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Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • the day after. quali accordi per governare? - Pagina 40
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Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 14:31
da paolo11
Joblack ha scritto:Secondo me siete tutti matti.

Dare il governo al M5S significherebbe che alle prossime elezioni .m5S sarebbe primo con il pdl secondo ai calcagni.

Sarebbe un suicidio del PD e forse emiliano ci gode pure,

Bye
....................
Caro Joblack.Non è una questione di essere matti.E' una questione di buon senso.
Come dice Grillo,non ci sono cose di sinistra o di destra.Ci sono solamente cose buone che si possono fare, e on sono etichettabili.
Ciao
Paolo11

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 15:40
da Joblack
Paolo, anche tu vuoi la fine del PD?

Non vi capisco.

Bye

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 15:41
da pancho
Politica
Senato, ipotesi di accordo Pd-Lega
Venerdì, 15 marzo 2013 - 10:07:00

Di Tommaso Cinquemani (@Tommaso5mani) e Alberto Maggi (@AbertoMaggi74)

Il Movimento 5 Stelle ha ribadito l'ennesimo no a Bersani: niente accordo sull'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Grillo ha deciso di andare per la sua strada e ha detto ai suoi di votare per Luis Alberto Orellana e Roberto Fico, i due candidati del M5S a Palazzo Madama e Montecitorio.

Il Pd però, al di là delle aperture pubbliche, si sta muovendo sotto traccia per cercare adesioni trasversali ad un progetto di governo. L'appoggio arriva da chi non ci si aspetterebbe: la Lega Nord.

Secondo quanto può riferire Affaritaliani.it infatti, ci sarebbe stata una apertura dal gruppo parlamentare del Senato del Carroccio. Un'apertura ad un governo Pd, esterna naturalmente, senza cioè partecipare alla formazione del governo.

Maroni può però solo portare 17 senatori, non sufficienti a sorreggere un governo Bersani. Come seconda stampella però accorrerebbe Scelta Civica di Monti, che pur di non tornare ad elezioni sarebbe disposto a far votare i suoi 19 senatori a favore del Pd.

Perché la Lega Nord dovrebbe sostenere i democratici? In una intervista ad Affaritaliani.it di alcuni mesi fa, in tempi non sospetti quindi, il sindaco di Verona Flavio Tosi dichiarò che la Lega sarebbe stata pronta a sostenere il Pd se ci fosse stato un accordo sul federalismo e sui temi cari al movimento fondato da Umberto Bossi. Il punto sarebbe lo stesso: la Lega sarebbe disposta ad appoggiare il Pd in cambio di alcune concessioni sulla macroregione del Nord e la distribuzione delle tasse su base territoriale. Un po' come ha fatto con il Pdl, alleandosi alle Politiche in cambio della presidenza della Regione Lombardia. Da parte sua Mario Monti lo aveva detto: la priorità è arginare le forze euroscettiche (Grillo) e dare stabilità al Paese. I suoi voti sarebbero quindi assicurati.

A sancire l'accordo potrebbe arrivare l'elezione di Anna Finocchiaro alla presidenza di Palazzo Madama. Una donna molto apprezzata dai leghisti e dallo stesso Maroni.
C'è però un ostacolo praticamente insormontabile.
Se il Pd si dovesse alleare alla Lega dovrebbe dire addio al suo elettorato che non potrebbe capire un accordo di questa natura. E non è detto che alcuni senatori, come quelli di Sel, non decidano di non votare in Aula al momento cruciale.

http://affaritaliani.libero.it/politica ... refresh_ce

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 15:53
da mariok
Altro che mercato delle vacche!

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 15:56
da Amadeus
ma così La Lega dovrebbe sostenere parte dell'agenda Monti...!!!!???
tutto può essere ...ma .... :roll:

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 16:14
da camillobenso
il Fatto 15.3.13
Bersani alza scheda bianca
In stallo la trattativa con M5S e Monti
La Lega sosterrebbe la nascita di un governo Pd
di Wanda Marra

