Re: Come se ne viene fuori ?
Inviato: 06/09/2013, 22:40
Gli italiani corrono sempre sul carro del vincitore
Ennio Flaiano
News from the:
The Planet Monkeis
16
Fronti di guerra - 14
http://www.youtube.com/watch?v=ZJE-onnw2gM
Secondo fronte di guerra
Pierluigi Battista è certo della fine politica di Berlusconi. Lo ha affermato stamani ad Agorà.
Quando la Corte d’Appello di Milano stabilirà i tempi dell’interdizione dai pubblici uffici, per Berlusconi in questa fase non ci sarà scampo.
“Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Questo aforisma del defunto Giulio è sempre valido, e Silvietto ha deciso di applicarlo fino in fondo.
Tutto può accadere nella finestra temporale da qui a dicembre.
Compresa l’ipotesi che il conflitto siriano si estenda secondo quanto ritengono alcuni analisti del settore.
Se ipoteticamente ci sarà un cataclisma, Silvietto potrà evitare di scontare la pena.
Il bombardamento delle opinioni in questi giorni, in queste ore è notevole e spesso generano parecchia,…….troppa confusione.
Stamani, Marco Palombi ha redatto un’ipotesi che più di altre potrebbe essere vicina alla realtà.
**
Berlusconi va alla guerra Il Colle prova a fermarlo
(Marco Palombi).
06/09/2013 di triskel182
VERDINI HA CONVINTO IL CAPO CHE NON CI SARÀ NESSUN LETTA BIS, I SONDAGGI CHE VINCERÀ LE ELEZIONI. NAPOLITANO: “RIPETO: CON LA CRISI RISCHI GRAVISSIMI”.
Stavolta sembra deciso”. Diverse fonti di centrodestra, anche non ascrivibili ai cosiddetti falchi, hanno avuto modo di vedere o sentire un Silvio Berlusconi ormai indirizzato alla rottura: “Dall’incontro con Angelino di martedì, quando ha capito che il Pd non cedeva e Napolitano non avrebbe rispettato i patti sulla grazia, non ha cambiato idea: il problema a questo punto è come addossare al Pd la colpa della crisi”.
Il Cavaliere insomma – che ieri sera ha visto di nuovo il vicepremier Alfano – sembra deciso a far cadere Enrico Letta: Denis Verdini gli ha garantito che al Senato non ci saranno defezioni nel gruppo Pdl e gli ultimi sondaggi commissionati lo accreditano di un 35% dei consensi.
Guerra sia, allora, forse già da lunedì pomeriggio, quando Berlusconi è atteso sul palco della kermesse “Controcorrente” organizzata a Sanremo da Il Giornale.
“Vedo la crisi avvicinarsi”, ha messo a varbale ieri Renato Schifani. Il canovaccio della campagna elettorale è già scritto: la giustizia, i referendum radicali. L’unica cosa che potrebbe fermare Silvio è la grazia, ma non una qualunque: “esaustiva” la vuole Sandro Bondi, cioè comprensiva della pena accessoria (che, però, ancora non è stata comminata , come ha fatto notare il Colle all’interessato).
L’EX PREMIER, comunque, ha un problema sulla via delle elezioni: Giorgio Napolitano.
Ieri il capo dello Stato ha diffuso un’anomala velina tramite le agenzie di stampa: il presidente “non sta studiando o meditando il da farsi nel caso venga aperta una crisi di governo perché, avendo già messo in massima evidenza che l’insorgere di una crisi precipiterebbe il paese in gravissimi rischi, conserva fiducia nelle ripetute dichiarazioni di Berlusconi in base alle quali il governo continua ad avere il suo sostegno”.
La nota viene interpretata nel centrodestra come una minaccia nascosta da apertura.
Un concetto vicino a “meglio che non ci provi”. O, più gentilmente, come fa Pino Pisicchio, capogruppo del Misto alla Camera: “I falchi tornino ai nidi”. La cosa, ovviamente, non è piaciuta all’autorecluso di Arcore: Napolitano è l’unico che può fare qualcosa e deve farla. E che sia “esaustiva”, ovviamente.
In realtà, la velina quirinalizia serve anche a smentire la “guerra dei videomessaggi” su cui si stavano esercitando le chiacchiere da corridoio dei palazzi romani.
L’indiscrezione è questa : visto che Silvio Berlusconi ha registrato il suo “video della crisi” da mandare in onda quanto prima (“è imminente”, ha detto ieri Santanchè), circolava voce che Napolitano avrebbe reagito con un messaggio al Parlamento – magari corredato da registrazione per le tv – in cui scaricare la colpa della crisi su Berlusconi e disegnare in qualche modo un percorso per tenere Enrico Letta a palazzo Chigi.
