Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
URBI ET ORBI......PIU' ORBI CHE URBI
Napolitano: «Grillo? Nessun boom»
Il capo dello Stato: «Unico boom che ricordi è quello degli anni '60»
POLITICAIl presidente
commenta i risultati del turno
di amministrative: «Dal voto
motivi di riflessione per le forze politiche e cittadini»
Corriere.it
***
Lo stanno ammettendo tutti i media da ieri che osservano con disincanto i dati. Lo scrivono in prima pagina tutti i quotidiani di stamani.
Lo ha ammesso pure ieri Bufala Bill che il successo dei grillini è superiore al previsto.
L'unico che non se ne è accorto è il primo cittadino d'Italia.
Si sente sconfitto? Non è però il caso di negare l'evidenza.
Napolitano: «Grillo? Nessun boom»
Il capo dello Stato: «Unico boom che ricordi è quello degli anni '60»
POLITICAIl presidente
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di amministrative: «Dal voto
motivi di riflessione per le forze politiche e cittadini»
Corriere.it
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Lo stanno ammettendo tutti i media da ieri che osservano con disincanto i dati. Lo scrivono in prima pagina tutti i quotidiani di stamani.
Lo ha ammesso pure ieri Bufala Bill che il successo dei grillini è superiore al previsto.
L'unico che non se ne è accorto è il primo cittadino d'Italia.
Si sente sconfitto? Non è però il caso di negare l'evidenza.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ancora parla sta massa di lardo...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Come se ne viene fuori ?
Le affermazioni del PdR sono sconcertanti... è veramente ora di ramazzare tutti...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Cari parolai della Corte di Versailles, sveglia......
LA CRISI
Osservatorio Cerved, 3mila fallimenti nel 2012
In crescita il dato che testimonia la chiusura di imprese a causa della difficile congiuntura economica: +4,2% nei primi tre mesi
MILANO - Non si arresta la corsa dei fallimenti. Nei primi tre mesi del 2012 sono oltre tre mila nel primo trimestre, +4,2% rispetto all`anno precedente. È quanto emerge dai dati dell'Osservatorio crisi d`impresa Cerved Group. Le difficoltà per il sistema delle imprese italiane, evidenziate da un altro trimestre negativo sul fronte dei fallimenti, spiega il Cerved, «sono ulteriormente inasprite dai lunghi tempi dei tribunali: il 17,3% dei fallimenti chiusi nel 2011 fa riferimento a aziende che hanno portato i libri in tribunale prima del 1996 e il 36,4% a imprese che lo avevano fatto precedentemente al 2001». «La riforma della disciplina fallimentare - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group - doveva ridurre il carico di lavoro dei tribunali, escludendo le microimprese dall`ambito di applicazione della legge. L`ondata di nuovi fallimenti aperti a seguito della crisi ne ha però neutralizzato gli effetti: in media, i creditori devono aspettare per la ripartizione dell`attivo circa nove anni dalla dichiarazione del fallimento».
LE CIFRE - I dati territoriali tracciano differenze significative: se i creditori delle imprese siciliane devono aspettare almeno dodici anni e le pugliesi 10,8, quelli del Trentino Alto Adige possono ritenersi «più fortunati» con un`attesa media di 5,7 anni. Tempi di attesa così lunghi costituiscono, secondo De Bernardis, «un considerevole costo occulto per il sistema delle pmi, che peraltro si accompagna a percentuali di recupero dei crediti incagliati in imprese fallite molto bassi: solo il 14% del totale del passivo, al lordo delle spese di procedura». Gli ultimi dati dell`Osservatorio Cerved Group sulle procedure aperte nei primi tre mesi del 2012 evidenziano un inizio d`anno molto difficile. Per il sedicesimo trimestre consecutivo infatti, i fallimenti segnano un incremento rispetto allo stesso periodo dell`anno precedente: tra gennaio e marzo 2012 sono state aperte 3 mila procedura fallimentari, +4,2% se paragonato al primo trimestre del 2011. L`unico timido segnale positivo si riscontra nei dati destagionalizzati: tra gli ultimi mesi del 2011 e i primi tre del 2012 il numero dei fallimenti (corretto per i fenomeni di stagionalità e calendario) risulta in calo dell`1,1%, tenendosi comunque a dei livelli più alti rispetto al periodo pre-crisi.
