. Dovremmo seguire il suo consiglio: per rendere libera e civile la nostra Repubblica scegliere non la coesione ma il conflitto: pacifico, nel più rigoroso rifiuto della violenza, civile, meditato e pacato, ma intransigente contro Berlusconi e ai suoi servi e i suoi nuovi alleati. Il nuovo governo gode di un’ampia maggioranza. Proprio per questo la Repubblica ha bisogno di opposizione vera.
il Fatto 30.4.13
La prima cambiale pagata al Caimano
di Stefano Feltri
La politica è l’arte di scegliere come distribuire risorse scarse sapendo che non si possono accontentare tutti. Che qualcuno protesterà, ma non sempre chi urla più forte ha anche ragione. Il governo di Enrico Letta nasce invece promettendo tutto a tutti. Il primo risultato concreto lo incassano Silvio Berlusconi e il suo Pdl che avevano vincolato la fiducia alla cancellazione dell’Imu. L’odiata imposta sugli immobili viene sospesa, a giugno non si pagherà in attesa di una riforma complessiva. Eppure Letta impronta il suo discorso di insediamento su un’altra linea: la priorità del Paese è il lavoro, la coesione sociale dipende dalla capacità del governo di arginare il numero dei disoccupati. Non c’è razionalità economica nel cominciare invece dall’Imu. Secondo i calcoli del centro studi Nens, bastano 400 milioni di euro per esentare dall’Imu il 20 per cento degli italiani più poveri, restituendo loro anche quanto pagato nel 2012. Per ragioni elettorali Berlusconi impone invece un’operazione da almeno 2 miliardi (4 se si arriva alla abolizione completa, 8 restituendo le quote 2012). Il Pd subisce, incapace perfino di ricordare che aveva proposto più o meno la stessa cosa prima del voto. Non c’è un solo economista in buona fede che veda nell’Imu l’origine dei mali italiani. Anche il Berlusconi di una volta chiedeva di spostare le tasse dalle persone alle cose, meglio penalizzare la ricchezza improduttiva piuttosto che imprenditori e lavoratori. Ma il problema è che le larghe intese sono in realtà uno stretto cappio al collo di Letta. Il nuovo premier dimostra di avere la caratura per il compito che è chiamato a svolgere: ha una solida convinzione europeista, rinnega l’approccio da ragioniere che ha caratterizzato spesso il governo Monti, con stangate a ogni zero virgola di deficit in più, capisce l’esigenza di rinnovamento, nel Palazzo e fuori. Ma l’ampiezza della coalizione gli impone di aprire un libro dei sogni in cui non ci sono cifre ma soltanto suggestioni. I soli interventi quantificabili valgono almeno 10 miliardi, che diventeranno molti di più se ai tanti annunci seguiranno provvedimenti concreti. Dove si trovano i soldi? Letta non chiede sacrifici, non annuncia patrimoniali o liberalizzazioni che potrebbero preoccupare le lobby, ma promette: ai giovani, ai pensionati, agli assunti, ai disoccupati, agli esodati, ai precari, ai produttori di energia rinnovabile. I “saggi” riuniti da Napolitano avevano un altro approccio: i soldi disponibili devono andare ai redditi da lavoro più bassi, inutile disperdere le poche risorse tra mille voci. Ma ora sono tornati i politici che amano l’effetto annuncio. Enrico Letta prende impegni che sa di non poter mantenere. Ma d’altra parte, il Pd aveva anche promesso che non si sarebbe mai alleato con Berlusconi. E gli elettori ormai hanno capito quanto possono fidarsi.
il Fatto 30.4.13
Con Letta vince l’incesto Pd-Pdl
Discorso incolore e buonista
di Fabrizio d’Esposito
Sono i due nuovi gemelli quarantenni dell’italico andreottismo. Uno parla per 45 minuti e l’altro subito commenta: “È musica per le mie orecchie”. Enrico Letta, premier. Angelino Alfano, vicepremier. Il governo dell’inciucio si presenta alla Camera per la fiducia, che passa con 453 sì, 153 no e l’astensione leghista, e il discorso rotondo, senza spigoli e senza picchi, buonista e inclusivo del presidente del Consiglio pone le basi per la democristianizzazione di Pd e Pdl e della Terza Repubblica. Un progetto dalla durata di almeno 18 mesi, come spiega Letta, in cui magari si pensionerà B. con un salvacondotto da padre della patria e si combatterà il temuto Renzi, leader annunciato del Pd, con una Cosa neodc e bipartisan. Si sa, dai governi d’emergenza può nascere un nuovo partito. Monti docet.
ENRICO LETTA entra a Montecitorio alle tre del pomeriggio, che i suoi ministri sono quasi già tutti seduti nei due banchi riservati all’esecutivo. Il premier si sistema tra Alfano e la Bonino e il suo discorso della pacificazione si apre con un ringraziamento a Giorgio Napolitano, fautore del nuovo compromesso storico. L’effetto da noia democristiana è accentuato anche dalla tragedia di domenica scorsa, davanti Palazzo Chigi. Alcune frasi di Letta sono citazioni musicali, dei Tiromancino (“due destini che si uniscono” a proposito di Italia ed Europa) e di Ligabue (“bellezza senza navigatore” per la scontata apologia del turismo e del made in Italy”). Visto che c’era poteva anche ricordare il Vasco Rossi degli spari sopra . Lo spavento per gli otto colpi di Preiti è l’incipit del capitolo su “giovani e territorio, risorse per la crescita”. Frase chiave: “Di solo risanamento si muore”. Sulla giustizia pesa l’ambizione dei due nuovi gemelli scudocrociati. Scandisce Letta, nel suo andreottismo versione due punto zero: “Vent’anni di attacchi e delegittimazioni reciproche hanno eroso ogni capitale di fiducia nei rapporti tra i partiti e l’opinione pubblica, che è esausta, sempre più esausta, delle risse inconcludenti”. E soprattutto, immedesimandosi in Davide nella valle di Elah, prima di affrontare Golia: “Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo indossato”. È il cuore politico dell’intervento. Uscire dalla Seconda Repubblica con Berlusconi, non senza, la vera ossessione di Napolitano, ma anche il ritorno del vecchio riformismo di Massimo D’Alema degli anni Novanta, in salsa centrista però. Non a caso il premier punta sulla Convenzione per le riforme, sinonimo di bicamerale. Sulla “convergenza” tra forze politiche “alternative”, e che sulla carta “dev’essere un’eccezione”, Letta rispolvera il pensiero del suo padre politico Nino Andreatta: “Ho imparato da Nino Andreatta la fondamentale distinzione tra politica, intesa come dialettica tra diverse fazioni, e politiche, come soluzioni concrete ai problemi comuni”. Ovviamente, lui, il giovane Letta, preferisce le seconde alla prima.
Il Pantheon lettiano comprende Andreatta, Papa Francesco (ai giovani: “Scommettete su cose grandi”), Davide e Golia, finanche Cesare Beccaria. “Ricordiamoci che siamo il Paese di Cesare Beccaria” . Ma anche di Silvio Berlusconi e delle sue leggi ad personam, potrebbe aggiungere. È la sostanza però quella che conta e il pragmatismo che dice tutto ma non dice niente del premier sulla giustizia non va oltre una possibile amnistia per liberare le carceri e fare qualche altro favore ai neoalleati della “banda degli onesti” di B..
Letta parla e gli applausi sono 42 in tutto. Il Pd batte le mani compatto, senza eccezione alcuna. Un po’ fredda, invece, l’accoglienza del Pdl: parecchie assenze e il malcontento di falchi ed esclusi dal governo. Esemplare la fila Santanchè, Gelmini, Carfagna che rimane seduta durante l’ovazione finale. I grillini si uniscono solo nella solidarietà ai due carabinieri feriti domenica. Il discorso di Letta è diviso in capitoli: lavoro, futuro industriale, riforma della politica e delle istituzioni (Senato delle Regioni e abolizione delle province). La promessa più hard la “rivoluzione” dei rimborsi, “un finanziamento mascherato” ai partiti, che è costato dal 1994 al 2012 due miliardi e mezzo di euro a fronte di spese certificate di mezzo miliardo.
