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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • Diario della caduta di un regime. - Pagina 38
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Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 03/08/2015, 6:28
da camillobenso
Comuni, Corte Conti: “Tasse aumentate del 22% in 3 anni, peso del fisco al limite”

02/08/2015 di triskel182

Nell’ultimo triennio la pressione fiscale comunale è passata dai 505,5 euro 2011 ai 618,4 euro pro capite 2014. Lo scrivono i giudici contabili nella relazione sulla finanza locale. Record nelle città più grandi (in quelle con più di 250 mila abitanti l’imposizione arriva a 881,94 euro a testa) e nei centri sotto i 2 mila abitanti. La colpa? Dei “ripetuti tagli alle risorse statali disposti dalle manovre finanziarie susseguitesi dal 2011″. Per i magistrati, poi, “la crescita dell’autonomia finanziaria degli enti non sembra produrre benefici”.

I Comuni italiani hanno subito tagli per 8 miliardi e le tasse locali sono aumentate del 22% in 3 anni, con un record nella città più grandi e nei centri sotto i 2mila abitanti e un’imposizione fiscale arrivata al limite. E’ la fotografia della finanza locale scattata dalla Corte dei Conti. Nell’ultimo triennio si è verificato un “incremento progressivo della pressione fiscale” comunale, passata dai 505,5 euro 2011 ai 618,4 euro pro capite 2014, si legge nellaRelazione sulla finanza locale, nella quale i magistrati contabili nei giorni scorsi hanno sottolineato come negli ultimi 7 anni gli enti locali abbiano subito tagli per complessivi 40 miliardi e come, a causa della riduzione delle risorse seguita alla riforma Delrio, nella Province siano “a rischio i servizi fondamentali”.

“I livelli massimi di riscossione tributaria” si registrano nei 12 Comuni con più di 250mila abitanti, dove arriva a 881,94 euroa testa. Nei Comuni tra 60mila e 249mila abitanti la riscossione procapite si attesta a 649,69 euro. Ma pagano molto anche i Comuni della fascia più bassa (da 1 a 1999 abitanti) con 628 europer abitante, dato “indicativo di come il livello penalizzante della pressione fiscale nei piccoli centri sconti le differenze di base imponibile (e quindi la minore capacità fiscale) che, a fronte delle più che incisive misure correttive sui livelli di disponibilità finanziarie indispensabili a garantire servizi essenziali, hanno determinato una ‘rincorsà all’esercizio del massimo sforzo fiscale”. La quota più bassa di riscossione fiscale si registra nei Comuni tra 5 e 10mila abitanti (511,76 euro procapite) e comunque tutte le fasce intermedie si collocano sotto i 600 euro a testa.

La dinamica delle entrate locali, scrivono i magistrati contabili, è dovuta principalmente a “due fenomeni: il deterioramento del quadro economico, con effetti penalizzanti soprattutto sul gettito risultante dalle più ridotte basi imponibili” e dalle “numerose manovre di risanamento della finanza pubblica, i cui effetti prodotti dal disorganico e talvolta convulso succedersi di interventi sulle fonti di finanziamento degli enti locali hanno determinato forti incertezze nella gestione dei bilanci e nella formulazione delle politiche tributarie territoriali”.

Per quale motivo i Comuni hanno aumentato le tasse? Perché, spiega ancora la Corte, tra il 2010 e il 2014 hanno subito tagli per circa “8 miliardi” e hanno messo in atto “aumenti molto accentuati” delle tasse locali “per conservare l’equilibrio in risposta alle severe misure correttive del governo”. Oggi tuttavia, scrivono ancora i magistrati, il peso del fisco è “ai limiti della compatibilità con le capacità fiscali locali”.

“Sul fronte delle entrate – si legga in premessa nella relazione – il radicarsi di un meccanismo distorsivo, per cui il concorso degli Enti locali agli obiettivi di finanza pubblica pesa, in ultima istanza, sul contribuente in termini di aumento della pressione fiscale, trova origine nei pesanti e ripetuti tagli alle risorse statali disposti dalle manovre finanziarie susseguitesi dal 2011, cui fa eco il cronico ritardo nella ricomposizione delle fonti di finanziamento della spesa, necessaria per garantire servizi pubblici efficienti ed economici. Ciò aggrava e rende permanente l’inefficienza delle gestioni, nonostante l’incremento consistente delle entrate proprie (+15,63% rispetto al 2013) che fa crescere l’autonomia finanziaria oltre la soglia del 65% ed assorbe la diminuzione progressiva e costante dei trasferimenti (-27,29%)”.

I magistrati contabili osservano anche che “la crescita dell’autonomia finanziaria degli enti non sembra produrre benefici effetti né sui servizi, né sui consumi e sull’occupazione locale, in assenza di una adeguata azione di stimolo derivante dagli investimenti pubblici” e che “andrebbe dunque recuperato il progetto federalista che lega la responsabilità di ‘presà alla responsabilità di ‘spesà, realizzando una necessaria correlazione tra prelievo ed impiego”. Progetto “a cui è sicuramente funzionale la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, necessaria per superare definitivamente il criterio della ‘spesa storicà, ma che i più recenti interventi normativi non sembrano sostenere adeguatamente, andando nella direzione di una maggiore flessibilità dei bilanci, di una effimera ricostituzione della liquidità con oneri di rimborso a lunghissimo termine e di un alleggerimento degli oneri connessi alla neonata disciplina dell’armonizzazione contabile”.