Nessun accordo, nessuna intesa, nessun nome comune: le trattative che Bersani ha provato a portare avanti con una pazienza che a molti è sembrata umiliazione, hanno prodotto solo uno stallo. Dichiarato: il Pd sceglie di votare scheda bianca nelle prime due votazioni per l’elezione dei presidenti del Senato e della Camera. Per perseguire il “coinvolgimento” delle diverse forze politiche “nell’avviare la macchina democratica”, per spiegarla con Davide Zoggia, uno dei tre pontieri che in questi giorni hanno avuto l’incarico di cercare di portare a casa un accordo (gli altri due sono Luigi Zanda e Rosa Calipari). O per dirla con lo stesso Bersani, negli incontri con senatori e deputati: “A ora, la nostra proposta di corresponsabilità non è stata raccolta dalle altre forze politiche”. Ma lui non ci sta a dichiararsi vinto, continua a provarci fino all’ultimo secondo utile. Perché sa che trovare un punto d’incontro sulle presidenze è cruciale per il suo progetto di governo. La volontà è una cosa, la realtà un’altra. Ancora Bersani: “Le conclusioni di M5S paiono dire ‘noi facciamo da soli’. Propongo, quindi, per le votazioni di domani (oggi, ndr.) di astenerci per continuare a lavorare a un accordo che coinvolga tutti”. Nessun dibattito è stato aperto nelle riunioni dei gruppi, che infatti sono durate l’arco di una mezz’oretta: volenti o nolenti nel Pd la linea la detta il segretario. Con buona pace dei molti che non sono d’accordo con lui, che guardano con sufficienza il tentativo di agganciare Grillo. E che per cominciare vorrebbero votare i propri candidati e punto e basta. Dunque, Grillo ha detto di no a qualsiasi trattativa, e alla fine voterà i propri nomi dall’inizio, tant’è vero che è saltato l’incontro supplementare con il Pd che si doveva tenere prima ieri sera, poi stamattina. E Mario Monti ha chiarito di non essere d’accordo con il tentativo di governo con i 5 Stelle. E così i primi non hanno raccolto l’offerta di guidare Montecitorio, i secondi la possibile apertura su Palazzo Madama (anche se la cosa alletta Monti).
L’INCONTRO che è andato meglio alla fine è stato quello con la Lega. Non a caso Roberto Calderoli ha annunciato in un’intervista alla “Padania” che la Lega è pronta a votare Anna Finocchiaro alla presidenza del Senato. Spiegando che il Carroccio è disponibile a “un confronto per un governo che realizzi tutto quello che tutte le coalizioni hanno inserito nel loro programma elettorale”. La Lega non vuole tornare a votare e per questo ha fatto ieri capire ai pontieri Democratici di non essere contraria ad aiutare la nascita di un governo Pd. Parla di dialogo sulle riforme istituzionali, gli ammortizzatori sociali, la sanità. Ancora non è chiaro come ciò si tradurrebbe in termini concreti: una non sfiducia? Un voto su alcune misure? Tutto questo, però, com’è stato spiegato al Pd passa per una disponibilità Democratica a non “infilare” una dopo l’altra le varie cariche istituzionali. La Lega, dunque, vorrebbe un Pdl per la Camera e voterebbe un democratico al Senato. Ma nella sua strategia deve fare i conti con un Pdl che ha una strategia opposta (le elezioni) e che è determinante per governare la Lombardia. Senza contare che mentre i bersaniani non disdegnano l’idea di poter contare su una sorta di sostegno leghista, fonti vicine alla Finocchiaro mostrano indignazione: “Non c’è nessun accordo. Se vogliono votare un nostro candidato, possono farlo, ma non vuol dire niente”. Non a caso la Finocchiaro è in pole position tra i candidati “interni” del Pd.
DOPO le prime due votazioni, il Pd dovrà decidere se continuare a inseguire grillini e montiani, o mettersi d’accordo su un proprio candidato su cui far convergere i voti. Alla Camera dalla quarta votazione basta la maggioranza assoluta. Il Pd può decidere da solo e l’unico nome in lizza è quello di Franceschini. In Senato dalla quarta votazione si va al ballottaggio tra i primi due nomi usciti dagli scrutini precedenti. Anche qui, il nome più quotato è quello di Anna Finocchiaro. Ma probabilmente per oggi la fumata sarà nera. Si deciderà domani.

