Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 25

A favore

CAV AL MURO
Berlusconi nella morsa della sinistra. Rodotà: "Niente grazia". Stefàno: "Incandidabile per almeno 2 anni"


Dopo le toghe, la sinistra: Silvio Berlusconi è di nuovo accerchiato. La Cassazione, confermando la condanna per il processo Mediaset a 6 anni di carcere rinviando in Appello la pratica sulla interdizione, ha restituito il "caso Cavaliere" all'agone politico, e non è detto che per il leader del Pdl sia meglio. Perché, sentito l'odore del sangue del Caimano, iene e avvoltoi non resistono al richiamo. Troppo ghiotta l'opportunità di far fuori il capo del centrodestra. I nodi, dunque, sono almeno due: da un lato la grazia, questione però tutta in mano al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, prima ancora, a Berlusconi e ai suoi avvocati. La seconda questione, ancora più pressante, è quella della "agibilità politica" del Cav, ovvero la sua "decadenza" da senatore e la sua incandidabilità.

Incandidabilità e decadenza - La Giunta per le autorizzazioni, presieduta dal vendoliano Dario Stefàno, entro breve (parola del presidente) si esprimerà riguardo alla decadenza di Berlusconi, prima di passare la palla all'aula di Palazzo Madama. E l'aria che tira, per l'ex premier, non è buona. Intervistato dall'Ansa, Stefàno ricorda come l'eventuale grazia non inciderà sulla incandidabilità prevista dalla legge Anticorruzione Severino nei casi di condanne definitive a più di 2 anni di reclusione. "In relazione a eventuali future competizioni elettorali di Silvio Berlusconi, per i prossimi 6 anni gli Uffici elettorali non potranno ricevere la candidatura a causa dell'incandidabilità prescritta dal Decreto 235 del 31 dicembre 2012 a meno che non intervenga una riabilitazione, su richiesta dello stesso Berlusconi. Ma ciò - sottolinea Stefàno - è inimmaginabile, prima di almeno 2 anni. Quanto alla decadenza da senatore della XVII legislatura, invece, la decisione finale spetterà all'Assemblea del Senato, e non potranno esserci salvacondotti provenienti dall'esterno". Due anni con Berlusconi fuori dai giochi, tempo sufficientemente lungo per tornare a votare e tenere il Cav lontano dai Palazzi. Se il Pd, diviso tra la tentazione di eliminare politicamente lo storico avversario e mantenere in vita il governo di Enrico Letta, per ora maneggia la patata bollente con le pinze, il Movimento 5 Stelle spinge sull'acceleratore e preme per votare il prima possibile la decadenza del senatore Berlusconi.

Rodotà: "Grazia impossibile" - Non a caso, è proprio un nome assai vicino a Grillo e al M5S, Stefano Rodotà, a spedire avvertimenti minacciosi al Cavaliere. Intervistato da Radio Capital, l'ex candidato grillino al Quirinale sostiene tranchant: "Spiragli per la grazia nella nota di Napolitano? Non ne vedo, non ci sono le condizioni, tra tre anni non so cosa potrebbe accadere, ci potrebbe anche essere una situazione di emergenza umanitaria, ma oggi come oggi no". In altre parole: Berlusconi non sta male, l'Italia non è in una guerra civile. Quindi, il Cavaliere sconti la sua pena fino in fondo. Ma le parole di Rodotà, pur gentili nei confronti del Quirinale, sembrano nascondere malizia: se Napolitano concederà la grazia a quello che Marco Travaglio ha definito nel suo ultimo editoriale sul Fatto quotidiano "il noto delinquente pregiudicato", come minimo non ci farà una bella figura. Ci sono altre vie per la clemenza? "No, non ci sono", è la lapidaria sentenza di Rodotà. Anche se, scrive Travaglio, "il nostro geniale Presidente ha subito orientato i numerosissimi neuroni verso una nuova, appassionante impresa: lo studio della forma di grazia più appropriata per garantire l'agibilità politica" a B. L'impressione è che a sinistra stiano spianando la ghigliottina. E sul patibolo, oltre a Silvio, ci potrebbe finire anche Re Giorgio.

