Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Amadeus ha scritto:http://www.iprmarketing.it/sites/defaul ... 020913.pdf

no ziello, grillo perde .

dal 25,5 delle politiche al 19,5 di oggi.


Come e segnalato in altro 3D un'ora e mezzo fa, il M5S sta appunto al 19,5 %, una posizione confermata da Swg il 30 agosto scorso.

20,1 %

Da 50 giorni il M5S è stabile intorno al 20 % (Era sceso al 17,4 %)


Le valutazioni vanno fatte all'oggi, oramai il 26 febbraio è lontano.

Anche perché allora il Pdl stava al 21,56 % e oggi è al 27,9 % il primo partito d'Italia.
peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da peanuts »

http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... ref=HREA-1

Sarà contento brunettolo

CIALTRONI!
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Fronti di guerra - 5
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Il quarto fronte
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Lo diceva Neruda che di giorno si suda,......ma la notte no....


Il quarto fronte era rappresentato in modo prevalente fino a sabato scorso, dalla lotta di potere tutta interna al Pd.

Ma poi è cambiato tutto all'improvviso.

La Repubblica di stamani fornisce questo nuovo quadro. Con un piccolo errore, a mio avviso, perché Fioroni è stato posizionato con Civati mentre da ieri può essere considerato in avvicinamento a Renzi.


Pd, un terremoto scuote le correnti gli ex pci non controllano più la “ditta”

(Giovanna Casadio).

03/09/2013 di triskel182


Immagine


Bersani verso il sostegno a Cuperlo. Marini rompe con Areadem
Il caso.

ROMA— Per capire lo choc in casa democratica, bisogna andare indietro di quattro anni, quando Dario Franceschini tifava per Lapo Pistelli a Palazzo Vecchio e invece il “rottamatore” Renzi – allora senza ambizioni di leader nazionale – vinse a man bassa e diventò sindaco di Firenze.

E chi l’avrebbe detto che il cattolicodemocratico Franceschini avrebbe proprio lui aperto la breccia renziana alla scalata del Pd?

È uno scossone, qualcuno parla di terremoto.


Non solo perché scompagina le correnti del partito e rompe una maggioranza interna bersanian- franceschiniana-lettiana consolidata, ma soprattutto perché, per la prima volta, gli ex comunisti rischiano di perdere il controllo della “ditta”.

Renzi, il cattolico ex Margherita, è super favorito.

A contendergli la segreteria per ora sono in tre – il dalemiano Gianni Cuperlo, l’outsider Pippo Civati, Gianni Pitella – che messi insieme, dice Beppe Fioroni, non fanno il 20% di consensi.

A restarci male, anzi malissimo, è Pierluigi Bersani.

Ancora davanti ai primi lanci di agenzia, il bersaniano Nico Stumpo nicchiava: «Vediamo, non dice proprio che appoggia…».

Il punto è che dopo la sfida delle primarie del 2009 (in cui Bersani batté Franceschini e diventò segretario), i due, entrambi emiliani, si erano presi bene.

In nome della mescolanza delle culture di provenienza – comunista l’uno, democristiano l’altro – hanno costruito un buon tratto di Pd.

Insieme con Enrico Letta.

Il premier è stato informato dell’endorsement che l’amico ministro stava per compiere. Pare abbia dato il placet e i lettiani, pur restando per ora alla finestra come il loro presidente del Consiglio, si adegueranno.

Ovvio che poi nulla è pacifico come lo si racconta.

Basta zoomare sulla stessa corrente di Franceschini, Areadem, per trovare uno sfarinamento.

Franco Marini, storico leader dei Popolari, che in Franceschini ha avuto il suo pupillo, è poco convinto. Renzi ha offeso Marini (e non l’ha votato per il Quirinale) e Marini ha picchiato duro contro Renzi.

Avvisaglie di avvicinamento comunque c’erano.

Antonello Giacomelli, franceschiniano, una settimana fa aveva annunciato di appoggiare il renziano Dario Parrini per la segreteria toscana del partito.

Ma nel rimescolamento delle carte a perdere pezzi sono i bersaniani.

Bersani ha cercato un candidato anti Renzi che raccogliesse un’ampia maggioranza interna.

Non lo ha trovato e ora, se non vuole rimanere isolato, darà i suoi voti a Cuperlo.

Fino a qualche settimana fa, i bersaniani avevano tentato di convincere Cuperlo a fare un passo indietro; avevano anche saggiato l’ipotesi di gettare nella corsa Stefano Fassina; avevano ipotizzato la candidatura di Letta prevedendo una fine imminente della legislatura.

Una costola bersaniana, guidata dal segretario emiliano Bonaccini, è diventata renziana. Cuperlo, che ha in D’Alema e nei “giovani turchi” i suoi sponsor, corteggia da tempo Bersani.

La sinistra ex Pds-Ds si ricostituirebbe in una minoranza.

Ma quanto è contento Renzi dell’abbraccio dei big?

Molto poco: «Non mi imprigioneranno…», ha ripetuto.

Il “rottamatore” sa che la sua forza sta nella lontananza dalla nomenklatura, e tuttavia se vuole guidare il partito ha bisogno di alleanze.

Da tempo i renziani denunciano il pericolo che «tanti nel Pd per opportunismo vogliano salire sul carro di Matteo».

Dario Nardella avverte: «Non è che oltre la rottamazione c’è il riciclaggio, Matteo non farà mai accordi, patti alla vecchia maniera ». E’ a un Pd federale che Renzi pensa.

Infine c’è Rosy Bindi, che oggi scioglierà la riserva e indicherà il suo candidato alla segreteria.

Fioroni parla di «candidato unico, se Renzi ha l’80% non ce ne sono altri…». Però un abbraccio tra Fioroni e Renzi è assai complicato, e Fioroni sarebbe sul punto di passare dall’altra parte, con i profughi del Pdl e i centristi, quando lo scacchiere politico si sarà del tutto scompaginato.

