Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

[img][img]E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi [/img][/img]




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Disegno criminale - 7

Titolo del cartaceo:
"Se ne sono fregati degli elettori
e i politici si lamentano pure"

Titolo IFQ.it
Astensione, il sociologo: “Colpa dell’indecente connubio di governo”
Per Marco Revelli gli italiani che disertano le urne sono il sintomo del distacco tra Paese e politica: "Il crollo della partecipazione significa che i poteri dello Stato perdono anche legittimazione"

di Davide Vecchi
| 27 maggio 2013Commenti


“Sono riusciti a fare una cosa che non riesco a definire governo, direi piuttosto un indecente connubio, fregandosene del voto degli elettori e poi si lamentano del drammatico calo dell’affluenza? Chi può ancora credere in questi personaggi?”. Marco Revelli non ha molti dubbi sui motivi che hanno svuotato le piazze e le urne.

Inizia col governo Letta?
Da prima. Dal modo in cui è stato messo in freezer alla velocità della luce il successo dei Cinque Stelle. Poi il modo devastante con cui il parlamento non è riuscito a trovare il presidente della Repubblica e ha scelto una soluzione monarchica . La nascita di questo indecente connubio. A cui ora seguirà questa accettazione da parte del Pd dell’eleggibilità di Berlusconi.
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Ho sentito Epifani , mi son cadute le braccia.
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Ha detto “bisogna batterlo politicamente”…
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Assurdo. La politica non c’entra niente: la questione è far rispettare la legge. Va ripristinato lo stato di diritto.
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Urne e piazze politiche vuote. Mentre ieri 80 mila persone hanno invaso Palermo per la beatificazione di don Puglisi e nei giorni precedenti un fiume ha attraversato Genova per salutare don Gallo.
Vitalità democratica, il Paese è sano. La politica è ormai un ectoplasma, tenuto vita solo dalla spartizione di poltrone.
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Questo sistema trascinerà la nostra democrazia al disastro.
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Soluzioni?
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Siamo nella stessa situazione che si è registrata alla caduta del fascismo. ==============================================
Servirebbe una legge elettorale in grado di far emergere tutte le realtà del Paese, un proporzionale puro. Tanto i partiti attuali, a partire da Pd e Pdl, sono ormai morti e sepolti. Aspetto i risultati definitivi di queste amministrative per vedere quanti pochi italiani ancora li hanno votati.

Sta dicendo che andare alle urne è un esercizio inutile.
Lo hanno dimostrato questi politici. Credo non sia mai esistita nella storia una forma così radicale di disconoscimento del messaggio elettorale. Non si è mai visto che a un mese di distanze dal voto si è fatto in una forma scandalosa l’esatto opposto di quanto detto dagli elettori.
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Per me è stupefacente che ci sia ancora qualcuno che vada a votare, non mi stupisce l’astensione ma chi conferma il voto a questa gente. La democrazia si esaurirà.
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In politica però vale la legge idraulica.
Sì, ogni vuoto viene riempito con qualcosa. Se si esaurisce la protesta dei Cinque Stelle le prossime forme di democrazia saranno più dure, più disgustose. Anche se nulla si ripete mai uguale, per fortuna non ci sono le camice brune ma possono sempre nascere.
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Vede una flessione anche dei Cinque Stelle?
Si vedrà, ma credo che loro debbano avere tempo prima di essere giudicati. Hanno preso il 25% e non sono stati ascoltati. Questo è il dramma. Da noi la legittimazione è misurata dalla partecipazione: il crollo della partecipazione significa crollo della legittimità di questi poteri. Pd, Pdl sono responsabili di un terribile fallimento che purtroppo non riesce a trovare esecutori fallimentari. Chi semina vento raccoglie tempesta.

da Il Fatto Quotidiano del Lunedì del 27 maggio 2013
camillobenso
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E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
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Pagine di storia patria a futura memoria - 1



Repubblica 27.5.13
La paura cresce con le ore
A Palazzo Chigi cresce la preoccupazione “Daranno comunque la colpa al governo”
di Francesco Bei

ROMA LA PAURA cresce con le ore.
Nessuno sa cosa possa risalire da quel pozzo nero in cui è precipitata l’affluenza, soprattutto a Roma. Un crollo inimmaginabile, capace di ribaltare pronostici troppo ottimistici, una caduta verticale della partecipazione.
CHE ha gettato nello sconforto i responsabili dei partiti di maggioranza e suscitato apprensione anche al Quirinale. «E di questi tempi tutto viene scaricato sul governo», sospira preoccupato un ministro di peso. A temere più di tutti le conseguenze della disaffezione dei romani è proprio Enrico Letta, nonostante l’intesa stretta con Alfano per tenere palazzo Chigi al riparo dagli effetti del dopo voto. «Se dovessimo perdere la sfida delle città — è il ragionamento che il premier ha fatto in questi giorni — si aprirebbe un periodo di turbolenza pericolosa. E proprio nel momento più delicato». Alle prese con una difficilissima trattativa a Bruxelles, con i fondi da trovare per l’Iva e l’Imu, con il gigantesco dramma dell’Ilva, per Letta lo sfarinamento del pilastro su cui si regge il governo sarebbe esiziale. Sarebbe una guerra di tutti contro tutti, una caccia al colpevole, con il Congresso che a quel punto non potrebbe più essere rinviato. Perché stavolta è il Pd a essere nell’occhio del ciclone. Sia perché una sconfitta di Alemanno ormai è già stata metabolizzata e non produrrebbe effetti sul centrodestra, sia perché a Roma il candidato di centrosinistra è stretto tra due fuochi — Alfio Marchini e M5S — e il Pd sembra come evaporato. Lo stesso Ignazio Marino non sembra avere il polso della città. Tanto che ieri a mezzogiorno, poco prima che il Viminale diffondesse il primo dato raggelante sulla disaffezione delle urne, al seggio si è detto convinto «che le romane e i romani risponderanno con la solita grande affluenza».
Chi invece dorme sonni tranquilli è Silvio Berlusconi, che ieri veniva ancora dato in Sardegna. Sempre poco convinto della scelta di Alemanno, il Cavaliere si consola con i sondaggi sul Pdl. È vero che il governo di larghe intese, secondo le ultime rilevazioni, non scalda i cuori della gente e questo potrebbe riflettersi nella scarsa affluenza alle urne. Ma per Berlusconi il problema riguarda solo il Pd: «I nostri elettori hanno capito e apprezzano. Tanto che nei sondaggi restiamo vicini al 35%». Certo, se inizia a prevalere il disincanto, è facile che la scarsa partecipazione penalizzi alla fine un po’ tutti. «Quando non c’è un traino politico, una scelta politica chiara — riflette Sandro Bondi — la stanchezza si fa sentire di più. E basta parlare con la gente per capire quanta disillusione ci sia in giro». Per Bondi questa malattia colpisce comunque il Pd
più di ogni altro, un partito «in grande crisi, con i militanti che si sentono sbandati. In questa situazione un Marchini può trovare terreno fertile».
È proprio l’effetto “Arfio” quello che potrebbe farsi sentire nella Capitale e produrre un cataclisma. Gli ultimi sondaggi pubblici davano l’imprenditore lontano dalla possibilità di arrivare al ballottaggio, inchiodato tra l’8 e il 10 per cento, ma con questo livello di astensione ogni previsione diventa più effimera. Dal comitato di Alemanno riconoscono che «l’affluenza così bassa può essere un vantaggio per gli outsider, Marchini e il grillino De Vito». Anche dal quartier generale dell’ex “costruttore rosso” iniziano a sperare in un clamoroso errore dei sondaggi: «Per noi questo crollo dell’affluenza è un’opportunità
— ammette uno degli spin doctor di “Arfio” —, dopo quelle che è successo alle elezioni nazionali, tutti gli schemi sono saltati. Il 78% dei romani non risponde ai sondaggi. E il caso Bersani dimostra che il candidato che vince le primarie spesso è anche quello che perde le secondarie, cioè le elezioni vere». Illusioni? Probabile. Fatto sta che anche una vecchia volpe come Luciano Ciocchetti, uscito dall’Udc per sostenere Alemanno, sente tirare una brutta aria: «Se l’affluenza cala verso il 15 per cento è evidente che si apre una partita diversa.
È il segno di una disillusione totale tra gli elettori, ne vedremo delle belle».
Nel Pd, quando alle dieci e mezza il Viminale diffonde l’ultimo dato sull’affluenza, un drammatico «-19,5%», molti iniziano a temere il peggio. Goffredo Bettini, il regista della candidatura di Marino, invita i dirigenti che lo chiamano a mantenere la testa fredda, visto che i sondaggi non possono aver incorporato un margine d’errore così largo da far intravedere a Marchini il ballottaggio. Eppure nessuno se la sente di commentare. E il silenzio tombale intorno al crollo della partecipazione, al di là delle battute sull’effetto «derby», fa capire quanto sarà lunga la notte del Pd. In attesa di vedere se da quel pozzo nero è risalito un mostro.