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... anni-.html
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 26


Dopo l'intervento di Napolitano i punti di vista si sono inaspriti. Tutto sta peggiorando.

C'è da chiedersi cosa succederà dopo che verrà presa una decisione definitiva, dentro o fuori.
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 27



La fase due (Natangelo).
17/08/2013 di triskel182


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camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 28



La botta del 1 agosto è stata devastante per i Fratelli mussulmani. L’Esercito di Silvio sceso appositamente a Roma per festeggiare con il boss l’assoluzione, anche se erano in 4 gatti, ha dato una butta impressione di sé.

Rimarrà nella storia il suo boato di gioia al momento della lettura della sentenza. “E’ fatta, Silvio è libero”. Salvo poi ravvedersi nei minuti successivi quando telefonicamente, dall’aula di Cassazione la precisazione di un soldato di Silvio fornisce una versione differente.

Da allora dell’Esercito di Silvio non abbiamo più avuto notizie.

L’altro abbaglio è avvenuto martedì scorso quando è cominciata a circolare la nota quirinalizia sulla vicenda cainana.

A gridare subito vittoria sono state le colombe come Maria Goretti – Gelmini, che tra l’altro lodava il Quirinale.

Silenzio assoluto da parte dei falchi pitonati.

Anche da Villa San Martino partivano messaggi che invitavano alla prudenza.

Ma man mano che le ore passavano e gli addetti si dedicavano all’analisi approfondita del dettato quirinalizio, i Fratelli mussulmani si rendevano gradualmente conto che il Caimano di Hardcore era praticamente in trappola. Con le spalle al muro e senza via di scampo.

E quindi, di conseguenza l’umore è mutato.

La querula cinguettatrice d’ordinananza, Maria Goretti – Gelmini, tace da martedì scorso.

Ha cantato vittoria troppo presto.

Anche sul fronte opposto l’abbaglio d’ordinanza.


Il premier Letta Enrico, per i Tg della sera dettava il messaggio: “ Con la nota del Quirinale governo più forte”

Col ca volo.

Da ieri le cose sono peggiorate perché il Caimano non ha più vie di scampo.

A rigor di logica, rimane solo la possibilità di staccare la spina.

Torna in mente il vecchio Trap, abituato ad affermare: “Non dire gatto se non l’hai nel sacco”

Ma è tanta la valutazione negativa del primo governo Letta, che per tentare di rivalutarlo, il nipote del Conte zio, ha mollato i freni senza riflettere.

Mutuando dal film “Ombre rosse”, potremmo dire che per l’ex cavaliere si stanno presentando “Ombre nere.”

Sallusti, intervistato da IFQ, ha dichiarato che questa è una partita di poker.

Aspettiamo la prima mossa di Silvietto, ma Paola Di Caro, fornisce un quadro nero della situazione, dove ci anticipa che B. non intende chiedere la grazia.



LO SCENARIO DI UN GOVERNO DI SCOPO PER LA LEGGE ELETTORALE E DELLE URNE NEL 2014
Cavaliere pessimista, torna l'ipotesi voto
Berlusconi, deluso per le parole di Napolitano, attende la decisione della giunta. Non vuole chiedere la grazia



ROMA - Sono giorni drammatici per un Silvio Berlusconi che, di ora in ora, sente crescere l'angoscia, la rabbia, il dolore. Chiunque gli parli, chiunque riesca a superare la barriera protettiva di Villa San Martino, già quasi trasformata in un rifugio(meglio un Bunker – ndt), lo descrive come «profondamente ferito», come un leone in gabbia.

Quella nota di Napolitano che in un primo momento lo aveva lasciato freddo ma ancora non ostile, e che invece le colombe del Pdl avevano apprezzato leggendovi qualche passaggio incoraggiante, ora al Cavaliere - che ieri ha passato tutta la giornata a studiare le carte con i suoi avvocati - appare come la pietra tombale sulla sua vita politica, e come una ciambella bucata per un naufrago. Nulla che possa servire, nulla che possa salvarlo.

