Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Credevo che dopo la convocazione del Pd di venerdì scorso in cui abbiamo visto la performance di De Luca intento ad imitare Crozza, fossero tutti al mare a mostrar le chiappe chiare e a tenere a mollo il bamborin del venter(la o di bamborin leggesi U—Tradotto in italiano, il bamborin è l’ombelico -- https://www.youtube.com/watch?v=LUViTH5oCt4).
E invece NO.
A rovinare la serata ci pensa Tatiana Lisanti, conduttrice del Tg3 delle 19,00, che si collega con la Serracchiani che ad un certo punto dichiara:
“………Queste sono riforme che servono al Paese, non certo al PD……….” riferita alla riforma del Senato,
Punto : 00:10:20
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 61875.html
Il livello di banditismo in questo Paese ha oramai raggiunto il Top dei Top.
La legge elettorale, il mago Leopoldo s’è l’è fatta su misura, quando veleggiava intorno al 38 % dopo aver toccato il 40,8 %.
Ha imposto che il premio di maggioranza spettasse al partito e non alla coalizione.
Questo perché lui non intendeva allearsi con nessuno, mentre tutti gli altri non avevano i voti sufficienti per arrivare al premio di maggioranza.
Adesso rischia perché sta scendendo verso il 30 % e il M5S sta aumentando.
Renzi deve obbedire anche a Jp Morgan a livello internazionale.
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle costituzioni ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... te/630787/ 19 giu 2013 ... Costituzione ... E cita, tra gli aspetti problematici, la tutela garantita ai diritti dei lavoratori ... I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito ... Quindi Jp Morgan, dopo avere attribuito all'Europa l' incapacità di uscire dalla crisi .... Direttore Testata Online: Peter Gomez .
Altrimenti rischia di perdere il posto.
Inoltre con un Senato di nominati (da lui) e solo con la Camera pensa di fare il nuovo Mussolini.
L’indecenza dei suoi servi che sono della partita in questa avventura di potere non ha limiti.
La Serracchiani ha ingannato parecchi italiani in questi anni.
Noi da questa deprecabile situazione non ne verremo mai fuori.
Basti pensare che quel sabato mattina in cui la Serracchiani sparava a zero contro Franceschini che aveva sostituito Veltroni alla guida del Pd, sul forum dell’Ulivo.it erano impazziti per lei:
“Serracchiani segretaria subito” continuavano a scrivere.
Spiacente, ma molti italiani abboccano subito come i merli.
Così è successo anche con il mago Leopoldo.
Vent’anni di berlusconismo non ha insegnato niente a moltissimi.
Prima si pensava che fossero tontoloni solo i berlusconiani perché votavano un bandito, invece adesso sappiamo che è un problema nazionale, da cui non ne usciremo più in modalità ordinaria.
E invece NO.
A rovinare la serata ci pensa Tatiana Lisanti, conduttrice del Tg3 delle 19,00, che si collega con la Serracchiani che ad un certo punto dichiara:
“………Queste sono riforme che servono al Paese, non certo al PD……….” riferita alla riforma del Senato,
Punto : 00:10:20
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 61875.html
Il livello di banditismo in questo Paese ha oramai raggiunto il Top dei Top.
La legge elettorale, il mago Leopoldo s’è l’è fatta su misura, quando veleggiava intorno al 38 % dopo aver toccato il 40,8 %.
Ha imposto che il premio di maggioranza spettasse al partito e non alla coalizione.
Questo perché lui non intendeva allearsi con nessuno, mentre tutti gli altri non avevano i voti sufficienti per arrivare al premio di maggioranza.
Adesso rischia perché sta scendendo verso il 30 % e il M5S sta aumentando.
Renzi deve obbedire anche a Jp Morgan a livello internazionale.
Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle costituzioni ...
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... te/630787/ 19 giu 2013 ... Costituzione ... E cita, tra gli aspetti problematici, la tutela garantita ai diritti dei lavoratori ... I sistemi politici dei paesi del sud, e in particolare le loro costituzioni, adottate in seguito ... Quindi Jp Morgan, dopo avere attribuito all'Europa l' incapacità di uscire dalla crisi .... Direttore Testata Online: Peter Gomez .
Altrimenti rischia di perdere il posto.
Inoltre con un Senato di nominati (da lui) e solo con la Camera pensa di fare il nuovo Mussolini.
L’indecenza dei suoi servi che sono della partita in questa avventura di potere non ha limiti.
La Serracchiani ha ingannato parecchi italiani in questi anni.
Noi da questa deprecabile situazione non ne verremo mai fuori.
Basti pensare che quel sabato mattina in cui la Serracchiani sparava a zero contro Franceschini che aveva sostituito Veltroni alla guida del Pd, sul forum dell’Ulivo.it erano impazziti per lei:
“Serracchiani segretaria subito” continuavano a scrivere.
Spiacente, ma molti italiani abboccano subito come i merli.
Così è successo anche con il mago Leopoldo.
Vent’anni di berlusconismo non ha insegnato niente a moltissimi.
Prima si pensava che fossero tontoloni solo i berlusconiani perché votavano un bandito, invece adesso sappiamo che è un problema nazionale, da cui non ne usciremo più in modalità ordinaria.
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Re: Diario della caduta di un regime.
“Renzi, cambia tutto o il Pd finisce qui Con una scissione”
(GIAMPIERO CALAPÀ)
09/08/2015 di triskel182
O Renzi è disponibile a riaprire una fase di dialogo vero con il suo stesso partito per un ripensamento che ci riporti alle nostre origini uliviste oppure è inevitabile che a sinistra di questo Pd nasca una forza di governo, non residuale.
E il tempo a disposizione non è molto, le cose saranno già chiare a settembre con il percorso parlamentare delle riforme costituzionali”.
Rosy Bindi, ulivista da sempre, attuale presidente della commissione Antimafia, non esclude nessuna ipotesi quindi, neppure la più drammatica, perché “non possiamo continuare a essere così schiacciati su proposte di centrodestra, dal lavoro alla scuola, dalla sanità al fisco”.
Presidente, appena raggiunta l’intesa su Viale Mazzini, in age n d a c ’ è u n nuovo possibile accordo con Berlusconi sulle riforme… Dopo l’accordo sulla Rai, appunto, non mi meraviglierei.
Le intese sulla tv pubblica hanno sempre prefigurato accordi su altri piani.
La cosa mi stupisce, però, perché sul Senato elettivo il fronte che si va consolidando mi pare ampio, al di là della pattuglia dei verdiniani.
Nel merito dovremmo essere interessati, tutti, a una buona riforma; bisognerebbe tener conto dei costituzionalisti che osservano come il complicato processo legislativo di questa brutta riforma farebbe perdere ancora più tempo alla politica, vanificando l’obiettivo di una democrazia che decide.
Al governo che cosa servirebbe? Un Pd unito e non sottoposto a continue lacerazioni per volere de lsuo stesso segretario. Invece? Invece si cercano accordicchi, ma saggezza vorrebbe che anche Forza Italia fosse interessata a un accordo alla luce del sole.
I cambiamenti che chiediamo sono voluti da tutte le opposizioni.
La strada presa da questo Pd non la sente più sua, insomma?
Ho sempre ritenuto che per fare la riforma della Carta fosse nec e s s a r i o l ’ accordo di tutti.
Non nego che ci sia mancato del coraggio, abbiamo sprecato occasioni per fare importanti riforme.
Ciò non significa che si possa cambiare la Carta a colpi di maggioranza e la legge elettorale a colpi di fiducia. Re n z i h a fatto anche altre cose… Appunto. Non dobbiamo essere il partito delle tasse, ma neppure mettere a rischio scuola e sanità pubbliche.
Non si annuncia una riduzione delle tasse di quel tipo senza un piano di lotta alla povertà e senza una riforma del catasto. Insomma, Renzi dovrebbe cambiare metodo, ma anche nel merito ci sarebbe molto da migliorare.
Poi c’è il Mezzogiorno: Renzi ha riunito la Direzione, ma non c’è stata traccia di proposte. Infatti,il Mezzogiorno non può esser derubricato a piagnisteo, è un’emergenza del Paese. Non si può fare quella sparata se non si dimostra la necessità di una seria lotta alle mafie.
E se non si aggrediscono le cause strutturali delle diseguaglianze socio-economiche di metà Paese. L’impresentabile Vincenzo De Luca ha definito Peter Gomez “consumatore abusivo di ossigeno”…
Su De Luca non dico altro, solidarietà al direttore de il fatto quotidiano.it Peter Gomez. Un altro ulivista della prima ora, Franco Monaco, ha evocato la necessità di una scissione :la fine del sogno ulivista, una rinnovata alleanza tra centro e sinistra, ma senza Renzi.
È la via giusta? Condivido le ragioni,se Renzi continua su questa strada c’è uno spazio enorme a sinistra. Sono meno convinta che un nuovo soggetto a sinistra possa poi allearsi con il partito della nazione di Renzi.Perché oggi il Pd di Renzi esiste, quindi se dovesse nascere qualcosa di nuovo a sinistra non potrebbe che essere alternativo.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 09/08/2015.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Alla Serracchiani e al resto della BANDA LARGA je pò ffrega dde meno.....
“Costituzionalmente criminale dare alle Regioni
la possibilità di formare una delle due Camere”
Il giurista Gianluigi Pellegrino: “Non è vero che avremo semplificazione, Palazzo Madama diventerà un
albergo a ore. Ma non dimentichiamo che la riforma è a questo stadio perché minoranza Pd l’ha votata”
Palazzi & Potere
Questa riforma? È un gran caos, un pasticcio da non credere”. Inizia così la telefonata con Gianluigi Pellegrino, avvocato amministrativista. Non prosegue molto meglio: “Anche se a vedere uno come Calderoli – padre del Porcellum – che presenta migliaia di emendamenti si sarebbe tentati di votarla. E pure a guardare quello che sta combinando la sinistra del Pd” di Silvia Truzzi
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Senato, Pellegrino: “Costituzionalmente criminale dare alle Regioni la possibilità di costituire un ramo del Parlamento”
Il giurista : “Non è vero che avremo una semplificazione, ci sarà un conflitto al giorno tra le due Camere, e Palazzo Madama diventerà un albergo a ore". E lo schieramento per il Senato elettivo? "Non dimentichiamo che la riforma è a questo stadio perché la minoranza del Partito democratico l’ha votata"
di Silvia Truzzi | 9 agosto 2015
Questa riforma? È un gran caos, un pasticcio da non credere”. Inizia così la telefonata con Gianluigi Pellegrino, avvocato amministrativista e firma di Repubblica. Non prosegue molto meglio: “Anche se a vedere uno come Calderoli – padre del Porcellum – che presenta migliaia di emendamenti si sarebbe tentati di votarla. E pure a guardare quello che sta combinando la sinistra del Pd. Non dimentichiamo che la riforma è a questo stadio – terminale, direi – perché la minoranza del Partito democratico l’ha votata. E uno si domanda: perché l’hanno fatto e adesso sono contro? Perché allora anche la sinistra Pd negoziava… con Renzi. E a noi – che all’epoca dicevamo: attenzione è una grande schifezza! – loro rispondevano ‘tanto poi la cambieremo’. Ma ‘poi’, quando? Oggi Renzi ha gioco facile quando dice: ‘perché dovrebbe essere cambiata una riforma costituzionale che ha già avuto una lettura doppia conforme?’”.
Entriamo nel merito. L’elettività è il punto più dibattuto: i sostenitori del nuovo Senato, composto da sindaci e consiglieri regionali, invocano l’esempio dei Länder tedeschi, che esercitano la potestà legislativa. Che ne pensa?
È costituzionalmente criminale attribuire alle Regioni italiane la possibilità di costituire uno dei due rami del Parlamento. I Länder sono la conferma dell’errore: rappresentano una cultura e una tradizione che ha fatto nascere popoli e sensibilità regionali. La selezione della classe politica locale lì è anche migliore di quella nazionale. Cosa che, certo, non si può dire alle nostre latitudini: in Italia il disegno regionalista è tragicamente fallito. Le Regioni sono diventate centri di potere e di irresponsabilità politica. Se lei domanda al cittadino di un piccolo Comune chi è il suo sindaco, lui le risponderà che lo conosce. E così se domanda chi è il premier. Ma se chiede chi è l’assessore all’urbanistica della sua Regione, difficilmente saprà risponderle. Questo per dire che i membri delle Giunte regionali hanno molto potere senza dover rispondere agli elettori del loro operato. Il risultato sono i Fiorito, le decine e decine di consiglieri regionali sotto inchiesta: i centri di potere senza controllo diventano centri di malaffare.
