Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sulla decadenza di Berlusconi, in un voto srgreto al senato,
non ci scommetterei neanche un centesimo!
Ovviamente mi auguro che il salvataggio non avvenga,
ma se succede non meravigliamoci troppo sarebbe solo la conferma di quanto la ricerca
del tornaconto personale, la slealtà, l'intrigo e l'ipocrisia albergano nei palazzi della politica.
non ci scommetterei neanche un centesimo!
Ovviamente mi auguro che il salvataggio non avvenga,
ma se succede non meravigliamoci troppo sarebbe solo la conferma di quanto la ricerca
del tornaconto personale, la slealtà, l'intrigo e l'ipocrisia albergano nei palazzi della politica.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Berlusconi, M5S: “Cambiare regolamento al Senato, stop al voto segreto”
Dopo le accuse del senatore Giovanardi, il Movimento 5 Stelle risponde con una proposta: modificare gli articoli 41, 113, 117 e 188 dell'insieme di norme di Palazzo Madama per evitare i franchi tiratori: "E' ora di finirla una volta per tutte. Sfidiamo tutti: Pd, Pdl, Sc, Sel, Lega a prevedere la votazione nominale e palese per ogni tipo di consultazione"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 settembre 2013
Il senatore Pdl Carlo Giovanardi sostiene che sarà il Movimento 5 Stelle a salvare Silvio Berlusconi in aula con il voto segreto. E il gruppo risponde con la provocazione: “Aboliamolo”. E passano la parola agli altri partiti: “E’ ora di finirla una volta per tutte. Sfidiamo tutti: Pd, Pdl, Sc, Sel, Lega a modificare il regolamento del Senato per abolire il voto segreto e prevedere la votazione nominale e palese per ogni tipo di votazione. Chi non ha nulla da nascondere voti la nostra proposta”, è l’appello del M5S rivolto in particolare al Pd per “far svanire ogni timore e aprire alla trasparenza”.
“Come avevamo previsto in tempi non sospetti, è iniziata la vergognosa campagna politico mediatica del Pdl contro il Movimento 5 Stelle. Una campagna che ha lo scopo di preparare il terreno in Aula ai franchi tiratori del Pd che, grazie al voto segreto, cercheranno di salvare Berlusconi dalla decadenza”, si legge in una nota del Movimento 5 Stelle. “Sono gli stessi franchi tiratori Pd facenti parte della ‘banda dei 101′ che affossò Romano Prodi. Il rischio è tutto lì – prosegue il comunicato – Con noi lo hanno denunciato per tempo ad agosto anche i parlamentari: Felice Casson (Pd) e Laura Puppato (Pd). Ora Giovanardi, per salvare gli accordi del governo Letta, coprire la ‘banda dei 101′ e salvaguardare dalla Waterloo gli amici di lunga data del Pd (menoelle), parla di fantomatici e inesistenti franchi tiratori del M5S”.
Il Movimento 5 Stelle assicura che in Giunta e in Aula voterà compatto per la decadenza immediata del condannato a 4 anni Silvio Berlusconi. “Il Parlamento Pulito è nel nostro Dna”, dicono e rilanciano con la proposta di rendere palese il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi e più in generale di abolire il voto segreto: “A prima firma Vincenzo Santangelo, proponiamo al Senato la modifica del regolamento per abolire il voto segreto e prevedere la votazione nominale e palese per ogni tipo di votazione. I parlamentari al Senato del Pd come di ogni altra forza politica possono far svanire ogni timore e aprire alla trasparenza: votino la nostra proposta di modifica del regolamento del Senato”, concludono i parlamentari del M5S, che con la loro proposta andrebbero a modificare gli articoli 41, 113, 117 e 188 del regolamento di Palazzo Madama.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09 ... to/710921/
Dopo le accuse del senatore Giovanardi, il Movimento 5 Stelle risponde con una proposta: modificare gli articoli 41, 113, 117 e 188 dell'insieme di norme di Palazzo Madama per evitare i franchi tiratori: "E' ora di finirla una volta per tutte. Sfidiamo tutti: Pd, Pdl, Sc, Sel, Lega a prevedere la votazione nominale e palese per ogni tipo di consultazione"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 settembre 2013
Il senatore Pdl Carlo Giovanardi sostiene che sarà il Movimento 5 Stelle a salvare Silvio Berlusconi in aula con il voto segreto. E il gruppo risponde con la provocazione: “Aboliamolo”. E passano la parola agli altri partiti: “E’ ora di finirla una volta per tutte. Sfidiamo tutti: Pd, Pdl, Sc, Sel, Lega a modificare il regolamento del Senato per abolire il voto segreto e prevedere la votazione nominale e palese per ogni tipo di votazione. Chi non ha nulla da nascondere voti la nostra proposta”, è l’appello del M5S rivolto in particolare al Pd per “far svanire ogni timore e aprire alla trasparenza”.
“Come avevamo previsto in tempi non sospetti, è iniziata la vergognosa campagna politico mediatica del Pdl contro il Movimento 5 Stelle. Una campagna che ha lo scopo di preparare il terreno in Aula ai franchi tiratori del Pd che, grazie al voto segreto, cercheranno di salvare Berlusconi dalla decadenza”, si legge in una nota del Movimento 5 Stelle. “Sono gli stessi franchi tiratori Pd facenti parte della ‘banda dei 101′ che affossò Romano Prodi. Il rischio è tutto lì – prosegue il comunicato – Con noi lo hanno denunciato per tempo ad agosto anche i parlamentari: Felice Casson (Pd) e Laura Puppato (Pd). Ora Giovanardi, per salvare gli accordi del governo Letta, coprire la ‘banda dei 101′ e salvaguardare dalla Waterloo gli amici di lunga data del Pd (menoelle), parla di fantomatici e inesistenti franchi tiratori del M5S”.
Il Movimento 5 Stelle assicura che in Giunta e in Aula voterà compatto per la decadenza immediata del condannato a 4 anni Silvio Berlusconi. “Il Parlamento Pulito è nel nostro Dna”, dicono e rilanciano con la proposta di rendere palese il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi e più in generale di abolire il voto segreto: “A prima firma Vincenzo Santangelo, proponiamo al Senato la modifica del regolamento per abolire il voto segreto e prevedere la votazione nominale e palese per ogni tipo di votazione. I parlamentari al Senato del Pd come di ogni altra forza politica possono far svanire ogni timore e aprire alla trasparenza: votino la nostra proposta di modifica del regolamento del Senato”, concludono i parlamentari del M5S, che con la loro proposta andrebbero a modificare gli articoli 41, 113, 117 e 188 del regolamento di Palazzo Madama.
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Re: Come se ne viene fuori ?
La lunga agonia italiana - 1
E. Scalfari ieri a “Otto e mezzo” loda il governo Letta, che deve rimanere, a su avviso, fino al 2015.
Anche Monti a Caorle loda l’operato del governo Letta.
