Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 01/06/2013, 16:31
Analisi che non fa una piega, anche se non nuova. Tuttavia mancano, come al solito, indicazioni sulle possibili strade per venirne fuori.
Sono possibili politiche nazionali capaci di modificare il sistema? Quali politiche sono possibili a livello europeo? Perché gli stati, che pure ricevono danni da queste crisi periodiche, sono così impotenti? Cosa, in conclusione, è possibile concretamente fare sul piano politico?
Sono queste le domande alle quali sarebbe finalmente il momento di tentare di dare qualche risposta concreta.
Prima o poi la bolla arriva – Andrea Baranes (Il Manifesto)
1/6/2013
Tra giugno 2012 e maggio 2013 il Mib, il principale indice della Borsa italiana, guadagna oltre il 35%. Davvero niente male per un Paese che sta entrando nel settimo trimestre consecutivo di calo del Pil. Consumi e produzione industriale crollano, la fiducia è ai minimi, viviamo una stagione di instabilità politica e sfiducia sociale. Ma la finanza vola. 35% in un anno, un dato che dovrebbe corrispondere a un vero e proprio boom economico e a una sfavillante fiducia nel futuro. Cosa sta succedendo, esattamente? Andiamo indietro di qualche anno, negli Usa. La bolla dei titoli tecnologici esplode a cavallo del nuovo millennio. Negli anni precedenti i mercati erano in preda a un’euforia sfrenata, chiunque investisse in una società informatica vedeva il proprio capitale crescere a dismisura. Il valore di Borsa cresceva al di là di qualsiasi fondamentale economico. L’aumento della domanda dei titoli ne faceva salire il prezzo, e l’aumento del prezzo causava un ulteriore aumento della domanda. La classica bolla finanziaria che si autoalimenta. Finché un evento in sé limitato non porta qualcuno a vendere, scatenando l’effetto valanga: le vendite fanno scendere il prezzo, il che porta altri investitori a disfarsi dei titoli, in breve si scatena il panico. Facciamo un altro salto all’indietro, di quasi quattro secoli. Nel XVII secolo i tulipani sono la nuova moda nelle corti europee. Alla crescita della domanda di bulbi alcuni mercanti iniziano a comprarli non per coltivare tulipani, ma sperando che il prezzo continui a salire. Più i prezzi salgono, più persone vengono attratte da questa speculazione e il fenomeno si auto-amplifica. Nel 1635 un bulbo viene venduto a 5.000 fiorini, mentre un maiale ne costava 30 e una tonnellata di burro 10. Fino all’inevitabile scoppio della bolla e alla successiva crisi. Due situazioni per molti versi simili. Cambia però la reazione delle istituzioni. Nel XVII secolo, i giudici si rifiutano di riconoscere i debiti nati dalla bolla dei tulipani, equiparandoli a gioco d’azzardo. Nel 2001, quando scoppia la bolla tecnologica, la banca centrale statunitense taglia i tassi, per fare ripartire il sistema immettendo più denaro in circolazione. Sto giocando al casinò, finché vinco mi tengo il bottino, quando perdo mi danno la possibilità di acquistare nuove fiches a un prezzo scontato, per continuare a giocare come e peggio di prima. Un gigantesco azzardo morale. Una montagna di soldi facili che segna l’avvio di una nuova bolla, questa volta nel settore immobiliare. Com’è andata a finire è ormai noto: nel 2007 i mutui subprime , il fallimento della Lehman Brothers e la peggiore crisi degli ultimi decenni. Come se ne è usciti? Semplice, inondando nuovamente i mercati di soldi. Indebitando gli Stati per migliaia di miliardi per foraggiare il sistema finanziario responsabile della crisi e portando i tassi ai minimi storici. Non che in una situazione di crisi sia sbagliata l’idea in sé di iniettare denaro pubblico per fare ripartire l’economia, la politica opposta è la sciagurata austerità che stiamo vivendo in Europa. Ma l’ibrido di liquidità illimitata per la finanza e austerità per gli Stati e i cittadini è surreale. I piani di salvataggio arrivano senza condizioni. Un assegno in bianco dal pubblico al settore finanziario, e si riparte. Con una bolla del petrolio, poi dell’oro. A cavallo del 2008 il prezzo del grano e del mais raddoppia sui mercati internazionali, senza che ci sia alcun motivo reale, una siccità, una grandinata, l’invasione delle cavallette, che possa minimamente giustificarne l’andamento. Tutto questo mentre l’austerità e i tagli alla spesa pubblica significano meno risorse nel sistema economico e recessione. In questa situazione, naturalmente i