LE SOCIETA' DI CAPITALE - Nell`ambito delle società di capitale, forma giuridica in cui si concentrano quasi i tre quarti dei fallimenti aperti, aumentano i default soprattutto tra le aziende non in grado di depositare un bilancio valido tre anni prima della procedura (+13,2%) e tra le piccole imprese con un attivo compreso tra 2 e10 milioni di euro (+9,9%). Continuano a incrementare, anche se a ritmi inferiori, le procedure tra le microimprese con un attivo inferiore a 2 milioni di euro (+2,5%) e tra le medie aziende con un attivo compreso tra 10 e 50 milioni di euro (+5,6%). Dal punto di vista settoriale, nel primo trimestre del 2012 si rilevano le tendenze osservate nell`anno precedente.
LA CRISI DELL'EDILIZIA - Continua a ritmi intensi l`aumento dei fallimenti nell`edilizia (+8,4% rispetto ai primi tre mesi del 2011), con l`insolvency ratio (che misura il numero di procedure aperte su 10 mila imprese operative nel settore) che si attesta a 8,3 punti. «Pur rimanendo il comparto caratterizzato dalla maggiore diffusione dei fallimenti, l`industria ha registrato un calo dei default del 7,2% rispetto al primo trimestre del 2011. In ambito manifatturiero, i miglioramenti interessano le aziende che operano nel campo della produzione di beni intermedi, nella meccanica, nei mezzi di trasporto e nella produzione dei metalli; viceversa risulta in peggioramento la situazione nel sistema casa e moda», conclude De Bernardis. L`analisi a livello territoriale del primo trimestre 2012 invece conferma le dinamiche osservate nel corso dell`anno precedente: i default continuano a crescere in tutta la Penisola, a eccezione del Nord Est, in cui si registra una diminuzione dell`8,8% rispetto allo stesso periodo del 2011, grazie ai forti cali osservati in Veneto (-12,3%) e in Emilia Romagna (-12,2%). L`aumento dei fallimenti è invece particolarmente intenso nel Centro Italia (+12,7%), maggiore rispetto alla media nazionale nel Mezzogiorno e nelle Isole (+6,5%) e nel Nord Ovest (+4,9%).
Redazione Online
8 maggio 2012 | 11:03
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LA CRISI
Osservatorio Cerved, 3mila fallimenti nel 2012
In crescita il dato che testimonia la chiusura di imprese a causa della difficile congiuntura economica: +4,2% nei primi tre mesi
MILANO - Non si arresta la corsa dei fallimenti. Nei primi tre mesi del 2012 sono oltre tre mila nel primo trimestre, +4,2% rispetto all`anno precedente. È quanto emerge dai dati dell'Osservatorio crisi d`impresa Cerved Group. Le difficoltà per il sistema delle imprese italiane, evidenziate da un altro trimestre negativo sul fronte dei fallimenti, spiega il Cerved, «sono ulteriormente inasprite dai lunghi tempi dei tribunali: il 17,3% dei fallimenti chiusi nel 2011 fa riferimento a aziende che hanno portato i libri in tribunale prima del 1996 e il 36,4% a imprese che lo avevano fatto precedentemente al 2001». «La riforma della disciplina fallimentare - commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group - doveva ridurre il carico di lavoro dei tribunali, escludendo le microimprese dall`ambito di applicazione della legge. L`ondata di nuovi fallimenti aperti a seguito della crisi ne ha però neutralizzato gli effetti: in media, i creditori devono aspettare per la ripartizione dell`attivo circa nove anni dalla dichiarazione del fallimento».