“Sarebbe irresponsabile da parte di chiunque in questo momento causare una crisi in questo governo”. Mario Monti, aprendo la tre giorni della festa di Scelta civica a Caorle, ribadisce il suo sostegno al governo delle larghe intese, sottolineando che “Scelta civica non è forse la più grande, ma certamente è la più convinta forza politica che sostiene il governo Letta”.
Quella di Monti è una valutazione fortemente interessata.
Stessi clubs esclusivi con Letta, Bildelberg e Trilaterale, oltre al sostegno dei poteri forti compreso l’Oltretevere all’insaputa di Francesco.
Non dimentichiamoci il pizzino di Letta a monti
"Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno". Un foglio - carta intestata della Camera dei Deputati - nella mano sinistra del neo premier Mario Monti rimane immortalato in uno scatto dei fotografi presenti a Montecitorio per il voto di fiducia sul governo tecnico.
http://www.ilgiornale.it/sites/default/ ... 808207_0_0
Gli ordini di piazzare Letta a Palazzo Chigi sono arrivati fuori dall’Italia e Napolitano si è adeguato, che come Garibaldi, sull’attenti ha sbattuto i tacchi pronunciando un nuovo fatidico : “Obbedisco”.
Tandem, quindi, dei signori di Bildelberg e della Trilaterale.
Stessa politica e di conseguenza stesso fallimento complessivo, ma non per la casta ed il piano superiore dei poteri forti.
E’ di ieri la notizia che più le banche perdono, i banchieri guadagnano.
Questa è l’equità montiana.
Ma anche lettiana.
*********
'So che non dovrei ma ti pago lo stesso'
E i ministri romani intascano la diaria
La circolare n° 50 del 2000 assegnava 3500 euro al mese ai membri del governo, ma specificava
che il beneficio spetta solo ai non residenti nella capitale, parlamentari o no. Ma per non scontentare
gli esclusi, lo Stato paga anche i 'locali'. Motivo? "Evitare l’ingiustificata disparità di trattamento"
'So che non dovrei ma ti pago lo stesso' E i ministri romani intascano la diaria
Se un dipendente pubblico equiparasse il suo stipendio a quello di un altro perché non gli piacciono le disparità sarebbe processato dalla Corte dei conti. Eppure è proprio con questa giustificazione che i membri del governo si fanno le buste paga come gli pare: “Per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari”. E chi ne usufruisce? A parte Saccomanni che si chiama fuori, dopo dieci giorni di attesa - tra email, interessamento di Palazzo Chigi, consultazione di esperti della Ragioneria Generale e telefonate con addetti stampa mandati allo sbaraglio - la risposta è un colossale "Boh" di Marco Lillo
^^^^^^
Diaria ai ministri. Non è un diritto, ma nella busta paga c’è lo stesso
Che siano parlamentari o meno, sulla base di una circolare del 2000 i membri del governo percepiscono ogni mese 3.500 euro per le spese. Ma la prassi è andata oltre. E i soldi - con l'eccezione di Saccomanni - li possono avere anche i ministri che risiedono a Roma, "per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari"
di Marco Lillo |
14 settembre 2013Commenti (383)
Quanto guadagnano i ministri e sottosegretari del governo che non sono parlamentari e risiedono a Roma? Hanno diritto alla diaria oltre che all’indennità? A sentire il ministero dell’Economia i ministri non residenti a Roma percepiscono, oltre a un’indennità di 5.250 euro che gli spetta, anche una diaria di 3.500 euro al mese che invece, secondo le norme, non gli spetta affatto. Gli uffici pagano la diaria non dovuta ai ministri non parlamentari (che invece spetterebbe solo ai parlamentari) in virtù di una “prassi” e per evitare una “ingiustificata disparità di trattamento”.
PROPRIO COSÌ. Se un dipendente pubblico equiparasse il suo stipendio a quello di un altro in via di prassi e solo perché non gli piacciono le disparità sarebbe processato dalla Corte dei conti. Invece i membri del governo si fanno le buste paga come gli pare, infischiandosene delle norme e applicando principi e prassi come gli aggrada. Al Fatto che chiede conto del pagamento della diaria ai ministri non parlamentari residenti a Roma, il ministero risponde così: “In conformità con la riscontrata prassi parlamentare secondo cui detta diaria viene corrisposta alla generalità dei parlamentari indipendentemente dall’esser residenti a Roma o meno, è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione della diaria anche ai membri del governo residenti a Roma”. Salvo Saccomanni, si affretta a precisare il ministero. E gli altri? Il mistero, dopo dieci giorni di attesa, nonostante le email spedite al ministero dell’Economia e delle Finanze, nonostante l’interessamento di Palazzo Chigi, nonostante la consultazione dei grandi esperti della Ragioneria Generale dello Stato, nonostante le telefonate lunghe e piene di forse con i poveri addetti stampa e portavoce mandati allo sbaraglio, la risposta è un colossale: Boh.
Il punto centrale del giallo delle buste paga del governo è la diaria. Questa componente aggiuntiva del reddito dei parlamentari è stata attribuita da una legge del 1965 per pagare le spese di soggiorno a Roma. La legge non era chiara nell’attribuirla ai soli parlamentari residenti fuori Roma e così è stata estesa a tutti, anche ai residenti a Roma. Oltre alla diaria, pari a 3.500 euro al mese, i parlamentari si sono attribuiti un ulteriore rimborso forfettario per gli spostamenti da/per l’aeroporto: tra i 1.300 e i 1.100 euro al mese, a seconda della distanza del luogo di residenza dallo scalo più vicino. Ovviamente, anche questo rimborso è stato concesso graziosamente ai residenti a Roma, che magari non hanno mai preso un aereo.
Nel 1999 una legge ha esteso anche ai ministri non parlamentari l’indennità economica dei parlamentari. La circolare della Ragioneria Generale dello Stato, n. 50 del 2000, firmata dal ministro dell’Economia di allora Giuliano Amato, ha poi esteso anche ai ministri non parlamentari la diaria “per le spese di soggiorno a Roma” che allora ammontava a 5milioni e 250mila lire al mese. La circolare precisava però che questo beneficio spettava solo ai ministri e sottosegretari “non residenti a Roma”. I ministri non parlamentari residenti a Roma, come Fabrizio Saccomanni o Antonio Catricalà, Enrico Giovannini, Filippo Patroni Griffi, quindi dovrebbero essere esclusi dal beneficio.
RECENTEMENTE il governo Letta ha abolito il cumulo dello stipendio da ministro con l’indennità da parlamentare con una rinuncia di circa 64mila euro all’anno lordi. La nuova legge però non nomina la diaria. Quando Il Fatto ha chiesto lumi sul trattamento economico dei ministri non parlamentari, il Mef ha risposto il 6 settembre su carta intestata: “In conformità con la riscontrata prassi parlamentare secondo cui detta diaria viene corrisposta alla generalità dei parlamentari indipendentemente dall’essere residenti a Roma o meno, è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione della diaria anche ai membri del governo residenti a Roma”.
