Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto
La libertà è il diritto dell’anima a respirare. E noi, partecipando malgrado tutto, vogliamo continuare a respirare.Lo facciamo nel modo più opportuno possibile all’interno di questo forum che offre spazio a tutti coloro che credono nella democrazia
Le coop rosse e le grandi aziende abbandonano il Partito democratico
Guardando i finanziatori del Pd si leggono solo i nomi dei parlamentari o degli amministratori democratici, con una fuga delle imprese. L’unico fedele nel sostegno economico al partito è l’editore bolognese Federico Enriques, con 25.000 euro. Niente più sostegno dalle grandi Coop delle “regioni rosse” (come Manutencoop) anche se si registra il contributo di alcune più piccole cooperative alle sedi Regionali (5.000 euro da Gesco di Cesena, i portuali di Piombino e Livorno, ecc). Curioso poi l’assegno di ben 100.000 euro giunto al Pd di Ferrara e staccato dai locali Ds, che hanno ancora fondi propri. Reggono dunque i finanziamenti di piccolo importo a livello locale e in favore dei singoli candidati per esempio alle Europee.
E allora come si finanzierà ?
Ma che domande...
Con le lobby di destra, ovvio.
Vaticano, Confindustria e centrismi vari.
Allo scopo ha già spostato pesantemente il baricentro a destra,
in modo di allineare il proprio elettorato agli obiettivi politici
delle lobby di riferimento.
Da questo punto di vista il partito liquido è geniale.
Non riesci a fare una certa politica A, perchè gli elettori A si dividono
stanno a casa, non ti votano come dovrebbero, poi ti controllano e
rompono le palle, ecc.?
Ma cambiamo elettori!!!
Puntiamo agli elettori cui piace la politica B.
Perchè farsi mille pipe mentali coi valori di riferimento,
e la tradizione, e gli attivisti storici, e gli avi che si rivoltano
nella tomba.
Tutte balle.
L'importante è vincere e stare al comando.
Poi si vede.
Le coop rosse e le grandi aziende abbandonano il Partito democratico
Guardando i finanziatori del Pd si leggono solo i nomi dei parlamentari o degli amministratori democratici, con una fuga delle imprese. L’unico fedele nel sostegno economico al partito è l’editore bolognese Federico Enriques, con 25.000 euro. Niente più sostegno dalle grandi Coop delle “regioni rosse” (come Manutencoop) anche se si registra il contributo di alcune più piccole cooperative alle sedi Regionali (5.000 euro da Gesco di Cesena, i portuali di Piombino e Livorno, ecc). Curioso poi l’assegno di ben 100.000 euro giunto al Pd di Ferrara e staccato dai locali Ds, che hanno ancora fondi propri. Reggono dunque i finanziamenti di piccolo importo a livello locale e in favore dei singoli candidati per esempio alle Europee.
E allora come si finanzierà ?
Ma che domande...
Con le lobby di destra, ovvio.
Vaticano, Confindustria e centrismi vari.
Allo scopo ha già spostato pesantemente il baricentro a destra,
in modo di allineare il proprio elettorato agli obiettivi politici
delle lobby di riferimento.
Da questo punto di vista il partito liquido è geniale.
Non riesci a fare una certa politica A, perchè gli elettori A si dividono
stanno a casa, non ti votano come dovrebbero, poi ti controllano e
rompono le palle, ecc.?
Ma cambiamo elettori!!!
Puntiamo agli elettori cui piace la politica B.
Perchè farsi mille pipe mentali coi valori di riferimento,
e la tradizione, e gli attivisti storici, e gli avi che si rivoltano
nella tomba.
Tutte balle.
L'importante è vincere e stare al comando.
Poi si vede.
soloo42001
Crudo ma vero. Fa una certa impressione vedere una nuova generazione di giovani uomini e donne saltare fameliche sul carro del vincitore in attesa del magna magna.
Spiccano Carcio Orfini, Andrea Romano e Genny a' poltrona (Gennaro Migliore, Rifondazione comunista, Sel e adesso Pd. La moglie e l suocera devono avergli intimato di non tornare a casa senza una poltrona fruttifera decente )
Forza Italia, Verdini pronto all’addio per sostenere Renzi: incontro con Berlusconi
Il braccio destro pronto allo strappo per formare un gruppo autonomo al Senato. Con lui sarebbero in 13. Intanto la Rossi presenta il bilancio del partito. In rosso
di F. Q. | 9 giugno 2015
Denis Verdini ha passato la serata di martedì 9 a Palazzo Grazioli per incontrare Silvio Berlusconi. La gatta da pelare è quella delle riforme, tema che divide l’ex premier dal suo vecchio braccio destro. Perché se Verdini è intenzionato a sostenere la linea di Matteo Renzi al riguardo, Berlusconi non la pensa allo stesso modo. E durante il faccia a faccia dell’ora di cena, Verdini avrebbe spiegato la sua volontà di staccarsi da Forza Italia con la necessità di sostenere quanto contenuto nel patto del Nazareno in tema di riforme. La separazione, almeno a sentire i più pessimisti dentro Forza Italia, è ormai questione di giorni. L’ex presidente del Consiglio, rientrato oggi a Roma, in precedenza aveva incontrato lo stato maggiore del partito. Insomma: ne nascerebbe un gruppo autonomo che, con un governo in piena tempesta (tra l’inchiesta Mafia capitale che travolge il Pd romano, ma anche Ncd con il sottosegretario alfaniano Castiglione), potrebbe diventare un’insperata ciambella di salvataggio.