Così i suoi fedelissimi, falchi o colombe che siano, aspettando le sue decisioni definitive, da una parte continuano a chiedere «una soluzione» che eviti il baratro, e lo fanno rivolgendosi sia a Napolitano sia agli alleati del Pd.

Dall'altra, hanno comunque ripreso a ragionare su uno scenario che sembrava allontanato: la crisi di governo quando la giunta per le Immunità del Senato voterà sulla decadenza di Berlusconi e Pd e Pdl si divideranno.

E le possibili conseguenti elezioni a breve, dopo i due obbligati passaggi della legge di stabilità e dei ritocchi alla legge elettorale.

Da martedì sera dunque tante cose sono cambiate.

Non solo l'umore di Berlusconi, che si è fatto sempre più nero.

Ma anche le convinzioni di chi, fra i suoi, aveva sperato che una soluzione potesse essere trovata, e che oggi in effetti la vede come «quasi impossibile».

L'uscita di ieri del ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello è esattamente il grido d'allarme di chi avverte che, se non si inverte la rotta, tutto può saltare da un momento all'altro: «Non bastano le parole di Napolitano a blindare il governo Letta, il traguardo del 2015 è tutto da conquistare. Il governo deve respirare con i propri polmoni».

Raccontano anche fra le colombe del Pdl che tutti, a leggerla bene, hanno capito che nella nota di Napolitano non c'era né il massimo che si sperava - una promessa di grazia motu proprio, di atto di clemenza - ma nemmeno il minimo.

Quello che i capigruppo erano andati a chiedere al capo dello Stato con veemenza, e cioè «l'agibilità politica» per il loro leader in qualunque modo questa si potesse ottenere, nelle 90 righe di esternazione scritta non era né garantita né indicata: «È come se ci avesse detto che su questo dovevamo vedercela noi del Pdl, e contava solo il governo», spiega una delle colombe.

Ci sarebbe certo un percorso, «arduo, difficile ma possibile», se Berlusconi collaborasse.

Ma il filo si spezzerà se, come ripete ancora in queste ore il Cavaliere, non ci sarà alcuna sua disponibilità a «chinare la testa»:

«Non ho intenzione di chiedere i servizi sociali, non ho bisogno di essere rieducato io. Non mi dimetterò, perché non c'è nulla che io abbia fatto che debba portarmi a questa decisione. E non chiederò la grazia, che sarebbe un'ammissione di colpa e non so nemmeno se servirebbe a riacquistare i miei diritti politici. Le condizioni che pone quella nota sono inaccettabili», dice Berlusconi a chi gli parla in queste ore.

Pare granitico, l'ex premier. E i suoi, sconfortati, pur sapendo che «ancora tutto può ancora accadere», che sarà comunque lui alla fine «da solo e senza condizionamenti» a decidere il da farsi, si preparano ad ogni scenario.

Continuano appunto a chiedere collaborazione agli alleati, perché come dice Berlusconi «se cade il governo non è un problema solo mio, ma anche di chi lo sostiene e del capo dello Stato che lo ha voluto».

E sperano che si possa intanto almeno rimandare il voto in giunta di qualche settimana, magari di un paio di mesi per far maturare in meglio la situazione.

E però, nello stesso tempo, si ragiona anche realisticamente, esattamente come sta facendo Berlusconi ascoltando uno per uno i suoi fedelissimi, che nei prossimi giorni singolarmente convocherà ad Arcore per farsi un'idea della situazione, per sentirli e fiutare l'aria e per poi annunciare quali saranno le sue mosse.

E dunque, la situazione al momento vede un capo dello Stato che ha compiuto dei passi ma che oggi oltre non può o non vuole andare.

Un Pd che, se lo vuole, «ha in Senato rispetto a noi una maggioranza schiacciante per far prevalere le proprie posizioni: se decidono che si dovrà votare presto, si voterà presto.

Ci potrà essere uno slittamento di un paio di settimane, ma poi il verdetto arriverà».

E a quel punto, se alla fine Berlusconi non fermasse il treno in corsa dimettendosi ed evitando che si arrivi al voto, la collisione sarebbe pressoché inevitabile.

