Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

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eugenio scalfari ha scritto:I partiti italiani finora non si sono fatti sentire; i giornali hanno riportato la notizia ma senza rilevarne la novità e la fondamentale importanza.
E la sinistra? La sinistra che dice?
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

«L’Europa federale? Ora o mai più» L’intervista Il ministro degli Esteri rilancia il progetto di integrazione «LEGGERA» «L’Europa federale? Ora o mai più» Bonino: «Berlino chiede un’unione politica. Prendiamola in parola. Come ha fatto Hollande in Francia]
Corriere della Sera >

«L'Europa federale? Ora o mai più»
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

mariok ha scritto:
eugenio scalfari ha scritto:I partiti italiani finora non si sono fatti sentire; i giornali hanno riportato la notizia ma senza rilevarne la novità e la fondamentale importanza.
E la sinistra? La sinistra che dice?


E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi



...................In hoc signo vinces

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E la nuova Dc di governo, invece, come si è espressa???
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Quello che dice la nuova DC di governo conta poco. Tanto non fa mai quello che dice. E rappresenta, inoltre, il passato, di cui facciamo fatica a liberarci. Forse soprattutto perché non abbiamo molti altri argomenti che non siano quelli di criticarla (cosa per la quale provo sinceramente sempre meno interesse).

Una questione molto più seria è quella della posizione della sinistra sull'Europa.

Se la scelta è quella per un'Europa federale (ma non mi pare), allora che ci fa con Grillo?

Penso che la questione Europa sia molto sottovalutata e che invece sia molto più dirimente per il futuro di tante bandierine del nostro cortile.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

mariok ha scritto:Quello che dice la nuova DC di governo conta poco. Tanto non fa mai quello che dice. E rappresenta, inoltre, il passato, di cui facciamo fatica a liberarci. Forse soprattutto perché non abbiamo molti altri argomenti che non siano quelli di criticarla (cosa per la quale provo sinceramente sempre meno interesse).

Una questione molto più seria è quella della posizione della sinistra sull'Europa.

Se la scelta è quella per un'Europa federale (ma non mi pare), allora che ci fa con Grillo?

Penso che la questione Europa sia molto sottovalutata e che invece sia molto più dirimente per il futuro di tante bandierine del nostro cortile.


In questa fase transitoria di estrema confusione in cui si sta chiudendo un lungo ciclo iniziato nel 1876 con la Sinistra storica di Agostino Depretis, parlare di sinistra, o meglio di sinistra rappresentativa è un po’ azzardato.

Per essersi alleato con la Dc targata Pd, il Sel di Vendola, ultimo rappresentante della sinistra in Italia si è ridotto al 2,5 %. Ci vuole un telescopio astrale per vedere la sinistra.

I rimasugli della sinistra radicale si sono estinti sotto la sigla di Rivoluzione civile.

In perfetto stile democristiano i manovratori della nuova Dc che congloba parte di destra e parte di sinistra, che intendono andare alla riunificazione con la destra moderata che impropriamente chiamano centro e con la destra berlusconiana se riesce a liberarsi dal giogo del capo, vogliono farlo da posizioni di forza.

E questo avviene con l’inganno di far credere agli elettori del Pd, che sono in maggioranza di sinistra, che la sinistra c’entri ancora qualcosa.

L’inganno però è in via di progressivo esaurimento, perché anche il fondatore dell’Ulivo ha detto basta con questo fallimento che nulla ha a che vedere con l’idea iniziale.

Significativo l’abbandono di Guccini che ha capito in ritardo cosa stava accadendo.

Oramai mi capita tutti i giorni di incontrare persone che hanno avuto da ridire sul perché non ho votato,mentre adesso stanno facendo la stessa scelta se si andrà a votare tra qualche mese.

I giovani del Pd sono in rivolta, ma non saranno di certo i dinosauri della casta a convincerli di ritornare sui loro passi.

Sono in molti ad avere le idee confuse, a partire da Rodotà e Barca che intendono muoversi nel Pd. Idee confuse anche per Boeri e Soru a cui bisognerebbe ricordare il vecchio detto italiano: “Quando sono scappati tutti i buoi, si chiude la stalla”.

Rimane comunque fermo un valore fondamentale che appartiene alla sinistra da sempre e non solo, come ad esempio alla Lega ma anche ai 5S, che se deve essere Europa deve essere Europa dei popoli e non dei banchieri.

