Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Quello che dici tu può accadere solo se una terza forza attrae il voto (l'astensione paradossalmente favorisce PD e PDL) e il M5S ha fallito la prova... chi potrà catalizzare i voti in uscita dai 2 poli...?
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Re: Come se ne viene fuori ?
caro Maucat .La terza forza è il M5S.Ha fallito per quelli che ragionavano alla vecchia maniera alleanze o inciuci.Quello che non vuole proprio questo movimento, nato proprio dai vecchi sistemi.Se partiva per allearsi con qualcuno non lo avrei votato.
Ciao
Paolo11
Ciao
Paolo11
Re: Come se ne viene fuori ?
dichiarazione o deliberazione ????
http://www.huffingtonpost.it/2013/08/19 ... _ref=italy
dont say cat is in the sack
http://www.youtube.com/watch?v=r48o-AvHhFw
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 46
Il ritorno dei Boia chi molla - 1
Silviolo ha ripreso il motto dell’esercito fascista della RSI.
Da Wikipedia
Nel 1943 fu ripreso nuovamente dall'esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana, in particolare dal XXIV battaglione della Guardia Nazionale Repubblicana che lo adottò come motto[2].
Storia del motto, vedi:
http://it.wikipedia.org/wiki/Boia_chi_molla
Si ricomincia.
Il Caimano tenta di uscire dall’angolo e cala quelle carte tanto attese da Sallusti nella partita a poker.
Manda Schifani a Rimini Rimini, che annuncia:
«No a un percorso comune se il Pd attacca»
Praticamente una dichiarazione di guerra.
Infatti, non più tardi di un’ora dopo la sentenza sul processo Mediaset, Epifani chiarisce la posizione del suo partito. Le sentenze si rispettano.
E’ una scelta obbligata questa volta. Il Caimano non è più soccorribile come in passato.
Epifani è costretto a scegliere tra il suo elettorato e Berlusconi.
Solo Letta tenta di salvare il suo governo, dopo un primo salvataggio di Napolitano a metà agosto.
Silviolo smentisce la bufala del solito Rotondi che non ha resistito al secondo crollo del suo partito e da ragione al sondaggio di Bufala Bill su Libero. "Il comandante sono me".
«Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani»
Ma quando mai?
Doveva mandare una flotta aerea con scritto : FORZA MERLI
POLITICA E GIUSTIZIA
Berlusconi via Fb: «Io non mollo»
Schifani da Cl: «No al ritorno del Mattarellum»
Il capogruppo al Senato con i giornalisti a Rimini al Meeting
«No a un percorso comune se il Pd attacca»
«Non mollo, resto leader centrodestra». Berlusconi dal suo profilo Facebook, parla all’elettorato e anticipa intenzioni e e slogan che appariranno nei prossimi manifesti. «Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani», «Andate avanti con coraggio», «Io resisto», «Prepariamoci al meglio», sono le frasi scelte per la nuova puntata della campagna di affissioni avviata con «ancora in campo per l’Italia» e anche in questo caso sul manifesto campeggia il simbolo di Forza Italia, con sullo sfondo il palco del discorso a via del Plebiscito.
LEGGE SEVERINO - A sostegno delle mosse del cavaliere, da Rimini conversando con i giornalisti al Meeting di Cl il capogruppo al Senato, Renato Schifani, mette i paletti Pdl alle conseguenze di un voto Pd contro Berlusconi: «Per noi tutto si tiene: se ci sarà una chiusura pregiudiziale del Pd sul percorso di approfondimento sulla legge Severino che chiediamo, per noi sarebbe impossibile parlare di un percorso comune». Ma se il Pd sarà contro, avverte il capogruppo al Senato Pdl, «anche noi prenderemo le nostre scelte, cioè la impossibilità di un percorso comune», anche perché quale «serenità può esserci sulle riforme costituzionali all’indomani di un voto che priverebbe l’Italia della rappresentanza di milioni di elettori?».
PACIFICAZIONE - Il Pdl «non si muove per interessi personali», ribadisce l’onorevole Schifani, «ma per tutelare il diritto di rappresentanza di milioni italiani che chiedono i diritti politici per Silvio Berlusconi». Parole che suonano come un monito agli altri componenti il governo. «Noi siamo perché il governo vada avanti ma lo vogliamo in una logica di pacificazione e invece notiamo che dal Pd ci sono gravi ombre su questa pacificazione. Napolitano e il Pd si devono rendere conto che il momento è delicato. Noi non chiediamo nessun baratto, chiediamo soltanto un approfondimento sulla legge Severino, tanto più alla luce di una sentenza che mostra tanti dubbi».
RILEVANZA POLITICA - L’accusa ai democratici di palazzo Madama è di essersi pronunciati «pregiudizialmente contrari prima di aver letto gli atti e di aver ascoltato le nostre obiezioni sull’incostituzionalità della legge Severino, come dicono illustri costituzionalisti in queste ore. E questo assume un valore di rilevanza politica: si tratta di un no politico al quale noi, se persisterà, non potremo contrapporre un altro no politico». L’ex presidente del Senato spiega che in merito alla decadenza del Cavaliere sulla Severino «sono quesiti che meritano approfondimenti seri. Noi porteremo questi temi nella Giunta per le Immunità e chiederemo che ne discuta la Corte Costituzionale».
PORCELLUM - La legge elettorale è l’altro tema affrontato da Renato Schifani durante le conversazione a Rimini. «Sulla legge elettorale posso condividere la fretta di Letta se si riferisce al recepimento dei rilievi della Corte Costituzionale, altrimenti non comprendo le motivazioni di questa fretta. Comunque non ci sono margini di avvicinamento. Tra Pd e Pdl le distanze rimangono». Parlando del Porcellum, Schifani ha aggiunto: «Tra Pd e Pdl le distanze rimangono. Noi siamo per mettere in sicurezza Porcellum con la soglia. Per noi la legge elettorale nuova deve seguire le riforme istituzionali, altrimenti non la comprendo, e preferisco non comprendere, altre motivazioni che non mi piacciono, come quella di fare una legge elettorale per andare a votare subito. Noi siamo per le cose lineari e per mettere in sicurezza l’attuale legge. Noi diciamo no al ritorno del Mattarellum».
19 agosto 2013 | 13:58
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Redazione Online
http://www.corriere.it/politica/13_agos ... a6bb.shtml
Il ritorno dei Boia chi molla - 1
Silviolo ha ripreso il motto dell’esercito fascista della RSI.
Da Wikipedia
Nel 1943 fu ripreso nuovamente dall'esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana, in particolare dal XXIV battaglione della Guardia Nazionale Repubblicana che lo adottò come motto[2].
Storia del motto, vedi:
http://it.wikipedia.org/wiki/Boia_chi_molla
Si ricomincia.
Il Caimano tenta di uscire dall’angolo e cala quelle carte tanto attese da Sallusti nella partita a poker.
Manda Schifani a Rimini Rimini, che annuncia:
«No a un percorso comune se il Pd attacca»
Praticamente una dichiarazione di guerra.
Infatti, non più tardi di un’ora dopo la sentenza sul processo Mediaset, Epifani chiarisce la posizione del suo partito. Le sentenze si rispettano.
E’ una scelta obbligata questa volta. Il Caimano non è più soccorribile come in passato.
Epifani è costretto a scegliere tra il suo elettorato e Berlusconi.
Solo Letta tenta di salvare il suo governo, dopo un primo salvataggio di Napolitano a metà agosto.
Silviolo smentisce la bufala del solito Rotondi che non ha resistito al secondo crollo del suo partito e da ragione al sondaggio di Bufala Bill su Libero. "Il comandante sono me".
«Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani»
Ma quando mai?
Doveva mandare una flotta aerea con scritto : FORZA MERLI
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Berlusconi via Fb: «Io non mollo»
Schifani da Cl: «No al ritorno del Mattarellum»
Il capogruppo al Senato con i giornalisti a Rimini al Meeting
«No a un percorso comune se il Pd attacca»
«Non mollo, resto leader centrodestra». Berlusconi dal suo profilo Facebook, parla all’elettorato e anticipa intenzioni e e slogan che appariranno nei prossimi manifesti. «Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani», «Andate avanti con coraggio», «Io resisto», «Prepariamoci al meglio», sono le frasi scelte per la nuova puntata della campagna di affissioni avviata con «ancora in campo per l’Italia» e anche in questo caso sul manifesto campeggia il simbolo di Forza Italia, con sullo sfondo il palco del discorso a via del Plebiscito.