Con un sì alla decadenza del Pd e un no del Pdl, il governo sarebbe «di fatto un'esperienza conclusa», tanto che già oggi l'esecutivo Letta è considerato «precario».


A quel punto, si aprirebbero tre strade.


La prima, quasi impossibile, di un voto immediato, entro l'autunno: Napolitano ha già detto che non scioglierà le Camere in assenza di una nuova legge elettorale.

La seconda è pure difficile: un nuovo governo andrebbe formato per arrivare al 2015, concludendo il percorso delle riforme e dando slancio alla timida ripresa economica che si vede all'orizzonte, ma quanto reggerebbe con il Pdl fuori e l'unione di Pd e grillini?

Infine, c'è la terza opzione, considerata la più probabile: con la crisi, Napolitano potrebbe far nascere un governo di scopo per riformare la legge elettorale e varare la legge di stabilità, prima di andare alle urne nella primavera del 2014.

E nel Pdl molti pensano già che, in questo caso, converrebbe far parte in qualche modo della partita sostenendo il governo di scopo, per evitare una legge elettorale sfavorevole.

Discorsi prematuri, forse. Ma aspettando che il Cavaliere sciolga la riserva, è bene cominciare a capire se esiste, e dov'è, un'uscita di sicurezza.



17 agosto 2013 | 10:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Paola Di Caro

http://www.corriere.it/politica/13_agos ... 8c39.shtml
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 29



Anche la versione di Marco Palombi è improntata ad una forte realpolitik.



B. TENTATO DALLA ROTTURA IL GOVERNO LETTA TRABALLA
(Marco Palombi).
16/08/2013 di triskel182


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IL MINISTRO QUAGLIARIELLO: ESECUTIVO NON BLINDATO, IL SENATO STIA ATTENTO.

Silvio Berlusconi, dentro la sua villa di Arcore, continua a pensarci.

E più ci pensa – racconta chi gli sta vicino – più la nota in cui Giorgio Napolitano apre alla concessione della grazia in cambio di un passo indietro gli sembra una trappola.

Lo stesso Gianni Letta, che ha gestito la trattativa col Quirinale, non sa cosa rispondere al capo quando gli chiede come si esce da questa situazione: il capo dello Stato, infatti, non ha promesso nulla; dal Pd continuano ad arrivare inviti a togliersi di mezzo (da ultimo Massimo D’Alema in un’intervista al Messaggero ); la legge sull’incandidabilità resta un macigno non aggirabile con scappatoie tecniche; le prospettive giudiziarie – dal caso Ruby alla compravendita dei senatori – non sono affatto buone.

Insomma, come dice Daniele Capezzone, “la questione è politica e serve una soluzione politica”.

Cioè? “Esistono percorsi e strumenti, chiaramente indicati dalla Costituzione e dal buon senso, che possono consentire di evitare un vulnus gravissimo ai danni di milioni di elettori.

Il Pdl ha dimostrato un assoluto senso di responsabilità, ma ora tocca a tutti gli attori politici e istituzionali, per la parte che compete a ciascuno, evitare ferite irrimediabili”.

INSOMMA, come comincia a pensare anche il capo, datevi una mossa o la prima vittima sarà il governo e Berlusconi si giocherà la partita in una nuova campagna elettorale, candidabile o meno che sia.

Ipotesi – o timore – che si coglie anche nelle parole affidate ieri all’Ansa dal ministro-colomba Gaetano Quagliariello: Napolitano “non ha blindato l’esecutivo.

Il 2015 è tutto da conquistare e innanzitutto devono essere in grado di conquistarlo coloro che sono al governo, anche nel dialogo coi loro partiti”.

Che significa? Che non si possono “fare le riforme la mattina e il pomeriggio un conflitto istituzionale.

È necessario che questa situazione trovi una stabilizzazione”.

E tanto per dare un’idea, il nostro butta lì che la Giunta del Senato se la prenda comoda (“credo ci siano molte cose da chiarire e approfondire e credo sia interesse di tutti farlo per bene”) e “non abbia esiti predeterminati e avvenga con ogni cognizione di causa, vista la delicatezza della vicenda e le conseguenze politiche”.