La linea del senatore azzurro sembra essere condivisa anche da Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Ma, se Verdini non è disposto a rivedere la sua posizione, anche Berlusconi non è da meno. Anzi, a sentire i suoi fedelissimi, dovrebbe evitare di fare aperture: non c’è niente da discutere, la linea è già decisa. E Verdini, in caso di punto di non ritorno ha preparato il piano B: cioè la creazione di gruppi autonomi. A Palazzo Madama l’ex coordinatore azzurro può contare su 13 senatori. Da Forza Italia dovrebbe andar via anche Riccardo Mazzoni mentre è in forse Riccardo Conti (sono entrambi toscani). A questi si dovrebbero aggiungere poi diversi esponenti del gruppo Gal (che raccoglie vari parlamentari eletti in diversi partiti di centrodestra).
E, oltre alla grana Verdini, ora Berlusconi deve fare i conti anche con le finanze di Forza Italia. Mariarosaria Rossi, tesoriera da un anno, ha presentato il bilancio 2014. C’è stata una discussione prettamente tecnica, in cui i temi politici sono stati marginali. Stando alla sua relazione, comunque, le casse del partito non sono messe proprio bene e difficilmente potranno essere riempite. La tesoriera ha illustrato nei dettagli i tagli che è stata costretta a fare. Poi c’è la questione della cassa integrazione dei dipendenti, che sarebbe l’unica soluzione per evitare il licenziamento.
Finalmente dopo 10 giorni di astinenza per mancanza di segnale internet si riprende. Se Verdini con i suoi 13 senatori sarà fondamentale per la maggioranza al senato forse parte del PD e gli italiani potranno rendersi conto quanto sia di sinistra il governo Renzi
Denis Verdini
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
sen. Denis Verdini
Bandiera italiana Parlamento italiano
Senato della Repubblica
Denis Verdini
Luogo nascita Fivizzano
Data nascita 8 maggio 1951
Titolo di studio Laurea in scienze politiche
Professione Politico, Commercialista
Partito Il Popolo della Libertà (2013)
Forza Italia (2013-)
Legislatura XVII
Gruppo Il Popolo della Libertà - Forza italia
Coalizione PdL-Lega Nord-MpA-La Destra-Grande Sud
Circoscrizione Toscana
Pagina istituzionale
on. Denis Verdini
Bandiera italiana Parlamento italiano
Camera dei deputati
Luogo nascita Fivizzano
Data nascita 8 maggio 1951
Partito Forza Italia (2001-2009)
Il Popolo della Libertà (2009-2013)
Legislatura XIV, XV, XVI
Gruppo Forza Italia (2001-2009)
Il Popolo della Libertà (2009-2013)
Coalizione Casa delle Libertà
PDL-Lega Nord-MpA
Circoscrizione Toscana
Incarichi parlamentari
Componente - V Commissione (Bilancio, Tesoro e Programmazione), Componente Giunta delle Elezioni
Pagina istituzionale
Denis Verdini (Fivizzano, 8 maggio 1951) è un politico e banchiere italiano
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Nato a Fivizzano, da giovanissimo si trasferisce a Campi Bisenzio con la famiglia. Titolare di macellerie, si laurea in scienze politiche e si specializza come dottore commercialista, esercitando a lungo la professione, prima di divenire presidente del locale Credito Cooperativo Fiorentino.
È assistente docente di Storia delle dottrine economiche all'università Luiss di Roma nell'anno accademico 1996-97. Cultore di storia economica, approfondisce gli studi su banca e moneta.
Vive a Firenze, è sposato ed ha tre figli: Tommaso, Francesca e Diletta. La notte tra l'8 e il 9 maggio 2015 il figlio 25enne Tommaso viene denunciato per furto e danneggiamento per aver tolto forzatamente le ganasce apposte alla propria autovettura (Mercedes ML) in Piazza Strozzi a Firenze per divieto di sosta.[1]
Carriera politica[modifica | modifica wikitesto]
Esponente del Partito Repubblicano Italiano nella "Prima Repubblica", in occasione delle elezioni politiche del 1994 è candidato alla Camera in un collegio uninominale della Toscana (quello di Sesto Fiorentino) per il Patto per l'Italia in quota Patto Segni (lista che accoglieva al suo interno i repubblicani), raccoglie il 16,6% senza venire eletto. Dopo la vittoria delle elezioni da parte di Forza Italia diventa "forzista" [2] e si candida alle consultazioni regionali del 23 aprile 1995 nella lista Forza Italia-Polo Popolari ed è eletto nella circoscrizione provinciale di Firenze, con 2.856 voti di preferenza. Diventa vicepresidente del Consiglio regionale.[2], membro della commissione Attività produttive e della commissione di Vigilanza.
