Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 40




Il berlusconismo è un virus che è entrato nel profondo degli italiani. Ci vorranno anni ed anni per cancellarlo.

Basta pensare che fascismo e nazismo resistono do 70 anni.

Immagine


Sul cartaceo del Sole24Ore e della Stampa, il Kaiser Merkel, smentisce la propaganda interna dei tricolori in merito alla ripresa.

Bisogna dare atto a Letta che per difendere il suo governicchio ha messo in piedi una bufala più grande di quella di monti che vedeva la luce in fondo al tunnel.

Tutto frutto del contagio del virus berlusconiano, ma nel caso di Letta di essere anche un democristiano doc.
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 41



2013, l’estate infame di Silvio e Dudù

(Alessandro Robecchi).
18/08/2013 di triskel182


FESTA FINITA.

Era il 1960 quando Bruno Martino cantava Odio l’estate. In quei tempi remoti, Silvio Berlusconi aveva 24 anni, si accingeva a fondare la Cantieri Riuniti Spa e a diventare un grande palazzinaro milanese. Aveva già smesso di suonare sulle navi, di vendere i temi ai suoi compagni di scuola (reparto solventi) e non viveva ancora nel villone di Arcore. E soprattutto, l’estate non la odiava per niente, anzi. Ora che è passato mezzo secolo, può essere che Silvio intoni mestamente, accompagnato al pianoforte da qualche salariato impietosito, quel fortunato motivo che – lo diciamo a onore di Bruno Martino – fu suonato anche da Chet Baker e Joao Gilberto. Esatto. L’estate.

E PER LA PRECISIONE l’estate 2013, dove le suggestioni non sono più musicali, ma piuttosto letterarie, dalle parti di quel capolavoro di García Márquez che è L’autunno del patriarca, con il vecchio satrapo abbandonato e solo,circondato da pochi fedeli distratti, incapaci di capire che quella fedeltà non sarà più conveniente a breve, a brevissimo. E così lui, che i retroscena dei giornali descrivono “cupo”, “torvo”, “furibondo”, a seconda degli orientamenti delle varie testate, o peggio ancora “sereno”, come dicono i suoi, ed è una specie di marchio, in un paese in cui si dicono “sereni” tutti, dal duplice omicidio in giù. Ed è nell’estate del 2013 che la villa di Arcore diventa “bunker”, con ovvi e macabri riferimenti berlinesi, oppure “prigione dorata”. Un eremo forzato dove Berlusconi Silvio, colpevole di frode fiscale senza se e senza ma, passa il giorno con i suoi avvocati, la fida fidanzata restylizzata in pochi anni dalla mutanda (che alza l’auditél) ai tailleur stile Jackie O’, il di lei cagnolino Dudù, le visite di Marina Berlusconi che si chiama in realtà Maria Elvira (ma esiste qualcosa di vero, lì dentro?).

E poi le varie badanti, e poi i falchi che lo assediano di qua, e le colombe che gli tirano la giacchetta dall’altra parte, il Colle, l’odiato /amato Colle che dice e non dice, traccheggia, tentenna, lo tiene appeso lì.

La brutta estate del 2013.

MA NON VI PRENDE UN MOTO – anche piccolo, eh! – di umana pietà? Ma ve le ricordate le estati di Silvio? Il re dei moderati che per mostrare la sua moderazione al mondo si costruiva un vulcano finto in giardino per estasiare gli ospiti. E gli ospiti che si estasiavano, ve li ricordate? Le gare senza esclusione di colpi per affittare le ville circonvicine, il Tarantini che addirittura si svenava per avere un posto a cena accanto al “Presidente”. Il Silvio meraviglioso della bandana bianca, con lady Blair che faceva i numeri e le contorsioni per non stare a portata di flash insieme a lui. Mentre Tony, quella specie di Renzi d’antan, che invece ghignava serafico perché si sa che in vacanza si incontra gente stramba. Il Silvio miracoloso della “patonza che deve girare”, o quello che accoglieva figli e famigli sul molo della villona sarda in accappatoio bianco, quello stesso accappatoio che raccontò poi la signora D’Addario, tra una doccia ghiacciata e l’altra.