Berlusconi, infatti, pretende di non decadere dal suo seggio in Senato: in questo senso la pensata di Denis Verdini (“candidati al Senato, dove si può creare lo stallo dopo le elezioni”) gli dà qualche speranza, ma non troppe.

All’EX PREMIER, per rimanere in sella, serve una grazia piena che il Colle ha già escluso oppure una quarantina di voti a suo favore in libera uscita da Pd e/o Scelta civica tra quanti pensano che la vita dell’esecutivo valga la violazione del principio che la legge è uguale per tutti: solo che, per quanto li si cerchino, tutti questi devoti alla realpolitick non vengono fuori e la partita pare già chiusa.

Il capogruppo democratico Luigi Zanda, per dire, ancora ieri ha ribadito che bisogna fare in fretta e dichiarare Berlusconi decaduto.

Pd, Movimento 5 Stelle e Sel, infatti, hanno già da soli i numeri per buttarlo fuori da palazzo Madama: 169 su 317 (i montiani sono venti, i pro-Silvio non arrivano a 120).

Il presidente della Giunta per le elezioni Dario Stefàno, invece, ha ricordato all’Huffington Post che il nostro resta pure incandidabile, grazia o non grazia: “Gli Uffici elettorali, secondo il decreto 235 del 2012, non potranno ricevere la sua candidatura per i prossimi sei anni, a meno che non intervenga unariabilitazione su richiesta dello stesso Berlusconi.

Ma questo è inimmaginabile prima di due anni” (frase poi smentita).

L’IPOTESI di un Berlusconi fuori dalle Camere non è ormai così peregrina: “Io non credo che l’essere o meno in Parlamento possa impedire a Berlusconi di esercitare la sua leadership – ha spiegato Francesco Nitto Palma – Chi pensa che Berlusconi possa ridursi a una sorta di guida spirituale del centrodestra si sbaglia di grosso”.

Già che c’è l’ex Guardasigilli s’è dilungato pure su quale ottimo lavoro farebbe il leader una volta assegnato ai servizi sociali grazie alla sua “capacità maieutica” (sic).

In ogni caso, spiegano dall’inner circle berlusconiano, l’ex Cavaliere sembra aver preso coscienza di un fatto: Napolitano e il Pd lo stanno accompagnando alla porta sfruttando la sua stessa indecisione.

Meglio allora, sembra essersi convinto Silvio, un’ultima grande campagna politica che faccia del destino del suo corpo fisico quello del corpo immateriale della nazione.

Difficile gli vada bene, ma il governo dei giovanotti moderati resterebbe comunque sul terreno.

Da Il Fatto Quotidiano del 17/08/2013.
Amadeus

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.........Nanni.... il finale devi riscrivere .......

...............
di Francesco Gallo

Il regista Nanni Moretti, 60 anni lunedì, come tutti i moralisti non suscita troppa simpatia. Anzi. Un po' come accade ai suoi personaggi sempre in cattedra, ammantati del loro sapere incontestabile, che li rende rigidi verso se stessi e gli altri. Insomma comicamente antipatici. Si va da 'Ecce bombo' con la critica del mondo giovanile borghese che guarda a sinistra, ma che si consola con la nutella, per arrivare alla messa in discussione di una generazione inetta e supponente su tutti i fronti possibili, fino alla denuncia squisitamente politica de 'Il Caimano'.

Unica eccezione tra le sue opere 'La stanza del figlio' che resta un po' fuori squadra tranne che per la centralità del tema della famiglia da Moretti amata, odiata, desiderata e comunque considerata sempre perfettibile. Alla fine, insomma, se si guarda bene, è sempre Nanni, all'anagrafe Giovanni Moretti (Brunico, 1953), il vero protagonista dei suoi film ed è sempre lui a dispensare a più non posso il suo modo di vedere il mondo sullo schermo, come nella vita, tra ironia e distacco. Appassionato di cinema, palla a nuoto e politica, con padre professore universitario di epigrafia greca e madre professoressa di lettere al ginnasio, Moretti nel 1978, dopo alcune iniziali esperienze cinematografiche, esce in sala con 'Ecce bombo', film girato in 16 mm in presa diretta e presentato al Festival di Cannes. Famoso anche per una scena in cui viene accusato Alberto Sordi di qualunquismo, il film, con protagonista Michele Apicella (alter ego del regista che compare in ben cinque suoi film), mette in scena questo personaggio pieno di nevrosi, tic, insicurezze e saccenteria .