Il conto è presto fatto, l’Europa dei banchieri è ben sostenuta da una fascia politica ben precisa, che tra l’altro in parte aderisce a Bildelberg, alla Trilaterale, all’Aspen istitute, come il precedente premier e l’attuale.

Con la questione europea ci hanno giocato in troppi. La crisi dei subprime, ha solo accelerato la presa d’atto di una crisi che era già in corso ma che nessuno ha mai voluto prendere in considerazione per paura che i benefici personali venissero meno.

I livelli di sviluppo e di produzione sono arrivati al top da tempo nell’Eurozona.

In più, l’Europa dei banchieri, cieca agli sviluppi dei Paesi emergenti come Cina ed India, non ha preso provvedimenti per contenere e contrastare l’invasione dei loro prodotti.

L’Europa dei banchieri è rimasta sorda, cieca e muta, al pericolo presentato a suo tempo da Romano Prodi, inteso a sollecitare provvedimenti adeguati per non portare il vecchio Continente all’interno della “Notte dell’Europa”.

Adesso dobbiamo pagare la cambiale mandata all’incasso. La disoccupazione in tutta Europa ha raggiunto livelli pericolosi. Per tenere ferme le masse, ogni tanto qualcuno si prende la briga di raccontare che la ripresa avverrà nei prossimi sei mesi.

Monti, nell’estate scorsa raccontava di vedere la luce in fondo al tunnel.

Essendo del giro raccontava le stesse palle.

Il problema urgentissimo è quello di risolvere il problema del lavoro all’interno del vecchio Continente. Altrimenti, ammesso che riescano a raggiungere un accordo per un Europa federale, ma non ci credo, conoscendo i loro egoismi di fondo, non ci riusciranno perché verranno travolti dal problema dell’occupazione e della mancanza di lavoro.
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Il problema urgentissimo è quello di risolvere il problema del lavoro all’interno del vecchio Continente. Altrimenti, ammesso che riescano a raggiungere un accordo per un Europa federale, ma non ci credo, conoscendo i loro egoismi di fondo, non ci riusciranno perché verranno travolti dal problema dell’occupazione e della mancanza di lavoro.

Eccolo, secondo me, il problema di fondo. E' questo euroscetticismo di fondo, che accomuna destra e sinistra, secondo il quale il problema politico europeo è un problema di altri, indipendente, anzi di ostacolo, a politiche nazionali con le quali si pensa di poter risolvere le questioni della disoccupazione e del declino sociale ed economico.

Senza l'Europa, a mio avviso, non c'è via di scampo. E' puramente illusorio pensare che si possano avviare politiche keynesiane all'interno dei singoli paesi, soprattutto in quelli come il nostro.

La lira nel 1992 perse in tre mesi il 40%, rispetto al marco, mentre il debito pubblico viaggiava intorno a 1.300 miliardi di euro.

Immaginiamoci come saremmo messi oggi senza l'euro, con un debito che ha sforato i 2.000 miliardi.

Mi sembra lapalissiano il fatto che da un lato abbiamo bisogno di denaro pubblico per i necessari investimenti senza i quali il solo mercato non riuscirà mai a produrre nuova ricchezza e nuova occupazione, ma dall'altro siamo ad un livello di debito pubblico insostenibile.

Le strade per uscirne sono due: la prima, accarezzata da parte della sinistra, è quella del default: uscire dall'euro, pagare il conto con una svalutazione del 50% e ripartire da capo, per poi ritrovarci probabilmente tra vent'anni nelle stesse condizioni di oggi.

L'altra è quella di uno stato federale europeo che è l'unico ad avere le spalle abbastanza forti da sostenere una politica espansiva.

Il problema quindi dell'Europa federale, dovrebbe essere fatto proprio da coloro che non credono in politiche liberiste e che puntano a politiche di intervento pubblico nell'economia che solo la dimensione europea può rendere possibile.

E' per questo che mi pare che la sinistra, comunque declinata, manchi della necessaria consapevolezza per essere credibile.

Il giorno in cui vedrò una manifestazione di piazza, che invece di rivendicare provvedimenti da parte di un governo nazionale totalmente impotente ed incapace di adottarli, si batterà per l'avvio di una fase costituente europea e per immediate misure di integrazione, allora saremo sulla strada giusta.

