Re: Diario della caduta di un regime.
Inviato: 23/07/2015, 18:17
Spesso si usa in modo improprio il termine “democrazia” per indicare il sistema politico in vigore nello stivale.
D’accordo che molti abbiano sostenuto che quanto accaduto negli ultimi 70 anni è dovuto al fatto che si tratta di una “giovane democrazia”, ma andare a votare periodicamente per eleggere i capi non vuol dire affatto credere di essere in una democrazia.
La democrazia è un modo di vivere più complesso,…più articolato che entra nel sistema sociale.
In questa fase politica, all’interno di Renzilandia, che sta operando per invertire il senso di percorrenza delle lancette dell’orologio della storia, dove con un consenso (sondaggi) del 31 %, che corrisponde al 16,6 % della popolazione abilitata al voto, si fa credere di essere all’interno di una “democrazia”.
E gli italiani ci credono pure, disposti a credere che gli asini volano.
In questo Paese l’estrema destra non ha mollato mai.
Quasi dopo vent’anni dalla caduta del fascismo hanno tentato di riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, con il primo tentativo di colpo di stato nel 1964 con il generale dell’Arma dei Carabinieri, De Lorenzo e i suoi boys.
La successiva stagione stragista della “Strategia della tensione” ha rappresentato la fase successiva.
Ci si congratula che dopo 41 anni, la strage di Piazza della Loggia a Brescia abbia raggiunto finalmente la verità giudiziaria.
C’è ben poco da congratularsi.
Questo vuol dire che siamo all’interno di uno Stato parafascista, dove per 40 anni l’estrema destra fascista e i servizi segreti deviati sono riusciti a occultare la realtà costringendo lo Stato all'angolo.
Condannare all’ergastolo i responsabili che ora hanno 80 anni è un’ulteriore beffa.
^^^^^^^^^^^^
Giustizia & Impunità
Piazza della Loggia, un punto fermo nella storia di stragi senza colpevoli
di Gianni Barbacetto | 23 luglio 2015
Commenti (25)
Ci sono voluti 41 anni, tre inchieste e tredici processi per arrivare finalmente a una condanna per la strage di Brescia. Ergastolo per Carlo Maria Maggi, il capo della cellula veneta di Ordine Nuovo, e per Maurizio Tramonte, il fascista fonte “Tritone” dei servizi segreti. Erano stati assolti nella terza indagine sulla strage di piazza della Loggia. Poi la Cassazione ha cancellato l’assoluzione e ordinato un nuovo processo d’appello che ieri si è concluso con due ergastoli.
È provato, dunque, che l’esplosivo che uccise otto persone e ne ferì più di cento, quel 28 maggio 1974 a Brescia, è la gelignite conservata nella trattoria di Venezia “Scalinetto”, dove si ritrovavano gli uomini di Ordine Nuovo, e poi consegnata da Carlo Digilio a Marcello Soffiati, che la portò a Brescia. Soffiati e Digilio (l’unico condannato per la strage di piazza Fontana, di cui si era autoaccusato) sono morti, dunque non possono più essere condannati. Ma erano solo due militanti di Ordine Nuovo, che non potevano certo decidere da soli una strage come quella di Brescia. Era Maggi il capo della cellula veneta in grado di dare l’ordine.
Pubblicità
È Maggi infatti che il 25 maggio 1974, tre giorni prima della strage, in una riunione ad Abano Terme dice che bisogna fare un grande attentato, che bisogna proseguire nella strategia stragista iniziata il 12 dicembre 1969 in piazza Fontana a Milano: lo riferisce Tramonte, militante di Ordine Nuovo che era diventato un informatore del Sid (il servizio segreto militare) con il nome in codice di “fonte Tritone”. Il generale del Sid Gianadelio Maletti, che gestiva la fonte, la tenne nascosta e si guardò bene dal passare le informazioni di “Tritone”, preziosissime, ai magistrati che indagavano sulla strage. È il giudice istruttore di Milano Guido Salvini a scoprire, negli anni Novanta, chi è “Tritone”, che è così portato a giudizio.
Del ruolo di Maggi parlano anche altri due militanti di Ordine Nuovo, il veneto Nicola Rao e il milanese Pietro Battiston, in una conversazione intercettata nel 1995, in cui commentavano la partenza da Venezia, il giorno prima della strage di Brescia, di una valigia di esplosivo.
Tutto ciò non fu ritenuto sufficiente dai giudici del primo processo d’appello a Brescia, contraddetti dalla Cassazione. Ora la Corte d’assise d’appello di Milano ha messo un punto fermo in una lunga storia di stragi sempre senza colpevoli.
Soddisfatti, finalmente, i famigliari delle vittime. “La sentenza impone una profondissima riflessione su quegli anni dal ’69 al ’74”, ha dichiarato Manlio Milani. Il giudice Salvini oggi commenta: “Questo esito è il premio per un impegno, quello della Procura di Brescia, che non è mai venuto meno in tanti anni. Se la Procura di Milano avesse fatto altrettanto, credo che sarebbe stato possibile andare anche per piazza Fontana al di là di quella responsabilità storica che comunque le sentenze hanno accertato in modo indiscutibile nei confronti delle stesse cellule di Ordine Nuovo al centro del processo per piazza della Loggia”.