Da ilfattoquotidiano.it

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 03/08/2015, 14:03
da camillobenso
SODOMIZEMOS




Possiamo leggere sul Fatto Quotidiano di ieri la brevissima intervista al Prof. Gianfranqo Pasquino, dal titolo :

"Inesperti al comando pieni di boria senza gloria"


Una valutazione simile a quella effettuata nel febbraio del 2014 dal Prof. Giovanni Sartori sul Corriere della Sera dopo aver appreso l'elenco dei ministri del governo La Qualunque:

"Un governo di incompetenti guidato da un incompetente"


Un renziano, allora mi rispose alla citazione del Prof. Sartori:



"Ma chi è il Prof. Sartori!!!!"


Segno evidente della degenerazione in corso, da cui non se ne verrà fuori.





Comprare l’Italia (per poi chiuderla) prima che crolli l’euro

Scritto il 03/8/15 • LIBRE nella Categoria: segnalazioni



La teoria comincia a confermare i peggiori presagi di alcuni “malpensanti”, ad esempio Mitt Dolcino che mi ospita su questo sito.

Quello che è stato a più riprese previsto dall’autore sopra citato si può riassumere come segue:

- la stagflazione in regime di cambi fissi è una moderna forma di neocolonialismo tedesco a danno dei supposti “partner” deboli dell’Ue;

- le ricette austere di matrice tedesca stanno indebolendo le aziende dell’Europa periferica ed italiana in particolare che quindi vengono acquisite dall’estero, con massima attenzione per quei paesi che competono direttamente con la Germania (ad es. l’Italia, soprattutto l’Italia);

- appunto, la Germania è interessata ad acquisire nel Belpaese i competitor delle propie grandi aziende, non per investire con/in esse ma semplicemente per eliminare un avversario (pls check);

- questo verrà provato a breve con lo svuotamento delle attività italiane delle aziende acquisite, prima di tutto in termini di manodopera e di investimenti (nell’arco di circa un triennio);

- la Germania deve acquistare quel che resta delle imprese italiane – maggior competitor manifatturiero della Germania – PRIMA prima che l’euro si rompa, onde ovviare alla innegabile competizione della italiana a seguito della svalutazione competitiva che seguirà.



Ecco, questa è in pillole la teoria che Mitt Dolcino ha propugnato nei suoi interventi degli scorsi tre anni; forse bisognerebbe ponderare se avesse/avrà o meno ragione, l’acquisto di Italcementi – il più grande cementiere del sud Europa – è un boccone enorme. Di più, un vero banco di prova. Vero che su questo sito si era preconizzata l’acquisizione in passato di Enel da parte dei tedeschi.

Altrettanto vero che tale “piece of news” pare fosse informazione accurata, peccato che da una parte l’acquirente in pectore tedesco si stia letteralmente liquefacendo a seguito dei suoi enormi errori manageriali e dei pessimi (relativi al settore) risultati di bilancio (…); dall’altra il duo “governo/Ad di Enel” [bravissimo] hanno saputo tessere una tela ramificatissima e pregevolissima che, anche grazie a supporti esterni (Usa, vedasi l’accordo con Ge per il rinnovabile in Nord America) e all’astuzia del governo con le Tlc in fibra allocate al gigante elettrico, ha esteso le coperture della golden share [e della geopolitica che conta] alla nostra multinazionale dell’energia.


Ma ciò non toglie che quello di Italcementi sia un vero simbolo, un passo decisivo nel piano egemonico tedesco, certamente – si teme – solo il primo di una serie: la Germania, avendo compreso che l’euro è destinato a crollare, deve comprare ORA ora le aziende che le fanno concorrenza, soprattutto nella manifattura e soprattutto nel suo settore di elezione, quello primario (cemento, acciaio, energia, autotrazione, chimica etc. ma non nell’oil in quanto ne fu esclusa dopo la sconfitta nell’ultima guerra).


O al limite farle chiudere/sperare che chiudano, come la Riva Acciai competitore della iper-problematica ThyssenKrupp (il crollo di Riva a fine del 2011 ha prima di tutto salvato il gigante tedesco dell’acciaio; coincidenza delle coincidenze è che il crollo del nostro gruppo siderurgico sia coinciso con l’alba del governo di Mario Monti e del golpe contro un primo ministro italiano democraticamente eletto, considero il Professore certamente un affiliato o quasi dell’ordoliberismo tedesco, per non dire molto di più).



E – lo ripeterò fino allo sfinimento – la Germania deve acquisire i propri competitor in Ue indeboliti dalla crisi PRIMA prima che l’euro si rompa, con il fine di evitare che la svalutazione competitiva italiana spiazzi i suoi giganti nazionali.




Ben inteso, sarà facile verificare che Heidelberg ha acquisto Italcementi per farla chiudere o comunque per ridimensionarla, eliminando un competitor.


Per altro solo l’aspetto fiscale – tasse molto più basse in Germania che in Italia – giustificherebbe la chiusura della maggioranza delle filiali italiane rispetto a quelle meno tassate/vessate in Germania.

Verificate gente, verificate se quanto stiamo asserendo si trasformerà in realtà: in particolare occhio all’occupazione di Italcementi nei prossimi tre/quattro anni ed ai tagli che seguiranno, facile prevedere che finirà come Acciai Speciali Terni simboleggiata nel disastro di Torino, bassi investimenti e chiusura progressiva (speriamo che questa volta almeno si eviti la tragedia).


Credetemi, questa storia la conosco davvero bene e non temo – purtroppo – smentita nella visione proposta.