Il resto sono solo chiacchiere ed inutile propaganda.
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

Repubblica.it
Nel nostro paese sempre meno risorse destinate ai bambini. I dati nel dossier di Save the Children che sarà diffuso oggi insieme all'indagine "Le paure per il futuro dei ragazzi e genitori italiani". Una famiglia su 3 non può pagare università a figli

Minori fra povertà e futuro negato "I ragazzi in Italia tra gli ultimi in Europa " La locandina della campagna di Save the children (ansa)


ROMA - E' un vero e proprio 'furto di futuro' quello che si sta consumando ai danni dei bambini, adolescenti e giovani che vivono in Italia. La povertà, sociale, economica, d'istruzione, di lavoro, li sta colpendo come non mai derubandoli di prospettive e opportunità. E con il futuro di chi è giovane oggi, si sta disintegrando il futuro del nostro paese. A lanciare l'allarme è il nuovo dossier di Save the Children "L'isola che non sarà" diffuso oggi insieme all'indagine "Le paure per il futuro dei ragazzi e genitori italiani", in occasione del lancio della campagna Allarme infanzia.

Quattro le principali e più pesanti 'ruberie' commesse a spese del 'giovane capitale umano: il taglio dei fondi per minori e famiglia, con l'Italia al 18esimo posto nell'Europa dei 27 per spesa per l'infanzia e famiglia, pari all'1,1% del Pil; la mancanza di risorse indispensabili per una vita dignitosa: dunque 'furto' di cibo, vestiti, vacanze, sport, libri, mensa e rette scolastiche e universitarie (quasi il 29% dei bambini sotto i 6 anni, pari a 950.000 circa, vive ai limiti della povertà tanto che il nostro paese è al 21esimo posto in Europa per rischio povertà ed esclusione sociale fra i minori 0-6 anni, e il 23,7% vive in stato di deprivazione materiale). E ancora: il furto d'istruzione è la terza ruberia con l'Italia 22esima per giovani con basso livello d'istruzione (il 28,7% tra i 25 e i 34 anni per dispersione scolastica, pari al 18,2% di under 25 e l'Italia all'ultimo posto per tasso di laureati: il 20% dei giovani fra 30 e 34 anni, pari a 760.000; furto di lavoro: disoccupati sono il 38,4% degli under 25, il quarto peggior risultato a livello europeo mentre i Neet (giovani che non lavorano e non sono in formazione) sono 3 milioni e 200.000 e posizionano il nostro paese al 25esimo posto su 27.

Il 31% di madri e padri italiani infatti ammette di non poter pagare l'università dei figli, i quali dovranno trovarsi un lavoro per contribuire alle spese (secondo il 22% dei genitori intervistati), salvo chiedere un prestito (9%).

"Per quantificare il furto di futuro che si sta commettendo ai danni delle giovani generazioni, Save the Children ha utilizzato 12 indicatori Eurostat che permettono di comparare le chance dei bambini italiani con quelle dei loro coetanei europei", ha spiegato Valerio Neri, direttore generale Save the Children Italia, "il risultato, riassunto in 5 mappe e classifiche dei 27 paesi dell'Ue, compresa l'Italia, è deprimente. Considerando i diversi indicatori, il nostro paese si posiziona per 7 volte oltre il ventesimo posto in classifica. Un posizionamento molto negativo che Save the Children ha tradotto in una mappa sintetica in cui l'Italia appare di dimensioni molto ridotte rispetto alle attuali, a indicare la perdita di futuro per i bambini e adolescenti, rispetto ai quali stanno peggio solo i minori di Bulgaria e Grecia.

Il Problema del Lavoro è senza dubbio tra i più importanti, ma l'educazione e la spesa per i giovani non è di meno per il futuro di noi tutti
Se si pensa di far fronte all'attuale situazione raccogliendo le bricciole come sta facendo l'attuale governo non si va lontano.
Le riforme che possono dare una svolta al Paese sono la lotta contro l'economia sommersa (in Italia circa il doppio di quella della Francia e della Germania) l'evasione , il lavoro nero, la criminalità organizzata (parliamo di oltre 300miliardi di euro), gli stipendi e le pensioni esagerate e fuori controllo, i costi della politica.
La droga, la prostituzio, il gioco d'azzardo ( slot machine) sono il lievito della criminalità organizzata, quindi liberalizzare le droghe leggere, controllare la prostituzione (regolarmente da tassare e con controllo sanitario), limitare e tenere sotto controllo i casinò.
La lotta all'economia sommersa si fa anche con la moneta elettronica e i registri per i professionisti ( vedi governo Prodi), ripristinare il falso in bilancio, far funzionare il catasto ( 2 milioni di case abusive).
Mettere un tetto ai costi della politica adeguandoli a quelli europei e al PIL nazionale, eliminare
pensioni e stipendi stratosferici di menager, funzionari di Stato , dipendenti del parlamento,
sono cifre da capogiro assurde in un paese in cui c'è gente che si suicida o muore di fame.
Queste riforme il PDL, che è stato al governo per molti anni e con maggioranze bulgare, non le ha mai fatte nè proposte, anzi se c'erano le ha eliminate.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