In pratica, senza alcuna legge o circolare che lo permettesse, ministri e sottosegretari residenti a Roma avrebbero incassato, par di capire da anni, ben 3.500 euro al mese in più. Nonostante la circolare di Giuliano Amato del febbraio 2000 espressamente limitasse il privilegio della diaria ai soli ministri “non residenti”. Al Fatto, che si chiedeva quale fosse la ragione di questo assurdo comportamento, il ministero dell’Economia ha risposto così: “Ciò per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari. La misura della diaria in questione è attualmente pari a 3.500 euro mensili”.
Quando poi Il Fatto ha scritto al ministero per chiedere “a partire da quale mese di quale anno è stato esteso il pagamento della diaria ai ministri non parlamentari residenti a Roma?”, il ministero è entrato in fibrillazione. Per sette giorni i tecnici della Ragioneria si sono consultati tra loro e con la Presidenza del Consiglio. Anche perché la Regione Sicilia ha rifiutato nel 2006 il pagamento della diaria agli assessori non parlamentari regionali residenti a Palermo proprio applicando per analogia la norma della circolare n. 50 che ora sarebbe caduta in desuetudine a Roma. Una settimana dopo, ieri, finalmente è arrivata una riposta criptica nella quale si parla di “totale equiparazione del trattamento spettante ai ministri parlamentari e non parlamentari” salvo annunciare una nuova circolare in materia. Infine, ieri in tarda serata, lo staff del ministro dell’Economia ha richiamato Il Fatto per precisare che Saccomanni non percepisce alcuna diaria. E gli altri ministri? Il ministero dell’Economia dice che ne hanno diritto, ma non sa come si comportano in concreto.
da il Fatto Quotidiano del 14 settembre 2013
E. Scalfari ieri a “Otto e mezzo” loda il governo Letta, che deve rimanere, a su avviso, fino al 2015.
Anche Monti a Caorle loda l’operato del governo Letta.
“Sarebbe irresponsabile da parte di chiunque in questo momento causare una crisi in questo governo”. Mario Monti, aprendo la tre giorni della festa di Scelta civica a Caorle, ribadisce il suo sostegno al governo delle larghe intese, sottolineando che “Scelta civica non è forse la più grande, ma certamente è la più convinta forza politica che sostiene il governo Letta”.
Quella di Monti è una valutazione fortemente interessata.
Stessi clubs esclusivi con Letta, Bildelberg e Trilaterale, oltre al sostegno dei poteri forti compreso l’Oltretevere all’insaputa di Francesco.
Non dimentichiamoci il pizzino di Letta a monti
"Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno". Un foglio - carta intestata della Camera dei Deputati - nella mano sinistra del neo premier Mario Monti rimane immortalato in uno scatto dei fotografi presenti a Montecitorio per il voto di fiducia sul governo tecnico.
http://www.ilgiornale.it/sites/default/ ... 808207_0_0
Gli ordini di piazzare Letta a Palazzo Chigi sono arrivati fuori dall’Italia e Napolitano si è adeguato, che come Garibaldi, sull’attenti ha sbattuto i tacchi pronunciando un nuovo fatidico : “Obbedisco”.
Tandem, quindi, dei signori di Bildelberg e della Trilaterale.
Stessa politica e di conseguenza stesso fallimento complessivo, ma non per la casta ed il piano superiore dei poteri forti.
E’ di ieri la notizia che più le banche perdono, i banchieri guadagnano.
Questa è l’equità montiana.
Ma anche lettiana.
*********
'So che non dovrei ma ti pago lo stesso'
E i ministri romani intascano la diaria
La circolare n° 50 del 2000 assegnava 3500 euro al mese ai membri del governo, ma specificava
che il beneficio spetta solo ai non residenti nella capitale, parlamentari o no. Ma per non scontentare
gli esclusi, lo Stato paga anche i 'locali'. Motivo? "Evitare l’ingiustificata disparità di trattamento"
'So che non dovrei ma ti pago lo stesso' E i ministri romani intascano la diaria
Se un dipendente pubblico equiparasse il suo stipendio a quello di un altro perché non gli piacciono le disparità sarebbe processato dalla Corte dei conti. Eppure è proprio con questa giustificazione che i membri del governo si fanno le buste paga come gli pare: “Per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari”. E chi ne usufruisce? A parte Saccomanni che si chiama fuori, dopo dieci giorni di attesa - tra email, interessamento di Palazzo Chigi, consultazione di esperti della Ragioneria Generale e telefonate con addetti stampa mandati allo sbaraglio - la risposta è un colossale "Boh" di Marco Lillo
^^^^^^
Diaria ai ministri. Non è un diritto, ma nella busta paga c’è lo stesso
Che siano parlamentari o meno, sulla base di una circolare del 2000 i membri del governo percepiscono ogni mese 3.500 euro per le spese. Ma la prassi è andata oltre. E i soldi - con l'eccezione di Saccomanni - li possono avere anche i ministri che risiedono a Roma, "per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari"
di Marco Lillo |
14 settembre 2013Commenti (383)
Quanto guadagnano i ministri e sottosegretari del governo che non sono parlamentari e risiedono a Roma? Hanno diritto alla diaria oltre che all’indennità? A sentire il ministero dell’Economia i ministri non residenti a Roma percepiscono, oltre a un’indennità di 5.250 euro che gli spetta, anche una diaria di 3.500 euro al mese che invece, secondo le norme, non gli spetta affatto. Gli uffici pagano la diaria non dovuta ai ministri non parlamentari (che invece spetterebbe solo ai parlamentari) in virtù di una “prassi” e per evitare una “ingiustificata disparità di trattamento”.
PROPRIO COSÌ. Se un dipendente pubblico equiparasse il suo stipendio a quello di un altro in via di prassi e solo perché non gli piacciono le disparità sarebbe processato dalla Corte dei conti. Invece i membri del governo si fanno le buste paga come gli pare, infischiandosene delle norme e applicando principi e prassi come gli aggrada. Al Fatto che chiede conto del pagamento della diaria ai ministri non parlamentari residenti a Roma, il ministero risponde così: “In conformità con la riscontrata prassi parlamentare secondo cui detta diaria viene corrisposta alla generalità dei parlamentari indipendentemente dall’esser residenti a Roma o meno, è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione della diaria anche ai membri del governo residenti a Roma”. Salvo Saccomanni, si affretta a precisare il ministero. E gli altri? Il mistero, dopo dieci giorni di attesa, nonostante le email spedite al ministero dell’Economia e delle Finanze, nonostante l’interessamento di Palazzo Chigi, nonostante la consultazione dei grandi esperti della Ragioneria Generale dello Stato, nonostante le telefonate lunghe e piene di forse con i poveri addetti stampa e portavoce mandati allo sbaraglio, la risposta è un colossale: Boh.
Il punto centrale del giallo delle buste paga del governo è la diaria. Questa componente aggiuntiva del reddito dei parlamentari è stata attribuita da una legge del 1965 per pagare le spese di soggiorno a Roma. La legge non era chiara nell’attribuirla ai soli parlamentari residenti fuori Roma e così è stata estesa a tutti, anche ai residenti a Roma. Oltre alla diaria, pari a 3.500 euro al mese, i parlamentari si sono attribuiti un ulteriore rimborso forfettario per gli spostamenti da/per l’aeroporto: tra i 1.300 e i 1.100 euro al mese, a seconda della distanza del luogo di residenza dallo scalo più vicino. Ovviamente, anche questo rimborso è stato concesso graziosamente ai residenti a Roma, che magari non hanno mai preso un aereo.