Le parole d’ordine sono quattro, per evitare il “canto del cigno” di un sistema: “Decenza, sobrietà, scrupolo, senso dell’onore e del servizio”. Tre quarti d’ora di discorso. Poi il dibattito. Un grillino tira in ballo l’inciucio di famiglia (zio Gianni e il nipote Enrico) ma l’intervento più forte è di Giorgia Meloni, che da destra (Fratelli d’Italia) prende in mano quella che fu un tempo la bandiera comunista del manifesto di Pintor: “Non voglio morire democristiana, perciò voto no”. La fiducia arriva in serata. Una formalità. Prime delle 22 è tutto finito. Oggi tocca al Senato.
il Fatto 30.4.13
Vago sulla corruzione, evoca l’amnistia. E Berlusconi incassa
di Marco Lillo
Conflitto di interessi, intercettazioni, lotta alla corruzione e riforma del finanziamento pubblico ai partiti sono quattro scogli difficili da evitare per un presidente del Consiglio che vuole ottenere i voti del Pdl e anche del Pd. Enrico Letta se l’è cavata da buon democristiano. Chi lo nominò presidente dei giovani Dc a 25 anni, nel lontano 1991, sarebbe stato orgoglioso di lui. Nel suo lungo discorso Enrico Letta non ha citato nemmeno di striscio le parole ‘conflitto di interesse’ e ‘intercettazioni’. Ha accennato solo di sfuggita alla corruzione, come fosse un tema minore. Infine ha promesso l’abolizione dell’ultima legge sul finanziamento pubblico approvata solo a luglio (con il suo assenso) guardandosi bene dal prendere impegni sulla nuova legge, tutta da scrivere con il Pd e il Pdl, cioé i partiti che hanno approvato la legge da gettare nel cestino. Non manca un riferimento all’emergenza carceri che offre una speranza ai fautori dell’amnistia e del condono. Il tono deciso sostiene un contenuto leggero e vago come zucchero filato. Sembrava di ascoltare l’imitazione dei politici del Pd fatta da Crozza. “Nessuno – ripeto nessuno – può sentirsi esentato dal dovere dell'autorevolezza”, premette il premier incaricato ricordando che “11 milioni e mezzo di cittadini hanno deciso di non votare alle elezioni dello scorso febbraio. L'astensione è il primo partito: o lo capiamo o la politica scompare”. Il deputato M5S Cristian Iannuzzi gli urla un suggerimento concreto: “Rinunciate ai rimborsi elettorali!”. Troppo facile, sembra dire Letta che riprende proprio da lì con il tono del professore: “pensate ai rimborsi elettorali: tutte le leggi introdotte dal 1994 a oggi sono state ipocrite e fallimentari , non rimborsi ma finanziamento mascherato, per di più di ammontare decisamente troppo elevato”. Quindi “il sistema va rivoluzionato abolendo la legge approvata e introducendo misure di controllo e di sanzione anche sui gruppi parlamentari e regionali”. I fondi per i rimborsi ai partiti non è chiaro che fine faranno, mentre quelli per i gruppi, sono salvi. Aumenteranno solo i controlli. C’è poi l’abolizione del doppio stipendio per i ministri-parlamentari e la promessa di ridurre il numero dei parlamentari. L’unico annuncio concreto sul fronte del finanziamento ai partiti arriva non contro ma a favore della politica. Letta promette alle imprese private un’agevolazione “sul versante fiscale” alla “contribuzione all'attività politica dei partiti”. Nessun impegno invece sulle riforme contro mafia e corruzione proposte per esempio dal presidente del Senato Piero Grasso in una proposta di legge presentata nel primo giorno di legislatura. Sulla “lotta alla corruzione che distorce regole e incentivi” il Letta-Davide mostra poco coraggio pur di ottenere la fiducia e concede solo una citazione vuota accompagnata da ovvietà come “la giustizia che deve essere giustizia innanzitutto per i cittadini”. Quando Alessandro Di Battista del Movimento 5 Stelle gli chiede di punire severamente il falso in bilancio lui glissa. Mentre a Claudio Fava di Sel che tenta di stringerlo sul concreto (“la priorità non è l'evocazione di una lotta alla corruzione, ma una vera, buona legge sulla corruzione nei primi cento giorni del suo governo”) Letta concede solo “riprendo le parole di Fava sulla corruzione, sarà uno dei grandi temi sui quali lavoreremo”. Fava può star tranquillo: “il confronto ci sarà e sarà forte e importante. Non è possibile che il nostro Paese su questi temi sia un Paese che dà l'idea di una labilità del diritto”. Anche se ieri la labilità che emergeva era quella della politica.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 138
La cruna dell’ago – 103
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 103
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 83
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 83
In mezzo alla tempesta - 20
l’Unità 30.4.13
Letta ricompatta i democratici Epifani: «Mettiamoci la faccia»
Sì Pd-Pdl, Lega astenuta
Il grazie a Bersani. L’ex segretario: «Ora aiutiamolo»
Rientrati i cinquanta dissidenti sul voto di fiducia
il Fatto 30.4.13
I Democrats si allineano. Inizia il post-Bersani
Speranza evoca l’”interesse nazionale”
di Wanda Marra
Non potrei iniziare questo discorso, in un passaggio così impegnativo, senza un accenno personale ed esprimere un senso di gratitudine profonda verso chi, con generosità e senso antico della parola lealtà, mi ha sostenuto anche in questo difficile passaggio: Pierluigi Bersani”. Enrico Letta parla da Presidente del Consiglio. L’altro, che era il candidato elettorale, è seduto tra i banchi del Pd. I due si erano presentati in ticket alle primarie del 2009. Insieme hanno gestito questa fase politica. Il vice è diventato premier. L’ex segretario, deputato semplice, sorride, fa il segno di vittoria. Applaude tutta l’Aula (eccettuati i grillini). Passaggio di consegne storico: il Pd ha non vinto le elezioni, l’ex comunista Bersani non è andato a Palazzo Chigi a fare il governo col Pdl, ma ha assicurato “sostegno leale” all’ex Dc con il quale ha lavorato fino all’altroieri. Un Pd che per 60 giorni non ha fatto che litigare, sabotarsi, impallinare i suoi vertici, e in una parola autodistruggersi, cede la sua sovranità, rinuncia alla sua alterità, si rassegna all’inciucio finale. Senza uno strappo ufficiale, se non quello di Pippo Civati (che alla fine, piuttosto che dire no alla fiducia e di fatto mettersi fuori dal partito sceglie di uscire dall’Aula). E del neo eletto piemontese Davide Mattiello, proveniente da Libera, che si dimette dal gruppo.
QUALCHE distinguo c’è. Interviene in Aula Stefano Fassina, responsabile Economico del Pd (e ancora in corsa per un posto da vice Ministro): “I 4 miliardi di euro necessari a cancellare l’Imu, premesso che li abbiamo trovati, possiamo utilizzarli per evitare l’aumento dell’Iva? ”, chiede. “Oppure abbiamo trovato, oltre ai 7-8 miliardi per affrontare i provvedimenti urgenti lasciati scoperti da Monti, altri 8 miliardi all’anno per cancellare l’Imu e per cancellare l’aumento dell’Iva? E come li finanziamo? Con ulteriori ticket sulla sanità? Con ulteriori tagli alla scuola pubblica e all’università? Con ulteriore deindicizzazione delle pensioni basse? ”.
