Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Vogliono eliminarlo
Confermata la condanna a 4 anni di carcere e 5 di interdizione per Berlusconi nel processo Mediaset. Assolto Confalonieri
Mediaset, confermata in appello la condanna a Berlusconi
In cinque ore di camera di consiglio la Corte d’appello di Milano decide di confermare integralmente la condanna del Cavaliere per la vicenda dei diritti tv a 4 anni di carcere e 5 di interdizione dagli uffici pubblici. Una batosta che lo mette a un passo dalla sua espulsione per via giudiziaria dalla vita politica del Paese
Luca Fazzo - Mer, 08/05/2013 - 20:03
Una batosta che mette Silvio Berlusconi a un passo dallo strapiombo, dalla sua espulsione per via giudiziaria dalla vita politica del paese. In cinque ore di camera di consiglio la Corte d’appello di Milano decide di confermare integralmente la condanna del Cavaliere per la vicenda dei diritti tv.
Pochi istanti fa il giudice Alessandra Galli ha pronunciato il dispositivo della sentenza a carico dell'ex presidente del Consiglio: quattro anni di carcere, di cui tre condonati per indulto; tre anni di sospensione dalle cariche aziendali; e soprattutto cinque anni di sospensione dalle cariche pubbliche.
Se la sentenza dovesse venire confermata anche in Cassazione, Berlusconi decadrebbe dalla carica di senatore conquistata nel febbraio scorso, e non potrebbe tornare in Parlamento prima del 2018, quando avrebbe ormai ottantadue anni.
Per la Corte d’appello Berlusconi è dunque colpevole di avere gonfiato per 368 milioni i costi dei film comprati da Mediaset all’inizio degli anni Duemila, sottraendo così imponenti fondi neri alle casse aziendali (ma questa accusa si è prescritta nel corso del lungo processo) e causando un danno all’erario di quasi otto milioni di euro. A nulla sono valse le dichiarazioni in cui Berlusconi ha sottolineato come l’importo della presunta frode appare risibile – circa l’1 per cento - di fronte alla massa di tasse pagate nello stesso periodo dal suo gruppo; a nulla le dichiarazioni fatte oggi in aula, ultimo intervento prima della sentenza, dall’imputato Daniele Lorenzano, ex manager Fininvest, che ha spiegato come da molto tempo, dopo la discesa in politica, il Cavaliere si fosse disinteressato della gestione concreta dei diritti dei film da trasmettere sulle sue reti. Per la Corte d’appello vale lo stesso ragionamento che nell’ottobre scorso portò i giudici di primo grado a dichiarare Berlusconi colpevole e a infliggergli una pena ancora più pesante di quella chiesta dalla Procura.
VIDEO CORRELATI
Ghedini: "Sentenza fuori da ogni logica"
Il tribunale presieduto dal giudice Edoardo d’Avossa ritenne che era "pacifica e diretta riconducibilitá a Berlusconi del sistema che ha creato la disponibilità di denaro separata da Fininvest e ha permesso di alienare illecitamente disponibilità estere", un’operazione.
Oggi la Corte d’appello fa propria la sentenza di primo grado, con una decisione che fa irruzione pesantemente sulla scena politica. È la prima volta, nei quasi vent’anni del suo braccio di ferro con la magistratura, che Berlusconi viene condannato anche in secondo grado. L’ultima mossa delle sue difese, la richiesta di spostare il processo a Brescia persulla imparzialità dei giudici milanesi, si è scontrata lunedì scorso con la bocciatura della Cassazione. Ora le speranze residue del Cavaliere sono affidate alla Corte Costituzionale, che il mese prossimo potrebbe annullare il primo processo per i diritti tv (durante il quale si tenne una udienza nonostante che il Cavaliere fosse impegnato in consiglio dei ministri) e di conseguenza anche la sentenza di oggi. Ma intanto la batosta è pesante e senza precedenti. "È una sentenza fuori da ogni logica - commenta Niccolò Ghedini - la forza della prevenzione è stata maggiore della forza dei fatti. In nessun altro tribunale che non fosse quello di Milano si sarebbe arrivati a una decisione simile, avevamo fatto bene a chiedere la rimessione del processo. Non so se è a rischio la stabilità del governo, di sicuro è a rischio la stabilità del diritto". E lunedì prossimo, come se non bastasse, Ilda Boccassini concluderà la sua requisitoria al processo Ruby.
Per Mediaset, l'unica nota positiva è la conferma della assoluzione del suo presidente Fedele Confalonieri, che era stata impugnata dalla procura della repubblica che aveva chiesto per lui tre anni e otto mesi di carcere. E che invece viene nuovamente prosciolto con formula piena.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/m ... 15356.html
Confermata la condanna a 4 anni di carcere e 5 di interdizione per Berlusconi nel processo Mediaset. Assolto Confalonieri
Mediaset, confermata in appello la condanna a Berlusconi
In cinque ore di camera di consiglio la Corte d’appello di Milano decide di confermare integralmente la condanna del Cavaliere per la vicenda dei diritti tv a 4 anni di carcere e 5 di interdizione dagli uffici pubblici. Una batosta che lo mette a un passo dalla sua espulsione per via giudiziaria dalla vita politica del Paese
Luca Fazzo - Mer, 08/05/2013 - 20:03
Una batosta che mette Silvio Berlusconi a un passo dallo strapiombo, dalla sua espulsione per via giudiziaria dalla vita politica del paese. In cinque ore di camera di consiglio la Corte d’appello di Milano decide di confermare integralmente la condanna del Cavaliere per la vicenda dei diritti tv.
Pochi istanti fa il giudice Alessandra Galli ha pronunciato il dispositivo della sentenza a carico dell'ex presidente del Consiglio: quattro anni di carcere, di cui tre condonati per indulto; tre anni di sospensione dalle cariche aziendali; e soprattutto cinque anni di sospensione dalle cariche pubbliche.
Se la sentenza dovesse venire confermata anche in Cassazione, Berlusconi decadrebbe dalla carica di senatore conquistata nel febbraio scorso, e non potrebbe tornare in Parlamento prima del 2018, quando avrebbe ormai ottantadue anni.
Per la Corte d’appello Berlusconi è dunque colpevole di avere gonfiato per 368 milioni i costi dei film comprati da Mediaset all’inizio degli anni Duemila, sottraendo così imponenti fondi neri alle casse aziendali (ma questa accusa si è prescritta nel corso del lungo processo) e causando un danno all’erario di quasi otto milioni di euro. A nulla sono valse le dichiarazioni in cui Berlusconi ha sottolineato come l’importo della presunta frode appare risibile – circa l’1 per cento - di fronte alla massa di tasse pagate nello stesso periodo dal suo gruppo; a nulla le dichiarazioni fatte oggi in aula, ultimo intervento prima della sentenza, dall’imputato Daniele Lorenzano, ex manager Fininvest, che ha spiegato come da molto tempo, dopo la discesa in politica, il Cavaliere si fosse disinteressato della gestione concreta dei diritti dei film da trasmettere sulle sue reti. Per la Corte d’appello vale lo stesso ragionamento che nell’ottobre scorso portò i giudici di primo grado a dichiarare Berlusconi colpevole e a infliggergli una pena ancora più pesante di quella chiesta dalla Procura.
VIDEO CORRELATI
Ghedini: "Sentenza fuori da ogni logica"
Il tribunale presieduto dal giudice Edoardo d’Avossa ritenne che era "pacifica e diretta riconducibilitá a Berlusconi del sistema che ha creato la disponibilità di denaro separata da Fininvest e ha permesso di alienare illecitamente disponibilità estere", un’operazione.
Oggi la Corte d’appello fa propria la sentenza di primo grado, con una decisione che fa irruzione pesantemente sulla scena politica. È la prima volta, nei quasi vent’anni del suo braccio di ferro con la magistratura, che Berlusconi viene condannato anche in secondo grado. L’ultima mossa delle sue difese, la richiesta di spostare il processo a Brescia persulla imparzialità dei giudici milanesi, si è scontrata lunedì scorso con la bocciatura della Cassazione. Ora le speranze residue del Cavaliere sono affidate alla Corte Costituzionale, che il mese prossimo potrebbe annullare il primo processo per i diritti tv (durante il quale si tenne una udienza nonostante che il Cavaliere fosse impegnato in consiglio dei ministri) e di conseguenza anche la sentenza di oggi. Ma intanto la batosta è pesante e senza precedenti. "È una sentenza fuori da ogni logica - commenta Niccolò Ghedini - la forza della prevenzione è stata maggiore della forza dei fatti. In nessun altro tribunale che non fosse quello di Milano si sarebbe arrivati a una decisione simile, avevamo fatto bene a chiedere la rimessione del processo. Non so se è a rischio la stabilità del governo, di sicuro è a rischio la stabilità del diritto". E lunedì prossimo, come se non bastasse, Ilda Boccassini concluderà la sua requisitoria al processo Ruby.
Per Mediaset, l'unica nota positiva è la conferma della assoluzione del suo presidente Fedele Confalonieri, che era stata impugnata dalla procura della repubblica che aveva chiesto per lui tre anni e otto mesi di carcere. E che invece viene nuovamente prosciolto con formula piena.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/m ... 15356.html
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Re: Come se ne viene fuori ?
A Otto e mezzo, La7, tra quale minuto ne parlano;
Stefano Folli
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Re: Come se ne viene fuori ?
Anche stasera sacrosanti fischi dovunque al minuto per andreotti
HA HA HA e io vi rido in faccia, mafiosi!
HA HA HA e io vi rido in faccia, mafiosi!
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Come se ne viene fuori ?
8 MAGGIO 2013
Sentenza Mediaset, Giannini: ''Il primato della legge''
La sentenza di condanna a quattro anni per frode fiscale e l'interdizione ai pubblici uffici per Berlusconi è "molto infamante" e "pesa come un macigno". Indebolirà il Cavaliere sul profilo politico, ma ostacolerà anche la strada al Governo Letta.
L'analisi di Massimo Giannini
LEGGI SU REPUBBLICA.IT
Sentenza Mediaset: ''Il primato della legge"
il commento di Massimo Giannini
Ghedini: ''Sentenza non mette a rischio il governo ma il diritto"
Randacio: ''Ora Berlusconi rischia interdizione da cariche politiche"
Processo Mediaset, la lettura della sentenza
http://video.repubblica.it/politica/sen ... ref=HREA-1
Sentenza Mediaset, Giannini: ''Il primato della legge''
La sentenza di condanna a quattro anni per frode fiscale e l'interdizione ai pubblici uffici per Berlusconi è "molto infamante" e "pesa come un macigno". Indebolirà il Cavaliere sul profilo politico, ma ostacolerà anche la strada al Governo Letta.
L'analisi di Massimo Giannini
LEGGI SU REPUBBLICA.IT
Sentenza Mediaset: ''Il primato della legge"
il commento di Massimo Giannini
Ghedini: ''Sentenza non mette a rischio il governo ma il diritto"
Randacio: ''Ora Berlusconi rischia interdizione da cariche politiche"
Processo Mediaset, la lettura della sentenza
http://video.repubblica.it/politica/sen ... ref=HREA-1
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 163
La cruna dell’ago – 128
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 128
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 108
Cronaca di un affondamento annunciato - 108
In mezzo alla tempesta - 45
E’ più che evidente che Peter Gomez, Stefano Folli, Alessandro Sallusti non fa testo, non può essere preso in considerazione, questa sera a Otto e mezzo, e Massimo Giannini su Repubblica tv, nelle loro esposizioni non abbiano per niente presente il quadro della situazione generale. Altrimenti, non si sarebbero espressi in quei termini a difesa delle legalità ad oltranza.
SB ha scelto da tempo la strada del “Muoia Sansone e tutti” i filistei e del Paese non gliene frega assolutamente niente.
Se la gran balla “L’Italia è il Paese che amo” fosse vera, si sarebbe messo da parte affinché gli italiani possano salvarsi. Non è così.
E’ invece solo un giocatore d’azzardo totalmente irresponsabile che spinge sempre il gioco fino ad un passo dalla tragedia solo ed esclusivamente per i suoi interessi personali.
Stamani, tutti i quotidiani sono usciti con la notizia (vista anche in tv), in cui il Caimano precisa di avere scherzato sulla richiesta della presidenza della Convenzione.
I media da giorni non hanno fatto altro che riportare le minacce del Caimano e dei suoi sgherri, in merito al ritiro dell’appoggio al governo se non fosse stata accettata la sua guida alla Convenzione.
Ieri se ne esce bello bello sostenendo che ha scherzato.
Ha nessuno è apparso che scherzasse.
Solo un folle irresponsabile in una situazione come questa si può permettere di scherzare sulle cose serie.