Nel 1999 una legge ha esteso anche ai ministri non parlamentari l’indennità economica dei parlamentari. La circolare della Ragioneria Generale dello Stato, n. 50 del 2000, firmata dal ministro dell’Economia di allora Giuliano Amato, ha poi esteso anche ai ministri non parlamentari la diaria “per le spese di soggiorno a Roma” che allora ammontava a 5milioni e 250mila lire al mese. La circolare precisava però che questo beneficio spettava solo ai ministri e sottosegretari “non residenti a Roma”. I ministri non parlamentari residenti a Roma, come Fabrizio Saccomanni o Antonio Catricalà, Enrico Giovannini, Filippo Patroni Griffi, quindi dovrebbero essere esclusi dal beneficio.
RECENTEMENTE il governo Letta ha abolito il cumulo dello stipendio da ministro con l’indennità da parlamentare con una rinuncia di circa 64mila euro all’anno lordi. La nuova legge però non nomina la diaria. Quando Il Fatto ha chiesto lumi sul trattamento economico dei ministri non parlamentari, il Mef ha risposto il 6 settembre su carta intestata: “In conformità con la riscontrata prassi parlamentare secondo cui detta diaria viene corrisposta alla generalità dei parlamentari indipendentemente dall’essere residenti a Roma o meno, è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione della diaria anche ai membri del governo residenti a Roma”.
In pratica, senza alcuna legge o circolare che lo permettesse, ministri e sottosegretari residenti a Roma avrebbero incassato, par di capire da anni, ben 3.500 euro al mese in più. Nonostante la circolare di Giuliano Amato del febbraio 2000 espressamente limitasse il privilegio della diaria ai soli ministri “non residenti”. Al Fatto, che si chiedeva quale fosse la ragione di questo assurdo comportamento, il ministero dell’Economia ha risposto così: “Ciò per evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra membri del governo e parlamentari. La misura della diaria in questione è attualmente pari a 3.500 euro mensili”.
Quando poi Il Fatto ha scritto al ministero per chiedere “a partire da quale mese di quale anno è stato esteso il pagamento della diaria ai ministri non parlamentari residenti a Roma?”, il ministero è entrato in fibrillazione. Per sette giorni i tecnici della Ragioneria si sono consultati tra loro e con la Presidenza del Consiglio. Anche perché la Regione Sicilia ha rifiutato nel 2006 il pagamento della diaria agli assessori non parlamentari regionali residenti a Palermo proprio applicando per analogia la norma della circolare n. 50 che ora sarebbe caduta in desuetudine a Roma. Una settimana dopo, ieri, finalmente è arrivata una riposta criptica nella quale si parla di “totale equiparazione del trattamento spettante ai ministri parlamentari e non parlamentari” salvo annunciare una nuova circolare in materia. Infine, ieri in tarda serata, lo staff del ministro dell’Economia ha richiamato Il Fatto per precisare che Saccomanni non percepisce alcuna diaria. E gli altri ministri? Il ministero dell’Economia dice che ne hanno diritto, ma non sa come si comportano in concreto.
da il Fatto Quotidiano del 14 settembre 2013
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Re: Come se ne viene fuori ?
La lunga agonia italiana - 2
14 SET 2013 17:37
TORNA LA CARICA DEI 101 FRANCHI TRADITORI - PAOLO GUZZANTI: “AVETE AMMAZZATO PRODI, ORA SALVATE BERLUSCONI” - GILIOLI: “UN APPELLO ALLE PERSONE DI MERDA”
L’autore di “Mignottocrazia” si rivolge ai piddini che affossarono Prodi candidato al Quirinale: “siate autonomi, andate alla riscossa contro l’antiparlamentarismo e votate ‘no’ alla decadenza di B.” - Gilioli: “Berlusconi salvò così il suo governo nel 2010. E molti nel Pd vogliono la sopravvivenza delle larghe intese”…
(Quando i figli sono meglio del padre - ndt)
1. SOLO SALVANDO BERLUSCONI IL PARLAMENTO POTRÀ SALVARSI
Paolo Guzzanti per "il Giornale"
Alla fine a dire sì o no alla decadenza di Silvio Berlusconi non sarà la giunta assediata dal bivacco dei media, ma l'assemblea del Senato con voto segreto. Qualche settimana fa scrissi un articolo sull'orgoglio del Senato, sul primato del Parlamento, sul dovere del Senato a dare prova di rabbiosa autonomia, di privilegiata libertà, di riscossa nei confronti dell'antiparlamentarismo.
Ieri ho cominciato a leggere con una punta di diffidenza l'articolo di Feltri sulla «bontà» dell'attuale Costituzione, in risposta alla crociata conservatrice del Fatto Quotidiano . Diffidenza che si è subito dissipata perché Feltri ricorre all'espediente retorico di dare ragione al quotidiano di Padellaro sulla bontà della Carta costituzionale, per sostenere che tanto patriottismo costituzionale deve ricondurre alla Carta originaria, non a quella già manomessa.
Io, come qualche lettore ricorderà, vorrei che la Carta fosse riscritta da capo a cominciare dall'articolo primo per affermare che la nostra Repubblica è fondata non sul lavoro- cosa che non significa nulla, visto che non si dice chi dovrebbe fornire i posti di lavoro, se il lavoro fosse davvero un diritto ma sulla libertà e la dignità del singolo cittadino. Feltri difendeva la versione originale della Cos tituzione che conteneva la tutela dei rappresentanti del popolo, per impedire che fossero mangiati vivi da poteri che non discendono dalla legittimazione democratica, ma dalla legittimazione burocratica, compresa quella dei magistrati.
La tutela della libertà politica degli eletti del popolo è un cardine di tutte le democrazie: il Parlamento non concede i suoi figli agli sbirri, non concede i suoi eletti alle galere, non abbandona i suoi membri all'esecutore di giustizia i cui carpentieri erigono il palco sotto le finestre del Palazzo. Il nostro Parlamento non cedeva.
Non cedeva il deputato comunista Moranino che dopo la fine della guerra aveva assassinato delle donne che avrebbero potuto testimoniare contro di lui, ma c'è di più: quando Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi furono condannati nel processo che li vide imputati per aver sostenuto la tesi di un colpo di Stato ordito dal presidente Segni e dal generale De Lorenzo nel 1964, entrambi furono consegnati alla protezione del Parlamento, affinché non andassero in galera, dall'allora segretario del Partito socialista italiano, Giacomo Mancini. E quella sottrazione alla galera fu considerata allora una riaffermazione energica e orgogliosa del primato del Parlamento.
C'è di più: nel maggio del 1972 il Manifesto candidò Pietro Valpreda alle elezioni politche per farlo tornare libero dopo tre anni di detenzione con l'accusa di strage per l'attentato di piazza Fontana. L'anarchico non venne eletto ma uscì ugualmente di galera grazie a una legge votata dal Parlamento nel dicembre di quello stesso anno e che venne ribattezzata appunto «legge Valpreda.