Un intervento da opposizione lo fa Rosy Bindi: “Per molti di noi non è giusto sospendere l’Imu sulla prima casa”. Perché “le priorità sono la riforma delle pensioni, gli esodati. Per l’Imu c’è una data certa, per questi altri temi caldi no”. Mettono il dito nella piaga Fassina e Bindi e preannunciano problemi: Letta è andato incontro al Pdl. E il Pd? Per ora il Pd nel complesso sorride e ingoia. Gozi (fino all’ultimo dissidente) inneggia all’europeismo di Letta, i più critici, come Orfini e Zampa, si allineano. Nel frattempo, qualcuno s’interroga. Mineo: “Ma come si fa a preservare la sinistra? Quando facciamo il congresso? ”, chiede a Orfini. La risposta è un’altra domanda: “Facciamo l’Assemblea. Se no, chi lo convoca il congresso? ”. L’Assemblea prevista per sabato è stata rimandata all’11. Meglio finire la partita dei sottosegretari prima, per sedare qualche malumore. E poi si brancola nel buio. Segretario dimissionario, vicesegretario premier. Si parla di un reggente, Guglielmo Epifani, che dovrebbe traghettare il partito fino al congresso (che è a ottobre e probabilmente non si anticiperà: il tempo serve a tutti). Ieri applauditissimo all’assemblea del gruppo mentre invitava a metterci la faccia, sull’operazione larghe intese e non a subirla. È in pole position. Oppure un Triumvirato, con un renziano, un Giovane turco e un rappresentante di un’altra area.
POCO entusiasmo generale per la leadership del partito. Matteo Renzi si dichiara non interessato. “Può fare tutti i capricci che vuole, ma ora c’è una sola cosa da fare, ed è questa: impegnarsi nel partito”, dice uno dei suoi. L’ultima vittima del governo Letta sembra proprio lui: rottamati i big, il governo dei giovani, moderato e post ideologico, l’ha fatto un altro. Se dura, per Matteo rischiano di diventare guai definitivi. Nell’intervento a nome del Pd il capogruppo, Roberto Speranza ripete il nuovo mantra democratico. Facciamo questa scelta “eccezionale, in un tempo eccezionale”, “nell’interesse nazionale”. Il Pd “farà la sua parte fino in fondo”. E ringraziando il “faro Napolitano” cita Don Milani: “A che serve avere le mani pulite se poi le tieni in tasca? ”. Tutti in piedi ad applaudire. L’era del post Pd è iniziata.
il Fatto 30.4.13
Stralunati e un po’ sorpresi tra le braccia del Caimano
Traversata verso l’ignoto
Il ministro Pd: “Se sei nella melma meglio stare ai posti di comando”
di Antonello Caporale
Clima contratto, bicipiti in tiro, istinto difensivo. Nella traversata verso l’ignoto il Transatlantico sembra una nave senza nocchiero, un po’ concordia e un po’ discordia. “Chissà che ne sarà di noi domani”, dice Andrea Orlando, ligure mite e neo ministro che ha colto l’attimo a modo suo. Ora dà un saggio di politica zen: “Visto che siamo nella melma meglio stare dentro il governo che fuori. La contieni meglio. Alla peggio si rompe tutto e si ritorna come prima”. Come piano non è male. Se uno deve proprio buttarsi a mare meglio scegliere una bella tempesta che l’alba chiara. Prima che Enrico Letta si accomodi in poltrona, arriva la vocina di Silvio Berlusconi via Mediaset (oggi titolo in smagliante risalita): “Vorrei presiedere la convenzione per le Riforme, come da accordi”. Il grande B. reintegrato nelle funzioni di statista e padre della Patria è pronto e sorridente. “E io non lo voto”, dice Orlando che tira verso sinistra. “Io forse sì”, spiega Pierpaolo Baretta che tira verso il centro. Faranno confusione anche questa volta: “Anch’io penso che ci dobbiamo chiarire le idee su chi siamo e su dove andiamo”. “Io ancora non so cosa fare”, ammette Ermete Realacci. C’è mal di mare alla Camera. Brunetta trotterella, Verdini sorride, Santanchè tambureggia. E sono quelli di là. Vogliono subito passare all’incasso, e abbattere l’Imu già oggi. Rosy Bindi, contiene a fatica la bile: “Ho letto della richiesta di Berlusconi, potrò mai votarlo? E poi anche l’Imu: è proprio un’urgenza, una condizione imprescindibile? Non sarebbe stato meglio iniziare dagli esodati? Non ci capisco granchè”.
GIRA LA TESTA e girano le scatole. “Certo, Berlusconi farà quel che meglio sa fare. Incasso immediato degli utili, e con l’Imu non si risparmierà. Spetta a noi trovare una strategia, una quadra, un’idea”. Neanche termina la frase Gianni Cuperlo, inquieto, e spunta in televisione il solito Brunetta che canta vittoria. “L’Imu, la nostra grande battaglia è vinta”. E i soldi? Dove sono i soldi? “Lo vedrà il ministro Saccomanni”. Risposta efferata, veleno puro. Letta, il premier dell’emergenza, ha appena illustrato un programma megagalattico, onnicomprensivo. I soldi sono l’ultimo assillo. Nell’arco delle cose da fare mancano gli impegni di target più berlusconiano (felicità per tutti, o anche il sole tutti i giorni) ma ci sarà ogni cosa possibile, dall’Erasmus in poi. Il centrosinistra batte le mani all’inizio e con più convinzione, quegli altri con più sofferenza. Mano a mano che si allunga e si impasta il lavoro la fatica di fare clap clap si fa notare e la vigoria inizia a scemare. “È stato un discorso un po’ pastoso”, dice il giovane democristiano Valiante (Pd). Un po’ obliquo, anche un po’ ambiguo, sulle energie rinnovabili appena una pennellata, ma una cosina proprio”, annota Realacci. Ci sono tutti e sono un po’ felici e un po’ scontenti, un po’ allarmati, un po’ stralunati. “Venga in Sicilia dottore”, propone a sorpresa l’onorevole Cardinale, ora ex, ora accompagnatore della figliola Claudia, molto giovane e già al secondo mandato da deputata. Non c’è commozione, manca l’ardore, si naviga a vista ma insomma si parte. Le amazzoni del Pdl fanno due conti: la Ravetto per esempio, sarà sottosegretario? E alle altre? Chi fa la lista dei nomi è il solito Denis, a lui bisogna bussare. “Io non so se sarò dentro, temo che l’amicizia con Angelino Alfano produca un ostacolo. Sa, lui non vuol far mai vedere di promuovere gli amici”.
DORINA BIANCHI, crotonese, è in controllata attesa e tanti maschi, più di lei, confabulano e non si arrendono al destino di non prendere parte verso l’ignoto. “Enrico ha messo in fila in meno di un’ora spese per oltre quaranta miliardi di euro. Domani va a Berlino dalla Merkel e le dirà chiaro che ce li deve permettere di spendere, altrimenti finiremo in bocca ai cinquestelle”. L’ignoto è un salto carpiato e Lapo Pistelli non ha motivi per non essere pronto al tuffo: “Fino a una settimana fa tu avresti mai previsto uno scenario simile? Ti dico che se le cose vanno al posto giusto Letta siederà a palazzo Chigi per l’intera legislatura. La ruota è girata troppo velocemente che anche Berlusconi è fuori gioco. Ma lo vedi dov’è finito? ”. A dire la verità il Cavaliere si gode la scena, trasmette sicurezza, sorridente e finalmente rilassato. Guarda il suo Angelino e gli altri intrepidi ministri suoi. Quagliariello e Lupi e Lorenzin. Tolto Alfano erano tutti fuggitivi. A novembre scorso sembravano voler lasciare l’amato Padre per via della sconfitta imminente. Fuggitivi ripresi nell’ultimo miglio e premiati. Perchè premiare i traditori, come disse Verdini? “Facile, perchè noi siamo su un gommone e Berlusconi ha uno spillone in mano, ci bucherà quando vorrà e senza troppi dispiaceri” ha spiegato Gaetano Quagliariello, oggi felicissimo pentito. La quarta della squadra, un po’ qui e un po’ là, è gasatissima: “Cercavo proprio lei. Ricorda quando anni fa mi intervistò (ero appena giunta da Benevento) e mi chiese della mia ambizione più grande, del mio sogno nel cassetto? Le risposi: fare il ministro dell’Agricoltura. Eccomi qua”. Eccola qua Nunzia De Girolamo, con un sorriso smacchia paure e la convinzione che sia salita in groppa al cavallo giusto al momento giusto.
il Fatto 30.4.13
La “coesione” fra Pd e Pdl farà trionfare le ingiustizie
di Maurizio Viroli
Dobbiamo essere tutti sinceramente riconoscenti al governo Letta e a coloro che l’hanno generosamente auspicato, tenacemente voluto e saggiamente realizzato: il capo dello Stato, Berlusconi e il Pd. Essi hanno regalato agli italiani una certezza, che Pd e Pdl non devono più incontrarsi e frequentarsi di nascosto fingendo in pubblico di detestarsi cordialmente, ma possono convivere alla luce del sole. Si sono tolti la maschera, è crollata la menzogna del Pd avversario – incerto, timido, balbettante – ma pur sempre avversario, con la quale i dirigenti di quel partito hanno ottenuto i voti di tanti italiani onesti e saggi e come tali nemici di Berlusconi e dei suoi servi. Di questi tempi, una verità fra tante menzogne, e tanta simulazione e dissimulazione, non è poco.