Corriere 27.5.13
Maurizio Gasparri
«Se il Pd va male non affonderemo il coltello»
di Paola Di Caro

ROMA — Al governo «ci siamo tutti», impossibile che qualcuno non resti deluso. Ma l'esecutivo, secondo Maurizio Gasparri, non rischia contraccolpi dal voto di Roma. Almeno non dal Pdl, che si aspetta risposte «sui fatti, sull'economia», sui temi per i quali il governo è nato. E che non ha alcuna intenzione di creare problemi: «Abbiamo anche messo da parte la giustizia in questa fase, come ha detto Berlusconi. Di più non ci si può chiedere».
Eppure questo non può non essere un test per i partiti che hanno scelto le larghe intese in un clima difficilissimo.
«Lo è, e infatti anche noi guardiamo con fiducia al risultato di Roma, ci aspettiamo che fotografi la ripresa di consenso del Pdl, di Berlusconi, anche di Alemanno che ha contrastato bene i suoi avversari».
Potrebbero arrivare dal Pd, in caso di sconfitta, i maggiori problemi?
«Sono state elezioni strane, il Pd sconta un disagio pesante dei suoi elettori verso le vicende che hanno portato al governo e un candidato come Marino estraneo alla città. Capiamo tutto, rispettiamo il loro travaglio, non affondiamo il coltello, tutt'altro, e speriamo che non ci siano contraccolpi. Però non è che in nome del fair play ci si può chiedere di tifare per loro...».
Forse il problema è più vasto: piazze vuote, altissima astensione, disinteresse. Questo non vi preoccupa come classe politica?
«Chiaro che è un dato preoccupante, ma le ragioni sono molte. A partire da un effetto saturazione che la politica ha creato nell'opinione pubblica: da quando è caduto il governo Berlusconi abbiamo vissuto in una sorta di campagna elettorale perenne, con mille accadimenti, con trasmissioni tivù dalle 7 del mattino alle due di notte, con competizioni ravvicinate e continue. C'è un'overdose che crea stanchezza, e non c'è dubbio che in vista del secondo turno la preoccupazione esiste».
Il governo sta dando le risposte che servono? C'è chi pensa che occuparsi di finanziamento ai partiti, di riforme, serva a poco.
«Quelli sono temi sacrosanti, ed è giusto occuparsene. Ma non è vero che il governo è impegnato solo su questi temi. Il primo dell'esecutivo è stato concreto, la sospensione dell'Imu. E ci aspettiamo che si affronti allo stesso modo l'Iva, che non deve essere aumentata».
Berlusconi ha annunciato un decreto choc sullo sviluppo: non si rischia di creare aspettative impossibili che poi lasciano ancora più deluso l'elettorato?
«Capisco il punto, ma è anche vero che le risposte choc non possono dipendere solo dal governo: Letta, che pure è prudente, ha scritto una lettera molto dura all'Ue per chiedere una politica più incisiva sulla disoccupazione giovanile. Se non cambia politica l'Europa, noi possiamo studiare coperture per l'Iva, l'Imu, qualche sgravio, come infatti stiamo facendo, ma il salto radicale non potremo farlo. È ora che la Germania capisca che se finisce come in Champions League, con un derby tra tedeschi, per un po' ci si diverte ma poi le vittorie diventano effimere...».