Resta alla storia il fatto che il Parlamento riuscì a sottrarlo alla prigione.
Quando eravamo una democrazia l'immunità non era considerata uno sciocco privilegio della «casta», ma una prerogativa del popolo, lo scudo con cui il cittadino che porta su di sé il sacro peso della delega del sovrano elettore, si difende dai poteri esterni, dal braccio giudiziario dello Stato o da quello dei suoi uffici, polizie, servizi segreti. Il parlamentare era sacro perché il Parlamento è sacro, se anche la democrazia è sacra. Se la libertà del parlamentare non è più sacra, allora il Parlamento è uno zombie e la democrazia è già morta.
La sacralità del Parlamento è stata da tempo stuprata e dunque siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia.
I parlamentari sono rincorsi dai facinorosi nelle strade. La leggenda nera del debito pubblico causato dalle auto blu è stata somministrata in dosi da cavallo al popolo con gli sessi effetti manzoniani della caccia all'untore e della colonna infame. Assaltare il Parlamento e persino scalarlo come l'albero della cuccagna per coprirlo di drappi e scritte, è diventato uno sport. Invocare la galera, anziché la libertà, è diventato uno stile di vita, anzi di morte del Parlamento.
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Tuttavia qualche speranza c'è ancora: abbiamo assistito pochi mesi fa a una salutare ribellione del Parlamento quando, durante le elezioni del presidente della Repubblica, ben 101 patrioti parlamentari del Partito democratico rifiutarono di eleggere Romano Prodi. Fu un atto di vitalità del Parlamento. Fu un atto di normalità del Parlamento.
=============================================================
Fra poche settimane sarà la stessa aula del Senato, qualsiasi cosa abbia deciso la giunta, a decidere della sorte del suo membro più votato. E lì si varrà la sua nobilitate. Lì si varrà il suo orgoglio, la sua indipendenza. Avranno gli onorevoli senatori, quelli che una volta venivano chiamati anche in tempi moderni patres conscripti , il fegato di mandare al diavolo un ordine, di distruggere la libertà di un rappresentante del popolo e decidere invece di proteggerlo e sottrarlo all'umiliazione degli arresti, per quanto mitigati?
Che faranno i cento e uno che ebbero coraggio pochi mesi fa? Che faranno tutti coloro che sanno che l'unica strada percorribile per questo disgraziato e ingannato Paese è quella di lasciar vivere il governo in carica e dargli la chance di accompagnare i tenui indizi di una piccola ripresa che potrebbe essere distrutta e calpestata da un trauma evitabile? Avranno i nostri eroi di Palazzo Madama la forza interiore, il fegato e la volontà politica di dire no? Di opporsi gridando «Viva il Parlamento»?
Questa è la speranza non di Silvio Berlusconi, ma la speranza ultima della democrazia parlamentare. Perché se il Senato non saprà dire di no, se voterà come il pastore del gregge ordina, allora la sorte è segnata perché se le volpi - come diceva Craxi- finiscono i pellicceria, le pecore finiscono in macelleria.
******
2. APPELLO ALLE PERSONE DI MERDA
Alessandro Gilioli per http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/
Era inevitabile che ci si arrivasse, oggi eccolo qui: l'appello ai 101 piddini che impallinarono Prodi perché ora salvino Berlusconi.
Lo lancia il Giornale questa mattina, tramite Paolo Guzzanti che li definisce ‘patrioti', ne esalta il gesto come ‘atto di vitalità del Parlamento' e a loro appunto si appella, perché nel voto su Berlusconi 'si varrà la nobilitate del Senato'.
Ora, cosa siano stati i 101, si sa: gente che alla sera ha acclamato in modo unanime la scelta di Prodi al Quirinale e che di notte ha organizzato - con una regia - l'imboscata anonima. Il piano ha funzionato perfettamente: non solo per gli esiti sul Colle ma soprattutto per ottenere quello a cui i 101 puntavano, cioè le larghe intese.
Insomma, persone di merda, proprio in termini umani: e sto parlando ovviamente del metodo scelto per ottenere i loro obiettivi, che sarebbero stati leciti se perseguiti alla luce del sole.
Adesso si guarda di nuovo a loro, o meglio a quanti tra loro stanno in Senato.
In apparenza, questa volta non gli converrebbe salvare il Cav., per il semplice fatto che questo salvataggio - se fosse palesemente dovuto a loro - polverizzerebbe il partito che li ha eletti.
Però, però.
Però se si arrivasse al voto in aula con il governo Letta ancora in piedi, potrebbe succedere di tutto e per questo il Giornale lancia il suo appello.
Ad esempio, gente che di nascosto vota contro la decadenza per il terrore che finisca anticipatamente la legislatura e quindi addio poltrona a Palazzo Madama. Gente che nei giorni precedenti viene contattata dall'uomo più ricco d'Italia e magari ha qualche mutuo da estinguere. Gente affezionata alle larghe intese per i più svariati motivi, compresi i rapporti con lobby che non vogliono la crisi a nessun costo. E così via.
Non sarebbe poi difficile alzare nebbia sul tutto attribuendo un eventuale salvataggio di B. a un disegno politico dell'opposizione, come ha già preventivamente fatto ieri Giovanardi rimestando nel torbido che gli è proprio, o comunque accusando altri, io non c'entro, è stata la corrente avversaria.
Insomma, quello del Giornale di oggi non è solo un appello ai 101: è proprio un appello alle persone di merda.
Del resto Berlusconi ha salvato così il suo ultimo governo, meno di tre anni fa: non stupisce che ci riprovi adesso.
14 SET 2013 17:37
TORNA LA CARICA DEI 101 FRANCHI TRADITORI - PAOLO GUZZANTI: “AVETE AMMAZZATO PRODI, ORA SALVATE BERLUSCONI” - GILIOLI: “UN APPELLO ALLE PERSONE DI MERDA”
L’autore di “Mignottocrazia” si rivolge ai piddini che affossarono Prodi candidato al Quirinale: “siate autonomi, andate alla riscossa contro l’antiparlamentarismo e votate ‘no’ alla decadenza di B.” - Gilioli: “Berlusconi salvò così il suo governo nel 2010. E molti nel Pd vogliono la sopravvivenza delle larghe intese”…
(Quando i figli sono meglio del padre - ndt)
1. SOLO SALVANDO BERLUSCONI IL PARLAMENTO POTRÀ SALVARSI
Paolo Guzzanti per "il Giornale"
Alla fine a dire sì o no alla decadenza di Silvio Berlusconi non sarà la giunta assediata dal bivacco dei media, ma l'assemblea del Senato con voto segreto. Qualche settimana fa scrissi un articolo sull'orgoglio del Senato, sul primato del Parlamento, sul dovere del Senato a dare prova di rabbiosa autonomia, di privilegiata libertà, di riscossa nei confronti dell'antiparlamentarismo.