LE CIFRE - I dati territoriali tracciano differenze significative: se i creditori delle imprese siciliane devono aspettare almeno dodici anni e le pugliesi 10,8, quelli del Trentino Alto Adige possono ritenersi «più fortunati» con un`attesa media di 5,7 anni. Tempi di attesa così lunghi costituiscono, secondo De Bernardis, «un considerevole costo occulto per il sistema delle pmi, che peraltro si accompagna a percentuali di recupero dei crediti incagliati in imprese fallite molto bassi: solo il 14% del totale del passivo, al lordo delle spese di procedura». Gli ultimi dati dell`Osservatorio Cerved Group sulle procedure aperte nei primi tre mesi del 2012 evidenziano un inizio d`anno molto difficile. Per il sedicesimo trimestre consecutivo infatti, i fallimenti segnano un incremento rispetto allo stesso periodo dell`anno precedente: tra gennaio e marzo 2012 sono state aperte 3 mila procedura fallimentari, +4,2% se paragonato al primo trimestre del 2011. L`unico timido segnale positivo si riscontra nei dati destagionalizzati: tra gli ultimi mesi del 2011 e i primi tre del 2012 il numero dei fallimenti (corretto per i fenomeni di stagionalità e calendario) risulta in calo dell`1,1%, tenendosi comunque a dei livelli più alti rispetto al periodo pre-crisi.
LE SOCIETA' DI CAPITALE - Nell`ambito delle società di capitale, forma giuridica in cui si concentrano quasi i tre quarti dei fallimenti aperti, aumentano i default soprattutto tra le aziende non in grado di depositare un bilancio valido tre anni prima della procedura (+13,2%) e tra le piccole imprese con un attivo compreso tra 2 e10 milioni di euro (+9,9%). Continuano a incrementare, anche se a ritmi inferiori, le procedure tra le microimprese con un attivo inferiore a 2 milioni di euro (+2,5%) e tra le medie aziende con un attivo compreso tra 10 e 50 milioni di euro (+5,6%). Dal punto di vista settoriale, nel primo trimestre del 2012 si rilevano le tendenze osservate nell`anno precedente.
LA CRISI DELL'EDILIZIA - Continua a ritmi intensi l`aumento dei fallimenti nell`edilizia (+8,4% rispetto ai primi tre mesi del 2011), con l`insolvency ratio (che misura il numero di procedure aperte su 10 mila imprese operative nel settore) che si attesta a 8,3 punti. «Pur rimanendo il comparto caratterizzato dalla maggiore diffusione dei fallimenti, l`industria ha registrato un calo dei default del 7,2% rispetto al primo trimestre del 2011. In ambito manifatturiero, i miglioramenti interessano le aziende che operano nel campo della produzione di beni intermedi, nella meccanica, nei mezzi di trasporto e nella produzione dei metalli; viceversa risulta in peggioramento la situazione nel sistema casa e moda», conclude De Bernardis. L`analisi a livello territoriale del primo trimestre 2012 invece conferma le dinamiche osservate nel corso dell`anno precedente: i default continuano a crescere in tutta la Penisola, a eccezione del Nord Est, in cui si registra una diminuzione dell`8,8% rispetto allo stesso periodo del 2011, grazie ai forti cali osservati in Veneto (-12,3%) e in Emilia Romagna (-12,2%). L`aumento dei fallimenti è invece particolarmente intenso nel Centro Italia (+12,7%), maggiore rispetto alla media nazionale nel Mezzogiorno e nelle Isole (+6,5%) e nel Nord Ovest (+4,9%).
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8 maggio 2012 | 11:03
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Re: Come se ne viene fuori ?
TARDIVO MA SENTITO.
Grazie Celeste per il tuo forte contributo al tracollo del caro estinto.
Grazie Celeste per il tuo forte contributo al tracollo del caro estinto.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Maucat ha scritto:Le affermazioni del PdR sono sconcertanti... è veramente ora di ramazzare tutti...
Si Napolitano come Ferrara
http://www.corriere.it/politica/12_magg ... 45d6.shtml
che poveracci veramente, non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere
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Re: Come se ne viene fuori ?
da lastampa.it
Un no ai partiti non alla politica
di Massimo Gramellini
Si può buttarla sul ridere e dire che Grillo non è una sorpresa: in fondo sono vent’anni che gli italiani votano un comico. Oppure strillare contro la vittoria dell’antipolitica, come fanno i notabili del Palazzo e i commentatori che ne respirano la stessa aria viziata. Ma conosco parecchi nuovi elettori di Grillo e nessuno di loro disprezza la politica. Disprezzano i partiti. E credono, a torto o a ragione, in una democrazia che possa farne a meno, saltando la mediazione fra amministrati e amministratori.