LEGGE SEVERINO - A sostegno delle mosse del cavaliere, da Rimini conversando con i giornalisti al Meeting di Cl il capogruppo al Senato, Renato Schifani, mette i paletti Pdl alle conseguenze di un voto Pd contro Berlusconi: «Per noi tutto si tiene: se ci sarà una chiusura pregiudiziale del Pd sul percorso di approfondimento sulla legge Severino che chiediamo, per noi sarebbe impossibile parlare di un percorso comune». Ma se il Pd sarà contro, avverte il capogruppo al Senato Pdl, «anche noi prenderemo le nostre scelte, cioè la impossibilità di un percorso comune», anche perché quale «serenità può esserci sulle riforme costituzionali all’indomani di un voto che priverebbe l’Italia della rappresentanza di milioni di elettori?».
PACIFICAZIONE - Il Pdl «non si muove per interessi personali», ribadisce l’onorevole Schifani, «ma per tutelare il diritto di rappresentanza di milioni italiani che chiedono i diritti politici per Silvio Berlusconi». Parole che suonano come un monito agli altri componenti il governo. «Noi siamo perché il governo vada avanti ma lo vogliamo in una logica di pacificazione e invece notiamo che dal Pd ci sono gravi ombre su questa pacificazione. Napolitano e il Pd si devono rendere conto che il momento è delicato. Noi non chiediamo nessun baratto, chiediamo soltanto un approfondimento sulla legge Severino, tanto più alla luce di una sentenza che mostra tanti dubbi».
RILEVANZA POLITICA - L’accusa ai democratici di palazzo Madama è di essersi pronunciati «pregiudizialmente contrari prima di aver letto gli atti e di aver ascoltato le nostre obiezioni sull’incostituzionalità della legge Severino, come dicono illustri costituzionalisti in queste ore. E questo assume un valore di rilevanza politica: si tratta di un no politico al quale noi, se persisterà, non potremo contrapporre un altro no politico». L’ex presidente del Senato spiega che in merito alla decadenza del Cavaliere sulla Severino «sono quesiti che meritano approfondimenti seri. Noi porteremo questi temi nella Giunta per le Immunità e chiederemo che ne discuta la Corte Costituzionale».
PORCELLUM - La legge elettorale è l’altro tema affrontato da Renato Schifani durante le conversazione a Rimini. «Sulla legge elettorale posso condividere la fretta di Letta se si riferisce al recepimento dei rilievi della Corte Costituzionale, altrimenti non comprendo le motivazioni di questa fretta. Comunque non ci sono margini di avvicinamento. Tra Pd e Pdl le distanze rimangono». Parlando del Porcellum, Schifani ha aggiunto: «Tra Pd e Pdl le distanze rimangono. Noi siamo per mettere in sicurezza Porcellum con la soglia. Per noi la legge elettorale nuova deve seguire le riforme istituzionali, altrimenti non la comprendo, e preferisco non comprendere, altre motivazioni che non mi piacciono, come quella di fare una legge elettorale per andare a votare subito. Noi siamo per le cose lineari e per mettere in sicurezza l’attuale legge. Noi diciamo no al ritorno del Mattarellum».
19 agosto 2013 | 13:58
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 47
19 AGO 2013 15:51
MA CONTA PIÙ “L’AGIBILITÀ POLITICA” DEL BANANA O LA RAPPRESENTANZA POLITICA DEI SUOI ELETTORI?
E’ un problema democratico se una parte consistente del Paese è convinta che i giudici vogliano fare fuori il suo leader - Se Berlusconi va fuorigioco, avremo a destra un elettorato ancora più scettico, irritato, dispettoso e privo di fiducia nelle istituzioni di quanto non sia sempre stato…
Giovanni Orsina per "la Stampa"
Il gran parlare che s'è fatto, e si farà per molti mesi, della «agibilità politica» di Berlusconi ha instradato il dibattito su un binario ingannevole. Se osserviamo il problema dal punto di vista del cittadino Berlusconi, infatti, è evidente che la sentenza va applicata con tutti i suoi annessi e connessi, a meno di non violare in maniera intollerabile il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge.
La questione tuttavia si complica non poco se, invece che guardare in alto alla «agibilità politica» di Berlusconi, guardiamo in basso alla rappresentanza politica dei suoi elettori. Una prospettiva, sia detto per inciso, che la nota diffusa il 13 agosto dal Quirinale ha tenuto ben presente.
Le fazioni politiche e mediatiche più accesamente antiberlusconiane paiono ritenere che, pure se la si studia dal basso, la questione resti comunque semplice. Sulla base di un ragionamento a tre stadi. Innanzitutto, se gli elettori di centro destra hanno scelto di farsi rappresentare da un delinquente, fatti loro. Poi, quegli elettori possono trovare qualcun altro che li rappresenti. Infine (e soprattutto) essi hanno affidato la propria rappresentanza a un delinquente perché in realtà son delinquenti pure loro - magari a bassa intensità: evasione, abusivismo, parcheggio in doppia fila. Se restano sottorappresentati, perciò, tanto di guadagnato.
Nessuno dei tre stadi del ragionamento, tuttavia, sopravvive a un'analisi ravvicinata. Liberiamoci subito del terzo stadio: la maggior propensione a delinquere dell'elettorato berlusconiano non è mai stata dimostrata, ma soltanto postulata - in genere sulla base di un ragionamento ideologico e tautologico: «Chi vota Berlusconi è delinquente, e prova ne sia che vota Berlusconi».
Moltissimi di quegli elettori poi (primo stadio) ritengono di non aver votato per un delinquente perché non hanno mai creduto, e con ogni probabilità continuano a non credere, che il Cavaliere sia un delinquente. Non lo hanno creduto e non lo credono perché sono convinti, con Berlusconi, che dei giudici non ci si possa fidare.
Non se ne fidano fin da quando, vent'anni fa, hanno visto i partiti postcomunisti sopravvivere, unici dell'arco costituzionale, a Mani Pulite - operazione per altro che in origine essi avevano accolto con entusiasmo. Pensano perciò che il Cavaliere sia stato sottoposto a un trattamento iniquo: che sia stato inquisito come nessun altro lo è mai stato; che ciò nonostante si sia trovato piuttosto poco, per un imprenditore del suo calibro; e che quanto è stato trovato, ammesso pure che non sia né poco né veniale, non sia comunque più grave di quel che si troverebbe «dall'altra parte» se lo zelo dei giudici fosse bilaterale.
Moltissimi elettori berlusconiani infine (secondo stadio) credono che solo Berlusconi abbia saputo dar loro il peso politico che, per la loro consistenza numerica, meritano. Malgrado in maggioranza siano con ogni probabilità convinti ormai che debba aprirsi una nuova fase storica, inoltre, essi si ribellano all'idea che ad aprirla siano i giudici.
Ritenendo infatti che i magistrati si siano mossi (in tutto o in parte) non contro il Berlusconi-delinquente, ma contro il Berlusconi-uomo politico, prendono la sua condanna (in tutto o in parte) come un fatto personale: «Vogliono farlo fuori perché rappresenta me; difendendo lui, perciò, difendo me stesso; e malgrado mi abbia stancato, voglio essere io a decidere se e quando cambiare, non farmici costringere da una casta alla cui imparzialità non credo».
Ha ragione a pensare questo, l'elettorato berlusconiano? Ciascuno risponda come crede. Il punto è un altro: se una parte consistente del Paese è convinta, o per lo meno dubita, che l'arbitro giochi con la squadra avversaria, questa convinzione - giusta o sbagliata che sia - crea un macroscopico problema politico. L'espressione va usata con cautela, ma nel conflitto fra berlusconiani e antiberlusconiani non sono mancati gli elementi di una sorta di guerra civile fredda.