Ieri ho cominciato a leggere con una punta di diffidenza l'articolo di Feltri sulla «bontà» dell'attuale Costituzione, in risposta alla crociata conservatrice del Fatto Quotidiano . Diffidenza che si è subito dissipata perché Feltri ricorre all'espediente retorico di dare ragione al quotidiano di Padellaro sulla bontà della Carta costituzionale, per sostenere che tanto patriottismo costituzionale deve ricondurre alla Carta originaria, non a quella già manomessa.
Io, come qualche lettore ricorderà, vorrei che la Carta fosse riscritta da capo a cominciare dall'articolo primo per affermare che la nostra Repubblica è fondata non sul lavoro- cosa che non significa nulla, visto che non si dice chi dovrebbe fornire i posti di lavoro, se il lavoro fosse davvero un diritto ma sulla libertà e la dignità del singolo cittadino. Feltri difendeva la versione originale della Cos tituzione che conteneva la tutela dei rappresentanti del popolo, per impedire che fossero mangiati vivi da poteri che non discendono dalla legittimazione democratica, ma dalla legittimazione burocratica, compresa quella dei magistrati.
La tutela della libertà politica degli eletti del popolo è un cardine di tutte le democrazie: il Parlamento non concede i suoi figli agli sbirri, non concede i suoi eletti alle galere, non abbandona i suoi membri all'esecutore di giustizia i cui carpentieri erigono il palco sotto le finestre del Palazzo. Il nostro Parlamento non cedeva.
Non cedeva il deputato comunista Moranino che dopo la fine della guerra aveva assassinato delle donne che avrebbero potuto testimoniare contro di lui, ma c'è di più: quando Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi furono condannati nel processo che li vide imputati per aver sostenuto la tesi di un colpo di Stato ordito dal presidente Segni e dal generale De Lorenzo nel 1964, entrambi furono consegnati alla protezione del Parlamento, affinché non andassero in galera, dall'allora segretario del Partito socialista italiano, Giacomo Mancini. E quella sottrazione alla galera fu considerata allora una riaffermazione energica e orgogliosa del primato del Parlamento.
C'è di più: nel maggio del 1972 il Manifesto candidò Pietro Valpreda alle elezioni politche per farlo tornare libero dopo tre anni di detenzione con l'accusa di strage per l'attentato di piazza Fontana. L'anarchico non venne eletto ma uscì ugualmente di galera grazie a una legge votata dal Parlamento nel dicembre di quello stesso anno e che venne ribattezzata appunto «legge Valpreda.
Resta alla storia il fatto che il Parlamento riuscì a sottrarlo alla prigione.
Quando eravamo una democrazia l'immunità non era considerata uno sciocco privilegio della «casta», ma una prerogativa del popolo, lo scudo con cui il cittadino che porta su di sé il sacro peso della delega del sovrano elettore, si difende dai poteri esterni, dal braccio giudiziario dello Stato o da quello dei suoi uffici, polizie, servizi segreti. Il parlamentare era sacro perché il Parlamento è sacro, se anche la democrazia è sacra. Se la libertà del parlamentare non è più sacra, allora il Parlamento è uno zombie e la democrazia è già morta.
La sacralità del Parlamento è stata da tempo stuprata e dunque siamo già molto avanti nel processo di decomposizione della democrazia.
I parlamentari sono rincorsi dai facinorosi nelle strade. La leggenda nera del debito pubblico causato dalle auto blu è stata somministrata in dosi da cavallo al popolo con gli sessi effetti manzoniani della caccia all'untore e della colonna infame. Assaltare il Parlamento e persino scalarlo come l'albero della cuccagna per coprirlo di drappi e scritte, è diventato uno sport. Invocare la galera, anziché la libertà, è diventato uno stile di vita, anzi di morte del Parlamento.
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Tuttavia qualche speranza c'è ancora: abbiamo assistito pochi mesi fa a una salutare ribellione del Parlamento quando, durante le elezioni del presidente della Repubblica, ben 101 patrioti parlamentari del Partito democratico rifiutarono di eleggere Romano Prodi. Fu un atto di vitalità del Parlamento. Fu un atto di normalità del Parlamento.
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Fra poche settimane sarà la stessa aula del Senato, qualsiasi cosa abbia deciso la giunta, a decidere della sorte del suo membro più votato. E lì si varrà la sua nobilitate. Lì si varrà il suo orgoglio, la sua indipendenza. Avranno gli onorevoli senatori, quelli che una volta venivano chiamati anche in tempi moderni patres conscripti , il fegato di mandare al diavolo un ordine, di distruggere la libertà di un rappresentante del popolo e decidere invece di proteggerlo e sottrarlo all'umiliazione degli arresti, per quanto mitigati?
Che faranno i cento e uno che ebbero coraggio pochi mesi fa? Che faranno tutti coloro che sanno che l'unica strada percorribile per questo disgraziato e ingannato Paese è quella di lasciar vivere il governo in carica e dargli la chance di accompagnare i tenui indizi di una piccola ripresa che potrebbe essere distrutta e calpestata da un trauma evitabile? Avranno i nostri eroi di Palazzo Madama la forza interiore, il fegato e la volontà politica di dire no? Di opporsi gridando «Viva il Parlamento»?
Questa è la speranza non di Silvio Berlusconi, ma la speranza ultima della democrazia parlamentare. Perché se il Senato non saprà dire di no, se voterà come il pastore del gregge ordina, allora la sorte è segnata perché se le volpi - come diceva Craxi- finiscono i pellicceria, le pecore finiscono in macelleria.
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2. APPELLO ALLE PERSONE DI MERDA
Alessandro Gilioli per http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/
Era inevitabile che ci si arrivasse, oggi eccolo qui: l'appello ai 101 piddini che impallinarono Prodi perché ora salvino Berlusconi.
Lo lancia il Giornale questa mattina, tramite Paolo Guzzanti che li definisce ‘patrioti', ne esalta il gesto come ‘atto di vitalità del Parlamento' e a loro appunto si appella, perché nel voto su Berlusconi 'si varrà la nobilitate del Senato'.
Ora, cosa siano stati i 101, si sa: gente che alla sera ha acclamato in modo unanime la scelta di Prodi al Quirinale e che di notte ha organizzato - con una regia - l'imboscata anonima. Il piano ha funzionato perfettamente: non solo per gli esiti sul Colle ma soprattutto per ottenere quello a cui i 101 puntavano, cioè le larghe intese.
Insomma, persone di merda, proprio in termini umani: e sto parlando ovviamente del metodo scelto per ottenere i loro obiettivi, che sarebbero stati leciti se perseguiti alla luce del sole.
Adesso si guarda di nuovo a loro, o meglio a quanti tra loro stanno in Senato.
In apparenza, questa volta non gli converrebbe salvare il Cav., per il semplice fatto che questo salvataggio - se fosse palesemente dovuto a loro - polverizzerebbe il partito che li ha eletti.
Però, però.
Però se si arrivasse al voto in aula con il governo Letta ancora in piedi, potrebbe succedere di tutto e per questo il Giornale lancia il suo appello.