Cautela di Alessandra Moretti e del gruppo dei “non allineati”. Ironie del “turco” Orfini («Rivoluzione Renzi con Franceschini, Fassino, Fioroni, Veltroni, Bettini… bel congresso»); impegno di Civati: «Contrasterò le larghe intese dc-Renzii».

Da La Repubblica del 03/09/2013.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Corriere 3.9.13

Sorpresa, postcomunisti addio
Il Pd si scopre democristiano

di Paolo Franchi

Se e quando Matteo Renzi ed Enrico Letta si affronteranno apertamente per la guida del Pd e (elettori permettendo) del Paese non è dato sapere. Sul fatto che il campo degli aspiranti cavalli di razza del Pd ormai lo occupino loro, invece, molti dubbi non ce ne sono. Sì, cavalli di razza, proprio come mezzo secolo fa, nel lessico democristiano d'epoca, furono definiti, si parva licet, Amintore Fanfani e Aldo Moro. Perché possiamo anche classificarli genericamente come postdemocristiani (siamo tutti post qualcosa), ma resta il fatto che entrambi nel movimento giovanile dell'ultima Dc, e poi nel Partito popolare, hanno mosso i primi passi e si sono formati. E non nascondono né, tanto meno, rinnegano le loro origini. Anzi. Cronisti frettolosi scomodano, per ricostruirne gli alberi genealogici, Giorgio La Pira e Beniamino Andreatta. Non ce ne sarebbe bisogno. Assai lontani per carattere, cultura, stile comunicativo, e prima ancora per concezione della politica, Renzi e Letta a modo loro incarnano, o per meglio dire reincarnano, due anime assai diverse, ma non per questo irrimediabilmente antagonistiche, di una storia che all'antagonismo ha sempre preferito la conciliazione, magari in extremis, anche tra gli opposti. La storia
di un partito e di un mondo nei quali, fin quando è stato materialmente possibile, le divisioni politiche e personali più aspre e le mediazioni più sofisticate hanno convissuto e si sono inestricabilmente intrecciate. Lasciando sempre con un palmo di naso
chi scommetteva (a sinistra e non solo) sull'insanabilità delle contraddizioni democristiane, e sulla fine imminente dell'unità della Dc.
Il duello (nemmeno troppo a distanza) tra Renzi e Letta basta, o dovrebbe bastare, a dimostrare che politici e commentatori a diverso titolo «nuovisti», trattando in questi ultimi vent'anni la tradizione politica e culturale dei cattolici democratici come un cane morto, hanno preso un colossale abbaglio. Ma la tenuta e la vivacità di questa tradizione, la capacità dei suoi esponenti di ritrovarsi nei momenti che contano (proprio ieri Dario Franceschini ha annunciato il suo voto per Renzi), nonché l'indiscutibile appeal dei contendenti non spiegano davvero tutto. Di mezzo, colossale, c'è la questione della sinistra italiana. O meglio di quel che resta di quella parte (maggioritaria) dei dirigenti, dei militanti e degli elettori fedeli del vecchio Pci che, traversate le stazioni del Pds e dei Ds, ha dato vita da socia fondatrice e da azionista di maggioranza al Pd. Prima o poi bisognerà pure raccontare nei dettagli questa storia. Qui, è sufficiente ricordarne l'esito, a lungo ritardato, a dir poco infausto.
I postcomunisti, che, secondo l'interpretazione più diffusa a destra, nel Pd la avrebbero fatta da padroni, lasciando agli altri soci, postdemocristiani in testa, il ruolo degli indipendenti di sinistra del tempo che fu, hanno clamorosamente perso la partita. Riducendosi progressivamente al rango di forza di interdizione, votata quasi esclusivamente a mantenere nei limiti del possibile le proprie posizioni di potere e le proprie rendite. Come se, accertatisi di aver gettato via il bambino, gli ex ds si fossero preoccupati soprattutto di non lasciar disperdere nemmeno una goccia di acqua sporca del loro passato. Può anche darsi che questo sia, in una certa misura, un cliché che gli è stato incollato addosso. Ma di sicuro non hanno fatto niente per liberarsene, e molto, troppo, per avvalorarlo: da ultimo impiccandosi all'improbabile tesi secondo la quale Renzi potrebbe benissimo governare l'Italia, ma non sarebbe capace di guidare il partito.
Intervistato dalla Stampa, uno tra i più intelligenti e colti tra loro, Gianni Cuperlo, ha voluto polemicamente ricordare a Renzi, sospettato, in caso di vittoria, di voler mandare in soffitta la sinistra interna, che «senza sinistra il Pd semplicemente non c'è». Basterebbe tenere a mente la composizione dell'elettorato democratico per riconoscere a Cuperlo più ragioni di quante comunemente gliene attribuisca la maggioranza dei commentatori: conquistare una quota, anche rispettabile, degli elettori del campo avverso non basta a vincere se, per farlo, si lascia emigrare (verso Grillo, verso Sel, verso l'astensione) buona parte dei propri. Ma, fossimo in Cuperlo e in chi la pensa come lui, terremmo bene a mente che, a portare Renzi a un'imprevista vittoria nelle primarie per la candidatura a sindaco di Firenze, fu soprattutto l'ancora più imprevisto soccorso rosso di militanti ed elettori di antica appartenenza al Pci prima, al Pds e ai Ds poi: desiderosi di sparigliare i giochi, cominciando con il togliersi di torno i gruppi dirigenti tradizionali e i loro candidati. La stessa cosa è avvenuta (in primo luogo, e non è un caso, nelle cosiddette regioni rosse) nelle primarie per la candidatura a Palazzo Chigi. E niente lascia supporre che non si ripeterà ancora, e su scala allargata. Di «morire democristiani» questi elettori non hanno sicuramente alcuna voglia. Di morire d'inedia, facendo da guardiani a un tempio ormai vuoto da un pezzo, probabilmente ancor meno.