Corriere 27.5.13
«Un trend destinato a crescere»
di Valentina Santarpia

ROMA — Anche se domani si andasse a votare per le elezioni politiche nazionali, l'astensione crescerebbe di 7 punti: lo rivela il Barometro politico dell'istituto Demopolis. «E il dato delle Amministrative ce lo aspettavamo — sottolinea il direttore Pietro Vento — Secondo i nostri sondaggi oltre il 60% degli italiani considera come problemi prioritari il costo della vita, la disoccupazione, la pressione fiscale. Ragion per cui la percezione del peso delle amministrazioni locali è crollata: dal 47% del 2001 al 24% di oggi. I cittadini non vanno a votare persone non considerate utili a migliorare la qualità della vita». Secondo Roberto Weber (Swg), il quadro è anche più fosco: «C'è una parte del Paese che si è staccata dalla politica, come un pezzo di iceberg: sono quelli anche ben informati, politicamente attivi, ma che non votano per mancanza di riferimenti. L'unico politico che al momento è in crescita di fiducia, secondo i nostri sondaggi, è Matteo Renzi: non importa cosa faccia o dica, esprime quell'istanza di cambiamento di cui il Paese ha bisogno». «Attenzione a dare giudizi frettolosi — avverte Alessandra Ghisleri di Euromedia — Solo se il dato sull'astensionismo fosse confermato, si potrebbe dire che c'è un clima di attesa: gli elettori stanno aspettando delle azioni e delle soluzioni». E quindi non si esprimono? «Sì, perché sono depressi — spiega Nicola Piepoli — La gente è disperata, non vede futuro: se il governo vuol dare una risposta, deve tenere presente che ormai la barca ce l'ha, i marinai pure, ma deve far sentire ai cittadini il rumore del mare, cioè deve farli sognare». «Era inevitabile che il governo di larghe intese lasciasse gli elettori tradizionali confusi — conclude Paolo Natale di Ipsos — E i grillini, che hanno attirato alle Politiche tanti potenziali non votanti, nei Comuni hanno candidati deboli che non spingono quegli elettori a votare».

l’Unità 27.5.13
Elezioni, allarme astensione
Astensione boom. Roma tocca il fondo
Crolla l’affluenza. Alle 22 ha votato circa il 44,65 per cento con un calo dell’15% Meno 20 nella Capitale Tracollo al centro-nord
di Marcella Ciarnelli

Il calo dell’affluenza alle urne è andato oltre le pessimistiche previsioni che pure erano state avanzate nei giorni scorsi. Anche un po’ per scaramanzia. E invece alle 22, secondo le rilevazioni pervenute al Viminale, è stata registrata un’affluenza pari al 44,64 per cento, in evidente flessione rispetto al 60 per cento della votazione precedente. A Roma c’è stato un vero e proprio crollo. Quasi il 20 per cento in meno rispetto alle amministrative del 2008. La larga offerta di candidati e liste non è bastata per far crescere nei romani il desiderio di manifestare la propria scelta. La lettura di questa forte astensione, che appare difficile possa essere recuperata se non in parte nella giornata di oggi, riporta alle difficoltà con cui la politica ha dovuto fare i conti in questi mesi e che si erano già evidenziate nei risultati delle elezioni per il Parlamento nazionale.
IL VOTO DEL PRESIDENTE
Nella rilevazione conclusiva della giornata i romani che si sono recati alle urne sono stati il 37,69 per cento contro il 57,20 della scorsa tornata elettorale. Il presidente della Repubblica, come di consueto, aveva votato nella tarda mattinata nel seggio di via Panisperna. Nelle rispettive zone di residenza avevano votato i candidati a sindaco che più possono aspirare al ballottaggio: Marino, l’aspirante sindaco del Pd che al seggio ci è arrivato in bicicletta, e, nonostante i primi dati si è detto fiducioso sull’affluenza. Alemanno, il primo cittadino uscente che si è detto «più preoccupato per la partita tra Roma e Lazio», l’appuntamento sportivo che si è andato a incrociare con quello elettorale, Alfio Marchini, l’imprenditore che è sceso in politica per fare «un’esperienza bellissima. Rifarei in assoluto tutto quello che ho fatto» e ha stretto la mano agli scrutatori riservando il baciamano alle signore impegnate nel seggio. E poi Marcello De Vito, il candidato 5 Stelle ancora ieri «sicuro di andare al ballottaggio». Il candidato di sinistra Sandro Medici ha scelto, a differenza degli altri competitori, di votare nel pomeriggio.
La lunga giornata di voto non ha consentito il recupero sul numero dei votanti che si era manifestato in calo fin dall’inizio della giornata. E così è stato in tutto il Lazio che è la regione dove si concentrano il maggior numero di cittadini, quasi due milioni e mezzo rispetto ai sette milioni complessivi in tutto il Paese, chiamati a rinnovare le giunte di 42 comuni. A Frosinone affluenza ferma al 41,86 rispetto al 47,44 delle ultime elezioni. A Latina 37,88 di votanti contro il 42,8. A Rieti quasi 10 punti percentuali in meno: 39,52 per cento contro il 49,3. Infine Viterbo dove ha votato soltanto il 36,8 rispetto al 52,01 dell’altra volta.
Il calo di votanti è generalizzato in tutta Italia. Ma al Nord il dato è alto, attorno al 17 di media con il picco della Regione Toscana oltre i ventuno punti di distacco. Se più volte si è data la colpa al bel tempo per il mancato appuntamento al seggio questa volta il freddo inusuale sembra aver pesato ancora di più. Ma è ovvio che non si può ricondurre tutto alle questioni atmosferiche. E, a urne chiuse e a risultati acquisiti, bisognerà riflettere bene sul numero di italiani che hanno scelto di restarsene a casa. Almeno fino a ieri sera.
TREND COSTANTE
In Lombardia ha votato alle 22 il 44,91 contro il 67,45 per cento degli aventi diritto delle precedenti elezioni. Tra i 95 Comuni coinvolti ci sono tre capoluoghi: Brescia, Sondrio e Lodi. Quarantasette i Comuni al voto in Veneto dove l’affluenza è stata di oltre il 18 per cento in meno rispetto alle precedenti amministrative. A Treviso e Vicenza le sfide più attese, con una forte probabilità di ballottaggio. Il Piemonte è la regione in cui si è votato di più pur dovendo registrare anche qui il calo ma in termini minori che in altre parti d’Italia. Nessun capoluogo, sedici sui 564 Comuni chiamati al voto, ha mostrato maggiore affezione. Al Nord come al Sud, da Sondrio a Vicenza da Barletta ad Avellino, da Iglesias a Isernia. Il trend è costante.
Il caso più curioso della giornata è stato registrato nella Capitale. Da un seggio elettorale del quartiere Parati è scomparsa una matita ed è stata avviata un’indagine per recuperarla. Il Codacons ha denunciato che un gruppo di responsabili del seggio si sono recati a casa di alcuni elettori per verificare se qualcuno si fosse portato a casa il souvenir. «Una vera e propria follia» per Carlo Rienzi, presidente dell’associazione. «In periodi di spending review ci si attacca anche a una matita ma riteniamo assolutamente ridicolo recarsi a casa degli elettori alla ricerca di un ladro che mai ammetterebbe le sue colpe beccandosi per giunta una denuncia».

l’Unità 27.5.13
Crollo della partecipazione, la democrazia diventa fredda
di Michele Prospero