Ad esempio, gente che di nascosto vota contro la decadenza per il terrore che finisca anticipatamente la legislatura e quindi addio poltrona a Palazzo Madama. Gente che nei giorni precedenti viene contattata dall'uomo più ricco d'Italia e magari ha qualche mutuo da estinguere. Gente affezionata alle larghe intese per i più svariati motivi, compresi i rapporti con lobby che non vogliono la crisi a nessun costo. E così via.
Non sarebbe poi difficile alzare nebbia sul tutto attribuendo un eventuale salvataggio di B. a un disegno politico dell'opposizione, come ha già preventivamente fatto ieri Giovanardi rimestando nel torbido che gli è proprio, o comunque accusando altri, io non c'entro, è stata la corrente avversaria.
Insomma, quello del Giornale di oggi non è solo un appello ai 101: è proprio un appello alle persone di merda.
Del resto Berlusconi ha salvato così il suo ultimo governo, meno di tre anni fa: non stupisce che ci riprovi adesso.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Quando stamani Caterina, Corrado e Sabina Guzzanti avranno letto l’articolo del genitore saranno partiti uno stormo di vaffa, tali da rintronare per qualche ora il rojo Guzzanti.
Anche lui ha fatto la sua marchetta quotidiana.
L’esercito mussulmano sembra pronto alla guerra. O almeno così si intuisce dalle dichiarazioni di questi giorni e soprattutto delle ultime ore.
La schizofrenia bipolare del condottiero si è trasmessa al suo esercito di carta.
Ieri e oggi prevalgono i tamburi di guerra.
La strategia è sempre quella. Come i bambini dell’Asilo Mariuccia i mussulmani accusano i riottosi amici inciucisti del PDc, della responsabilità della caduta del governo se in Giunta prevarrà un voto “””anti Silvio”””.
I mussulmani sanno benissimo cosa potrebbe accadere nei giorni successivi al PDc se votasse per salvare Silviolo.
Lo ha da sempre anticipato Rosy Bindi. Il PDc va al 5 %.
Ergo, chiedere ai PDc di suicidarsi al loro posto è da bambini dell’asilo pure imbecilli.
Ma poi arrivano i messaggini dal Colle e i PDc calano le braghe.
Anche lui ha fatto la sua marchetta quotidiana.
L’esercito mussulmano sembra pronto alla guerra. O almeno così si intuisce dalle dichiarazioni di questi giorni e soprattutto delle ultime ore.
La schizofrenia bipolare del condottiero si è trasmessa al suo esercito di carta.
Ieri e oggi prevalgono i tamburi di guerra.
La strategia è sempre quella. Come i bambini dell’Asilo Mariuccia i mussulmani accusano i riottosi amici inciucisti del PDc, della responsabilità della caduta del governo se in Giunta prevarrà un voto “””anti Silvio”””.
I mussulmani sanno benissimo cosa potrebbe accadere nei giorni successivi al PDc se votasse per salvare Silviolo.
Lo ha da sempre anticipato Rosy Bindi. Il PDc va al 5 %.
Ergo, chiedere ai PDc di suicidarsi al loro posto è da bambini dell’asilo pure imbecilli.
Ma poi arrivano i messaggini dal Colle e i PDc calano le braghe.
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Re: Come se ne viene fuori ?
La lunga agonia italiana - 3
Se fossero vere le parole di Calderoli significherebbe solo che i PDc sono alla canna del gas se vanno chiedere aiuto ai Bobo Maroniti.
14 SET 2013 18:42
PRIMI SEGNI DI STRIZZA - LETTA: “SE CADE IL GOVERNO SI PAGA L’IMU” - CALDEROLI: “CI HANNO CHIESTO I VOTI DELLA LEGA”
Al premier tocca imitare il Banana (meglio l’originale, allora): “Senza di noi, pagate le tasse”. E fa il suo ricatto alla Giunta: “Non metterà in crisi il governo” - Calderoli: “Ci hanno avvicinato per avere i nostri voti per un nuovo governo. Ma mi vedete in Consiglio dei Ministri accanto alla Kyenge?...
1. CALDEROLI: "CI HANNO CHIESTO I VOTI AL SENATO PER UN NUOVO GOVERNO"
Luca Romano per http://www.ilgiornale.it
Se la maggioranza delle larghe intese dovesse saltare cosa accadrebbe? A rigor di logica dovremmo tornare al voto e ridare la parola agli italiani.
Ma è certo che le proveranno di tutte per evitarlo, dando vita a un governicchio per prendere tempo e, magari, fare soltanto una cosa, la nuova legge elettorale. Ci sono già i lavori in corso per evitare di arrivare impreparati in caso di caduta dell'esecutivo. La conferma arriva da Roberto Calderoli, senatore della Lega:"Sono venuti a chiedermi i voti dei nostri senatori per un altro governo - racconta a margine di una festa del Carroccio -. Ho detto sì, se ci date il premier e qualche ministro importante... ma va, non ci casco, sarebbe un tradimento dei nostri militanti. E poi mi vedete in Cdm accanto alla Kyenge?".
"Al di là delle dichiarazioni - ha aggiunto Calderoli - che fanno sulla durata del governo e sulla sua stabilità, sono venuti a chiedere i nostri voti, che al Senato sarebbero un numero perfetto per integrare la maggioranza che dovesse venir meno con l'uscita del Pdl. Vuol dire che ci stanno già pensando e se lo hanno fatto con noi lo stanno facendo anche con altri. La campagna acquisti non c'è solo nel calciomercato". Calderoli ha poi ribadito che "non siamo disponibili a sostenere alcun governo che in questo momento possa passare. Stanno massacrando di tasse il Paese, soprattutto il nord".
2. LETTA, CON CRISI GOVERNO IMU SI PAGHERA' - 'MERCOLEDÌ, QUANDO GIUNTA VOTERA' SUL CAV NON CAPITERÀ NULLA CHE METTERÀ IN CRISI IL GOVERNO'
Da http://www.ansa.it
"Noi non possiamo più permetterci giochi politici e l'instabilità basata sui giochi politici. I costi dei giochi politici minano la ripresa". Così il premier Enrico Letta alla festa dell'Udc di Chianciano.
"Dal tema stabilità ed instabilità dipende tutto. Se non c'è la stabilità, noi non ce la caviamo e Non c'è alcuna possibilità di farcela. Non me ne frega niente delle prese in giro" ha detto ancora Letta
"Se il governo cade, i decreti sull' Imu non verranno convertiti e quindi i cittadini dovranno pagare l'Imu" ha sottolineato il premier
"Io penso che nessuno si prenderà la responsabilità di mandare all'aria il governo perché è una responsabilità troppo grossa e poi va spiegata agli italiani: bisogna spiegargli perché non si faranno tutte queste cose" ha spiegato Letta
Con la Legge di stabilita' ci sara' un ''taglio del costo del lavoro con un intervento sul cuneo fiscale per far ripartire consumi e economia'': ha assicurato Letta. Questo qualora il governo resti in sella, altrimenti ''la legge di stabilita' la scriveranno - dice - a Bruxelles''.