mariok ha scritto:Il problema urgentissimo è quello di risolvere il problema del lavoro all’interno del vecchio Continente. Altrimenti, ammesso che riescano a raggiungere un accordo per un Europa federale, ma non ci credo, conoscendo i loro egoismi di fondo, non ci riusciranno perché verranno travolti dal problema dell’occupazione e della mancanza di lavoro.

Eccolo, secondo me, il problema di fondo. E' questo euroscetticismo di fondo, che accomuna destra e sinistra, secondo il quale il problema politico europeo è un problema di altri, indipendente, anzi di ostacolo, a politiche nazionali con le quali si pensa di poter risolvere le questioni della disoccupazione e del declino sociale ed economico.

Senza l'Europa, a mio avviso, non c'è via di scampo. E' puramente illusorio pensare che si possano avviare politiche keynesiane all'interno dei singoli paesi, soprattutto in quelli come il nostro.

La lira nel 1992 perse in tre mesi il 40%, rispetto al marco, mentre il debito pubblico viaggiava intorno a 1,3 miliardi di euro.

Immaginiamoci come saremmo messi oggi senza l'euro, con un debito che ha sforato i 2 miliardi.

Mi sembra lapalissiano il fatto che da un lato abbiamo bisogno di denaro pubblico per i necessari investimenti senza i quali il solo mercato non riuscirà mai a produrre nuova ricchezza e nuova occupazione, ma dall'altro siamo ad un livello di debito pubblico insostenibile.

Le strade per uscirne sono due: la prima, accarezzata da parte della sinistra, è quella del default: uscire dall'euro, pagare il conto con una svalutazione del 50% e ripartire da capo, per poi ritrovarci probabilmente tra vent'anni nelle stesse condizioni di oggi.

L'altra è quella di uno stato federale europeo che è l'unico ad avere le spalle abbastanza forti da sostenere una politica espansiva.

Il problema quindi dell'Europa federale, dovrebbe essere fatto proprio da coloro che non credono in politiche liberiste e che puntano a politiche di intervento pubblico nell'economia che solo la dimensione europea può rendere possibile.

E' per questo che mi pare che la sinistra, comunque declinata, manchi della necessaria consapevolezza per essere credibile.

Il giorno in cui vedrò una manifestazione di piazza, che invece di rivendicare provvedimenti da parte di un governo nazionale totalmente impotente ed incapace di adottarli, si batterà per l'avvio di una fase costituente europea e per immediate misure di integrazione, allora saremo sulla strada giusta.

Il resto sono solo chiacchiere ed inutile propaganda.

Cominciamo dal fondo


1) Il resto sono solo chiacchiere ed inutile propaganda.


Non è così.

E’ una formula già ripresa da Peppino

“Ho detto tutto”

http://www.youtube.com/watch?v=MLABdlCqE4U


*

2) Il giorno in cui vedrò una manifestazione di piazza, che invece di rivendicare provvedimenti da parte di un governo nazionale totalmente impotente ed incapace di adottarli, si batterà per l'avvio di una fase costituente europea e per immediate misure di integrazione, allora saremo sulla strada giusta.


In tutti i passaggi delle fasi storiche esiste sempre e comunque una priorità reale contingente del momento.

Mi tocca scomodare, per fare un esempio, un mondo piuttosto distante dalle mie convinzioni socio politiche, ma che, in quanto valore assoluto e patrimonio dell’umanità, non può non essere preso in considerazione per l’intero pianeta, nei secoli dei secoli (Ammen)

Battaglia di Stalingrado – estate 1942 – febbraio 1943

Krusciov era presente in qualità di commissario politico.