Le fazioni più accesamente antiberlusconiane respingeranno quest'ultima considerazione: parlare di guerra civile significa riconoscere dignità a entrambe le parti in conflitto, mentre quelle fazioni non intendono attribuire ai berlusconiani alcun valore etico né politico. In una democrazia, tuttavia, negare dignità etica e politica a milioni e milioni di voti espressi liberamente per vent'anni non è possibile se non, appunto, adottando una mentalità da guerra civile.
Come uscirne, dunque? Una possibile soluzione è quella della vittoria inequivoca di una parte. In questo momento la parte più prossima alla vittoria è senz'altro quella avversa al Cavaliere, e infatti le fazioni più accesamente antiberlusconiane sono assai eccitate e ansiose di arrivare fino in fondo. Se pure quella è la parte più vicina alla vittoria, tuttavia, ciò non implica affatto che la sua vittoria sia né vicina né certa. Berlusconi, con ogni evidenza, non ha alcuna intenzione di abbandonare senza aver prima dato fondo a tutte le sue risorse. Che non sono poche.
Nessuno si illuda, perciò: ci aspettano mesi e mesi incandescenti di risse e polemiche, di accelerazioni repentine e altrettanto repentine frenate. Mesi e mesi, soprattutto, di poco o nessun governo. E non solo. Un'eventuale vittoria dello schieramento progressista ottenuta in queste condizioni coinciderebbe col trionfo dell'antiberlusconismo più radicale.
Il che con ogni probabilità impedirebbe per l'ennesima volta a quello schieramento di compiere la trasformazione che insegue invano fin dal 1994: l'evoluzione in una sinistra capace di «sfondare» al centro, e dotata perciò di un'autentica vocazione maggioritaria. Sul versante destro, infine, resterebbero milioni di elettori convinti che la propria parte politica sia stata distrutta in un match iniquo, vinto dagli avversari non per loro merito ma per l'indebita intrusione dell'arbitro. Un elettorato reso ancor più scettico, irritato, dispettoso e privo di fiducia nelle istituzioni di quanto non sia sempre stato.
Come altro si può uscire dalla guerra civile, allora? Innanzitutto riconoscendo che si è trattato di una guerra civile. E poi lavorando a un vero compromesso politico, nel quale tutti cedano qualcosa, e chi è più debole ceda di più, ma che sia in grado di chiudere infine una fase storica che produce ormai soltanto tossine esiziali, e di aprirne una nuova che faccia crescere il Paese.
Un compromesso che spetterebbe ai partiti e al parlamento, non al Capo dello Stato, raggiungere. E un compromesso che richiederebbe grandissimo coraggio e altrettanta fantasia: l'Italia - inutile illudersi - non è un Paese normale; la vita politica italiana degli ultimi vent'anni è stata un garbuglio di anomalie che si sono alimentate le une con le altre; e dalle situazioni gravemente anormali ci si può districare soltanto battendo sentieri eccezionali.
19 AGO 2013 15:51
MA CONTA PIÙ “L’AGIBILITÀ POLITICA” DEL BANANA O LA RAPPRESENTANZA POLITICA DEI SUOI ELETTORI?
E’ un problema democratico se una parte consistente del Paese è convinta che i giudici vogliano fare fuori il suo leader - Se Berlusconi va fuorigioco, avremo a destra un elettorato ancora più scettico, irritato, dispettoso e privo di fiducia nelle istituzioni di quanto non sia sempre stato…
Giovanni Orsina per "la Stampa"
Il gran parlare che s'è fatto, e si farà per molti mesi, della «agibilità politica» di Berlusconi ha instradato il dibattito su un binario ingannevole. Se osserviamo il problema dal punto di vista del cittadino Berlusconi, infatti, è evidente che la sentenza va applicata con tutti i suoi annessi e connessi, a meno di non violare in maniera intollerabile il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge.
La questione tuttavia si complica non poco se, invece che guardare in alto alla «agibilità politica» di Berlusconi, guardiamo in basso alla rappresentanza politica dei suoi elettori. Una prospettiva, sia detto per inciso, che la nota diffusa il 13 agosto dal Quirinale ha tenuto ben presente.
Le fazioni politiche e mediatiche più accesamente antiberlusconiane paiono ritenere che, pure se la si studia dal basso, la questione resti comunque semplice. Sulla base di un ragionamento a tre stadi. Innanzitutto, se gli elettori di centro destra hanno scelto di farsi rappresentare da un delinquente, fatti loro. Poi, quegli elettori possono trovare qualcun altro che li rappresenti. Infine (e soprattutto) essi hanno affidato la propria rappresentanza a un delinquente perché in realtà son delinquenti pure loro - magari a bassa intensità: evasione, abusivismo, parcheggio in doppia fila. Se restano sottorappresentati, perciò, tanto di guadagnato.
Nessuno dei tre stadi del ragionamento, tuttavia, sopravvive a un'analisi ravvicinata. Liberiamoci subito del terzo stadio: la maggior propensione a delinquere dell'elettorato berlusconiano non è mai stata dimostrata, ma soltanto postulata - in genere sulla base di un ragionamento ideologico e tautologico: «Chi vota Berlusconi è delinquente, e prova ne sia che vota Berlusconi».
Moltissimi di quegli elettori poi (primo stadio) ritengono di non aver votato per un delinquente perché non hanno mai creduto, e con ogni probabilità continuano a non credere, che il Cavaliere sia un delinquente. Non lo hanno creduto e non lo credono perché sono convinti, con Berlusconi, che dei giudici non ci si possa fidare.
Non se ne fidano fin da quando, vent'anni fa, hanno visto i partiti postcomunisti sopravvivere, unici dell'arco costituzionale, a Mani Pulite - operazione per altro che in origine essi avevano accolto con entusiasmo. Pensano perciò che il Cavaliere sia stato sottoposto a un trattamento iniquo: che sia stato inquisito come nessun altro lo è mai stato; che ciò nonostante si sia trovato piuttosto poco, per un imprenditore del suo calibro; e che quanto è stato trovato, ammesso pure che non sia né poco né veniale, non sia comunque più grave di quel che si troverebbe «dall'altra parte» se lo zelo dei giudici fosse bilaterale.
Moltissimi elettori berlusconiani infine (secondo stadio) credono che solo Berlusconi abbia saputo dar loro il peso politico che, per la loro consistenza numerica, meritano. Malgrado in maggioranza siano con ogni probabilità convinti ormai che debba aprirsi una nuova fase storica, inoltre, essi si ribellano all'idea che ad aprirla siano i giudici.
Ritenendo infatti che i magistrati si siano mossi (in tutto o in parte) non contro il Berlusconi-delinquente, ma contro il Berlusconi-uomo politico, prendono la sua condanna (in tutto o in parte) come un fatto personale: «Vogliono farlo fuori perché rappresenta me; difendendo lui, perciò, difendo me stesso; e malgrado mi abbia stancato, voglio essere io a decidere se e quando cambiare, non farmici costringere da una casta alla cui imparzialità non credo».
Ha ragione a pensare questo, l'elettorato berlusconiano? Ciascuno risponda come crede. Il punto è un altro: se una parte consistente del Paese è convinta, o per lo meno dubita, che l'arbitro giochi con la squadra avversaria, questa convinzione - giusta o sbagliata che sia - crea un macroscopico problema politico. L'espressione va usata con cautela, ma nel conflitto fra berlusconiani e antiberlusconiani non sono mancati gli elementi di una sorta di guerra civile fredda.
Le fazioni più accesamente antiberlusconiane respingeranno quest'ultima considerazione: parlare di guerra civile significa riconoscere dignità a entrambe le parti in conflitto, mentre quelle fazioni non intendono attribuire ai berlusconiani alcun valore etico né politico. In una democrazia, tuttavia, negare dignità etica e politica a milioni e milioni di voti espressi liberamente per vent'anni non è possibile se non, appunto, adottando una mentalità da guerra civile.