E in tutto questo tristissimo epilogo, i nostri politici fanno grande fatica a riconoscere la grave realtà che ci aspetta; questo è l’aspetto più irritante.



E soprattutto, a vedere l’ormai evidente protervia tedesca, un piano ben congegnato.


Attenti, politici: se la disoccupazione dovesse esplodere per colpa diretta dei tedeschi, stile abbattimento/forte ridimensionamento di Italcementi da parte di Heidelberg, penso che questa volta rischierete davvero di pagarla di fronte ai cittadini, soprattutto vis a vis con le maestranze esodate in forza ad esempio degli effetti del Jobs Act.



E ai giovani intraprendenti dico: andatevene da questo paese, se la politica permette che gli stranieri che ci impongono il rigore ci comprino i nostri grandi gruppi a valle all’indebolimento preventivo causato dall’austerity, per voi non c’è futuro.




E probabilmente nemmeno per i giovani politici; aspettate per credere, sono pronto a scommettere che da qui a qualche anno saranno loro i responsabili del disastro.


Ben inteso, fosse per me chiederei a Mario Monti di emigrare…



(“La teoria secondo cui il sistema tedesco deve comprarsi la manifattura italiana prima del crollo dell’euro comuncia ad avverarsi: Italcementi acquistata da Heidelberg”, intervento di “Fantomas” da “Scenari Economici” del 29 luglio 2015).

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 03/08/2015, 14:56
da camillobenso
SODOMIZEMOS



ULTIMI SONDAGGI POLITICI ELETTORALI (31 LUGLIO 2015) – Dopo le intenzioni di voto di voto di Ipr, nuovi sondaggi elettorali confermano il crollo di Renzi.

Gli ultimi sondaggi politici di Datamedia certificano la perdita di consensi di Matteo Renzi, a dispetto delle sue promesse iperboliche sui 45 miliardi tagli alle tasse.

I sondaggi elettorali realizzati da Datamedia Ricerche per il quotidiano ‘Il Tempo’ registrano un punto percentuale perso nella fiducia degli italiani in Renzi, proprio all’indomani di annunci che avrebbero dovuto farla aumentare.

Vediamo dunque nel dettaglio le percentuali delle intenzioni di voto per i partiti e della fiducia degli italiani nel presidente del Consiglio.


Ultimi sondaggi politici elettorali: continua il lento sgretolamento del Pd

Il Pd (Partito Democratico) rimane il primo partito italiano, ma continua a scendere: ora è al 33.5%.


Il che vuol dire che il Pd è attenzionato dal 18,1 % degli elettori aventi diritto di voto (47 milioni).

L'attuale sistema di comunicazione preferisce comunicare le percentuali di voto escludendo coloro che si astengono dal voto o sono incerti.

Nelle società dei furbi e dei fessi si fà così.

Ma l'aspetto drammatico della situazione riguarda l'indifferenza dei stivalati davanti alla quantità di supercazzole sparate in quantità industriale dall'attuale premier (si fà per dire).

Se le automobili funzionassero a supercazzole di La Qualunque, oggi saremmo tutti più ricchi degli arabi.

In questo momento saremmo a Santa Marinella sul nostro yacht da 27 m. (Ognuno il suo)

L'anno scorso La qualunque scommise con Vespa circa il pagamento completo della P Aalle aziende creditrici.

Debiti della Pa e promessa di Renzi Vespa: «Tutti a Monte ...
http://www.corriere.it/.../debiti-pa-po ... nte-senari...
22 set 2014 - È lo stesso Bruno Vespa a sancire l'accordo fatto con il premier: si salirà ... dei 56 miliardi di debiti maturati dalla pubblica amministrazione entro il 31 ... Chi va sul sito del governo trova la pratica per ricevere i denari». ... Il mancato pagamento dei debiti della Pa è un tema drammatico per cui ..... Tutti e due!


Debiti della Pubblica Amministrazione, Renzi perde la ...
video.corriere.it/debiti-pubblica-amministrazione-renzi...vespa/f7316886...
20 set 2014 - «Noi abbiamo pagato i debiti della pubblica amministrazione chiedendo a .... o ci si riferisce al mancato pagamento di iniziativa da parte dello Stato? ... Concordo in pieno con quel che ha detto, ma bisogna precisare ... Renzi neppure 8 mesi 2) Berlusconi aveva sua una maggioranza vasta ed omogenea.


Matteo Renzi e il pasticcio dei debiti della PA Tra cifre che non
espresso.repubblica.it/.../matteo-renzi-e-il-pasticcio-dei-debiti-della-pa-tr...
22 set 2014 - Matteo Renzi era talmente sicuro di pagare “tutti i debiti della PA” da scommettere con Bruno Vespa: “Se ce la faccio entro il 21 ... Il governo ammette che mancano “due o tre miliardi”. ... “In un mondo normale il pagamento dovrebbe essere automatico”, spiega Palazzo Chigi. ... L'ESPRESSO SU IPAD.