Di idiozie questa sera ne abbiamo sentite in abbondanza. Nei prossimi giorni proseguirà l’onda lunga delle idiozie.
Dire che ci siamo abituati non basta, perché il quadro economico peggiora a vista d’occhio giorno dopo giorno. Bonanni e Draghi hanno paventato la possibilità di disordini sociali.
Ancora ieri Squinzi ha lanciato l’ennesimo allarme per lo stato in cui versano le imprese italiane.
Non sembra proprio che il governo Letta con quella squadra di bucaneros inciucianeros possa risolvere la complessità dei problemi nazionali.
Il doppio banditismo dei politici nostrani, non tiene conto del mutato quadro economico europeo.
Di Spagna, Grecia, Portogallo, conosciamo già le difficoltà estreme in cui si muovono. Adesso si stanno associando Olanda e soprattutto Francia. La Peugeot è in grave difficoltà, e non mi sembra una grande novità perché il mercato nazionale non basta e facendosi sentire la crisi in tutta Europa, è più che normale che entri in crisi anche la La Peugeot come la Fiat.
Nei tg della sera di lunedì scorso sono passati dati sconfortanti anche dalla Germania.
Era logico che prima o poi che scontassimo l’Europa dei banchieri e dei finanzieri e non dei popoli. La cambiale è stata messa all’incasso e ora bisogna pagare.
Ci vogliono quindi in tutti i Paesi dell’Unione uomini all’altezza della situazione.
Noi non li abbiamo, e in più siamo gravati da 20 anni dalla presenza dai problemi economici e finanziari del Caimano che bloccano le più elementari possibilità di tentare di risolvere i problemi che ci affliggono.
Ha perfettamente ragione Alessandro Gilioli quando afferma che il governo Letta è in pratica un bluff che sta tentando di mascherare la continuità delle cosche con operazioni che ai merli potrebbero apparire di rinnovamento.
La crisi del Pd poi concorre ad aggravare il quadro.
******
Cofferati: "Questo Pd va verso il suicidio".
Trattative per evitare il caos in assemblea
Duro attacco dell'ex segretario Cgil. Intanto Bersani prova a tenere colloqui informali per evitare che si ripeta l'esperienza del voto per il presidente della Repubblica
VIDEO
ROMA - "Questo governo è sbagliato, e Il Pd così va verso il suicidio". Così scrive l'ex segretario della Cgil Sergio Cofferati, in un articolo pubblicato sul sito BlitzQuotidiano.
Cofferati critica il comportamento del partito durante le elezioni per la presidenza della Repubblica. E aggiunge: "Perché dopo tanti errori, dopo le reazioni diffuse e molto dure degli iscritti, dei militanti e degli elettori era lecito aspettarsi azioni ispirate dal buon senso (categoria pre-politica) e mirate a rispondere al disagio e alle sollecitazioni del nostro popolo. Invece ecco affacciarsi “il nobile gesto del suicidio”.
Come si risponde a questo punto alla crisi e alle conseguenti dimissioni del segretario? Non anticipando il congresso. Non individuando uno o tre “reggenti” per la gestione dell'appuntamento congressuale, ma ipotizzando l’elezione immediata di un nuovo segretario. Con le seguenti potenziali conseguenze distruttive: l'elezione del segretario non sarebbe più fatta dalla platea vasta del "popolo delle primarie" bensì dall'assemblea del congresso che, ovviamente, nel frattempo ha perso una parte dei suoi componenti iniziali e non ha più la sua rappresentanza; a questo primo fatto é seguito dall'ipotesi di cambiare lo statuto per differenziare la figura del candidato leader da quella del segretario non solo attraverso lo sdoppiamento e la separazione dei ruoli ma cambiandone la forma della legittimazione, uno eletto dal popolo e l'altro eletto dagli iscritti. Insomma un clamoroso arretramento rispetto alla democrazia diretta che il Pd aveva orgogliosamente introdotto e che era diventata addirittura elemento identitario della nostra politica".
Insomma, un durissimo atto d'accusa quello dell'ex leader Cgil. Ma anche il sintomo di un nervosismo crescente nel Partito democratico. Tanto che il segretario dimissionario, Pier Luigi Bersani, ha avviato una serie di colloqui informali per evitare che l'assemblea di sabato - che ha il compito di sciogliere il rebus del segretario - si trasformi in un caos. In un bis del disastro avvenuto per l'elezione del capo dello Stato. Si parla di un incontro tra Bersani e Gianni Cuperlo, candidato di D'Alema e dei "Giovani turchi". Lo staff dell'ex segretario assicura comunque che Bersani non ha alcuna intenzione di congelare le sue dimissioni. E d'altrone i renziani hanno già fatto sapere che non gradirebbero l'ipotesi.
Domani la riunione del caminetto Pd: il leader dimissionario, i segretari, i big del partito. Per provare a disinnescare l'ennesima mina e tracciare l'identikit del futuro segretario. Tentanto di arrivare a una figura condivisa. Salgono dunque le quotazioni di figure come Claudio Martini, Anna Finocchiaro, Pier Luigi Castagnetti, Sergio Chiamparino. Nomi che, con ogni probabilità, non correrebbero poi per il congresso il prossimo autunno.
(07 maggio 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HREC1-3
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 163
La cruna dell’ago – 128
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 128
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 108
Cronaca di un affondamento annunciato - 108
In mezzo alla tempesta - 45
E’ più che evidente che Peter Gomez, Stefano Folli, Alessandro Sallusti non fa testo, non può essere preso in considerazione, questa sera a Otto e mezzo, e Massimo Giannini su Repubblica tv, nelle loro esposizioni non abbiano per niente presente il quadro della situazione generale. Altrimenti, non si sarebbero espressi in quei termini a difesa delle legalità ad oltranza.
SB ha scelto da tempo la strada del “Muoia Sansone e tutti” i filistei e del Paese non gliene frega assolutamente niente.
Se la gran balla “L’Italia è il Paese che amo” fosse vera, si sarebbe messo da parte affinché gli italiani possano salvarsi. Non è così.
E’ invece solo un giocatore d’azzardo totalmente irresponsabile che spinge sempre il gioco fino ad un passo dalla tragedia solo ed esclusivamente per i suoi interessi personali.
Stamani, tutti i quotidiani sono usciti con la notizia (vista anche in tv), in cui il Caimano precisa di avere scherzato sulla richiesta della presidenza della Convenzione.
I media da giorni non hanno fatto altro che riportare le minacce del Caimano e dei suoi sgherri, in merito al ritiro dell’appoggio al governo se non fosse stata accettata la sua guida alla Convenzione.
Ieri se ne esce bello bello sostenendo che ha scherzato.
Ha nessuno è apparso che scherzasse.
Solo un folle irresponsabile in una situazione come questa si può permettere di scherzare sulle cose serie.
Di idiozie questa sera ne abbiamo sentite in abbondanza. Nei prossimi giorni proseguirà l’onda lunga delle idiozie.
Dire che ci siamo abituati non basta, perché il quadro economico peggiora a vista d’occhio giorno dopo giorno. Bonanni e Draghi hanno paventato la possibilità di disordini sociali.
Ancora ieri Squinzi ha lanciato l’ennesimo allarme per lo stato in cui versano le imprese italiane.
Non sembra proprio che il governo Letta con quella squadra di bucaneros inciucianeros possa risolvere la complessità dei problemi nazionali.
Il doppio banditismo dei politici nostrani, non tiene conto del mutato quadro economico europeo.
Di Spagna, Grecia, Portogallo, conosciamo già le difficoltà estreme in cui si muovono. Adesso si stanno associando Olanda e soprattutto Francia. La Peugeot è in grave difficoltà, e non mi sembra una grande novità perché il mercato nazionale non basta e facendosi sentire la crisi in tutta Europa, è più che normale che entri in crisi anche la La Peugeot come la Fiat.
Nei tg della sera di lunedì scorso sono passati dati sconfortanti anche dalla Germania.
Era logico che prima o poi che scontassimo l’Europa dei banchieri e dei finanzieri e non dei popoli. La cambiale è stata messa all’incasso e ora bisogna pagare.
Ci vogliono quindi in tutti i Paesi dell’Unione uomini all’altezza della situazione.
Noi non li abbiamo, e in più siamo gravati da 20 anni dalla presenza dai problemi economici e finanziari del Caimano che bloccano le più elementari possibilità di tentare di risolvere i problemi che ci affliggono.
Ha perfettamente ragione Alessandro Gilioli quando afferma che il governo Letta è in pratica un bluff che sta tentando di mascherare la continuità delle cosche con operazioni che ai merli potrebbero apparire di rinnovamento.
La crisi del Pd poi concorre ad aggravare il quadro.
******
Cofferati: "Questo Pd va verso il suicidio".
Trattative per evitare il caos in assemblea
Duro attacco dell'ex segretario Cgil. Intanto Bersani prova a tenere colloqui informali per evitare che si ripeta l'esperienza del voto per il presidente della Repubblica
VIDEO
ROMA - "Questo governo è sbagliato, e Il Pd così va verso il suicidio". Così scrive l'ex segretario della Cgil Sergio Cofferati, in un articolo pubblicato sul sito BlitzQuotidiano.
Cofferati critica il comportamento del partito durante le elezioni per la presidenza della Repubblica. E aggiunge: "Perché dopo tanti errori, dopo le reazioni diffuse e molto dure degli iscritti, dei militanti e degli elettori era lecito aspettarsi azioni ispirate dal buon senso (categoria pre-politica) e mirate a rispondere al disagio e alle sollecitazioni del nostro popolo. Invece ecco affacciarsi “il nobile gesto del suicidio”.
Come si risponde a questo punto alla crisi e alle conseguenti dimissioni del segretario? Non anticipando il congresso. Non individuando uno o tre “reggenti” per la gestione dell'appuntamento congressuale, ma ipotizzando l’elezione immediata di un nuovo segretario. Con le seguenti potenziali conseguenze distruttive: l'elezione del segretario non sarebbe più fatta dalla platea vasta del "popolo delle primarie" bensì dall'assemblea del congresso che, ovviamente, nel frattempo ha perso una parte dei suoi componenti iniziali e non ha più la sua rappresentanza; a questo primo fatto é seguito dall'ipotesi di cambiare lo statuto per differenziare la figura del candidato leader da quella del segretario non solo attraverso lo sdoppiamento e la separazione dei ruoli ma cambiandone la forma della legittimazione, uno eletto dal popolo e l'altro eletto dagli iscritti. Insomma un clamoroso arretramento rispetto alla democrazia diretta che il Pd aveva orgogliosamente introdotto e che era diventata addirittura elemento identitario della nostra politica".
Insomma, un durissimo atto d'accusa quello dell'ex leader Cgil. Ma anche il sintomo di un nervosismo crescente nel Partito democratico. Tanto che il segretario dimissionario, Pier Luigi Bersani, ha avviato una serie di colloqui informali per evitare che l'assemblea di sabato - che ha il compito di sciogliere il rebus del segretario - si trasformi in un caos. In un bis del disastro avvenuto per l'elezione del capo dello Stato. Si parla di un incontro tra Bersani e Gianni Cuperlo, candidato di D'Alema e dei "Giovani turchi". Lo staff dell'ex segretario assicura comunque che Bersani non ha alcuna intenzione di congelare le sue dimissioni. E d'altrone i renziani hanno già fatto sapere che non gradirebbero l'ipotesi.
Domani la riunione del caminetto Pd: il leader dimissionario, i segretari, i big del partito. Per provare a disinnescare l'ennesima mina e tracciare l'identikit del futuro segretario. Tentanto di arrivare a una figura condivisa. Salgono dunque le quotazioni di figure come Claudio Martini, Anna Finocchiaro, Pier Luigi Castagnetti, Sergio Chiamparino. Nomi che, con ogni probabilità, non correrebbero poi per il congresso il prossimo autunno.
(07 maggio 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HREC1-3
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 164
La cruna dell’ago – 129
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 129
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 109
Cronaca di un affondamento annunciato - 109
In mezzo alla tempesta - 46
Il buio oltre siepe - 1
Se non si tiene conto di chi veramente comanda in Italia non si va da nessuna parte. Quali curricula, presentavano gli ipotetici candidati alla premiership dopo il voto di stallo del 26 febbraio scorso?
Chi poteva vantare questo curriculum dopo Monti?
Membro di Bildelberd
Membro della Commissione Trilaterale
Membro della: The Aspen Institute
Referente Goldman Sachs
Nipote del conte zio, Gianni, ammanicato con tutti i centri di potere tricolori e non solo. Gran visir del berluscador.
Il povero Bersani era solo membro della Commissione Trilaterale per la smacchiatura dei giaguari.