Nel 1981 è la volta di 'Sogni d'oro', primo film girato in 35 mm, con il quale Moretti partecipa al Festival di Venezia conquistando il Leone d'Argento; nel 1984 esce 'Bianca' , commedia amara con una deriva in giallo, e, l'anno dopo, 'La messa è finita' in cui Moretti è un prete, don Giulio, (Orso d'argento al Festival di Berlino del 1986). Nel 1987 con Angelo Barbagallo fonda la Sacher Film, casa di produzione dedicata al cinema indipendente. La deriva politica sempre presente nei suoi film in forma indiretta, quasi familiare, diventa centrale in 'Palombella rossa' (1989) dove Moretti è ancora Michele Apicella funzionario del Pci che ha perso la memoria proprio come il partito in quegli anni. L'anno dopo realizza un documentario, La Cosa (così Occhetto parlava della necessaria trasformazione del Partito Comunista Italiano). Di scena le polemiche e i dibattiti dei militanti comunisti alle prese con la rivoluzione da fare nell'amato partito.

È poi attore nel film 'Il portaborse' di Daniele Luchetti, nei panni del corrotto ministro Cesare Botero. Torna all'autobiografismo con Caro diario, (miglior regia a Cannes ) cui segue, sulla stessa linea, 'Aprile', in cui si parla della nascita del figlio Pietro, avuto da Silvia Nono. Nel film la frase cult: "D'Alema, di' qualcosa di sinistra!" Dopo 'La stanza del figlio', con la tragedia amara della morte improvvisa di un figlio adolescente (Palma d'oro a Cannes) si getta nell'impegno politico in prima persona diventando tra i promotori del movimento di sinistra dei girotondi. Una esperienza che però durerà poco. Nel 2006 arriva 'Il caimano' un vero atto d'accusa contro Silvio Berlusconi, con tanto di previsione di una condanna in terzo grado del premier che oggi fa di Moretti una sorta di Notradamus in quanto a veggenza. Una fama confermata poi dal suo ultimo film 'Habemus Papam' in cui un Papa, come è davvero accaduto con Benedetto XVI, lascia il soglio pontificio per incapacità di affrontare il compito.

Amato forse più all'estero che in Italia (soprattutto in Francia) Nanni Moretti resta uno dei più importanti registi italiani per forza espressiva e originalità. Certo la sua ingombrante presenza nei suoi film e la nota antipatia rispetto ai media non lo rendono sempre amabile. Di fatto c'è chi ha sintetizzato il suo lavoro in una sola frase come Dino Risi che di fronte ai suoi film diceva: "Moretti levati che devo vedere il film''.

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Gli ultimi giorni di Salò - 30




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Alla fine finalmente anche Giannelli ci è arrivato. Lo scenario del “Muoia Sansone con tutti i filistei” è datato da almeno 20 mesi.

Per il finale del Caimano che Nanni Moretti non ha mai scritto, a Berlu non rimane che questa strada.

Come riprende ancora oggi Paola Di Caro sul Corriere, Berlu non ne vuole sentire di chiedere la grazia.

Sempre pronto a rapidi capovolgimenti di fronte nell’arco delle sei ore con una faccia di bronzo che non ha eguali, questa volta il Caimano non intende smentire se se stesso quando afferma di essere innocente, e quindi vittima del sistema che si accanisce contro di lui con un'infinita serie di persecuzioni.