La Stampa 3.9.13
Gli ex Ds verso una sconfitta epocale
Popolari, patto per convergere sul sindaco E l’area post comunista resta spiazzata
di Fabio Martini

Ha chiesto di avere una stanza al piano nobile del partito, lo hanno accontentato, ma sottovoce hanno cominciato a chiamarlo il «segretario emerito». L’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani ieri non era nel suo nuovo ufficio nella sede del partito a Sant’Andrea delle Fratte e il piano dei dirigenti, a parte Guglielmo Epifani, era vuoto e silenzioso. Un quartier generale abbandonato non soltanto dal punto di vista fisico. Con lo squagliamento di quasi tutti i notabili ex Ppi, è iniziato ieri un fuggi-fuggi dalla plancia di comando che rende ancora più probabile una grossa novità al piano nobile del Pd: l’insediamento entro la fine dell’anno di Matteo Renzi, un personaggio che ha una formazione totalmente diversa dai leader finora eletti dalle primarie. Nei suoi primi sei anni, il Pd è stato guidato da personalità provenienti dal Pci-Ds e che hanno sempre considerato il partito come l’unico bastione da non cedere mai ad «estranei». Ma ora per la prima volta la «ditta» potrebbe andare in crisi, condannando tutta una storia ad una sconfitta epocale.
Tutto è precipitato nel giro di 48 ore per effetto di due mosse congiunte, una sorta di «patto dei non comunisti» del Pd. Due giorni fa Matteo Renzi si era esplicitamente candidato alla guida del partito, chiudendo ogni illusione del trio Epifani-Bersani-Letta di congelare le Primarie. A quel punto, tra domenica sera e lunedì mattina i tre ex ragazzi del Ppi - li chiamavano le «tre punte di Chianciano» - il presidente del Consiglio Enrico Letta, il ministro Dario Franceschini e l’ex ministro Beppe Fioroni - si sono consultati e, giocando d’anticipo, hanno convenuto: convergiamo su Renzi. Certo, lo faranno con modalità diverse. Fioroni e Franceschini sono usciti allo scoperto con dichiarazioni problematiche, mentre Letta fa sapere che è sua intenzione non addentrarsi nelle vicende congressuali, anche se presto la corrente lettiana sarà in campo. Spalleggiando Matteo Renzi, gli ex Ppi hanno ritrovato unità di intenti. Per dirla con Beppe Fioroni: «Siamo pronti a marciare “core a core” nella stessa direzione... ».
E infatti quella di ieri è stata una giornata di marasma nella plancia di comando del Pd. Fino a ieri il partito era stato guidato dalla triade Bersani-Franceschini-Epifani con l’«appoggio esterno» di Letta. Ieri l’improvviso smarcamento di Franceschini, personaggio protagonista di proverbiali e brusche inversioni di rotta, è lo stesso che appena 37 giorni fa aveva proposto alla Direzione di eleggere il segretario con i soli iscritti, quanto di più anti-renziano sia stato concepito. Uno smarcamento che ha lasciato soli gli ex Ds. Soli e divisi in due aree tra loro conflittuali: da una parte gli amici di Bersani che finora non hanno un candidato alla segreteria, dall’altra «giovani turchi» e amici di Massimo D’Alema, che da tempo sostengono Gianni Cuperlo. Ieri i bersaniani (tra i quali si segnala il «mal di pancia» di Vasco Errani) hanno cercato di aprire un file da tempo messo in sonno: «Perché non convergiamo tutti su Fassina? ». Ma fare del viceministro l’anti-Renzi non è impresa semplice. Fassina ha dato la sua disponibilità ma «a condizione che Gianni si convinca dell’utilità di una candidatura unitaria». Ma Cuperlo, che da tempo parla da candidato, non sembra affatto convinto di questo sacrificio.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Corriere 3.9.13
Congresso già «finito»: ma i bersaniani all’angolo sono tentati da Barca
di Maria Teresa Meli