È titolare del 15% delle azioni della società editrice del quotidiano Il Foglio.[2] Nel 1997 Verdini sostiene Giuliano Ferrara, direttore del quotidiano, nella campagna elettorale per il seggio del Mugello, in cui, vigente il sistema maggioritario, Ferrara perde contro Antonio Di Pietro.[2]
Alle elezioni regionali del 16 aprile 2000 si presenta nella lista Forza Italia ed è eletto nella circoscrizione provinciale di Firenze, con 7.166 voti di preferenza. Diventa vicepresidente del Consiglio regionale, membro della commissione Affari istituzionali e della commissione speciale Statuto.
Nel 2001 Verdini viene eletto alla Camera nelle file di Forza Italia[2]. Si dimette da consigliere regionale; al suo posto subentra, il 4 luglio di quell'anno, Paolo Marcheschi.
Alle elezioni regionali del 3-4 aprile 2005 è eletto nella circoscrizione di Firenze per la lista di Forza Italia, poi rassegna le dimissioni da consigliere regionale per incompatibilità con la carica di parlamentare: viene surrogato da Angelo Pollina nella prima seduta consiliare il 5 maggio.
Alle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 viene riconfermato deputato della Repubblica al Parlamento Italiano per la XV Legislatura.[2]
Dopo le elezioni politiche del 13-14 aprile 2008 è nominato Coordinatore Nazionale di Forza Italia. Gestisce la fusione del suo partito con Alleanza Nazionale.[2] Nel 2009, dopo la nascita del Popolo della Libertà, viene creato l'ufficio di Coordinatore Nazionale, che è ricoperto da tre persone: Verdini ne fa parte, insieme con Sandro Bondi e Ignazio La Russa.
Il 16 novembre 2013, con la sospensione delle attività del Popolo della Libertà, aderisce a Forza Italia.[3] Il 24 marzo 2014 diventa membro del Comitato di Presidenza di Forza Italia. Diventa poi il fautore del "Patto del Nazareno" sancito il 18 gennaio 2014 tra Silvio Berlusconi e il premier Matteo Renzi riguardante una collaborazione su riforme costituzionali (titolo V e Senato "Camera delle Autonomie") e legge elettorale Italicum. La fine dei rapporti è sancita con l'elezione di Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica il 31 gennaio 2015; Verdini viene man mano allontanato dal cosiddetto "cerchio magico" di Berlusconi composto da Mariarosaria Rossi, Francesca Pascale, Deborah Bergamini e Giovanni Toti.[4][5]
Vicende giudiziarie[modifica | modifica wikitesto]
Caso de La Maddalena[modifica | modifica wikitesto]
Nel febbraio 2010 viene indagato dalla Procura di Firenze per il reato di concorso in corruzione riguardo ad alcune irregolarità a lui imputabili su alcuni appalti a Firenze e a La Maddalena, sede in cui si sarebbe dovuto tenere il G8 (poi spostato a L'Aquila).[6]. Il gip si riserva la decisione di ricorrere ad eventuale rinvio a giudizio. Nell'aprile del 2014 il Senato autorizza l'utilizzo delle intercettazioni riguardanti Verdini.[7]
Caso della P3: rinvio a giudizio[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: P3 (inchiesta).
Nel maggio 2010 viene indagato dalla Procura di Roma in riguardo ad un'inchiesta riguardante un presunto comitato d'affari, la cosiddetta "cricca", che avrebbe gestito degli appalti pubblici in maniera illecita.[8]
A luglio vengono arrestati l'imprenditore Flavio Carboni, coinvolto a Roma in un'inchiesta che punta a scoperchiare una cupola con interessi nella gestione degli appalti sull'energia eolica in Sardegna (che vede indagato anche il governatore PDL della Sardegna Ugo Cappellacci), insieme a Pasquale Lombardi, geometra ed ex esponente della Democrazia Cristiana e all'imprenditore Arcangelo Martino, ex assessore comunale di Napoli. Queste persone vengono accusate dalla Procura di Roma di aver esercitato forzature sui giudici della Corte Costituzionale al fine di favorire il giudizio di legittimità costituzionale sul Lodo Alfano, di aver sostenuto la riammissione della lista civica regionale Per la Lombardia[9], collegata al candidato di centrodestra alle elezioni regionali del 2010 e successivamente eletto governatore della regione Lombardia Roberto Formigoni e, infine, di aver favorito la nomina a presidente della Corte d'Appello di Milano al pm Alfonso Marra.