La storia ci dirà se si tratta di un gigantesco abbaglio o se dalla rivolta antipartitica nasceranno nuove forme di delega, nuovi sistemi per aggregare il consenso.
Ma intanto c’è questo urlo di dolore che attraversa l’Italia, alimentato dalle scelte suicide e arroganti compiute da un’intera classe dirigente.
Non si può certo dire che non fosse stata avvertita. I cittadini stremati dalla crisi hanno chiesto per mesi alla partitocrazia di autoriformarsi. Si sarebbero accontentati di qualche gesto emblematico. Un taglio al finanziamento pubblico, la riduzione dei parlamentari, l’abolizione delle Province. Soprattutto la limitazione dei mandati, unico serio antidoto alla nascita di una Casta inamovibile e lontana dalla realtà. Nel dopoguerra il grillismo meridionale dell’Uomo Qualunque venne dissolto dalla Dc di De Gasperi nel più semplice e intelligente dei modi: assorbendone alcune istanze. Purtroppo di De Gasperi in giro se ne vedono pochi. La limitazione dei mandati parlamentari è da anni il cavallo di battaglia dei grillini. Se il Pdl di Alfano l’avesse fatta propria, forse oggi esisterebbe ancora. Ma un partito che ai suoi vertici schiera reperti del Giurassico come Gasparri e Cicchitto poteva seriamente pensare di esistere ancora? Il Pd ha retto meglio, perché il suo elettorato ex comunista ha un senso forte delle istituzioni e dei corpi intermedi - partiti, sindacati - che le incarnano. Ma se il burocrate Bersani, come ha fatto ancora ieri, continuerà a considerare il grillismo un’allergia passeggera, lo tsunami dell’indignazione popolare sommergerà presto anche lui.
La riprova che il voto grillino è meno umorale di quanto si creda? Grillo non sfonda dove la politica tradizionale riesce a mostrare una faccia efficiente: a Verona con il giovane Tosi e a Palermo con il vecchio Orlando (percepito come un buon amministratore, magari non in assoluto, ma rispetto agli ultimi sindaci disastrosi). La migliore smentita alla tesi qualunquista di chi considera i grillini dei qualunquisti viene dai loro stessi «quadri». Che assomigliano assai poco a Grillo. Il primo sindaco del movimento, eletto in un paese del Vicentino, ha trentadue anni ed è un ingegnere informatico dell’Enel, non un arruffapopoli. E i candidati sindaci di Parma e Genova non provengono dai centri sociali, ma dal mondo dell’impresa e del volontariato. Più che antipolitici, postpolitici: non hanno ideologie, ma idee e in qualche caso persino ideali. Puntano sulla trasparenza amministrativa, sul web, sull’ambiente: i temi del futuro. A volte sembrano ingenui, a volte demagogici. Ma sono vivi.
Naturalmente i partiti possono infischiarsene e bollare la pratica Grillo come rivolta del popolo bue contro l’euro e le tasse. È una interpretazione di comodo che consentirà loro di rimanere immobili fino all’estinzione. Se invece decidessero di sopravvivere, dovrebbero riunirsi da domani in seduta plenaria per approvare entro l’estate una riforma seria della legge elettorale, del finanziamento pubblico e della democrazia interna, così da lasciar passare un po’ d’aria. Ma per dirla con Flaiano: poiché si trattava di una buona idea, nessuno la prese in considerazione.
Un no ai partiti non alla politica
di Massimo Gramellini
Si può buttarla sul ridere e dire che Grillo non è una sorpresa: in fondo sono vent’anni che gli italiani votano un comico. Oppure strillare contro la vittoria dell’antipolitica, come fanno i notabili del Palazzo e i commentatori che ne respirano la stessa aria viziata. Ma conosco parecchi nuovi elettori di Grillo e nessuno di loro disprezza la politica. Disprezzano i partiti. E credono, a torto o a ragione, in una democrazia che possa farne a meno, saltando la mediazione fra amministrati e amministratori.