ROMA — «Dario, facce Tarzan»: l’ironia si spreca sul web e corre veloce nei corridoi della Camera, dove ieri, dopo la pausa estiva, si sono affacciati i primi parlamentari del Pd.
La propensione del ministro dei Rapporti con il Parlamento a cambiare cavallo e punto di riferimento (all’inizio fu Franco Marini, poi Massimo D’Alema, quindi Walter Veltroni, dopodiché ci fu Pier Luigi Bersani e per penultimo Enrico Letta) fa discutere sia i sostenitori del sindaco di Firenze che i suoi detrattori. I primi temono l’abbraccio mortale dell’apparato, anche se il primo cittadino li rassicura: «Tranquilli, non ci faremo fagocitare». Per questo i renziani incassano il sì di Franceschini, che rappresenta pur sempre la rottura definitiva della vecchia maggioranza che ha tenuto finora le leve del comando, ma lo fanno con prudenza. Spiega Paolo Gentiloni: «Ben vengano certe prese di posizione se possono servire a fortificare il centrosinistra e il Paese, però nessuno punti a una maggioranza interna finta o a fare giochini di potere interni». I secondi, cioè i bersaniani, masticano amaro. Stefano Fassina si lascia sfuggire con un amico un esasperato: «Ma che gli dice la testa a quello?». Mentre l’ex segretario non cela il malumore: «Questo giochino “Renzi sì, Renzi no”, fa male al partito e alla politica».
Del resto, per Bersani è un brutto colpo. È la certificazione che il congresso del Partito democratico è già bello che finito. I pd al governo ne avevano avuto un qualche sentore giorni fa, quando avevano capito che rischiavano di restare fuori da tutti i giochi. Già, Massimo D’Alema è in pole position per la trattativa con il sindaco di Firenze. L’ex premier è pronto anche a stare in minoranza, come ha fatto sapere agli emissari del primo cittadino di Firenze, però è in rapporti non malvagi con il sindaco, che, ovviamente, non potrà non scegliersi degli interlocutori tra gli avversari interni. Per non rischiare Franceschini si è mosso, avvertendo prima Enrico Letta, con cui ha avuto un colloquio sull’opportunità di uscire allo scoperto già adesso. È toccato a lui, perché il premier, per il ruolo che ricopre, non può certo entrare nel dibattito interno al Partito democratico. Ma non può nemmeno stare dalla parte dei perdenti. E visto che tali paiono ormai i bersaniani e gli esponenti della vecchia maggioranza pre-elezioni politiche, meglio defilarsi da quel gruppo e aprire uno spiraglio nei confronti di Renzi. E chi meglio di Franceschini poteva farlo? Il ministro per i Rapporti con il Parlamento rappresenta l’ala governativa del Pd, quella più vicina a Letta, ma le sue mosse non sono automaticamente ascrivibili al premier, il che toglie il presidente del Consiglio dall’imbarazzo di apparire come uno che mette bocca nella dialettica interna al Pd. «Mi raccomando, io non voglio stress sul governo», è la raccomandazione ormai quasi quotidiana dell’inquilino di palazzo Chigi.
I renziani sono sicuri che tra un po’ si affacceranno sulla stessa sponda anche i lettiani, benché non tutti, perché una parte dei sostenitori del capo del governo sembra nutrire una spiccata antipatia per il sindaco di Firenze. Il quale sindaco non sembra poi troppo stupito della piega che stanno prendendo gli eventi in casa democratica. Non dice, come qualcuno dei suoi, che «la festa del Pd si è chiusa domenica e il congresso si è chiuso il giorno dopo», ma ha tutta l’aria di uno che fiuta il clima a lui propenso. «Del resto — è il suo convincimento — loro sanno benissimo che non hanno il quorum per cambiare regole e norme». In effetti, lo sanno talmente bene che Franceschini ha fatto la sua mossa e Beppe Fioroni (fino a qualche tempo fa uno dei più acerrimi nemici del sindaco di Firenze) lascia intendere che potrebbe seguire anche lui l’esempio del ministro per i Rapporti con il Parlamento.
Dunque, il primo cittadino di Firenze ha aperto una breccia nel fronte della vecchia maggioranza del Pd. Eppure i bersaniani non si rassegnano ancora. Ora puntano sul fatto che attorno a Renzi ci sono (quasi) solo ex Dc, nella speranza di resuscitare l’orgoglio diessino. A questo scopo sarebbero disposti a sostenere la candidatura di Cuperlo con Massimo D’Alema. Con un retropensiero: contro Renzi e contro Letta, che sembra aver lasciato le sponde della vecchia maggioranza, gli ex Ds potrebbero trovare un candidato comune alle prossime primarie per il premier, Fabrizio Barca.

Repubblica 3.9.13
Pd, un terremoto scuote le correnti gli ex pci non controllano più la “ditta”
Bersani verso il sostegno a Cuperlo. Marini rompe con Areadem
di Giovanna Casadio

ROMA — Per capire lo choc in casa democratica, bisogna andare indietro di quattro anni, quando Dario Franceschini tifava per Lapo Pistelli a Palazzo Vecchio e invece il “rottamatore” Renzi - allora senza ambizioni di leader nazionale - vinse a man bassa e diventò sindaco di Firenze. E chi l’avrebbe detto che il cattolicodemocratico Franceschini avrebbe proprio lui aperto la breccia renziana alla scalata del Pd? È uno scossone, qualcuno parla di terremoto. Non solo perché scompagina le correnti del partito e rompe una maggioranza interna bersanian- franceschiniana-lettiana consolidata, ma soprattutto perché, per la prima volta, gli ex comunisti rischiano di perdere il controllo della “ditta”. Renzi, il cattolico ex Margherita, è superfavorito. A contendergli la segreteria per ora sono in tre - il dalemiano Gianni Cuperlo, l’outsider Pippo Civati, Gianni Pitella - che messi insieme, dice Beppe Fioroni, non fanno il 20% di consensi.
A restarci male, anzi malissimo, è Pierluigi Bersani. Ancora davanti ai primi lanci di agenzia, il bersaniano Nico Stumpo nicchiava: «Vediamo, non dice proprio che appoggia...». Il punto è che dopo la sfida delle primarie del 2009 (in cui Bersani batté Franceschini e diventò segretario), i due, entrambi emiliani, si erano presi bene. In nome della mescolanza delle culture di provenienza - comunista l’uno, democristiano l’altro - hanno costruito un buon tratto di Pd. Insieme con Enrico Letta. Il premier èstato informato dell’endorsement che l’amico ministro stava per compiere. Pare abbia dato il placet e i lettiani, pur restando per ora alla finestra come il loro presidente del Consiglio, si adegueranno. Ovvio che poi nulla è pacifico come lo si racconta.
Basta zoomare sulla stessa corrente di Franceschini, Areadem, per trovare uno sfarinamento. Franco Marini, storico leader dei Popolari, che in Franceschini ha avuto il suo pupillo, è poco convinto. Renzi ha offeso Marini (e non l’ha votato per il Quirinale) e Marini ha picchiato duro contro Renzi. Avvisaglie di avvicinamento comunque c’erano. Antonello Giacomelli, franceschiniano, una settimana fa aveva annunciato di appoggiare il renziano Dario Parrini per la segreteria toscana del partito. Ma nel rimescolamento delle carte a perdere pezzi sono i bersaniani. Bersani ha cercato un candidato anti Renzi che raccogliesse un’ampia maggioranza interna. Non lo ha trovato e ora, se non vuole rimanere isolato, darà i suoi voti a Cuperlo. Fino a qualche settimana fa, i bersaniani avevano tentato di convincere Cuperlo a fare un passo indietro; avevano anche saggiato l’ipotesi di gettare nella corsa Stefano Fassina; avevano ipotizzato la candidatura di Letta prevedendo una fine imminente della legislatura. Una costola bersaniana, guidata dal segretario emiliano Bonaccini, è diventata renziana. Cuperlo, che ha in D’Alema e nei “giovani turchi” i suoi sponsor, corteggia da tempo Bersani. La sinistra ex Pds-Ds si ricostituirebbe in una minoranza.
Ma quanto è contento Renzi dell’abbraccio dei big? Molto poco: «Non mi imprigioneranno...», ha ripetuto. Il “rottamatore” sa che la sua forza sta nella lontananza dalla nomenklatura, e tuttavia se vuole guidare il partito ha bisogno di alleanze. Da tempo i renziani denunciano il pericolo che «tanti nel Pd per opportunismo vogliano salire sul carro di Matteo». Dario Nardella avverte: «Non è che oltre la rottamazione c’è il riciclaggio, Matteo non farà mai accordi, patti alla vecchia maniera ». E’ a un Pd federale che Renzi pensa. Infine c’è Rosy Bindi, che oggi scioglierà la riserva e indicherà il suo candidato alla segreteria. Fioroni parla di «candidato unico, se Renzi ha l’80% non ce ne sono altri...». Però un abbraccio tra Fioroni e Renzi è assai complicato, e Fioroni sarebbe sul punto di passare dall’altra parte, con i profughi del Pdl e i centristi, quando lo scacchiere politico si sarà del tutto scompaginato. Cautela di Alessandra Moretti e del gruppo dei “non allineati”. Ironie del “turco” Orfini («Rivoluzione Renzi con Franceschini, Fassino, Fioroni, Veltroni, Bettini... bel congresso»); impegno di Civati: «Contrasterò le larghe intese dc-Renzi».
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Primo fronte di guerra