Ora, se la riforma va in porto, questi signori diventeranno la nostra Camera alta.
Come spiegò benissimo Gustavo Zagrebelsky, mentre i Länder tedeschi sono realtà che nascono dal basso e sono quindi la proiezione alta dei popoli regionali, qui per il fallimento del regionalismo, la classe politica locale costituisce il riflesso degradato di quella nazionale. Abbiamo dunque una politica nazionale che degrada in politica regionale e una politica regionale che, con un ulteriore rilancio verso il basso, forma la politica nazionale. Altro che Camera alta.
Dicono: così si snellisce l’attività legislativa.
Ma la riforma non persegue affatto quest’obiettivo! La riforma prevede dodici procedimenti diversi per la formazione delle leggi, in base alle materie. Vogliamo riformare il Titolo V della Carta per via dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni, ora ci sarà un conflitto al giorno tra Camera e Senato sulla scelta del procedimento legislativo. Se avessimo voluto perseguire la semplificazione normativa, allora avremmo dovuto avere il coraggio di scegliere un vero monocameralismo, ovviamente prevedendo adeguati contrappesi e bilanciamenti. Invece stanno facendo questa guerra interna al Pd – tutta autoreferenziale – per passare da un bicameralismo che almeno è collaudato a un bicameralismo confuso.
I nuovi senatori faranno due lavori part-time. In più c’è il tema della durata dei consigli regionali.
Nasceranno tantissimi problemi. Questo Senato che riflette le vicissitudini delle Regioni, sarà una porta girevole continuamente in funzione. Praticamente un albergo a ore, in base alle singole vicende dei ‘senatori’ o alle vicende dei Consigli Regionali, le cui elezioni, peraltro, vengono spesso annullate o contestate.
Previsioni?
C’è da augurarsi che il progetto muoia. Bene che vada ci sarà un grave peggioramento della situazione istituzionale. Più che un rischio autoritario, io vedo un rischio confusionario: c’è un pressappochismo terribile in questa riforma. È vero che il meglio è nemico del bene, ma è anche vero che al peggio non c’è mai fine.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 agosto 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... o/1946219/
“Costituzionalmente criminale dare alle Regioni
la possibilità di formare una delle due Camere”
Il giurista Gianluigi Pellegrino: “Non è vero che avremo semplificazione, Palazzo Madama diventerà un
albergo a ore. Ma non dimentichiamo che la riforma è a questo stadio perché minoranza Pd l’ha votata”
Palazzi & Potere
Questa riforma? È un gran caos, un pasticcio da non credere”. Inizia così la telefonata con Gianluigi Pellegrino, avvocato amministrativista. Non prosegue molto meglio: “Anche se a vedere uno come Calderoli – padre del Porcellum – che presenta migliaia di emendamenti si sarebbe tentati di votarla. E pure a guardare quello che sta combinando la sinistra del Pd” di Silvia Truzzi
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Senato, Pellegrino: “Costituzionalmente criminale dare alle Regioni la possibilità di costituire un ramo del Parlamento”
Il giurista : “Non è vero che avremo una semplificazione, ci sarà un conflitto al giorno tra le due Camere, e Palazzo Madama diventerà un albergo a ore". E lo schieramento per il Senato elettivo? "Non dimentichiamo che la riforma è a questo stadio perché la minoranza del Partito democratico l’ha votata"
di Silvia Truzzi | 9 agosto 2015
Questa riforma? È un gran caos, un pasticcio da non credere”. Inizia così la telefonata con Gianluigi Pellegrino, avvocato amministrativista e firma di Repubblica. Non prosegue molto meglio: “Anche se a vedere uno come Calderoli – padre del Porcellum – che presenta migliaia di emendamenti si sarebbe tentati di votarla. E pure a guardare quello che sta combinando la sinistra del Pd. Non dimentichiamo che la riforma è a questo stadio – terminale, direi – perché la minoranza del Partito democratico l’ha votata. E uno si domanda: perché l’hanno fatto e adesso sono contro? Perché allora anche la sinistra Pd negoziava… con Renzi. E a noi – che all’epoca dicevamo: attenzione è una grande schifezza! – loro rispondevano ‘tanto poi la cambieremo’. Ma ‘poi’, quando? Oggi Renzi ha gioco facile quando dice: ‘perché dovrebbe essere cambiata una riforma costituzionale che ha già avuto una lettura doppia conforme?’”.
Entriamo nel merito. L’elettività è il punto più dibattuto: i sostenitori del nuovo Senato, composto da sindaci e consiglieri regionali, invocano l’esempio dei Länder tedeschi, che esercitano la potestà legislativa. Che ne pensa?
È costituzionalmente criminale attribuire alle Regioni italiane la possibilità di costituire uno dei due rami del Parlamento. I Länder sono la conferma dell’errore: rappresentano una cultura e una tradizione che ha fatto nascere popoli e sensibilità regionali. La selezione della classe politica locale lì è anche migliore di quella nazionale. Cosa che, certo, non si può dire alle nostre latitudini: in Italia il disegno regionalista è tragicamente fallito. Le Regioni sono diventate centri di potere e di irresponsabilità politica. Se lei domanda al cittadino di un piccolo Comune chi è il suo sindaco, lui le risponderà che lo conosce. E così se domanda chi è il premier. Ma se chiede chi è l’assessore all’urbanistica della sua Regione, difficilmente saprà risponderle. Questo per dire che i membri delle Giunte regionali hanno molto potere senza dover rispondere agli elettori del loro operato. Il risultato sono i Fiorito, le decine e decine di consiglieri regionali sotto inchiesta: i centri di potere senza controllo diventano centri di malaffare.
Ora, se la riforma va in porto, questi signori diventeranno la nostra Camera alta.
Come spiegò benissimo Gustavo Zagrebelsky, mentre i Länder tedeschi sono realtà che nascono dal basso e sono quindi la proiezione alta dei popoli regionali, qui per il fallimento del regionalismo, la classe politica locale costituisce il riflesso degradato di quella nazionale. Abbiamo dunque una politica nazionale che degrada in politica regionale e una politica regionale che, con un ulteriore rilancio verso il basso, forma la politica nazionale. Altro che Camera alta.
Dicono: così si snellisce l’attività legislativa.
Ma la riforma non persegue affatto quest’obiettivo! La riforma prevede dodici procedimenti diversi per la formazione delle leggi, in base alle materie. Vogliamo riformare il Titolo V della Carta per via dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni, ora ci sarà un conflitto al giorno tra Camera e Senato sulla scelta del procedimento legislativo. Se avessimo voluto perseguire la semplificazione normativa, allora avremmo dovuto avere il coraggio di scegliere un vero monocameralismo, ovviamente prevedendo adeguati contrappesi e bilanciamenti. Invece stanno facendo questa guerra interna al Pd – tutta autoreferenziale – per passare da un bicameralismo che almeno è collaudato a un bicameralismo confuso.
I nuovi senatori faranno due lavori part-time. In più c’è il tema della durata dei consigli regionali.
Nasceranno tantissimi problemi. Questo Senato che riflette le vicissitudini delle Regioni, sarà una porta girevole continuamente in funzione. Praticamente un albergo a ore, in base alle singole vicende dei ‘senatori’ o alle vicende dei Consigli Regionali, le cui elezioni, peraltro, vengono spesso annullate o contestate.
Previsioni?
C’è da augurarsi che il progetto muoia. Bene che vada ci sarà un grave peggioramento della situazione istituzionale. Più che un rischio autoritario, io vedo un rischio confusionario: c’è un pressappochismo terribile in questa riforma. È vero che il meglio è nemico del bene, ma è anche vero che al peggio non c’è mai fine.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 agosto 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... o/1946219/
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Re: Diario della caduta di un regime.
LA POSIZIONE DELLA CHIESA ITALIANA
Migranti, accuse dei vescovi ai politici: «Piazzisti da 4 soldi. Dicono cose insulse»
Essendo selettivo nei mei giudizi, su questo tema riassunto dal titolo (premetto che non ho letto l'articolo, sono attratto dal titolo) in questo caso sono d'accordo con i vescovi della CEI.
A cui chiedo però ai vescovoni di avere più coraggio ed allargare la platea delle accuse.
Come ad esempio sulla supercazzola di giornata della propaganda renziana.
LAVORO, IL DATO
Nuovi occupati, «stabili» 4 su 10
Renzi: «Occasione imperdibile»
Su un pò di coraggio.
I «Piazzisti da 4 soldi. Dicono cose insulse» dominano l'attuale scenario tricolore.
Migranti, accuse dei vescovi ai politici: «Piazzisti da 4 soldi. Dicono cose insulse»
Essendo selettivo nei mei giudizi, su questo tema riassunto dal titolo (premetto che non ho letto l'articolo, sono attratto dal titolo) in questo caso sono d'accordo con i vescovi della CEI.
A cui chiedo però ai vescovoni di avere più coraggio ed allargare la platea delle accuse.
Come ad esempio sulla supercazzola di giornata della propaganda renziana.
LAVORO, IL DATO
Nuovi occupati, «stabili» 4 su 10
Renzi: «Occasione imperdibile»
Su un pò di coraggio.
I «Piazzisti da 4 soldi. Dicono cose insulse» dominano l'attuale scenario tricolore.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Chissà se Maurizio Bel Pietro, quel gran simpaticone a 360 gradi, che qualcuno di queste parti che lo avversa politicamente avendolo visto per 20 anni prodigarsi come megafono dell’ex Cavaliere di Hardcore, lo ha ribattezzato “Bel Pirla”, è al corrente del significato etimologico del vocabolo “compagno”, oppure fa finta di non saperlo?
Scrive oggi liberamente su Libero, il prode Bel Pietro:
Che il Papa dica di accogliere i migranti sbarcati sulle nostre coste a me pare una non notizia. Che altro dovrebbe predicare il Pontefice? Respingeteli tutti? Dato che il Vangelo insegna ad amare il prossimo tuo come te stesso, a soccorrere i pellegrini in difficoltà e a spezzare il pane con chi ne ha bisogno, è evidente che Bergoglio deve benedire l’immigrazione come se fosse un bene di Dio.
Non fa una grinza.
Mi chiedo però se sa cosa vuol dire etimologicamente il vocabolo “compagno”.
Etimologia: ← lat. mediev. companio nom., comp. di cŭm ‘con’ e un deriv. di pānis ‘pane’; propr. ‘chi mangia il pane con un altro’.
“Dato che il Vangelo insegna ad amare il prossimo tuo come te stesso, a soccorrere i pellegrini in difficoltà e a spezzare il pane con chi ne ha bisogno”, significa che i cattolici, Papa in testa, sono “compagni”?
Madre de Dios, Formigoni e Giovanardi compagni???????
Di merende, forse.
Scrive oggi liberamente su Libero, il prode Bel Pietro:
Che il Papa dica di accogliere i migranti sbarcati sulle nostre coste a me pare una non notizia. Che altro dovrebbe predicare il Pontefice? Respingeteli tutti? Dato che il Vangelo insegna ad amare il prossimo tuo come te stesso, a soccorrere i pellegrini in difficoltà e a spezzare il pane con chi ne ha bisogno, è evidente che Bergoglio deve benedire l’immigrazione come se fosse un bene di Dio.
Non fa una grinza.
Mi chiedo però se sa cosa vuol dire etimologicamente il vocabolo “compagno”.
Etimologia: ← lat. mediev. companio nom., comp. di cŭm ‘con’ e un deriv. di pānis ‘pane’; propr. ‘chi mangia il pane con un altro’.
“Dato che il Vangelo insegna ad amare il prossimo tuo come te stesso, a soccorrere i pellegrini in difficoltà e a spezzare il pane con chi ne ha bisogno”, significa che i cattolici, Papa in testa, sono “compagni”?
Madre de Dios, Formigoni e Giovanardi compagni???????
Di merende, forse.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Renzi: riforme del Potere, potere di riformare
di Furio Colombo | 9 agosto 2015
Le riforme. Ci dicono che sono necessarie, ma anche immediate. La trovata di questo governo italiano, che nessuno ha scelto o votato, è stata di gridare ininterrottamente due ordini: correre. E non discutere. Ogni discussione fa male all’Italia. Piagnisteo. Fare, non dire, ti ripetono.