La storia ci dirà se si tratta di un gigantesco abbaglio o se dalla rivolta antipartitica nasceranno nuove forme di delega, nuovi sistemi per aggregare il consenso.
Ma intanto c’è questo urlo di dolore che attraversa l’Italia, alimentato dalle scelte suicide e arroganti compiute da un’intera classe dirigente.
Non si può certo dire che non fosse stata avvertita. I cittadini stremati dalla crisi hanno chiesto per mesi alla partitocrazia di autoriformarsi. Si sarebbero accontentati di qualche gesto emblematico. Un taglio al finanziamento pubblico, la riduzione dei parlamentari, l’abolizione delle Province. Soprattutto la limitazione dei mandati, unico serio antidoto alla nascita di una Casta inamovibile e lontana dalla realtà. Nel dopoguerra il grillismo meridionale dell’Uomo Qualunque venne dissolto dalla Dc di De Gasperi nel più semplice e intelligente dei modi: assorbendone alcune istanze. Purtroppo di De Gasperi in giro se ne vedono pochi. La limitazione dei mandati parlamentari è da anni il cavallo di battaglia dei grillini. Se il Pdl di Alfano l’avesse fatta propria, forse oggi esisterebbe ancora. Ma un partito che ai suoi vertici schiera reperti del Giurassico come Gasparri e Cicchitto poteva seriamente pensare di esistere ancora? Il Pd ha retto meglio, perché il suo elettorato ex comunista ha un senso forte delle istituzioni e dei corpi intermedi - partiti, sindacati - che le incarnano. Ma se il burocrate Bersani, come ha fatto ancora ieri, continuerà a considerare il grillismo un’allergia passeggera, lo tsunami dell’indignazione popolare sommergerà presto anche lui.
La riprova che il voto grillino è meno umorale di quanto si creda? Grillo non sfonda dove la politica tradizionale riesce a mostrare una faccia efficiente: a Verona con il giovane Tosi e a Palermo con il vecchio Orlando (percepito come un buon amministratore, magari non in assoluto, ma rispetto agli ultimi sindaci disastrosi). La migliore smentita alla tesi qualunquista di chi considera i grillini dei qualunquisti viene dai loro stessi «quadri». Che assomigliano assai poco a Grillo. Il primo sindaco del movimento, eletto in un paese del Vicentino, ha trentadue anni ed è un ingegnere informatico dell’Enel, non un arruffapopoli. E i candidati sindaci di Parma e Genova non provengono dai centri sociali, ma dal mondo dell’impresa e del volontariato. Più che antipolitici, postpolitici: non hanno ideologie, ma idee e in qualche caso persino ideali. Puntano sulla trasparenza amministrativa, sul web, sull’ambiente: i temi del futuro. A volte sembrano ingenui, a volte demagogici. Ma sono vivi.
Naturalmente i partiti possono infischiarsene e bollare la pratica Grillo come rivolta del popolo bue contro l’euro e le tasse. È una interpretazione di comodo che consentirà loro di rimanere immobili fino all’estinzione. Se invece decidessero di sopravvivere, dovrebbero riunirsi da domani in seduta plenaria per approvare entro l’estate una riforma seria della legge elettorale, del finanziamento pubblico e della democrazia interna, così da lasciar passare un po’ d’aria. Ma per dirla con Flaiano: poiché si trattava di una buona idea, nessuno la prese in considerazione.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: Come se ne viene fuori ?
La notte dei morti viventi
La porta che si è aperta domenica 6 e lunedì 7 sul nuovo scenario tricolore ci porta nella terra dei morti viventi che vorrebbero trapassare nella Terza Repubblica. Giustamente Marco Travaglio fa osservare stamani nel suo editoriale che ABC dovrebbero seguire l'esempio di Sarko,......andare a casa e dire addio alla politica.