“GOVERNO politico, unico possibile”, ha commentato il capo dello Stato. Con il più sentito rispetto per l’Istituzione e per l’uomo mi permetto di rilevare che la prima affermazione non è davvero un esempio di chiarezza. Non si capisce che cosa possa mai essere un governo non politico. È vero che il linguaggio italiano abbonda di sciocchezze quali ‘governo tecnico’, ‘governo del presidente’, ‘governo elettorale’ e via di questo passo. Ma sono tutte espressioni che confondono, anziché chiarire la realtà delle cose. Qualsiasi governo attua e concorre a formare leggi, più spesso decreti, che valgono per tutta la comunità e dunque sono atti politici della più bell’acqua. Certo che anche quello attuale è un governo politico, ma che bisogno c’era di dirlo? Se invece quel “politico” indica qualcos’altro lo si spieghi con parole chiare.
La seconda affermazione che il governo Letta è l’unico possibile è probabilmente vera, dopo che il Pd ha deciso di non votare per Rodotà. Il presunto ‘stato di necessità’, diciamo così, che costringe a formare un governo con Berlusconi se lo sono creati il capo dello Stato e il Pd, e dunque non è affatto tale. Ora, potrebbe qualcuno spiegare agli italiani per quale motivo Berlusconi presidente del Consiglio era alla fine del 2011 causa delle patrie sventure, mentre oggi un governo con il suo più fedele yes man quale vice di Letta e capo del ministero degli Interni sarebbe benefico? Si suppone indipendenza di pensiero all’Alfano? Si fantastica di un diverso orientamento di Berlusconi? Insomma, se allora il bene dell’Italia esigeva di allontanare Berlusconi e i suoi da Palazzo Chigi, quale ragione impone oggi di richiamarli?
Coesione! coesione! coesione! È il nuovo imperativo categorico. Non se ne potrebbe trovare uno peggiore. Perché la coesione, ma meglio sarebbe parlare di concordia, è benefica se c’è giustizia. E quale giustizia possiamo aspettarci da un esecutivo che deve operare sotto il comando, o a essere benevoli, il forte condizionamento, del peggior nemico del governo delle leggi, dell’indipendenza della magistratura e soprattutto della Costituzione repubblicana? Quale giustizia da chi ha portato in Parlamento corruttori di giudici, collusi con la mafia, corrotti di ogni tipo e li ha poi difesi con tutte le sue forze? Quale giustizia da chi ha approvato le peggiori leggi a favore dei gaglioffi? Essere concordi o coesi con figuri siffatti vuol dire essere complici di ingiustizie, e così crescono non la concordia ma la discordia, e perfino la rabbia e il furore, due passioni pericolosissime per l’ordine repubblicano.
È TEMPO di gite scolastiche. Suggerisco ai sostenitori del nuovo governo di mettere i panini e la Coca-cola nello zainetto e andare a visitare la mostra su Machiavelli al Vittoria-no, dove spero gli organizzatori abbiano dedicato adeguato spazio a questo aureo pensiero del Segretario: “Che la disunione della Plebe e del Senato romano fece libera e potente quella republica”. Si riferiva alla Roma antica. Dovremmo seguire il suo consiglio: per rendere libera e civile la nostra Repubblica scegliere non la coesione ma il conflitto: pacifico, nel più rigoroso rifiuto della violenza, civile, meditato e pacato, ma intransigente contro Berlusconi e ai suoi servi e i suoi nuovi alleati. Il nuovo governo gode di un’ampia maggioranza. Proprio per questo la Repubblica ha bisogno di opposizione vera.
il Fatto 30.4.13
La prima cambiale pagata al Caimano
di Stefano Feltri
La politica è l’arte di scegliere come distribuire risorse scarse sapendo che non si possono accontentare tutti. Che qualcuno protesterà, ma non sempre chi urla più forte ha anche ragione. Il governo di Enrico Letta nasce invece promettendo tutto a tutti. Il primo risultato concreto lo incassano Silvio Berlusconi e il suo Pdl che avevano vincolato la fiducia alla cancellazione dell’Imu. L’odiata imposta sugli immobili viene sospesa, a giugno non si pagherà in attesa di una riforma complessiva. Eppure Letta impronta il suo discorso di insediamento su un’altra linea: la priorità del Paese è il lavoro, la coesione sociale dipende dalla capacità del governo di arginare il numero dei disoccupati. Non c’è razionalità economica nel cominciare invece dall’Imu. Secondo i calcoli del centro studi Nens, bastano 400 milioni di euro per esentare dall’Imu il 20 per cento degli italiani più poveri, restituendo loro anche quanto pagato nel 2012. Per ragioni elettorali Berlusconi impone invece un’operazione da almeno 2 miliardi (4 se si arriva alla abolizione completa, 8 restituendo le quote 2012). Il Pd subisce, incapace perfino di ricordare che aveva proposto più o meno la stessa cosa prima del voto. Non c’è un solo economista in buona fede che veda nell’Imu l’origine dei mali italiani. Anche il Berlusconi di una volta chiedeva di spostare le tasse dalle persone alle cose, meglio penalizzare la ricchezza improduttiva piuttosto che imprenditori e lavoratori. Ma il problema è che le larghe intese sono in realtà uno stretto cappio al collo di Letta. Il nuovo premier dimostra di avere la caratura per il compito che è chiamato a svolgere: ha una solida convinzione europeista, rinnega l’approccio da ragioniere che ha caratterizzato spesso il governo Monti, con stangate a ogni zero virgola di deficit in più, capisce l’esigenza di rinnovamento, nel Palazzo e fuori. Ma l’ampiezza della coalizione gli impone di aprire un libro dei sogni in cui non ci sono cifre ma soltanto suggestioni. I soli interventi quantificabili valgono almeno 10 miliardi, che diventeranno molti di più se ai tanti annunci seguiranno provvedimenti concreti. Dove si trovano i soldi? Letta non chiede sacrifici, non annuncia patrimoniali o liberalizzazioni che potrebbero preoccupare le lobby, ma promette: ai giovani, ai pensionati, agli assunti, ai disoccupati, agli esodati, ai precari, ai produttori di energia rinnovabile. I “saggi” riuniti da Napolitano avevano un altro approccio: i soldi disponibili devono andare ai redditi da lavoro più bassi, inutile disperdere le poche risorse tra mille voci. Ma ora sono tornati i politici che amano l’effetto annuncio. Enrico Letta prende impegni che sa di non poter mantenere. Ma d’altra parte, il Pd aveva anche promesso che non si sarebbe mai alleato con Berlusconi. E gli elettori ormai hanno capito quanto possono fidarsi.
il Fatto 30.4.13
Con Letta vince l’incesto Pd-Pdl
Discorso incolore e buonista
di Fabrizio d’Esposito
Sono i due nuovi gemelli quarantenni dell’italico andreottismo. Uno parla per 45 minuti e l’altro subito commenta: “È musica per le mie orecchie”. Enrico Letta, premier. Angelino Alfano, vicepremier. Il governo dell’inciucio si presenta alla Camera per la fiducia, che passa con 453 sì, 153 no e l’astensione leghista, e il discorso rotondo, senza spigoli e senza picchi, buonista e inclusivo del presidente del Consiglio pone le basi per la democristianizzazione di Pd e Pdl e della Terza Repubblica. Un progetto dalla durata di almeno 18 mesi, come spiega Letta, in cui magari si pensionerà B. con un salvacondotto da padre della patria e si combatterà il temuto Renzi, leader annunciato del Pd, con una Cosa neodc e bipartisan. Si sa, dai governi d’emergenza può nascere un nuovo partito. Monti docet.