C’È UN GENERALE CALO DEI VOTANTI NELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE, MALGRADO il presidenzialismo comunale, che chiama all’elezione diretta del sindaco. Cresce (con schede lunghe un metro e mezzo) l’attenzione alla politi- ca come arena in cui trovare accesso e visibilità. Ma precipita la credibilità del- la politica e si appanna il senso della sua stessa funzione storica. Solo a Ro- ma si sono presentate 40 liste e circa duemila sono i candidati in lizza.
Si tratta di una mini città, conteggiando anche le scalate ai posti di consiglieri nei municipi. In fondo, la politica è vissuta come la residuale arena in cui è possibile sperimentare una qualche forma di mobilità in un mondo altrimenti bloccato negli ascensori sociali.
Aumentano perciò i soggetti della competizione in un quadro però di eclisse della fiducia accordata dal pubblico alla politica. Le metafore crepuscolari (de-democratizzazione, deconsolidamento, post-democrazia) sono molto realistiche nel cogliere l’odierna alienazione politica. Le immagini aurorali che annunciano il bel trionfo di una agorà elettronica, di una società ormai trasparente e di una sfera pubblica dialogica sono invece edificanti e illusorie. L’iper-democrazia per i ceti riflessivi capaci di discorso e argomentazione informata (rete, democrazia deliberativa, primarie) e l’apatia per i ceti produttivi e per i condannati ai ruoli periferici: questa sembra la radiografia dell’esistente divisione dei compiti tra due società polarizzate. Una ipertrofia della partecipazione convenzionale e non convenzionale cara ai ceti urbani secolarizzati (con tempo, istruzione e denaro) convive con un abbandono dei riti della cittadinanza da parte dei ceti subalterni e periferici.
La democrazia (persino nella Grecia che brucia) conserva il suo l’involucro minimale-competitivo, quello esaltato da Schumpeter. Smarrisce però la sua peculiare ossatura novecentesca, quale agenzia di integrazione tra pubblico e privato, diritti e crescita, società e potere, costituzione e lavoro.
La prevalenza dello spirito capitalistico acquisitivo (con i grandi poteri dell’economia che tendono a fuggire dallo spazio pubblico e dagli oneri della fiscalità statale) ha sbiadito il costituzionalismo incardinato sul valore inclusivo del lavoro.
E con l’emarginazione del lavoro è inevitabile anche l’eutanasia della democrazia, che rimane in piedi ma solo come una asfittica procedura. Tra gazebo e retoriche per cui uno vale uno, la democrazia effettiva si riduce a un nucleo sempre più minimalistico di tecniche impotenti nel mitigare la rudezza dei rapporti di potere annidati nella sempre più diseguale società di mercato.
Ai processi di spoliticizzazione di per sé indotti dal capitalismo finanziario, che rinverdisce i fasti dell’individualismo possessivo con il dominio incontrastato della ricchezza, si aggiunge una inaudita de-politicizzazione condotta dalla politica medesima. Trionfano manifesti con slogan banali, e gli aspiranti sindaci nascondono le tracce dell’appartenenza. Una rifondazione identitaria dei partiti, con un ritrovamento di grandi principi ispiratori, è ormai una esigenza per la sopravvivenza della democrazia.
A una politica che già il mercato relega nella irrilevanza (e crescono gli imprenditori che si fanno liste personali in ogni città), si unisce una classe politica che si occulta e con cartelli demenziali confessa tutta la sua incapacità di sfiorare il nodo dei grandi poteri postmoderni. I ritrovati della iper-democrazia svelano un circolo vizioso della partecipazione: gli incentivi all’azione pubblica diretta non accorciano la distanza tra potere e società e con il plusvalore di tempo e denaro ribadiscono gli indici di diseguaglianza e di esclusione.
La mera alternativa della società civile (comitati, movimenti su singole istanze) alle forme di separatezza del politico non prospetta un rimedio efficace nel riparare al vuoto di rappresentanza dei ceti marginali. Tra la solitudine del decisore (presidenzialismo municipale) e l’atomismo dell’abitante della società civile (anomia, esclusione, sfiducia, rabbia) risalta l’assenza della mediazione politica.
La politica progetto è necessaria ma non può rifiorire senza il terreno fertile dell’autonomia del lavoro e senza la rinascita della mediazione. Nelle città si presentano al voto tanti uomini che vorrebbero essere soli al comando ma così la politica non riparte e anzi cresce la disillusione, l’abbandono. Senza partiti e sindacati, colpiti al cuore dallo tsunami antipolitico, non c’è una sfera pubblica rigenerata ma cresce solo la delega ad arcani centri di potere in grado di influenza, di pressione, di appropriazione.
camillobenso
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Come inizia una guerra civile – 242
La cruna dell’ago – 207
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 207
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 187
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In mezzo alla tempesta - 124



Pagine di storia patria a futura memoria - 2



La Stampa 27.5.13
Record astenuti. Per il governo una prova in più
di Federico Geremicca