Ah, quelle estati! Che a dire il vero erano cominciate anche prima, magari da quella foto sul veliero, tutti in divisa, con la maglietta a righe orizzontali, sorridenti come squali, ed era ancora di moda Cesare Previti. Divise, che passione, perché erano in divisa anche quando marciavano compatti, alle calcagna del capo, Confalonieri e Galliani ed altri, per una seduta di jogging a prova di pancette e fiatoni attempati, tutti in bianco, calzoncini e magliette. E poi il via vai di barche e barchette per traghettare signorine su è giù per la baia. E ancora il mirabolante karaoke con Apicella al fianco, e persino i dischi pubblicati a suo nome. E poi – ma non si finisce più! – lo struscio nella piazzetta di Portofino a stringere mani, a benedire bambini, quando ancora i direttori mandavano i loro cronisti a registrare quel culto cafoncello della personalità. E il gelato a Porto Cervo, e i cactus che cura lui personalmente, il Presidente giardiniere, che il banchiere Gianpiero Fiorani si ferì come un puntaspilli per regalargliene uno.

VA BENE, È VERO, è chiaro e conclamato. Erano le estati del nostro scontento. Erano i tempi in cui Silvio pigliatutto rilasciava interviste dense e pensose per dire che al confino si stava benone, che Mussolini mandava gli oppositori in vacanza a Lipari, a Pianosa, ed era una cuccagna. Quello stesso Silvio che poi – alle porte dell’estate , il 25 aprile – si metteva il fazzoletto da partigiano e parlava davanti ai sopravvissuti di Onna, L’Aquila. E i giornaloni ci cascavano con tutte le scarpe: ah, lo statista rinato, ah, il grande timoniere, uh, che discorso ispirato! Ed era quella stessa estate che lui giurava solennemente, non ricordo sulla testa di chi, che avrebbe passato le vacanze a L’Aquila, insieme ai volontari. E poi, chi l’ha visto?

E poi un’altra estate ancora, quella in cui annunciava ai basiti Lampedusani che presto avrebbe abitato a Lampedusa anche lui, isolano tra gli isolani, avendo testé comprato una villa in loco.

Ora che non è più isolano, ma isolato, accudito e blandito e assecondato come i centenari nelle case di riposo per ricchi, le immagini di tutte quelle estati devono sembrargli un’epoca lontana, un infinito rimpianto. Quando a uno schioccare di dita poteva avere amici, complici, donne a valanga. E successo incontrastato come barzellettiere. Una tristezza infinita, un inappellabile game over. Perché in attesa dell’autunno de patriarca, alla vigilia del suo avvento inesorabile, c’è un’estate del patriarca. Ugualmente mesta, triste, acuminata come il rimpianto e velenosa come la nostalgia. Un po’ di pietà, non la sentite? No? Beh, io ci ho provato.

Da Il Fatto Quotidiano del 18/08/2013.
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Gli ultimi giorni di Salò - 42




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E il Caimano si svegliò Ornitorinco
di Alessandro Robecchi
| 18 agosto 2013Commenti (41)


Italiani di cielo, di terra e di mare. Ecco: quelli di cielo avevano agganciato ai loro aeroplanini lo striscione “Forza Silvio”, quelli di mare guardavano in su, e quelli di terra, esclusi da tutto, dovevano ricorrere alla rete per farsi due risate. Basta. Finito. Tutto qui.
La grande offensiva aviotrasportata del condannato numero uno, in risposta al gavettone della Cassazione – un’ideona della Santanchè, dicono – è arrivata e passata nell’ilarità generale. Un disinteresse divertito che confina con lo scuotimento del capo e una nuova spunta nella lunga lista dell’assurdo italiano: “Ok, abbiamo visto anche questa”. Persino i giornali on line, che a Ferragosto dovrebbero essere avidi di qualcosa da pubblicare, hanno piazzato la notizia nelle loro colonnine di destra, dove di solito finiscono il cammello che accudisce il gattino orfano, l’ornitorinco che legge il giornale e il topless della nonna di Pelé a Copacabana. Qualcosa a metà tra lo “strano ma vero” della Settimana Enigmistica e il “Chissenefrega” di Cuore.