Troppo poco per i poteri forti. Troppo poco per affidargli i destini dei loro forzieri.
Quando chiedi a qualcuno che ti dice in anticipo che “ A me Letta non dispiace…”, ma ti piace/le piace perché politicamente si è distinto per ?
Allora all’improvviso cala quel silenzio imbarazzato che tutti gli studenti del regno, ..oh pardon, della Repubblica, almeno una volta hanno provato nel loro excursus scolastico, quando l’insegnante t’interrogava a lato della cattedra e sulla domanda non si era preparati.
Cosa abbia fatto di meritevole Lettino nipote per guidare l’esecutivo con il compito più delicato e complicato della storia repubblicana nessuno lo sa.
Però piace ad una parte di tricolori di bocca buona. Ai tempi piaceva assai assai un certo Monti stimato dal 71 % dagli italici tricolori. Adesso, solo dopo 18 mesi, nessuno si ricorda più di lui. Sembra passata un’era geologica Dalle stelle alle stalle. Da don Salvatore della Patria a emerito signor nessuno.
Questi italiani fanno veramente paura.
E qui la circolazione sanguigna ha un breve stop and go. I classici sudori freddi emergono all’improvviso.
Perché piace Letta? Boh!!!
Ha un carisma peggiore del suo predecessore che piaceva solo ai gatti di marmo per i suoi aforismi sui giaguari.
King George II, Re et Imperatore d’Italia, non ha avuto dubbi da subito dopo la sceneggiata dell’abbandono e della rielezione al supremo Colle. La guida governo del governo spetta a Letta.
Parbleu, che genialata. Tutta farina del suo sacco? No certamente no, l’imposizione era venuta ancora una volta dall’alto, dai poteri forti che in mezzo a sta miseria e penuria di uomini di Stato, dopo il fallimento Monti, avevano bisogno di continuità a qualunque costo.
All’Anonima ricatti il nome di Letta Enrico stava più che bene, perché si trattava di un politico domestico in cui il Caimano poteva fare in qualsiasi momento come il lupo di Cappuccetto Rosso, mangiarselo in un sol boccone.
Per di più chi meglio di lui, Enrichetto il lungo, soddisfaceva ai giochi dell’infinita campagna elettorale ricominciata subito il 28 febbraio scorso?
Enrichetto nipote prediletto del suo gran visir Gianni Letta, il carabiniere ad honorem fedele nei secoli al servizio del Faraone.
E quale soluzione migliore poteva starci se non piazzargli al fianco l’amico dei tempi giovanili della Balena Bianca, in qualità di suo vice?
Quale soluzione migliore poteva stare bene a King George II, inginocchiato a 88 anni davanti ai poteri fori e all’Anonima ricatti?
Due giovani telecomandati alla guida dell’esecutivo. Uno che prende ordini da Bildelberg e dalla Trilaterale e l’altro dal Caimano risorto?
Oggi è stato il turno di Sangalli ad elencare il solito cahier de doléances, del dopo Caporetto del Commercio.
Enrichetto continua a giocare a Monopoli, mentre nel Paese, in prevalenza, l’acqua è arrivata al mento e occorre stare in punta di piedi per non berla. Diciamo acqua per non eccedere nelle solite volgarità da strada. Ma il risultato non cambia.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 164
La cruna dell’ago – 129
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 129
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 109
Cronaca di un affondamento annunciato - 109
In mezzo alla tempesta - 46
Il buio oltre siepe - 1
Se non si tiene conto di chi veramente comanda in Italia non si va da nessuna parte. Quali curricula, presentavano gli ipotetici candidati alla premiership dopo il voto di stallo del 26 febbraio scorso?
Chi poteva vantare questo curriculum dopo Monti?
Membro di Bildelberd
Membro della Commissione Trilaterale
Membro della: The Aspen Institute
Referente Goldman Sachs
Nipote del conte zio, Gianni, ammanicato con tutti i centri di potere tricolori e non solo. Gran visir del berluscador.
Il povero Bersani era solo membro della Commissione Trilaterale per la smacchiatura dei giaguari.
Troppo poco per i poteri forti. Troppo poco per affidargli i destini dei loro forzieri.
Quando chiedi a qualcuno che ti dice in anticipo che “ A me Letta non dispiace…”, ma ti piace/le piace perché politicamente si è distinto per ?
Allora all’improvviso cala quel silenzio imbarazzato che tutti gli studenti del regno, ..oh pardon, della Repubblica, almeno una volta hanno provato nel loro excursus scolastico, quando l’insegnante t’interrogava a lato della cattedra e sulla domanda non si era preparati.
Cosa abbia fatto di meritevole Lettino nipote per guidare l’esecutivo con il compito più delicato e complicato della storia repubblicana nessuno lo sa.
Però piace ad una parte di tricolori di bocca buona. Ai tempi piaceva assai assai un certo Monti stimato dal 71 % dagli italici tricolori. Adesso, solo dopo 18 mesi, nessuno si ricorda più di lui. Sembra passata un’era geologica Dalle stelle alle stalle. Da don Salvatore della Patria a emerito signor nessuno.
Questi italiani fanno veramente paura.
E qui la circolazione sanguigna ha un breve stop and go. I classici sudori freddi emergono all’improvviso.
Perché piace Letta? Boh!!!
Ha un carisma peggiore del suo predecessore che piaceva solo ai gatti di marmo per i suoi aforismi sui giaguari.
King George II, Re et Imperatore d’Italia, non ha avuto dubbi da subito dopo la sceneggiata dell’abbandono e della rielezione al supremo Colle. La guida governo del governo spetta a Letta.
Parbleu, che genialata. Tutta farina del suo sacco? No certamente no, l’imposizione era venuta ancora una volta dall’alto, dai poteri forti che in mezzo a sta miseria e penuria di uomini di Stato, dopo il fallimento Monti, avevano bisogno di continuità a qualunque costo.
All’Anonima ricatti il nome di Letta Enrico stava più che bene, perché si trattava di un politico domestico in cui il Caimano poteva fare in qualsiasi momento come il lupo di Cappuccetto Rosso, mangiarselo in un sol boccone.
Per di più chi meglio di lui, Enrichetto il lungo, soddisfaceva ai giochi dell’infinita campagna elettorale ricominciata subito il 28 febbraio scorso?
Enrichetto nipote prediletto del suo gran visir Gianni Letta, il carabiniere ad honorem fedele nei secoli al servizio del Faraone.
E quale soluzione migliore poteva starci se non piazzargli al fianco l’amico dei tempi giovanili della Balena Bianca, in qualità di suo vice?
Quale soluzione migliore poteva stare bene a King George II, inginocchiato a 88 anni davanti ai poteri fori e all’Anonima ricatti?
Due giovani telecomandati alla guida dell’esecutivo. Uno che prende ordini da Bildelberg e dalla Trilaterale e l’altro dal Caimano risorto?
Oggi è stato il turno di Sangalli ad elencare il solito cahier de doléances, del dopo Caporetto del Commercio.
Enrichetto continua a giocare a Monopoli, mentre nel Paese, in prevalenza, l’acqua è arrivata al mento e occorre stare in punta di piedi per non berla. Diciamo acqua per non eccedere nelle solite volgarità da strada. Ma il risultato non cambia.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 164
La cruna dell’ago – 130
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 130
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 110
Cronaca di un affondamento annunciato - 110
In mezzo alla tempesta - 47
Il buio oltre siepe - 2
Finalmente qualche ritocchino a modino.
Dovrebbero prendere tutti esempio da testa d’asfalto che si è fatto fare su misura una calottina sempre in ordine, senza un solo capello bianco a quasi 77 anni. (Dal prossimo 29 settembre, papy girl sarà in sciambola per un anno intero perché 77,nella numerologia sono le gambe delle donne)
A Gorilletto senza peli forse è meglio un’altra parrucca, anche se questa migliora già la situazione.
Chi ci guadagna decisamente è Angelino. Le mamme, le nonne e le zie, non dovranno più allontanare dal piccolo schermo i più piccoli perché automaticamente gli vengono d’acchito i vermi.
Angelino ci guadagna così tanto che potrebbe addirittura fare la parte 1º tenente Fletcher Christian. nella prossima riedizione de “Gli ammutinati del Bounty”, nella parte che fu di Marlon Brando.
La Lorenzin l’hanno un po’ invecchiata ma può fare ancora la controfigura della fidanzatina d’America.
Anche la De Girolamo ci guadagna, sembra una vamp…….mentre spesso assomiglia ad uno dei personaggi meglio riusciti di Donna Sofia.
10 MAG 11:01
1. IL GOVERNO DI RIGOR LETTIS NON CANCELLA L’IMU E FA FLOP AL CONSIGLIO DEI MINISTRI –
2. LA REALTÀ È CHE IN CASSA NON C’È UN SOLDO E I COMUNI SONO GIÀ ALLO STREMO, MA C’È DA ONORARE UNA SOLENNE PROMESSA ELETTORALE DEL BANANA. ADESSO SACCOMANNI E SOCI PARTORIRANNO UN QUALCHE RINVIO DELL’ACCONTO, MA RINVIARE NON VUOL DIRE ABOLIRE E AL MOMENTO DEL SALDO CHE SUCCEDERÀ? QUESTO NESSUNO LO SPIEGA –
3. A COSA SERVONO I GIORNALI? LA MEDIOBANCA DI NAGEL DIMEZZA ABBONDANTEMENTE GLI UTILI E NELLE REDAZIONI ECONOMICHE SI FESTEGGIA LA SPLENDIDA ANNATA. CORRIERE DI DON FLEBUCCIO DE BORTOLI: “MEDIOBANCA PIÙ SOLIDA, SENZA AUMENTI DI CAPITALE” -
a cura di Colin Ward e Critical Mess (Special Guest: Pippo il Patriota)
1 - AVVISI AI NAVIGATI
IL Governo del Rigor Lettis non cancella l'Imu e fa flop al consiglio dei ministri. "Problemi tecnici" e grave imbarazzo dei giornaloni di Lor Signori. La realtà è che in cassa non c'è un soldo e i Comuni sono già allo stremo, ma c'è da onorare una solenne promessa elettorale del Banana. Adesso Saccomanni e soci partoriranno un qualche rinvio dell'acconto, ma rinviare non vuol dire abolire e al momento del saldo che succederà? Questo nessuno lo spiega.
Il Corriere titola in prima: "Il governo prende tempo sull'Imu. Saccomanni: l'acconto di giugno sarà sospeso. Ma il decreto slitta". Dentro, il "retroscena": "I fondi ci sono, ora le scelte'. Il Tesoro prepara il conto. Vertice con Letta e Alfano. I passi per non aumentare l'Iva" (p. 3). Tutto sotto controllo per la Repubblica delle Larghe Intese: "Slittano stop all'Imu e soldi alla Cig.
Il Tesoro: ‘C'è intesa, decreto domenica e in 100 giorni riforma delle tasse sulla casa'. Saccomanni: "Niente manovre e prelievi forzosi, l'Italia non fallirà" (p. 6). La Stampa si porta avanti e annuncia in prima pagina: "Casa, a settembre la nuova tassa. Si cercano i fondi per il decreto". Poi ammette, "Dietro il provvedimento da riscrivere lo scontro tra politici e burocrazia. La Ragioneria proponeva di tagliare il salario di produttività" (p. 3).
Per capire che è successo ieri tocca leggere il Messaggero, che in prima titola: "Caos Imu, slitta il decreto" e dentro spiega: "Letta prova ad accelerare, dal Tesoro arriva la frenata" (p. 3). Lettura eroica del Giornale: "Imu: Letta esita, il Pdl sventa il blitz. I ministri di centrodestra scongiurano l'archiviazione del blocco all'imposta" (p. 9). Insomma, tanto casino per non dire che Saccomanni ha frenato Letta e che il governo si è diviso. Speriamo che il ritiro in abbazia dalla signora Cuccia porti consiglio.
2 - CAINANI AMARI
Continua intanto l'abile giochetto del Cainano condannato, che ora rischia anche il processo a Napoli per la compravendita di senatori. Il Banana organizza manifestazioni contro i magistrati e scatena i falchi del suo partito, ma Lui fa il pompiere e dice che il governo non si tocca. "Berlusconi in piazza contro i giudici: ma il governo con noi non rischia" (Messaggero, p. 6).
"Berlusconi va in piazza contro i pm. ‘Mi vogliono politicamente morto ma terrò separati governo e processi'. Domani comizio a Brescia. Letta: "Non so quanto dureremo". Il Cavaliere: "Ho assolutamente fiducia nella Cassazione, lì sono sempre stato assolto con formula piena, ma intanto ho dovuto subire del fango" (Repubblica, p. 2). E certo, adesso al Palazzaccio come numero uno c'è anche la toga azzurra Santacroce.