Il 23 luglio in una lettera (resa pubblica il 26 luglio) Verdini si dimette da presidente e consigliere del consiglio di amministrazione del Credito Cooperativo Fiorentino a causa dello scandalo P3 che lo vede coinvolto per corruzione e violazione della Legge Anselmi sulle società segrete. Verdini afferma: "Su di me scatenata una tempesta mediatica e queste accuse rischiano di gettare ombra sulla banca".[10][11] Per solidarietà a Verdini si dimette dopo poche ore tutto il consiglio di amministrazione del credito.[12] Alcuni politici, come Fini, ne chiede le dimissioni anche dagli incarichi politici.[13]
Dall'inchiesta emerge che il 23 settembre 2009 avrebbe avuto luogo un incontro presso l'abitazione di Denis Verdini, a cui avrebbero preso parte l'imprenditore e faccendiere Flavio Carboni, il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi. In questa riunione si sarebbe delineata la strategia di persuasioni indebite da adottare sui giudici della Consulta intorno all'approvazione del lodo che il 7 ottobre seguente verrà poi bocciato perché ritenuto incostituzionale.[9] Il leader dell'Italia dei Valori Antonio di Pietro definisce la cupola che si sarebbe costruita attorno a Flavio Carboni una «nuova loggia massonica», con le stesse caratteristiche della vecchia loggia Propaganda 2. Pier Luigi Bersani, leader del Partito Democratico, chiede all'esecutivo di far luce sulla vicenda, mentre il senatore e capogruppo dell'UDC Giampiero D'Alia richiede l'intervento della Commissione parlamentare Antimafia.[14]
Nell'agosto del 2011 la Procura di Roma annuncia di aver chiuso l'inchiesta P3.
Il 5 novembre 2014 Denis Verdini viene rinviato a giudizio per corruzione. Il processo prende il via il 5 febbraio 2015 davanti alla IX sezione penale.[15]
Caso de L'Aquila: assolto[modifica | modifica wikitesto]
Nel dicembre 2010 Verdini viene indagato con l'accuso di tentato abuso d'ufficio insieme all'imprenditore Riccardo Fusi riguardo ai 4 appalti da 21 milioni di euro assegnati per la ricostruzione post terremoto a L'Aquila (il politico avrebbe favorito il Consorzio Federico II nel quale era presente Fusi e tre imprenditori aquilani) ma già nell'ottobre 2011 i due vengono prosciolti dal gup perché il fatto non sussiste perché il reato che veniva contestato era assente dai presupposti normativi dopo che ad agosto la Camera non aveva dato l'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni riguardanti Verdini.[16]
Caso della P4[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: P4 (inchiesta).
Il 12 giugno 2012 la Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati accorda ai magistrati di utilizzare le intercettazioni (34 in tutto) che coinvolgono Denis Verdini nell'ambito dell'inchiesta sulla P4. Il PdL è l’unico partito a votare contro.[17]
Caso del Credito Cooperativo Fiorentino: rinvio a giudizio[modifica | modifica wikitesto]
La Banca d'Italia, con delibera unanime del Direttorio del 20 luglio 2010, propone al Ministro dell'Economia e delle Finanze "la sottoposizione dell'azienda alla procedura di amministrazione straordinaria per gravi irregolarità nell'amministrazione e gravi violazioni normative".[18] Con decreto del 27 luglio il Ministro dell'Economia dispone il commissariamento della banca[18]. Il 14 agosto la Banca d'Italia contesta a Verdini un conflitto d'interessi pari a 60,5 milioni di euro per la banca di cui è stato amministratore.[19] Nel marzo 2012 l'istituto, sottoposto dalla Banca d'Italia a liquidazione coatta amministrativa cessa di esistere. Le attività sono acquisite da Chiantibanca mentre le sofferenze sono acquisite dal fondo nazionale di garanzia delle Bcc.[20]
Il 14 marzo 2013, i pm di Firenze chiedono il rinvio a giudizio per Verdini per il procedimento sulla gestione del Credito Cooperativo Fiorentino.[21]
Nel luglio 2014 il gup di Firenze Fabio Frangini accoglie la richiesta dei PM. Viene fissata la prima udienza per il 21 aprile 2015. Verdini dovrà rispondere per truffa ai danni dello stato.[22]
Caso di truffa: accusa di truffa[modifica | modifica wikitesto]
Nell'aprile 2013, nell'ambito di una inchiesta per truffa per una presunta indebita percezione di fondi per l'editoria, la Procura della Repubblica di Firenze emette un'ordinanza attraverso la quale la Guardia di Finanza sequestra beni per 12 milioni di euro alla società Settemari di Verdini, Massimo Parisi e altre persone.[23]
Caso dell'appalto della Scuola Marescialli: accusa di concorso in corruzione[modifica | modifica wikitesto]
In relazione alle presunte irregolarità legate all'appalto per la Scuola Marescialli di Firenze vengono prima arrestati nel 2010 e poi condannati nel 2012 il provveditore delle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis (3 anni e 8 mesi), il presidente del consiglio dei lavori pubblici Angelo Balducci (3 anni e 8 mesi), l'avvocato Guido Cerruti e l'imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli (2 anni e 8 mesi) mentre le posizioni di Verdini e dell’imprenditore della Btp Riccardo Fusi erano state stralciate.
Il 9 aprile 2014 il Senato da l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni riguardanti Verdini il quale il 19 novembre seguente viene rinviato a giudizio dal gup Cinzia Parasporo per concorso in corruzione: insieme al ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli avrebbe caldeggiato la nomina di De Santis a provveditore delle opere pubbliche della Toscana.
