Al centrosinistra bastano Pd e Sel
Una cosa è certa:
l'alleanza che vincerà le elezioni politiche del 2013 sarà fondata sulla comunione di intenti tra Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà.
La sua natura è tanto programmatica quanto strategica ed è andata maturando grazie al banco di prova fornito dalle elezioni amministrative degli ultimi tre anni. È servita a rendere il centrosinistra maggioritario in buona parte del paese, è riuscita a ricomporre lo strappo causato dalle logiche maggioritarie imposte cinque anni or sono da Walter Veltroni e, cosa di non poco conto, ha permesso la fine del berlusconismo politico, avviando al contempo la costruzione di un alternativa fondata sul progressismo piuttosto che sull'antagonismo.
I due partiti possono contare su un ampio consenso, che potrebbe addirittura allargarsi qualora fossero tentati dal correre in coppia. Per effetto del voto utile, infatti, nonché per l'importanza della tornata in questione, il Pd incrementerebbe la sua base di circa 5 punti passando al 30%, Sel gonfierebbe il proprio bacino fino al 10%, mentre UdC e IdV verrebbero irrimediabilmente ridimensionate per via di un inevitabile ritorno alla base di quell'elettorato che, solo nel 2006, rappresentava lo zoccolo duro de L'Ulivo.
Pd e Sel verrebbero dunque percepiti come esaustivi nel e per il centrosinistra italiano, al punto che la sola riproposizione di un eventuale remake del processo che portò alla fusione tra Ds e Margherita sarebbe deleteria e porterebbe a dimezzare il proprio bacino elettorale. In parole povere, due forze politiche complementari (ma differenti) hanno molte più probabilità di intercettare consenso rispetto ad una sola forza con diverse anime al suo interno.
Questa scelta, per quanto possa peccare di ingordigia, avrebbe il merito di snellire lo scenario politico e di rendere più stabile l'eventuale esecutivo. Per quanto con il Porcellum possa essere difficile raggiungere una maggioranza al Senato, è pressoché sicura la vittoria in entrambe le camere con una legge elettorale col doppio turno alla francese e con collegi uninominali. Lo scenario sarebbe quantomeno eclatante, con una piccola grande curiosità: la somma dei deputati di tutte le forze politiche alla destra del Pd (5 Stelle escluso) non raggiungerebbe il 30% complessivo, mente l'Unione di Centro potrebbe finalmente stringere con i progressisti un patto di legislatura forte a tal punto da superare i 2/3 dell'intera rappresentanza parlamentare.
La realtà, naturalmente, è ben più complessa e, nel valzer di ipotesi venutosi a creare negli ultimi giorni, lo scenario più verosimile che ci si prospetta è pressappoco il seguente: Bersani ritiene necessario allargare la coalizione a Casini, Casini accetta ma pone una pregiudiziale su Di Pietro, Vendola crede che non esista un centrosinistra senza Di Pietro, mentre quest'ultimo sembra possa essere disposto ad accettare Casini se solo Casini lo accettasse. Aspettando che si risolva la contesa, e che i due litiganti inizino ad accettarsi, il siparietto monopolizza ormai l'attenzione dell'opinione pubblica e sposta il dibattito dal presente (Governo Monti) al futuro, preparando il terreno ad uno scenario che ha dell'incredibile: un patto post-elezioni tra progressisti e moderati che garantisca stabilità all'esecutivo. Come un abile psicoterapeuta, quindi, Bersani cerca di nascondere al paziente/elettore la realtà in cui vive (Governo Monti) perché troppo pesante per essere accettata.
Così facendo, riesce abilmente nell'intento di toglier spazio ed argomenti a Renzi e, come se non bastasse, con Casini che sposta il Sindaco di Firenze ancor più a destra nell'immaginario collettivo ("Renzi è più a destra di me"), lo ridimensiona in termini di consenso all'interno della disputa. Ad oltre tre mesi di distanza dal giorno della verità, infatti, Bersani conduce con il 40% circa dei voti, mentre Vendola e Renzi seguono rispettivamente con il 30% ed il 20%. A questo punto sarà fondamentale la presenza o meno di Antonio Di Pietro, oltre che il suo eventuale endorsement. Nel caso supportasse Vendola, per esempio, assisteremmo a una lotta all'ultimo voto tra i leader di Pd e Sel, con Renzi nettamente tagliato fuori. È alquanto verosimile che altri candidati decidano di partecipare alla competizione con il solo scopo di disturbare questo o quel candidato principale.
Se le daranno di santa ragione. I due si giocano il futuro della sinistra italiana prima che del paese. La posta in gioco è talmente alta che richiede un nuovo linguaggio, nuove forze, nuove strategie, nuovi programmi e nuove alleanze. Bersani è partito inaspettatamente all'attacco, scoprendo immediatamente la carta Casini per mobilitare l'elettorato udiccino in prospettiva primarie (oltre che per richiamare all'ordine gli ex elettori della Margherita), ha effettuato più di un'apertura in tema di diritti civili, nel tentativo di arginare il suo antagonista e ha avuto il coraggio dei fischi al convegno della Fiom. Così facendo, si è portato nella metà campo avversaria, mantenendo il possesso palla.
Dal canto suo, Vendola ha saputo rispondere, allargando la base del suo consenso sia all'elettorato dell'Italia dei Valori sia alla parte più radicale del Pd sia a quella più riformista della sinistra antagonista. Ha dato il via alla raccolta di firme per il referendum sul reddito minimo garantito e ha preso a dialogare con tutti quegli universi interni alla sinistra italiana non ancora adeguatamente rappresentati dai partiti. La sua impresa è abbastanza ardua ma facilitata dal fatto che la crisi economica attanaglia le forze governative, che il Movimento Cinque Stelle sembra aver subito un brusco stop e che sian venute fuori nuove e migliori prospettive per la sinistra italiana.
Nei prossimi giorni assisteremo al confronto serrato tra due sinistre, tra due modi di vedere l'economia, lo stato, il mondo del lavoro, i diritti e il rapporto con la finanza. Le primarie saranno una sorta di giudizio finale nei confronti dell'esperienza montiana oltre che di quei politici che più l'hanno sostenuta. Non basterà vincere e, soprattutto per Bersani, servirà andare ben oltre il 50% (il Partito Democratico raccoglie il 60% circa dei voti della coalizione). Occorerà preparsi. Ci sarà un cambiamento repentino di strategie, linea e volti. La vittoria o il risultato di questo o quel candidato modificherà in maniera importante tanto il proprio partito quanto quello dello sfidante. Le dinamiche interne muteranno a tal punto che una vittoria di Bersani potrebbe velocizzare la creazione di un nuovo soggetto autonomo socialista alla sinistra del Pd, così come potrebbe avvenire che, con la vittoria di Vendola, ci possa essere una frattura interna al partito, con la fuoriuscita degli esponenti dell'area Modem e lo spostamento a sinistra degli ex Democratici di Sinistra (oltre che di una parte consistente degli ex Margherita). Una cosa è certa: l'alleanza che vincerà le elezioni politiche del 2013 sarà fondata sulla comunione di intenti tra Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà. Quello che non ci è dato sapere, è quale forma e quale contenuto avranno.
Luigi De Michele.
http://www.sondaggibidimedia.com/2012/0 ... e-sel.html