Eppure i cittadini continuano a non capire che cosa sta accadendo e per chi, continuano a non vedere, nella loro vita quotidiana, i cambiamenti che vengono prima annunciati, poi, in pochi giorni e senza dibattiti, approvati, e subito celebrati come l’inizio del nuovo mondo.
Eppure ci sono molte cose che non sappiamo. Non sappiamo chi è Renzi e chi lo ha mandato, non sappiamo da dove venga, e preparata con chi, o da chi, la lista che ogni tanto estrae per dirci che cosa è fatto e che cosa c’è da fare. Non sappiamo le cifre giuste di nulla perché, come ci ha avvertito l’Istat, ci dicono i numeri che hanno previsto, non quelli che hanno ottenuto. Elenchi di persone sconosciute passano sui video e in Rete con l’assicurazione che si tratta del meglio del meglio e vanno a occupare posti che non sono stati riformati, come la Rai, e dove quindi non possono cambiare nulla, ma possono allargare il potere. Nascono i titolari di strani compiti, come quello di responsabile unico della spesa di tutto il Paese, dalla Polizia Forestale (abolita) alla tac e alla risonanza magnetica, riservata a pochi morenti.
Infatti non tocca più al medico prescrivere. Tocca al contabile, che è un politico. Ma prendiamo la riforma della Sanità, e guardiamoci dentro per capire. Primo, non l’ha fatta il ministro della Sanità, competente o non competente che sia. L’ha fatta l’esperto di tagli. Secondo, la riforma ha un fine, che non è migliorare la tua e la mia assistenza medica pubblica in caso di necessità.
È fare tagli immensi (2 miliardi subito, e di più il prossimo anno) che non hanno niente a che fare con i malati, ma con una esigenza del presidente del Consiglio: vuole per sé il merito di aver tagliato le tasse, e ha bisogno di fondi. Li prende dai malati.
La riduzione delle tasse riguarda poco chi vive di lavoro e di pensioni. Ma è un grande passo per gli abbienti, un passo gigantesco per i ricchi. È tutta gente che sa dire grazie e possiede strumenti per farlo. Per questo, per la prima volta, sentiamo annunciare, nell’Italia della corruzione dilagante, che se un medico prescrive una tac “non appropriata in base alla documentazione scientifica”, sarà punito. Ma attenzione al percorso: riformare, attraverso tagli brutali, la sanità, non ha niente a che fare con la Sanità. Servono fondi per una operazione e politica, e si prendono dove i soldi ci sono.
Riformare la Scuola non ha niente a che fare con la Scuola. Punta a rafforzare l’idea di un uomo solo al comando (in questo caso l’arbitraria autorità del preside). La stessa idea domina la “riforma” della Pubblica amministrazione. Non sappiamo che Stato vogliamo. Ma vogliamo sapere chi comanda, e quanto ampia è l’arbitrarietà e il potere di chi comanda sui sottoposti. Ha scritto nei giorni scorsi Michele Ainis, ricordando anche l’altra “grande riforma” che si continua a non sapere quando, perché e da chi sia stata prescritta (l’abolizione del Senato elettivo) che “l’epopea riformatrice si può riassumere in tre paroline: verticalizzazione, unificazione, personalizzazione” (Corriere della Sera, 7 agosto).
Dunque non stiamo parlando dell’Italia, stiamo parlando del Potere. Per capire ci serve un rapido confronto con le riforme della presidenza Obama. Ne cito alcune: riforma sanitaria (in modo da renderla accessibile a tutti i cittadini); innalzamento del salario minimo per i lavoratori e fine della vasta amnistia fiscale voluta da Reagan e dai Bush che avevano voluto un rovinoso taglio delle tasse ai ricchi; visita alla prigione federale dell’Oklahoma, una delle più rigide, per affermare i diritti dei carcerati (non c’è in Usa un Partito Radicale che si batta per questi diritti); concessione del diritto di cittadinanza a cinque milioni di immigrati che vivono e lavorano illegalmente negli Stati Uniti.
Come vedete, non una di queste riforme serve per gli applausi. Ma tutte servono alle persone che sono o diventeranno americane. Praticamente l’opposto di quelle che in Italia ci annunciano come “rivoluzioni copernicane” e che sono poste a carico dei cittadini. È attesa, a giorni, una riforma dell’Istat, per smetterla con questa storia dei dati veri che guastano ogni volta la festa al capo della rivoluzione.
Dal Fatto Quotidiano del 9 agosto 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... e/1946204/
di Furio Colombo | 9 agosto 2015
Le riforme. Ci dicono che sono necessarie, ma anche immediate. La trovata di questo governo italiano, che nessuno ha scelto o votato, è stata di gridare ininterrottamente due ordini: correre. E non discutere. Ogni discussione fa male all’Italia. Piagnisteo. Fare, non dire, ti ripetono.
Eppure i cittadini continuano a non capire che cosa sta accadendo e per chi, continuano a non vedere, nella loro vita quotidiana, i cambiamenti che vengono prima annunciati, poi, in pochi giorni e senza dibattiti, approvati, e subito celebrati come l’inizio del nuovo mondo.
Eppure ci sono molte cose che non sappiamo. Non sappiamo chi è Renzi e chi lo ha mandato, non sappiamo da dove venga, e preparata con chi, o da chi, la lista che ogni tanto estrae per dirci che cosa è fatto e che cosa c’è da fare. Non sappiamo le cifre giuste di nulla perché, come ci ha avvertito l’Istat, ci dicono i numeri che hanno previsto, non quelli che hanno ottenuto. Elenchi di persone sconosciute passano sui video e in Rete con l’assicurazione che si tratta del meglio del meglio e vanno a occupare posti che non sono stati riformati, come la Rai, e dove quindi non possono cambiare nulla, ma possono allargare il potere. Nascono i titolari di strani compiti, come quello di responsabile unico della spesa di tutto il Paese, dalla Polizia Forestale (abolita) alla tac e alla risonanza magnetica, riservata a pochi morenti.
Infatti non tocca più al medico prescrivere. Tocca al contabile, che è un politico. Ma prendiamo la riforma della Sanità, e guardiamoci dentro per capire. Primo, non l’ha fatta il ministro della Sanità, competente o non competente che sia. L’ha fatta l’esperto di tagli. Secondo, la riforma ha un fine, che non è migliorare la tua e la mia assistenza medica pubblica in caso di necessità.
È fare tagli immensi (2 miliardi subito, e di più il prossimo anno) che non hanno niente a che fare con i malati, ma con una esigenza del presidente del Consiglio: vuole per sé il merito di aver tagliato le tasse, e ha bisogno di fondi. Li prende dai malati.
La riduzione delle tasse riguarda poco chi vive di lavoro e di pensioni. Ma è un grande passo per gli abbienti, un passo gigantesco per i ricchi. È tutta gente che sa dire grazie e possiede strumenti per farlo. Per questo, per la prima volta, sentiamo annunciare, nell’Italia della corruzione dilagante, che se un medico prescrive una tac “non appropriata in base alla documentazione scientifica”, sarà punito. Ma attenzione al percorso: riformare, attraverso tagli brutali, la sanità, non ha niente a che fare con la Sanità. Servono fondi per una operazione e politica, e si prendono dove i soldi ci sono.
Riformare la Scuola non ha niente a che fare con la Scuola. Punta a rafforzare l’idea di un uomo solo al comando (in questo caso l’arbitraria autorità del preside). La stessa idea domina la “riforma” della Pubblica amministrazione. Non sappiamo che Stato vogliamo. Ma vogliamo sapere chi comanda, e quanto ampia è l’arbitrarietà e il potere di chi comanda sui sottoposti. Ha scritto nei giorni scorsi Michele Ainis, ricordando anche l’altra “grande riforma” che si continua a non sapere quando, perché e da chi sia stata prescritta (l’abolizione del Senato elettivo) che “l’epopea riformatrice si può riassumere in tre paroline: verticalizzazione, unificazione, personalizzazione” (Corriere della Sera, 7 agosto).
Dunque non stiamo parlando dell’Italia, stiamo parlando del Potere. Per capire ci serve un rapido confronto con le riforme della presidenza Obama. Ne cito alcune: riforma sanitaria (in modo da renderla accessibile a tutti i cittadini); innalzamento del salario minimo per i lavoratori e fine della vasta amnistia fiscale voluta da Reagan e dai Bush che avevano voluto un rovinoso taglio delle tasse ai ricchi; visita alla prigione federale dell’Oklahoma, una delle più rigide, per affermare i diritti dei carcerati (non c’è in Usa un Partito Radicale che si batta per questi diritti); concessione del diritto di cittadinanza a cinque milioni di immigrati che vivono e lavorano illegalmente negli Stati Uniti.
Come vedete, non una di queste riforme serve per gli applausi. Ma tutte servono alle persone che sono o diventeranno americane. Praticamente l’opposto di quelle che in Italia ci annunciano come “rivoluzioni copernicane” e che sono poste a carico dei cittadini. È attesa, a giorni, una riforma dell’Istat, per smetterla con questa storia dei dati veri che guastano ogni volta la festa al capo della rivoluzione.
Dal Fatto Quotidiano del 9 agosto 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08 ... e/1946204/
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Re: Diario della caduta di un regime.
http://www.beppegrillo.it/la_cosa/2015/ ... di-no/?s=n
10 agosto 2015. EUROINOMANI: IL VERO SBALLO E’ DIRE DI NO, Intervista a Diego Fusaro
Dentro o fuori dall’euro. Perché l’Italia dal tuo punto di vista dovrebbe uscire subito dall’euro? Che cosa intendi quando parli di “euro come forma di governo”? Chi sono gli Euroinomani?
Un saluto a tutti gli amici e amiche del Blog di Beppe Grillo.
L’Italia, ma non solo l’Italia, tutti i Paesi dell’Eurozona dovrebbero uscire il prima possibile dall’Euro, perché l’Euro è stato un vero e proprio colpo di stato finanziario che ha reso possibile l’imporsi del regime neoliberista con rimozione dei diritti sociali e rimozione di ogni forma di garanzia sanitaria e pubblica a favore delle privatizzazioni. L’Euro è stato il Cavallo di Troia con cui il neoliberismo si è imposto ed simile in ciò ad una sorta di carica del rinoceronte che non può essere arrestata, mitigata, governata… Occorre spostarsi prima di essere travolti! Occorre uscire dall’Euro il prima possibile! L’Euro è da un punto di vista generale, uso le parole di Gramsci, una sorta di Rivoluzione Passiva, ovvero una rivoluzione con cui il potere dominante capitalistico dopo il 1989 ha rinsaldato se stesso, potenziando la propria struttura, rimuovendo i lacci e lacciuoli dello Stato e del Pubblico, dello Stato Sovrano Nazionale, per imporre il potere dell’economia spoliticizzata, cioè il potere delle banche e della Finanza, non più regolati e disciplinati dallo Stato e da quelle che nella Filosofia di Hegel si chiamerebbero le Potenze Etiche, cioè quelle potenze in grado di disciplinare l’Economia e di porla al servizio della comunità.
Gli Euroinomani, uso questa formula presa in prestito dal mio amico giornalista Alessandro Montanari, sono coloro che non riescono a venir meno rispetto una vera e propria assuefazione rispetto all’euro. Proprio come i tossicodipendenti, anche se l’Euro provoca catastrofi sociali e politiche, come la fine del pubblico, la fine delle garanzie sociali, l’immiserimento costante del Paese Italia, costoro continuano a volere più Euro, più Europa. Ricorrono alla formula oracolare, quasi teologica “Ci vuole più Europa!”. E’ paradossale. Esattamente come di fronte alle tragedie di un tossico chi dicesse: “Ci vuole più droga!” ricadrebbe in una situazione del tutto paradossale, oggi, chi di fronte alle tragedie dell’Europa e dell’Euro, ripete ossessivamente e compulsivamente: “Ci vuole più Euro, ci vuole più Europa!” è del tutto analogo a questa situazione di assuefazione all’Euroina.
Grecia. Il 14 luglio 2015 tu pubblichi un post in cui esprimi una lettura dei fatti recentemente accaduti in Grecia molto critica. Parli di Eurolager, di colpo di stato finanziario e scrivi: l’Unione Europea sta realizzando, in forma economica, il delirante sogno tedesco della prima metà del Novecento. E’ molto raro, oggi, trovare qualcuno che esprime opinioni così ferme e critiche. Ti va di spiegare anche a noi perché sei così estremo in merito a quanto accaduto in Grecia?