Il processo inizierà il 10 aprile 2015 davanti ai giudici della VII sezione penale del tribunale di Roma.[24][25]
Caso della Toscana Edizioni: accusa di bancarotta[modifica | modifica wikitesto]
Il 25 novembre 2014 viene indagato dalla procura di Firenze insieme al forzista Massimo Parisi con l'accusa di bancarotta fraudolenta in riguardo al fallimento della Società Toscana Edizioni, debitoria nei confronti del Credito Fiorentino di Verdini, avvenuto nel febbraio 2014: i due esponenti politici nel 2005 si sarebbero appropriati di 1,3 milioni di euro della società vendendole quote della Nuova Toscana Editrice, controllata da loro al 40% e con un capitale di 62.000 euro. Vengono messi sotto inchiesta anche i vertici di allora della Toscana Edizioni. Questo processo è collegato ad altri due processi riguardanti Verdini, quello del Credito Fiorentino con 20 milioni di euro di contributi a Il Giornale della Toscana e quello della P3 con Flavio Carboni e altre due persone che nel 2009 versano 800.000 euro alla Nuova Toscana Editrice per rilevare delle quote.[26]
P3 (inchiesta)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Con il termine P3 si fa riferimento ad una inchiesta giudiziaria condotta dalla Procura della Repubblica di Roma su una presunta associazione segreta.
econdo la procura la presunta associazione sarebbe finalizzata al pilotaggio di appalti, sentenze e al dossieraggio. Nel registro degli indagati stilato dalla procura figurano l'ex-coordinatore del PdL Denis Verdini, il senatore Marcello Dell'Utri, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, il coordinatore del PdL in Campania Nicola Cosentino, il faccendiere Flavio Carboni, l'imprenditore Arcangelo Martino e il magistrato tributarista Pasquale Lombardi. Questi ultimi tre, arrestati l'8 luglio 2010, vengono considerati i vertici dell'organizzazione[1].
L'inizio delle indagini[modifica | modifica wikitesto]
Nel maggio 2010, il faccendiere sardo Flavio Carboni, già imputato durante il processo Calvi, viene indagato per concorso in corruzione, nell'ambito di un'inchiesta sugli appalti per l'energia eolica in Sardegna, insieme ad alcuni personaggi di spicco della politica locale e nazionale. Secondo gli investigatori Carboni avrebbe influenzato decisioni riguardanti il settore delle energie rinnovabili, arrivando a indicare la nomina del presidente dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale, Ignazio Farris, anch'egli indagato. Dalle indagini emersero diversi incontri tra gli indagati, alcuni dei quali, secondo lo stesso Carboni, alla presenza del senatore Marcello Dell'Utri.[2] Ulteriori sviluppi hanno in seguito portato i magistrati inquirenti a ipotizzare i reati di riciclaggio e associazione per delinquere, in relazione alla scoperta di consistenti fondi (circa cinque milioni di euro) provenienti da aziende collegate alla criminalità organizzata.[3]
L'8 luglio 2010 Carboni, Martino e Lombardi vengono arrestati. Il gip giustifica l'ordinanza affermando che la sfera di influenza di Carboni non agiva solamente con iniziative volte a realizzare impianti di produzione di energia eolica in Sardegna, ottenendo la nomina di persone a lui gradite e in contatto con Cappellacci e Verdini. Sempre secondo il gip, infatti, Carboni avrebbe più volte, coadiuvato da Arcangelo Martino e dall'ex componente di commissioni tributarie Giovanni De Donato, provato a entrare nell'attività delle istituzioni, anche per quanto riguarda le decisioni giudiziarie. Nel settembre 2009 Carboni avrebbe fatto pressioni sui giudici della Corte Costituzionale per essere a conoscenza in anticipo dell'esito della sentenza sul Lodo Alfano, legge che prevedeva la sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato, tra le quali il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Carboni, a questo fine, avrebbe dato vita, nel marzo 2010, a riunioni private con Verdini, Dell'Utri, il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo e i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller. Carboni avrebbe agito per sostenere la riammissione della lista del Pdl del candidato di centrodestra per le elezioni regionali del 2010 e presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni presso il TAR e, sempre per quanto riguarda le elezioni regionali italiane del 2010, tentando di supportare Nicola Cosentino come candidato presidente della Campania, screditando allo stesso tempo l'altro possibile candidato, oggi Presidente della Regione, Stefano Caldoro, attraverso la realizzazione di dossier su presunte frequentazioni di transessuali da parte dello stesso presidente della regione. Gli accusati sono sospettati anche di aver favorito la promozione a presidente della Corte d'appello di Milano del pm Alfonso Marra.[4]
La chiusura dell'inchiesta[modifica | modifica wikitesto]
Nell'agosto 2011 la Procura delle Repubblica di Roma annuncia di aver chiuso l'inchiesta (così denominata dalla stampa, in riferimento alla loggia P2 di Licio Gelli). Risultano indagati, oltre a Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi anche Denis Verdini, Marcello Dell'Utri, Ugo Cappellacci, Giacomo Caliendo e Nicola Cosentino.