LA RUSSIA REGISTRA IL LANCIO DI DUE MISSILI VERSO LE COSTE SIRIANE - MA DALL’AMBASCIATA RUSSA A DAMASCO: “NESSUN ATTACCO”
Immagine

Una stazione di allerta per attacchi missilistici nel sud della Russia ha registrato il lancio di due missili da una zona centrale del Mediterraneo verso le coste orientali, alle 8,16 ora italiana - Ma l’ambasciata russa a damasco ha riferito che nessun elemento indica un attacco sulla Siria…

1. SIRIA: RUSSIA REGISTRA LANCIO DI 2 MISSILI IN EST MEDITERRANEO
(AGI/AFP) - La Russia ha reso noto che una sua stazione di allerta per attacchi missilistici ha registrato il lancio di due missili da una zona centrale del Mediterraneo verso le coste orientali, dove si trova la Siria, alle 8,16 ora italiana. A registrate il lancio dei missili, ha riferito un comunicato del ministero della Difesa, e' stata la stazione Armavir, nel sud della Russia.

Nel comunicato si spiega che il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, ha gia' informato il presidente, Vladimir Putin. La notizia arriva dopo che Francia e Stati Uniti hanno preannunciato un intervento militare contro il regime siriano, anche se il presidente Usa, Barack Obama, ha richiesto un voto del Congresso sull'operazione.

2. SIRIA: AMBASCIATA MOSCA A DAMASCO, NESSUN ATTACCO
ANSA-REUTERS - L'ambasciata russa a Damasco ha riferito che non c'e' nessun elemento che indichi un attacco missilistico su Damasco. Lo rende noto l'Itar Tass.

3. SIRIA: MOSCA, PUTIN INFORMATO SU RILEVAZIONE MISSILI
(ANSA) - Il ministro della Difesa russo, Sergei Choigou, ha informato il presidente Vladimir Putin sulla rilevazione del lancio di due missili dal Mediterraneo centrale verso il Mediterraneo orientale. Lo ha detto lo stesso ministro.

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Siria, Obama cerca il sì del Congresso
Ban Ki moon: "Attacco solo dopo ok Onu"
Anche il fronte della Lega araba è spaccato

Obama incassa l'ok all'attacco dal presidente della Commissione difesa (cronaca di giornata), ma il segretario delle Nazioni Unite lo frena: "Conflitto può creare nuovi problemi". Test missilistico nel Mediterraneo. E la crisi siriana è già 'mondiale' per l'economia (di J. Zarlingo)

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HOLLANDE: "NON AGIREMO DA SOLI". MA FRANCIA RESTA PER LA GUERRA
CONTRAMMIRAGLIO RUSSO: "TESTATE LANCIATE DA SOMMERGIBILE USA"
PIÙ DI 2 MILIONI DI PROFUGHI FOTOGALLERY: PACIFISTI CONTRO LA GUERRA

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Il Papa: “Vogliamo la pace si rischia la guerra mondiale” Mosca respinge le prove Usa (Marco Ansaldo).
03/09/2013 di triskel182
La crisi
Assad: “Sarà caos e terrore”. Dossier di Parigi.