La verità è sempre rivoluzionaria. E’ compito di un pensiero critico quello di ridistribuire alla libera discussione ciò che il pensiero unico e il politicamente corretto impediscono che venga anche solo discusso. Io non ho remore nell’affermare che l’Euro non è soltanto una Moneta ma un metodo di Governo e che serve a imporre il primato dell’economia sulla politica, producendo vere e proprie catastrofi sociali, come quella che si è prodotta recentemente in Grecia. In Grecia abbiamo assistito all’imporsi di un vero e proprio Eurolager: cioè un sistema di genocidio finanziario, con cui un intero popolo è stato sottoposto all’immiserimento e alla programmatica persecuzione, nella misura in cui negli ospedali in Grecia non ci sono più nemmeno i medicinali e la popolazione vive di stenti ed è costretta alla povertà più assoluta. Da questo punto di vista, contro la falsità di chi ripete che l’Europa ci protegge dalle guerre, occorre dire in maniera ferma, fermissima, che in realtà l’Europa oggi riproduce in forma economica le asimmetrie che il Novecento aveva posto in essere in forma politica. Per dirla in maniera ancora più radicale: la Germania tramite la Troika, l’Euro e il debito pubblico, sta realizzando ciò che non era riuscita a fare nel Novecento fino in fondo con i carri armati e con le bombe. “Spezzeremo le reni alla Grecia” aveva detto Mussolini. Ci sta riuscendo, per ironia della Storia, soltanto l’Unione Europea dell’Euro e della Troika.Non bisogna fare concessioni su questo tema. L’Europa è a tutti gli effetti un ordine totalitario, di economia assoluta. Come diceva Ezra Pound “Il debito è il sistema con cui si impone nel mondo moderno la schiavitù”. Come diceva Gyorgy Lukac: “La violenza diventa nel Capitalismo una categoria economica immanente”.
Italia e Grecia. Marcello Foa in una recente intervista sul Blog ha parlato di fallimento della manipolazione mediatica in Grecia. Quale è la tua opnione?
Va detto che l’esperienza greca è un’esperienza altalenante: con alti e bassi. Perché c’è stato un Referendum e subito dopo Tzipras ha buttato a mare il Referendum e si è adeguato cadavericamente ai diktat dell’Europa e della Merkel. Da questo punto di vista il Referendum è stato un fuoco di paglia. Quello che emerge dalla Grecia è che la popolazione sta comprendendo, perché lo sconta quotidianamente sulla propria carne viva, che cosa significa stare nell’Europa dell’Euro, della Troika e della Banca Centrale. Significa che tutte quelle tragedie che il Clero intellettuale, il circo mediatico, dicono realizzarsi solo qualora si esca dall’Euro, stanno invece puntualmente realizzandosi fintanto che si rimane all’interno dell’Euro. Si sta gradualmente formando, cito Gramsci, “Una coscienza di classe europea”, una coscienza oppositiva rispetto all’Unione Europea, che il sistemo mediatico della manipolazione organizzata cercherà in ogni modo di frenare e di rovesciare, ma che alla fine non potrà non emergere e prendere sempre più piede.
Sinistra. A gennaio tu puntavi il dito contro la Sinistra e affermavi “La Sinistra al soldo della finanza”. Che cosa è diventata oggi la sinistra?
La Sinistra ha subito un processo dissolutivo che è ben compendiato da quello che con il mio maestro Costanzo Preve chiamo il Serpentone Metamorfico PCI: PDS, DS, PD. Cioè il transito che porta da nobili figure come Antonio Gramsci, che lottava contro il Capitale, alle figure dell’odierna Sinistra di Cortina d’Ampezzo, che lottano per il Capitale, per l’Unione Europea, per le Banche. Io non esito a sostenere che sto con Gramsci, con Marx e con la lotta per i diritti sociali del lavoro e quindi non con la Sinistra, che ha tradito e rinnegato sia Marx, sia Gramsci. Se la Sinistra smette di interessarti a Marx e a Gramsci occorre pacatamente smettere di interessarti alla Sinistra e continuare nella lotta che fu di Gramsci e di Marx. Una lotta che oggi deve di necessità passare dai due momenti fondamentali della lotta per l’emancipazione sociale e quindi della lotta per la sovranità nazionale democratica contro il mercato transnazionale oligarchico. Ciò che l’Unione Europea ha posto in essere tramite il Colpo di Stato Eurocratico che ha posto in essere la dittatura finanziaria che stiamo oggi scontando quotidianamente.
Il Blog di Diego Fusaro
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Paolo11
10 agosto 2015. EUROINOMANI: IL VERO SBALLO E’ DIRE DI NO, Intervista a Diego Fusaro
Dentro o fuori dall’euro. Perché l’Italia dal tuo punto di vista dovrebbe uscire subito dall’euro? Che cosa intendi quando parli di “euro come forma di governo”? Chi sono gli Euroinomani?
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L’Italia, ma non solo l’Italia, tutti i Paesi dell’Eurozona dovrebbero uscire il prima possibile dall’Euro, perché l’Euro è stato un vero e proprio colpo di stato finanziario che ha reso possibile l’imporsi del regime neoliberista con rimozione dei diritti sociali e rimozione di ogni forma di garanzia sanitaria e pubblica a favore delle privatizzazioni. L’Euro è stato il Cavallo di Troia con cui il neoliberismo si è imposto ed simile in ciò ad una sorta di carica del rinoceronte che non può essere arrestata, mitigata, governata… Occorre spostarsi prima di essere travolti! Occorre uscire dall’Euro il prima possibile! L’Euro è da un punto di vista generale, uso le parole di Gramsci, una sorta di Rivoluzione Passiva, ovvero una rivoluzione con cui il potere dominante capitalistico dopo il 1989 ha rinsaldato se stesso, potenziando la propria struttura, rimuovendo i lacci e lacciuoli dello Stato e del Pubblico, dello Stato Sovrano Nazionale, per imporre il potere dell’economia spoliticizzata, cioè il potere delle banche e della Finanza, non più regolati e disciplinati dallo Stato e da quelle che nella Filosofia di Hegel si chiamerebbero le Potenze Etiche, cioè quelle potenze in grado di disciplinare l’Economia e di porla al servizio della comunità.
Gli Euroinomani, uso questa formula presa in prestito dal mio amico giornalista Alessandro Montanari, sono coloro che non riescono a venir meno rispetto una vera e propria assuefazione rispetto all’euro. Proprio come i tossicodipendenti, anche se l’Euro provoca catastrofi sociali e politiche, come la fine del pubblico, la fine delle garanzie sociali, l’immiserimento costante del Paese Italia, costoro continuano a volere più Euro, più Europa. Ricorrono alla formula oracolare, quasi teologica “Ci vuole più Europa!”. E’ paradossale. Esattamente come di fronte alle tragedie di un tossico chi dicesse: “Ci vuole più droga!” ricadrebbe in una situazione del tutto paradossale, oggi, chi di fronte alle tragedie dell’Europa e dell’Euro, ripete ossessivamente e compulsivamente: “Ci vuole più Euro, ci vuole più Europa!” è del tutto analogo a questa situazione di assuefazione all’Euroina.
Grecia. Il 14 luglio 2015 tu pubblichi un post in cui esprimi una lettura dei fatti recentemente accaduti in Grecia molto critica. Parli di Eurolager, di colpo di stato finanziario e scrivi: l’Unione Europea sta realizzando, in forma economica, il delirante sogno tedesco della prima metà del Novecento. E’ molto raro, oggi, trovare qualcuno che esprime opinioni così ferme e critiche. Ti va di spiegare anche a noi perché sei così estremo in merito a quanto accaduto in Grecia?
La verità è sempre rivoluzionaria. E’ compito di un pensiero critico quello di ridistribuire alla libera discussione ciò che il pensiero unico e il politicamente corretto impediscono che venga anche solo discusso. Io non ho remore nell’affermare che l’Euro non è soltanto una Moneta ma un metodo di Governo e che serve a imporre il primato dell’economia sulla politica, producendo vere e proprie catastrofi sociali, come quella che si è prodotta recentemente in Grecia. In Grecia abbiamo assistito all’imporsi di un vero e proprio Eurolager: cioè un sistema di genocidio finanziario, con cui un intero popolo è stato sottoposto all’immiserimento e alla programmatica persecuzione, nella misura in cui negli ospedali in Grecia non ci sono più nemmeno i medicinali e la popolazione vive di stenti ed è costretta alla povertà più assoluta. Da questo punto di vista, contro la falsità di chi ripete che l’Europa ci protegge dalle guerre, occorre dire in maniera ferma, fermissima, che in realtà l’Europa oggi riproduce in forma economica le asimmetrie che il Novecento aveva posto in essere in forma politica. Per dirla in maniera ancora più radicale: la Germania tramite la Troika, l’Euro e il debito pubblico, sta realizzando ciò che non era riuscita a fare nel Novecento fino in fondo con i carri armati e con le bombe. “Spezzeremo le reni alla Grecia” aveva detto Mussolini. Ci sta riuscendo, per ironia della Storia, soltanto l’Unione Europea dell’Euro e della Troika.Non bisogna fare concessioni su questo tema. L’Europa è a tutti gli effetti un ordine totalitario, di economia assoluta. Come diceva Ezra Pound “Il debito è il sistema con cui si impone nel mondo moderno la schiavitù”. Come diceva Gyorgy Lukac: “La violenza diventa nel Capitalismo una categoria economica immanente”.
Italia e Grecia. Marcello Foa in una recente intervista sul Blog ha parlato di fallimento della manipolazione mediatica in Grecia. Quale è la tua opnione?
Va detto che l’esperienza greca è un’esperienza altalenante: con alti e bassi. Perché c’è stato un Referendum e subito dopo Tzipras ha buttato a mare il Referendum e si è adeguato cadavericamente ai diktat dell’Europa e della Merkel. Da questo punto di vista il Referendum è stato un fuoco di paglia. Quello che emerge dalla Grecia è che la popolazione sta comprendendo, perché lo sconta quotidianamente sulla propria carne viva, che cosa significa stare nell’Europa dell’Euro, della Troika e della Banca Centrale. Significa che tutte quelle tragedie che il Clero intellettuale, il circo mediatico, dicono realizzarsi solo qualora si esca dall’Euro, stanno invece puntualmente realizzandosi fintanto che si rimane all’interno dell’Euro. Si sta gradualmente formando, cito Gramsci, “Una coscienza di classe europea”, una coscienza oppositiva rispetto all’Unione Europea, che il sistemo mediatico della manipolazione organizzata cercherà in ogni modo di frenare e di rovesciare, ma che alla fine non potrà non emergere e prendere sempre più piede.
Sinistra. A gennaio tu puntavi il dito contro la Sinistra e affermavi “La Sinistra al soldo della finanza”. Che cosa è diventata oggi la sinistra?
La Sinistra ha subito un processo dissolutivo che è ben compendiato da quello che con il mio maestro Costanzo Preve chiamo il Serpentone Metamorfico PCI: PDS, DS, PD. Cioè il transito che porta da nobili figure come Antonio Gramsci, che lottava contro il Capitale, alle figure dell’odierna Sinistra di Cortina d’Ampezzo, che lottano per il Capitale, per l’Unione Europea, per le Banche. Io non esito a sostenere che sto con Gramsci, con Marx e con la lotta per i diritti sociali del lavoro e quindi non con la Sinistra, che ha tradito e rinnegato sia Marx, sia Gramsci. Se la Sinistra smette di interessarti a Marx e a Gramsci occorre pacatamente smettere di interessarti alla Sinistra e continuare nella lotta che fu di Gramsci e di Marx. Una lotta che oggi deve di necessità passare dai due momenti fondamentali della lotta per l’emancipazione sociale e quindi della lotta per la sovranità nazionale democratica contro il mercato transnazionale oligarchico. Ciò che l’Unione Europea ha posto in essere tramite il Colpo di Stato Eurocratico che ha posto in essere la dittatura finanziaria che stiamo oggi scontando quotidianamente.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Questa sera a In Onda con Parenzo e Labate, PEPPEMAO.
Negli ultimi giorni è tornato a far casino e potrebbe di nuovo far perdere consensi al M5S.
E' come per la tela di Penelope.
Ha proposto di espellere gli immigrati mettendosi in concorrenza con Salvini.