P4 (inchiesta)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il termine P4 è utilizzato per riferirsi ad una inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura della Repubblica di Napoli su una presunta associazione a delinquere che avrebbe operato nell'ambito della pubblica amministrazione italiana e della giustizia. Oggetto di indagini preliminari in tale procedimento giudiziario furono, tra gli altri, il faccendiere Luigi Bisignani e il deputato Alfonso Papa del (PdL).
La P4 avrebbe avuto l'obiettivo di gestire e manipolare informazioni segrete o coperte da segreto istruttorio, oltre che di controllare e influenzare l'assegnazione di appalti e nomine, interferendo anche nelle funzioni di organi costituzionali.[1]
Le indagini[modifica | modifica wikitesto]
L'origine della sigla P4 non fu solo frutto di immaginazione giornalistica, ma si deve anche al fatto che il nome di Luigi Bisignani comparisse negli elenchi della loggia Propaganda Due (detta P2) di Licio Gelli, rinvenuti a Castiglion Fibocchi, benché Bisignani si sia sempre dichiarato estraneo a tale loggia[2].
L'indagine fu avviata dalla Procura della Repubblica di Napoli su iniziativa dei PM Francesco Curcio e Henry John Woodcock. Secondo gli inquirenti, Luigi Bisignani avrebbe instaurato, grazie ad un'intricata rete di influenti amicizie, "un sistema informativo parallelo"[3] che avrebbe avuto tra i suoi obiettivi «...l'illecita acquisizione di notizie e di informazioni, anche coperte da segreto, alcune delle quali inerenti a procedimenti penali in corso nonché di altri dati sensibili o personali al fine di consentire a soggetti inquisiti di eludere le indagini giudiziarie ovvero per ottenere favori o altre utilità». Bisignani fu sottoposto, a partire dal 15 luglio 2011, a 4 mesi e 20 giorni di detenzione domiciliare per favoreggiamento e rivelazione di segreto d'ufficio.
Le intercettazioni[modifica | modifica wikitesto]
Dopo averlo intercettato, gli investigatori si sono presi cura di trascrivere il contenuto delle intercettazioni.
Il 9 agosto 2010 Bisignani parla con Enrico Cisnetto, editorialista del Giornale di colui che a quel tempo era direttore del quotidiano, Vittorio Feltri. In questa intercettazione - e precisamente dalle parole di Cisnetto - si viene a sapere che Feltri avrebbe avuto intenzione di prendere il posto di Silvio Berlusconi. A detta di Cisnetto, inoltre, parte dell'operato di Feltri è finalizzata a destabilizzare il premier (che "sarebbe svenuto" se avesse sentito ciò che Feltri diceva di lui a cena).[4]
Il 18 agosto 2010 una telefonata a Flavio Briatore rivela il parere di Bisignani sul sottosegretario Santanché, che viene descritta come un'opportunista. Nei giorni successivi Bisignani la definirà come "una stronza".[4]
Il 12 settembre 2010 in una telefonata con il figlio Renato, Bisignani parla del ministro del Turismo Brambilla in modo poco lusinghiero definendola «...stronza, brutta, un mostro, mignotta come poche, la più mignotta di tutte».[4]
Il 14 ottobre 2010 l'allora direttore generale della RAI Mauro Masi riceve da Bisignani la lettera di licenziamento per Michele Santoro e, al telefono, esulta con lo stesso faccendiere affermando che ormai il conduttore di Annozero «...è morto - e che - je stamo a spaccà er culo»[4]
Una delle preoccupazioni del faccendiere è legata anche alla possibilità che la Gabanelli "faccia puttanate"[4]
Il 2 dicembre 2010 il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo si lamenta con Bisignani del fatto che tutti, nel centrodestra, sono referenti di Berlusconi.[4]
Il 26 gennaio 2011 Bisignani parla con Masi, dopo che questi ha appena litigato in diretta con Santoro. «Mi hai visto?», gli chiede [Masi], «Come sono andato?». «Una figura di merda». [5]
Nel giugno 2011 si scopre che anche Michaela Biancofiore risulta intercettata in una telefonata con Bisignani, ove la parlamentare rivela di sapere di indebite pressioni effettuate anni prima dal magistrato Boccassini per far uscire il figlio dai guai dopo scontri avvenuti nei centri sociali di Milano.[6]
Il 13 giugno 2012 La Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati ha accordato ai magistrati il permesso di utilizzare le intercettazioni (34 in tutto) che coinvolgono Denis Verdini. Il PdL è stato l'unico partito a votare contro[7].
Personalità coinvolte[modifica | modifica wikitesto]
Il maresciallo La Monica[modifica | modifica wikitesto]
Nell'inchiesta sulla P4 fu anche coinvolto il maresciallo dei Carabinieri Enrico La Monica, sospettato di essere responsabile della fuga di notizie riguardante l'inchiesta su Nicola Cosentino, ex sottosegretario, coordinatore regionale del PdL campano e accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La Monica, essendo a conoscenza del fatto che Cosentino sarebbe stato oggetto di un'indagine, avrebbe detto all'onorevole Alfonso Papa (PdL) di evitare rapporti troppo stretti con Cosentino. Un ex ferroviere amico di La Monica conferma che il maresciallo era un "grandissimo amico" di Papa.[8]
Anche in altre circostanze La Monica avrebbe diffuso notizie segrete con la speranza di ottenere in cambio una raccomandazione per l'AISE, i servizi segreti militari.[9]
Enrico La Monica fu dichiarato latitante dopo l'ordinanza d’arresto spiccata dalla procura e dal gip di Napoli il 13 giugno 2011. Per il tribunale del riesame, tuttavia, La Monica si trovava in Africa, dove vivono la moglie e i figli, già dal febbraio 2011 per un giusto motivo sanitario (crisi depressive). Quindi il suo arresto sarebbe stato ingiusto. Cassazione e poi Tribunale del riesame hanno sancito anche l'infondatezza delle accuse relative all'associazione per delinquere e alla concussione.[10].