Come uscirne, dunque? Una possibile soluzione è quella della vittoria inequivoca di una parte. In questo momento la parte più prossima alla vittoria è senz'altro quella avversa al Cavaliere, e infatti le fazioni più accesamente antiberlusconiane sono assai eccitate e ansiose di arrivare fino in fondo. Se pure quella è la parte più vicina alla vittoria, tuttavia, ciò non implica affatto che la sua vittoria sia né vicina né certa. Berlusconi, con ogni evidenza, non ha alcuna intenzione di abbandonare senza aver prima dato fondo a tutte le sue risorse. Che non sono poche.
Nessuno si illuda, perciò: ci aspettano mesi e mesi incandescenti di risse e polemiche, di accelerazioni repentine e altrettanto repentine frenate. Mesi e mesi, soprattutto, di poco o nessun governo. E non solo. Un'eventuale vittoria dello schieramento progressista ottenuta in queste condizioni coinciderebbe col trionfo dell'antiberlusconismo più radicale.
Il che con ogni probabilità impedirebbe per l'ennesima volta a quello schieramento di compiere la trasformazione che insegue invano fin dal 1994: l'evoluzione in una sinistra capace di «sfondare» al centro, e dotata perciò di un'autentica vocazione maggioritaria. Sul versante destro, infine, resterebbero milioni di elettori convinti che la propria parte politica sia stata distrutta in un match iniquo, vinto dagli avversari non per loro merito ma per l'indebita intrusione dell'arbitro. Un elettorato reso ancor più scettico, irritato, dispettoso e privo di fiducia nelle istituzioni di quanto non sia sempre stato.
Come altro si può uscire dalla guerra civile, allora? Innanzitutto riconoscendo che si è trattato di una guerra civile. E poi lavorando a un vero compromesso politico, nel quale tutti cedano qualcosa, e chi è più debole ceda di più, ma che sia in grado di chiudere infine una fase storica che produce ormai soltanto tossine esiziali, e di aprirne una nuova che faccia crescere il Paese.
Un compromesso che spetterebbe ai partiti e al parlamento, non al Capo dello Stato, raggiungere. E un compromesso che richiederebbe grandissimo coraggio e altrettanta fantasia: l'Italia - inutile illudersi - non è un Paese normale; la vita politica italiana degli ultimi vent'anni è stata un garbuglio di anomalie che si sono alimentate le une con le altre; e dalle situazioni gravemente anormali ci si può districare soltanto battendo sentieri eccezionali.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 48
Le donne di Salò
GELMINI: «L'AGIBILITÀ DEL CAVALIERE VA TUTELATA SENZA SE E SENZA MA. OPPURE LETTA RISCHIA»
Le «amazzoni» di Silvio all'attacco:
«Nessuno potrà far fuori Berlusconi»
Il Pdl fa quadrato attorno al proprio leader. Santanché: ancora contro Napolitano. Biancofiore: «Ci pensi Letta»
L’annuncio di Berlusconi rilanciato oggi su Facebook, quel «non mollo» con cui già aveva tuonato dal palco di via del Plebiscito dopo la conferma della condanna definitiva per frode fiscale, ha dato il via al fuoco di fila del Pdl puntato ora su Napolitano ora sul Pd. Con un unico obiettivo: arrivare ad una forma di salvacondotto per il leader del centrodestra che eviti ripercussioni sul governo. E sono le «amazzoni» di Silvio, le donne di punta del partito ma anche quelle più propense ad esporsi in prima persona, quelle maggiormente impegnate in questa campagna d’agosto.
NAPOLITANO E LETTA - E' Daniela Santanché, come ormai avviene da alcuni giorni, a guidare all'attacco le schiere pidielline: «Su questo suo post su Facebook mi ha dato più forza» dice la pasionaria del centrodestra. Poi l'avvertimento in vista del voto sulla decadenza del Cavaliere previsto a settembre nella giunta per le elezioni del Senato: «Se il Pd in quella commissione voterà contro Silvio Berlusconi i nostri ministri e noi non potremmo stare seduti allo stesso tavolo di chi è il carnefice di Silvio Berlusconi». Poi l'affondo sul presidente Giorgio Napolitano: «Trovo la sua nota irricevibile. Tra le righe c'è scritto che Berlusconi deve accettare la sentenza, deve farsi da parte, dimettersi da senatore. Tutte cose che - non mi aspettavo dall'arbitro del Paese Italia. Perchè, come ruolo, quello del Presidente è quello di far rispettare le regole che sono scritte nella nostra Costituzione». Michaela Biancofiore, un'altra delle amazzoni berlusconiane, chiama in causa invece il capo del governo, Enrico Letta: «Sia lui a chiedere un segnale politico al Colle, l'unico segnale possibile per una vera pacificazione, la commutazione della pena a Berlusconi».
IL VOTO AL SENATO - Sposta invece il tiro sul Parlamento l'ex ministro Stefania Prestigiaconmo: «Il re è nudo. Dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Non acconsentiremo mai che l'agibilitá politica di Silvio Berlusconi e la rappresentanza di 9 milioni di italiani vengano calpestati dalla brama del Partito Democratico di scrivere la parola fine al berlusconismo. Una sentenza politica può essere risolta solamente in modo politico». E l'ex presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, punta il dito sul Pd: «Si eviti di credere che la giunta per le elezioni possa essere utilizzata come semplice mezzo per eliminare dalla scena politica un esponente fondamentale per tutto il centrodestra. Mi auguro che la stessa responsabilità, fin qui dimostrata dal Pdl, sia assunta anche dalla giunta per dirimere una questione delicata e importante da cui dipendono anche la democrazia e la libertà del nostro Paese». Maria Stella Gelmini insiste sulla tutela dell'agibilità politica e della rappresentanza del Cavaliere che vanno salvaguardate «senza se e senza ma». E questo «a maggior ragione in un contesto nel quale ne va anche della stabilità del governo Letta».
ORIZZONTE ELEZIONI - La senatrice Elisabetta Alberti Casellati guarda invece già oltre: «Il Pd che, all'indomani della condanna di Berlusconi, ha sentenziato a favore della decadenza, ha assunto la decisione squisitamente politica di rompere l'alleanza con il Pdl. Si assuma il governo Letta le proprie responsabilità davanti agli italiani, che sapranno riconoscere nel ritorno alle urne in Forza Italia e in Berlusconi l' unica possibilità di un rilancio economico del nostro Paese». Anche l'europarlamentare Laura Comi, negli ultimi mesi uno dei volti più televisivi del Pdl, è pessimista. E in assenza di una «onorevolissima soluzione poitica» evoca la fine delle larghe intese: «È ovvio che se un governo basa la propria sopravvivenza sul sostegno di Pd-Pdl se c'è una parte politica che insulta l'altra e addirittura auspica l'uscita dalla scena politica del leader del più grande partito di centrodestra, implicitamente lavora per fare finire il governo Letta-Alfano. Questo il Pd non può far finta di non saperlo».
19 agosto 2013 | 22:00
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ALESSANDRO SALA
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Le donne di Salò
GELMINI: «L'AGIBILITÀ DEL CAVALIERE VA TUTELATA SENZA SE E SENZA MA. OPPURE LETTA RISCHIA»
Le «amazzoni» di Silvio all'attacco:
«Nessuno potrà far fuori Berlusconi»
Il Pdl fa quadrato attorno al proprio leader. Santanché: ancora contro Napolitano. Biancofiore: «Ci pensi Letta»
L’annuncio di Berlusconi rilanciato oggi su Facebook, quel «non mollo» con cui già aveva tuonato dal palco di via del Plebiscito dopo la conferma della condanna definitiva per frode fiscale, ha dato il via al fuoco di fila del Pdl puntato ora su Napolitano ora sul Pd. Con un unico obiettivo: arrivare ad una forma di salvacondotto per il leader del centrodestra che eviti ripercussioni sul governo. E sono le «amazzoni» di Silvio, le donne di punta del partito ma anche quelle più propense ad esporsi in prima persona, quelle maggiormente impegnate in questa campagna d’agosto.