3 - TUTTO IN FAMIGLIA
Siluro del Cetriolo Quotidiano a Nonna Pina Cancellieri: "Braccialetto per stalker, ministro sponsor del figlio. La Cancellieri vuole estendere l'uso del dispositivo elettronico per i detenuti. In appalto alla Telecom, dove lavora il figlio Pier Giorgio Peluso" (p. 15).
Bordata anche sulla mafia, che non è poi così intelligente: "E' una mente, la stima di Riina per Schifani. Intercettato in carcere, il capo dei capi si lancia in una lode al più potente dei berlusconiani siciliani" (p. 11).
4 - PIDDI' ANNO ZERO
C'è vita tra le macerie del partito democratico, dove si sparano ancora le ultime raffiche. "Pd, tra i veti incrociati di corrente riprende quota il reggente esperto", insomma il vecchio arnese. Repubblica scrive che "sono in corsa Fassino, Chiti ed Epifani". E in un'intervista al giornale di Eziolo Mauro, Speranza si chiama fuori: "Preferisco fare il capogruppo, dico no alla guida del partito" (p. 10). Per il Corriere, "Pd, l'accordo non c'è. ‘E domani in assemblea può scattare la rissa'. Civati organizza i giovani ribelli. Sale Speranza. Ipotesi Bersani capogruppo" (p. 10).
Rosy Bindi si fa intervistare dalla Stampa e lancia un alto monito: "Attento Pd, rischiamo di apparire correi di Berlusconi" (p. 7). In tutta onestà, già l'idea di apparite qualcosa è un obiettivo ambizioso per il Pd.
5 - MA FACCE RIDE!
Goffredo Bettini alla Stampa: "Un nuovo partito a sinistra, sono pronto a fare il segretario" (p. 6)
6 - UN DUE TRE, GRILLINO!
Nuove frontiere di democrazia e libertà nel partitone di Grillomao, che ieri è sceso a Roma per cazziare personalmente i suoi adepti. "Pubblico i nomi di chi si tiene i soldi'. Grillo minaccia, il gruppo si ribella. Il leader alla Camera: ‘Cambiamo tutto o ce ne andiamo'. L'auto del guru nel garage di Montecitorio: ‘Non lo fa nemmeno il Capo dello Stato'" (Repubblica, p. 13). Gode il Messaggero de Roma: "Grillo striglia gli M5S: non fate la cresta" (p. 9). Intervista suicida del grillino Alessandro Furnari: "Anche noi 5 Stelle doc teniamo famiglia" (Stampa, p. 11). Faceva meglio ad andare in tv (senza famiglia).
7 - LA BAVA SEPARATA DALLE NOTIZIE
Re Giorgio fa la predica suprema alla nazione ("Basta insulti, si rischia l'eversione") e il Corriere ci illumina così: "Per uno come lui, che ha sempre detestato ogni scatto estremista (anche espresso verbalmente) e che alle approssimazioni politiche d'impianto più o meno rivoluzionario o radicaleggiante ha contrapposto la battaglia delle idee, quel che sta accadendo in questo periodo in Italia è un pericolo vero" (p. 11).
8 - AGENZIA MASTIKAZZI
"Il soldato Bergoglio tra i salvati del ‘Galilea'. Nel '42 l'affondamento della motonave. A bordo c'era il cugino del futuro Papa" (Corriere, p. 27).
9 - A COSA SERVONO I GIORNALI
La Mediobanca di Nego Nagel dimezza abbondantemente gli utili e nelle redazioni economiche si festeggia la splendida annata. Corriere di don Flebuccio de Bortoli: "Mediobanca più solida, senza aumenti di capitale'. Le svalutazioni delle Generali frenano l'utile a 37 milioni. Nuovo piano strategico il 21 giugno" (p. 30). Si supera il Giornale: "Mediobanca è solida, pesa Generali. Il capitale è ok. Il Leone incide sull'utile (-64%). Nagel: ‘Ora Trieste darà un contributo positivo'. Il Core Tier sale al 12%, il livello più elevato nel sistema italiano" (p. 21). Hurrà!
10 - FREE MARCHETT SMONTEZEMOLATO
Primo anno di Italo e prima marchetta commemorativa. "Italo, il treno che ha anticipato le larghe intese. Montezemolo: ‘La sua nascita fu il frutto della collaborazione tra forze politiche". Grande festa con Culatello Bersani e Letta Gianni. (Giornale, p. 22).
11 - FREE MARCHETT DI TENDENZA
Pagina sublime sulla Stampa (p. 20). Titolo: "Nella fusione mente-corpo la via del nuovo benessere. Apre Rimini Wellness: anche il concetto di bellezza si trasforma". Svolgimento: "Tramontano l'opulenza, l'esibizionismo, la vacuità. Tornano la sobrietà, il contegno, la concretezza. Basta andare a Rimini Wellness per capire quali siano le tendenze estetiche, e dunque spirituali, del primo anno della lenta ripresa dopo la crisi. Perché in Romagna l'ottimismo è il profumo della vita, come poetava Tonino Guerra nella famosa pubblicità". Ok, può bastare così.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 164
La cruna dell’ago – 130
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 130
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 110
Cronaca di un affondamento annunciato - 110
In mezzo alla tempesta - 47
Il buio oltre siepe - 2
Finalmente qualche ritocchino a modino.
Dovrebbero prendere tutti esempio da testa d’asfalto che si è fatto fare su misura una calottina sempre in ordine, senza un solo capello bianco a quasi 77 anni. (Dal prossimo 29 settembre, papy girl sarà in sciambola per un anno intero perché 77,nella numerologia sono le gambe delle donne)
A Gorilletto senza peli forse è meglio un’altra parrucca, anche se questa migliora già la situazione.
Chi ci guadagna decisamente è Angelino. Le mamme, le nonne e le zie, non dovranno più allontanare dal piccolo schermo i più piccoli perché automaticamente gli vengono d’acchito i vermi.
Angelino ci guadagna così tanto che potrebbe addirittura fare la parte 1º tenente Fletcher Christian. nella prossima riedizione de “Gli ammutinati del Bounty”, nella parte che fu di Marlon Brando.
La Lorenzin l’hanno un po’ invecchiata ma può fare ancora la controfigura della fidanzatina d’America.
Anche la De Girolamo ci guadagna, sembra una vamp…….mentre spesso assomiglia ad uno dei personaggi meglio riusciti di Donna Sofia.
10 MAG 11:01
1. IL GOVERNO DI RIGOR LETTIS NON CANCELLA L’IMU E FA FLOP AL CONSIGLIO DEI MINISTRI –
2. LA REALTÀ È CHE IN CASSA NON C’È UN SOLDO E I COMUNI SONO GIÀ ALLO STREMO, MA C’È DA ONORARE UNA SOLENNE PROMESSA ELETTORALE DEL BANANA. ADESSO SACCOMANNI E SOCI PARTORIRANNO UN QUALCHE RINVIO DELL’ACCONTO, MA RINVIARE NON VUOL DIRE ABOLIRE E AL MOMENTO DEL SALDO CHE SUCCEDERÀ? QUESTO NESSUNO LO SPIEGA –
3. A COSA SERVONO I GIORNALI? LA MEDIOBANCA DI NAGEL DIMEZZA ABBONDANTEMENTE GLI UTILI E NELLE REDAZIONI ECONOMICHE SI FESTEGGIA LA SPLENDIDA ANNATA. CORRIERE DI DON FLEBUCCIO DE BORTOLI: “MEDIOBANCA PIÙ SOLIDA, SENZA AUMENTI DI CAPITALE” -
a cura di Colin Ward e Critical Mess (Special Guest: Pippo il Patriota)
1 - AVVISI AI NAVIGATI
IL Governo del Rigor Lettis non cancella l'Imu e fa flop al consiglio dei ministri. "Problemi tecnici" e grave imbarazzo dei giornaloni di Lor Signori. La realtà è che in cassa non c'è un soldo e i Comuni sono già allo stremo, ma c'è da onorare una solenne promessa elettorale del Banana. Adesso Saccomanni e soci partoriranno un qualche rinvio dell'acconto, ma rinviare non vuol dire abolire e al momento del saldo che succederà? Questo nessuno lo spiega.
Il Corriere titola in prima: "Il governo prende tempo sull'Imu. Saccomanni: l'acconto di giugno sarà sospeso. Ma il decreto slitta". Dentro, il "retroscena": "I fondi ci sono, ora le scelte'. Il Tesoro prepara il conto. Vertice con Letta e Alfano. I passi per non aumentare l'Iva" (p. 3). Tutto sotto controllo per la Repubblica delle Larghe Intese: "Slittano stop all'Imu e soldi alla Cig.
Il Tesoro: ‘C'è intesa, decreto domenica e in 100 giorni riforma delle tasse sulla casa'. Saccomanni: "Niente manovre e prelievi forzosi, l'Italia non fallirà" (p. 6). La Stampa si porta avanti e annuncia in prima pagina: "Casa, a settembre la nuova tassa. Si cercano i fondi per il decreto". Poi ammette, "Dietro il provvedimento da riscrivere lo scontro tra politici e burocrazia. La Ragioneria proponeva di tagliare il salario di produttività" (p. 3).
Per capire che è successo ieri tocca leggere il Messaggero, che in prima titola: "Caos Imu, slitta il decreto" e dentro spiega: "Letta prova ad accelerare, dal Tesoro arriva la frenata" (p. 3). Lettura eroica del Giornale: "Imu: Letta esita, il Pdl sventa il blitz. I ministri di centrodestra scongiurano l'archiviazione del blocco all'imposta" (p. 9). Insomma, tanto casino per non dire che Saccomanni ha frenato Letta e che il governo si è diviso. Speriamo che il ritiro in abbazia dalla signora Cuccia porti consiglio.
2 - CAINANI AMARI
Continua intanto l'abile giochetto del Cainano condannato, che ora rischia anche il processo a Napoli per la compravendita di senatori. Il Banana organizza manifestazioni contro i magistrati e scatena i falchi del suo partito, ma Lui fa il pompiere e dice che il governo non si tocca. "Berlusconi in piazza contro i giudici: ma il governo con noi non rischia" (Messaggero, p. 6).
"Berlusconi va in piazza contro i pm. ‘Mi vogliono politicamente morto ma terrò separati governo e processi'. Domani comizio a Brescia. Letta: "Non so quanto dureremo". Il Cavaliere: "Ho assolutamente fiducia nella Cassazione, lì sono sempre stato assolto con formula piena, ma intanto ho dovuto subire del fango" (Repubblica, p. 2). E certo, adesso al Palazzaccio come numero uno c'è anche la toga azzurra Santacroce.
3 - TUTTO IN FAMIGLIA
Siluro del Cetriolo Quotidiano a Nonna Pina Cancellieri: "Braccialetto per stalker, ministro sponsor del figlio. La Cancellieri vuole estendere l'uso del dispositivo elettronico per i detenuti. In appalto alla Telecom, dove lavora il figlio Pier Giorgio Peluso" (p. 15).
Bordata anche sulla mafia, che non è poi così intelligente: "E' una mente, la stima di Riina per Schifani. Intercettato in carcere, il capo dei capi si lancia in una lode al più potente dei berlusconiani siciliani" (p. 11).
4 - PIDDI' ANNO ZERO
C'è vita tra le macerie del partito democratico, dove si sparano ancora le ultime raffiche. "Pd, tra i veti incrociati di corrente riprende quota il reggente esperto", insomma il vecchio arnese. Repubblica scrive che "sono in corsa Fassino, Chiti ed Epifani". E in un'intervista al giornale di Eziolo Mauro, Speranza si chiama fuori: "Preferisco fare il capogruppo, dico no alla guida del partito" (p. 10). Per il Corriere, "Pd, l'accordo non c'è. ‘E domani in assemblea può scattare la rissa'. Civati organizza i giovani ribelli. Sale Speranza. Ipotesi Bersani capogruppo" (p. 10).
Rosy Bindi si fa intervistare dalla Stampa e lancia un alto monito: "Attento Pd, rischiamo di apparire correi di Berlusconi" (p. 7). In tutta onestà, già l'idea di apparite qualcosa è un obiettivo ambizioso per il Pd.
5 - MA FACCE RIDE!
Goffredo Bettini alla Stampa: "Un nuovo partito a sinistra, sono pronto a fare il segretario" (p. 6)
6 - UN DUE TRE, GRILLINO!
