E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
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IL LAVORO, UNICA EMERGENZA
(Nadia Urbinati).
20/05/2013 di triskel182
Di emergenza il paese ne ha solo una, quella della mancanza del lavoro.
Eppure si cerca di far sì che le condanne penali di Silvio Berlusconi siano il solo grave problema per il quale la politica debba mobilitarsi, come è stato per anni.
Conclusa la sentenza in appello con la condanna per frode fiscale e conclusa l’arringa del pubblico ministero Boccassini nel processo per il reato di prostituzione minorile, il Pdl torna a proporre la politica di sempre, con leggi ad personam e interventi sulle intercettazioni.
Sembra che lo scopo di questa strana maggioranza sia quello di portare in salvo il tycoon.
E, ironicamente, dovrebbe essere proprio il Pd a favorire questa soluzione in cambio della prosecuzione dell’alleanza di governo.
È come se la storia del nostro paese si sia fermata nell’anno in cui Berlusconi è entrato in politica, inchiodata al problema di sempre: quello della sua uscita indenne dalle pendenze con la giustizia, cambiando le regole se necessario.
La sua emergenza si impone su quella di milioni di italiani. Vuol fare dimenticare che il destino di disoccupazione che toglie il futuro a una intera generazione e immiserisce le condizioni di larghe fasce di popolazione è il vero problema politico, quello solo per il quale questa anormale alleanza ha una giustificazione.
Se il governo si dimostra impotente a iniziare se non altro a risolvere questo problema, viene a cadere la sua ragione d’essere.
Ha fatto dunque bene il presidente del Consiglio Enrico Letta a ricordare questa priorità ai ministri del Pdl che si sono distratti con le questioni giudiziarie del loro leader.
La mancanza cronica di lavoro è diventata un peso insostenibile, che per i giovani tocca punte da capogiro (il 38% e perfino il 50% in alcune aree
del Mezzogiorno).
La disoccupazione quando raggiunge queste cifre rischia di mettere in crisi l’ordine democratico stesso, quel patto tra lavoro e cittadinanza che è alla base della legittimità politica degli stati moderni.
Una democrazia non può sopportare l’impoverimento dei suoi cittadini senza rischiare di veder minata la sua legittimità.
Molta responsabilità per questa emergenza è da imputarsi all’assenza di un’Europa politica, alla rinuncia dell’Unione a perseguire il progetto di unificazione politica.
Quando l’Europa dei popoli è nata dalle ceneri del totalitalitarismo e della guerra, lo ha fatto promettendo di creare le condizioni della pace e del lavoro insieme, per irrobustire la libertà con la giustizia sociale.
La cooperazione tra i paesi europei è stata voluta per scongiurare fascismi e guerre.
Qui sono le radici dell’Unione europea. Ma le politiche di austerità che deprimono i consumi e la produzione, che generano disoccupazione e depressione vanno nella direzione contraria.
Non tutte le componenti e le forze europee condividono la politica dell’austerità. In una comunicazione inviata tre anni fa dalla Commissione al Parlamento Europeo si legge esplicitamente che l’Unione deve dotarsi di nuove competenze per favorire politiche di occupazione, migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro con politiche non solo di flessibilità ma anche di sicurezza (“flessicurezza”), sostenere politiche di pari opportunità e riqualificare la forza lavoro con progetti di formazione indirizzati a chi cerca di lavoro e a chi il lavoro ce l’ha e vuole conservarlo.
È importante che la questione sociale e le politiche che stimolano la crescita e l’occupazione riacquistino voce e autorevolezza nei luoghi decisionali dell’Unione.
Gli stati membri, sospinti dai problemi di impoverimento delle loro società, hanno ora l’opportunità di indurre l’Unione a riprendere in mano il tema della crescita e dell’occupazione.
È di queste ore la notizia che la Francia di Hollande ha denunciato l’assenza di un “contenuto” politico della Ue che riveda le scelte di austerità imposte dalla Germania di Angela Merkel.
Bisogna, dice il Presidente francese, «instaurare con i Paesi della zona euro un governo economico che si riunisce tutti i mesi intorno a un unico presidente» insistendo su alcuni punti con cui rilanciare l’Europa: occupazione giovanile, investimenti nell’industria e nelle ricerca; processo di integrazione con una capacità di bilancio.
“Se l’Europa non avanza, cade – ha dichiarato Hollande –, anzi, verrà cancella dalla carta del mondo e dall’immaginario dei popoli».
Come nel caso della sua fondazione, anche ora il perno dell’Europa è nella società, nella capacità progettuale che esalta la crescita e l’innovazione, condizioni per politiche redistributive e di giustizia sociale.
Ma è la politica che può fare questo non gli automatismi dei mercati.
Sono gli Stati che devono comprendere l’urgenza di rilanciare la vocazione politica dell’Europa.
Come Hollande, il presidente Letta lo ha ribadito ancora nel corso del suo viaggio a Varsavia.
E alla domanda se le vicende giudiziarie di Berlusconi condizioneranno il suo governo, ha ribadito che non sono queste le emergenze per le quali ha accettato la leadership di Palazzo Chigi.
Risposta opportuna.
E il suo partito dovrebbe vigilare sulla strana maggioranza di cui è parte perché quella del lavoro che non c’è sia la sola emergenza, non barattabile, del governo.
Da La Repubblica del 20/05/2013.