NAPOLITANO E LETTA - E' Daniela Santanché, come ormai avviene da alcuni giorni, a guidare all'attacco le schiere pidielline: «Su questo suo post su Facebook mi ha dato più forza» dice la pasionaria del centrodestra. Poi l'avvertimento in vista del voto sulla decadenza del Cavaliere previsto a settembre nella giunta per le elezioni del Senato: «Se il Pd in quella commissione voterà contro Silvio Berlusconi i nostri ministri e noi non potremmo stare seduti allo stesso tavolo di chi è il carnefice di Silvio Berlusconi». Poi l'affondo sul presidente Giorgio Napolitano: «Trovo la sua nota irricevibile. Tra le righe c'è scritto che Berlusconi deve accettare la sentenza, deve farsi da parte, dimettersi da senatore. Tutte cose che - non mi aspettavo dall'arbitro del Paese Italia. Perchè, come ruolo, quello del Presidente è quello di far rispettare le regole che sono scritte nella nostra Costituzione». Michaela Biancofiore, un'altra delle amazzoni berlusconiane, chiama in causa invece il capo del governo, Enrico Letta: «Sia lui a chiedere un segnale politico al Colle, l'unico segnale possibile per una vera pacificazione, la commutazione della pena a Berlusconi».
IL VOTO AL SENATO - Sposta invece il tiro sul Parlamento l'ex ministro Stefania Prestigiaconmo: «Il re è nudo. Dobbiamo avere il coraggio di dirlo. Non acconsentiremo mai che l'agibilitá politica di Silvio Berlusconi e la rappresentanza di 9 milioni di italiani vengano calpestati dalla brama del Partito Democratico di scrivere la parola fine al berlusconismo. Una sentenza politica può essere risolta solamente in modo politico». E l'ex presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, punta il dito sul Pd: «Si eviti di credere che la giunta per le elezioni possa essere utilizzata come semplice mezzo per eliminare dalla scena politica un esponente fondamentale per tutto il centrodestra. Mi auguro che la stessa responsabilità, fin qui dimostrata dal Pdl, sia assunta anche dalla giunta per dirimere una questione delicata e importante da cui dipendono anche la democrazia e la libertà del nostro Paese». Maria Stella Gelmini insiste sulla tutela dell'agibilità politica e della rappresentanza del Cavaliere che vanno salvaguardate «senza se e senza ma». E questo «a maggior ragione in un contesto nel quale ne va anche della stabilità del governo Letta».
ORIZZONTE ELEZIONI - La senatrice Elisabetta Alberti Casellati guarda invece già oltre: «Il Pd che, all'indomani della condanna di Berlusconi, ha sentenziato a favore della decadenza, ha assunto la decisione squisitamente politica di rompere l'alleanza con il Pdl. Si assuma il governo Letta le proprie responsabilità davanti agli italiani, che sapranno riconoscere nel ritorno alle urne in Forza Italia e in Berlusconi l' unica possibilità di un rilancio economico del nostro Paese». Anche l'europarlamentare Laura Comi, negli ultimi mesi uno dei volti più televisivi del Pdl, è pessimista. E in assenza di una «onorevolissima soluzione poitica» evoca la fine delle larghe intese: «È ovvio che se un governo basa la propria sopravvivenza sul sostegno di Pd-Pdl se c'è una parte politica che insulta l'altra e addirittura auspica l'uscita dalla scena politica del leader del più grande partito di centrodestra, implicitamente lavora per fare finire il governo Letta-Alfano. Questo il Pd non può far finta di non saperlo».
19 agosto 2013 | 22:00
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ALESSANDRO SALA
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 49
La tentazione di Berlusconi: “un discorso-bomba” in aula per far cadere il governo
Nel mirino finiranno come al solito "le toghe rosse". L'ex premier toccherà temi noti, ma con toni così violenti da provocare l'esplosione della legislatura quando la Giunta, a settembre, deciderà sull'incandabilità. Prima però, metterà in atto la strategia del rinvio presentando il parere di una serie di giuristi per dimostrare l'incostituzionalità della legge Severino. Su Facebook promette: "Resto io il leader del centrodestra"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 19 agosto 2013Commenti (2327)
Davanti alla platea del Meeting di Rimini Enrico Letta prova a blindare le larghe intese: “Nessuno interrompa il percorso di speranza che abbiamo cominciato”. Perché “gli italiani puniranno chi anteporrà interessi personali e di parte rispetto all’interesse comune di uscire dalla crisi”. Un discorso rivolto soprattutto al Pdl che, dopo la condanna definitiva di Silvio Berlusconi a quattro anni per frode fiscale, mostra segnali di grande insofferenza nei confronti dell’alleato. E il più insofferente di tutti è proprio il Cavaliere che, secondo la ricostruzione de La Stampa, starebbe preparando “un discorso-bomba, da tenersi in Senato”. Nel mirino finiranno le “toghe rosse“, “l’uso politico della giustizia“, la corrente delle toghe ‘Magistratura democratica‘, dipinta come un “potere occulto o, peggio, un gruppo eversivo”. Insomma, Berlusconi toccherà le solite note dolenti, ma lo farà con toni così violenti da provocare, secondo il quotidiano torinese, “l’esplosione di governo e legislatura”.
Il momento prescelto dal Cavaliere cadrà subito dopo il voto della Giunta per le elezioni previsto per il 9 settembre: voto che deciderà se far decadere Berlusconi dal suo seggio di senatore per effetto della legge Severino anti-corruzione per condanne superiori ai due anni. Una decisione che ormai pare scontata come preannunciato anche dal presidente della Giunta, il senatore di Sel Dario Stèfano che, in un’intervista all’Ansa il 16 agosto, diceva: “L’ex premier sarà incandidabile per almeno due anni e non sono immaginabili salvacondotti provenienti dall’esterno”. Uno smacco che il Cavaliere non sarebbe in grado di accettare e che lo porterebbe a sfoderare l’arma del discorso parlamentare.
Un “j’accuse” che ricorderebbe il celebre discorso di Bettino Craxi alla Camera del 29 aprile del 1993 con una sostanziale differenza: il leader socialista parlò ai deputati partendo da un’ammissione di colpa per sostenere l’assunto “sono colpevole quanto tutti voi” (in merito al finanziamento pubblico ai partiti, ndr); Berlusconi, invece, presenterà se stesso quale vittima della magistratura senza arretrare di un passo dalla sua immagine di martire sacrificato sull’altare della giustizia politicizzata. Nessuna ammissione di colpa, anzi. Perché, come ha detto il leader del Pdl ieri in collegamento telefonico con i militanti a Bellaria, nel riminese: “Io resisto. Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani. Andate avanti con coraggio. Prepariamoci al meglio”. Un messaggio poi ribadito oggi tale e quale dalla sua bacheca Facebook: ”Io resisto! Non mollo. State tranquilli che non mi faccio da parte, resto io il capo del centrodestra. Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani”.
Il discorso in Senato non è l’unica tentazione del Cavaliere. Secondo la ricostruzione de Il Secolo XIX, la strategia dell’ex premier passerà anche attraverso una nuova maratona televisiva simile a quella portata avanti nell’ultima campagna elettorale: decine e decine di comparsate in radio, tv nazionali e regionali che, sollevarono di almeno 10 punti un Pdl ormai sprofondato nei sondaggi al 13,5 per cento. Ma, come racconta La Repubblica, c’è anche un’altra carta nel mazzo di Berlusconi: “contrastare l’iter della decadenza come manifestamente incostituzionale, non presentare alcuna memoria in Giunta il 28 agosto, ma portare “un florilegio di costituzionalisti per sostenere la manifesta forzatura giuridica“. E la tattica del rinvio è confermata anche dal capogruppo dei senatori del Pdl Renato Schifani: “Per noi tutto si tiene se ci sarà una chiusura pregiudiziale del Pd sul percorso di approfondimento sulla legge Severino che chiediamo per noi sarebbe impossibile parlare di un percorso comune”, ha detto dal Meeting di Rimini.
Secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro l’ex presidente del Consiglio ha in mente una “difesa-offesa in tre tappe” tra cui innanzitutto dimostrare con pareri giuridici che il Senato sta seguendo una via palesemente illegale visto che, almeno secondo il Pdl, la legge anti-corruzione sarebbe incostituzionale. E infatti Il Giornale schiera l’opinione di Nicolò Zanon, membro del Consiglio superiore della magistratura: “Al di là del caso Berlusconi, quel testo rischia di dare ai giudici il potere di decidere gli eletti in Parlamento. La giunta dovrebbe preoccuparsi di queste falle”, dichiara il professore di Diritto costituzionale al quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Insomma, la manovra per rimandare sine die la decisione della Giunta è partita e passa, come sempre, attraverso un braccio di ferro senza fine con la giustizia.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08 ... no/686996/
La tentazione di Berlusconi: “un discorso-bomba” in aula per far cadere il governo
Nel mirino finiranno come al solito "le toghe rosse". L'ex premier toccherà temi noti, ma con toni così violenti da provocare l'esplosione della legislatura quando la Giunta, a settembre, deciderà sull'incandabilità. Prima però, metterà in atto la strategia del rinvio presentando il parere di una serie di giuristi per dimostrare l'incostituzionalità della legge Severino. Su Facebook promette: "Resto io il leader del centrodestra"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 19 agosto 2013Commenti (2327)
Davanti alla platea del Meeting di Rimini Enrico Letta prova a blindare le larghe intese: “Nessuno interrompa il percorso di speranza che abbiamo cominciato”. Perché “gli italiani puniranno chi anteporrà interessi personali e di parte rispetto all’interesse comune di uscire dalla crisi”. Un discorso rivolto soprattutto al Pdl che, dopo la condanna definitiva di Silvio Berlusconi a quattro anni per frode fiscale, mostra segnali di grande insofferenza nei confronti dell’alleato. E il più insofferente di tutti è proprio il Cavaliere che, secondo la ricostruzione de La Stampa, starebbe preparando “un discorso-bomba, da tenersi in Senato”. Nel mirino finiranno le “toghe rosse“, “l’uso politico della giustizia“, la corrente delle toghe ‘Magistratura democratica‘, dipinta come un “potere occulto o, peggio, un gruppo eversivo”. Insomma, Berlusconi toccherà le solite note dolenti, ma lo farà con toni così violenti da provocare, secondo il quotidiano torinese, “l’esplosione di governo e legislatura”.
Il momento prescelto dal Cavaliere cadrà subito dopo il voto della Giunta per le elezioni previsto per il 9 settembre: voto che deciderà se far decadere Berlusconi dal suo seggio di senatore per effetto della legge Severino anti-corruzione per condanne superiori ai due anni. Una decisione che ormai pare scontata come preannunciato anche dal presidente della Giunta, il senatore di Sel Dario Stèfano che, in un’intervista all’Ansa il 16 agosto, diceva: “L’ex premier sarà incandidabile per almeno due anni e non sono immaginabili salvacondotti provenienti dall’esterno”. Uno smacco che il Cavaliere non sarebbe in grado di accettare e che lo porterebbe a sfoderare l’arma del discorso parlamentare.
Un “j’accuse” che ricorderebbe il celebre discorso di Bettino Craxi alla Camera del 29 aprile del 1993 con una sostanziale differenza: il leader socialista parlò ai deputati partendo da un’ammissione di colpa per sostenere l’assunto “sono colpevole quanto tutti voi” (in merito al finanziamento pubblico ai partiti, ndr); Berlusconi, invece, presenterà se stesso quale vittima della magistratura senza arretrare di un passo dalla sua immagine di martire sacrificato sull’altare della giustizia politicizzata. Nessuna ammissione di colpa, anzi. Perché, come ha detto il leader del Pdl ieri in collegamento telefonico con i militanti a Bellaria, nel riminese: “Io resisto. Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani. Andate avanti con coraggio. Prepariamoci al meglio”. Un messaggio poi ribadito oggi tale e quale dalla sua bacheca Facebook: ”Io resisto! Non mollo. State tranquilli che non mi faccio da parte, resto io il capo del centrodestra. Farò sino all’ultimo l’interesse del Paese e degli italiani”.
Il discorso in Senato non è l’unica tentazione del Cavaliere. Secondo la ricostruzione de Il Secolo XIX, la strategia dell’ex premier passerà anche attraverso una nuova maratona televisiva simile a quella portata avanti nell’ultima campagna elettorale: decine e decine di comparsate in radio, tv nazionali e regionali che, sollevarono di almeno 10 punti un Pdl ormai sprofondato nei sondaggi al 13,5 per cento. Ma, come racconta La Repubblica, c’è anche un’altra carta nel mazzo di Berlusconi: “contrastare l’iter della decadenza come manifestamente incostituzionale, non presentare alcuna memoria in Giunta il 28 agosto, ma portare “un florilegio di costituzionalisti per sostenere la manifesta forzatura giuridica“. E la tattica del rinvio è confermata anche dal capogruppo dei senatori del Pdl Renato Schifani: “Per noi tutto si tiene se ci sarà una chiusura pregiudiziale del Pd sul percorso di approfondimento sulla legge Severino che chiediamo per noi sarebbe impossibile parlare di un percorso comune”, ha detto dal Meeting di Rimini.
Secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro l’ex presidente del Consiglio ha in mente una “difesa-offesa in tre tappe” tra cui innanzitutto dimostrare con pareri giuridici che il Senato sta seguendo una via palesemente illegale visto che, almeno secondo il Pdl, la legge anti-corruzione sarebbe incostituzionale. E infatti Il Giornale schiera l’opinione di Nicolò Zanon, membro del Consiglio superiore della magistratura: “Al di là del caso Berlusconi, quel testo rischia di dare ai giudici il potere di decidere gli eletti in Parlamento. La giunta dovrebbe preoccuparsi di queste falle”, dichiara il professore di Diritto costituzionale al quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Insomma, la manovra per rimandare sine die la decisione della Giunta è partita e passa, come sempre, attraverso un braccio di ferro senza fine con la giustizia.
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Re: Come se ne viene fuori ?
...
mah...
non capisco di cosa dobbiamo avere paura
un vecchio di 77 anni imbolsito e incartapecorito tipo statua di madane tussaud's
internazionalmente considerato una macchietta indecente e pericolosa
per vent'anni macchiato da sospetti di mafia e di intrallazzi vari per interessi aziendali propri
adesso condannato e tra poco ancora di più
che si autoproclama capo indiscusso del centro destra
il che sarà pure vero
visto che un altra faccia decente non la riescono a trovare
al punto che nei sondaggi
il nostro Matteo Renzi riuscirebbe a grattargli via notevoli consensi
il che la dice lunga sull'elettorato e la sua stanchezza
e ancora siamo qui a farcela nelle mutande
perchè questo TUONA che fa cadere il castello di carte
e che sarà mai !!!!
mica è l'ultimo governo del mondo!
mica il mondo ( nostro) finisce
vuole fare un casino mai visto ?
accompagnamolo sul baratro
vuole fare la solita filippica contro le toghe in aula ?
si accomodi , sai che novità.
non mi pare che abbia in mano il Paese, non mi pare che sia capace di mobilitare masse ( che peraltro ha forgiato alla pigrizia del telecomando) , non mi pare che abbia più alcun appeal.
Nel frattempo il PD si sta arroccando su Letta ( ma questo perchè non si è presentato alle primarie ? )
senza capire ( ovvero facendo finta di non capire ) che serve ora un linguaggio terra terra , serve calarci l'asso di bastoni Renzi , ed eliminarlo con la scelta elettorale sto vecchio rinko......
REnzi è l'unica arma contro " vi tolgo l'imu e l'iva e le tasse"
tutto il resto è autoreferenziale
Invece no
continuiamo a fare gli schifiltosi
regaliamo elettori che poi non vogliamo indietro
perchè sono contaminati
hanno ceduto al lato oscuro
continuiamo a proporre il solito schema
il mio vero nemico, quello da abbattere, quello su cui concentro la massima potenza di fuoco e di ipocrite dichiarazioni è il mio compagno di partito
adesso lo scontro che si configura è Letta_Renzi
...entusiasmante...
viene proprio voglia di votare PD
come direbbe Crozza: Che figata
...
http://www.europaquotidiano.it/2013/08/ ... di-boccia/
«Così ci consegniamo a Renzi». E Letta fermò l’iniziativa di Boccia
Il premier irritato dal documento del suo (ex?) fedelissimo, isolato da tutti i parlamentari della componente: «Mette in difficoltà il governo e ci allontana da Bersani ed Epifani, rischiando di farci perdere il congresso»
Francesco Russo, Paola De Micheli, Marco Meloni, Guglielmo Vaccaro, Angelica Saggese. Fino a una velina fatta filtrare direttamente da palazzo Chigi.