Oggi il Corriere della Sera Sera scrive:



IL CASO

Debiti della Pa, migliaia di aziende aspettano ancora i pagamenti Deve essere pagato ancora un terzo dei debiti della pubblica amministrazione


di Andrea Ducci



Che fine ha fatto il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione? Prima il governo Letta e poi quello Renzi hanno presentato l’operazione come la chiave di volta per rilanciare la crescita, dal basso, mettendo nell’economia reale, ovvero nelle casse delle imprese, decine di miliardi euro. Un’iniezione di liquidità che avrebbe salvato migliaia di aziende dal fallimento e, soprattutto, garantito una spinta agli investimenti. Non tutto è andato come sperato. Dallo scorso anno, per velocizzare l’operazione, è stata prevista anche una piattaforma telematica, dove le aziende avrebbero certificato on line i crediti, per poi andare in banca e, grazie a una convenzione con l’Abi, l’associazione bancaria, riscuotere il dovuto con un piccolo sconto. Fino allo scorso gennaio il ministero dell’Economia ha aggiornato quasi mensilmente i dati sulle somme messe a disposizione e quelle liquidate. Poi, da sette mesi, più nulla. Ad ammettere che l’operazione non ha funzionato è stato lo stesso premier, Matteo Renzi. Qualche giorno fa nella sua rubrica su L’Unità , il presidente del Consiglio ha scritto che «sul pagamento dei debiti alle imprese abbiamo messo i soldi ma la procedura per riscuoterli è stata troppo complicata. Alla fine il colmo è che sono avanzati i soldi ma non tutti sono ancora stati pagati». Lo smaltimento dei debiti, insomma, non ha ancora ingranato la quarta. Il dato è quello indicato dalla relazione di Bankitalia lo scorso 31 maggio: i debiti commerciali della macchina statale alla fine del 2014 sono 70 miliardi di euro, appena 5 miliardi in meno rispetto al 2013. Quelli catalogati al 31 dicembre 2014 come certi, scaduti ed esigibili pesano per circa 40 miliardi. Come detto l’attuale governo ha catalogato il problema al pari di una zavorra insostenibile. Al punto che lo scorso anno Renzi, appena insediato a Palazzo Chigi, ha promesso che entro il giorno del suo onomastico (San Matteo, ossia il 21 settembre) avrebbe saldato i debiti con imprese e fornitori, utilizzando tutti i 56,2 miliardi di euro stanziati alla fine del 2013. Ospite di Bruno Vespa a Porta a Porta Renzi ha pure scommesso che, in caso di flop, sarebbe andato a piedi da Firenze al santuario di Monte Senario. Totale una scarpinata di quasi venti chilometri. Ad oggi migliaia di aziende aspettano di vedere riconosciuti i loro crediti. Stante, tra l’altro, la procedura di infrazione della Ue contro l’Italia a fronte del sistematico sforamento dei termini per pagare le fatture. Intanto, secondo i dati pubblicati sul sito del ministero dell’Economia, al 30 gennaio scorso, risultavano «pagati ai creditori 36,5 miliardi di euro a fronte di un finanziamento complessivo ai debitori di 42,8 miliardi». Il fermo dell’aggiornamento dei dati è dovuto, spiegano, all’introduzione da marzo della fatturazione elettronica per tutte le amministrazioni pubbliche (negli ultimi tre mesi sono state registrate 5,7 milioni di fatture). Una novità che consente di monitorare flussi, volumi e tempi di pagamento degli enti centrali e periferici. Tanto che, aggiungono al ministero, a breve sarà on line un aggiornamento con dati puntuali sui rimborsi delle fatture e con una stima della tempistica. Nel frattempo è stato confermato che i pagamenti effettuati al 21 luglio sono cresciuti a quota 38,7 miliardi di euro, mentre i soldi trasferiti dallo Stato agli enti che devono onorare i loro debiti con le imprese sono aumentati da 42,8 a 46 miliardi. Ricapitolando, vuol dire che un terzo dei 56 miliardi stanziati alla fine del dicembre 2013 deve ancora essere pagato. In attesa restano anche molte delle 21 mila imprese che hanno certificato il loro credito. L’obiettivo era appunto cederlo a intermediari finanziari grazie alla garanzia dello Stato. Si tratta in tutto di 9,8 miliardi di crediti già certificati, che il sistema creditizio fatica a scontare. Un quadro, insomma, che agevola la battuta di Vespa in merito alla passeggiata a Monte Senario: «Non dubito che i soldi ci siano, ma l’erogazione finale è un’altra storia. Resto in fiduciosa attesa». Questo per i debiti del passato, lo stock. Ma esiste anche un problema, altrettanto importante, che riguarda il flusso. Nel senso che il piano del governo (anche qui si parte da Letta) non riguardava solo lo smaltimento degli arretrati, ma anche la velocizzazione dei nuovi pagamenti alle imprese. Nel 2012 l’allora ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, predispose infatti il recepimento della direttiva europea che impone il pagamento dei debiti di regola entro 30 giorni (60 giorni sono concessi per le aziende pubbliche sul mercato e gli enti sanitari). Ma il bilancio anche su questo versante è deludente. Nel giugno del 2014 l’Ue ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia. I ritardi sono quelli indicati ancora una volta da Bankitalia: rispetto ai 30 giorni previsti dalla direttiva ci sono picchi oltre i 150 giorni. Il governo ha richiesto a Bruxelles la chiusura della procedura sottoscrivendo una serie di impegni. A oggi però è ancora aperta. Uno studio della Cgia di Mestre nel giugno scorso ha evidenziato il record di Catanzaro che accumula in media 144 giorni per saldare i debiti. Nella sanità la maglia nera spetta al Molise con 126 giorni. Il ministero dell’Economia è, invece, il peggiore rispetto agli altri dicasteri a causa degli 82 giorni di ritardo nei pagamenti. 3 agosto 2015

(modifica il 3 agosto 2015 | 12:08) © RIPRODUZIONE RISERVATA]
03 agosto 2015


http://www.corriere.it/economia/15_agos ... 3efe.shtml

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 03/08/2015, 17:09
da camillobenso
La normalità in tempi di Kaos, è anormalità rispetto ai valori umani di 40 anni fà.
16:1403 Ago

Muore mentre fa il bagno
Il cadavere sulla spiaggia
tra l'indifferenza di tutti

Chiara Sarra

L'uomo si è sentito male mentre nuotava a Mondello (Palermo). Il suo corpo è rimasto sulla sabbia per ore, mentre i bagnanti si divertivano attorno a lui


http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 57970.html

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 03/08/2015, 17:38
da camillobenso
La Boschi fa finta di stimatigzare la scelta di alcuni parlamentari che hanno scelto di fare guerra al proprio partito.