Non sono bastati diciannove candidati a sindaco, 1.667 aspiranti consiglieri comunali, alcune altre migliaia in lizza per un seggio nei municipi ed una scheda elettorale lunga nientedimeno che un metro e venti centimetri. E i casi sono due: o nemmeno una tale, gigantesca kermesse messa in piedi per la scelta del nuovo sindaco di Roma è stata sufficiente a motivare i cittadini chiamati alle urne. Oppure – e non ci sentiremmo di escluderlo – è stato proprio quest’ennesimo confuso, discutibile e dispendioso «carnevale elettorale» a contribuire a tener la gente lontana dai seggi.
Sia come sia, la Capitale tocca il suo record negativo di partecipazione al voto in una tornata amministrativa: solo il 37,7% all’ultima rilevazione di ieri (ore 22). Che vuol dire quasi venti punti percentuali in meno rispetto alle elezioni di cinque anni fa. E se Roma piange, non è che il resto d’Italia rida. L’affluenza alle urne è infatti precipitata praticamente ovunque attestandosi poco oltre un misero 44 per cento, il che vuol dire quasi sedici punti percentuali in meno rispetto al voto del 2008. Il dato è generalizzato. Riguarda il Nord (Brescia, Sondrio, Vicenza e Treviso registrano flessioni oltre il 20%), il Centro (Pisa -25%, Massa -16%) così come il Sud e le Isole, dove il calo è più contenuto solo perché si partiva da percentuali solitamente assai più basse. Si vedrà oggi, a operazioni di voto concluse, la reale dimensione di questa ennesima crescita dell’astensione. Ma ieri i segnali erano tutti negativi, e tra gli addetti ai lavori (politici e sondaggisti) serpeggiava un certo pessimismo.
La politica, dunque, si conferma malata. E la malattia non solo contagia tornate elettorali in genere meno colpite dal fenomeno (quelle amministrative) ma non è arginata nemmeno dalla presenza diffusa di liste del Movimento Cinque Stelle, che si immaginavano capaci di convogliare la disaffezione e la protesta dall’astensionismo al voto per il loro simbolo. Non è accaduto. E non basta. Per i candidati di Beppe Grillo, infatti, la vigilia non sembrava preannunciare risultati particolarmente brillanti: quasi a riprova del fatto che il movimento del comico genovese non solo non «guarisce» la cattiva politica, ma ne viene negativamente contagiato una volta che – agli occhi dei cittadini – ha con essa contatti troppo ravvicinati.
Sarebbe il caso che si cominciasse a tener conto sul serio (cioè mettendo in campo risposte) della crescita esponenziale del fenomeno-astensione. Occorre ci si convinca che non si è, ormai, di fronte ad una crisi passeggera – è quel che si immaginò al tempo del suo primo segnalarsi: diciamo dopo Tangentopoli – quanto ad una tendenza che pare sempre più inarrestabile. Convincersene vuol dire operare concretamente per rallentare – se non fermare – una deriva negativa e perfino pericolosa: operare varando leggi elettorali e riforme che riavvicinino il cittadino agli eletti e alle istituzioni, e accelerando sul piano del taglio ai costi della politica (mettendo da parte annunci, promesse e inutili populismi).
E non farebbe male lo stesso governo a raccogliere il segnale che arriva da questa sorta di diserzione di massa: il Paese non è fuori dalla crisi e non sta meglio di prima solo perché – dopo mesi di estenuanti scontri e trattative – un governo finalmente è in campo. Conta quel che fa, e come lo fa. Continuare a ripetere ad ogni tornante – che siano le sentenze per Berlusconi o il voto di sette milioni di italiani – che quel che accade «non avrà ripercussioni sul governo» non è un buon modo né per difenderlo né per aiutarne la sopravvivenza. L’esistenza in vita, il governo Letta-Alfano dovrà guadagnarlo sul campo. E la strada, onestamente, appare ancora tortuosa e in salita.


Piazze vuote e astensioni: così in Italia
esplode il distacco dalla politica
di ILVO DIAMANTI

Amministrative, oggi al voto
Roma sarà la sfida decisiva
TAG elezioni amministrative, elezioni roma IN ITALIA tutte le elezioni hanno un impatto nazionale. Anche quelle amministrative. Regionali e comunali. Cinque anni fa, il successo di Alemanno a Roma, nel ballottaggio, fu, in parte, influenzato dalla vittoria, larga, di Berlusconi e del centrodestra alle politiche, contemporanee al primo turno. Reciprocamente, la sconfitta di Francesco Rutelli costò a Walter Veltroni forse più di quella alle elezioni politiche. Dove il Pd aveva ottenuto oltre il 33%. Un risultato che oggi appare stellare.

Tuttavia, questo turno amministrativo è passato quasi nel silenzio. Politico e mediatico. Piazze semivuote, spazio ridotto in tivù e sugli altri canali. Eppure, i motivi di interesse non mancano. Al contrario. Basti pensare al numero di elettori chiamati a votare: quasi 7 milioni. In 564 Comuni. Fra cui 92 con più di 15 mila abitanti. Infine, o meglio, in primo luogo: Roma. Appunto. La Capitale. La più importante. Governata dal centrodestra. Dopo una lunga stagione di centrosinistra. Oggi è al centro di una competizione quantomeno aperta. Ma non accesa. Il clima del dibattito politico intorno a Roma, tanto più alle altre città al voto, appare tiepido. Quasi freddo. Come quello della primavera invernale che ci avvolge. Per alcune ragioni, importanti per la valutazione dei risultati di oggi.

La prima ragione riguarda il disincanto politico - e antipolitico - del nostro tempo. Sottolineato, in primo luogo, dai tassi di astensione. Che già ieri risultavano elevati e in crescita. Anche se la comparazione

con la precedente consultazione è deviante, in quanto, come abbiamo già ricordato, cinque anni fa si votò contemporaneamente per le elezioni politiche. Che contribuirono - e contribuiscono sempre - a incrementare la partecipazione elettorale. Tuttavia, è indubbio che il distacco degli italiani verso i partiti e le istituzioni sia diffuso anche a livello locale. Anche i sindaci, vent'anni fa protagonisti del cambiamento, oggi appaiono confusi nella nebbia della sfiducia politica.

Il secondo motivo di interesse richiama l'esito delle elezioni di febbraio. È, infatti, inevitabile la tentazione di cercare conferme o smentite al risultato del voto recente. In particolare, per misurare la capacità competitiva del M5S e il grado di tenuta del Pd e del Pdl. Nonostante che le elezioni amministrative siano influenzate da fattori specifici. Per prima: la figura del sindaco e dei candidati locali - noti e attivi nelle città. Inoltre: l'offerta politica, caratterizzata da liste civiche e "personali". Tuttavia, nelle città maggiori, la competizione riflette la struttura emersa alle elezioni politiche di febbraio. Nonostante la frammentazione delle liste e dei candidati sindaci, si delinea, infatti, un confronto prevalentemente "tripolare": fra centrosinistra, centrodestra e M5S. Se il voto in queste amministrative riproducesse i dati delle elezioni di febbraio, dunque, emergerebbe un quadro aperto e contrastato. (Come mostra la simulazione realizzata dall'Osservatorio elettorale del Lapolis-Università di Urbino). Solo in 2 Comuni (superiori a 15 mila abitanti) il sindaco verrebbe eletto al primo turno. Ma in nessun capoluogo di provincia. In tutti gli altri, invece, si andrebbe al secondo turno. Il M5S, in particolare, andrebbe al ballottaggio in 53 Comuni maggiori e in 10 capoluoghi di provincia. Fra cui Roma. Diverrebbe, così, il principale "sfidante" delle due maggiori coalizioni e dei loro partiti di riferimento: Pdl e Pd. I cui candidati, invece, si troverebbero faccia a faccia, al ballottaggio, in 35 Comuni e in 6 capoluoghi di provincia. Dunque: una (per quanto ampia) minoranza.

Naturalmente, meglio ripeterlo, il voto amministrativo è altra cosa rispetto a quello politico. Se n'è già visto un esempio alle elezioni regionali in Friuli. Dove il M5S è uscito ridimensionato. Tuttavia, è difficile anche pensare il contrario. Che le elezioni di febbraio non abbiano alcuna influenza su quel che avverrà in queste amministrative.