Solo che qui ci vorrebbe un esperto di cose ultraterrene, e tiun esperto di morti viventi e di vampiri per capire cosa sta succedendo nello stivalone. Di certo è un film orror, la cui visione di notte ti crea incubi e ti devi alzare dal letto e bere un bicchiere d'acqua.
Quello che nei fatti è successo nella notte passata ad ABC, che non sono riusciti a prendere sonno perché sopraffatti dal comune sogno di orde di grilli che invadevano lo stivale.
*****
Udc, Cesa: “Nuovo soggetto politico snello per sconfiggere l’antipolitica”
Congressi sul territorio entro giugno, poi congresso nazionale a ottobre. Obiettivo: rendere agile la vecchia struttura del partito per creare un movimento il cui processo di nascita è già partito con l'azzeramento delle vecchie cariche.
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 8 maggio 2012Commenti (33)
Congressi sul territorio entro giugno, poi congresso nazionale a ottobre. Obiettivo: snellire la vecchia struttura del partito per creare un nuovo soggetto politico il cui processo di nascita è già partito con l’azzeramento delle vecchie cariche. Questo il futuro prossimo dell’Udc di Pierferdinando Casini, almeno a sentire Lorenzo Cesa, ex segretario del partito. “Con una struttura più agile e più snella arriveremo a celebrare il Congresso nazionale che, in ottobre, dovrà fare spazio al nuovo soggetto politico, una forza di buon senso capace di attrarre tutti gli italiani che non cercano scorciatoie impossibili e nefaste come quella dell’antipolitica” ha detto Cesa al Consiglio Nazionale Udc, aggiungendo che il partito è “pronto a mettere in discussione tutto, anche il nome e il simbolo”.
Il cambiamento, però, secondo l’ex segretario non potrà non nascere da un rinnovamento della struttura dal basso. A tal proposito, “entro giugno i congressi sul territorio, che ancora non sono stati celebrati, dovranno essere svolti” ha aggiunto Lorenzo Cesa dall’Auditorium della Conciliazione a Roma. “Per arrivare al nuovo soggetto politico – è parere dell’esponente centrista – dobbiamo darci da subito una struttura snella e, dopo l’azzeramento delle cariche dei giorni scorsi, provvederemo a completarla nelle prossime settimane”.
L’ex segretario dell’Udc, inoltre, non ha mancato di commentare gli ultimi sviluppi politici, a partire dallo stravolgimento delle alleanze. La foto di Vasto, con un’alleanza Pd-Idv-Sel, ne è l’emblema. “Quella cosa lì è vecchia, da Jurassic Park” ha detto Cesa, riferendosi all’alleanza Bossi-Berlusconi. “Si è visto che a sinistra in Italia c’è già stato qualcuno che ha pensato di farsi coraggio con la vittoria di Hollande per chiedere di rispolverare la foto di Vasto. Una cosa che a me sembra lunare” ha spiegato Cesa, secondo cui “quella cosa lì è la vecchia Unione, non c’è niente di nuovo, è già stata bocciata dagli italiani e non c’è nessuna speranza che possa avere successo ora che sta di nuovo cambiando tutto”.
Stessa cosa, ragiona Cesa, per il centrodestra dell’asse Bossi-Berlusconi, evocato da qualcuno a destra “per fare finta che non sia successo niente e ripresentarsi agli elettori tra un anno convinti di potersi ancora giocare la partita con lo stesso schieramento. A parte – ha continuato – che con tutto quello che è successo nel frattempo, quella cosa lì sembrerebbe una specie di Jurassic Park, mi permetto di suggerire un po’ più di realismo e meno illusioni perché chi volesse rinsaldare l’asse Bossi-Berlusconi già oggi, magari facendo mancare il sostegno al governo Monti, non solo si illude ma rischia di sbagliare i conti”.
IFQ
La porta che si è aperta domenica 6 e lunedì 7 sul nuovo scenario tricolore ci porta nella terra dei morti viventi che vorrebbero trapassare nella Terza Repubblica. Giustamente Marco Travaglio fa osservare stamani nel suo editoriale che ABC dovrebbero seguire l'esempio di Sarko,......andare a casa e dire addio alla politica.