ENRICO LETTA entra a Montecitorio alle tre del pomeriggio, che i suoi ministri sono quasi già tutti seduti nei due banchi riservati all’esecutivo. Il premier si sistema tra Alfano e la Bonino e il suo discorso della pacificazione si apre con un ringraziamento a Giorgio Napolitano, fautore del nuovo compromesso storico. L’effetto da noia democristiana è accentuato anche dalla tragedia di domenica scorsa, davanti Palazzo Chigi. Alcune frasi di Letta sono citazioni musicali, dei Tiromancino (“due destini che si uniscono” a proposito di Italia ed Europa) e di Ligabue (“bellezza senza navigatore” per la scontata apologia del turismo e del made in Italy”). Visto che c’era poteva anche ricordare il Vasco Rossi degli spari sopra . Lo spavento per gli otto colpi di Preiti è l’incipit del capitolo su “giovani e territorio, risorse per la crescita”. Frase chiave: “Di solo risanamento si muore”. Sulla giustizia pesa l’ambizione dei due nuovi gemelli scudocrociati. Scandisce Letta, nel suo andreottismo versione due punto zero: “Vent’anni di attacchi e delegittimazioni reciproche hanno eroso ogni capitale di fiducia nei rapporti tra i partiti e l’opinione pubblica, che è esausta, sempre più esausta, delle risse inconcludenti”. E soprattutto, immedesimandosi in Davide nella valle di Elah, prima di affrontare Golia: “Come Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che in questi anni abbiamo indossato”. È il cuore politico dell’intervento. Uscire dalla Seconda Repubblica con Berlusconi, non senza, la vera ossessione di Napolitano, ma anche il ritorno del vecchio riformismo di Massimo D’Alema degli anni Novanta, in salsa centrista però. Non a caso il premier punta sulla Convenzione per le riforme, sinonimo di bicamerale. Sulla “convergenza” tra forze politiche “alternative”, e che sulla carta “dev’essere un’eccezione”, Letta rispolvera il pensiero del suo padre politico Nino Andreatta: “Ho imparato da Nino Andreatta la fondamentale distinzione tra politica, intesa come dialettica tra diverse fazioni, e politiche, come soluzioni concrete ai problemi comuni”. Ovviamente, lui, il giovane Letta, preferisce le seconde alla prima.
Il Pantheon lettiano comprende Andreatta, Papa Francesco (ai giovani: “Scommettete su cose grandi”), Davide e Golia, finanche Cesare Beccaria. “Ricordiamoci che siamo il Paese di Cesare Beccaria” . Ma anche di Silvio Berlusconi e delle sue leggi ad personam, potrebbe aggiungere. È la sostanza però quella che conta e il pragmatismo che dice tutto ma non dice niente del premier sulla giustizia non va oltre una possibile amnistia per liberare le carceri e fare qualche altro favore ai neoalleati della “banda degli onesti” di B..
Letta parla e gli applausi sono 42 in tutto. Il Pd batte le mani compatto, senza eccezione alcuna. Un po’ fredda, invece, l’accoglienza del Pdl: parecchie assenze e il malcontento di falchi ed esclusi dal governo. Esemplare la fila Santanchè, Gelmini, Carfagna che rimane seduta durante l’ovazione finale. I grillini si uniscono solo nella solidarietà ai due carabinieri feriti domenica. Il discorso di Letta è diviso in capitoli: lavoro, futuro industriale, riforma della politica e delle istituzioni (Senato delle Regioni e abolizione delle province). La promessa più hard la “rivoluzione” dei rimborsi, “un finanziamento mascherato” ai partiti, che è costato dal 1994 al 2012 due miliardi e mezzo di euro a fronte di spese certificate di mezzo miliardo.
Le parole d’ordine sono quattro, per evitare il “canto del cigno” di un sistema: “Decenza, sobrietà, scrupolo, senso dell’onore e del servizio”. Tre quarti d’ora di discorso. Poi il dibattito. Un grillino tira in ballo l’inciucio di famiglia (zio Gianni e il nipote Enrico) ma l’intervento più forte è di Giorgia Meloni, che da destra (Fratelli d’Italia) prende in mano quella che fu un tempo la bandiera comunista del manifesto di Pintor: “Non voglio morire democristiana, perciò voto no”. La fiducia arriva in serata. Una formalità. Prime delle 22 è tutto finito. Oggi tocca al Senato.
il Fatto 30.4.13
Vago sulla corruzione, evoca l’amnistia. E Berlusconi incassa
di Marco Lillo
Conflitto di interessi, intercettazioni, lotta alla corruzione e riforma del finanziamento pubblico ai partiti sono quattro scogli difficili da evitare per un presidente del Consiglio che vuole ottenere i voti del Pdl e anche del Pd. Enrico Letta se l’è cavata da buon democristiano. Chi lo nominò presidente dei giovani Dc a 25 anni, nel lontano 1991, sarebbe stato orgoglioso di lui. Nel suo lungo discorso Enrico Letta non ha citato nemmeno di striscio le parole ‘conflitto di interesse’ e ‘intercettazioni’. Ha accennato solo di sfuggita alla corruzione, come fosse un tema minore. Infine ha promesso l’abolizione dell’ultima legge sul finanziamento pubblico approvata solo a luglio (con il suo assenso) guardandosi bene dal prendere impegni sulla nuova legge, tutta da scrivere con il Pd e il Pdl, cioé i partiti che hanno approvato la legge da gettare nel cestino. Non manca un riferimento all’emergenza carceri che offre una speranza ai fautori dell’amnistia e del condono. Il tono deciso sostiene un contenuto leggero e vago come zucchero filato. Sembrava di ascoltare l’imitazione dei politici del Pd fatta da Crozza. “Nessuno – ripeto nessuno – può sentirsi esentato dal dovere dell'autorevolezza”, premette il premier incaricato ricordando che “11 milioni e mezzo di cittadini hanno deciso di non votare alle elezioni dello scorso febbraio. L'astensione è il primo partito: o lo capiamo o la politica scompare”. Il deputato M5S Cristian Iannuzzi gli urla un suggerimento concreto: “Rinunciate ai rimborsi elettorali!”. Troppo facile, sembra dire Letta che riprende proprio da lì con il tono del professore: “pensate ai rimborsi elettorali: tutte le leggi introdotte dal 1994 a oggi sono state ipocrite e fallimentari , non rimborsi ma finanziamento mascherato, per di più di ammontare decisamente troppo elevato”. Quindi “il sistema va rivoluzionato abolendo la legge approvata e introducendo misure di controllo e di sanzione anche sui gruppi parlamentari e regionali”. I fondi per i rimborsi ai partiti non è chiaro che fine faranno, mentre quelli per i gruppi, sono salvi. Aumenteranno solo i controlli. C’è poi l’abolizione del doppio stipendio per i ministri-parlamentari e la promessa di ridurre il numero dei parlamentari. L’unico annuncio concreto sul fronte del finanziamento ai partiti arriva non contro ma a favore della politica. Letta promette alle imprese private un’agevolazione “sul versante fiscale” alla “contribuzione all'attività politica dei partiti”. Nessun impegno invece sulle riforme contro mafia e corruzione proposte per esempio dal presidente del Senato Piero Grasso in una proposta di legge presentata nel primo giorno di legislatura. Sulla “lotta alla corruzione che distorce regole e incentivi” il Letta-Davide mostra poco coraggio pur di ottenere la fiducia e concede solo una citazione vuota accompagnata da ovvietà come “la giustizia che deve essere giustizia innanzitutto per i cittadini”. Quando Alessandro Di Battista del Movimento 5 Stelle gli chiede di punire severamente il falso in bilancio lui glissa. Mentre a Claudio Fava di Sel che tenta di stringerlo sul concreto (“la priorità non è l'evocazione di una lotta alla corruzione, ma una vera, buona legge sulla corruzione nei primi cento giorni del suo governo”) Letta concede solo “riprendo le parole di Fava sulla corruzione, sarà uno dei grandi temi sui quali lavoreremo”. Fava può star tranquillo: “il confronto ci sarà e sarà forte e importante. Non è possibile che il nostro Paese su questi temi sia un Paese che dà l'idea di una labilità del diritto”. Anche se ieri la labilità che emergeva era quella della politica.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Non lo so davvero come se ne possa uscire perchè - e lo dico senza alcuna esagerazione o retorica - mi fa quasi paura l'entusiasmo degli onorevoli-disonorevoli Pd, con i loro reggicoda tipo Menichini di Europa, verso questo abbraccio col Pdl. Il risultato la consueta amnesia riguardo Berlusconi (in questo caso ancor più accentuata), il considerare il tizio finalmente "statista" (secondo lo schema tipo dei terzisti del Corriere), e manca poco il Pdl come destra legalitaria opposta alla sovversione del movimento 5 stelle.