IL PREMIER, peraltro, ieri ha cantato – con Fabrizio Saccomanni ai cori – sullo spartito caro al Colle: la crisi ci costerebbe il treno della ripresa e riporterebbe l’Italia tra i paesi inaffidabili (e da lì alla guerriglia dello spread il passo è breve). Non che qualcuno si illuda che saranno le preoccupazioni sull’economia a frenare Berlusconi. L’unico vero spauracchio per il Cavaliere è non riuscire ad arrivare al voto e rimanere bloccato all’opposizione per chissà quanto.
Il lavorio in Senato per il Letta bis non è infatti mai finito e continua ancora: nella nuova dinamica, però, i “governativi” non puntano più sul pattuglione in uscita dal Pdl, gente che arriverebbe solo se la prospettiva politica fosse a lungo termine, ma a rimediare una maggioranza anche risicata (un conto è avere un paio di sottosegretari in più, un altro dover garantire un seggio a venti o trenta persone).
D’altronde servono una decina di persone e qualcuno potrebbe arrivare anche dal gruppo M5S, come dimostra il caso Orellana.
Così sarebbe, però, un esecutivo diverso, una riedizione in salsa responsabile del “governo del cambiamento” di Bersani.
Dice Nichi Vendola: Sel ci sta solo se “si assume la povertà come la questione principale che oggi è sulle spalle del paese, mentre col decreto Imu per i ricchi ormai siamo al Letta-Berlusconi”.
I più dubbiosi nel centrodestra speravano almeno, per stare più tranquilli, nel desiderio di Matteo Renzi di andare al voto subito. Invece il sindaco di Firenze pare aver deciso per la conquista del partito e ancora ieri profetava: “Il governo non casca”.
Per questo, nonostante le rassicurazioni di Verdini, nel Pdl continua il dibattito sui traditori.
Se il ministro Nunzia De Girolamo, sempre indiziata di “intelligenza col nemico” sulla stampa, promette fedeltà eterna a Berlusconi, Fabrizio Cicchitto usa parole assai rivelatrici della profondità del problema: “Guai a introdurre in un dibattito serio la nozione del traditore e del tradimento. Il partito unito non è una sorta di caserma agli ordini di qualche caporale, ma può essere attraversato da riflessioni politiche che possono anche essere diverse”.
Da Il Fatto Quotidiano del 06/09/2013.
Ennio Flaiano
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16
Fronti di guerra - 14
http://www.youtube.com/watch?v=ZJE-onnw2gM
Secondo fronte di guerra
Pierluigi Battista è certo della fine politica di Berlusconi. Lo ha affermato stamani ad Agorà.
Quando la Corte d’Appello di Milano stabilirà i tempi dell’interdizione dai pubblici uffici, per Berlusconi in questa fase non ci sarà scampo.
“Meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Questo aforisma del defunto Giulio è sempre valido, e Silvietto ha deciso di applicarlo fino in fondo.
Tutto può accadere nella finestra temporale da qui a dicembre.
Compresa l’ipotesi che il conflitto siriano si estenda secondo quanto ritengono alcuni analisti del settore.
Se ipoteticamente ci sarà un cataclisma, Silvietto potrà evitare di scontare la pena.
Il bombardamento delle opinioni in questi giorni, in queste ore è notevole e spesso generano parecchia,…….troppa confusione.
Stamani, Marco Palombi ha redatto un’ipotesi che più di altre potrebbe essere vicina alla realtà.
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Berlusconi va alla guerra Il Colle prova a fermarlo
(Marco Palombi).
06/09/2013 di triskel182
VERDINI HA CONVINTO IL CAPO CHE NON CI SARÀ NESSUN LETTA BIS, I SONDAGGI CHE VINCERÀ LE ELEZIONI. NAPOLITANO: “RIPETO: CON LA CRISI RISCHI GRAVISSIMI”.
Stavolta sembra deciso”. Diverse fonti di centrodestra, anche non ascrivibili ai cosiddetti falchi, hanno avuto modo di vedere o sentire un Silvio Berlusconi ormai indirizzato alla rottura: “Dall’incontro con Angelino di martedì, quando ha capito che il Pd non cedeva e Napolitano non avrebbe rispettato i patti sulla grazia, non ha cambiato idea: il problema a questo punto è come addossare al Pd la colpa della crisi”.
Il Cavaliere insomma – che ieri sera ha visto di nuovo il vicepremier Alfano – sembra deciso a far cadere Enrico Letta: Denis Verdini gli ha garantito che al Senato non ci saranno defezioni nel gruppo Pdl e gli ultimi sondaggi commissionati lo accreditano di un 35% dei consensi.