Ai suoi, a cui la fame non faceva certamente difetto disse:

“Compagni, prima pensiamo a riempire le pance,…poi parliamo di politica”


Quell’assunto vale in modo particolare anche per l’oggi.

Quando un poliziotto spara al figlio (deceduto) e poi si spara a sua volta.

Palermo, poliziotto spara al figlio Poi si uccide. Il bambino in fin di vita
www.corriere.it › Cronache‎

3 giorni fa – È stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico alla testa. ...gravissime. Tragedia a Misilmeri: spara al figlio, poi si uccide. Rcd ... Angosciato dai debiti, poliziotto si spara davanti alla caserma dei carabinieri (03/04/2013) ...

Quando :

Lancia la figlia giù dal balcone stato di fermo per la madre - Palermo ...
palermo.repubblica.it/.../lancia_la_figlia_gi_dal_balcone_stato_di_fermo...‎

6 giorni fa – La donna cingalese è piantonata dai carabinieri all'ospedale Civico. Madree figlia ieri erano state trovate in strada, in via Marinuzzi, da alcuni ...


Il ghanese Kabobo, una mattina della scorsa settimana prende a picconate cinque uomini che incontra per strada a Niguarda (Quartiere milanese). Tre muoiono. Kabobo ha raccontato di aver sentito “voci cattive”.

Vivere di elemosina e saltando i pasti prima o poi “si sentono voci cattive”, indipendentemente dall’essere ghanese.

In Lombardia un dipendente entra al bar e fa fuori padre e figlio, datori di lavoro.

Queste ed altre sono le notizie di cronaca di questi ultimi mesi.

Piccoli imprenditori e operai si danno fuoco o si suicidano perché non ce la fanno più.

Sarà ben difficile che la cronaca ci racconti che Ligresti, Bazoli, Caltariccone con il genero Pierazzurro, mister Tod’s, Zamparini o il nuovo produttore di vino Cabernet duca conte Max, si diano fuoco perché non ce la fanno più.

Al massimo abbiamo letto che Renato Brunetta non aveva i soldi per pagare l’Imu.

Ce lo ha spiegato con molta chiarezza e senza il minimo appello il filosofo novantenne Prof. Aldo Masullo la settimana scorsa a Ballarò quali sono le sue e le nostre priorità.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 5.html#p=0

Rientrato dagli obblighi di benedire anche le minchiate fasciste, ieri lo stesso concetto è stato ribadito con forza da Francesco.

Nei momenti peggiori, le menti migliori si fanno sentire. Sono luci di riferimento nel buio in cui siamo piombati.

Se non abbiamo messo la dignità umana sotto la suola delle scarpe, queste sono le priorità di queste ore.

Poi,…..possiamo anche parlare di politica

La manifestazione di sabato era la febbre della malattia che ci ha colpiti

Gino Strada, medico, cattolico sinistro, più di altri conosce la realtà che ci circonda e sabato scorso era là per questo motivo.
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

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La cruna dell’ago – 179
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La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 159
Cronaca di un affondamento annunciato - 159
In mezzo alla tempesta - 96



Disegno criminale - 2




DALLA PARTE DELLE FAMIGLIE POVERE

(Chiara Saraceno).
20/05/2013 di triskel182

Alimentazione, consumi energetici (acqua, luce, gas, benzina e gasolio), telefono e abitazione (affitto, mutuo), sono gli ambiti di spesa che incidono maggiormente sui bilanci delle famiglie a basso reddito. Sono anche i settori che – soprattutto gli alimentari e i beni energetici – hanno conosciuto il maggiore aumento dei prezzi in questi anni e che, quindi, hanno colpito in modo sproporzionato proprio le famiglie a più basso reddito. In altri termini, queste famiglie non solo sono state più vulnerabili delle altre alla perdita di reddito dovuta alla perdita o riduzione dell’occupazione. Hanno anche sperimentato in misura maggiore una diminuzione sensibile del potere d’acquisto del reddito su cui potevano contare e proprio rispetto ai beni più necessari: una alimentazione adeguata, potersi riscaldare, cucinare, illuminare l’abitazione, pagare l’affitto, mantenere quei rapporti minimi con l’esterno che non contribuiscono solo alla qualità della vita, ma sono indispensabili anche per mantenere o trovare un lavoro.