Così, con un nuovo delizioso autogol, si infrange un altro mito made in Arcore.

Prima il grande imprenditore che si è fatto da sé, poi l’innocente perseguitato, e ora ecco che va in mille pezzi anche il luogo comune del grande comunicatore. Perché va bene, fa caldo anche per gli uffici marketing, ma lo striscione tirato dall’aereo è proprio il primo cantone delle ideuzze stiracchiate. E un bel modulo per la domanda di grazia nei fustini del detersivo? E il quiz televisivo sul colore dei calzini dei giudici? Vedremo. C’è tempo.

Intanto potrebbero aiutarci i semiologi e, in subordine, i sondaggisti, e spiegarci in quale modo un aeroplanino che sorvola la spiaggia possa influenzare la pubblica opinione. Io, per esempio, visto lo striscione volante, ho detto: “Ma sai che però, forse è davvero innocente?”. Ma l’offensiva aerea non c’entrava niente, era colpa del pranzo di Ferragosto e dell’overdose di limoncello.

Per fortuna le cose sono meno complicate di quel che si crede. Il messaggio volante mica era per gli italiani, macché. Era solo un telegramma dei fedelissimi a Silvio. Come dire, vedi, capo, cosa facciamo per te. Una specie di offerta votiva, un fioretto, una dimostrazione di zelo. E infatti, riferiscono le cronache rosa, che la Santanchè, spiaggiata al Twiga di Forte dei Marmi, è subito balzata dal lettino, felice come una Pasqua, per fotografare lo storico evento. Cioè si è fatta convincere al volo dalla sua stessa propaganda. Segni particolari: non è un genio.

Il Fatto Quotidiano, 17 Agosto 2013
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 43




Silvio in cielo, l’Italia ride. L’aeroflop dei falchi
di Luca De Carolis |

17 agosto 2013Commenti (173)


Forza Italia Forza Silvio Volevano sganciare bombe elettorali, ma dai cieli sono caduti mortaretti. Con l’Italia delle spiagge a guardare su annoiata, e un altro pezzo di Paese a ridacchiare davanti al pc.

I falchi del Pdl hanno sbagliato i tempi, che in politica sono quasi tutto: e invece di consensi si sono beccati lazzi e indifferenza. Proprio non ha funzionato, l’offensiva di Ferragosto con nove aerei a sorvolare i litorali del Centro-Nord, con uno striscione lungo 25 metri: “Forza Italia Forza Silvio”.

Un’idea dell’ala dura del partito di B., sviluppata subito dopo la sentenza della Cassazione sul caso Mediaset. Un modo per confermare il sostegno incondizionato nel capo, certo. Ma (nei piani) anche e soprattutto il calcio d’inizio di una campagna elettorale da fine del mondo, con la guardia pretoriana di Berlusconi, Santanchè in testa, a chiamare alla pugna verso le urne d’autunno, nel nome della risorta Forza Italia.

Il 13 agosto però Napolitano ha emesso la sua nota, ribadendo che il governo Letta deve andare avanti, nonostante tutto e tutti, e che le sentenze vanno rispettate. Quanto alla grazia, “tocca al Presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale”. Traduzione più diffusa: si vedrà. Soppesando le parole del Quirinale, e considerando anche quel netto no di Marina Berlusconi (il totem alternativo) alla discesa in campo, forse si sarebbe potuta rinviare la campagna dai cieli.