Ha dichiarato che bisogna andare al più presto ad elezioni.
Ha dichiarato che la vocazione del M5S non è quella di rimanere all'opposizione in eterno.
Cosa ha in mente PEPPEMAO?
Dal punto di vista mediatico la costruzione della strada siciliana ha avuto un positivo successo, ma governare il kaos di questa società richiede gente preparata al livello di De Gasperi, Einaudi, Togliatti, Parri, Pertini, Amendola.
E io in giro non ne vedo.
Titolo del Corriere della Sera:
IL DIBATTITO NEL M5S
Migranti, Grillo per la linea dura
Negli ultimi giorni è tornato a far casino e potrebbe di nuovo far perdere consensi al M5S.
E' come per la tela di Penelope.
Ha proposto di espellere gli immigrati mettendosi in concorrenza con Salvini.
Ha dichiarato che bisogna andare al più presto ad elezioni.
Ha dichiarato che la vocazione del M5S non è quella di rimanere all'opposizione in eterno.
Cosa ha in mente PEPPEMAO?
Dal punto di vista mediatico la costruzione della strada siciliana ha avuto un positivo successo, ma governare il kaos di questa società richiede gente preparata al livello di De Gasperi, Einaudi, Togliatti, Parri, Pertini, Amendola.
E io in giro non ne vedo.
Titolo del Corriere della Sera:
IL DIBATTITO NEL M5S
Migranti, Grillo per la linea dura
Ultima modifica di camillobenso il 11/08/2015, 19:56, modificato 1 volta in totale.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Prima di un ferragosto all'insegna del kaos, LIBRE pubblica un articolo della storia dell'altro ieri in cui mancano alcune considerazioni.
Mani Pulite, sfasciare l’Italia per venderla ai suoi carnefici
Scritto il 13/8/15 • nella Categoria: segnalazioni
Mani Pulite? Un “golpe” giudiziario per radere al ruolo la Prima Repubblica, corrotta fin che si vuole ma non disposta a demolire la sovranità nazionale. «La vecchia dirigenza Dc-Psi, che per anni, nel bene e nel male, aveva governato l’Italia – scrive Gianni Petrosillo – non avrebbe mai ceduto alle pressioni esterne tese ad ottenere la liquidazione degli asset strategici e patrimoniali del Belpaese, per una sua completa subordinazione a (pre)potenze straniere, in atto di ricollocarsi sullo scacchiere geopolitico dopo l’implosione dell’Unione Sovietica». Tutto ciò «verrà fatto dopo, dai residuati della Prima Repubblica, sospettamente scampati alla mannaia giudiziaria, pur avendo ricoperto ruoli e funzioni di primo piano per una lunga fase, e da nuovi partiti frettolosamente nati sulle macerie di quelli vecchi o appena riverniciati di falso moralismo necessario a mimetizzarsi tra scandali e persecuzioni». Un magistrato come Tiziana Maiolo denunciò le “stranezze” del pool di Milano, «il quale, incredibilmente, insabbiò le indagini sui comunisti e mise i bastoni tra le ruote a quei magistrati che avrebbero voluto fare maggiore chiarezza anche da quella parte».
La stessa Maiolo, scrive Petrosillo su “Conflitti e Strategie”, «riprende la tesi del complotto della Cia nell’affaire Tangentopoli», anche se «non arriva a comprendere come gli americani potessero fidarsi dei comunisti, cresciuti sotto l’ala di Mosca, per raggiungere i loro scopi». Forse alla Maiolo erano sfuggiti «importanti spostamenti di campo che il Pci iniziò ad operare sin dalla fine degli anni ’60 e che diventarono sempre più evidenti con il compromesso storico, le dichiarazioni berlingueriane favorevoli alla Nato e i viaggi d’oltreoceano di Giorgio Napolitano». L’onda lunga del “tradimento” si completerà in seguito alla caduta dell’Urss con la svolta occhettiana della Bolognina, che porterà la “ditta” a cambiare apertamente nome e ragione sociale. «E’ vero che la gioiosa macchina da guerra del Pds s’ingripperà sul più bello, mentre dava l’assalto al potere», ma in effetti anche il complotto meglio pianificato può incontrare un inghippo: in quel caso l’inghippo fu Berlusconi, «catalizzatore del bacino elettorale dei partiti distrutti dai giudici».
Quando il pool di Milano «procedeva come un carro armato e tutti aspettavano che finalmente andasse a colpire anche il Pci-Pds, che andasse a fondo, che facesse una pulizia totale», grande stupore destarono quindi le parole del procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio, che in un’intervista rilasciata al quotidiano “L’Unità” il 26 maggio 1993 annunciò che a grandi linee l’inchiesta su Tangentopoli era finita, dopo aver colpito Dc e Psi e risparmiato il Pci-Pds. Fu lo stesso D’Ambrosio, aggiunge Petrosillo, a battersi per dimostrare che Primo Greganti, il faccendiere del Pci-Pds che aveva prelevato denaro in Svizzera dal “Conto Gabbietta”, «rubava per sé e non per il partito». Un paio di anni dopo, quando il quadro politico era radicalmente cambiato e non esistevano più la Dc né il Psi (ma esisteva ancora l’ex partito di Occhetto), il ministro di giustizia del governo Dini, Filippo Mancuso, avvierà un’ispezione nei confronti del pool di Milano, e la questione Greganti salterà di nuovo fuori. Dov’erano finiti quei soldi? «Nelle casse del Pci-Pds». Ma il pool di Milano cessò di indagare. E a Tiziana Parenti, la giovane magistrata che aveva osato sfidare i vertici della Quercia, l’inchiesta fu tolta.
«Ci sarà un altro magistrato la cui inchiesta sul Pci-Pds si infrangerà su un muro di omertà complici e di “aiutini”», continua Petrosillo. Si tratta del procuratore di Venezia, Carlo Nordio, cui a un certo punto furono trasferiti anche atti provenienti da Milano. «L’interrogatorio di Luigi Carnevale, che chiamava in causa esplicitamente Stefanini, Occhetto e D’Alema, non arrivò mai. Si disse che era stata una “dimenticanza”. E così l’inchiesta di Venezia, come tante altre che si snodarono in tutta Italia, si risolse con le condanne dei pesci piccoli». E che dire di quel miliardo di lire che Raul Gardini, patron di Enimont, avrebbe consegnato a Botteghe Oscure, su cui esistono diverse testimonianze e per il quale Sergio Cusani fu condannato a sei anni di carcere? «Sparito nelle stanze buie della grande federazione del Pci-Pds. Nessun magistrato, né Di Pietro né in seguito i diversi tribunali individuarono in quali mani il denaro fosse finito. Per D’Alema e Occhetto non è mai valso il principio del “non poteva non sapere” o della “responsabilità oggettiva” con cui fu colpito Bettino Craxi. Eppure c’era stato il racconto (indiretto) di Sergio Cusani che aveva riferito di aver consegnato un miliardo nelle mani di Achille Occhetto».
Il tribunale che condannò Cusani scrisse: «Gardini si è recato di persona nella sede del Pci portando con sé 1 miliardo di lire. Il destinatario non era quindi semplicemente una persona, ma quella forza di opposizione che aveva la possibilità di risolvere il grosso problema che assillava Enimont e il fatto così accertato è stato dunque esattamente qualificato come illecito finanziamento di un partito politico». Non si ricordano urla e strepiti del pubblico ministero Antonio Di Pietro (anche se chiederà timidamente di interrogare D’Alema), che dopo quel processo gettò la toga, scrive Petrosillo. Occhetto e D’Alema non furono neppure sentiti e il miliardo passò alla storia come finanziamento illegale “a un partito”. Francesco Misiani, pm romano di sinistra aderente alla corrente più radicale di “Magistratura democratica”, ha spiegato in un libro quale fosse il suo stato d’animo quando scoprì che il Pci-Pds, «lungi dal rappresentare quella “diversità” su cui tanto si era appassionato Enrico Berlinguer, era invece assolutamente omologo (un terzo, un terzo, un terzo) ai partiti di governo e, proprio come aveva denunciato l’inascoltato Craxi, si era sempre finanziato in modo illecito o illegale». Anzi, avendo anche ricevuto finanziamenti dall’Unione Sovietica, come racconterà con franchezza in un altro libro Gianni Cervetti, aveva persino maggiore disponibilità finanziaria.
Un politico di Forza Italia come Giuliano Urbani racconta: «Nel 1994, quando ero ministro del primo governo Berlusconi, fui avvicinato da alcuni professori miei amici, che erano legati alla Cia, i quali mi misero in guardia da Di Pietro, mi suggerirono di diffidare della persona. Mi dissero con certezza che Di Pietro nella costruzione di tangentopoli era stato aiutato dai servizi segreti americani». Secondo i “contatti” di Urbani, il desiderio di vendetta degli Stati Uniti nei confronti di Craxi, Spadolini e Andreotti per i fatti di Sigonella ebbe diversi strumenti operativi, tra cui appunto l’uso di Tonino Di Pietro. «Il quale in effetti arrivò, distrusse e se ne andò. Su mandato dei servizi segreti americani». Il racconto di Urbani, proprio perché proviene da un liberale che arrivò nei palazzi del potere “dopo”, e quindi non aveva nessun motivo di revanchismo nei confronti del Pm di Mani Pulite, sembra convincente: «Quegli amici mi hanno avvicinato per avvertirmi della doppiezza dell’uomo, che era stato protagonista di una pagina oscura. E mi hanno proprio cercato loro, appositamente». Vengono con facilità alla memoria quelle trattative, poi saltate, per far entrare Di Pietro nel governo Berlusconi. E i dubbi aumentano. «Sappiamo come è cominciata, ma non sappiamo perché», osserva Petrosillo. «Perché una colossale retata giudiziaria a strascico abbia rivoluzionato la fisionomia politica del paese».
C’è chi ha sposato la teoria del complotto internazionale, scrive Petrosillo. Sostenuta da molti esponenti governativi prestigiosi della Prima Repubblica (Craxi in primis), questa ipotesi parte dal presupposto che la magistratura fino al 1992 ignorò il finanziamento illecito dei partiti. Poi, con l’arresto di Mario Chiesa, il caso esplose e si trasformò in un “processo al sistema”. «Qualcuno, si dice, aveva interesse ad annientare l’intera classe politica al governo e sostituirla con un’altra. Chi? Perché?». Francesco Cossiga ha fatto parte di coloro che hanno creduto al complotto internazionale. In una delle sue ultime interviste, attribuì alla Cia un ruolo importante sull’inizio di Tangentopoli, così come sulle “disgrazie” di Craxi e Andreotti. In quel periodo alla Casa Bianca c’erano amministrazioni del Partito democratico, «le più interventiste e implacabili». Un altro boss della Prima Repubblica, l’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, sostiene che il “complotto” iniziò proprio nel 1992, la data fatidica di Mani Pulite. In quei giorni il capo della Cia, James Woolsey, spiegò che l’amministrazione Clinton aveva disposto un vero spionaggio industriale, e a Milano sbarcò l’agenzia privata di investigazioni Kroll. Gli Usa raccolsero corposi dossier sul finanziamento illecito. E il capo della Cia fece sapere al suo governo che c’era la possibilità di far scoppiare scandali, se fosse servito.
Nell’analisi di Cirino Pomicino, aggiunge Petrosillo, c’è anche la Gran Bretagna, dove «la Thatcher aveva perso la battaglia sulla moneta unica e gli americani iniziarono una politica aggressiva per difendere il dollaro», oltre che una certa attenzione ai problemi avuti da Chirac in Francia e Kohl in Germania. In quel momento «sarebbe stata scelta l’Italia, come luogo dove far scoppiare lo scandalo». Il punto debole, conclude Petrosillo, è la strategia che gli americani avrebbero avuto sul “dopo”. «Chi assaltò il Palazzo d’inverno, chi prese la Bastiglia aveva un progetto per il giorno dopo la rivoluzione. I servizi segreti americani avevano dunque un accordo con Occhetto? Oppure con quei “poteri forti” che cercavano la discontinuità e che non ameranno mai Berlusconi, trattato sempre come un Maradona, geniaccio arrivato d’improvviso dalle favelas?». La risposta è nei fatti, dal Britannia in poi, col clamoroso precedente del divorzio tra il Tesoro e Bankitalia, quando la banca centrale era retta da Ciampi. Lo ha spiegato molto bene Nino Galloni, consulente di Andreotti alla vigilia del Trattato di Maastricht: l’Italia fu deliberatamente azzoppata, con la complicità delle sue élite tecnocratiche in quota al futuro centrosinistra, per sabotare il sistema produttivo nazionale, come chiedeva la Germania per aderire all’euro e gestire il disegno strategico di indebolimento generale dell’Europa. Il resto è cronaca, e si chiama crisi.