Se tra il 2005 e il 2012 l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è salito del 17,5%, se si considera il pacchetto di consumi specifici di famiglie con diversi livelli di reddito (controllando per ampiezza della famiglia), l’aumento risulta del 20,2% per le famiglie a più basso reddito, quattro punti percentuali in meno di quello (16.3) sperimentato dalle famiglie con i redditi più alti. L’aumento dei prezzi ha quindi ridotto in modo sensibile il potere d’acquisto di tutti, ma in misura molto maggiore quello dei più poveri, colpendo spese non voluttuarie, ma essenziali.
È quanto emerge da un’analisi dell’Istat, che non si limita a verificare il tasso complessivo di inflazione e neppure a disaggregarlo per settori merceologici e/o aree di consumo, ma stima la sua incidenza per bilanci e modelli di consumi familiari differenti.
Questi dati dovrebbero essere al centro delle decisioni di politica economica che il governo prenderà nei prossimi giorni e settimane, non solo per una ovvia questione di equità, ma anche per una banale questione di fattibilità. Le famiglie più povere non possono ridurre ulteriormente i consumi, dato che hanno già intaccato quelli necessari. Ed anche quelle che stanno un po’ meglio, ma sono lontane dall’agiatezza, sono già al limite. Di conseguenza, qualsiasi intervento sull’Iva dovrà essere calibrato per non aggravare bilanci già messi a dura prova nei consumi essenziali.

Analogamente, qualsiasi taglio alla spesa (ad esempio nella sanità, nella scuola, nei servizi di base) andrà calibrato per l’impatto che potrebbe avere sui bilanci famigliari più modesti. E qualsiasi decisione sull’Imu, uscendo dal facile populismo per cui la prima abitazione di proprietà è un bene da non tassare a prescindere dal suo valore e dal reddito di chi la possiede, dovrebbe concentrarsi principalmente sui proprietari a basso reddito ed eventualmente con una rata di mutuo pesante per il loro bilancio. Senza dimenticare che tra le famiglie a basso reddito sono concentrati gli affittuari. Questi non traggono nessun sollievo da politiche della casa rivolte solo ai proprietari. Hanno invece visto in questi anni assottigliarsi, e poi sparire, il Fondo nazionale per il sostegno all’affitto. La responsabilità delle politiche in questo settore è rimasta solo ai Comuni che, tuttavia, hanno visto diminuire i trasferimenti loro destinati e la stessa autonomia impositiva, come testimoniato dalle vicende dell’Ici prima, dell’Imu oggi.
Le conseguenze della riduzione di consumi importanti da parte delle famiglie in condizioni economiche più modeste possono avere effetti anche di lungo periodo, in particolare sulla salute e istruzione dei figli. È di questi giorni la notizia che in città come Torino sono diminuite le domande di iscrizione al nido. Perdita del lavoro di un genitore e importo della retta, per quanto modesta, scoraggiano le famiglie dall’offrire ai figli questa esperienza. Si tratta, di nuovo, delle famiglie economicamente più modeste. Ci si potrebbe rallegrare per questo risparmio per i bilanci pubblici.

Ma che conseguenze avrà questo mancato investimento sui bambini, dato che sappiamo che un buon nido ha un impatto positivo importante sullo sviluppo cognitivo, soprattutto tra i bambini che appartengono ai ceti sociali più svantaggiati?

Da La Repubblica del 20/05/2013.
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

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IL LAVORO, UNICA EMERGENZA

(Nadia Urbinati).
20/05/2013 di triskel182



Di emergenza il paese ne ha solo una, quella della mancanza del lavoro.

Eppure si cerca di far sì che le condanne penali di Silvio Berlusconi siano il solo grave problema per il quale la politica debba mobilitarsi, come è stato per anni.

Conclusa la sentenza in appello con la condanna per frode fiscale e conclusa l’arringa del pubblico ministero Boccassini nel processo per il reato di prostituzione minorile, il Pdl torna a proporre la politica di sempre, con leggi ad personam e interventi sulle intercettazioni.


Sembra che lo scopo di questa strana maggioranza sia quello di portare in salvo il tycoon.

E, ironicamente, dovrebbe essere proprio il Pd a favorire questa soluzione in cambio della prosecuzione dell’alleanza di governo.

È come se la storia del nostro paese si sia fermata nell’anno in cui Berlusconi è entrato in politica, inchiodata al problema di sempre: quello della sua uscita indenne dalle pendenze con la giustizia, cambiando le regole se necessario.