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Siria, Ban ki-Moon frena Obama:
"Attacco solo con via libera Onu"
Kerry: "Assad ha usato armi chimiche"
Sì al raid dal repubblicano Boehner




Secondo fronte di guerra


Mattino del 3 settembre 2013


http://triskel182.files.wordpress.com/2 ... =500&h=162

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Speranze al lumicino per B: la via maestra ora è perdere tempo (Marco Palombi).
03/09/2013 di triskel182

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Decadenza, da domani rissa in Giunta (LIANA MILELLA).
03/09/2013 di triskel182


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Berlusconi non molla, vuole la grazia (FRANCESCO BEI).
03/09/2013 di triskel182

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Ecco le carte svizzere ignorate
che scagionano Berlusconi
Anna Maria Greco

Un documento del 2010 della magistratura elvetica smentisce la tesi delle toghe italiane: "Agrama era l'intermediario ufficiale ed esclusivo tra la Paramount e molte tv europee"



Sera del 3 settembre 2013

Decadenza, ultimatum del Pdl
Schifani: "Se il voto sarà politico, la convivenza al governo sarà impossibile". Alfano: "Pd sia chiaro sulla retroattività"

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Pdl all'assalto della Giunta
Schifani: "Grasso cambi i membri"
Letta: "Governo barcolla ma non cade"



Terzo fronte di guerra

l’Unità 3.9.13
Senatori 5 Stelle divisi in gruppi come una seduta di autoanalisi
Niente esplusioni, solo la reprimenda di Morra
Senatori riorganizzati per analizzare i «problemi»
di Rachele Gonnelli

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Corriere 3.9.13
«Il grillismo è bigotto» Assemblea di fuoco tra i senatori 5 Stelle
Divisioni nel gruppo: così non incidiamo
di Ernesto Menicucci

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Repubblica 3.9.13
E il M5S si divide sul “grillismo bigotto”
Scontro tra i senatori: “Un problema i post violenti di Beppe”. L’ira di Casaleggio
di Annalisa Cuzzocrea

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M5S, Grillo e Morra spengono il dialogo
"Alleanze? Orellana ci ripensi o è fuori"
IL LEADER SUL BLOG: "NO A CHI VUOLE GUARDARSI L'OMBELICO. PRESTO NUOVO V-DAY"


Il quarto fronte di guerra

Bersani: "L'operazione
Franceschini-Renzi
non ha contenuti"

L'ex segretario Pd: "Dal sindaco si sentono concetti degli anni Ottanta: merito, opportunità. Va bene, ma c'è anche l'uguaglianza"


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Affondo Renzi: "Bersani? Era spompo"
La replica: non hai contenuti|

Il fuorionda del sindaco: «L'ho visto distrutto»
Bersani su Renzi: «La bandana sta meglio a me»
E su Franceschini: «Intesa che non mi convince»
«Spompo? Faccio flessioni»
dall'inviato Nino Luca

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Bersani: «Renzi, sinistra non è destra abbellita»
L'ex segretario intervistato da Michele Serra alla Festa del Pd a Genova. Lo accoglie una standing ovation. «La sinistra non è destra abbellita, è il lievito del Pd» «Franceschini su Renzi?Posizionamenti senza contenuti, non mi convince». Poi scherza: «La bandana starebbe meglio a me che a lui. Io spompato? Guardate qua» | Il sindaco: «Bersani spompo. E io mai messa bandana» | Sulladecadenza di Berlusconi: «La Giunta applicherà la legge, non trattiamo» | Dopo l'endorsement diFranceschini («Pronto a votare Matteo» | VD) Fassino con Renzi che promette: «Vi restituirò il partito». Fronte anti-sindaco per Cuperlo di S. Co.


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ADESSO FRANCESCHINI STA CON RENZI (MA ANCHE CON LETTA) (Wanda Marra).
03/09/2013 di triskel182

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Pd, fuorionda di Renzi RepTv
"Bersani era un po' spompo..."
Lui: "Ma se sono abbronzato" vd
Matteo, una t-shirt come bandana
E Pierluigi ironizza: sta meglio a me

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Bindi al militante: "Io più antiberlusconiana di Renzi''
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Fronti di guerra - 9
http://www.youtube.com/watch?v=ZJE-onnw2gM


Secondo fronte di guerra

Venti di guerra sul secondo fronte. Nella rassegna stampa di questa mattina i Muslim Brothers lanciano l’ennesima dichiarazione di guerra. Repubblica e Il Giornale per una volta d’accordo.

Dopo aver mandato gli ultimi ambasciatori al Colle, sono tornati a Palazzo Grazioli con un nulla di fatto.

King George II non concede la grazia.

Che tradotto dal mussulmano significa che King George II non concede la grazia “totambot” secondo il rito berlusconiano. La salvezza qui subito cancellando tutto.

Entro venerdì i Muslim brothers staccheranno la spina al governo.

Sarà veramente così??? O prima di questa sera succederà qualcosa che ridurrà Silvio a più miti consigli???
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Gli italiani corrono sempre sul carro del vincitore
Ennio Flaiano



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Fronti di guerra - 10
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Quarto fronte di guerra
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Cose di casa Diccì - 35


..................In hoc signo vinces

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Li chiamavano rottamati l’alfabeto dei convertiti a Matteo
(Antonello Caporale).
04/09/2013 di triskel182


Tutti sul carro dell’’ex Rottam’attore
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Fassino & c. Folgorati da Renzi.


Pier Luigi Spompo no, ma Nico Stumpo? Chi potrà negare anche a un fedelissimo dell’ex capo Bersani – appena ritargato da Renzi come signor Spompo (da spompato, consumato, diesilizzato, dunque finito), come Nicola il calabrese, pancia dell’apparato del Pd, calcolatrice vivente di Pierluigi, una improvvisa ma legittima crisi di coscienza?

Se persino la F di Fioroni si rial-loca e si riadegua, con la V di Veltroni già stabile e posizionata a fianco di Matteo, e la D di D’Alema, dopo un periodo interrogativo (“Volevo conoscere che libri leggesse, quale fosse il suo pensiero. Non l’ho capito”), sembra essersi adagiata nei pressi del sindaco, sta per concludersi la più riuscita operazione di salita sul carro.

Con le migliori o peggiori intenzioni, la fila indiana s’ingrossa e il carro già è diventato treno.

Tempo qualche settimana che sarà bastimento e per Renzi il Sol dell’avvenire s’alzerà dietro casa senza un filo di nebbia o una nuvola a fargli ombra.