Le battute del partito unico Pd-Pdl che oggi si sprecano in rete, con tanto di pagina wikipedia taroccata (ma taroccata sul serio?) dove si descrive il Pd "partito di centrosinistra ma anche di centrodestra con a capo Silvio Berlusconi", mi sembrano sempre meno battute. Il timore che per davvero, pur di mantenere privilegi e poltrone, si vendano in massa al Pdl ben oltre il tempo limitato (dicono) del governo amnnucchiata. Spero sia solo lo sconforto del momento.
Le battute del partito unico Pd-Pdl che oggi si sprecano in rete, con tanto di pagina wikipedia taroccata (ma taroccata sul serio?) dove si descrive il Pd "partito di centrosinistra ma anche di centrodestra con a capo Silvio Berlusconi", mi sembrano sempre meno battute. Il timore che per davvero, pur di mantenere privilegi e poltrone, si vendano in massa al Pdl ben oltre il tempo limitato (dicono) del governo amnnucchiata. Spero sia solo lo sconforto del momento.
Re: Come se ne viene fuori ?
Personalmente, quello che mi preoccupa di più è il dopo-governo PD-PDL.lucameni1 ha scritto:Non lo so davvero come se ne possa uscire perchè - e lo dico senza alcuna esagerazione o retorica - mi fa quasi paura l'entusiasmo degli onorevoli-disonorevoli Pd, con i loro reggicoda tipo Menichini di Europa, verso questo abbraccio col Pdl. Il risultato la consueta amnesia riguardo Berlusconi (in questo caso ancor più accentuata), il considerare il tizio finalmente "statista" (secondo lo schema tipo dei terzisti del Corriere), e manca poco il Pdl come destra legalitaria opposta alla sovversione del movimento 5 stelle.
Le battute del partito unico Pd-Pdl che oggi si sprecano in rete, con tanto di pagina wikipedia taroccata (ma taroccata sul serio?) dove si descrive il Pd "partito di centrosinistra ma anche di centrodestra con a capo Silvio Berlusconi", mi sembrano sempre meno battute. Il timore che per davvero, pur di mantenere privilegi e poltrone, si vendano in massa al Pdl ben oltre il tempo limitato (dicono) del governo amnnucchiata. Spero sia solo lo sconforto del momento.
Mi spiego meglio. Questo governo avrà vita brevissima. Le prima avvisaglie si vedono già ora con la questione IMU. E' evidente che il caimano staccherà la spina non appena avrà dai sondaggi il via libera per riprendersi la maggioranza con annessa presidenza della repubblica.
E' a questo che bisognerebbe prepararsi e decidere cosa fare all'indomani della caduta di questo governo.
Andare ad elezioni per riconsegnare il paese ai bananas o trovare una strada alternativa senza ripetere gli errori di Bersani?
Ma da questo punto di vista la sinistra è ancora una volta inesistente. Sia quella interna al PD, con un commovente ma patetico Civati, sia quella esterna, con un Vendola praticamente inesistente, incapace di qualunque iniziativa autonoma, che non sia quella di accodarsi a qualcuno (ieri a Bersani, oggi a Grillo), per non parlare di altri vecchi arnesi che continuano a favoleggiare sul grande partito della sinistra che non c'è, alternativo al PD.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 139
La cruna dell’ago – 104
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 104
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 84
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 84
In mezzo alla tempesta - 21
Finché dura è tornata la Dc -3
Ci hanno messo qualche anno di tempo per capire che il Pd era un partito democristiano, ma poi ci sono arrivati. Ci volevano le elezioni del 25 febbraio 2013, come elemento catalizzatore che portasse alla comprensione, ma il capolavoro è stato l’inciucio con B.
Non che non fossero obbligati ad allearsi con il Caimano, ma per il tipo di scelta fatta.
All’interno dell’emergenza, dell’emergenza, dell’emergenza, c’erano tre livelli di alleanza :
Il primo di alto profilo, con le persone adatte a portare il Paese fuori dalla crisi, dopo una fase di tamponamento e successiva stabilizzazione. Una scelta che doveva essere già intrapresa nel novembre del 2011, quando il Caimano ha alzato bandiera bianca, ma Napolitano ha sbagliato formula e uomini.
Il secondo di medio profilo in perfetto stile andreottiano del tirare a campare. “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia” era il suo motto in queste circostanze.
Il terzo di basso profilo come quello scelto ora che non può risolvere i problemi dell’emergenza, dell’emergenza, dell’emergenza.
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"FUORI IL PD DAL CORTEO"
DIRETTA 1 MAGGIO - Manifestazioni ad "alta tensione". A Torino lancio di uova degli autonomi contro i Dem. Presidente di Unindustria contestato a Bologna (FOTO, VIDEO)
"Il Pd è ormai un partito democristiano". Viaggio fra i malumori degli iscritti nel corteo di Perugia (FOTO) (di G. Dozzini)
Primo Maggio: "Il Pd ormai è un partito democristiano", il malumore dei lavoratori in corteo a Perugia (FOTO)
Giovanni Dozzini, L'Huffington Post | Pubblicato: 01/05/2013 12:15 CEST | Aggiornato: 01/05/2013 12:34 CEST
Piazza Partigiani è grande, non si riempie. Alle 9.30 del mattino sono già arrivate molte delle delegazioni sindacali attese per oggi a Perugia, scelta dai vertici nazionali di Cgil, Cisl e Uil per far festa al Primo Maggio e dare massima risonanza al grido di dolore di un sistema economico, quello umbro, in gravissima crisi.
Più di cento vertenze aperte, 28mila posti di lavoro persi in tre anni, un ricorso alla cassa integrazione che nel 2012 ha conosciuto un aumento del 43,56% a fronte dell11,8% medio italiano. Camusso, Bonanni e Angeletti, poi, sono qui per ricordare la tragedia del 6 marzo scorso, il duplice omicidio di Margherita Peccati e Daniela Crispolti, impiegate - l'una da dipendente, l'altra da precaria - alla Regione dell'Umbria. Due donne morte lavorando.
C'è la banda che aspetta il via libera per fare da battistrada al corteo, c'è Bella Ciao che esce dalle casse di un piccolo sound system e ci sono la porchetta e il vino rosso. Un'immagine uguale a se stessa dalla notte dei tempi o quasi. Ci sono i pensionati, tantissimi, ci sono i lavoratori del settore pubblico e quelli delle tante aziende locali in crisi. C'è un asino, anche, un somaro vero, che scalpita in attesa di marciare davanti a sindacati della scuola. "Diventare come lui è il destino di tutti noi se andranno avanti coi tagli", dice un'insegnante. Difficile, tra di loro, trovare qualcuno che non sia scettico di fronte alle sorti e ai possibili benefici del governo Letta. "Almeno ci siamo risparmiati una replica della Gelmini al ministero", abbozza uno.
Ma i più duri, sulla faccenda delle larghe intese, sembrano i vecchi iscritti, che da queste parti forse più che altrove spesso coincidono anche coi vecchi militanti comunisti. "Letta, il sindaco di Firenze, sono tutti democristiani. I comunisti sono rimasti tutti fuori. Il Pd ormai è un partito democristiano", sbraita uno. "Ma tanto non dura", gli fa eco il suo compare.