Ma i 9 Piper della brianzola Aertraining si sono ugualmente alzati in volo, come da accordi con la Santanchè e Mario Mantovani, vicegovernatore della Lombardia per il Pdl. E a Ferragosto hanno battuto oltre 2500 chilometri di costa, da Albenga e Fano, con orario di massima intensità nel primo pomeriggio, quando sotto gli ombrelloni è tradizionalmente ressa.

Niente Puglia, Calabria e isole. “In pochi giorni abbiamo organizzato quello che era possibile” spiegavano dalla Aertraining, parlando di un costo “inferiore ai 50mila euro”. L’Italia degli stabilimenti ha guardato, sorriso e sbadigliato . Non sono mancati cori ostili (soprattutto in Toscana e in Liguria).

Qualcuno ha anche replicato con controiniziative. Enrico Rossi (Pd), governatore della Toscana, ha distribuito a Viareggio volantini che riportavano l’articolo 3 della Costituzione, quello secondo cui “tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge”. Il circolo Pd di Filadelfia (Vibo Valentia) ha invece risposto con moneta simile. Ovvero, con un aereo che alle coste calabresi ha mostrato il seguente messaggio: “Grazia un caXXo”. Tre parole che sul web sono già un virus, da giorni .

Ma l’obiettivo principale non potevano essere che loro, gli aerei pro Silvio. Prima del volo ferragostano, tal Daniele Dal Bon (“curatore dell’evento”) aveva paventato niente meno che “assalti” ai Piper “in fase di decollo”. Ma nessuno ha attaccato gli aerei che spargevano il verbo di B. Piuttosto, Twitter si è gonfiato di consigli per la contraerea (metaforica, si capisce). Non male il suggerimento di Fabio Nardelli: “Oggi passano gli aerei di Silvio sulle spiagge, scrivete Borsellino o Guardia di Finanza sulla sabbia. Cambiano rotta”.

“Mia zia era con la doppietta in terrazza”

Più cattivella Mangino Brioches: “Mia zia è da due giorni in vedetta in terrazza con la doppietta del nonno”. Discolacci i tanti che hanno invocato il collaudo ferragosto degli F-35. Da cartellino rosso l’immagine con l’aereo a terra e la scritta: “Meno uno”. Gettonata la variante romantica: “Alfano ha scritto t’amo sulla sabbia per Silvio”. Stefano Della Vedova la butta sulle grandi intese: “Ma sugli aerei di Silvio c’era per caso Boccia a sventolare il messaggio?”. E c’è chi ricorda Cetto La Qualunque con il suo velivolo elettorale, nel film di Antonio Albanese. Sarcasmo, come quello sparso a piene mani con fotomontaggi (“In galera” a caratteri cubitali sull’arenile).

Chissà che ne pensa Daniela Santanchè. Giovedì scorso la parlamentare era a prendere il sole al Twiga, “beach club” a Marina di Pietrasanta (Lucca), di cui è co-proprietaria. Appena l’aereo con striscione ha solcato il cielo, attorno alle 16, la “pitonessa” si è alzata in piedi e ha cominciato a riprendere il volo con il suo i-Pad. Nel frattempo sulla spiaggia infuriava la battaglia dei gavettoni, tipica del Ferragosto. Pare che lo stendardo per Berlusconi non abbia fermato la sfida. Ed è già una sentenza pesante, sull’esito dell’offensiva aerea. Frizzante come certe repliche in tv: molto grigie. Soprattutto, fuori tempo.



il Fatto Quotidiano, 17 agosto 2013
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 44



De Gregorio: “Berlusconi? Lo compatisco. E so la verità sui fondi neri”
L'ex senatore parla dei milioni di euro tra Hong Kong, gli Stati Uniti e l'Italia riconducibili a Frank Agrama. "Ho aiutato Silvio - dice - a bloccare le indagini su un giro di denaro illecito riconducibile ad un personaggio condannato anche lui per i diritti tv"

di Fabrizio d'Esposito |
16 agosto 2013Commenti (554)



Era un’estate fa e Sergio De Gregorio masticò a lungo, e con molto anticipo, lo stesso pensiero di fondo che si legge tra le righe della dichiarazione di Napolitano dell’altro giorno: chiedere a B. il passo indietro dalla politica. De Gregorio, già senatore dipietrista poi berlusconiano, aveva maturato la decisione di collaborare con i pm di Napoli nell’inchiesta su una compravendita di parlamentari. Quella del biennio 2007-8, per far cadere Prodi, in cui il Cavaliere potrebbe essere rinviato a giudizio per corruzione. De Gregorio disse: “Abbiamo esagerato, Berlusconi farebbe bene a ritirarsi come ho fatto io”.