Ma dimentica che il compito di un segretario è di unire un partito e non dividerlo per i propri interessi di potere.

"Inesperti al comando, (ma sopratutto), pieni di boria senza gloria" é la definizione data ieri di questa maggioranza, di questo governo, fornita da Gianfranco Pasquino.




Politica
E i due Pd se le danno di santa ragione Vietnam o non Vietnam

Dalla Rai alla riforma del Senato, la maggioranza dem è preoccupata dalla minoranza. Si torna a parlare di Vietnam e disciplina. E volano gli insulti
di Luca Sappino

03 agosto 2015


articolo + video


http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... =HEF_RULLO

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 06/08/2015, 19:42
da camillobenso
ASILO MARIUCCIA




Politica
Renzi, prima piange, poi vieta il piagnisteo: il potere ai tempi del premier
di Alessandro Robecchi | 5 agosto 2015
Commenti (177)




Dunque riassumiamo: “Basta piagnistei”. Una variante. L’ennesima, del “basta piangersi addosso”, rimbocchiamoci le maniche, basta lamentarsi e ognuno aggiunga a piacere fino a esaurimento scorte (peraltro inesauribili).


C’è qualcosa di nuovo, anzi, di antico, nella nuova polemica del Caro Leader, eccezionalmente lanciata dal Giappone.

È più di una frecciatina a questo o quello (i giannizzeri del Capo si affannano a dire che la frase non era rivolta a Saviano) ed è persino più di una filosofia contingente, quelle piccole pillole di saggezza renzista di cui è disseminato il cammino del governo.

Dietro, accanto, sopra e sotto l’esortazione a non lamentarsi, a non fare piagnistei, c’è l’essenza stessa del potere.

Chi ricorda i burbanzosi nuovisti renzisti alla vigilia della “scalata” (cit.), avrà la sporta piena di lamentazioni.


Era un piagnisteo continuo, uno stillicidio di acide lamentazioni: e non ci fanno votare alle primarie come vorremmo, e sono antichi, e sono cattivi con noi che siamo il nuovo, e ammazzano un’intera generazione, e le rubano il futuro con le loro pensioni da favola (e mica parlavano delle pensioni d’oro, sia chiaro).

I palchi della Leopolda pre-marcia erano essenzialmente questo: il grido di dolore di una generazione in camicia bianca e ritratti di Blair che lamentava e denunciava l’inverecondo complotto ai suoi danni: ecco, ci bloccano!


Un piagnisteo in piena regola che toccava vette di lirismo epico quando si innestava sulla questione generazionale: nugoli di trenta-quarantenni affranti dal non avere il potere e le possibilità che avevano avuto i trenta-quarantenni prima di loro. Mano ai fazzoletti, si piangeva un bel po’.


Poi, cambiato verso, basta. Il piagnisteo non vale più, perché adesso comandano loro e lamentarsi è diventato gufismo applicato, reato federale.

Che ci sia in effetti da lamentarsi un po’ lo vedono tutti (la questione del Sud, mai messo così male dai tempi dello sbarco dei Mille e forse pure da prima è da manuale), ma ogni visione della realtà con non collimi con le sorti luminose e progressive che arrivano (arrivano? Stanno arrivando? Arriveranno? E lasciatelo lavorare, no?) è considerata attività antipatriottica.

Dunque non un meccanismo del renzismo – pfui – ma un meccanismo intrinseco del potere: quando erano di là, “calpesti e derisi”, come dice l’Inno, riempivano fazzoletti di lacrime come alla prima di Love Story, ora che sono di qua, nella stanza dei bottoni, chi piange, o anche solo segnala quello che non va è uno che “sa solo lamentarsi”.

Tracciata questa linea filosofica del “non piangete, bambine”, il resto viene da sé come naturale corollario. Esempio di scuola, il mirabolante ministro Franceschini, che inaugurando la Palestra Grande di Pompei (apertura al pubblico in ritardo di duemila anni) si toglie alcuni sassolini delle scarpe e chiede provocatoriamente se questa buona notizia avrà sui giornali lo stesso spazio di quando Pompei crolla in testa ai turisti.

È più che una domanda peregrina: è scema.

Perché nei paesi civili, e giustamente, la gente considera quel che funziona normale e quel che non funziona degno di segnalazione, nota e denuncia.

E dunque nessun giornale titolerà mai “Traffico regolare sull’A1”, ma magari scriverà mezza pagina nel caso di “Ingorgo spaventoso in autostrada”.


Dunque, il ribaltamento, assai bislacco, è questo: si invoca la normalità chiedendo di fare una cosa anormale: celebrare l’ovvio e censurare o silenziare l’eccezione. Con in più la consegna dell’illusione alle masse: “Ehi, rimboccatevi le maniche!”.