La sua emergenza si impone su quella di milioni di italiani. Vuol fare dimenticare che il destino di disoccupazione che toglie il futuro a una intera generazione e immiserisce le condizioni di larghe fasce di popolazione è il vero problema politico, quello solo per il quale questa anormale alleanza ha una giustificazione.

Se il governo si dimostra impotente a iniziare se non altro a risolvere questo problema, viene a cadere la sua ragione d’essere.

Ha fatto dunque bene il presidente del Consiglio Enrico Letta a ricordare questa priorità ai ministri del Pdl che si sono distratti con le questioni giudiziarie del loro leader.

La mancanza cronica di lavoro è diventata un peso insostenibile, che per i giovani tocca punte da capogiro (il 38% e perfino il 50% in alcune aree
del Mezzogiorno).

La disoccupazione quando raggiunge queste cifre rischia di mettere in crisi l’ordine democratico stesso, quel patto tra lavoro e cittadinanza che è alla base della legittimità politica degli stati moderni.

Una democrazia non può sopportare l’impoverimento dei suoi cittadini senza rischiare di veder minata la sua legittimità.


Molta responsabilità per questa emergenza è da imputarsi all’assenza di un’Europa politica, alla rinuncia dell’Unione a perseguire il progetto di unificazione politica.

Quando l’Europa dei popoli è nata dalle ceneri del totalitalitarismo e della guerra, lo ha fatto promettendo di creare le condizioni della pace e del lavoro insieme, per irrobustire la libertà con la giustizia sociale.

La cooperazione tra i paesi europei è stata voluta per scongiurare fascismi e guerre.


Qui sono le radici dell’Unione europea. Ma le politiche di austerità che deprimono i consumi e la produzione, che generano disoccupazione e depressione vanno nella direzione contraria.


Non tutte le componenti e le forze europee condividono la politica dell’austerità. In una comunicazione inviata tre anni fa dalla Commissione al Parlamento Europeo si legge esplicitamente che l’Unione deve dotarsi di nuove competenze per favorire politiche di occupazione, migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro con politiche non solo di flessibilità ma anche di sicurezza (“flessicurezza”), sostenere politiche di pari opportunità e riqualificare la forza lavoro con progetti di formazione indirizzati a chi cerca di lavoro e a chi il lavoro ce l’ha e vuole conservarlo.

È importante che la questione sociale e le politiche che stimolano la crescita e l’occupazione riacquistino voce e autorevolezza nei luoghi decisionali dell’Unione.


Gli stati membri, sospinti dai problemi di impoverimento delle loro società, hanno ora l’opportunità di indurre l’Unione a riprendere in mano il tema della crescita e dell’occupazione.

È di queste ore la notizia che la Francia di Hollande ha denunciato l’assenza di un “contenuto” politico della Ue che riveda le scelte di austerità imposte dalla Germania di Angela Merkel.

Bisogna, dice il Presidente francese, «instaurare con i Paesi della zona euro un governo economico che si riunisce tutti i mesi intorno a un unico presidente» insistendo su alcuni punti con cui rilanciare l’Europa: occupazione giovanile, investimenti nell’industria e nelle ricerca; processo di integrazione con una capacità di bilancio.

“Se l’Europa non avanza, cade – ha dichiarato Hollande –, anzi, verrà cancella dalla carta del mondo e dall’immaginario dei popoli».

Come nel caso della sua fondazione, anche ora il perno dell’Europa è nella società, nella capacità progettuale che esalta la crescita e l’innovazione, condizioni per politiche redistributive e di giustizia sociale.

Ma è la politica che può fare questo non gli automatismi dei mercati.

Sono gli Stati che devono comprendere l’urgenza di rilanciare la vocazione politica dell’Europa.

Come Hollande, il presidente Letta lo ha ribadito ancora nel corso del suo viaggio a Varsavia.

E alla domanda se le vicende giudiziarie di Berlusconi condizioneranno il suo governo, ha ribadito che non sono queste le emergenze per le quali ha accettato la leadership di Palazzo Chigi.

Risposta opportuna.

E il suo partito dovrebbe vigilare sulla strana maggioranza di cui è parte perché quella del lavoro che non c’è sia la sola emergenza, non barattabile, del governo.

Da La Repubblica del 20/05/2013.
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