Nuove frontiere di democrazia e libertà nel partitone di Grillomao, che ieri è sceso a Roma per cazziare personalmente i suoi adepti. "Pubblico i nomi di chi si tiene i soldi'. Grillo minaccia, il gruppo si ribella. Il leader alla Camera: ‘Cambiamo tutto o ce ne andiamo'. L'auto del guru nel garage di Montecitorio: ‘Non lo fa nemmeno il Capo dello Stato'" (Repubblica, p. 13). Gode il Messaggero de Roma: "Grillo striglia gli M5S: non fate la cresta" (p. 9). Intervista suicida del grillino Alessandro Furnari: "Anche noi 5 Stelle doc teniamo famiglia" (Stampa, p. 11). Faceva meglio ad andare in tv (senza famiglia).
7 - LA BAVA SEPARATA DALLE NOTIZIE
Re Giorgio fa la predica suprema alla nazione ("Basta insulti, si rischia l'eversione") e il Corriere ci illumina così: "Per uno come lui, che ha sempre detestato ogni scatto estremista (anche espresso verbalmente) e che alle approssimazioni politiche d'impianto più o meno rivoluzionario o radicaleggiante ha contrapposto la battaglia delle idee, quel che sta accadendo in questo periodo in Italia è un pericolo vero" (p. 11).
8 - AGENZIA MASTIKAZZI
"Il soldato Bergoglio tra i salvati del ‘Galilea'. Nel '42 l'affondamento della motonave. A bordo c'era il cugino del futuro Papa" (Corriere, p. 27).
9 - A COSA SERVONO I GIORNALI
La Mediobanca di Nego Nagel dimezza abbondantemente gli utili e nelle redazioni economiche si festeggia la splendida annata. Corriere di don Flebuccio de Bortoli: "Mediobanca più solida, senza aumenti di capitale'. Le svalutazioni delle Generali frenano l'utile a 37 milioni. Nuovo piano strategico il 21 giugno" (p. 30). Si supera il Giornale: "Mediobanca è solida, pesa Generali. Il capitale è ok. Il Leone incide sull'utile (-64%). Nagel: ‘Ora Trieste darà un contributo positivo'. Il Core Tier sale al 12%, il livello più elevato nel sistema italiano" (p. 21). Hurrà!
10 - FREE MARCHETT SMONTEZEMOLATO
Primo anno di Italo e prima marchetta commemorativa. "Italo, il treno che ha anticipato le larghe intese. Montezemolo: ‘La sua nascita fu il frutto della collaborazione tra forze politiche". Grande festa con Culatello Bersani e Letta Gianni. (Giornale, p. 22).
11 - FREE MARCHETT DI TENDENZA
Pagina sublime sulla Stampa (p. 20). Titolo: "Nella fusione mente-corpo la via del nuovo benessere. Apre Rimini Wellness: anche il concetto di bellezza si trasforma". Svolgimento: "Tramontano l'opulenza, l'esibizionismo, la vacuità. Tornano la sobrietà, il contegno, la concretezza. Basta andare a Rimini Wellness per capire quali siano le tendenze estetiche, e dunque spirituali, del primo anno della lenta ripresa dopo la crisi. Perché in Romagna l'ottimismo è il profumo della vita, come poetava Tonino Guerra nella famosa pubblicità". Ok, può bastare così.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 165
La cruna dell’ago – 131
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 131
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 111
Cronaca di un affondamento annunciato - 111
In mezzo alla tempesta - 48
Il buio oltre siepe - 3
Il cavalier banana ha trasformato per quasi un ventennio un Paese di 60 milioni di abitanti in un Carosello permanente :
TASSE E CRISI
Berlusconi: stop a Imu grande successo
Ma decreto slitta. Governo: presto il sì
Nello stesso tempo siamo da quasi vent’anni in una campagna elettorale permanente. Tutto è funzionale alla sua propaganda.
Nei Paesi a Nord di Chiasso non esiste che un Al Tappone qualsiasi possa tenere in ostaggio un’intera nazione per vent’anni e forse più.
Qui invece, da quasi cent’anni è in voga una sorta di gioco sadomaso nazionale che sembra piacere non poco agli indigeni. Il primo a giocare questo gioco perverso è stato il Cavalierissimo buonanima di Predappio. Molto amato ed ammirato ancora ai giorni nostri malgrado i disastri che ha provocato. E’ stato lui a generare in tutta Europa il modello del fascismo. Un pazzoide austriaco di Braunau l’ha preso sul serio e ha prodotto il più grande disastro della storia dell’umanità, la seconda guerra mondiale.
Dopo soli 8 anni di ricreazione, si fa per dire, ne è arrivato un altro che però ha messo in campo tutta la sua abilità curiale per non apparire opprimente,
Se ne è andato la scorsa settimana lasciando un Paese ancora molto diviso sul suo conto.
Poi, con Andreotti ancora regnante, non se ne poteva più di San Bettino Craxi . Quando finalmente se ne è andato ad Hammamet la maggioranza degli italiani ha tirato il fiato. Il tempo per una brevissima ricreazione ed eccone un altro.
Al Tappone da Hardcore.
Sono 20 anni che lo sopportiamo e non riusciamo a cacciarlo via. Sta in politica per difendersi dalla magistratura. I suoi banditi sodali, di tutti i tipi e tutte le categorie raccontano la palla del “PERSEGUITATO”.
L’altro ieri è stato condannato per il processo Mediaset.
Il tutto parte nel 1996. Secondo la procura di Milano l'accumulazione dei fondi neri sarebbe continuata anche oltre il 1999, fino al 2002 cioè quando Berlusconi era già Presidente del consiglio
Quella che ha dimostrato più di un mese fa davanti al Tribunale di Milano e che domani manifesterà alle 17,00 a Brescia è una vera e propria banda armata. Non spara proiettili tradizionali da armi tradizionali, ma usa armi per bocca. Altrettanto efficaci perché avvelenano i cervelli di 12 milioni di italiani.
Il cavalier Banana è tra gli uomini più ricchi del pianeta, anche se ce ne sono almeno 160 più ricchi di lui.
Osservando la storia degli ultimi 20 anni verrebbe da dire: “Ma questo è un vero e autentico mago”.
Infatti, solo un mago e di quelli bravi bravi può ribaltare in un decennio questa situazione:
Riguardo all'indebitamento, risulta, dal tradizionale rapporto con cui Mediobanca analizza ogni anno le dieci
maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992 7.140 miliardi di lire di
debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.
Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, peggiorata dal fatto che nel 1993 gli introiti
pubblicitari televisivi registrarono una crescita pari a zero (dopo molti anni di aumenti elevati e ininterrotti), le
banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti.
Solo un gran mago dell’economia e della finanza poteva ribaltare questa situazione.
Solo che in questo caso non ci troviamo di fronte ad una caso di magia, bianca o nera.
Ma solo davanti all’arrangiamento che può fare chiunque voglia ribaltare una così profonda crisi come quella di B.
Domani la banda armata lancerà i soliti slogan della “PERSECUZIONE”. L’aspetto drammatico è che 12 milioni di italiani su 47 milioni di adulti ci credono a queste balle.
Siamo da 22 mesi incamminati sulla strada del non ritorno e nella drammaticità della situazione una banda armata di banditi se ne approfitta di un Paese intero che non è in grado di reagire.
Anche perché i rappresentanti del maggior partito che dovrebbe avversarlo è colluso da 20 anni e oggi governano insieme in quello che i banditi chiamano la fase di “PACIFICAZIONE”.
La mente umana è facilmente manipolabile, ma che un intero Paese si sia sfasciato per gli interessi di una sola persona e di banditi che hanno e stanno approfittando della situazione, non potrebbe accadere in nessun Paese civile.
In questo Paese invece accade alla grande per via dell’indifferenza di tantissimi che non condividono la banda armata.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 165
La cruna dell’ago – 131
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 131
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 111
Cronaca di un affondamento annunciato - 111
In mezzo alla tempesta - 48
Il buio oltre siepe - 3
Il cavalier banana ha trasformato per quasi un ventennio un Paese di 60 milioni di abitanti in un Carosello permanente :
TASSE E CRISI
Berlusconi: stop a Imu grande successo
Ma decreto slitta. Governo: presto il sì
Nello stesso tempo siamo da quasi vent’anni in una campagna elettorale permanente. Tutto è funzionale alla sua propaganda.
Nei Paesi a Nord di Chiasso non esiste che un Al Tappone qualsiasi possa tenere in ostaggio un’intera nazione per vent’anni e forse più.
Qui invece, da quasi cent’anni è in voga una sorta di gioco sadomaso nazionale che sembra piacere non poco agli indigeni. Il primo a giocare questo gioco perverso è stato il Cavalierissimo buonanima di Predappio. Molto amato ed ammirato ancora ai giorni nostri malgrado i disastri che ha provocato. E’ stato lui a generare in tutta Europa il modello del fascismo. Un pazzoide austriaco di Braunau l’ha preso sul serio e ha prodotto il più grande disastro della storia dell’umanità, la seconda guerra mondiale.
Dopo soli 8 anni di ricreazione, si fa per dire, ne è arrivato un altro che però ha messo in campo tutta la sua abilità curiale per non apparire opprimente,
Se ne è andato la scorsa settimana lasciando un Paese ancora molto diviso sul suo conto.
Poi, con Andreotti ancora regnante, non se ne poteva più di San Bettino Craxi . Quando finalmente se ne è andato ad Hammamet la maggioranza degli italiani ha tirato il fiato. Il tempo per una brevissima ricreazione ed eccone un altro.
Al Tappone da Hardcore.
Sono 20 anni che lo sopportiamo e non riusciamo a cacciarlo via. Sta in politica per difendersi dalla magistratura. I suoi banditi sodali, di tutti i tipi e tutte le categorie raccontano la palla del “PERSEGUITATO”.
L’altro ieri è stato condannato per il processo Mediaset.
Il tutto parte nel 1996. Secondo la procura di Milano l'accumulazione dei fondi neri sarebbe continuata anche oltre il 1999, fino al 2002 cioè quando Berlusconi era già Presidente del consiglio
Quella che ha dimostrato più di un mese fa davanti al Tribunale di Milano e che domani manifesterà alle 17,00 a Brescia è una vera e propria banda armata. Non spara proiettili tradizionali da armi tradizionali, ma usa armi per bocca. Altrettanto efficaci perché avvelenano i cervelli di 12 milioni di italiani.
Il cavalier Banana è tra gli uomini più ricchi del pianeta, anche se ce ne sono almeno 160 più ricchi di lui.
Osservando la storia degli ultimi 20 anni verrebbe da dire: “Ma questo è un vero e autentico mago”.
Infatti, solo un mago e di quelli bravi bravi può ribaltare in un decennio questa situazione:
Riguardo all'indebitamento, risulta, dal tradizionale rapporto con cui Mediobanca analizza ogni anno le dieci
maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992 7.140 miliardi di lire di
debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.
Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, peggiorata dal fatto che nel 1993 gli introiti
pubblicitari televisivi registrarono una crescita pari a zero (dopo molti anni di aumenti elevati e ininterrotti), le
banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti.
Solo un gran mago dell’economia e della finanza poteva ribaltare questa situazione.
Solo che in questo caso non ci troviamo di fronte ad una caso di magia, bianca o nera.
Ma solo davanti all’arrangiamento che può fare chiunque voglia ribaltare una così profonda crisi come quella di B.
Domani la banda armata lancerà i soliti slogan della “PERSECUZIONE”. L’aspetto drammatico è che 12 milioni di italiani su 47 milioni di adulti ci credono a queste balle.
Siamo da 22 mesi incamminati sulla strada del non ritorno e nella drammaticità della situazione una banda armata di banditi se ne approfitta di un Paese intero che non è in grado di reagire.
Anche perché i rappresentanti del maggior partito che dovrebbe avversarlo è colluso da 20 anni e oggi governano insieme in quello che i banditi chiamano la fase di “PACIFICAZIONE”.
La mente umana è facilmente manipolabile, ma che un intero Paese si sia sfasciato per gli interessi di una sola persona e di banditi che hanno e stanno approfittando della situazione, non potrebbe accadere in nessun Paese civile.
In questo Paese invece accade alla grande per via dell’indifferenza di tantissimi che non condividono la banda armata.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 166
La cruna dell’ago – 132
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 132
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 112
Cronaca di un affondamento annunciato - 112
In mezzo alla tempesta - 49
Il buio oltre siepe - 4
...................In hoc signo vinces
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La teoria avanzata dal direttore de La Stampa, Mario Calabresi, qualche giorno prima della sentenza Mediaset, dove è stata confermata la condanna di Al Tappone, alla fine ha convinto i più e si sta rivelando vincente.
I problemi per quella condanna non li avranno quelli del Pdl che fanno quadrato intorno al "PERSEGUITATO", ma li avranno gli alleati del Pd.