Solo che qui ci vorrebbe un esperto di cose ultraterrene, e tiun esperto di morti viventi e di vampiri per capire cosa sta succedendo nello stivalone. Di certo è un film orror, la cui visione di notte ti crea incubi e ti devi alzare dal letto e bere un bicchiere d'acqua.
Quello che nei fatti è successo nella notte passata ad ABC, che non sono riusciti a prendere sonno perché sopraffatti dal comune sogno di orde di grilli che invadevano lo stivale.
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Udc, Cesa: “Nuovo soggetto politico snello per sconfiggere l’antipolitica”
Congressi sul territorio entro giugno, poi congresso nazionale a ottobre. Obiettivo: rendere agile la vecchia struttura del partito per creare un movimento il cui processo di nascita è già partito con l'azzeramento delle vecchie cariche.
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 8 maggio 2012Commenti (33)
Congressi sul territorio entro giugno, poi congresso nazionale a ottobre. Obiettivo: snellire la vecchia struttura del partito per creare un nuovo soggetto politico il cui processo di nascita è già partito con l’azzeramento delle vecchie cariche. Questo il futuro prossimo dell’Udc di Pierferdinando Casini, almeno a sentire Lorenzo Cesa, ex segretario del partito. “Con una struttura più agile e più snella arriveremo a celebrare il Congresso nazionale che, in ottobre, dovrà fare spazio al nuovo soggetto politico, una forza di buon senso capace di attrarre tutti gli italiani che non cercano scorciatoie impossibili e nefaste come quella dell’antipolitica” ha detto Cesa al Consiglio Nazionale Udc, aggiungendo che il partito è “pronto a mettere in discussione tutto, anche il nome e il simbolo”.
Il cambiamento, però, secondo l’ex segretario non potrà non nascere da un rinnovamento della struttura dal basso. A tal proposito, “entro giugno i congressi sul territorio, che ancora non sono stati celebrati, dovranno essere svolti” ha aggiunto Lorenzo Cesa dall’Auditorium della Conciliazione a Roma. “Per arrivare al nuovo soggetto politico – è parere dell’esponente centrista – dobbiamo darci da subito una struttura snella e, dopo l’azzeramento delle cariche dei giorni scorsi, provvederemo a completarla nelle prossime settimane”.
L’ex segretario dell’Udc, inoltre, non ha mancato di commentare gli ultimi sviluppi politici, a partire dallo stravolgimento delle alleanze. La foto di Vasto, con un’alleanza Pd-Idv-Sel, ne è l’emblema. “Quella cosa lì è vecchia, da Jurassic Park” ha detto Cesa, riferendosi all’alleanza Bossi-Berlusconi. “Si è visto che a sinistra in Italia c’è già stato qualcuno che ha pensato di farsi coraggio con la vittoria di Hollande per chiedere di rispolverare la foto di Vasto. Una cosa che a me sembra lunare” ha spiegato Cesa, secondo cui “quella cosa lì è la vecchia Unione, non c’è niente di nuovo, è già stata bocciata dagli italiani e non c’è nessuna speranza che possa avere successo ora che sta di nuovo cambiando tutto”.
Stessa cosa, ragiona Cesa, per il centrodestra dell’asse Bossi-Berlusconi, evocato da qualcuno a destra “per fare finta che non sia successo niente e ripresentarsi agli elettori tra un anno convinti di potersi ancora giocare la partita con lo stesso schieramento. A parte – ha continuato – che con tutto quello che è successo nel frattempo, quella cosa lì sembrerebbe una specie di Jurassic Park, mi permetto di suggerire un po’ più di realismo e meno illusioni perché chi volesse rinsaldare l’asse Bossi-Berlusconi già oggi, magari facendo mancare il sostegno al governo Monti, non solo si illude ma rischia di sbagliare i conti”.
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Re: Come se ne viene fuori ?
E Cesa da dove viene dal Triassico... è una trilobite...
Sono morti politicamente tutti...
Se il PD non si libera in tempo del mucchio di zavorra che ha affonderà anche lui...
facce nuove, programmi di sinistra e onestà!
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