Da ciò la cautela con cui i media - e prima ancora gli attori politici nazionali - affrontano questa scadenza. Da un lato, c'è il timore di alimentare, ulteriormente, la sindrome antipolitica, favorendo il M5S. D'altra parte, il Movimento 5Stelle stesso ha i suoi problemi a gestire il successo. A livello nazionale e in Parlamento. Ma anche in ambito locale, dove non è organizzato. E rischia di essere "usato", opportunisticamente, da soggetti politici alla ricerca di un traino. Anche per questo non ha presentato liste in 16 Comuni (maggiori), dove pure aveva ottenuto risultati molto rilevanti.

Tuttavia, la bassa intensità del dibattito dipende, anzitutto, dall'asimmetria delle relazioni politiche a livello nazionale e locale. Fra Pd e Pdl: alleati di governo e antagonisti alle elezioni amministrative. Dovunque.
Il timore che le tensioni elettorali locali producano fratture (nel governo e nei partiti), favorendo il M5S, spinge, dunque, Pdl e Pd, Alfano e Letta, a "sordinare" il confronto.

Così Roma Capitale - politica oltre che nazionale - diventa solo una città al voto. Fra le altre.
(27 maggio 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA

http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HRER3-1
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
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Pacification - 1


Elezioni a Roma, Augello (PdL): Astensione record? “Colpa del PD”
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

camillobenso ha scritto:

Elezioni a Roma, Augello (PdL): Astensione record? “Colpa del PD”
:lol: :lol: :lol: :lol: il livello basso di Pazzaglia ....è paradiso....



La Campania è la regione con l’affluenza più alta in Italia: ha votato il 51,84% degli aventi diritto (nelle ultime elezioni il dato era stato del 59,40); ad Avellino una vera debacle nell’affluenza, scesa dal 60,29 al 40,16%.

a me questo discordante fa paura .... che vuol dire? che ci sono posti dove hanno sovvenzionato? 8-) 8-) 8-) €€ €€ €€
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

ECONOMIA
27/05/2013 - IL CASO

Strauss-Kahn torna dopo lo scandalo
“Prodi, scendi in campo e salva l’Ue”


L’ex numero uno dell’Fmi oratore d’eccezione all’Astana Economic Forum: la politica europea ha fallito

FRANCESCO SEMPRINI

ASTANA (KAZAKISTAN)

Denuncia il fallimento della politica europea e la totale incompetenza dei governi nazionali, tira bordate alla Germania, annuncia il collasso delle democrazie e chiede a Romano Prodi di salvare il Vecchio continente. Dominique Strauss-Kahn torna in grande spolvero sulla scena internazionale a due anni dallo scandalo che lo ha detronizzato dalla guida del Fmi e ha polverizzato le sue ambizioni politiche.

Era il 14 maggio quando l’economista francese veniva prelevato da un aereo diretto a Parigi e arrestato per la presunta aggressione sessuale a una cameriere del Sofitel, l’hotel di New York dove alloggiava. Da allora ha sperimentato il supercarcere di Rikers Island, gli arresti domiciliari (d’orati), un processo penale (archiviato) e uno civile (liquidato), la fine del matrimonio con Anne Sinclair, e il fallimento delle sue mire sull’Eliseo,in una vicenda dalle tinte fosche per alcuni dai contorni complottistici. E’ rimasto nell’ombra, «un po’ appestato», dicevano, anche per il fardello di un film in corso d’opera sulle sue vicende con un Gerard Depardieu diretto da Abel Ferrara. Il colpo di grazia. E invece eccolo tornare alla ribalta a dispetto dei suoi vessatori.

Un velo di abbronzatura, completo grigio brillante, sorridente e impettito irrompe dinanzi a una platea internazionale, «oratore d’eccezione» all’Astana Economic Forum, il simposio euroasiatico kazako giunto alla sua sesta edizione. Sembra in forma? «Sapete che non faccio interviste, - ci dice - però sto bene, non trovate». Il timore di un blitz nel suo recente passato lo tiene sulle difensive prima di salire sul palco della «World Anti-Crisis Conference». Il parterre è d’eccezione, tra gli altri Romano Prodi, «il mio amico», ricorda, quindi il Nobel Christopher Pissarides. «Il dato di fatto è che il problema del debito pubblico è stato totalmente preso sotto gamba dai Paesi europei», esordisce Strauss-Kahn dopo essere stato salutato da un tiepidissimo applauso della sala. Non fa una piega, a testa alta inizia la sua requisitoria: «Ricordo quel G-20 di Londra, era l’aprile del 2009 quando si è iniziato a discutere dei debiti sovrani», afferma l’ex timoniere del Fondo, indicando una data della genesi del disastro europeo.

«Ricordo che da parte di molti politici ci fu una presa di posizione netta, risolvere il problema da soli senza bisogno del Fmi. Una cosa che posso capire dal punto di vista politico, ma il fatto è che le istituzioni europee erano del tutto impreparate a gestire una emergenza di quel tipo. Questo fece si che si persero tra i sei mesi e un anno, durante i quali il problema è andato peggiorando. A questo si è aggiunto il rallentamento economico in particolare in Paesi come Spagna e Italia e quindi il problema è diventato anche più grande». L’Europa fu presuntuosa: «Si pensava che il problema poteva essere risolto con i tradizionali strumenti a disposizione dei singoli Stati e che poi si sarebbe tornati a crescere, soluzioni interne per far fronte a un problema globale, una trovata geniale».

L’applauso questa volta è meno tiepido. «Così più passava il tempo e più per i politici diventava difficile prendere delle decisioni opportune perché questo significava ammettere che si era commesso un errore. Si è persa la bussola, ed ogni forma di coordinamento, specialmente quello fiscale, si è creato il caos». Il fatto è che «la struttura era debole, e Romano quando era capo della Commissione se ne è accorto meglio di chiunque altro». «Il problema oggi è la leadership e il nodo austerity lo conferma», dice caricando la bordata a Berlino: «Forse non ricordiamo quando la Germania aveva difficoltà serie nel rispettare il patto di stabilità. Allora sembrò opportuno non creare sbarramenti. Oggi invece?». L’applauso adesso è fragoroso.