capitali si indirizzano verso la speculazione e si allontanano dalle attività produttive, amplificando la bolla finanziaria da una parte e la stessa recessione dall’altra. Il sistema bancario contribuisce in maniera determinante. In Italia, con i tassi di riferimento così bassi, e un costo della raccolta del denaro che rimane alto, è difficile guadagnare su prestiti e mutui. Le difficoltà di famiglie e imprese nel restituire i prestiti portano inoltre all’aumento delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati. Per fare quadrare il bilancio, si investe massicciamente in titoli finanziari. L’attività bancaria si sposta dai prestiti agli investimenti di portafoglio. Ulteriori risorse sottratte all’economia e immesse nella finanza. Somme stratosferiche circolano tra i mercati di tutto il mondo, ma in Italia è praticamente impossibile ottenere un mutuo sulla casa e le imprese non hanno accesso al credito. Un sistema incredibilmente inefficiente, in quanto necessità di enormi risorse per portare a termine il proprio compito, e altrettante inefficace, in quanto non riesce nemmeno a realizzare tale compito in maniera accettabile. Questa finanza non è più uno strumento al servizio dell’economia. È un fardello insostenibile, un gigantesco bidone aspiratutto sopra le nostre teste. È questa la posta in gioco quando parliamo di chiudere il casinò finanziario, limitare l’uso dei derivati, contrastare i paradisi fiscali, introdurre dei controlli sui movimenti di capitali, tassare le transazioni finanziarie. Sottoporre la finanza a una rigida cura dimagrante. Il problema non è che non ci sono i soldi, come ci ripetono quotidianamente. Il problema è che ce ne sono troppi. Ma sono tutti dalla parte sbagliata. Il Mib segna un +35%. Il Pil è in calo da sette trimestri consecutivi. Uno scollamento sempre più profondo tra finanza ed economia. Una classica bolla. E prima o poi le bolle scoppiano, causando disastri economici e sociali. Se non cambiamo dalle fondamenta l’attuale sistema, il dubbio non è “se” ma “quando” scoppierà. Dopo di che, anche sull’ipotizzare chi verrà riempito di soldi e liquidità perché è too big to fail , e chi al contrario rimarrà con il cerino in mano a pagare un conto fatto di sacrifici, disoccupazione, precarietà e piani di austerità, i dubbi sono abbastanza pochi.
Sono possibili politiche nazionali capaci di modificare il sistema? Quali politiche sono possibili a livello europeo? Perché gli stati, che pure ricevono danni da queste crisi periodiche, sono così impotenti? Cosa, in conclusione, è possibile concretamente fare sul piano politico?
Sono queste le domande alle quali sarebbe finalmente il momento di tentare di dare qualche risposta concreta.
Prima o poi la bolla arriva – Andrea Baranes (Il Manifesto)
1/6/2013
Tra giugno 2012 e maggio 2013 il Mib, il principale indice della Borsa italiana, guadagna oltre il 35%. Davvero niente male per un Paese che sta entrando nel settimo trimestre consecutivo di calo del Pil. Consumi e produzione industriale crollano, la fiducia è ai minimi, viviamo una stagione di instabilità politica e sfiducia sociale. Ma la finanza vola. 35% in un anno, un dato che dovrebbe corrispondere a un vero e proprio boom economico e a una sfavillante fiducia nel futuro. Cosa sta succedendo, esattamente? Andiamo indietro di qualche anno, negli Usa. La bolla dei titoli tecnologici esplode a cavallo del nuovo millennio. Negli anni precedenti i mercati erano in preda a un’euforia sfrenata, chiunque investisse in una società informatica vedeva il proprio capitale crescere a dismisura. Il valore di Borsa cresceva al di là di qualsiasi fondamentale economico. L’aumento della domanda dei titoli ne faceva salire il prezzo, e l’aumento del prezzo causava un ulteriore aumento della domanda. La classica bolla finanziaria che si autoalimenta. Finché un evento in sé limitato non porta qualcuno a vendere, scatenando l’effetto valanga: le vendite fanno scendere il prezzo, il che porta altri investitori a disfarsi dei titoli, in breve si scatena il panico. Facciamo un altro salto all’indietro, di quasi quattro secoli. Nel XVII secolo i tulipani sono la nuova moda nelle corti europee. Alla crescita della domanda di bulbi alcuni mercanti iniziano a comprarli non per coltivare tulipani, ma sperando che il prezzo continui a salire. Più i prezzi salgono, più persone vengono attratte da questa speculazione e il fenomeno si