Mani Pulite? Un “golpe” giudiziario per radere al ruolo la Prima Repubblica, corrotta fin che si vuole ma non disposta a demolire la sovranità nazionale. «La vecchia dirigenza Dc-Psi, che per anni, nel bene e nel male, aveva governato l’Italia – scrive Gianni Petrosillo – non avrebbe mai ceduto alle pressioni esterne tese ad ottenere la liquidazione degli asset strategici e patrimoniali del Belpaese, per una sua completa subordinazione a (pre)potenze straniere, in atto di ricollocarsi sullo scacchiere geopolitico dopo l’implosione dell’Unione Sovietica». Tutto ciò «verrà fatto dopo, dai residuati della Prima Repubblica, sospettamente scampati alla mannaia giudiziaria, pur avendo ricoperto ruoli e funzioni di primo piano per una lunga fase, e da nuovi partiti frettolosamente nati sulle macerie di quelli vecchi o appena riverniciati di falso moralismo necessario a mimetizzarsi tra scandali e persecuzioni». Un magistrato come Tiziana Maiolo denunciò le “stranezze” del pool di Milano, «il quale, incredibilmente, insabbiò le indagini sui comunisti e mise i bastoni tra le ruote a quei magistrati che avrebbero voluto fare maggiore chiarezza anche da quella parte».
La stessa Maiolo, scrive Petrosillo su “Conflitti e Strategie”, «riprende la tesi del complotto della Cia nell’affaire Tangentopoli», anche se «non arriva a comprendere come gli americani potessero fidarsi dei comunisti, cresciuti sotto l’ala di Mosca, per Antonio Di Pietroraggiungere i loro scopi». Forse alla Maiolo erano sfuggiti «importanti spostamenti di campo che il Pci iniziò ad operare sin dalla fine degli anni ’60 e che diventarono sempre più evidenti con il compromesso storico, le dichiarazioni berlingueriane favorevoli alla Nato e i viaggi d’oltreoceano di Giorgio Napolitano». L’onda lunga del “tradimento” si completerà in seguito alla caduta dell’Urss con la svolta occhettiana della Bolognina, che porterà la “ditta” a cambiare apertamente nome e ragione sociale. «E’ vero che la gioiosa macchina da guerra del Pds s’ingripperà sul più bello, mentre dava l’assalto al potere», ma in effetti anche il complotto meglio pianificato può incontrare un inghippo: in quel caso l’inghippo fu Berlusconi, «catalizzatore del bacino elettorale dei partiti distrutti dai giudici».
Quando il pool di Milano «procedeva come un carro armato e tutti aspettavano che finalmente andasse a colpire anche il Pci-Pds, che andasse a fondo, che facesse una pulizia totale», grande stupore destarono quindi le parole del procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio, che in un’intervista rilasciata al quotidiano “L’Unità” il 26 maggio 1993 annunciò che a grandi linee l’inchiesta su Tangentopoli era finita, dopo aver colpito Dc e Psi e risparmiato il Pci-Pds. Fu lo stesso D’Ambrosio, aggiunge Petrosillo, a battersi per dimostrare che Primo Greganti, il faccendiere del Pci-Pds che aveva prelevato denaro in Svizzera dal “Conto Gabbietta”, «rubava per sé e non per il partito». Un paio di anni dopo, quando il quadro politico era radicalmente cambiato e non esistevano più la Dc né il Psi (ma esisteva ancora l’ex partito di Occhetto), il ministro di giustizia del governo Dini, Filippo Mancuso, avvierà un’ispezione nei confronti del pool di Milano, e la questione Greganti salterà di nuovo fuori. Primo GregantiDov’erano finiti quei soldi? «Nelle casse del Pci-Pds». Ma il pool di Milano cessò di indagare. E a Tiziana Parenti, la giovane magistrata che aveva osato sfidare i vertici della Quercia, l’inchiesta fu tolta.
«Ci sarà un altro magistrato la cui inchiesta sul Pci-Pds si infrangerà su un muro di omertà complici e di “aiutini”», continua Petrosillo. Si tratta del procuratore di Venezia, Carlo Nordio, cui a un certo punto furono trasferiti anche atti provenienti da Milano. «L’interrogatorio di Luigi Carnevale, che chiamava in causa esplicitamente Stefanini, Occhetto e D’Alema, non arrivò mai. Si disse che era stata una “dimenticanza”. E così l’inchiesta di Venezia, come tante altre che si snodarono in tutta Italia, si risolse con le condanne dei pesci piccoli». E che dire di quel miliardo di lire che Raul Gardini, patron di Enimont, avrebbe consegnato a Botteghe Oscure, su cui esistono diverse testimonianze e per il quale Sergio Cusani fu condannato a sei anni di carcere? «Sparito nelle stanze buie della grande federazione del Pci-Pds. Nessun magistrato, né Di Pietro né in seguito i diversi tribunali individuarono in quali mani il denaro fosse finito. Per D’Alema e Occhetto non è mai valso il principio del “non poteva non sapere” o della “responsabilità oggettiva” con cui fu colpito Bettino Craxi. Eppure c’era stato il racconto (indiretto) di Sergio Cusani che aveva riferito di aver consegnato un miliardo nelle mani di Achille Occhetto».
Il tribunale che condannò Cusani scrisse: «Gardini si è recato di persona nella sede del Pci portando con sé 1 miliardo di lire. Il destinatario non era quindi semplicemente una persona, ma quella forza di opposizione che aveva la possibilità di risolvere il grosso problema che assillava Enimont e il fatto così accertato è stato dunque esattamente qualificato come illecito finanziamento di un partito politico». Non si ricordano urla e strepiti del pubblico ministero Antonio Di Pietro (anche se chiederà timidamente di interrogare D’Alema), che dopo quel processo gettò la toga, scrive Petrosillo. Occhetto e D’Alema non furono neppure sentiti e il miliardo passò alla storia come finanziamento illegale “a un partito”. Francesco Misiani, pm romano di sinistra aderente alla corrente più radicale di “Magistratura democratica”, ha spiegato in un libro quale fosse il suo stato d’animo quando scoprì che il Pci-Pds, «lungi dal rappresentare quella “diversità” su cui tanto si era appassionato Enrico Berlinguer, era invece assolutamente omologo (un terzo, un terzo, un terzo) ai partiti di governo e, proprio come aveva denunciato l’inascoltato Craxi, si era sempre finanziato in modo illecito o illegale». Anzi, avendo anche ricevuto finanziamenti Giuliano Urbanidall’Unione Sovietica, come racconterà con franchezza in un altro libro Gianni Cervetti, aveva persino maggiore disponibilità finanziaria.
Un politico di Forza Italia come Giuliano Urbani racconta: «Nel 1994, quando ero ministro del primo governo Berlusconi, fui avvicinato da alcuni professori miei amici, che erano legati alla Cia, i quali mi misero in guardia da Di Pietro, mi suggerirono di diffidare della persona. Mi dissero con certezza che Di Pietro nella costruzione di tangentopoli era stato aiutato dai servizi segreti americani». Secondo i “contatti” di Urbani, il desiderio di vendetta degli Stati Uniti nei confronti di Craxi, Spadolini e Andreotti per i fatti di Sigonella ebbe diversi strumenti operativi, tra cui appunto l’uso di Tonino Di Pietro. «Il quale in effetti arrivò, distrusse e se ne andò. Su mandato dei servizi segreti americani». Il racconto di Urbani, proprio perché proviene da un liberale che arrivò nei palazzi del potere “dopo”, e quindi non aveva nessun motivo di revanchismo nei confronti del Pm di Mani Pulite, sembra convincente: «Quegli amici mi hanno avvicinato per avvertirmi della doppiezza dell’uomo, che era stato protagonista di una pagina oscura. E mi hanno proprio cercato loro, appositamente». Vengono con facilità alla memoria quelle trattative, poi saltate, per far entrare Di Pietro nel governo Berlusconi. E i dubbi aumentano. «Sappiamo come è cominciata, ma non sappiamo perché», osserva Petrosillo. «Perché una colossale retata giudiziaria a strascico abbia rivoluzionato la fisionomia politica del paese».
C’è chi ha sposato la teoria del complotto internazionale, scrive Petrosillo. Sostenuta da molti esponenti governativi prestigiosi della Prima Repubblica (Craxi in primis), questa ipotesi parte dal presupposto che la magistratura fino al 1992 ignorò il finanziamento illecito dei partiti. Poi, con l’arresto di Mario Chiesa, il caso esplose e si trasformò in un “processo al sistema”. «Qualcuno, si dice, aveva interesse ad annientare l’intera classe politica al governo e sostituirla con un’altra. Chi? Perché?». Francesco Cossiga ha fatto parte di coloro che hanno creduto al complotto internazionale. In una delle sue ultime interviste, attribuì alla Cia un ruolo importante sull’inizio di Tangentopoli, così come sulle “disgrazie” di Craxi e Andreotti. In quel periodo alla Casa Bianca c’erano amministrazioni del Partito democratico, «le più interventiste e implacabili». Un altro boss della Prima Repubblica, l’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, sostiene che il “complotto” iniziò proprio nel 1992, la data fatidica di Mani Pulite. In quei giorni il capo della Cia, James Woolsey, spiegò che l’amministrazione Clinton aveva disposto un vero spionaggio industriale, e a Milano sbarcò l’agenzia privata di investigazioni Kroll. Gli Usa raccolsero corposi James Woosleydossier sul finanziamento illecito. E il capo della Cia fece sapere al suo governo che c’era la possibilità di far scoppiare scandali, se fosse servito.
Nell’analisi di Cirino Pomicino, aggiunge Petrosillo, c’è anche la Gran Bretagna, dove «la Thatcher aveva perso la battaglia sulla moneta unica e gli americani iniziarono una politica aggressiva per difendere il dollaro», oltre che una certa attenzione ai problemi avuti da Chirac in Francia e Kohl in Germania. In quel momento «sarebbe stata scelta l’Italia, come luogo dove far scoppiare lo scandalo». Il punto debole, conclude Petrosillo, è la strategia che gli americani avrebbero avuto sul “dopo”. «Chi assaltò il Palazzo d’inverno, chi prese la Bastiglia aveva un progetto per il giorno dopo la rivoluzione. I servizi segreti americani avevano dunque un accordo con Occhetto? Oppure con quei “poteri forti” che cercavano la discontinuità e che non ameranno mai Berlusconi, trattato sempre come un Maradona, geniaccio arrivato d’improvviso dalle favelas?». La risposta è nei fatti, dal Britannia in poi, col clamoroso precedente del divorzio tra il Tesoro e Bankitalia, quando la banca centrale era retta da Ciampi. Lo ha spiegato molto bene Nino Galloni, consulente di Andreotti alla vigilia del Trattato di Maastricht: l’Italia fu deliberatamente azzoppata, con la complicità delle sue élite tecnocratiche in quota al futuro centrosinistra, per sabotare il sistema produttivo nazionale, come chiedeva la Germania per aderire all’euro e gestire il disegno strategico di indebolimento generale dell’Europa. Il resto è cronaca, e si chiama crisi.
Mani Pulite, sfasciare l’Italia per venderla ai suoi carnefici
Scritto il 13/8/15 • nella Categoria: segnalazioni
Mani Pulite? Un “golpe” giudiziario per radere al ruolo la Prima Repubblica, corrotta fin che si vuole ma non disposta a demolire la sovranità nazionale. «La vecchia dirigenza Dc-Psi, che per anni, nel bene e nel male, aveva governato l’Italia – scrive Gianni Petrosillo – non avrebbe mai ceduto alle pressioni esterne tese ad ottenere la liquidazione degli asset strategici e patrimoniali del Belpaese, per una sua completa subordinazione a (pre)potenze straniere, in atto di ricollocarsi sullo scacchiere geopolitico dopo l’implosione dell’Unione Sovietica». Tutto ciò «verrà fatto dopo, dai residuati della Prima Repubblica, sospettamente scampati alla mannaia giudiziaria, pur avendo ricoperto ruoli e funzioni di primo piano per una lunga fase, e da nuovi partiti frettolosamente nati sulle macerie di quelli vecchi o appena riverniciati di falso moralismo necessario a mimetizzarsi tra scandali e persecuzioni». Un magistrato come Tiziana Maiolo denunciò le “stranezze” del pool di Milano, «il quale, incredibilmente, insabbiò le indagini sui comunisti e mise i bastoni tra le ruote a quei magistrati che avrebbero voluto fare maggiore chiarezza anche da quella parte».