Il buco nero per Strauss Kahn non è il debito, ma la competitività e le riforme strutturali latitanti. Così veste i panni di Cassandra del «cliff» europeo: «La mia previsione è che nessuna decisione concreta sarà presa, ci si avvicinerà al «cliff» (il baratro), ci saranno azioni per guadagnare tempo, e in sei mesi si sarà di nuovo sull’orlo del «cliff». Questo porterà a una serie di conseguenze pericolose, disordini sociali e democrazie a rischio. «Gli europei - conclude - non sono in grado di gestire un processo di risoluzione, e lo stesso Fmi è ai margini». Cosa fare? Ci vuole volontà politica e capacità, per questo chiedo a Romano, “torna a far politica, torna in Europa». Stavolta l’applauso è scrosciante.

http://www.lastampa.it/2013/05/27/econo ... um=twitter
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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La ruota della macina della storia è di nuovo in moto. Pier Luigi Bersani ha sbagliato animale da smacchiare.

Voleva smacchiare il giaguaro, ma i veri animali da smacchiare sono i gattopardi, simbolo nazionale dell’eterno potere costituito.

“Tutto deve cambiare affinché non cambi nulla”.

Un saggio dell’eterno gattopardismo tricolore, arriva nel pomeriggio da Palazzo Chigi.

Soddisfaziò, soddisfaziò, Marì, Marì…..:

“E’ con viva e profonda soddisfazione che il governo apprende i risultati elettorali”.

In verità c’è ben poco da che essere soddisfatti.

Il primo partito d’Italia è il partito dell’astensione al 37,8 %. Imbattibile.

Non occorre una laurea in scienze politiche per capire che il flop del M5S, ultima stazione di confine per il voto ai partiti, non avrebbe riportato il consenso ai partiti di origine.

Da La Repubblica:

Comunali, sempre meno alle urne.
"Cittadini delusi da tutti", è già scontro
I dati del Viminale danno l'affluenza alle urne al 62,5% degli aventi diritto, un calo che sfiora il 15% rispetto alle precedenti amministrative. A Roma ha votato il 52,8% degli aventi diritto, quasi il 21% in meno del 2008.

Questo è il dato fondamentale che nella gabbia dei gattopardi di Palazzo Chigi, sembrano aver ignorato.

Il secondo dato rilevante è il flop del M5S a 3 mesi dalle elezioni politiche.

Il terzo dato rilevante è che nella prima tornata, la poltrona del Campidoglio torna ai defunti.

Alé magno, degno successore dei “forchettoni” del ventennio, ha esagerato e i romani sfiniti dalla crisi non ne possono più del battaglione “Alì Babà e i centomila ladroni”.

Roma era la piazza più importante di queste elezioni ed Er monnezza ha perso per il momento la partita.

Dati ufficiali del Viminale su chi ha vinto e ha perso il primo turno non ce ne sono ancora.

Ma sembrerebbe, ripeto, sembrerebbe che il Pd abbia conquistato più città dei compari del Pdl.

Vedremo domani.

Questo muta il quadro politico, malgrado la propaganda d’Er monnezza, sostenuta dai compari governativi dei defunti.

Invece non sta così.

Quel genio assoluto che tutta la galassia c’invidia profondamente, Maurizio Gas parri, ieri ha tenuto a far sapere alla stampa il suo illuminato pensiero. Altrimenti ci sarebbe stato un vuoto enorme nell’informazione.

“Se il Pd dovesse perdere,…non influiremo su di lui”

E’ il Sacro cuore sanguinante di Gesù che parla. L’amore fatto persona in occasione della pacificazione.

Quanto semo ggenerosi noi bucanieri d’Er monnezza.


Continua
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

sicuramente volevi scrivere " infieriremo"sul pd....vabbè Gasparri stamattina si deve prendere una dose doppia di maalox prima di aprire i giornali e vedere che il pd è andato meglio del pdl e del m5s .
il carattere locale della rappresentanza è migliore di quello centrale... si sapeva, ma il rischio polverizzazione è stato schivato. Io ne sono contenta malgrado l'insoddisfazione più profonda per la dirigenza.

per Roma "non dire gatto ....", l'altra volta Rutelli era sopra di 85000 voti e al ballottaggio ha perso consegnando la sua carriera politica alla cicoria.
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Serracchiani: Marino ha vinto malgrado il PD.

Strauss-Khan rimpiange Prodi alla guida della Ue.

Personaggi credibili e stimati, tenuti ai margini o impallinati da una dirigenza arroccata e insopportabile. E' questa la questione PD.
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Il buio oltre la siepe - 27



Il giorno dopo le elezioni conferma il quadro anticipato ieri.

Il primo round lo ha perso Er monnezza.

Ad essere impietoso con the Cayman è Formigli a Piazzapulita.

Mostra la piazza di Alemanno e Berlusconi di sabato scorso a Roma.

Formigli sceglie due passaggi squalificanti.

Alemanno si rivolge ad una folla spelacchiata, l’inquadratura è impietosa,….. urlando:

“In questa piazza ci stanno 5 volte le persone delle altre piazze”

Ovviamente è un falso clamoroso.

La piazza del Pd è più o meno dello stesso livello. Un po’ più gremita quella di Grillo, come riportano le cronache, ma quei vuoti significativi anticipano il voto.

Troisi, dopo aver ascoltato la bufalona di Alemanno Gianni, non gli avrebbe risparmiato il classico : “Gia’,..tu si nu poco scemo…”

The Cayman invece non rinuncia al suo ruolo di entreneuse di lusso.

“Siete pronti a sostenere la nostra battaglia contro l’oppressione fiscale?”
- Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, rispondono le belanti pecore.

“Siete pronti a sostenere la nostra battaglia contro l’oppressione burocratica?”
- Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, rispondono le belanti pecore.

“Trovate giusta la nostra battaglia contro l’oppressione giudiziaria?”
- Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, rispondono le belanti pecore.

Ettepareva se non ce la metteva dentro.

Ai suoi rarefatti piazzaioli The Cayman chiede di tenersi liberi il lunedì sera per “festeggiare”.

http://www.la7.tv/richplayer/index.html ... d=50340238

Le profezie caimane non saranno rispettate, e conoscendolo bene sarà un po’, molto, sull’incazzato. Quello che ci rimette più di tutti in questo passaggio è lui.

Sulla hp del Corriere.it possiamo leggere:

IL CENTRODESTRA
Amarezza Pdl, traditi tutti i sondaggi
Berlusconi deluso resta in Sardegna

http://www.corriere.it/politica/13_magg ... f9ad.shtml

Inutile poi non credere che smaltito lo shock, ripartirà in quarta per arginare la sconfitta al ballottaggio.