Corriere 15.3.13
Bersani gioca l'ultima carta Ma nel Pd si rischia la fronda
«Da soli se costretti». Alla Camera 100 voti in bilico
di Monica Guerzoni

ROMA — Nel chiuso della prima assemblea del gruppo di Montecitorio Pier Luigi Bersani prova a rimotivare i suoi: «Oh ragazzi, avremo tutti i nostri problemi, ma sapete che siete tantissimi?». Per un attimo l'applauso stempera il clima, spazza via l'agitazione e gli umori inquieti che accompagnano l'elezione, tra oggi e domani, dei presidenti delle Camere. La linea del segretario è scheda bianca, a Montecitorio come a Palazzo Madama: e l'astensione è l'ultimo, esile filo di speranza per un accordo con i Cinque Stelle.
Lo annuncia Enrico Letta con un tweet, spiegando che il Pd vuole «dimostrare fino all'ultimo disponibilità a intese», perché le istituzioni sono di tutti. E Bersani, parlando ai suoi deputati, la mette così: «Noi non vogliamo far da soli, voteremo un nostro presidente solo se costretti». Anche ai senatori dice che continuerà a lavorare per trovare un'intesa, nonostante gli inseguimenti degli ultimi giorni si siano rivelati vani. Il leader del Pd si è preso un'altra manciata di ore nel tentativo disperato di agguantare i Cinque Stelle e convincerli ad accogliere la «proposta di corresponsabilità» sulle cariche istituzionali. Proposta che sin qui, ammette il leader del Pd, non è stata accolta.
La faccia del segretario è scurissima. Negli stessi minuti, da un albergo romano, Matteo Renzi dichiara aperte le danze elettorali e, come se non bastasse, i gruppi parlamentari sono in grande agitazione. L'idea di turarsi il naso e votare il grillino Roberto Fico non va giù a tanti, da Letta a Franceschini, da Fioroni alla Bindi passando, naturalmente, per Renzi. Tanto che a metà pomeriggio il Nazareno stoppa con una nota il tam tam che vorrebbe i democratici pronti a tenersi strette le due Camere: «Fino all'ultimo il Pd lavorerà non per l'autosufficienza, ma per una larga assunzione di responsabilità».
Il timore dei bersaniani, che pure sono la grande maggioranza, è che a Montecitorio si stia saldando una corposa «fronda» di democratici pronti a smarcarsi, nel caso in cui Bersani dovesse decidere — senza garanzia alcuna — di immolare Dario Franceschini sull'altare di una futuribile intesa con Grillo per un governo di minoranza. I fedelissimi del capogruppo uscente, che da tempo aveva «prenotato» per sé lo scranno più alto della Camera, giurano che l'ex segretario del Pd ha chiesto loro di non dare battaglia in suo nome. Ma intanto al vertice del Pd si fa di conto e si scopre che un centinaio di deputati, a scrutinio segreto, potrebbero votare per Franceschini anche a dispetto degli ordini di scuderia.
Voci, suggestioni, tensioni. Amplificate dal no dei grillini, che si dicono «indisponibili alla trattativa» e dalle parole del comico sull'Italia «già fuori dall'euro». Parole che Bersani respinge con forza: «Se diciamo "andiamo via dall'euro" andiamo nel Mediterraneo con carta straccia in tasca e un disastro di proporzioni cosmiche». Eppure nel pomeriggio sembrava che qualcosa di concreto si fosse messo in moto. Luigi Zanda, il pontiere capo, aveva ottenuto dal capogruppo Vito Crimi la promessa di un incontro tra la delegazione del Pd e quella dei Cinque Stelle. Ma la riunione è saltata e non certo per gli orari troppo stretti, o perché i grillini volevano la diretta streaming...
E ora a preoccupare Bersani sono anche le mosse di Monti, il rischio che il premier si accordi con il Pdl al Senato per eleggere un presidente gradito sia al centrodestra che a Scelta civica. Nel caos generale Zanda, Davide Zoggia e Rosa Calipari hanno incontrato i capigruppo della Lega, Giorgetti e Bitonci. I quali si sarebbero mostrati disponibili a un'intesa ad ampio raggio, così ampio da includere anche la scelta del nuovo capo dello Stato. Tra i democratici c'è chi si spinge a ipotizzare il via libera di Maroni a un governo Bersani, ma dalla segreteria del Pd invitano a stare con i piedi per terra: il massimo di cui si sarebbe ragionato è la disponibilità dei senatori leghisti a non uscire dall'Aula al momento del ballottaggio sul presidente, garantendo così il numero legale. Anna Finocchiaro parte favorita, ma come dice il senatore Nicola Latorre, di scontato non c'è nulla: «Non sappiamo nemmeno se ci terremo Montecitorio, Palazzo Madama o entrambi». Il gioco è nelle mani dei Cinque Stelle e il senatore Mario Giarrusso si diverte a spargere ottimismo: «Il Pd che vota scheda bianca è una buona notizia». Scherza o fa bene Bersani a insistere? «La democrazia richiede tempo. È sempre positivo che qualcuno voglia accordarsi...».