Qualche "comunista" in realtà si vede anche qua. Il corteo parte, e passa Stefano Fassina, che scivola via svelto, e un giovane funzionario della Uil lo indica sprezzante a una compagna: "Guardalo, è il responsabile economico del Pd". Il patto col Pdl è quel che ci voleva, dice. "Ce lo chiede l'Europa. Dopo vent'anni potrebbe essere arrivato finalmente il momento della pacificazione. Visto cos'è successo in Germania, con la Grosse Koalitione? Berlusconi d'altronde ha dieci milioni di voti, rappresenta un terzo degli italiani. Era ora di tagliare le ali, serviva un esecutivo di centro, così".
L'impressione è che quasi tutti coloro che compongono il serpentone che percorre le poche centinaia di metri che separano Piazza Partigiani dal cuore della città, piazza IV Novembre con la sua Fontana Maggiore, siano iscritti al sindacato. Poca gente comune, molti amministratori locali. Tra gli iscritti ci sono anche dei lavoratori stranieri. "E siamo sempre di più", dice un giovane uomo, maghrebino, funzionario Cisl. "Un Paese senza sindacato è un Paese senza democrazia". E il governo Letta? "Male. Purtroppo il Pd è caduto nelle mani di Berlusconi. Ma non avrà vita facile".
Lungo Corso Vannucci, l'ultimo tratto del percorso, molti negozi sono aperti, anche se oggi c'è lo sciopero generale del commercio. Una ragazza spigliata guarda la gente passare appoggiata all'ingresso del posto dove lavora. Fuma una sigaretta, non tergiversa: "Non ho mai scioperato, e non sento il bisogno di farlo oggi. Sarà che non ho mai acquisito il valore del Primo Maggio, per me è un giorno come un altro. Poi, chissà come reagirebbero i responsabili del negozio. In un momento così chi ha un posto se lo deve tenere stretto. Meglio lavorare che scioperare".
E il Primo Maggio è soprattutto di quelli che lottano per trovare o difendere un lavoro. I dipendenti della Merloni di Nocera Umbra, azienda-simbolo della crisi occupazionale della regione, hanno il dovere della speranza. La nascita del governo, concordano, è un fatto positivo. "Anzi, doveva arrivare prima", dice una. "Forse non c'è fiducia fino in fondo, ma la speranza sì. Ci auguriamo che facciano finalmente le riforme che occorrono per risolvere situazioni come la nostra". Di manifestazioni, però, ormai in questi anni ne avranno fatte a decine. Non gli capita mai di pensare che non vale più la pena? "Certo. Ce lo dicevamo anche stamattina in macchina. Ma che alternative abbiamo? Se non scendessimo in piazza sarebbe anche peggio"
http://www.huffingtonpost.it/2013/05/01 ... de=2399031
bluu70
1 Fan
3 minuti fa (13:58)
iscritto di vecchia data al pd quest'anno non rinnovo e straccio la tessera 2012
è vero che è diventato un partito democristiano solo che la dc guardava a sinistra
mentre questi sognano di andare con berlusconi e la destra tacheriana
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Maria Polcaro
7 Fan
4 minuti fa (13:57)
Nella situazione che si è creata dopo le elezioni che hanno portato in parlamento 3 debolezze, una grande coalizione tra centrodestra e centrosinistra sarebbe stata una naturale,logica,obbligata soluzione, dove?In Germania o in un' altra nazione europea "normalmente" democratica....Ma in Italia, con un centrodestra capeggiato da un berlusconi in pieno e ,come si è visto, pericolosissimo conflitto di interessi, indagato per reati gravi e gravissimi, assolto per lo più in altri processi non per riconosciuta innocenza ma per prescrizione ,gravato da ombre e amicizie e collaborazioni in odore di mafia...si poteva procedere a un governo di larghe intese?Bah, dubbi, perplessità,opposizioni mi sembrano più che legittime...Inoltre mi chiedo come mai Napolitano non ha spinto sia berlusconi sia bersani, i due non vincitori, a defilarsi e lasciare i due schieramenti liberi di agire per il bene del Paese?Era una cosa impossibile?Berlusconi non avrebbe accettato ...embè agli occhi degli italiani sarebbe apparso meno responsabile e meno finemente "politico"
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Polit Buro
3 Fan
14 minuti fa (13:47)
Ecco qui una prova piuttosto evidente che il disegno reale del P2ì prevede il massimo dei vantaggi per il Nano, e se fanno cose come questa http://www.politb.eu/?p=576 come fa la base pidd(u)ina a pensare che volessero davvero un accordo coi 5S ma quelli non ci sono stati??
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algernon24
1 Fan
31 minuti fa (13:30)
finalmente buone notizie. il PD non avrebbe dovuto mai nascere. ora è chiaro a tutti quanto sia condizionato dalla sua componente democristiana. deve scoppiare!
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Paolo49
36 Fan
1 ora fa (12:56)
Se il PD , è diventato troppo democristiano , non è certo colpa degli ex DC , semmai degli ex PCI (come me) che non sono riusciti a essere vincenti nemmeno dentro il partito da loro voluto e fondato , e poi non bisogna "rottamare" chi ha fatto questo capolavoro?
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albac
7 Fan
30 minuti fa (13:31)
Però a forza di rottamare quelli di sinstra sono rimasti solo i democristiani. Comunque ora che la frittata è fatta che si fa? Questo è il problema. Basta guardare indietro! altrimenti continuiamo ad avvitarci su noi stessi senza venirne fuori.
O nel PD qualcosa cabia o si va nella cos 2 di Vendola e Rodotà.
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Ezio Pignatelli
Padre, insegnante, comunista confuso.
24 Fan
19 minuti fa (13:43)
Tranquillo. 3 mesi prima delle elezioni faranno un cambiamento con u segretario pulito. Li rivoteremo in massa, loro ringrazieranno, faranno fuori il segretario, rifaranno un governo con le destre.
C'è un limite al numero di volte in cui mi faccio prendere per il culo. E quel numero è uno.
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Polit Buro
3 Fan
13 minuti fa (13:48)
dei veri seri ed affidabili professionisti esperti della politica! non come quegli sconosciuti e incompetenti dei grillini! perbacco!
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Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 139
La cruna dell’ago – 104
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 104
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 84
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 84
In mezzo alla tempesta - 21
Finché dura è tornata la Dc -3
Ci hanno messo qualche anno di tempo per capire che il Pd era un partito democristiano, ma poi ci sono arrivati. Ci volevano le elezioni del 25 febbraio 2013, come elemento catalizzatore che portasse alla comprensione, ma il capolavoro è stato l’inciucio con B.
Non che non fossero obbligati ad allearsi con il Caimano, ma per il tipo di scelta fatta.
All’interno dell’emergenza, dell’emergenza, dell’emergenza, c’erano tre livelli di alleanza :
Il primo di alto profilo, con le persone adatte a portare il Paese fuori dalla crisi, dopo una fase di tamponamento e successiva stabilizzazione. Una scelta che doveva essere già intrapresa nel novembre del 2011, quando il Caimano ha alzato bandiera bianca, ma Napolitano ha sbagliato formula e uomini.
Il secondo di medio profilo in perfetto stile andreottiano del tirare a campare. “Meglio tirare a campare che tirare le cuoia” era il suo motto in queste circostanze.
Il terzo di basso profilo come quello scelto ora che non può risolvere i problemi dell’emergenza, dell’emergenza, dell’emergenza.
****
"FUORI IL PD DAL CORTEO"
DIRETTA 1 MAGGIO - Manifestazioni ad "alta tensione". A Torino lancio di uova degli autonomi contro i Dem. Presidente di Unindustria contestato a Bologna (FOTO, VIDEO)
"Il Pd è ormai un partito democristiano". Viaggio fra i malumori degli iscritti nel corteo di Perugia (FOTO) (di G. Dozzini)
Primo Maggio: "Il Pd ormai è un partito democristiano", il malumore dei lavoratori in corteo a Perugia (FOTO)
Giovanni Dozzini, L'Huffington Post | Pubblicato: 01/05/2013 12:15 CEST | Aggiornato: 01/05/2013 12:34 CEST
Piazza Partigiani è grande, non si riempie. Alle 9.30 del mattino sono già arrivate molte delle delegazioni sindacali attese per oggi a Perugia, scelta dai vertici nazionali di Cgil, Cisl e Uil per far festa al Primo Maggio e dare massima risonanza al grido di dolore di un sistema economico, quello umbro, in gravissima crisi.