NON SARÒ Brontolo e non voglio il partito dei sette nani”, assicura lui.

Si dimenerà, proverà a ri-rottamare, fuggirà dall’abbraccio mortale che i dirigenti, d’ogni specie e colore, sentono di offrirgli.

Sarà fatica indicibile, operazione complessa, fattore di rischio.

Perché è davvero tanto l’entusiasmo e largo il consenso, che la dirigenza del Pd – connessa al cuore della base – ha deciso di elargigli ogni solidarietà.

Vecchi e nuovi amici. Nuovi e nuovissimi. Stamane Matteo bicicletterà ai Fori Imperiali con una vecchia conoscenza: Ignazio Marino.

Sono tante le città di Matteo, ma Roma è la capitale e, nel-l’alfabeto del potere del Pd, con la M di Marino siamo ai vertici.

Lasciamo pure da parte la F di Franceschini, perché non si è capito bene se sta con lui per davvero o per finta, se è andato a dichiarargli l’amore su mandato di Enrico Letta, se insomma è tutta una fregatura o è cotta sincera, esplosiva.


Resta l’intesa profonda con la F di Fassino, presidente dell’Anci, dunque suo successore e collega sindaco di Torino e anche predecessore alla guida del partito.

Non c’è possibilità di fuga, l’abbraccio è totale, finale, finanche compulsivo.

Renzi ha fatto il pieno alle feste dell’Unità dell’Emilia, tra le cucine, i tortellini e ogni tipo di militante: l’anziano, lo studente, la professoressa, l’antico e il moderno.

E pensare che l’anno scorso si erano quasi dimenticati di invitarlo.

Il tempo passa e porta consiglio: con i display giganti di Bologna, Reggio Emilia, Genova tutti hanno capito che il vento è cambiato.

RESTA LA B di Bersani fuori dal campo, ma – come le C di Cuperlo e di Civati – sembrano lettere inutili.

A parte che, solo volesse, Matteo potrebbe esporre, a suo favore, la B di Bianco (Enzo) dominus di Catania, antico repubblicano, moderato, equilibrato, saggio.

Non c’è partita e da qualunque posto in tribuna la si guardi, il risultato con cambia.

Per uno Zoggia, deputato semplice, che parla contro, Matteo, anche se siamo alla fine dell’alfabeto e potrebbe pure sorvolare, ha due zeta a suo favore.

Secondo voi Zanda (Luigi), capogruppo al Senato, chi voterà?

E un altro rilevantissimo supporter, il signor Zambuto, sindaco di Agrigento, ha già scelto.

Bisogna ascoltare anche le voci della periferia, le anime del territorio.

Questo Zambuto ha radar di elevata capacità selettiva: stava col Pdl, poi ha capito e ha fatto un salto nell’Udc.

Non si è fermato, non si è acquietato.

Dall’Udc ha spiccato il volo verso il Pd.

Da lì a Renzi il passo è stato semplice, da finale atteso.
Congratulazioni.


Come nelle squadre di calcio, il problema della rosa però, quando è troppo ampia, è sfoltirla.

É sempre un’operazione delicata, è chirurgia selettiva, ha bisogno di mano ferma e larga esperienza di mercato.
Come general manager della sinistra italiana Renzi promette bene: sfoltirà e tanto.

Perchè alla fine di questa tornata di comizi elettorali troverà la sua corrente (“Una super-corrente”, secondo Bersani) gonfiata come la pancia di una rana.

SAREMO alle liste d’attesa, all’over booking, con un plotone di amici-nemici.

Sul tavolo fritture miste, quei piatti pieni di spine.

Cosa mangiare e cosa scartare?

In effetti ai suoi fedelissimi la fifa è comparsa: vuoi vedere che?

Paolo Gentiloni è super prudente perché ha capito che la questione dal cuore scivola lentamente verso il portafoglio.

E se persino la Alessandra Moretti (alla M c’è davvero una fila paurosa), ex valletta televisiva bersaniana, sembra oramai decisa a completare l’autocritica, non c’è più ragione o rottamazione che tenga.

Gli applausi non finiscono più.


I guai sono appena iniziati.

Da Il Fatto Quotidiano del 04/09/2013.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Corriere 4.9.13

La «rivoluzione» del sindaco per rottamare la parola «ex»
Segnali dall’area di D’Alema
L’ipotesi di un avvicinamento del leader


di Maria Teresa Meli


ROMA — «Chissà che faranno quando scopriranno che c’è da lavorare e non ci sono poltrone da occupare»: Matteo Renzi decide di entrare in modo lieve — e ironico — nel dibattito politico che si è aperto all’interno del Partito democratico. (Beh! sul tema "lavorare" sono tutti in buona compagnia- ndt)

La sua linea l’ha già dettata: «Voglio fare una rivoluzione, dolce, ma una rivoluzione(Lo dice anche Grillo-ndt). Questa storia della battaglia tra ex democristiani ed ex ds non ha senso. Io sarò il primo segretario che non ha avuto e non ha legami con il passato: non voglio più sentire le lamentele su chi era che cosa».


Renzi, com’è nel suo stile, esagera. Ma fino a un certo punto. Effettivamente è vero che la conta interna contro di lui diventa sempre più difficile.

Se non altro perché, come ricorda lui stesso, parlare di ex dc ed ex pci non ha senso quando gli ultimi due segretari dei Ds, Walter Veltroni e Piero Fassino, sono schierati con lui (Sono diventati tutti Dc, perché il Pd non ha mai avuto identità, se non la casta delle correnti. - ndt).

Ancora più complicato è immaginare per Renzi un futuro lontano da Franceschini e Letta.

Il premier ha tutto l’interesse a saldare i rapporti e il capo delegazione del Partito democratico nel governo spera di ritagliarsi un ruolo importante proprio grazie a Renzi.