Bello, edificante, un po’ coreano del Nord. Ma quando si rimboccano le maniche, i nemici del piagnisteo, mica risollevano l’economia del Sud o fanno decollare l’occupazione, no. Al massimo puliscono qualche muro dalle scritte. Senza piagnistei.

Dal Fatto Quotidiano del 5 agosto 2015
di Alessandro Robecchi | 5 agosto 2015


http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... r/1935629/

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 06/08/2015, 20:04
da camillobenso
A DA PASSA' 'A NUTTATA



“Distrugge la Rai e il Paese, è peggio di Berlusconi”
(GIAMPIERO CALAPÀ)

05/08/2015 di triskel182



No, non ci posso credere… ma sono davvero questi i nomi? Stai scherzando?”. Curzio Maltese, giornalista esperto di televisione, europarlamentare della Sinistra, in vacanza negli Stati Uniti, è incredulo alla notizia dei nominati nel Cda Rai. “La televisione di Stato è il vero specchio del costume politico italiano, da sempre. Non abbiamo mai toccato il fondo così”. Maltese,sì,i nomi sono proprio questi: Siddi, Diaconale, Guelfi, Messa, Mazzuca, Borioni e… Freccero. L’unica cosa positiva è che Sel e Movimento cinque stelle abbiano votato il nome di un grande professionista. Certo mi chiedo di cosa potrà discutere al tavolo con questi altri… credo che si dimetterà molto presto, anche se lui magari adesso dirà il contrario.

Insomma, questo consiglio di amministrazione non convince neppure lei? A parte Freccero, appunto, direi che è un Cda provinciale, Renzi rappresenta una forma provinciale e meno competente del berlusconismo. Siamo al “si stava meglio con Berlusconi”? Questi nomi, voglio dire, sono il ritratto definitivo del renzismo. Siamo governati da una persona che dal punto di vista politico dimostra cento anni, altro che rottamazione.È talmente vecchio che non durerà, perché anche nel male bisogna avere spessore, da Mussolini ad Andreotti fino a Berlusconi. Renzi non ha un briciolo di spessore, è il nulla. Maltese, è molto duro, come crede che finirà questa televisione pubblica? È tristissimo perché in tutta Europa si discute su come riformare il servizio pubblico televisivo e si parla di contenuti. In Italia ci avvitiamo sempre sulle poltrone e il risultato in questo caso è il provincialismo spinto di Renzi. Che le devo dire? Distruggere un’azienda pubblica in questo modo… Nemmeno Berlusconi ci è riuscito, pur impegnandosi, ma ha capito che anche la Rai tornava utile a un certo punto.La rottamazione tanto propagandata da Renzi è finita per essere nient’altro che una lottizzazione senza vergogna. Vede, Giorgio Bocca mi diceva sempre che Mussolini aveva cominciato cooptando i migliori al regime. Questo mette i peggiori nei posti che contano.

Articolo intero su il Fatto Quotidiano del 05/08/2015.

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 06/08/2015, 22:26
da camillobenso
L’intervista - Gianni Boncompagni Lo storico autore televisivo massacra il governo: “Sembra il Caf ”

“Che meraviglia, è tornato il craxismo”
L’INTERVISTA

» MALCOM PAGANI

La nuova Rai va a comporsi.
Gianni Boncompagni, per
caso ha visto le nomine?

Che meraviglia. Un glorioso
ritorno agli Ottanta. Al craxismo.
Ai tempi belli in cui a
dettare legge erano la Dc e il
Partito Socialista.

Gli anni del Caf.

Mi ha tolto le parole di bocca.
Questo Cda sembra proprio
diretta espressione del Caf.
Alla fine, se riflette bene, tra
Cda e Caf cambia solo una lettera.

Un suo giudizio sui nomi
candidati a comporre il Cda?

Non so chi siano. Non li ho
mai sentiti nominare. Credevo
fossero dei passanti. Molti
in effetti sono dei passanti.
Gente presa a caso sull’elenco
del telefono. Ad agosto non
si trova nessuno ed ecco il risultato.
Scandalizzarsi è inutile.
Tutti dobbiamo lavorare

Sarebbe servita qualche
competenza.

A parte Carlo Freccero che è
un mio amico, è molto competente,
è spiritoso che non
guasta mai ed è anche l’unico
della nutrita compagnia ad avere
una minima idea di come
sia fatto un televisore, il resto
della truppa ha vinto al lotto.
È l’apoteosi del signor Bonaventura.
Della tv in bianco e
nero. Dello sketch involontario.
Ci ho lavorato a lungo in
quella televisione. Facevo
programmi dai costi bassissimi
e dall’ascolto garantito. In
più, per me, chiedevo pochissimo.

Nonostante i meriti, non
l’hanno chiamata per il giro
d’onore neanche questa volta.

Per carità. Sono troppo vecchio.
Mi risulta che volessero
rottamare anche i cinquantenni.
E io mi sono fatto da
parte. Ho 83 anni, lo sapeva?
Dice davvero? E chi sono?

Freccero, Guelfi, Mazzuca e
Diaconale. Rischiano persino
di rimanere senza stipendio
perché la legge stabilisce
che un lavoratore in pensione
non può assumere incarichi
nelle società controllate
dallo Stato.

Non mi dica. E quindi?

Dovrebbero lavorare gratis
e a tempo determinato.

Ma è sublime. È una storia insuperabile.

Freccero ha detto che si informerà.
Pur di fare un dispetto
al Pd è disposto a lavorare
gratis.

Non dubito. Ma mi dica, presidente
e direttore generale?
Hanno già nominato anche
loro?