Repubblica 15.3.13
E il leader democratico finisce in trincea “Tra di noi c’è chi mi taglia la strada”
Rivolta dei fedelissimi del rottamatore: folle non avere ancora un nome
di Goffredo De Marchis

ROMA — «È evidente che c’è chi lavora in una direzione diversa. Anche nel Pd». Pier Luigi Bersani è consapevole delle crepe che si aprono nel suo partito, delle mille riunioni di corrente che esprimono ciascuna una linea diversa, di una tensione crescente, di un passaggio cruciale per la stessa sopravvivenza dei democratici. Il tutto complicato dall’ingorgo istituzionale, che comprende anche l’elezione del capo dello Stato. Ma tiene il punto, con una certa determinazione. «Non possiamo partire da uno schema Pd-Pdl-Monti. Il voto ha detto un altro cosa. Questo schema è stato bocciato dagli elettori. Punto e basta».
Chi lavora in una «direzione diversa », allora? Matteo Renzi sicuramente, e lo testimonia la riunione dei suoi 51 parlamentari dove esplode la rabbia contro il segretario. «Votare scheda bianca è pazzesco, lunare. Come l’idea di dare una Camera a Grillo», urlano i renziani nella saletta dell’Hotel Cavour. Per una volta il rottamatore, che condivide il grido di dolore, s’incarica di non sfasciare tutto: «Attenetevi alle decisioni dei gruppi», dice. Ma allo “schema bocciato dalle urne” lavora anche Massimo D’Alema. Non lo nasconde e conta sulla sponda di Napolitano.
I bersaniani garantiscono: «Massimo è d’accordissimo con Pierluigi». La partita per il Quirinale però s’intreccia con i voti delle presidenze delle Camere, con il governo, con i rapporti tra le «forze europeiste» che D’Alema vorrebbe unire e i 5stelle. È il
Colle il traguardo dell’ex premier? A chi glielo chiede risponde a modo suo: «Minchiate. Se non altro perché non ricasco nella trappola. Ho già dato la volta scorsa». Ma se cerca delle carte da giocare, già adesso bisogna puntare qualche fiche.
Ieri tutte le correnti di Largo del Nazareno hanno tenuto riunioni. In alberghi, salette volanti, nei capannelli di un Transatlantico ancora non operativo ma per nulla deserto. Tenere insieme il Pd appare un’impresa quasi più ardua dell’aggancio dei grillini. Una posizione oltranzista non aiuta. Per questo Bersani ha dovuto ammorbidire i toni con Scelta civica. Si è sentito al telefono con Monti. Gli ha ribadito: «Se volete un accordo col Pdl, non fate l’accordo con noi». L’offerta è quella della presidenza del Senato allo stesso Professore. «Però chiediamo la reciprocità». Monti cioè deve abbandonare l’idea delle larghe intese. Mollare Berlusconi e il centrodestra.
La scheda bianca, più che una disponibilità verso il Movimento, sembra perciò una porta aperta per i montiani e un modo per non rompere con Dario Franceschini, il candidato che vuole fermamente lo scranno più alto di Montecitorio. Bersani ammette: «I nostri colloqui con gli altri partiti non hanno dato alcun esito. Solo i centristi hanno risposto». Questa presa d’atto serve a ricucire il rapporto con Franceschini. «Solo se saremo costretti, voteremo il candidato del Pd», dice il segretario. Visto l’atteggiamento di totale chiusura dei grillini, lo sbocco appare scontato. Ma i “giovani turchi” di Matteo Orfini e Stefano Fassina, che in Parlamento hanno portato più dei 50 rappresentanti renziani, sono sulla linea del Piave. Vogliono dare le Camere unilateralmente a Monti e 5stelle, senza la «reciprocità » bersaniana. Se si fosse obbligati a votare due del Pd chiedono a Franceschini e Anna Finocchiaro di passare la mano. «Il ricambio della classe dirigente deve avvenire adesso», dicono. Sono i pasdaran del “mai con Berlusconi, mai col Pdl”. È evidente che Bersani non è lontano da questa posizione, ma ha un altro ruolo.
Sa che una larga fetta del partito comincia a essere stanca del feeling non ricambiato con Grillo. Da Enrico Letta a Walter Veltroni, da Franceschini ai dalemiani. Tutti hanno suggerito in queste ore al segretario di non tirare troppo la corda. Con Franceschini ci sono stati momenti di gelo assoluto. «Visto il no di Grillo, avere la presidenza della Camera può aiutare anche te. E il partito», ha spiegato il capogruppo uscente a Bersani. Messaggio recepito, come dimostra la scelta dell’astensione nelle prime votazioni e l’ammissione di un dialogo che non nasce. Eppure il leader di Largo del Nazareno coltiva ancora una speranza. La affida al giorno inaugurale della legislatura. «Il nostro problema non è avere le presidenze della Camere. Semmai il contrario, vogliamo lasciarle entrambe. Quello che non accettiamo — è il ragionamento di Bersani — è votare in Parlamento con una maggioranza che prefigura un assetto di governo in cui c’è il Pdl. Questo non succederà ». Ma che un evento simile si avvicini, nel Pd in tanti non se la sentono di escluderlo. Berlusconi aspetta quel momento.