La stessa Maiolo, scrive Petrosillo su “Conflitti e Strategie”, «riprende la tesi del complotto della Cia nell’affaire Tangentopoli», anche se «non arriva a comprendere come gli americani potessero fidarsi dei comunisti, cresciuti sotto l’ala di Mosca, per raggiungere i loro scopi». Forse alla Maiolo erano sfuggiti «importanti spostamenti di campo che il Pci iniziò ad operare sin dalla fine degli anni ’60 e che diventarono sempre più evidenti con il compromesso storico, le dichiarazioni berlingueriane favorevoli alla Nato e i viaggi d’oltreoceano di Giorgio Napolitano». L’onda lunga del “tradimento” si completerà in seguito alla caduta dell’Urss con la svolta occhettiana della Bolognina, che porterà la “ditta” a cambiare apertamente nome e ragione sociale. «E’ vero che la gioiosa macchina da guerra del Pds s’ingripperà sul più bello, mentre dava l’assalto al potere», ma in effetti anche il complotto meglio pianificato può incontrare un inghippo: in quel caso l’inghippo fu Berlusconi, «catalizzatore del bacino elettorale dei partiti distrutti dai giudici».
Quando il pool di Milano «procedeva come un carro armato e tutti aspettavano che finalmente andasse a colpire anche il Pci-Pds, che andasse a fondo, che facesse una pulizia totale», grande stupore destarono quindi le parole del procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio, che in un’intervista rilasciata al quotidiano “L’Unità” il 26 maggio 1993 annunciò che a grandi linee l’inchiesta su Tangentopoli era finita, dopo aver colpito Dc e Psi e risparmiato il Pci-Pds. Fu lo stesso D’Ambrosio, aggiunge Petrosillo, a battersi per dimostrare che Primo Greganti, il faccendiere del Pci-Pds che aveva prelevato denaro in Svizzera dal “Conto Gabbietta”, «rubava per sé e non per il partito». Un paio di anni dopo, quando il quadro politico era radicalmente cambiato e non esistevano più la Dc né il Psi (ma esisteva ancora l’ex partito di Occhetto), il ministro di giustizia del governo Dini, Filippo Mancuso, avvierà un’ispezione nei confronti del pool di Milano, e la questione Greganti salterà di nuovo fuori. Dov’erano finiti quei soldi? «Nelle casse del Pci-Pds». Ma il pool di Milano cessò di indagare. E a Tiziana Parenti, la giovane magistrata che aveva osato sfidare i vertici della Quercia, l’inchiesta fu tolta.
«Ci sarà un altro magistrato la cui inchiesta sul Pci-Pds si infrangerà su un muro di omertà complici e di “aiutini”», continua Petrosillo. Si tratta del procuratore di Venezia, Carlo Nordio, cui a un certo punto furono trasferiti anche atti provenienti da Milano. «L’interrogatorio di Luigi Carnevale, che chiamava in causa esplicitamente Stefanini, Occhetto e D’Alema, non arrivò mai. Si disse che era stata una “dimenticanza”. E così l’inchiesta di Venezia, come tante altre che si snodarono in tutta Italia, si risolse con le condanne dei pesci piccoli». E che dire di quel miliardo di lire che Raul Gardini, patron di Enimont, avrebbe consegnato a Botteghe Oscure, su cui esistono diverse testimonianze e per il quale Sergio Cusani fu condannato a sei anni di carcere? «Sparito nelle stanze buie della grande federazione del Pci-Pds. Nessun magistrato, né Di Pietro né in seguito i diversi tribunali individuarono in quali mani il denaro fosse finito. Per D’Alema e Occhetto non è mai valso il principio del “non poteva non sapere” o della “responsabilità oggettiva” con cui fu colpito Bettino Craxi. Eppure c’era stato il racconto (indiretto) di Sergio Cusani che aveva riferito di aver consegnato un miliardo nelle mani di Achille Occhetto».
Il tribunale che condannò Cusani scrisse: «Gardini si è recato di persona nella sede del Pci portando con sé 1 miliardo di lire. Il destinatario non era quindi semplicemente una persona, ma quella forza di opposizione che aveva la possibilità di risolvere il grosso problema che assillava Enimont e il fatto così accertato è stato dunque esattamente qualificato come illecito finanziamento di un partito politico». Non si ricordano urla e strepiti del pubblico ministero Antonio Di Pietro (anche se chiederà timidamente di interrogare D’Alema), che dopo quel processo gettò la toga, scrive Petrosillo. Occhetto e D’Alema non furono neppure sentiti e il miliardo passò alla storia come finanziamento illegale “a un partito”. Francesco Misiani, pm romano di sinistra aderente alla corrente più radicale di “Magistratura democratica”, ha spiegato in un libro quale fosse il suo stato d’animo quando scoprì che il Pci-Pds, «lungi dal rappresentare quella “diversità” su cui tanto si era appassionato Enrico Berlinguer, era invece assolutamente omologo (un terzo, un terzo, un terzo) ai partiti di governo e, proprio come aveva denunciato l’inascoltato Craxi, si era sempre finanziato in modo illecito o illegale». Anzi, avendo anche ricevuto finanziamenti dall’Unione Sovietica, come racconterà con franchezza in un altro libro Gianni Cervetti, aveva persino maggiore disponibilità finanziaria.
Un politico di Forza Italia come Giuliano Urbani racconta: «Nel 1994, quando ero ministro del primo governo Berlusconi, fui avvicinato da alcuni professori miei amici, che erano legati alla Cia, i quali mi misero in guardia da Di Pietro, mi suggerirono di diffidare della persona. Mi dissero con certezza che Di Pietro nella costruzione di tangentopoli era stato aiutato dai servizi segreti americani». Secondo i “contatti” di Urbani, il desiderio di vendetta degli Stati Uniti nei confronti di Craxi, Spadolini e Andreotti per i fatti di Sigonella ebbe diversi strumenti operativi, tra cui appunto l’uso di Tonino Di Pietro. «Il quale in effetti arrivò, distrusse e se ne andò. Su mandato dei servizi segreti americani». Il racconto di Urbani, proprio perché proviene da un liberale che arrivò nei palazzi del potere “dopo”, e quindi non aveva nessun motivo di revanchismo nei confronti del Pm di Mani Pulite, sembra convincente: «Quegli amici mi hanno avvicinato per avvertirmi della doppiezza dell’uomo, che era stato protagonista di una pagina oscura. E mi hanno proprio cercato loro, appositamente». Vengono con facilità alla memoria quelle trattative, poi saltate, per far entrare Di Pietro nel governo Berlusconi. E i dubbi aumentano. «Sappiamo come è cominciata, ma non sappiamo perché», osserva Petrosillo. «Perché una colossale retata giudiziaria a strascico abbia rivoluzionato la fisionomia politica del paese».
C’è chi ha sposato la teoria del complotto internazionale, scrive Petrosillo. Sostenuta da molti esponenti governativi prestigiosi della Prima Repubblica (Craxi in primis), questa ipotesi parte dal presupposto che la magistratura fino al 1992 ignorò il finanziamento illecito dei partiti. Poi, con l’arresto di Mario Chiesa, il caso esplose e si trasformò in un “processo al sistema”. «Qualcuno, si dice, aveva interesse ad annientare l’intera classe politica al governo e sostituirla con un’altra. Chi? Perché?». Francesco Cossiga ha fatto parte di coloro che hanno creduto al complotto internazionale. In una delle sue ultime interviste, attribuì alla Cia un ruolo importante sull’inizio di Tangentopoli, così come sulle “disgrazie” di Craxi e Andreotti. In quel periodo alla Casa Bianca c’erano amministrazioni del Partito democratico, «le più interventiste e implacabili». Un altro boss della Prima Repubblica, l’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, sostiene che il “complotto” iniziò proprio nel 1992, la data fatidica di Mani Pulite. In quei giorni il capo della Cia, James Woolsey, spiegò che l’amministrazione Clinton aveva disposto un vero spionaggio industriale, e a Milano sbarcò l’agenzia privata di investigazioni Kroll. Gli Usa raccolsero corposi dossier sul finanziamento illecito. E il capo della Cia fece sapere al suo governo che c’era la possibilità di far scoppiare scandali, se fosse servito.
Nell’analisi di Cirino Pomicino, aggiunge Petrosillo, c’è anche la Gran Bretagna, dove «la Thatcher aveva perso la battaglia sulla moneta unica e gli americani iniziarono una politica aggressiva per difendere il dollaro», oltre che una certa attenzione ai problemi avuti da Chirac in Francia e Kohl in Germania. In quel momento «sarebbe stata scelta l’Italia, come luogo dove far scoppiare lo scandalo». Il punto debole, conclude Petrosillo, è la strategia che gli americani avrebbero avuto sul “dopo”. «Chi assaltò il Palazzo d’inverno, chi prese la Bastiglia aveva un progetto per il giorno dopo la rivoluzione. I servizi segreti americani avevano dunque un accordo con Occhetto? Oppure con quei “poteri forti” che cercavano la discontinuità e che non ameranno mai Berlusconi, trattato sempre come un Maradona, geniaccio arrivato d’improvviso dalle favelas?». La risposta è nei fatti, dal Britannia in poi, col clamoroso precedente del divorzio tra il Tesoro e Bankitalia, quando la banca centrale era retta da Ciampi. Lo ha spiegato molto bene Nino Galloni, consulente di Andreotti alla vigilia del Trattato di Maastricht: l’Italia fu deliberatamente azzoppata, con la complicità delle sue élite tecnocratiche in quota al futuro centrosinistra, per sabotare il sistema produttivo nazionale, come chiedeva la Germania per aderire all’euro e gestire il disegno strategico di indebolimento generale dell’Europa. Il resto è cronaca, e si chiama crisi.
Mani Pulite? Un “golpe” giudiziario per radere al ruolo la Prima Repubblica, corrotta fin che si vuole ma non disposta a demolire la sovranità nazionale. «La vecchia dirigenza Dc-Psi, che per anni, nel bene e nel male, aveva governato l’Italia – scrive Gianni Petrosillo – non avrebbe mai ceduto alle pressioni esterne tese ad ottenere la liquidazione degli asset strategici e patrimoniali del Belpaese, per una sua completa subordinazione a (pre)potenze straniere, in atto di ricollocarsi sullo scacchiere geopolitico dopo l’implosione dell’Unione Sovietica». Tutto ciò «verrà fatto dopo, dai residuati della Prima Repubblica, sospettamente scampati alla mannaia giudiziaria, pur avendo ricoperto ruoli e funzioni di primo piano per una lunga fase, e da nuovi partiti frettolosamente nati sulle macerie di quelli vecchi o appena riverniciati di falso moralismo necessario a mimetizzarsi tra scandali e persecuzioni». Un magistrato come Tiziana Maiolo denunciò le “stranezze” del pool di Milano, «il quale, incredibilmente, insabbiò le indagini sui comunisti e mise i bastoni tra le ruote a quei magistrati che avrebbero voluto fare maggiore chiarezza anche da quella parte».
La stessa Maiolo, scrive Petrosillo su “Conflitti e Strategie”, «riprende la tesi del complotto della Cia nell’affaire Tangentopoli», anche se «non arriva a comprendere come gli americani potessero fidarsi dei comunisti, cresciuti sotto l’ala di Mosca, per Antonio Di Pietroraggiungere i loro scopi». Forse alla Maiolo erano sfuggiti «importanti spostamenti di campo che il Pci iniziò ad operare sin dalla fine degli anni ’60 e che diventarono sempre più evidenti con il compromesso storico, le dichiarazioni berlingueriane favorevoli alla Nato e i viaggi d’oltreoceano di Giorgio Napolitano». L’onda lunga del “tradimento” si completerà in seguito alla caduta dell’Urss con la svolta occhettiana della Bolognina, che porterà la “ditta” a cambiare apertamente nome e ragione sociale. «E’ vero che la gioiosa macchina da guerra del Pds s’ingripperà sul più bello, mentre dava l’assalto al potere», ma in effetti anche il complotto meglio pianificato può incontrare un inghippo: in quel caso l’inghippo fu Berlusconi, «catalizzatore del bacino elettorale dei partiti distrutti dai giudici».