La giornata di ieri ha visto un fuoco di fila animato dalla componente del Pd più vicina a Enrico Letta con un unico intento: prendere le distanze dal documento scritto e fatto circolare da Francesco Boccia. «Non entro nelle vicende interne alle forze politiche che sostengono il governo – sono le parole attribuite direttamente al premier, che ieri era molto irritato dal clima che si era venuto a creare – e questo a maggior ragione vale per il mio partito e per il suo congresso». Ancora più chiari sono Saggese e Vaccaro: «Boccia, con il quale abbiamo fatto finora un percorso comune, ha scelto di andare autonomamente avanti».
«Non è un caso che quel documento non sia stato firmato da nessuno di noi – spiega a Europa un lettiano doc – molti contenuti possono essere condivisibili, ma così Francesco espone inutilmente il presidente del consiglio alle fibrillazioni interne al Pd, quando invece dobbiamo cercare di tenerlo più al di fuori possibile dalle dinamiche congressuali».
Anche perché l’effetto immediato di quel documento è stato l’opposto di quello auspicato dal promotore: Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Gianni Pittella, molti renziani, perfino il viceministro Stefano Fassina ne hanno preso le distanze, chi perché non vuole vincolare il Pd alle larghe intese anche dopo la fine della stagione congressuale, chi perché non ne condivide i toni troppo vicini a quelli utilizzati dal sindaco di Firenze. I giudizi molto duri rivolti da Boccia alla classe dirigente dem e alla linea “progressista” seguita da Bersani (anche se nel testo non è mai citato esplicitamente) si offrono troppo facilmente alle critiche di chi ricorda che proprio Letta è stato per tutti questi anni il vicesegretario del Pd.
Ma più che al passato, le preoccupazioni dei lettiani e dello stesso premier sono rivolte al futuro. Cioè a quel congresso dal quale Letta si tiene ufficialmente a distanza, ma del quale inevitabilmente è già uno dei protagonisti dietro le quinte. Anche ammesso che tutti i candidati possano sottoscrivere formalmente un generico sostegno all’esecutivo – questa rimane ancora la speranza degli uomini a lui più vicini – il presidente del consiglio sa bene che la scelta del prossimo segretario dem non sarà indifferente per il suo futuro a palazzo Chigi. E per questo è impegnato, insieme a Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini, nel tentativo di rinsaldare la vecchia maggioranza interna e, magari, convincere Guglielmo Epifani a ripensarci e scendere in campo personalmente per guidare questo schieramento alla guida del partito.
L’ostacolo principale di questo percorso si chiama Matteo Renzi. Ed è questo il motivo principale per cui Letta è intervenuto a fermare il suo (ex?) braccio destro. «Boccia descrive una rottura troppo netta tra la sinistra “conservatrice” e una più “moderna” – spiega un fedelissimo del premier – noi invece dobbiamo cercare le ragioni dell’unità di una parte più ampia possibile del Pd. Altrimenti i nostri iscritti ed elettori, tra l’originale e la copia sceglieranno sempre l’originale, cioè Renzi». A quel punto, il congresso non vedrebbe tanto la vittoria del rottamatore quanto la sconfitta stessa di Letta, con conseguenze sul governo che si possono immaginare.
@rudyfc
TAG: Congresso Pd, Enrico Letta, F
mah...
non capisco di cosa dobbiamo avere paura
un vecchio di 77 anni imbolsito e incartapecorito tipo statua di madane tussaud's
internazionalmente considerato una macchietta indecente e pericolosa
per vent'anni macchiato da sospetti di mafia e di intrallazzi vari per interessi aziendali propri
adesso condannato e tra poco ancora di più
che si autoproclama capo indiscusso del centro destra
il che sarà pure vero
visto che un altra faccia decente non la riescono a trovare
al punto che nei sondaggi
il nostro Matteo Renzi riuscirebbe a grattargli via notevoli consensi
il che la dice lunga sull'elettorato e la sua stanchezza
e ancora siamo qui a farcela nelle mutande
perchè questo TUONA che fa cadere il castello di carte
e che sarà mai !!!!
mica è l'ultimo governo del mondo!
mica il mondo ( nostro) finisce
vuole fare un casino mai visto ?
accompagnamolo sul baratro
vuole fare la solita filippica contro le toghe in aula ?
si accomodi , sai che novità.
non mi pare che abbia in mano il Paese, non mi pare che sia capace di mobilitare masse ( che peraltro ha forgiato alla pigrizia del telecomando) , non mi pare che abbia più alcun appeal.
Nel frattempo il PD si sta arroccando su Letta ( ma questo perchè non si è presentato alle primarie ? )
senza capire ( ovvero facendo finta di non capire ) che serve ora un linguaggio terra terra , serve calarci l'asso di bastoni Renzi , ed eliminarlo con la scelta elettorale sto vecchio rinko......
REnzi è l'unica arma contro " vi tolgo l'imu e l'iva e le tasse"
tutto il resto è autoreferenziale
Invece no
continuiamo a fare gli schifiltosi
regaliamo elettori che poi non vogliamo indietro
perchè sono contaminati
hanno ceduto al lato oscuro
continuiamo a proporre il solito schema
il mio vero nemico, quello da abbattere, quello su cui concentro la massima potenza di fuoco e di ipocrite dichiarazioni è il mio compagno di partito
adesso lo scontro che si configura è Letta_Renzi
...entusiasmante...
viene proprio voglia di votare PD
come direbbe Crozza: Che figata
...
http://www.europaquotidiano.it/2013/08/ ... di-boccia/
«Così ci consegniamo a Renzi». E Letta fermò l’iniziativa di Boccia
Il premier irritato dal documento del suo (ex?) fedelissimo, isolato da tutti i parlamentari della componente: «Mette in difficoltà il governo e ci allontana da Bersani ed Epifani, rischiando di farci perdere il congresso»
Francesco Russo, Paola De Micheli, Marco Meloni, Guglielmo Vaccaro, Angelica Saggese. Fino a una velina fatta filtrare direttamente da palazzo Chigi.
La giornata di ieri ha visto un fuoco di fila animato dalla componente del Pd più vicina a Enrico Letta con un unico intento: prendere le distanze dal documento scritto e fatto circolare da Francesco Boccia. «Non entro nelle vicende interne alle forze politiche che sostengono il governo – sono le parole attribuite direttamente al premier, che ieri era molto irritato dal clima che si era venuto a creare – e questo a maggior ragione vale per il mio partito e per il suo congresso». Ancora più chiari sono Saggese e Vaccaro: «Boccia, con il quale abbiamo fatto finora un percorso comune, ha scelto di andare autonomamente avanti».
«Non è un caso che quel documento non sia stato firmato da nessuno di noi – spiega a Europa un lettiano doc – molti contenuti possono essere condivisibili, ma così Francesco espone inutilmente il presidente del consiglio alle fibrillazioni interne al Pd, quando invece dobbiamo cercare di tenerlo più al di fuori possibile dalle dinamiche congressuali».
Anche perché l’effetto immediato di quel documento è stato l’opposto di quello auspicato dal promotore: Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Gianni Pittella, molti renziani, perfino il viceministro Stefano Fassina ne hanno preso le distanze, chi perché non vuole vincolare il Pd alle larghe intese anche dopo la fine della stagione congressuale, chi perché non ne condivide i toni troppo vicini a quelli utilizzati dal sindaco di Firenze. I giudizi molto duri rivolti da Boccia alla classe dirigente dem e alla linea “progressista” seguita da Bersani (anche se nel testo non è mai citato esplicitamente) si offrono troppo facilmente alle critiche di chi ricorda che proprio Letta è stato per tutti questi anni il vicesegretario del Pd.