Luigi Bisignani[modifica | modifica wikitesto]
Dalle parole dello stesso Bisignani emerge chiaramente la sua sfera di influenza politico-istituzionale. Basti pensare al caso della Santanchè, che, trovatasi in seria difficoltà dopo che Fini l'aveva esautorata di ogni potere all'interno di Alleanza Nazionale, accettò il consiglio del faccendiere di iscriversi a La Destra di Francesco Storace, con la speranza di ottenere così una maggiore visibilità. Fallito il tentativo (La Destra infatti non superò la soglia di sbarramento per approdare in Parlamento, la Santanchè era, oltretutto, candidata premier per quel partito), Bisignani operò al fine di riavvicinare la Santanché al PdL. Una nuova collaborazione governativa era allora una prospettiva piuttosto lontana per l'attuale sottosegretario, a causa del veto posto da Fini, che non tollerava il rientro nelle file del governo di un'avversaria. Il veto cadde grazie alla mediazione di Bisignani, che, sempre secondo le sue parole, convinse i finiani contattando La Russa, Ronchi e Bocchino. Durante un pranzo a Montecitorio, alla presenza di Berlusconi e Fini, Bocchino annunciò infine la caduta del veto.
Da segnalare come i rapporti fossero stretti anche con Italo Bocchino, il quale si era rivolto al faccendiere per chiedergli una mano per ripristinare i finanziamenti al quotidiano Il Roma, che erano stati sospesi da Berlusconi tramite il responsabile dell'editoria Elisa Grande. Tra gli altri contatti di Bisignani troviamo: Lorenzo Cesa, Raffaele Fitto, Mario Baccini, Salvatore Nastasi, Alfonso Papa, Elisabetta Gardini, Denis Verdini, Michaela Biancofiore, Alberto Michelini, Clemente Mastella, Giuseppe Galati, Roberto Sambuco, Stefano Lucchini, Franco Frattini.[11]
Tra le suddette amicizie di Luigi Bisignani spiccavano numerose figure politiche di primo piano. Lo stesso Bisignani è stato compagno dell'ex-sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Daniela Santanchè; Gianni Letta e Lamberto Dini furono suoi testimoni di nozze[12]; si disse inoltre grande amico di Italo Bocchino[13], vicepresidente di Futuro e Libertà per l'Italia, il partito del Presidente della Camera Gianfranco Fini. Tra i suoi conoscenti anche Denis Verdini, esponenti importanti dell'Eni e della RAI, oltre che diversi vertici dei servizi di sicurezza.[14]
Alfonso Papa[modifica | modifica wikitesto]
Alfonso Papa è stato il primo parlamentare italiano arrestato per fatti non violenti, a seguito dell'autorizzazione all'arresto concessa dalla Camera dei Deputati con 319 voti favorevoli e 293 contrari [15], restando per 103 giorni nel carcere di Poggioreale[16].
Stando alla tesi dell'accusa, Papa sarebbe stato per Luigi Bisignani una delle principali fonti di notizie sensibili riguardanti soggetti investiti di funzioni istituzionali[17]. Allo scopo di ottenere tali informazioni riservate, l'onorevole Papa si sarebbe avvalso del supporto del maresciallo La Monica. Lo stesso Bisignani si disse convinto "che i canali informativi di Papa erano prevalentemente nella Guardia di Finanza"[18]. In particolare, tra le informazioni che Bisignani ottenne tramite Papa, ci furono quelle relative alle indagini avviate nei riguardi di Stefania Tucci, alla quale Bisignani era legato[19].
L'efficacia delle conoscenze di Papa sarebbe comprovata dalla testimonianza di Maria Roberta Darsena, la quale conobbe Papa nel 1999 e riuscì, grazie al suo interessamento, ad ottenere un contratto a tempo indeterminato alle Poste. La Darsena riferì anche di avere ricevuto diversi regali dal deputato: un Rolex, un braccialetto di oro bianco e diamanti, un anello, borse, tutti senza confezione. Vi fu anche il caso di Maria Elena Valenzano, assistente parlamentare di Papa legata a Bisignani, che avrebbe ricevuto diverse proposte lavorative grazie alle informazioni sulle indagini fornite a imprenditori e politici da Papa.