De Gregorio, servirebbe più di una grazia.
Ma lei pensa davvero che Napolitano possa concedere la grazia?

Se B. paga il prezzo altissimo fissato dal Colle.
Con la grazia si indignerebbe il mondo intero. Alla fine non la darà. La vedo complicata e mi creda su un punto.

Quale?
Dentro di me potrei mobilitare sentimenti di rivalsa e di odio verso Berlusconi.

Niente mobilitazione, invece.
Provo commiserazione per lui, come per me stesso. Sta uscendo di scena nel modo peggiore. La sua è una battaglia impossibile.

Se avesse ascoltato le sue parole un anno fa.
Gli scrissi una lettera. Andiamo via tutti.

Un voce nel deserto, come il Battista profeta.
Dietro l’angolo, per B., c’è ancora un mondo: Napoli, Ruby e altre inchieste.

Un mondo di guai, cui lei ha dato il suo contributo.
Io ho sbagliato e pagherò. Mi sono ritirato, faccio una vita da monaco.

Il monaco De Gregorio ha parlato ai pm di Napoli anche di un episodio che riguarda i diritti tv Mediaset.
La mancata rogatoria a Hong Kong dei magistrati di Milano, nel 2007.

Fondi neri per milioni di euro riconducibili a Frank Agrama, condannato con B. per i diritti tv Mediaset.
Centinaia di milioni di euro. Una montagna enorme di soldi con una triangolazione tra Stati Uniti, Hong Kong e Italia. Il processo ha cristallizzato solo una parte minima dei fondi neri di Mediaset.

Lei aiutò B. a fermare i pm, così ha raccontato.
Sì. E credo che ci sia un’indagine in corso. Non so se a Milano o Napoli.

Lei fu avvisato dal console italiano a Hong Kong.
Mi mandò un fax con le intestazioni cancellate.

Cosa scriveva il console?
Mi informava che i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro erano stati a Hong Kong e avevano sequestrato una mole di documenti a due società di Agrama, socio di Berlusconi. Avevano interrogato anche delle persone.

Perché il console aveva tutta questa premura?
Sosteneva che i magistrati non avessero le autorizzazioni. Infatti quelle carte non sono poi confluite nel processo.

Anche grazie a lei.
Io mi attivai subito. Misi a disposizione l’uomo De Gregorio e le sue relazioni. E sbagliai ancora una volta. Berlusconi e Ghedini non sapevano nulla, appresero tutto da me. Fui stimolato a partire per Hong Kong.

Fu stimolato lei solo?
Partimmo in quattro. Io e altri tre senatori del Pdl: Ferruccio Saro, Valerio Carrara e Giulio Marini. Erano al corrente della mia missione. Fondai anche l’associazione Italia-Hong Kong. La mia presenza lì non fu sporadica.

Solerzia e fedeltà.
A Roma feci presente all’ambasciatore cinese che non si poteva trattare così l’allora capo dell’opposizione, di cui già si parlava come futuro premier.

L’ambasciatore convenne?
Saltò sulla sedia quando gli riferii di quanto accaduto a Hong Kong, regione ad amministrazione autonoma della Cina.

La Cina capì.
Ci fu una cena a Palazzo Grazioli tra B. e l’ambasciatore.

Lei non andò.
Berlusconi me lo chiese. Ma la questione era delicatissima e gli risposi: “Hai già Valentino Valentini (parlamentare tuttofare di B., ndr) come traduttore, basta lui”.