La base non accetterà di condividere quell'alleanza, perché fortemente ridicola.
Qualche buontempone nei sondaggi stima che questa alleanza possa durare l'intera legislatura. E' possibile che sia un Dc incallito.
Ma come è possibile fare un'alleanza per tutta la legislatura in cui occorre mettere mano all'evasione fiscale e il capobanda degli alleati è stato condannato di fresco per una colossale evasione di 280 milioni di dollari?
La volpe a guardia del pollaio?
Ma chi ci crede? Neppure il merla merlorum più incallito.
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Lupululì,.......lupululà.....
10 MAG 16:52
NON E’ UN PARTITO, È UN CASINO - QUANDO SI TROVERÀ IL NUOVO LEADER (RENZI, LETTA, CIVATI O BARCA) CI SARÀ ANCORA IL PD?
Lotte di corrente, sedi occupate e rese dei conti, il Pd è un esercito in rotta: i dissidenti brianzoli (Civati e Ricchiuti) contro i vertici nazionali, il Nord Est tra Puppato e Serracchiani, i renziani alla conquista delle regioni rosse, in Campania cresce De Luca mentre la sinistra punta su Barca…
Tommaso Cerno e Marco Damilano per "L'Espresso"
Si fa presto a dire: gli iscritti del Pd stracciano la tessera. A Roma non si può fare neppure quello: arrivati a quasi metà anno il tesseramento non è neppure cominciato, nei circoli le tessere non sono state ancora distribuite. Perfino un neo-iscritto di peso, l'ex ministro Fabrizio Barca, si è dovuto accontentare di un documento provvisorio: «Mi hanno dato una fotocopia a colori», racconta. È quel che resta del Pd dopo il suicidio collettivo nell'aula di Montecitorio al momento di eleggere il capo dello Stato e dopo le larghe intese, il governo in tandem con Silvio Berlusconi.
L'8 settembre: Pierluigi Bersani dimissionario, la difficoltà di trovare un segretario-reggente che porti il partito al congresso. E in periferia ufficiali in rotta, rese dei conti sanguinose, la base infuriata, le sezioni occupate, i capi della rivolta che provano a conquistare posizioni. Mentre gli uomini di Matteo Renzi, per la prima volta, danno vita a un network nazionale, un partito nel partito: la prima a nascere è stata l'associazione "Adesso Vicenza", ne seguiranno altre. "Adesso", perché in realtà il momento del sindaco si è allontanato e bisogna attrezzarsi a una marcia più lunga del previsto. Ecco la mappa della disgregazione del Pd dal Piemonte alla Sicilia. E i possibili leader del futuro Pd. Sempre che esista.
Per gli ex bersaniani doc sono i «due dissidenti brianzoli». Pippo Civati e Lucrezia Ricchiuti , due enfant diventati grandi , scegliendo di non votare la fiducia al governo di Enrico Letta. Due che, lontano dalla Brianza, collezionano critiche e amarezze, ma quando tornano a casa fanno il pieno. Prendete il 2 maggio all'Urban Center di Monza. Convegno da cento posti, fossimo stati in era bersaniana. Una rivolta, con tanto di vigili urbani, in tempi di guerre dem. Mille ribelli contro il "partito traditore". E gli agenti del Comune guidato dall'amico di Civati, Roberto Scanagatti , che chiedono di spostarsi altrove. In una sala più grande.
Ecco che l'incontro promosso dal segretario di Monza Alessandro Mitola , quello che ha scritto agli elettori chiedendo scusa per l'inciucio col Cavaliere, diventa simbolo della rottamazione lombarda in atto. Con correnti che si sfidano. E casacche che cambiano. Mitola è oggi il grande oppositore di colui che era l'uomo forte, imbattibile, del Pd: il segretario lombardo, Maurizio Martina. Quello che la base definisce "grande sconfitto". Quello che aveva giurato che mai sarebbe andato a Roma. E che ha invece accettato il posto di sottosegretario offerto da Letta.
Da Roma l'ordine è di anestetizzare le rivolte, in attesa del congresso. Ma le rivolte sono troppe. Tanti piccoli focolai da Bergamo a Varese, da Mantova a Cremona. E ancora Brescia, Sondrio e Lodi. Deputati regionali che da renziani sfegatati ora stanno con Letta. Come Alessandro Alfieri , capogruppo al Pirellone, all'improvviso mite con l'ex rivale Martina: «La nomina è il riconoscimento dell'impegno profuso».
Pure a Milano il clima s'è surriscaldato. Basti pensare che, quando la notizia del governo col Cavaliere è arrivata al vertice provinciale dei Dem, s'è alzato uno striscione: "Mai col Pdl". E, tempo pochi istanti, metà sala era in piedi ad applaudire. Fra tanti mugugni anonimi, poi, il segretario milanese Roberto Cornelli ha preso invece le distanze da Letta in pubblico. Beccandosi gli attacchi di quelli che fino a poco prima invocavano Rodotà presidente. O gridavano al tradimento contro l'affossamento di Prodi. Come Emanuele Fiano che fa di necessità virtù: «L'alternativa a questo governo sarebbe un disastro per tutti gli italiani».
Sotto la Mole, invece, le dimissioni del segretario piemontese del Pd Gianfranco Morgando e del leader torinese, la deputata Paola Bragantini , sono arrivate dopo "l'oltraggio" di Letta: nessun piemontese nella squadra. Almeno del Pd. E così s'è rotto il vaso, già stracolmo di divisioni e malcontento, che nelle ultime settimane, complici le vicende nazionali, si sono manifestati con i movimenti OccupyPd e Pallacorda. I focolai di una protesta che punta a prendersi i vertici del partito contro "l'ancien régime sabaudo".
Gli aderenti alla "rivolta della Pallacorda", di sapore rivoluzionario francese, si sono autoconvocati dopo la rielezione di Napolitano. E a guidarli con sempre maggior seguito di truppe sono in quattro, finora semisconosciuti: Fabio Malagnino, Matteo Franceschini Beghini, Davide Ricca e Diego Sarno . Ora sono forti. Una corrente pericolosa perché, ripetono gli ispiratori, «al nostro interno ci sono iscritti con storie molto diverse, dall'ex Pds ai nuovi dem». Al fianco dei rivoluzionari, c'è pure la nuova Resistenza democratica, con tanto di pagina Facebook. È la vecchia guardia, nonni con i nipoti, quelli che a Torino hanno sospeso il servizio d'ordine il primo maggio per protesta: «I dirigenti non hanno più la nostra fiducia», dice Diego Simioli . Volto conosciuto del Pci torinese. Che ora sta con i giovani.
Nella piccola Val D'Aosta hanno un problema in più. Alle regionali di fine maggio rischiano il flop per colpa del caos romano. Proprio lassù, dove si aspettavano il traino della vittoria alle politiche. Il leader valdostano del Pd, Raimondo Donzel , è sulle barricate. E per proteggere le Alpi da Annibale e dagli elefanti della dirigenza romana tenta di camuffarsi con le alleanze sulla scheda elettorale: «Sono un giapponese, a corto di munizioni, su un'isola del Pacifico», dice: «Ci presentiamo assieme ad Alpe e all'Union Valdotaine Progressiste. Ma è già una vittoria riuscire ad andare al ballottaggio».
Dai monti al mare, in Liguria la battaglia parte da Savona. Dove c'è il fulcro dello scontro. Da una parte il coordinatore di Savona, Claudio Strinati , renziano, vuole mandare tutti i casa: «Dopo Bersani, bisogna azzerare le segretarie locali, provinciali e regionali», proclama. Dall'altra parte il "suo" sindaco, Federico Berruti , renziano pure lui, dice di no e getta acqua sul fuoco, in un'inedita alleanza con Lorenzo Basso , segretario del Pd ligure e non certo rottamatore. Ma il clima è rovente.
Addio al "Tortello magico", come chiamavano il triumvirato del re Pierluigi: Maurizio Migliavacca, Miro Fiammenghi e soprattutto Vasco Errani. E addio Emilia bersaniana. A partire dalla prima testa che cadrà nella terra rossa e sacra, quella del segretario, Stefano Bonaccini.
C'è chi lo dà già sindaco di Modena, altri lo vedono pronto per Roma in caso di nuove elezioni. Fatto sta che la sua defenestrazione, impensabile fino a poche settimane fa, segna la fine del regno di Bersani nella sua Emilia. E per capire quanto la geografia nella roccaforte dell'ex Pci stia mutando, basta pensare che al posto dell'ortodosso Bonaccini potrebbe finire un dissidente, o così era fino a qualche giorno fa, come Paolo Calvano , segretario ferrarese, rottamatore di professione. Una rivoluzione di ottobre, data del congresso, che vede schierati nelle trincee i vecchi dirigenti emiliani, depositari fino alla caduta di Bersani della Torah piddina.
Ce l'hanno con la "rimozione collettiva" del caso di Franco Marini, abbattuto dai franchi tiratori sulla via del Colle. Vogliono fare autocritica, come ai vecchi tempi. Ma trovano la diga renziana. Al punto che i compagni sono pronti a diventare seguaci di Letta pur di non capitolare al sindaco, a caccia di una mediazione del ministro Graziano Delrio, più forte dopo l'ingresso nel governo.
Cresce anche il potere di Matteo Ricchetti , il più votato alle primarie a Modena, eletto mister Parlamento, e volto sempre più presente nei salotti tv, il capofila dei renziani a Montecitorio. Un puzzle che rischia, come primo effetto, di far saltare Errani, l'intoccabile governatore in corsa prima delle elezioni per la vicepremiership. E ora sempre più debole.
«Uno spritz in piazza?». A guardarla da Padova, sembra tutto come prima. Flavio Zanonato gira per la città come fosse ancora il sindaco. Prende in braccio la nipotina e schiva la scorta, che gli ha appioppato il ministero dopo gli spari di piazza Colonna.
Eppure è quello l'epicentro del terremoto veneto. Quel signore che, all'improvviso, è diventato l'uomo Pd più forte, unico esponente del Nord-est al governo, fedelissimo bersaniano e pure nella manica di Letta. La sua nomina ha fatto da estintore al dissenso della base. Tanto che i giovani di OccupyPd hanno liberato la sede, i renziani hanno applaudito parlando di «profilo autorevole» e mancavano solo le campane.
Gli ha votato la fiducia pure Laura Puppato, titolare di omonima corrente. E pensare che pochi giorni prima proprio Laura, impegnata a convincere Casaleggio dei buoni propositi anti-Tav dei democratici, aveva avuto uno scontro al vetriolo con Zanonato: «Piccolo gerarca», gli aveva detto. E lui: «Melliflua e col buon senso di una massaia». Ma dopo la chiamata al governo la signora Laura s'è calmata.
E in Veneto s'è ridisegnata la mappa del potere. Salgono i lettiani, come la segretaria regionale Rosanna Filippin , senatrice di Bassano del Grappa, il padovano Federico Ossari e il veronese Gianni Dal Moro , capo della segreteria politica di Letta. Ogni capobastone ha il suo referente: a Venezia c'è Andrea Martella , coordinatore della segreteria di Veltroni; per Franceschini c'è il sottosegretario Pierpaolo Baretta; mentre Rosy Bindi si affida alla padovana Margherita Miotto . In pace forzata i renziani, tutti sindaci che hanno messo in piedi l'associazione "Adesso!": Achille Variati a Vicenza, Jacopo Massaro a Belluno e Roger De Menech a Ponte nelle Alpi.
Nel vicino Friuli tira un'aria diversa. La vittoria di Debora Serracchiani alle regionali è stata una boccata d'ossigeno per il Pd. La rottamatrice ante-litteram, pronta ad aiutare Renzi, ha fatto fuori le mele marce già prima del voto politico. Via l'ex capogruppo e signore delle tessere Gianfranco Moretton , avanti l'ex sindaco di Pordenone Sergio Bolzonello (record storico assoluto di voti alle regionali nel Pd), che sarà vicepresidente, e Cristiano Shaurli , poco più che trentenne, che guiderà la maggioranza regionale. Per non far saltare il quadro, poi, c'è un patto di lealtà con gli ex bersaniani, a partire dal senatore Carlo Pegorer , terza legislatura, aplomb inglese, inventore della candidatura di Riccardo Illy nel 2003. Obiettivo: rompere l'asse Lega-Pdl nel Nord-est e tentare di far penetrare il Pd renziano nelle corde di un elettorato storicamente impermeabile alla sinistra.