Infatti il ministro per i rapporti con il Parlamento annuncia urbi et orbi la sua adesione al sindaco rottamatore. Ma gli esiti non sono sempre scontati. Il tam tam del partito racconta le battute d’arresto: «Che vuole fare, Renzi?», si chiede Zoggia, «è sempre più irrequieto e complicato».

Sarà così, ma lui, il sindaco di Firenze, va avanti comunque: «Prendo atto del malessere di tutti quelli che sono qui con me». E poi punto e basta, perché lui non vuole andare oltre.

Non più in là dei suoi amici, che ora dicono e implorano: «Basta operazioni d’urgenza».

Se mai ve ne sarà il bisogno Renzi è pronto. I riflessi vengono a mancare se si segnala la fuoriuscita di pezzi del Pd.

La preannunciano i franceschiniani, per far capire che non si sono arresi a costo zero, e la propagano per tutta la Camera dei deputati. È il loro modo per dire addio al «Partito».

Ma in realtà, al di là e al di sotto delle storie che il Pd si racconta, Renzi è per l’ennesima volta solo.

E non perché non ci sia la corsa al carro del vincitore. Per carità, ci sono tutti.

Il problema è sempre il solito: che cosa ci stanno a fare i gruppi dirigenti e i vertici? Il sindaco sorride e fa finta di credere alla vulgata del Pd.

E svuota il campo da gioco, lasciando capire a tutti che è in grado di giocare ancora al gioco della rottamazione.

Insomma, in questo anticipo di autunno, il primo cittadino di Firenze non ride.

E, almeno all’apparenza, non scende neanche a trattare con avversari interni, interlocutori e amici.

È stufo della vulgata bersaniana, suffragata dai franceschiniani (un po’ provati per il repentino cambio di schieramento del loro leader), secondo cui soffiano venti di scissione.

«Cos’è questa storia?», chiede ai collaboratori. «Cos’è questa storia?», è l’eco dei tam tam del Pd.

D’Alema fa mostra di non crederci.

Secondo lui è l’ennesima «cavolata dei giornali».

Tutti lo immaginano in partenza per chissà quali lidi. E con lui tutti i dalemiani di prima e seconda generazione.

Peccato che non sia così. Anzi.

La verità la detta il tam tam interno a largo del Nazareno, quello sconosciuto ai più e temuto da molti.

E quel tam tam racconta che D’Alema potrebbe compiere l’ultimo strappo. Posizionandosi su Renzi e lasciando Cuperlo al suo destino. E, soprattutto, consentendo ai suoi giovani — da Enzo Amendola a Michele Bordo — di giocarsi la loro partita nella nuova classe dirigente.

Difficile? Sì, ma non impossibile dicono al Pd. Ma se ne dicono tante nel Partito democratico. Proprio tante. Renzi ascolta tutti e aspetta. Perché a lui come ad altri esponenti del Pd è stato detto che il governo regge, ma l’elettorato del Pd no.
lucfig
Messaggi: 694
Iscritto il: 22/02/2012, 10:21

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da lucfig »

Mentre i nostri politici fanno i minchioni, l'Italia scende sempre più giù.

da http://www.lastampa.it

L’Italia è sempre meno competitiva
Lituania e Barbados più avanti di noi

La nostra economia crolla al 49° posto nella classifica del World Economic Forum. Pesano la scarsa
efficienza dei mercati e il ristretto accesso ai finanziamenti


L’Italia è scesa al 49° posto della classica annuale del World economic Forum (Wef) delle economie più competitive del pianeta. Nella graduatoria 2013-2014, guidata dalla Svizzera, l’Italia risulta preceduta da Lituania e Barbados e 49ª su un totale di 148 economie, mentre l’anno scorso era 42/a su 144. I peggiori voti sono registrati in settori quali l’efficienza del mercato del lavoro (137) e lo sviluppo del mercato finanziario (124).

Nessun cambiamento invece per la Svizzera confermata al vertice dal Global Competitiveness Report 2013-2014 per il quinto anno consecutivo. L’indice di competitività globale (Gci) pone Singapore e Finlandia rispettivamente in seconda e terza posizione (invariate), mentre la Germania guadagna due posizioni e sale al quarto posto. Anche gli Stati Uniti, dopo quattro anni di trend in discesa, registrano un miglioramento e salgono dal settimo al quinto posto. La classifica dei Top Ten prosegue con la Svezia (6, quarto l’anno scorso), Hong Kong (7, nono l’anno scorso), i Paesi Bassi (8, quinto), il Giappone (9, decimo) ed il Regno Unito (10, ottavo nel 2012) .

Il Wef osserva che in Europa, gli sforzi per affrontare il debito pubblico ed evitare un break-up dell’euro hanno in parte distolto l’attenzione dalle questioni legate alla competitività. Le economie dell’Europa meridionale come Spagna (35ª), Italia (49ª), Portogallo (51ª) e in particolare la Grecia (91ª) hanno bisogno di affrontare le debolezze nel funzionamento e nell’efficienza dei loro mercati, promuovere l’innovazione e migliorare l’accesso al finanziamento.

Tra le economie emergenti «brics», la Cina è al 29° posto, il Sudafrica al 53° davanti al Brasile (56°), l’India (60°) e la Russia (64), l’unica a migliorare la sua classifica, salendo di tre posti, mentre il Brasile scende di otto posti.

La classifica del Wef è stilata in base a un Indice globale di competitività (Gci) costruito con una media ponderata di punteggi in diversi fattori che coprono 12 categorie, tra le quali le istituzioni e le infrastrutture, la salute e l’istruzione superiore, efficienza del mercato di beni e servizi, l’efficienza del mercato del lavoro, lo sviluppo del mercato finanziario, la tecnologia e l’innovazione.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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