Guerra sia, allora, forse già da lunedì pomeriggio, quando Berlusconi è atteso sul palco della kermesse “Controcorrente” organizzata a Sanremo da Il Giornale.
“Vedo la crisi avvicinarsi”, ha messo a varbale ieri Renato Schifani. Il canovaccio della campagna elettorale è già scritto: la giustizia, i referendum radicali. L’unica cosa che potrebbe fermare Silvio è la grazia, ma non una qualunque: “esaustiva” la vuole Sandro Bondi, cioè comprensiva della pena accessoria (che, però, ancora non è stata comminata , come ha fatto notare il Colle all’interessato).
L’EX PREMIER, comunque, ha un problema sulla via delle elezioni: Giorgio Napolitano.
Ieri il capo dello Stato ha diffuso un’anomala velina tramite le agenzie di stampa: il presidente “non sta studiando o meditando il da farsi nel caso venga aperta una crisi di governo perché, avendo già messo in massima evidenza che l’insorgere di una crisi precipiterebbe il paese in gravissimi rischi, conserva fiducia nelle ripetute dichiarazioni di Berlusconi in base alle quali il governo continua ad avere il suo sostegno”.
La nota viene interpretata nel centrodestra come una minaccia nascosta da apertura.
Un concetto vicino a “meglio che non ci provi”. O, più gentilmente, come fa Pino Pisicchio, capogruppo del Misto alla Camera: “I falchi tornino ai nidi”. La cosa, ovviamente, non è piaciuta all’autorecluso di Arcore: Napolitano è l’unico che può fare qualcosa e deve farla. E che sia “esaustiva”, ovviamente.
In realtà, la velina quirinalizia serve anche a smentire la “guerra dei videomessaggi” su cui si stavano esercitando le chiacchiere da corridoio dei palazzi romani.
L’indiscrezione è questa : visto che Silvio Berlusconi ha registrato il suo “video della crisi” da mandare in onda quanto prima (“è imminente”, ha detto ieri Santanchè), circolava voce che Napolitano avrebbe reagito con un messaggio al Parlamento – magari corredato da registrazione per le tv – in cui scaricare la colpa della crisi su Berlusconi e disegnare in qualche modo un percorso per tenere Enrico Letta a palazzo Chigi.
IL PREMIER, peraltro, ieri ha cantato – con Fabrizio Saccomanni ai cori – sullo spartito caro al Colle: la crisi ci costerebbe il treno della ripresa e riporterebbe l’Italia tra i paesi inaffidabili (e da lì alla guerriglia dello spread il passo è breve). Non che qualcuno si illuda che saranno le preoccupazioni sull’economia a frenare Berlusconi. L’unico vero spauracchio per il Cavaliere è non riuscire ad arrivare al voto e rimanere bloccato all’opposizione per chissà quanto.
Il lavorio in Senato per il Letta bis non è infatti mai finito e continua ancora: nella nuova dinamica, però, i “governativi” non puntano più sul pattuglione in uscita dal Pdl, gente che arriverebbe solo se la prospettiva politica fosse a lungo termine, ma a rimediare una maggioranza anche risicata (un conto è avere un paio di sottosegretari in più, un altro dover garantire un seggio a venti o trenta persone).
D’altronde servono una decina di persone e qualcuno potrebbe arrivare anche dal gruppo M5S, come dimostra il caso Orellana.
Così sarebbe, però, un esecutivo diverso, una riedizione in salsa responsabile del “governo del cambiamento” di Bersani.
Dice Nichi Vendola: Sel ci sta solo se “si assume la povertà come la questione principale che oggi è sulle spalle del paese, mentre col decreto Imu per i ricchi ormai siamo al Letta-Berlusconi”.
I più dubbiosi nel centrodestra speravano almeno, per stare più tranquilli, nel desiderio di Matteo Renzi di andare al voto subito. Invece il sindaco di Firenze pare aver deciso per la conquista del partito e ancora ieri profetava: “Il governo non casca”.
Per questo, nonostante le rassicurazioni di Verdini, nel Pdl continua il dibattito sui traditori.
Se il ministro Nunzia De Girolamo, sempre indiziata di “intelligenza col nemico” sulla stampa, promette fedeltà eterna a Berlusconi, Fabrizio Cicchitto usa parole assai rivelatrici della profondità del problema: “Guai a introdurre in un dibattito serio la nozione del traditore e del tradimento. Il partito unito non è una sorta di caserma agli ordini di qualche caporale, ma può essere attraversato da riflessioni politiche che possono anche essere diverse”.
Da Il Fatto Quotidiano del 06/09/2013.