Il processo è andato in scena la settimana scorsa nello storico circolo fiorentino Vie Nuove, affollatissimo. «Scusate il ritardo, aspettavamo i parlamentari che sono in giro per l'Italia...», ha provato a dire la segretaria cittadina Lorenza Giani, travolta dai fischi. Presenti solo quattro parlamentari, Rosa Maria Di Giorgi, David Ermini, Filippo Fossati, Elisa Simoni. Provano a spiegare le ultime mosse romane, il governo Letta con Berlusconi, la sala insorge: «Abbiamo votato Bersani alle primarie per dire di no a Berlusconi e ora siamo al governo con lui! Parlate di questo!».
«I nostri parlamentari sono inadeguati, ci hanno consegnato le peggiori pagine del centrosinistra italiano», attacca uno dei rivoltosi, il segretario del circolo del quartiere 4 Francesco Piccione . A Prato, epicentro dell'insurrezione, è partito il tour nazionale dell'ex ministro Barca, presenti in prima fila la segretaria Ilaria Bugetti e il deputato renziano Matteo Biffoni . Una rivolta spontanea, senza capi a soffiare sul fuoco. Anche perché già alle primarie di autunno i votanti dei gazebo rovesciarono l'antica nomencaltura rossa per promuovere i giovani legati al sindaco rottamatore.
Al punto che a Firenze si prepara per il 2014 un derby tutto renziano per la poltrona di sindaco, se Renzi dovesse passare a un incarico nazionale: il deputato Dario Nardella (in ascesa) contro il potente presidente del consiglio comunale Eugenio Giani. E le alleanze si stanno rapidamente rimescolando. Il segretario regionale Andrea Manciulli , ieri tendenza anti Renzi, oggi tesse la tela con Matteo. Resiste il governatore Enrico Rossi, che punta alla segreteria nazionale. Il primo test importante per la tenuta del partito saranno a fine mese le elezioni comunali di Siena.
Il Pd arriva all'appuntamento devastato dalla faide e dalle inchieste sul Monte dei Paschi. Dopo Mussari è saltato anche l'ex sindaco Franco Ceccuzzi, costretto a ritirarsi dopo aver vinto le primarie. Ora il candidato è Bruno Valentini , anche lui renziano. Anche se i veri trionfatori sono i fratelli Alfredo e Alberto Monaci , ex democristiani che a Siena hanno sbaragliato i puledri dell'ex partitone rosso.
Cambiano le correnti del Pd nel Golfo partenopeo. E basta ascoltare il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca . «Un partito di anime morte», diceva. Poi Letta l'ha piazzato sulla poltrona di viceministro alle Infrastrutture e il vento è girato. Bocciato così senza appello il Pd locale, un partito che a Napoli non è stato in grado di eleggere nemmeno il presidente del consiglio provinciale, si riparte dal congresso campano. Con un inedito gioco d'alleanze.
Il segretario uscente, Enzo Amendola, da sempre ombra di D'Alema, e il suo vice, puntano proprio su De Luca per tenersi il partito. Ma dovranno vedersela con il caos delle altre province. Avellino in testa. Con le comunali in arrivo e le primarie annullate con tanto di battaglia legale fra le correnti ed epilogo davanti al giudice, Letta ha preso il potere anche lì. I bersaniani si erano ritirati perché, nello scontro, gli altri avevano candidato per il Pd un esponente della lista di Renata Polverini.
E alla fine, secondo la regola Dc, è spuntato il costruttore Paolo Foti , che unisce i seguaci del premier ed ex bersaniani. Per non farsi mancare niente, però, l'ex sindaco Pd Giuseppe Galasso sosterrà il candidato del centrodestra. Il tutto all'ombra (lunga) del «semplice elettore», come si autodefinisce, Nicola Mancino. Chiude Caserta, dove siamo all'anno zero, secondo gli iscritti: «Qui il partito non è mai nato. Abbiamo un segretario abusivo».
Infatti da quando quello vero, Dario Abbate , s'è dimesso per il Parlamento, poi non eletto, s'è aperta l'era di Ludovico Feole , coinvolto pure nella storiaccia di assenteismo alla Provincia. Feole, candidato a sindaco in un comune della provincia, è vicino al consigliere regionale Nicola Caputo , un tempo bindiano ora vicino a Renzi. E così il partito è diviso in due blocchi: da una parte i lettiani, la fronda Graziano-Abbate-Stellato e dall'altra i renziani, che contano anche sulla deputata Pina Picierno, area Franceschini.
OccupyPd ha conquistato la sede di via Re David a Bari. Assemblea permanente dei giovani democratici guidati dal segretario regionale Pierpaolo Treglia e dalla neo-deputata Liliana Ventricelli . In Puglia, la ex roccaforte dalemiana, il Pd pencola a sinistra, la base spinge per un nuovo partito di sinistra con Nichi Vendola. Il sindaco Michele Emiliano capeggia nel backstage la rivolta.
C'è un lupo ferito nel Pd siciliano. È l'omonimo segretario regionale Giuseppe Lupo. La bocciatura del "suo" sottosegretario Sergio D'Antoni è il messaggio forte e chiaro che arriva da Letta. E non è un caso. C'è chi s'è schierato fra le armate di palazzo Chigi e combatte sull'altra sponda.
È Pino Apprendi , ex deputato regionale e ambasciatore del premier nell'isola. Punta alto e vuol mettere una croce pure su Crocetta: «Abbiamo assistito a un lento distacco del governatore dal Pd. Avrebbe potuto guidare il partito e invece lo ha spaccato», tuona.
E subito da Roma altro regalino: un bel rospo per Rosario digerire l'esclusione dal sottogoverno di Beppe Lumia, punta di diamante del Megafono, il suo movimento. E così, se da tempo tra Crocetta e i maggiorenti del Pd non corre buon sangue, per l'esclusione dei "politici" dalla giunta, la guerra di Sicilia diventa nazionale. E gli attriti sono finiti addirittura alla Procura di Agrigento, che indaga su presunte estorsioni per le candidature regionali.
Sullo sfondo denunce e lotte che lacerano il partito, alla vigilia delle elezioni che a giugno vedranno il rinnovo di 141 comuni. Fra cui Messina e Siracusa. E Catania, che schiera l'eterno Enzo Bianco, uno che in tempi di rottamazione non suona proprio come un salto nel futuro.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 166
La cruna dell’ago – 132
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 132
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 112
Cronaca di un affondamento annunciato - 112
In mezzo alla tempesta - 49
Il buio oltre siepe - 4
...................In hoc signo vinces
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La teoria avanzata dal direttore de La Stampa, Mario Calabresi, qualche giorno prima della sentenza Mediaset, dove è stata confermata la condanna di Al Tappone, alla fine ha convinto i più e si sta rivelando vincente.
I problemi per quella condanna non li avranno quelli del Pdl che fanno quadrato intorno al "PERSEGUITATO", ma li avranno gli alleati del Pd.
La base non accetterà di condividere quell'alleanza, perché fortemente ridicola.
Qualche buontempone nei sondaggi stima che questa alleanza possa durare l'intera legislatura. E' possibile che sia un Dc incallito.
Ma come è possibile fare un'alleanza per tutta la legislatura in cui occorre mettere mano all'evasione fiscale e il capobanda degli alleati è stato condannato di fresco per una colossale evasione di 280 milioni di dollari?
La volpe a guardia del pollaio?
Ma chi ci crede? Neppure il merla merlorum più incallito.
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Lupululì,.......lupululà.....
10 MAG 16:52
NON E’ UN PARTITO, È UN CASINO - QUANDO SI TROVERÀ IL NUOVO LEADER (RENZI, LETTA, CIVATI O BARCA) CI SARÀ ANCORA IL PD?
Lotte di corrente, sedi occupate e rese dei conti, il Pd è un esercito in rotta: i dissidenti brianzoli (Civati e Ricchiuti) contro i vertici nazionali, il Nord Est tra Puppato e Serracchiani, i renziani alla conquista delle regioni rosse, in Campania cresce De Luca mentre la sinistra punta su Barca…
Tommaso Cerno e Marco Damilano per "L'Espresso"
Si fa presto a dire: gli iscritti del Pd stracciano la tessera. A Roma non si può fare neppure quello: arrivati a quasi metà anno il tesseramento non è neppure cominciato, nei circoli le tessere non sono state ancora distribuite. Perfino un neo-iscritto di peso, l'ex ministro Fabrizio Barca, si è dovuto accontentare di un documento provvisorio: «Mi hanno dato una fotocopia a colori», racconta. È quel che resta del Pd dopo il suicidio collettivo nell'aula di Montecitorio al momento di eleggere il capo dello Stato e dopo le larghe intese, il governo in tandem con Silvio Berlusconi.
L'8 settembre: Pierluigi Bersani dimissionario, la difficoltà di trovare un segretario-reggente che porti il partito al congresso. E in periferia ufficiali in rotta, rese dei conti sanguinose, la base infuriata, le sezioni occupate, i capi della rivolta che provano a conquistare posizioni. Mentre gli uomini di Matteo Renzi, per la prima volta, danno vita a un network nazionale, un partito nel partito: la prima a nascere è stata l'associazione "Adesso Vicenza", ne seguiranno altre. "Adesso", perché in realtà il momento del sindaco si è allontanato e bisogna attrezzarsi a una marcia più lunga del previsto. Ecco la mappa della disgregazione del Pd dal Piemonte alla Sicilia. E i possibili leader del futuro Pd. Sempre che esista.
Per gli ex bersaniani doc sono i «due dissidenti brianzoli». Pippo Civati e Lucrezia Ricchiuti , due enfant diventati grandi , scegliendo di non votare la fiducia al governo di Enrico Letta. Due che, lontano dalla Brianza, collezionano critiche e amarezze, ma quando tornano a casa fanno il pieno. Prendete il 2 maggio all'Urban Center di Monza. Convegno da cento posti, fossimo stati in era bersaniana. Una rivolta, con tanto di vigili urbani, in tempi di guerre dem. Mille ribelli contro il "partito traditore". E gli agenti del Comune guidato dall'amico di Civati, Roberto Scanagatti , che chiedono di spostarsi altrove. In una sala più grande.
Ecco che l'incontro promosso dal segretario di Monza Alessandro Mitola , quello che ha scritto agli elettori chiedendo scusa per l'inciucio col Cavaliere, diventa simbolo della rottamazione lombarda in atto. Con correnti che si sfidano. E casacche che cambiano. Mitola è oggi il grande oppositore di colui che era l'uomo forte, imbattibile, del Pd: il segretario lombardo, Maurizio Martina. Quello che la base definisce "grande sconfitto". Quello che aveva giurato che mai sarebbe andato a Roma. E che ha invece accettato il posto di sottosegretario offerto da Letta.
Da Roma l'ordine è di anestetizzare le rivolte, in attesa del congresso. Ma le rivolte sono troppe. Tanti piccoli focolai da Bergamo a Varese, da Mantova a Cremona. E ancora Brescia, Sondrio e Lodi. Deputati regionali che da renziani sfegatati ora stanno con Letta. Come Alessandro Alfieri , capogruppo al Pirellone, all'improvviso mite con l'ex rivale Martina: «La nomina è il riconoscimento dell'impegno profuso».
Pure a Milano il clima s'è surriscaldato. Basti pensare che, quando la notizia del governo col Cavaliere è arrivata al vertice provinciale dei Dem, s'è alzato uno striscione: "Mai col Pdl". E, tempo pochi istanti, metà sala era in piedi ad applaudire. Fra tanti mugugni anonimi, poi, il segretario milanese Roberto Cornelli ha preso invece le distanze da Letta in pubblico. Beccandosi gli attacchi di quelli che fino a poco prima invocavano Rodotà presidente. O gridavano al tradimento contro l'affossamento di Prodi. Come Emanuele Fiano che fa di necessità virtù: «L'alternativa a questo governo sarebbe un disastro per tutti gli italiani».
Sotto la Mole, invece, le dimissioni del segretario piemontese del Pd Gianfranco Morgando e del leader torinese, la deputata Paola Bragantini , sono arrivate dopo "l'oltraggio" di Letta: nessun piemontese nella squadra. Almeno del Pd. E così s'è rotto il vaso, già stracolmo di divisioni e malcontento, che nelle ultime settimane, complici le vicende nazionali, si sono manifestati con i movimenti OccupyPd e Pallacorda. I focolai di una protesta che punta a prendersi i vertici del partito contro "l'ancien régime sabaudo".