Preso atto che anche dal Quirinale non arriva l’ultimo grande strappo, e che il Pd, coinvolto astutamente già con le dichiarazioni del 29 febbraio scorso questa volta non intende salvarlo come in precedenza perché anticiperebbe la sua implosione, Silvietto sta raccattando tutto il suo coraggio residuo e va alla guerra.

I domiciliari non fanno per lui. Meno che meno può prendere in considerazione la possibilità di essere rieducato.

Infatti, questa formula per uno come lui è piuttosto ridicola.

Sono 40 anni che senza soluzione di continuità, prima nelle sue aziende e poi nel partito personale si è comportato come un Duce. (Un Duce buono - afferma Fidel Confalonieri, non è di certo un Ceusescu)

Ancora oggi nella sconfitta recita la parte del Duce.

A 77 anni nel prossimo settembre un Duce di siffatta taglia da cosa dovrebbe essere rieducato?

Per altri potrebbe essere una soluzione, per lui è una farsa, buona per i vignettisti e per Crozza.

Già ieri Storace in un’intervista su IFQ, anticipava che quello che B. ha in mente è la rivoluzione.

Gli “Ultimi giorni di Salò 2.0” stanno prendendo una piega tragica.



MINISTRI DEL PDL VERSO LE DIMISSIONI DOPO IL VOTO SULLA DECADENZA LE ASPETTATIVE
La richiesta di grazia non arriverà:
Né da Berlusconi, né dai suoi figli
Il leader pdl si attendeva un intervento diretto del Quirinale
Lo scenario delle urne entro l'anno


La decisione è presa e l'ha comunicata ai suoi. (Alea iacta est (il dado è tratto), avrebbe dichiarato Giulio Cesare - ndt)

«Non mi passa nemmeno per la testa di chiedere la grazia. Non lo farò io, non lo faranno i miei figli, non lo faranno i miei avvocati. E non chiederò nemmeno i servizi sociali, né i domiciliari. Io continuerò la mia battaglia a testa alta, anche dal carcere se servirà. Non l'avranno vinta».
(Beccatevi questa - ndt)

Non è servito un lungo vertice venerdì con i suoi legali, con i familiari, con i collaboratori più stretti ad ammorbidire la posizione di Silvio Berlusconi.

Non sono valse a nulla le obiezioni degli avvocati secondo i quali, se accedesse ai servizi sociali, se il clima si rasserenasse e il Pd si disponesse ad attendere almeno la fine dei nove mesi di pena prima di decidere sulla sua decadenza da senatore, magari si riuscirebbe a salvare il salvabile, a tutelarlo, a tenere in piedi il governo e assieme l'agibilità politica del leader del centrodestra.

No, raccontano, Berlusconi non ci sta. Non crede più alle promesse.

È talmente deluso e infuriato e amareggiato e ferito che adesso vuole vedere i fatti da chi, ne è convinto, glieli aveva promessi.

Da quel Quirinale dal quale nel Pdl si aspettavano di più, magari un provvedimento di grazia motu proprio che avrebbe fermato le macchine, cambiato il clima. E dal Pd che non risponde e che, si sta convincendo Berlusconi, porterà il Paese al voto anticipato presto, forse entro l'anno.

Infatti, confermano i suoi, alle richieste corali e accorate di tutto il Pdl perché la politica intera si faccia carico - dal Quirinale al Pd - del destino del leader se davvero tengono alla sopravvivenza del governo, non sono arrivate risposte.

Né dal Colle né dal Pd né dal capo del governo sarebbero giunte aperture o sarebbe stata manifestata alcuna disponibilità, per ora, a compiere ulteriori passi.

Per questo il Cavaliere sembra ormai convinto che la strada del governo sia segnata, e non per colpa sua: «L'atteggiamento del Pd è suicida - è il messaggio consegnato ai suoi in queste ore -, per colpa loro finiremo al voto anticipato».

Perché loro, che dovrebbero «votare contro le mie dimissioni da senatore» non lo faranno, e perché Napolitano difficilmente inventerà un sistema che possa fargli scudo dal rischio, una volta persa l'immunità parlamentare, di essere oggetto dell'attacco delle Procure di mezza Italia, da quella di Milano a quella di Napoli a quella di Bari.