auto-amplifica. Nel 1635 un bulbo viene venduto a 5.000 fiorini, mentre un maiale ne costava 30 e una tonnellata di burro 10. Fino all’inevitabile scoppio della bolla e alla successiva crisi. Due situazioni per molti versi simili. Cambia però la reazione delle istituzioni. Nel XVII secolo, i giudici si rifiutano di riconoscere i debiti nati dalla bolla dei tulipani, equiparandoli a gioco d’azzardo. Nel 2001, quando scoppia la bolla tecnologica, la banca centrale statunitense taglia i tassi, per fare ripartire il sistema immettendo più denaro in circolazione. Sto giocando al casinò, finché vinco mi tengo il bottino, quando perdo mi danno la possibilità di acquistare nuove fiches a un prezzo scontato, per continuare a giocare come e peggio di prima. Un gigantesco azzardo morale. Una montagna di soldi facili che segna l’avvio di una nuova bolla, questa volta nel settore immobiliare. Com’è andata a finire è ormai noto: nel 2007 i mutui subprime , il fallimento della Lehman Brothers e la peggiore crisi degli ultimi decenni. Come se ne è usciti? Semplice, inondando nuovamente i mercati di soldi. Indebitando gli Stati per migliaia di miliardi per foraggiare il sistema finanziario responsabile della crisi e portando i tassi ai minimi storici. Non che in una situazione di crisi sia sbagliata l’idea in sé di iniettare denaro pubblico per fare ripartire l’economia, la politica opposta è la sciagurata austerità che stiamo vivendo in Europa. Ma l’ibrido di liquidità illimitata per la finanza e austerità per gli Stati e i cittadini è surreale. I piani di salvataggio arrivano senza condizioni. Un assegno in bianco dal pubblico al settore finanziario, e si riparte. Con una bolla del petrolio, poi dell’oro. A cavallo del 2008 il prezzo del grano e del mais raddoppia sui mercati internazionali, senza che ci sia alcun motivo reale, una siccità, una grandinata, l’invasione delle cavallette, che possa minimamente giustificarne l’andamento. Tutto questo mentre l’austerità e i tagli alla spesa pubblica significano meno risorse nel sistema economico e recessione. In questa situazione, naturalmente i capitali si indirizzano verso la speculazione e si allontanano dalle attività produttive, amplificando la bolla finanziaria da una parte e la stessa recessione dall’altra. Il sistema bancario contribuisce in maniera determinante. In Italia, con i tassi di riferimento così bassi, e un costo della raccolta del denaro che rimane alto, è difficile guadagnare su prestiti e mutui. Le difficoltà di famiglie e imprese nel restituire i prestiti portano inoltre all’aumento delle sofferenze bancarie e dei crediti deteriorati. Per fare quadrare il bilancio, si investe massicciamente in titoli finanziari. L’attività bancaria si sposta dai prestiti agli investimenti di portafoglio. Ulteriori risorse sottratte all’economia e immesse nella finanza. Somme stratosferiche circolano tra i mercati di tutto il mondo, ma in Italia è praticamente impossibile ottenere un mutuo sulla casa e le imprese non hanno accesso al credito. Un sistema incredibilmente inefficiente, in quanto necessità di enormi risorse per portare a termine il proprio compito, e altrettante inefficace, in quanto non riesce nemmeno a realizzare tale compito in maniera accettabile. Questa finanza non è più uno strumento al servizio dell’economia. È un fardello insostenibile, un gigantesco bidone aspiratutto sopra le nostre teste. È questa la posta in gioco quando parliamo di chiudere il casinò finanziario, limitare l’uso dei derivati, contrastare i paradisi fiscali, introdurre dei controlli sui movimenti di capitali, tassare le transazioni finanziarie. Sottoporre la finanza a una rigida cura dimagrante. Il problema non è che non ci sono i soldi, come ci ripetono quotidianamente. Il problema è che ce ne sono troppi. Ma sono tutti dalla parte sbagliata. Il Mib segna un +35%. Il Pil è in calo da sette trimestri consecutivi. Uno scollamento sempre più profondo tra finanza ed economia. Una classica bolla. E prima o poi le bolle scoppiano, causando disastri economici e sociali. Se non cambiamo dalle fondamenta l’attuale sistema, il dubbio non è “se” ma “quando” scoppierà. Dopo di che, anche sull’ipotizzare chi verrà riempito di soldi e liquidità perché è too big to fail , e chi al contrario rimarrà con il cerino in mano a pagare un conto fatto di sacrifici, disoccupazione, precarietà e piani di austerità, i dubbi sono abbastanza pochi.