Gli aderenti alla "rivolta della Pallacorda", di sapore rivoluzionario francese, si sono autoconvocati dopo la rielezione di Napolitano. E a guidarli con sempre maggior seguito di truppe sono in quattro, finora semisconosciuti: Fabio Malagnino, Matteo Franceschini Beghini, Davide Ricca e Diego Sarno . Ora sono forti. Una corrente pericolosa perché, ripetono gli ispiratori, «al nostro interno ci sono iscritti con storie molto diverse, dall'ex Pds ai nuovi dem». Al fianco dei rivoluzionari, c'è pure la nuova Resistenza democratica, con tanto di pagina Facebook. È la vecchia guardia, nonni con i nipoti, quelli che a Torino hanno sospeso il servizio d'ordine il primo maggio per protesta: «I dirigenti non hanno più la nostra fiducia», dice Diego Simioli . Volto conosciuto del Pci torinese. Che ora sta con i giovani.
Nella piccola Val D'Aosta hanno un problema in più. Alle regionali di fine maggio rischiano il flop per colpa del caos romano. Proprio lassù, dove si aspettavano il traino della vittoria alle politiche. Il leader valdostano del Pd, Raimondo Donzel , è sulle barricate. E per proteggere le Alpi da Annibale e dagli elefanti della dirigenza romana tenta di camuffarsi con le alleanze sulla scheda elettorale: «Sono un giapponese, a corto di munizioni, su un'isola del Pacifico», dice: «Ci presentiamo assieme ad Alpe e all'Union Valdotaine Progressiste. Ma è già una vittoria riuscire ad andare al ballottaggio».
Dai monti al mare, in Liguria la battaglia parte da Savona. Dove c'è il fulcro dello scontro. Da una parte il coordinatore di Savona, Claudio Strinati , renziano, vuole mandare tutti i casa: «Dopo Bersani, bisogna azzerare le segretarie locali, provinciali e regionali», proclama. Dall'altra parte il "suo" sindaco, Federico Berruti , renziano pure lui, dice di no e getta acqua sul fuoco, in un'inedita alleanza con Lorenzo Basso , segretario del Pd ligure e non certo rottamatore. Ma il clima è rovente.
Addio al "Tortello magico", come chiamavano il triumvirato del re Pierluigi: Maurizio Migliavacca, Miro Fiammenghi e soprattutto Vasco Errani. E addio Emilia bersaniana. A partire dalla prima testa che cadrà nella terra rossa e sacra, quella del segretario, Stefano Bonaccini.
C'è chi lo dà già sindaco di Modena, altri lo vedono pronto per Roma in caso di nuove elezioni. Fatto sta che la sua defenestrazione, impensabile fino a poche settimane fa, segna la fine del regno di Bersani nella sua Emilia. E per capire quanto la geografia nella roccaforte dell'ex Pci stia mutando, basta pensare che al posto dell'ortodosso Bonaccini potrebbe finire un dissidente, o così era fino a qualche giorno fa, come Paolo Calvano , segretario ferrarese, rottamatore di professione. Una rivoluzione di ottobre, data del congresso, che vede schierati nelle trincee i vecchi dirigenti emiliani, depositari fino alla caduta di Bersani della Torah piddina.
Ce l'hanno con la "rimozione collettiva" del caso di Franco Marini, abbattuto dai franchi tiratori sulla via del Colle. Vogliono fare autocritica, come ai vecchi tempi. Ma trovano la diga renziana. Al punto che i compagni sono pronti a diventare seguaci di Letta pur di non capitolare al sindaco, a caccia di una mediazione del ministro Graziano Delrio, più forte dopo l'ingresso nel governo.
Cresce anche il potere di Matteo Ricchetti , il più votato alle primarie a Modena, eletto mister Parlamento, e volto sempre più presente nei salotti tv, il capofila dei renziani a Montecitorio. Un puzzle che rischia, come primo effetto, di far saltare Errani, l'intoccabile governatore in corsa prima delle elezioni per la vicepremiership. E ora sempre più debole.
«Uno spritz in piazza?». A guardarla da Padova, sembra tutto come prima. Flavio Zanonato gira per la città come fosse ancora il sindaco. Prende in braccio la nipotina e schiva la scorta, che gli ha appioppato il ministero dopo gli spari di piazza Colonna.
Eppure è quello l'epicentro del terremoto veneto. Quel signore che, all'improvviso, è diventato l'uomo Pd più forte, unico esponente del Nord-est al governo, fedelissimo bersaniano e pure nella manica di Letta. La sua nomina ha fatto da estintore al dissenso della base. Tanto che i giovani di OccupyPd hanno liberato la sede, i renziani hanno applaudito parlando di «profilo autorevole» e mancavano solo le campane.
Gli ha votato la fiducia pure Laura Puppato, titolare di omonima corrente. E pensare che pochi giorni prima proprio Laura, impegnata a convincere Casaleggio dei buoni propositi anti-Tav dei democratici, aveva avuto uno scontro al vetriolo con Zanonato: «Piccolo gerarca», gli aveva detto. E lui: «Melliflua e col buon senso di una massaia». Ma dopo la chiamata al governo la signora Laura s'è calmata.
E in Veneto s'è ridisegnata la mappa del potere. Salgono i lettiani, come la segretaria regionale Rosanna Filippin , senatrice di Bassano del Grappa, il padovano Federico Ossari e il veronese Gianni Dal Moro , capo della segreteria politica di Letta. Ogni capobastone ha il suo referente: a Venezia c'è Andrea Martella , coordinatore della segreteria di Veltroni; per Franceschini c'è il sottosegretario Pierpaolo Baretta; mentre Rosy Bindi si affida alla padovana Margherita Miotto . In pace forzata i renziani, tutti sindaci che hanno messo in piedi l'associazione "Adesso!": Achille Variati a Vicenza, Jacopo Massaro a Belluno e Roger De Menech a Ponte nelle Alpi.
Nel vicino Friuli tira un'aria diversa. La vittoria di Debora Serracchiani alle regionali è stata una boccata d'ossigeno per il Pd. La rottamatrice ante-litteram, pronta ad aiutare Renzi, ha fatto fuori le mele marce già prima del voto politico. Via l'ex capogruppo e signore delle tessere Gianfranco Moretton , avanti l'ex sindaco di Pordenone Sergio Bolzonello (record storico assoluto di voti alle regionali nel Pd), che sarà vicepresidente, e Cristiano Shaurli , poco più che trentenne, che guiderà la maggioranza regionale. Per non far saltare il quadro, poi, c'è un patto di lealtà con gli ex bersaniani, a partire dal senatore Carlo Pegorer , terza legislatura, aplomb inglese, inventore della candidatura di Riccardo Illy nel 2003. Obiettivo: rompere l'asse Lega-Pdl nel Nord-est e tentare di far penetrare il Pd renziano nelle corde di un elettorato storicamente impermeabile alla sinistra.
Il processo è andato in scena la settimana scorsa nello storico circolo fiorentino Vie Nuove, affollatissimo. «Scusate il ritardo, aspettavamo i parlamentari che sono in giro per l'Italia...», ha provato a dire la segretaria cittadina Lorenza Giani, travolta dai fischi. Presenti solo quattro parlamentari, Rosa Maria Di Giorgi, David Ermini, Filippo Fossati, Elisa Simoni. Provano a spiegare le ultime mosse romane, il governo Letta con Berlusconi, la sala insorge: «Abbiamo votato Bersani alle primarie per dire di no a Berlusconi e ora siamo al governo con lui! Parlate di questo!».
«I nostri parlamentari sono inadeguati, ci hanno consegnato le peggiori pagine del centrosinistra italiano», attacca uno dei rivoltosi, il segretario del circolo del quartiere 4 Francesco Piccione . A Prato, epicentro dell'insurrezione, è partito il tour nazionale dell'ex ministro Barca, presenti in prima fila la segretaria Ilaria Bugetti e il deputato renziano Matteo Biffoni . Una rivolta spontanea, senza capi a soffiare sul fuoco. Anche perché già alle primarie di autunno i votanti dei gazebo rovesciarono l'antica nomencaltura rossa per promuovere i giovani legati al sindaco rottamatore.
Al punto che a Firenze si prepara per il 2014 un derby tutto renziano per la poltrona di sindaco, se Renzi dovesse passare a un incarico nazionale: il deputato Dario Nardella (in ascesa) contro il potente presidente del consiglio comunale Eugenio Giani. E le alleanze si stanno rapidamente rimescolando. Il segretario regionale Andrea Manciulli , ieri tendenza anti Renzi, oggi tesse la tela con Matteo. Resiste il governatore Enrico Rossi, che punta alla segreteria nazionale. Il primo test importante per la tenuta del partito saranno a fine mese le elezioni comunali di Siena.
Il Pd arriva all'appuntamento devastato dalla faide e dalle inchieste sul Monte dei Paschi. Dopo Mussari è saltato anche l'ex sindaco Franco Ceccuzzi, costretto a ritirarsi dopo aver vinto le primarie. Ora il candidato è Bruno Valentini , anche lui renziano. Anche se i veri trionfatori sono i fratelli Alfredo e Alberto Monaci , ex democristiani che a Siena hanno sbaragliato i puledri dell'ex partitone rosso.
Cambiano le correnti del Pd nel Golfo partenopeo. E basta ascoltare il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca . «Un partito di anime morte», diceva. Poi Letta l'ha piazzato sulla poltrona di viceministro alle Infrastrutture e il vento è girato. Bocciato così senza appello il Pd locale, un partito che a Napoli non è stato in grado di eleggere nemmeno il presidente del consiglio provinciale, si riparte dal congresso campano. Con un inedito gioco d'alleanze.
Il segretario uscente, Enzo Amendola, da sempre ombra di D'Alema, e il suo vice, puntano proprio su De Luca per tenersi il partito. Ma dovranno vedersela con il caos delle altre province. Avellino in testa. Con le comunali in arrivo e le primarie annullate con tanto di battaglia legale fra le correnti ed epilogo davanti al giudice, Letta ha preso il potere anche lì. I bersaniani si erano ritirati perché, nello scontro, gli altri avevano candidato per il Pd un esponente della lista di Renata Polverini.
E alla fine, secondo la regola Dc, è spuntato il costruttore Paolo Foti , che unisce i seguaci del premier ed ex bersaniani. Per non farsi mancare niente, però, l'ex sindaco Pd Giuseppe Galasso sosterrà il candidato del centrodestra. Il tutto all'ombra (lunga) del «semplice elettore», come si autodefinisce, Nicola Mancino. Chiude Caserta, dove siamo all'anno zero, secondo gli iscritti: «Qui il partito non è mai nato. Abbiamo un segretario abusivo».
Infatti da quando quello vero, Dario Abbate , s'è dimesso per il Parlamento, poi non eletto, s'è aperta l'era di Ludovico Feole , coinvolto pure nella storiaccia di assenteismo alla Provincia. Feole, candidato a sindaco in un comune della provincia, è vicino al consigliere regionale Nicola Caputo , un tempo bindiano ora vicino a Renzi. E così il partito è diviso in due blocchi: da una parte i lettiani, la fronda Graziano-Abbate-Stellato e dall'altra i renziani, che contano anche sulla deputata Pina Picierno, area Franceschini.
OccupyPd ha conquistato la sede di via Re David a Bari. Assemblea permanente dei giovani democratici guidati dal segretario regionale Pierpaolo Treglia e dalla neo-deputata Liliana Ventricelli . In Puglia, la ex roccaforte dalemiana, il Pd pencola a sinistra, la base spinge per un nuovo partito di sinistra con Nichi Vendola. Il sindaco Michele Emiliano capeggia nel backstage la rivolta.
C'è un lupo ferito nel Pd siciliano. È l'omonimo segretario regionale Giuseppe Lupo. La bocciatura del "suo" sottosegretario Sergio D'Antoni è il messaggio forte e chiaro che arriva da Letta. E non è un caso. C'è chi s'è schierato fra le armate di palazzo Chigi e combatte sull'altra sponda.
È Pino Apprendi , ex deputato regionale e ambasciatore del premier nell'isola. Punta alto e vuol mettere una croce pure su Crocetta: «Abbiamo assistito a un lento distacco del governatore dal Pd. Avrebbe potuto guidare il partito e invece lo ha spaccato», tuona.
E subito da Roma altro regalino: un bel rospo per Rosario digerire l'esclusione dal sottogoverno di Beppe Lumia, punta di diamante del Megafono, il suo movimento. E così, se da tempo tra Crocetta e i maggiorenti del Pd non corre buon sangue, per l'esclusione dei "politici" dalla giunta, la guerra di Sicilia diventa nazionale. E gli attriti sono finiti addirittura alla Procura di Agrigento, che indaga su presunte estorsioni per le candidature regionali.
Sullo sfondo denunce e lotte che lacerano il partito, alla vigilia delle elezioni che a giugno vedranno il rinnovo di 141 comuni. Fra cui Messina e Siracusa. E Catania, che schiera l'eterno Enzo Bianco, uno che in tempi di rottamazione non suona proprio come un salto nel futuro.
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