Il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... i/1899407/
D’accordo che molti abbiano sostenuto che quanto accaduto negli ultimi 70 anni è dovuto al fatto che si tratta di una “giovane democrazia”, ma andare a votare periodicamente per eleggere i capi non vuol dire affatto credere di essere in una democrazia.
La democrazia è un modo di vivere più complesso,…più articolato che entra nel sistema sociale.
In questa fase politica, all’interno di Renzilandia, che sta operando per invertire il senso di percorrenza delle lancette dell’orologio della storia, dove con un consenso (sondaggi) del 31 %, che corrisponde al 16,6 % della popolazione abilitata al voto, si fa credere di essere all’interno di una “democrazia”.
E gli italiani ci credono pure, disposti a credere che gli asini volano.
In questo Paese l’estrema destra non ha mollato mai.
Quasi dopo vent’anni dalla caduta del fascismo hanno tentato di riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, con il primo tentativo di colpo di stato nel 1964 con il generale dell’Arma dei Carabinieri, De Lorenzo e i suoi boys.
La successiva stagione stragista della “Strategia della tensione” ha rappresentato la fase successiva.
Ci si congratula che dopo 41 anni, la strage di Piazza della Loggia a Brescia abbia raggiunto finalmente la verità giudiziaria.
C’è ben poco da congratularsi.
Questo vuol dire che siamo all’interno di uno Stato parafascista, dove per 40 anni l’estrema destra fascista e i servizi segreti deviati sono riusciti a occultare la realtà costringendo lo Stato all'angolo.
Condannare all’ergastolo i responsabili che ora hanno 80 anni è un’ulteriore beffa.
^^^^^^^^^^^^
Giustizia & Impunità
Piazza della Loggia, un punto fermo nella storia di stragi senza colpevoli
di Gianni Barbacetto | 23 luglio 2015
Commenti (25)
Ci sono voluti 41 anni, tre inchieste e tredici processi per arrivare finalmente a una condanna per la strage di Brescia. Ergastolo per Carlo Maria Maggi, il capo della cellula veneta di Ordine Nuovo, e per Maurizio Tramonte, il fascista fonte “Tritone” dei servizi segreti. Erano stati assolti nella terza indagine sulla strage di piazza della Loggia. Poi la Cassazione ha cancellato l’assoluzione e ordinato un nuovo processo d’appello che ieri si è concluso con due ergastoli.
È provato, dunque, che l’esplosivo che uccise otto persone e ne ferì più di cento, quel 28 maggio 1974 a Brescia, è la gelignite conservata nella trattoria di Venezia “Scalinetto”, dove si ritrovavano gli uomini di Ordine Nuovo, e poi consegnata da Carlo Digilio a Marcello Soffiati, che la portò a Brescia. Soffiati e Digilio (l’unico condannato per la strage di piazza Fontana, di cui si era autoaccusato) sono morti, dunque non possono più essere condannati. Ma erano solo due militanti di Ordine Nuovo, che non potevano certo decidere da soli una strage come quella di Brescia. Era Maggi il capo della cellula veneta in grado di dare l’ordine.
Pubblicità
È Maggi infatti che il 25 maggio 1974, tre giorni prima della strage, in una riunione ad Abano Terme dice che bisogna fare un grande attentato, che bisogna proseguire nella strategia stragista iniziata il 12 dicembre 1969 in piazza Fontana a Milano: lo riferisce Tramonte, militante di Ordine Nuovo che era diventato un informatore del Sid (il servizio segreto militare) con il nome in codice di “fonte Tritone”. Il generale del Sid Gianadelio Maletti, che gestiva la fonte, la tenne nascosta e si guardò bene dal passare le informazioni di “Tritone”, preziosissime, ai magistrati che indagavano sulla strage. È il giudice istruttore di Milano Guido Salvini a scoprire, negli anni Novanta, chi è “Tritone”, che è così portato a giudizio.
Del ruolo di Maggi parlano anche altri due militanti di Ordine Nuovo, il veneto Nicola Rao e il milanese Pietro Battiston, in una conversazione intercettata nel 1995, in cui commentavano la partenza da Venezia, il giorno prima della strage di Brescia, di una valigia di esplosivo.
Tutto ciò non fu ritenuto sufficiente dai giudici del primo processo d’appello a Brescia, contraddetti dalla Cassazione. Ora la Corte d’assise d’appello di Milano ha messo un punto fermo in una lunga storia di stragi sempre senza colpevoli.
Soddisfatti, finalmente, i famigliari delle vittime. “La sentenza impone una profondissima riflessione su quegli anni dal ’69 al ’74”, ha dichiarato Manlio Milani. Il giudice Salvini oggi commenta: “Questo esito è il premio per un impegno, quello della Procura di Brescia, che non è mai venuto meno in tanti anni. Se la Procura di Milano avesse fatto altrettanto, credo che sarebbe stato possibile andare anche per piazza Fontana al di là di quella responsabilità storica che comunque le sentenze hanno accertato in modo indiscutibile nei confronti delle stesse cellule di Ordine Nuovo al centro del processo per piazza della Loggia”.
Il Fatto Quotidiano, 23 luglio 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07 ... i/1899407/