il Fatto 15.3.13
Renzi furioso: “Scegliamo un candidato e basta”
Il sindaco ha riunito i suoi parlamentari
Richetti: “Ci stanno facendo perdere solo tempo”
di Caterina Perniconi

Ma quale prassi e prassi, non se ne può più! Dobbiamo scegliere un nostro candidato forte, crederci e andare avanti, altro che schede bianche”. Sbotta a metà riunione Matteo Renzi, chiuso per tre ore con i suoi eletti in un centro congressi vicino alla stazione Termini. I senatori se ne vanno prima per raggiungere l’incontro del gruppo parlamentare Pd con Pier Luigi Bersani. Dopo le 18 arrivano gli sms: “La proposta è di votare scheda bianca per i presidenti Camera e Senato”. Renzi non ci sta, tocca ai “decani” Roberto Giachetti e Paolo Gentiloni alzarsi e andare a sedersi vicino a lui per spiegargli che quella è una prassi quando si cercano alleanze. Non basta, Renzi è furioso. Non ha nessuna fiducia nel progetto di governo politico portato avanti dal leader democratico e preferisce “candidature significative” per le Camere. Soprattutto per il presidente del Senato al quale Napolitano potrebbe affidare un incarico se Bersani fallisse la sua missione. “Ci troviamo in una situazione di non protagonismo, tocca a loro dipanare la matassa, noi dobbiamo restare leali e aspettare” aveva esordito il sindaco di Firenze nell’introduzione prima di parlare di lavoro, disoccupazione, allentamento del patto di stabilità. Ma di certo la linea di aprire ai 5 stelle non passa tra i 50 deputati e senatori renziani. Il più duro è Matteo Richetti da Reggio Emilia: “Piuttosto che votare scheda bianca non mi presento, Bersani non ha fatto ancora un mea culpa per la sconfitta e ora prova a mettere in piedi un governo che non esisterà mai facendo perdere solo tempo a un Paese in crisi”. SONO TUTTI SEDUTI in cerchio, alla maniera grillina (ma sulle sedie non per terra). L’intervento più lungo è quello di Paolo Gentiloni, l’unico ad alzarsi in piedi per parlare, che continua a sostenere la sintonia con la linea montiana piuttosto che con Bersani: “Ora dobbiamo stare alla larga da tutte queste trattative – spiega l’ex ministro – c’è chi le sta seguendo, il segretario e il gruppo dirigente, non vanno assaltati né criticati, ma nemmeno possiamo fornire noi la soluzione”. Insomma, Renzi per ora non si sporca le mani. Tutto dipende dai tempi con cui si tornerà al voto e la fronda “rottamatrice” dei democratici dovrà fare i conti con l’organizzazione di primarie e congresso. Al sindaco non interessa la segreteria del partito ma la premiership e lo ribadisce davanti ai suoi che ora la priorità è “parlare con la gente, a cui non frega nulla chi fa il presidente della Camera o del Senato”. Renzi sa che una parte dei sostenitori di Bersani nel partito ce l’ha già in pugno, mentre un’altra non ce l’avrà mai. E non ha intenzione di conquistarla. “Il problema però è questa legge elettorale – dice Renzi ai suoi – è fatta apposta per non avere un vincitore”. Quindi o si vota o si fa un governo del presidente per una nuova legge e poi le urne. C’è tempo solo per un paio di battute: “I nuovi arrivati che hanno dubbi sull’organizzazione possono rivolgersi al deputato anziano Giachetti” dice Renzi andando via e si prende gli insulti del diretto interessato per l’aggettivo che lo classifica tra i rottamabili. Poi ai giornalisti uscendo: “É stata una riunione per mettersi un microchip sotto pelle... ”. Scherza, ma fino a un certo punto. Ora i suoi gli servono tutti: in platea gli “uomini macchina”, il presidente dell’Anci Graziano Del Rio e l’ex sindaco di Piacenza Roberto Reggi. Passa dal centro congressi anche Luigi De Siervo, direttore commerciale della Rai, ma non entra nella riunione. Manca solo Giorgio Gori per ricostruire la squadra del camper, che è già pronto a ripartire.