Il più era fatto.
Non so se furono le mie pressioni, ma quegli atti acquisiti dai pm senza autorizzazione non finirono mai nel processo. Ci fu pure un carteggio con il ministro della Giustizia.

Era Mastella, allora.
Esatto.

Manovre su manovre.
Un terremoto di guai.

A settembre ne arrivano altri.
La nostra udienza a Napoli per la compravendita è il 16 settembre, ma credo che si deciderà tutto il 23 ottobre, sia per il mio patteggiamento (un anno e 8 mesi, ndr), sia per il rinvio a giudizio di B.

Lei aspetta.
Le mie pene le offro al Padreterno. Si ricordi però che siamo tutti colpevoli.

Come disse Troisi a Savonarola: “Adesso me lo segno”, arrivederci.

da Il Fatto Quotidiano del 15 agosto
camillobenso
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Gli ultimi giorni di Salò - 45




Sembra che il giornalista Ugo Magri de La Stampa, sia colui che più di altri in questo momento abbia compreso quanto sta per accadere.

Ha dimenticato solo un punto.

Alla fine del mese di agosto Letta ha stabilito che deve essere definita una volta per tutte quanto riguarda per Imu ed Iva.

Solo che in questo caso i Fratelli mussulmani non hanno arretrato di un sol millimetro dalla cancellazione totale.

Dopo un rovescio totale della posizione del boss nel mese di agosto, una sconfitta politica in questo momento arretrando dalle posizioni che hanno assunto già dalla campagna elettorale su Imu ed Iva è impensabile.

Ergo, è probabile che il governo Letta salti prima del 9 settembre.


****



18 AGO 2013 15:39
PER BERLUSCONI, IL GOVERNO È GIÀ VIRTUALMENTE CADUTO. SE IL 9 SETTEMBRE IL PD VOTERÀ IN GIUNTA AL SENATO PER CACCIARLO DAL PARLAMENTO, ENTRO POCHI MINUTI I MINISTRI PDL RASSEGNERANNO LE DIMISSIONI
Pare crollata anche l’ultima diga capace di trattenere l’ira del Cavaliere: cioè la paura che dopo Letta non si torni immediatamente alle urne. E invece di sciogliere il Parlamento, Napolitano riesca a mettere in piedi un altro governo. «Ci provassero», è la sfida lanciata da Arcore…




Ugo Magri per La Stampa


Agli occhi di Berlusconi, il governo è già virtualmente caduto. Dai discorsi che faceva ieri in privato, e puntualmente filtrati all'esterno, la crisi sembra ineluttabile, forse pure nuove elezioni. Questione di settimane. Se il 9 settembre il Pd voterà in Giunta al Senato per cacciarlo dal Parlamento, entro pochi minuti i ministri Pdl rassegneranno le dimissioni perché, confida uno di loro, «perfino se Berlusconi non ce lo chiedesse, mai potremmo restare al fianco di chi avrà sancito la decadenza del nostro leader».

Il Cavaliere è arci-convinto che l'esito sia scolpito nel marmo, che né i Democratici né Napolitano faranno nulla per scongiurare l'ineluttabile, anzi.

Considera una pia illusione la speranza, coltivata tra le «colombe» del suo partito, di strappare al Pd almeno una dilazione.


Si va convincendo che, se scontro finale dovrà essere, meglio affrontarlo subito con l'animo determinato di chi non ha più nulla da perdere, neppure la libertà personale.


Per cui in queste ore, vissute nel centrodestra con un senso di crescente sfiducia nel Capo dello Stato, nel premier «che se ne lava le mani» e nelle larghe intese, il barometro politico volge decisamente al peggio. Berlusconi è più «falco» dei suoi «falchi».

C'è chi, come il presidente di Mediaset Confalonieri, ancora spera che Silvio si fermi un attimo prima del patatrac. Ma nel gruppo dirigente Pdl non c'è uno cui sfugga la gravità della situazione. È tutto un tambureggiare di altolà, un martellamento di ultimatum, confusamente rivolti al Pd, al Capo dello Stato o a entrambi. Capezzone: «Tutti sono chiamati a trovare una soluzione».