Ma più che al passato, le preoccupazioni dei lettiani e dello stesso premier sono rivolte al futuro. Cioè a quel congresso dal quale Letta si tiene ufficialmente a distanza, ma del quale inevitabilmente è già uno dei protagonisti dietro le quinte. Anche ammesso che tutti i candidati possano sottoscrivere formalmente un generico sostegno all’esecutivo – questa rimane ancora la speranza degli uomini a lui più vicini – il presidente del consiglio sa bene che la scelta del prossimo segretario dem non sarà indifferente per il suo futuro a palazzo Chigi. E per questo è impegnato, insieme a Pier Luigi Bersani e Dario Franceschini, nel tentativo di rinsaldare la vecchia maggioranza interna e, magari, convincere Guglielmo Epifani a ripensarci e scendere in campo personalmente per guidare questo schieramento alla guida del partito.
L’ostacolo principale di questo percorso si chiama Matteo Renzi. Ed è questo il motivo principale per cui Letta è intervenuto a fermare il suo (ex?) braccio destro. «Boccia descrive una rottura troppo netta tra la sinistra “conservatrice” e una più “moderna” – spiega un fedelissimo del premier – noi invece dobbiamo cercare le ragioni dell’unità di una parte più ampia possibile del Pd. Altrimenti i nostri iscritti ed elettori, tra l’originale e la copia sceglieranno sempre l’originale, cioè Renzi». A quel punto, il congresso non vedrebbe tanto la vittoria del rottamatore quanto la sconfitta stessa di Letta, con conseguenze sul governo che si possono immaginare.
@rudyfc
TAG: Congresso Pd, Enrico Letta, F
Re: Come se ne viene fuori ?
hai ragione, in un paese normale non se ne parlerebbe nemmeno piùAmadeus ha scritto:...
mah...
non capisco di cosa dobbiamo avere paura
un vecchio di 77 anni imbolsito e incartapecorito tipo statua di madane tussaud's
internazionalmente considerato una macchietta indecente e pericolosa....
ma il problema non è (solo) lui, ma siamo noi, che non sappiamo fare di meglio che interessarci ancora a lui in alcuni casi, troppi, per dargli ancora credito, in altri per passare ad un altro pifferaio fascistello, la classica brace invece della padella, in altri ancora per stare a menarla su neo-liberismo e su fantomatici sistemi alternativi dei bei tempi che furono, quando gli operai erano operai e le fabbriche fabbriche.
Ci sono state grandi civiltà, grandiose almeno quanto la nostra, finite a schifio. Basta guardare all'Egitto di oggi.
Perché meravigliarci se è arrivato il nostro turno?
-
- Messaggi: 1081
- Iscritto il: 15/05/2012, 9:38
Re: Come se ne viene fuori ?
>> in altri ancora per stare a menarla su neo-liberismo e su fantomatici sistemi alternativi dei bei tempi che furono, quando gli operai erano operai e le fabbriche fabbriche
Peccato che le uniche 'country' che crescono sono quelle che si spostarono sul manufatturiero 2-3 decenni fa.
Asia e Sud America in primis...
E la Germania, naturalmente.
Che sul manufatturiero (quello dove ci sono, ORRORE, gli operai e le fabbriche e le materie prime e i processi di lavorazione e il ciclo attivo e quello passivo e i prodotti e i sindacati e i contratti e la giusta paga e i diritti) ci è rimasta.
Si è guardata bene dall'uscirne, la Germania.
E anzi si è rafforzata passando PER TEMPO a produzioni a più alto valore aggiunto.
E mentre lo faceva, assimilava pure nel proprio sistema la ex DDR portandola fuori
da un disastro di proporzioni epocali...
Noi invece giochiamo al liberismo, pure nel CSX.
Perchè siamo intelligenti noi italiani, specie noi italiani progressisti.
Creiamo l'energia dal nulla, noi, e anche la ricchezza.
Top leader, come Renzi, ci perdono le primarie a forza di liberismo.
Interi partiti ci perdono massivamente credibilità e consensi.
Vedi il PD che dopo la vittoria del referendum sull'acqua pubblica ha gettato totalmente al vento l'opportunità, facendo danno a se stesso ed avendo ingannato i propri elettori.
E però noi continuiamo a menarla con questo liberismo, come dici.
Contro ogni evidenza, logica e razionalità.
Invece di andare alla radice, a ciò che realmente genera vera ricchezza, laddove si trasformano materia e ambiente.
Dalla terra al cibo.
Dalla malattia alla salute.
Dall'ignoranza all'istruzione.
Dalla materia grezza ai meccanismi complessi.
Dal caos alla società ordinata e equa.
Ma pretendere questo, si capisce, specie dal PD di oggi, è illusione.
E' essere distaccati dalla realtà.
E' una pretesa POLITICA (di parte, sono basita!!!!) 'di altri tempi'.
Ma se non c'e' QUESTA offerta politica, allora cosa si propone?
Le coppie di fatto? Lo ius soli?
Allora si che l'offerta berlusconiana diviene vincente, hanno ragione loro.
Del resto, se non possiamo avere prosperità mediante il lavoro VERO,
allora non rimane che marcire nella miseria o cercare prosperità mediante
opportunismo e sfruttamento del contesto.
Ecco perchè poi Berlusconi vince.
Infatti, in assenza di una reale politica economica viabile, che certo
non è quella fallimentare liberista, la politica berlusconiana, benchè
non per tutti, è sicuramente viabile.
E così lo votano.
E noi perdiamo.
E poi ce la prendiamo col sindacato, grillo e gli operai.
Saluti.
soloo42000
Peccato che le uniche 'country' che crescono sono quelle che si spostarono sul manufatturiero 2-3 decenni fa.
Asia e Sud America in primis...
E la Germania, naturalmente.
Che sul manufatturiero (quello dove ci sono, ORRORE, gli operai e le fabbriche e le materie prime e i processi di lavorazione e il ciclo attivo e quello passivo e i prodotti e i sindacati e i contratti e la giusta paga e i diritti) ci è rimasta.
Si è guardata bene dall'uscirne, la Germania.
E anzi si è rafforzata passando PER TEMPO a produzioni a più alto valore aggiunto.
E mentre lo faceva, assimilava pure nel proprio sistema la ex DDR portandola fuori
da un disastro di proporzioni epocali...
Noi invece giochiamo al liberismo, pure nel CSX.
Perchè siamo intelligenti noi italiani, specie noi italiani progressisti.
Creiamo l'energia dal nulla, noi, e anche la ricchezza.
Top leader, come Renzi, ci perdono le primarie a forza di liberismo.
Interi partiti ci perdono massivamente credibilità e consensi.
Vedi il PD che dopo la vittoria del referendum sull'acqua pubblica ha gettato totalmente al vento l'opportunità, facendo danno a se stesso ed avendo ingannato i propri elettori.
E però noi continuiamo a menarla con questo liberismo, come dici.
Contro ogni evidenza, logica e razionalità.
Invece di andare alla radice, a ciò che realmente genera vera ricchezza, laddove si trasformano materia e ambiente.
Dalla terra al cibo.
Dalla malattia alla salute.
Dall'ignoranza all'istruzione.
Dalla materia grezza ai meccanismi complessi.
Dal caos alla società ordinata e equa.
Ma pretendere questo, si capisce, specie dal PD di oggi, è illusione.
E' essere distaccati dalla realtà.
E' una pretesa POLITICA (di parte, sono basita!!!!) 'di altri tempi'.
Ma se non c'e' QUESTA offerta politica, allora cosa si propone?
Le coppie di fatto? Lo ius soli?
Allora si che l'offerta berlusconiana diviene vincente, hanno ragione loro.
Del resto, se non possiamo avere prosperità mediante il lavoro VERO,
allora non rimane che marcire nella miseria o cercare prosperità mediante
opportunismo e sfruttamento del contesto.
Ecco perchè poi Berlusconi vince.
Infatti, in assenza di una reale politica economica viabile, che certo
non è quella fallimentare liberista, la politica berlusconiana, benchè
non per tutti, è sicuramente viabile.
E così lo votano.
E noi perdiamo.
E poi ce la prendiamo col sindacato, grillo e gli operai.
Saluti.
soloo42000
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