E’ in corsa, a un passo dal
traguardo, Antonio Campo
Dall ’Orto come dg. Monica
Maggioni è la nuova presidente.

Dunque non Barbara Palombelli

Ha rinunciato.
Ha fatto bene. Troppo libera.
Meglio allontanarsi e togliersi
di torno, la capisco perfettamente.
Hanno fatto troppo
casino da quelle parti.

Chi ha fatto troppo casino?
Renzi, Renzi, Renzi. È tutta
un’operazione di Renzi, voleva
far tutto da solo e non ha
ascoltato nessuno. Sa com’è,
era in Giappone con le geishe
e si deve essere un po’ confuso
e un po’ distratto.

Ma Renzi è sposato.

Ha ragione. Ha la moglie.
Facciamo che si è confuso
senza l’ausilio delle geishe.

Eravamo a Monica Maggioni.
Proprio come nel recente
ieri, il presidente sarà ancora
una donna.

Ma perché poi? Ma chi l’ha
deciso?

Sempre Renzi sembra.
Moderno, lui. Proprio moderno.

Uno così moderno che
di più moderni, in giro, non ce
n’è.

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 06/08/2015, 23:32
da camillobenso
Massimo Cacciari Il filosofo all’attacco: “L’ignoranza del premier
rispetto a quel che succede nel Paese lo porterà alla sconfitta”



“Dilettanti ridicoli, il potere
non si mantiene coi lacchè”


» FABRIZIO D’ESPOSITO


Il professore Massimo Cacciari
ascolta le frasi di Matteo Orfini
e ride per venti secondi.
Non si trattiene. “Mi scusi, ma
davvero ha detto così?”.“Sì, che la
minoranza dem proponendo
Ferruccio de Bortoli sente il fascino
discreto della borghesia e ha
un’ansia di legittimazione presso
i salotti del capitalismo bene”. Accade
a tre quarti dell’intervista.

Professore, non si sono accorti
nemmeno che alcuni neocomponenti
del consiglio d’amministrazione
della Rai sono pensionati
.
Renzi e il suo cerchio magico sono
arrivati al potere all’improvviso
e solo perché quelli di prima
si sono sparati sulle palle. Non
hanno radici, né storico-culturali,
né nella pubblica amministrazione.

Chi vuole che mettano?


È la Rai dei portaborse. Nemmeno
Berlusconi o D’Alema erano
arrivati a tanto, forse.

Certamente, ma loro avevano
studiato per arrivare al potere,
conoscevano ogni anfratto del
Palazzo. Se la Prima Repubblica
non fosse finita, Berlusconi sarebbe
stato tranquillo con Andreotti
e Craxi. Lui è stato la continuità
dalla P2 in poi.

Il renzismo è stato troppo veloce?
Sì e senza classe dirigente, in questa
situazione debole e fragile ma
allo stesso tempo decisiva, il premier
non può permettersi persone
indipendenti. Sarebbe troppo
pericoloso. Poi c’è la specificità
della Rai.

Un pachiderma onnivoro, che
resiste a tutto.

Ricordo che Renzi disse che ci avrebbe
fatto una colossale sorpresa.
Può anche darsi che l’u omo
abbia cercato qualcuno di
prestigio ma non l’ha trovato. Se
l’avessero chiesto a me, e non me
l’hanno chiesto, avrei detto di
no.

Perché?
La Rai è un baraccone ingovernabile
che è nato politico e morirà
politico. Non c’è nulla da fare.
Dubito che ci sarà mai una seria
riforma al posto della Gasparri
e nel frattempo continuiamo a
raccontarci questa palla gigante
gigantesca
del servizio pubblico. Mi scusi,
ma che differenza c’è oggi tra la
Rai e La7? E chi fa più servizio
pubblico?

In ogni caso, il gattopardismo
renziano appare da dilettanti allo
sbaraglio.
Dilettanti e anche ridicoli, se
penso ad alcuni ministri di governo.

Io conosco e stimo Paolo Gentiloni,
ma se tre anni fa gli avessero
detto che avrebbe fatto il ministro
degli Esteri avrebbe riso
anche lui. Il problema è che sono
dilettanti e ridicoli di fronte a emergenze
drammatiche. Alfano
è totalmente incapace sull’i m m igrazione.

Ma tra il no teorico di Cacciari al
Cda e la telefonista di Orfini c’era
un’ampia fascia intermedia in
cui pescare.

Senza dubbio, ma un leader che
va avanti a colpi di popolarità,
con un partito che quello che è e
senza una classe dirigente competente,
non poteva fare diversamente.
Io ragiono in termini di
realpolitik. Non dimentichi che il
novanta per cento dell’ascesa di
Renzi è merito del suicidio degli
avversari.

La minoranza del Pd aveva proposto
de Bortoli per la presidenza.
Orfini, diversamente renziano,
ha risposto che certa “s i n istra
sente il fascino discreto della
borghesia”.

(Ripresosi dall’incredulità e dalle
risate). Mi scusi ma mi viene da
ridere. Orfini non ha idea della
storia che ha alle spalle.

Di più: era un dalemiano in fasce
quando il suo capo era premier e
fu accusato di aver trasformato
Palazzo Chigi in una merchant
bank che non parlava inglese.

Appunto. Sono stati anni in cui gli
ex comunisti avevano una sorta
di orgasmo se invitati da un Agnelli
qualunque. Quelle di Orfini
sono frasi di un tatticismo votato
alla difficile arte della sopravvivenza.
Renzi e i renziani
possono perdere il controllo della
partita

Accadrà?