Bondi: «Deve arrivare prima che si pronunci la Giunta, altrimenti sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, continuare a sostenere questo governo». Osvaldo Napoli: «Se il Pd continua ad arrovellarsi su come far fuori Berlusconi, si accorgerà che dovrà prima far fuori il governo». Cicchitto: «Per tenere in piedi il governo occorrono spirito costruttivo e volontà di mediazione, cioè l'opposto di quanto mostrano alcuni esponenti del Pd, da Zanda alla Bindi».

La via d'uscita non c'è, eppure si vorrebbe che qualcuno la trovi. Lo stesso Berlusconi, secondo chi l'ha sentito, è vittima di una certa confusione. Da una parte manifesta sfiducia verso Napolitano, «non mi darà mai una mano»; dall'altra gradirebbe che fosse proprio il Presidente a tirarlo fuori dai guai giudiziari. E ciò sebbene risulti chiaro ai suoi avvocati (ieri Ghedini era inchiodato al lavoro) che il Quirinale nulla può.

Neppure una grazia tanto generosa quanto immediata eviterebbe al Cavaliere la decadenza da senatore, in base alla legge Severino, con conseguente rischio di arresto su mandato di qualche Procura. Per restare in Parlamento, a Berlusconi servirebbe disinnescare la legge con l'aiuto (o la complicità) del Pd. Sa benissimo che non avrà né questa né quello. Dunque si prepara a vendere cara la pelle.

Pare crollata anche l'ultima diga capace di trattenere l'ira del Cavaliere: cioè la paura che dopo Letta non si torni immediatamente alle urne. E invece di sciogliere il Parlamento, Napolitano riesca a mettere in piedi un altro governo finalizzato a colpire il Pdl (riforma elettorale tipo Mattarellum) e le aziende del Biscione (legge sul conflitto d'interessi, tetti alla pubblicità televisiva). «Ci provassero», è la sfida lanciata da Arcore. Dove hanno fatto i loro conti, non credono che in Senato quel governo avrà mai i numeri. E pure se li trovasse, vivrebbe di vita effimera, un ottimo punching-ball per la campagna elettorale della destra.
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

LETTA AL MEETING
I professionisti dell'identità
A l Meeting di Rimini Enrico Letta sapeva che, rivendicando il valore dell'«incontro» tra forze politiche diverse e che vogliono mantenere inalterate le loro «differenze», si sarebbe esposto alla logora, ma sempre vigorosamente intimidatoria, accusa di «inciucismo». Ma non ha voluto arretrare da una convinzione che ribadisce da quando è diventato capo di questo governo: il sano conflitto politico non viene necessariamente mortificato se partiti tra loro alternativi, vincolati a un mandato preciso e consapevoli della drammaticità di uno «stato di eccezione», decidono di formare un governo chiamato a realizzare pochi punti, ma decisivi. E le forze politiche non possono rovesciare sul «loro» governo ogni malumore, ogni debolezza, ogni idiosincrasia.

Il guaio è che sia il Pd che il Pdl stentano a riconoscere, senza remore e paralizzanti riserve mentali, nel governo Letta il «loro» governo. Se ne sentono ostaggi e vorrebbero tenerlo come ostaggio impotente in balia della loro volubile umoralità. Il Pdl, ferito fino allo sbandamento dopo la condanna del leader in Cassazione, sembra esigere dal governo (a giorni alterni, sinora) un salvacondotto impossibile, un atto di sottomissione con cui il Pd e Palazzo Chigi si dovrebbero accodare alla campagna contro la magistratura acutizzatasi all'indomani di una sentenza definitiva: un'assurdità infantile, prima ancora che un ricatto politico destinato, nella migliore delle ipotesi e comunque senza arrivare allo strappo definitivo, a rendere tumultuosa la vita di un governo vulnerabilissimo.