Un'altra donna, Gianna Sperandio, fu trovata in possesso di una carta telefonica usata da Alfonso Papa e avrebbe abitato spesso in un appartamento che risultava a disposizione del parlamentare. Inoltre, dalle dichiarazioni rese ai magistrati, risultò che la Sperandio possedeva una Jaguar regalatale da Papa e che una volta si recò a Conegliano con una Ferrari F430 prestatale dallo stesso deputato. Quest'ultimo si sarebbe anche adoperato al fine di ottenere una tessera di riconoscimento da parte della Camera dei Deputati affinché la Sperandio potesse accedere a Montecitorio.[20]
Le istituzioni coinvolte[modifica | modifica wikitesto]
Guardia di Finanza[modifica | modifica wikitesto]
Anche i vertici della Guardia di Finanza vennero coinvolti nella vicenda P4, dato che il Capo di Stato Maggiore Michele Adinolfi ricevette un avviso di garanzia e fu indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d'ufficio. I PM di Napoli accusarono Adinolfi di aver avvertito Bisignani del fatto che il faccendiere fosse intercettato.
Successivamente il generale Adinolfi fece ricorso, invocando l'incompetenza dei PM di Napoli, in quanto il presunto fatto contestatogli sarebbe stato commesso a Roma. La Corte di Cassazione gli diede ragione e stabilì che la competenza ad indagare sul generale era della procura della capitale[21].
Membri del Senato della Repubblica Italiana[modifica | modifica wikitesto]
Le indagini sulla P4[22] hanno portato alla scoperta che la rete di Bisignani coinvolgeva anche Palazzo Chigi e l'Opus Dei, l'Eni e i ministri, la Rai e i giornali, le Ferrovie e i Servizi segreti [23][24]. Della rete di Bisignani faceva parte anche l'allora direttore di Rai Vaticano Marco Simeon [25].
Opus Dei[modifica | modifica wikitesto]
Pippo Corigliano, direttore dell'Ufficio informazioni della Prelatura dell'Opus Dei in Italia, ha smentito il coinvolgimento dell'Opus Dei.[26]
Le conseguenze[modifica | modifica wikitesto]
L'inchiesta generò grande scalpore e per diversi mesi durante il 2011 i mezzi di comunicazione le dedicarono ampio risalto, in particolare per le numerose intercettazioni telefoniche[27][28] trapelate dagli atti giudiziari. Successivamente, tuttavia, le ipotesi accusatorie vennero radicalmente ridimensionate dai magistrati della Cassazione e del riesame di Napoli, i quali sancirono l'insussistenza degli indizi in relazione al reato di associazione per delinquere[29] [30].
Il dirigente del Pd ed ex ministro della Coesione Territoriale ha presentato alla festa democratica di Roma il rapporto "Mappa il Pd" che fotografa la situazione dei circoli romani del partito al centro delle polemiche dopo le rivelazioni delle inchieste di Mafia Capitale. Per Barca sono ventisette i circoli (su 108 totali nella capitale) dove si esercita "il potere per il potere", dove cioè "l'interesse particolare soverchia quello generale"
Rapporto sul Pd Roma: Patrizia Prestipino, candidata alle primarie: "Barca e Orfini chiedano scusa o battaglia giudiziaria"
Notizie Politica Dopo Civati anche Fassina lascia il Pd: «Non ci sono più le condizioni per andare avanti»
L’addio è arrivato in sordina, durante un’iniziativa del Pd a Capannelle: «È arrivato per me il momento di prendere atto che non ci sono più le condizioni per andare avanti nel Pd e insieme a tanti e tante che hanno maturato per vie autonome la mia stessa riflessione proveremo a costruire altri percorsi non per fare una testimonianza minoritaria ma per fare una sinistra di governo ma su una agenda alternativa». Stefano Fassina, che del Partito democratico è stato responsabile economico, lascia la casa madre.
Fassina: «Proveremo a costruire altri percorsi»
«Insieme ad altri proveremo a costruire altri percorsi per fare sinistra di governo su agenda alternativa», ha spiegato Fassina. Che segue le orme di Pippo Civati, fresco del lancio del suo movimento, “Possibile”, che guarda al dialogo con la Coalizione sociale di Maurizio Landini, e con Sel, ma anche con grillini ed ex grillini, rifondatori comunisti e persino radicali. I contatti tra Civati e Fassina non si sono mai interrotti. Fassina era in prima fila, il 21 giugno, alla presentazione di “Possibile”. «Io e te -ha detto Civati - abbiamo condiviso battaglie incredibili insieme». Una chiamata in piena regola, suggellata ora dall’addio.
Lo strappo era d’altronde nell’aria da tempo. Forse ieri, ad accelerarlo, è subentrato l’annuncio della possibile fiducia sul ddl sulla Buona Scuola. «La scelta del governo - ha commentato Fassina - è uno schiaffo al Parlamento e all’universo della scuola che in questi mesi si è mobilitato per un intervento innovativo e di riqualificazione della scuola pubblica». E ancora: «Il Pd mette la fiducia su un testo che contraddice profondamente il programma sul quale siamo stati eletti. Un testo ispirato nel suo principio guida alla riforma Aprea, sottosegretaria del governo Berlusconi. È inaccettabile il ricatto sulle stabilizzazioni». Insomma: l’ultimo di una serie di “tradimenti”.
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)