“Dobbiamo riportare al voto chi non ci ha votato”, si giustifica Alemanno. Illudersi è umano. A Roma non la spunterà di certo, perché per Marino verranno in soccorso una parte di Marchini (9,4 %) e una parte del M5S (12,4 %). A meno che The cayman non apra i cordoni della borsa e paghi i tanti piccoli Razzi e Scilipoti, con un centinaio di euro a testa. Ma ne vale la pena? E proprio per Alemanno-Aledanno?

Dall’Unità

L’ira del Cav su Alemanno:
era meglio un altro candidato

http://www.unita.it/italia/berlusconi-a ... e-1.502681

In 16 comuni di una certa rilevanza l’alleato – compare, Pd, lo sopravanza.

Questa volta il CSPDM, ha sbagliato i calcoli.

I 5 punti di media di vantaggio a livello nazionale non hanno sortito nessun effetto indotto a livello locale.

Non è stato automatico.

E’ stato uno stop certamente inaspettato che sconvolge i suoi piani politici. Di pochissimo, ma ha perso le politiche. Mentre è stato abile a vincere il dopo elezioni.

Ha piegato il sistema ai suoi giochi.

Parlando alla pancia, o meglio, al portafoglio, ha dominato questi ultimi 3 mesi. L’Imu(rtacci sua) ha avuto ed ha un certo peso nel sorpasso del dopo elezioni che lo vede primo partito d’Italia.

Bravi anche ad addestrare le “caterinette” a recitare la fola che loro guardano solo a imprese, lavoro e famiglie.

Sono diventati improvvisamente di sinistra.

Ma poi, come sempre, il lupo perde il pelo ma non il vizio.

I fatti prioritari sono ben altri. I soliti che conosciamo da 19 anni. Sempre eternamente gli stessi.

'Stop a processi se pm politicizzati'
Ma Pdl si spacca sul salva-Silvio

http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HRER2-1


Immagine

Quella che Silvio Berlusconi si trova a combattere contro la magistratura è "una guerra dei Vent'anni". Passata a difendersi da accuse infamanti di ogni genere, "frutto di una persecuzione giudiziaria senza precedenti nella storia". Ora, però, a dargli una mano arriva l'esercito, con tanto di modulo di arruolamento online e organizzazione in reggimenti. L'iniziativa è, a quanto si legge sul sito - L'esercito della Libertà, Uniti per difendere il Presidente Berlusconi - è di un gruppo di fan del Cavaliere, tra cui Simone Furlan, uno degli animatori del progetto. "Arriva un momento nella vita in cui capisci che combattere per un ideale non è più una scelta, ma un obbligo", spiega. E allora, "arruolati anche tu, siamo un esercito pacifico ma determinato, siamo l'esercito della libertà", è l'appello. Per mandare un messaggio chiaro: i detrattori del Cavaliere devono sapere che "quand'anche lo condannassero o lo rendessero ineleggibile, non lo sconfiggeranno mai politicamente, poichè noi saremo schierati al suo fianco, pronti a supportarlo, a raccogliere la sua incredibile eredità politica, i suoi valori e ideali e portarli avanti con lui".


A credere alla propaganda delle caterinette su impresa, lavoro e famiglia, ci sono rimasti più di 8 milioni di merli scemi.

Un piddino del corso “Rommel, ..la volpe del deserto”, Fassina, ha sottolineato:

<<Con queste elezioni il governo si è rafforzato>>

Ecco appunto, con geni di questo livello si capisce perché il Pd si è ridotto a macerie fumanti, mentre Prodi afferma che il suo disegno di cs non aveva niente a che vedere con questo disastro.

Fassina ha proprio capito tutto,…..cioé niente.

The Cayman, in queste settimane, o trova uno o più di uno che si lascia “stortare” e gli consegna il tanto agognato “salvacondotto”, oppure ci deve pensare ancora lui in prima persona.

Tutto deve essere fatto prima che la Cassazione si pronunci sul caso Mediaset, dove è stato condannato a 4 anni in Appello, con l’esclusione di 5 anni dai pubblici uffici.

Non ha molto tempo a disposizione, perché deve far cadere il governo, andare ad elezioni, vincerle in solitario, cioè senza l’appesantimento dei compari del Pd, e poter piazzare per tempo gli uomini giusti nei posti giusti, per cercare di stoppare la Cassazione.

E’ una lotta contro il tempo.

Un’operazione similare, non identica, gli era già riuscita alla perfezione nel 2008, quando fa cadere il governo Prodi, va ad elezioni, le vince e vara immediatamente il Lodo Alfano, incostituzionale (Sentenza della Consulta del 9 ottobre 2009), ma ritenuto “perfettamente” costituzionale dal Capo dello Stato.

Si salverà dal processo Mills per soli 4 giorni.

I giudici: Mills corrotto da Berlusconi. Il premier: "Sentenza scandalosa. Riferirò in Parlamento"
La sentenza di condanna al legale inglese: "Agì da falso testimone per consentire a Berlusconi e a Fininvest l'impunità dalle accuse o il mantenimento degli ingenti profitti realizzati. E dall'altra parte per arricchirsi". Sono le motivazioni al verdetto di corruzione per l'avvocato: condannato a 4 anni e 6 mesi. Di Pietro all'attacco. "Riferirò in parlamento" l'annuncio del presidente del Consiglio

Nella motivazione della sentenza Berlusconi verrà dichiarato corruttore.


La propaganda “Fuoco di sbarramento” è già iniziata con la solita abilità da tempo.

“Il governo non cadrà per le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi”

E’ quanto ripetono all’infinito le caterinette e i corsari berlusconiani. Questo concetto si deve stampare bene nella testa dei merli scemi, perché servirà per il prossimo voto.

Berlusconi invece gioca affinché sia il Pd a far cadere il governo per altri motivi, per addebitargli tutta la responsabilità in campagna elettorale.

Adesso il Pdl risulta mediamente in vantaggio di 5 punti sul Pd. Mentre la coalizione è in vantaggio di 13 punti.

L’apporto di Sel non servirebbe assolutamente a niente, e se Vendola ripetesse l’errore di allearsi a livello nazionale nuovamente con il Pd decreterebbe la sua fine definitiva. Anche perché dopo le larghe attese non c’è più molto spazio per il Pd.

Lo stop di ieri è stato vissuto con un certo peso da The Cayman, perché a questo punto deve ripartire con nuove proposte vincenti per aumentare la distanza nelle intenzioni di voto, mentre nello stesso tempo deve tentare di minare l’azione di governo in modo tale di indurre il Pd a dire basta.

Vediamo cosa tirerà fuori dal cilindro il vulcano di Hardcore nelle prossime settimane.
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