Sì, se fanno un partito promuovendo
i portaborse. Lo dico da
tempo: un partito si costruisce
con le competenze e conoscendo
la storia.

Renzi ha in testa il Partito della
nazione.

Come dimostra il berlusconismo,
per un leader carismatico è
difficile formare una classe dirigente
all’altezza. In più, il Pdn è
un disegno perdente, anche se adesso
si sono aggiunti i verdiniani.
L’ignoranza di Renzi, cioè la
sua mancata percezione di quello
che accade realmente nel Paese,
soprattutto al nord, è tale che,
con l’Italicum, il Pd non supererà
il 35 per cento e vincerà Grillo,
perché al ballottaggio tutti i voti
della Lega andranno dal primo
all’ultimo al M5S. Renzi non perderà
a causa di Cuperlo o Bersani,
ma di Grillo e Salvini.
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Il Fatto Quotidiano cartaceo

Re: Diario della caduta di un regime.

Inviato: 06/08/2015, 23:52
da camillobenso
L’audace colpo dei soliti noti
(Marco Travaglio)

06/08/2015 di triskel182


Nell’estate del 1994, approfittando delle vacanze e dei Mondiali di calcio negli Usa, il governo Berlusconi I si prese tutto in due giorni e quattro mosse. Il 12 luglio cambiò il vertice Rai, piazzando la Moratti al posto degli odiati (dai partiti) “professori”. E il 13 luglio convocò il Consiglio dei ministri durante la semifinale Italia-Bulgaria,varando alla chetichella tre decreti-vergogna: il condono che salvava le imprese coinvolte in Tangentopoli dalla legge Merloni del 1993 sugli appalti; il condono fiscale, pudicamente ribattezzato “concordato” da Tremonti,per salvare un bel po’ di evasori; e il decreto Biondi, che proibiva la custodia cautelare in carcere per i colletti bianchi e chiudeva violentemente Mani Pulite (decreto poi ritirato da B. a furor di popolo, di Bossi e di Fini).

Renzi non è B., ma vorrebbe tanto. E sempre in piena estate, nel giro di pochi giorni, nell’ordine: ha ripristinato di fatto l’immunità parlamentare proclamando che il Parlamento non deve fare“il passa carte delle Procure” e può salvare dalle manette l’Azzollini di turno senz’alcuna prova di fumus persecutionis (basta dire che “potrebbe esserci”, con tanti saluti all’autonomia dei giudici e alla Costituzione); e ha occupato la Rai dettando da Tokyo un Cda e un Dg che più mediocri e obbedienti non si poteva; infine ha coperto il tutto nominando a presidente (carica perlo più onorifica) la giornalista Monica Maggioni, direttora di RaiNews24, bella presenza, “appena cinquantenne” e soprattutto donna. Un po’ di fumo negli occhi per nascondere la resurrezione del Nazareno in soli due giorni. La Maggioni piace a tutti, da Renzi a B. al montiano Gubitosi, ma conterà poco o nulla. Il vero potere sarà nelle mani di Antonio Campo Dall’Orto, ex berlusconiano poi lettiano ora renziano, ma soprattutto grande esperto di super stipendi,buchi di bilancio e ascolti da prefisso telefonico nell’unica esperienza televisiva degna di nota: quella a La7 nell’èra Tronchetti Provera, quand’era considerato il portachiavi di Afef. Siccome B. non fa nulla gratis, specie nel ramo tv, sapremo presto quante vicedirezioni generali e quante direzioni di rete e di tg gl ihanno promesso,oltre ai due posti nel Cda,in cambio dei suoi voti decisivi con la maggioranza. Senza contare che l’aurea mediocrità di tutta l’operazione non può che rallegrare Mediaset, dove B. non avrebbe mai nominato nessuno dei neo consiglieri Rai, men che meno quelli scelti da lui (Diaconale e Mazzuca).

Ora si parla di una circolare del dg uscente Gubitosi che vieterebbe di nominare nel Cda quattro pensionati. Il solito specchietto per le allodole per nascondere la vera, plateale e scandalosa violazione: quella della legge Gasparri. In un famoso sketch di Raiot (2004), Sabina Guzzanti e Neri Marcorè impersonavano una giornalista spagnola e Maurizio Gasparri in una tragicomica intervista: la prima tentava di farsi spiegare la legge dall’autore omonimo; ma questi confessava non solo di non averla scritta,ma di non averla neppure letta e la pregava–caso mai ci capisse qualcosa – di fargli un disegnino. Raiot fu subito chiuso dopo quell’unica puntata e la Guzzanti – così come tutti gli altri satirici–non mise più piede in Rai. Sono trascorsi 11 anni, ma la Gasparri è sempre viva e lotta insieme a noi, utilissima a tutti i governi-Renzi compreso – per papparsi pure gli ossicini del cavallo di Viale Mazzini.Ma nessuno s’è mai preso la briga di leggerla.A parte forse Bersani, che indicò Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, non proprio competenti di tv, ma senz’altro indipendenti;e a parte i 5 Stelle che hanno eletto Freccero, unico consigliere dalla notte dei tempi che assommi sia la competenza sia l’indipendenza. Questi requisiti non sono una fisima dei soliti sofisti,ma una precisa prescrizione di legge, la Gasparri appunto (n.112/2004). Art. 20, comma 4: “Possono essere nominati membri del consiglio di amministrazione della Rai… persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali”.

Articolo intero su Il fatto Quotidiano del 06/08/2015.