Quando il pool di Milano «procedeva come un carro armato e tutti aspettavano che finalmente andasse a colpire anche il Pci-Pds, che andasse a fondo, che facesse una pulizia totale», grande stupore destarono quindi le parole del procuratore aggiunto Gerardo D’Ambrosio, che in un’intervista rilasciata al quotidiano “L’Unità” il 26 maggio 1993 annunciò che a grandi linee l’inchiesta su Tangentopoli era finita, dopo aver colpito Dc e Psi e risparmiato il Pci-Pds. Fu lo stesso D’Ambrosio, aggiunge Petrosillo, a battersi per dimostrare che Primo Greganti, il faccendiere del Pci-Pds che aveva prelevato denaro in Svizzera dal “Conto Gabbietta”, «rubava per sé e non per il partito». Un paio di anni dopo, quando il quadro politico era radicalmente cambiato e non esistevano più la Dc né il Psi (ma esisteva ancora l’ex partito di Occhetto), il ministro di giustizia del governo Dini, Filippo Mancuso, avvierà un’ispezione nei confronti del pool di Milano, e la questione Greganti salterà di nuovo fuori. Primo GregantiDov’erano finiti quei soldi? «Nelle casse del Pci-Pds». Ma il pool di Milano cessò di indagare. E a Tiziana Parenti, la giovane magistrata che aveva osato sfidare i vertici della Quercia, l’inchiesta fu tolta.
«Ci sarà un altro magistrato la cui inchiesta sul Pci-Pds si infrangerà su un muro di omertà complici e di “aiutini”», continua Petrosillo. Si tratta del procuratore di Venezia, Carlo Nordio, cui a un certo punto furono trasferiti anche atti provenienti da Milano. «L’interrogatorio di Luigi Carnevale, che chiamava in causa esplicitamente Stefanini, Occhetto e D’Alema, non arrivò mai. Si disse che era stata una “dimenticanza”. E così l’inchiesta di Venezia, come tante altre che si snodarono in tutta Italia, si risolse con le condanne dei pesci piccoli». E che dire di quel miliardo di lire che Raul Gardini, patron di Enimont, avrebbe consegnato a Botteghe Oscure, su cui esistono diverse testimonianze e per il quale Sergio Cusani fu condannato a sei anni di carcere? «Sparito nelle stanze buie della grande federazione del Pci-Pds. Nessun magistrato, né Di Pietro né in seguito i diversi tribunali individuarono in quali mani il denaro fosse finito. Per D’Alema e Occhetto non è mai valso il principio del “non poteva non sapere” o della “responsabilità oggettiva” con cui fu colpito Bettino Craxi. Eppure c’era stato il racconto (indiretto) di Sergio Cusani che aveva riferito di aver consegnato un miliardo nelle mani di Achille Occhetto».
Il tribunale che condannò Cusani scrisse: «Gardini si è recato di persona nella sede del Pci portando con sé 1 miliardo di lire. Il destinatario non era quindi semplicemente una persona, ma quella forza di opposizione che aveva la possibilità di risolvere il grosso problema che assillava Enimont e il fatto così accertato è stato dunque esattamente qualificato come illecito finanziamento di un partito politico». Non si ricordano urla e strepiti del pubblico ministero Antonio Di Pietro (anche se chiederà timidamente di interrogare D’Alema), che dopo quel processo gettò la toga, scrive Petrosillo. Occhetto e D’Alema non furono neppure sentiti e il miliardo passò alla storia come finanziamento illegale “a un partito”. Francesco Misiani, pm romano di sinistra aderente alla corrente più radicale di “Magistratura democratica”, ha spiegato in un libro quale fosse il suo stato d’animo quando scoprì che il Pci-Pds, «lungi dal rappresentare quella “diversità” su cui tanto si era appassionato Enrico Berlinguer, era invece assolutamente omologo (un terzo, un terzo, un terzo) ai partiti di governo e, proprio come aveva denunciato l’inascoltato Craxi, si era sempre finanziato in modo illecito o illegale». Anzi, avendo anche ricevuto finanziamenti Giuliano Urbanidall’Unione Sovietica, come racconterà con franchezza in un altro libro Gianni Cervetti, aveva persino maggiore disponibilità finanziaria.
Un politico di Forza Italia come Giuliano Urbani racconta: «Nel 1994, quando ero ministro del primo governo Berlusconi, fui avvicinato da alcuni professori miei amici, che erano legati alla Cia, i quali mi misero in guardia da Di Pietro, mi suggerirono di diffidare della persona. Mi dissero con certezza che Di Pietro nella costruzione di tangentopoli era stato aiutato dai servizi segreti americani». Secondo i “contatti” di Urbani, il desiderio di vendetta degli Stati Uniti nei confronti di Craxi, Spadolini e Andreotti per i fatti di Sigonella ebbe diversi strumenti operativi, tra cui appunto l’uso di Tonino Di Pietro. «Il quale in effetti arrivò, distrusse e se ne andò. Su mandato dei servizi segreti americani». Il racconto di Urbani, proprio perché proviene da un liberale che arrivò nei palazzi del potere “dopo”, e quindi non aveva nessun motivo di revanchismo nei confronti del Pm di Mani Pulite, sembra convincente: «Quegli amici mi hanno avvicinato per avvertirmi della doppiezza dell’uomo, che era stato protagonista di una pagina oscura. E mi hanno proprio cercato loro, appositamente». Vengono con facilità alla memoria quelle trattative, poi saltate, per far entrare Di Pietro nel governo Berlusconi. E i dubbi aumentano. «Sappiamo come è cominciata, ma non sappiamo perché», osserva Petrosillo. «Perché una colossale retata giudiziaria a strascico abbia rivoluzionato la fisionomia politica del paese».
C’è chi ha sposato la teoria del complotto internazionale, scrive Petrosillo. Sostenuta da molti esponenti governativi prestigiosi della Prima Repubblica (Craxi in primis), questa ipotesi parte dal presupposto che la magistratura fino al 1992 ignorò il finanziamento illecito dei partiti. Poi, con l’arresto di Mario Chiesa, il caso esplose e si trasformò in un “processo al sistema”. «Qualcuno, si dice, aveva interesse ad annientare l’intera classe politica al governo e sostituirla con un’altra. Chi? Perché?». Francesco Cossiga ha fatto parte di coloro che hanno creduto al complotto internazionale. In una delle sue ultime interviste, attribuì alla Cia un ruolo importante sull’inizio di Tangentopoli, così come sulle “disgrazie” di Craxi e Andreotti. In quel periodo alla Casa Bianca c’erano amministrazioni del Partito democratico, «le più interventiste e implacabili». Un altro boss della Prima Repubblica, l’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, sostiene che il “complotto” iniziò proprio nel 1992, la data fatidica di Mani Pulite. In quei giorni il capo della Cia, James Woolsey, spiegò che l’amministrazione Clinton aveva disposto un vero spionaggio industriale, e a Milano sbarcò l’agenzia privata di investigazioni Kroll. Gli Usa raccolsero corposi James Woosleydossier sul finanziamento illecito. E il capo della Cia fece sapere al suo governo che c’era la possibilità di far scoppiare scandali, se fosse servito.
Nell’analisi di Cirino Pomicino, aggiunge Petrosillo, c’è anche la Gran Bretagna, dove «la Thatcher aveva perso la battaglia sulla moneta unica e gli americani iniziarono una politica aggressiva per difendere il dollaro», oltre che una certa attenzione ai problemi avuti da Chirac in Francia e Kohl in Germania. In quel momento «sarebbe stata scelta l’Italia, come luogo dove far scoppiare lo scandalo». Il punto debole, conclude Petrosillo, è la strategia che gli americani avrebbero avuto sul “dopo”. «Chi assaltò il Palazzo d’inverno, chi prese la Bastiglia aveva un progetto per il giorno dopo la rivoluzione. I servizi segreti americani avevano dunque un accordo con Occhetto? Oppure con quei “poteri forti” che cercavano la discontinuità e che non ameranno mai Berlusconi, trattato sempre come un Maradona, geniaccio arrivato d’improvviso dalle favelas?». La risposta è nei fatti, dal Britannia in poi, col clamoroso precedente del divorzio tra il Tesoro e Bankitalia, quando la banca centrale era retta da Ciampi. Lo ha spiegato molto bene Nino Galloni, consulente di Andreotti alla vigilia del Trattato di Maastricht: l’Italia fu deliberatamente azzoppata, con la complicità delle sue élite tecnocratiche in quota al futuro centrosinistra, per sabotare il sistema produttivo nazionale, come chiedeva la Germania per aderire all’euro e gestire il disegno strategico di indebolimento generale dell’Europa. Il resto è cronaca, e si chiama crisi.
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- Iscritto il: 19/04/2012, 12:04
Re: Diario della caduta di un regime.
La teoria del complotto è sempre stata presente e non posso ne approvarla ne confutarla non avendo in mano elementi sufficienti e probanti per dare un giudizio.
L'unica cosa che ho visto è che nei 23 anni seguenti il 1992 molti avvenimenti in Italia e nel resto del mondo hanno seguito una strada tracciata sicuramente da "poteri molto forti trasversali e transnazionali" che ne hanno tratto guadagni vertiginosi.
Siamo arrivati oggi al punto di dover considerare il mondo ante caduta del Muro meno diseguale e pericoloso di quello odierno.
In alcuni paesi ex Patto di Varsavia la nostalgia della società passata cresce insieme alle diseguaglianze sociali, nei paesi occidentali la perdita continua di diritti e la crescita della diseguaglianza sociale sta minando sempre più la coesione sociale. Globalmente i pericoli di guerra anche globale crescono (vedasi manovre militari NATO e Russe in atto) e dal 1989 ad oggi molte zone sono state interessate da guerre più o meno estese.
Il commercio globale e lo sviluppo tecnologico nel mondo del lavoro (diminuzione dei posti di lavoro per la robotizzazione e informatizzazione) invece di arricchire di più tutti e spartire le ricchezze ha portato i ricchi a diventare iper ricchi e ha impoverito quella classe media che era stata il volano della crescita dal 1945 al 1989 ponendo le basi per la speculazione finanziaria fine a se stessa che alimenta le bolle e le crisi periodiche che ormai stanno diventando croniche, e spingendo il mondo verso una nuova condizione di schiavitù dovuta al crescere del debito e alla precarietà assoluta del lavoro.
Erano questi gli obiettivi dei cospiratori o tutto è avvenuto solo come logica conseguenza di scelte politiche azzardate?
Il problema vero è come uscirne senza avere le ossa rotte.
L'unica cosa che ho visto è che nei 23 anni seguenti il 1992 molti avvenimenti in Italia e nel resto del mondo hanno seguito una strada tracciata sicuramente da "poteri molto forti trasversali e transnazionali" che ne hanno tratto guadagni vertiginosi.
Siamo arrivati oggi al punto di dover considerare il mondo ante caduta del Muro meno diseguale e pericoloso di quello odierno.
In alcuni paesi ex Patto di Varsavia la nostalgia della società passata cresce insieme alle diseguaglianze sociali, nei paesi occidentali la perdita continua di diritti e la crescita della diseguaglianza sociale sta minando sempre più la coesione sociale. Globalmente i pericoli di guerra anche globale crescono (vedasi manovre militari NATO e Russe in atto) e dal 1989 ad oggi molte zone sono state interessate da guerre più o meno estese.
Il commercio globale e lo sviluppo tecnologico nel mondo del lavoro (diminuzione dei posti di lavoro per la robotizzazione e informatizzazione) invece di arricchire di più tutti e spartire le ricchezze ha portato i ricchi a diventare iper ricchi e ha impoverito quella classe media che era stata il volano della crescita dal 1945 al 1989 ponendo le basi per la speculazione finanziaria fine a se stessa che alimenta le bolle e le crisi periodiche che ormai stanno diventando croniche, e spingendo il mondo verso una nuova condizione di schiavitù dovuta al crescere del debito e alla precarietà assoluta del lavoro.
Erano questi gli obiettivi dei cospiratori o tutto è avvenuto solo come logica conseguenza di scelte politiche azzardate?
Il problema vero è come uscirne senza avere le ossa rotte.
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