E se le cose stanno così, è il ragionamento che Berlusconi fa con quelli dei suoi che, come Daniela Santanchè, riescono a parlargli direttamente ad Arcore o gli altri che lo raggiungono al telefono in queste giornate infinite, è chiaro che lo scontro è inevitabile.

Quando in Giunta per le Elezioni, il 9 settembre o quando sarà, si voterà per la sua decadenza da senatore e Pdl e Pdl si troveranno l'uno contro l'altro «un minuto dopo, Alfano e gli altri ministri si dimetteranno, e sarà la fine dell'alleanza».

Già, e poi?

Ormai ad Arcore e nelle bollenti telefonate tra big del Pdl si esamina già lo scenario della crisi conclamata.

E raccontano che Berlusconi sia piuttosto scettico sull'ipotesi che possa davvero nascere un governo di scopo per varare almeno la riforma della legge elettorale e la legge di stabilità: «Mi pare molto difficile che Grillo si allei con il Pd per fare un governo».

E questo perché, è il ragionamento che fanno nel Pdl, per lui sarebbe molto meglio andare a votare subito, con questa legge elettorale.

Ipotesi, quella di elezioni anticipate già entro l'anno, che lo stesso Berlusconi al momento ritiene la più probabile.


Quanto ci sia di reale convinzione, quanto di speranza o quanto di tattica nell'evocazione di questi scenari è da capire nelle prossime ore.

Non c'è dubbio che l'alzarsi rapido e drammatico della tensione sia dovuto alla reale angoscia e preoccupazione di Berlusconi, che non vede vie d'uscita dai suoi guai.

Ma è anche vero che è proprio la minaccia della crisi e del voto subito l'ultima arma che il Pdl può agitare per tentare di convincere il colle e il Pd a «scendere a patti, trovare una soluzione perché tutto non salti per aria», come dicono ormai anche le colombe.

E però, allo stato, spiragli per uscire dal cul de sac non se ne vedono, né disponibilità a passi che, ammettono anche nel Pdl, sarebbero pesanti sia per Napolitano da una parte che per il Pd dall'altra.


Dunque, la sensazione è che ormai la strada sia imboccata: è tempo di accelerare per arrivare a una soluzione che sia un vero salvacondotto, o di andare alla rottura.


Per non chiudere la finestra elettorale (strettissima, ma teoricamente ancora percorribile) dell'autunno, e per sfruttare comunque la figura del leader ancora pienamente nel suo ruolo, o addirittura icona del «martirio giudiziario» se in piena campagna elettorale fosse costretto ai domiciliari, impedito ma mai domo, pronto appunto a condurre «la mia battaglia di libertà».

E ormai a dirgli che la via potrebbe essere sbagliata, che c'è da essere cauti, sembra non esserci più nessuno.

Volenti o nolenti, nel Pdl sono pronti a seguire il capo in questa sfida. Se fino alle estreme conseguenze, lo diranno le prossime, drammatiche settimane.

(E' la rivincita dei falchi pitonati sulle colombelle in odore Dc - ndt)

18 agosto 2013 | 8:56
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Paola Di Caro


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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Una visitina nel carcere gli farebbe proprio BENE a Silvio.Magari assieme ad altri carcerati.
Chiedere la grazia per lui significa aver commesso il reato.
Spero tolga il disturbo quanto prima.Poi dovrebbe chiedere la grazia anche per i processi RUBY e De Gregorio.
Mi domando ogni volta che vedo la villa di Arcole dove silvio si trova in TV si vedono una auto carabinieri con il mitra.
Con tutti i soldi che ha non può pagarsi lui la vigilanza.E i carabiniere possono fare cose pèiu importanti.
Ciao
Paolo
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Gli ultimi giorni di Salò - 31



L'Italia antiberlusconiana esorcizza così il ritorno in campo di Forza Italia.


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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Ed anche con i fotomontaggi.


Silvio in cielo, l’Italia ride L’aeroflop dei falchi (Da un'idea della Pitonessa - ndt)
(Luca De Carolis).
16/08/2013 di triskel182


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