Il Pd cerca di scaricare sulla stabilità del governo un'interminabile guerriglia interna che rende del tutto irrilevante il fatto che al capo del governo ci sia un esponente storico del loro partito, addirittura vice segretario fino al giorno della chiamata del Quirinale. Ambedue, il Pdl e il Pd, sembrano vivere l'esecutivo cui hanno dato la fiducia come una camicia di forza, una prigione soffocante, un obbligo di coabitazione che non prevede bussole comuni, punti di incontro, provvedimenti circoscritti ma efficaci per far uscire l'Italia dalla crisi in cui è drammaticamente sprofondata.

Ma il messaggio di Letta si propone di mettere un argine a un primitivismo culturale che, da sinistra come da destra, liquida e squalifica come «inciucio» ogni accordo, come capitolazione ogni punto di intesa, come annebbiamento di un'identità pura e incontaminata ogni provvedimento macchiato da un peccato originale. Il messaggio di Letta, semplicemente, è in controtendenza con tutto ciò che ha avvelenato la vita politica di decenni di bipolarismo primitivo e muscolare. Non dominata da nobili passioni e contrapposizioni, come amano ridipingerlo i suoi aedi terrorizzati come guerrieri rissosi da quella che definiscono sprezzantemente «retorica della pacificazione».

Ma da un'incoercibile pulsione alla reciproca dannazione, da una voglia, sconosciuta in ogni altra matura democrazia dell'alternanza, di annientamento dell'avversario politico ridotto e caricaturizzato come Nemico assoluto. Dopo il risultato elettorale di parità perfetta, dopo la plateale prova di inettitudine politica per la (mancata) elezione di un nuovo presidente della Repubblica, dopo la strigliata di Giorgio Napolitano che ha sferzato nel suo discorso di reinsediamento l'inconcludenza verbosa dei partiti, i rinfocolatori di una guerra distruttiva e autodistruttiva, i custodi del dogma «anti-inciucista», hanno vissuto la nascita del nuovo governo come un obbligo da adempiere obtorto collo , senza convinzione, sempre con la tentazione di staccare la spina se gli interessi dei rispettivi partiti dovessero richiederlo.

Senza mai chiedersi se non convenga procedere rapidamente sulla realizzazione di un programma di governo, per non aggiungere fallimento a fallimento, per non dare un'ulteriore e stavolta definitiva dimostrazione dell'incapacità della politica di scegliere, di governare. Senza mai chiedersi perché un periodo limitato di «grande coalizione» ha portato in Germania a risultati significativi e duraturi. Senza chiedersi se la fine di questo governo non porti a una crisi drammatica della nostra democrazia. Non con le identità incontaminate, come pensano i rinfocolatori, ma con identità devastate.

19 agosto 2013 | 8:05
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Pierluigi Battista
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Spero che almeno venga fatta una nuova legge elettorale, con PDL o M5S .Questo è il minimo.
Per conto di IMU e IVA.Propongano loro una soluzione PDL dove trovare i soldi senza tartassare gli Italiani.
Ciao
Paolo11
Maucat
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Maucat »

Non si farà nessuna legge elettorale perché il Porcellum va bene a PD e PDL quindi si rimarrà così... vedremo dopo la caduta del governo cosa accadrà. se il PD cercherà sponde da altre parti o se rifarà un pastrocchio con una parte dei PDL-ini che scapperanno via perché in Forza Italia 2.0 non ci sarà posto per loro... l'obiettivo è arrivare al 2015.
Per quanto riguarda i soldi che mancano nelle casse dello Stato chi vuoi che li paghi... sempre i soliti: noi :(
paolo11
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Iscritto il: 22/02/2012, 14:30

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

caro maucat.Se non cambiano la legge elettorale.Spero almeno i cittadini si sveglino disertando il voto al PDL e PD.
A quel punto non avrebbero nessuna scusante verso i cittadini.
Ciao
Paolo11
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