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 16:36
da pancho
Bossi esclude intesa con Pd, vede elezioni a giugno
venerdì 15 marzo 2013 16:18

ROMA (Reuters) - Umberto Bossi esclude che la Lega Nord possa sostenere il Pd nel tentativo di formare un nuovo governo e ipotizza il ritorno alle urne per il mese di giugno.

"Appoggiare [il segretario del Pd Pier Luigi] Bersani? Così si rischia di passare per traditori", ha detto Bossi conversando con i cronisti alla Camera mentre sono in corso le votazioni per la nomina del presidente. "La situazione mi sembra troppo instabile. La legislatura dura poco, se va avanti così si vota a giugno".

Bossi usa toni polemici anche con il segretario della Lega Nord perché non si è dimesso dopo essere stato votato presidente della Lombardia: "Si è accordo di avere il culo molto più largo, per poter stare su molte poltrone".

http://it.reuters.com/article/topNews/i ... 2C20130315
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Ora le 2 anime della lega rischiano di scontrarsi come era prevedibile fin dall'inizio. Succede in tutti i movimenti quanto non c'e' un fondamento politico univoco. Non basta la protesta per quanto giusta possa essere. Ci vuole ben altro.

un salutone da Juan

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 18:26
da pancho
Bossi: «Maroni ha il c... su troppe poltrone»[/b]

Roma - «La Lega è in subbuglio perché era abituata ad avere un segretario che mantiene la parola». Così Umberto Bossi in una pausa dei lavori alla Camera. «Maroni - aggiunge - aveva detto che dopo sei mesi si sarebbe dimesso. Poi si è accorto di aver il culo largo per più poltrone».

A Bossi, insomma, non piace che Maroni continui a mantenere i doppio incarico di governatore della Lombardia e segretario della Lega.

Maroni per primo sosteneva il motto - “un culo una poltrona” - proprio per evitare la sovrapposizione di incarichi. Per Bossi, inoltre, «la strategia di Maroni è di dare pochissima importanza a Roma. Ma - si chiede il Senatur - come si fa se Roma un’importanza ce l’ha?».

E sulla possibilità di un governo di larghe intese: «Se Berlusconi non è contrario ad un accordo con il Pd lo faccia lui un accordo. Non sta a noi il primo passo».
Anche rispetto alla possibilità di indicare al Senato Anna Finocchiaro, Bossi si tira fuori: «non so cosa abbiano deciso nella riunione. So solo che Maroni ha visto Bersani». E poi, un appoggio al Pd da parte della Lega sarebbe «da traditori: Berlusconi ha fatto vincere il Nord a Maroni». Per il Quirinale il candidato di Bossi è Tremonti.

«Lunedì scorso, come promesso, ho presentato le mie dimissioni al Consiglio Federale: Il consiglio le ha respinte all’unanimità: adesso basta.»: così Roberto Maroni, su twitter, ha replicato alle parole di Umberto Bossi sul doppio incarico del segretario federale del Carroccio che è anche presidente della regione Lombardia.

© Riproduzione riservata
http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013 ... oppe.shtml

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 18:42
da peanuts
Beh, la situazione mi sembra già molto incasinata sui presidenti delle camere, come previsto e come era facile prevedere
Ma come si può mai pensare di fare un governo, dopo?

Trovino una figura per il presidente della repubblica (insisto, un esponente della scienza/cultura che non abbia rapporti con i politici) e poi rivotiamo, non c'è alternativa.

Re: the day after. quali accordi per governare?

Inviato: 15/03/2013, 19:23
da shiloh
I presidenti delle camere sono una questione istituzionale e non politica.
Se nessuna delle due camere riuscisse a finire nelle mani del M5s-primo partito- sarebbe un atto antidemocratico dal quale prendo le distanze sin d'ora.