Più di cento vertenze aperte, 28mila posti di lavoro persi in tre anni, un ricorso alla cassa integrazione che nel 2012 ha conosciuto un aumento del 43,56% a fronte dell11,8% medio italiano. Camusso, Bonanni e Angeletti, poi, sono qui per ricordare la tragedia del 6 marzo scorso, il duplice omicidio di Margherita Peccati e Daniela Crispolti, impiegate - l'una da dipendente, l'altra da precaria - alla Regione dell'Umbria. Due donne morte lavorando.
C'è la banda che aspetta il via libera per fare da battistrada al corteo, c'è Bella Ciao che esce dalle casse di un piccolo sound system e ci sono la porchetta e il vino rosso. Un'immagine uguale a se stessa dalla notte dei tempi o quasi. Ci sono i pensionati, tantissimi, ci sono i lavoratori del settore pubblico e quelli delle tante aziende locali in crisi. C'è un asino, anche, un somaro vero, che scalpita in attesa di marciare davanti a sindacati della scuola. "Diventare come lui è il destino di tutti noi se andranno avanti coi tagli", dice un'insegnante. Difficile, tra di loro, trovare qualcuno che non sia scettico di fronte alle sorti e ai possibili benefici del governo Letta. "Almeno ci siamo risparmiati una replica della Gelmini al ministero", abbozza uno.
Ma i più duri, sulla faccenda delle larghe intese, sembrano i vecchi iscritti, che da queste parti forse più che altrove spesso coincidono anche coi vecchi militanti comunisti. "Letta, il sindaco di Firenze, sono tutti democristiani. I comunisti sono rimasti tutti fuori. Il Pd ormai è un partito democristiano", sbraita uno. "Ma tanto non dura", gli fa eco il suo compare.
Qualche "comunista" in realtà si vede anche qua. Il corteo parte, e passa Stefano Fassina, che scivola via svelto, e un giovane funzionario della Uil lo indica sprezzante a una compagna: "Guardalo, è il responsabile economico del Pd". Il patto col Pdl è quel che ci voleva, dice. "Ce lo chiede l'Europa. Dopo vent'anni potrebbe essere arrivato finalmente il momento della pacificazione. Visto cos'è successo in Germania, con la Grosse Koalitione? Berlusconi d'altronde ha dieci milioni di voti, rappresenta un terzo degli italiani. Era ora di tagliare le ali, serviva un esecutivo di centro, così".
L'impressione è che quasi tutti coloro che compongono il serpentone che percorre le poche centinaia di metri che separano Piazza Partigiani dal cuore della città, piazza IV Novembre con la sua Fontana Maggiore, siano iscritti al sindacato. Poca gente comune, molti amministratori locali. Tra gli iscritti ci sono anche dei lavoratori stranieri. "E siamo sempre di più", dice un giovane uomo, maghrebino, funzionario Cisl. "Un Paese senza sindacato è un Paese senza democrazia". E il governo Letta? "Male. Purtroppo il Pd è caduto nelle mani di Berlusconi. Ma non avrà vita facile".
Lungo Corso Vannucci, l'ultimo tratto del percorso, molti negozi sono aperti, anche se oggi c'è lo sciopero generale del commercio. Una ragazza spigliata guarda la gente passare appoggiata all'ingresso del posto dove lavora. Fuma una sigaretta, non tergiversa: "Non ho mai scioperato, e non sento il bisogno di farlo oggi. Sarà che non ho mai acquisito il valore del Primo Maggio, per me è un giorno come un altro. Poi, chissà come reagirebbero i responsabili del negozio. In un momento così chi ha un posto se lo deve tenere stretto. Meglio lavorare che scioperare".
E il Primo Maggio è soprattutto di quelli che lottano per trovare o difendere un lavoro. I dipendenti della Merloni di Nocera Umbra, azienda-simbolo della crisi occupazionale della regione, hanno il dovere della speranza. La nascita del governo, concordano, è un fatto positivo. "Anzi, doveva arrivare prima", dice una. "Forse non c'è fiducia fino in fondo, ma la speranza sì. Ci auguriamo che facciano finalmente le riforme che occorrono per risolvere situazioni come la nostra". Di manifestazioni, però, ormai in questi anni ne avranno fatte a decine. Non gli capita mai di pensare che non vale più la pena? "Certo. Ce lo dicevamo anche stamattina in macchina. Ma che alternative abbiamo? Se non scendessimo in piazza sarebbe anche peggio"
http://www.huffingtonpost.it/2013/05/01 ... de=2399031
bluu70
1 Fan
3 minuti fa (13:58)
iscritto di vecchia data al pd quest'anno non rinnovo e straccio la tessera 2012
è vero che è diventato un partito democristiano solo che la dc guardava a sinistra
mentre questi sognano di andare con berlusconi e la destra tacheriana
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Maria Polcaro
7 Fan
4 minuti fa (13:57)
Nella situazione che si è creata dopo le elezioni che hanno portato in parlamento 3 debolezze, una grande coalizione tra centrodestra e centrosinistra sarebbe stata una naturale,logica,obbligata soluzione, dove?In Germania o in un' altra nazione europea "normalmente" democratica....Ma in Italia, con un centrodestra capeggiato da un berlusconi in pieno e ,come si è visto, pericolosissimo conflitto di interessi, indagato per reati gravi e gravissimi, assolto per lo più in altri processi non per riconosciuta innocenza ma per prescrizione ,gravato da ombre e amicizie e collaborazioni in odore di mafia...si poteva procedere a un governo di larghe intese?Bah, dubbi, perplessità,opposizioni mi sembrano più che legittime...Inoltre mi chiedo come mai Napolitano non ha spinto sia berlusconi sia bersani, i due non vincitori, a defilarsi e lasciare i due schieramenti liberi di agire per il bene del Paese?Era una cosa impossibile?Berlusconi non avrebbe accettato ...embè agli occhi degli italiani sarebbe apparso meno responsabile e meno finemente "politico"
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Polit Buro
3 Fan
14 minuti fa (13:47)
Ecco qui una prova piuttosto evidente che il disegno reale del P2ì prevede il massimo dei vantaggi per il Nano, e se fanno cose come questa http://www.politb.eu/?p=576 come fa la base pidd(u)ina a pensare che volessero davvero un accordo coi 5S ma quelli non ci sono stati??
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algernon24
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31 minuti fa (13:30)
finalmente buone notizie. il PD non avrebbe dovuto mai nascere. ora è chiaro a tutti quanto sia condizionato dalla sua componente democristiana. deve scoppiare!
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Paolo49
36 Fan
1 ora fa (12:56)
Se il PD , è diventato troppo democristiano , non è certo colpa degli ex DC , semmai degli ex PCI (come me) che non sono riusciti a essere vincenti nemmeno dentro il partito da loro voluto e fondato , e poi non bisogna "rottamare" chi ha fatto questo capolavoro?
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albac
7 Fan
30 minuti fa (13:31)
Però a forza di rottamare quelli di sinstra sono rimasti solo i democristiani. Comunque ora che la frittata è fatta che si fa? Questo è il problema. Basta guardare indietro! altrimenti continuiamo ad avvitarci su noi stessi senza venirne fuori.
O nel PD qualcosa cabia o si va nella cos 2 di Vendola e Rodotà.
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Ezio Pignatelli
Padre, insegnante, comunista confuso.
24 Fan
19 minuti fa (13:43)
Tranquillo. 3 mesi prima delle elezioni faranno un cambiamento con u segretario pulito. Li rivoteremo in massa, loro ringrazieranno, faranno fuori il segretario, rifaranno un governo con le destre.
C'è un limite al numero di volte in cui mi faccio prendere per il culo. E quel numero è uno.
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Polit Buro
3 Fan
13 minuti fa (13:48)
dei veri seri ed affidabili professionisti esperti della politica! non come quegli sconosciuti e incompetenti dei grillini! perbacco!
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