"Non ho dubbi che se il governo cade la legge di stabilità la scrivono a Bruxelles. Per un motivo molto semplice, che abbiamo la stessa moneta" degli altri Paesi Ue' ha spiegato
''Sono assolutamente convinto che mercoledì'' quando la Giunta per le Immunità del Senato dovrà votare sul caso Berlusconi, ''non capiterà nulla che metterà in crisi il governo". Non ci saranno conseguenze "a dispetto del giudizio Giunta. La mia previsione è che non c'è nulla che metta in crisi il governo" ha detto Letta
"L'unica strada per uscire da impasse è togliere la testa da sotto la sabbia, liberarci dalla sindrome dello struzzo: ce la possiamo fare, oggi più che mai, a patto che usciamo dagli alibi e che la colpa è sempre di altri". Così Enrico Letta, da Bari, a proposito del Mezzogiorno e, più in generale del Paese.
"Cultura e turismo rappresentano uno dei grandi 'obiettivi Paese' che vogliamo portare avanti con determinazione", ha detto poi Letta sottolineando che il primo divario da colmare fra nord e sud è quello della scuola.
"Questi sono fatti non annunci, sono fatti: lo dico a tutti quelli che raccontano altre storie", ha aggiunto il premier elencando i risultati raggiunti dal governo, risponde alle critiche al governo.
"L'Italia è in bilico e ho preferito fare un ragionamento con spigoli e asprezze", ma penso che "per farcela si debba partire dal Sud", perché "pensare che l'Italia si salva a scapito del Sud è una strategia che combatto con tutte le mie forze". Lo ha detto il premier Enrico Letta a Bari.
''Non ho accettato l'incarico con la logica della manutenzione ordinaria perché il Paese ha bisogno di cambiamento radicale'', ha affermato il premier.
''La Legge di stabilita' la scriviamo noi, non viene piu' scritta in Europa perche' siamo usciti dalla procedura per deficit eccessivo'', ha spiegato il presidente del Consiglio.
''Per farcela serve la serietà di dire che non servono annunci choc, ricette miracolistiche e soprattutto uomini della provvidenza'', ha detto il premier alla Fiera del Levante e chiedendosi ''ma quanti uomini della provvidenza il Mezzogiorno ha coltivato e quante delusioni?''.
Schifani, maggioranza? Se strappi vedremo - La maggioranza al governo terrà? "Occorrerà verificare se dopo eventuali strappi che si stanno consumando quotidianamente sull'alterazione dei tempi della prassi" nel caso Berlusconi "vi saranno i margini della convivenza". Così il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani ai cronisti a margine della festa dell'Udc. "Io ho denunciato questi aspetti nel mese di agosto. Io ho sempre sostenuto questo governo, lo ha sempre sostenuto Berlusconi", ma "una cosa è l'auspicio e la volontà di dare al Paese un governo che abbiamo fortemente voluto, altra cosa è verificare la possibilità di una convivenza dopo il clima che si è instaurato in Senato", ha aggiunto Schifani.
La premessa è che Silvio Berlusconi non staccherà la spina del governo. Solo così si capisce il senso del messaggio che Enrico Letta decide di recapitare - stavolta principalmente al Pd - dal palco di Scelta Civica. Un messaggio destinato a quanti, dietro le quinte, remano contro il suo governo: basta vergognarsi delle larghe intese perché in tutti i paesi europei le grandi coalizioni nascono con l'obiettivo di fare quelle riforme che nessun partito, da solo, può realizzare.
A cominciare dall'ammodernamento di quella carta costituzionale che è certamente "la più bella del mondo" nella sua prima parte, ma non nella seconda visto che contiene alcune "follie" come ad esempio il bicameralismo perfetto. Parole che dimostrano due cose. Primo: il presidente del Consiglio avverte il rischio che l'infinito dibattito sul destino di Berlusconi monopolizzi l'attenzione politica e dei media, relegando in secondo piano l'azione del governo. Secondo: riconosce che il governo ha bisogno di una "svolta" e promette che questa ci sarà a partire dalla legge di stabilità, che dovrà tagliare il costo del lavoro abbattendo il cuneo fiscale.
E non è un caso che dica queste cose proprio alla Festa del partito di Mario Monti. L'ex premier lo elogia, definendolo il "miglior successore possibile", ma lo incalza anche a non cedere mai più ai diktat dei partiti di maggioranza, come avvenuto sull'Imu. La risposta di Letta parte da una disamina di quanto realizzato dal governo. Difende le scelte fatte, ricordando i risultati raggiunti. Nel farlo lancia la prima stoccata, che sembra diretta a Matteo Renzi: "Se c'e' una cose che detesto è la politica fatta di battute", soprattutto quanto la gente si attende risposte concrete.
Ricorda il "sacrificio" di Napolitano e mette in guardia sui rischi di "impazzimento politico". Ma soprattutto rivendica il diritto-dovere di ammodernare la Costituzione, contro il "conservatorismo istituzionale". Ribadisce poi la necessità di cambiare la legge elettorale, sottolineando di non voler restare a palazzo Chigi unicamente perché non si può andare a votare con il 'porcellum'. Promette che la service tax, che dall'anno prossimo sostituirà l'Imu, sarà più "equa" e "giusta".
Sottolinea che all'Italia serve una politica industriale, ricordando quanto si siano pentiti quei Paesi che hanno abbandonato il comparto manufatturiero. Contesta il motto tremontiano secondo cui con la cultura non si mangia, sostenendo che deve essere un volano per lo sviluppo. Ed assicura Monti sul fatto che proseguirà sulla strada del risanamento, puntando però ad una maggiore crescita.
Ma il cuore del suo intervento è sulla necessità di credere in quello che si sta facendo. Un richiamo soprattutto a quelle componenti del Pd - renziani certamente, ma anche dalemiani e bersaniani - che mal digeriscono l'alleanza con il Pdl e che (forse è proprio questo il timore inconfessato di Letta) potrebbero decidere di puntare al voto a marzo spartendosi segreteria e governo.
''A volte - avverte Letta in uno dei passaggi più applauditi - ho l'impressione di essere un campo di battaglia in cui se le danno di santa ragione. Cosi' non funziona, non si va da nessuna parte". Bisognerebbe al contrario usare questo "percorso fino in fondo" per cercare di"trovare compromessi" cha facciano avanzare il Paese. "Nessuno - aggiunge ironico - si prenderà un virus o sarà contagiato: non dobbiamo vergognarci di quello che stiamo facendo" perchè stiamo lavorando per il cambiamento del Paese con "risultati potenzialmente rivoluzionari". A patto che, aggiunge con quello che pare un implicito riferimento al sindaco di Firenze, "si voglia davvero cambiare l'Italia" perché "quando sento certe critiche" penso che ci sia anche chi "preferisce che tutto resti così".
Letta, non sforeremo 3%; debito incubo,essere credibili
Ripresa c'è, afferriamola. Indebitamento +84 mld da gennaio
L'Italia non sforerà il tetto del 3%. Enrico Letta ribadisce senza mezzi termini l'impegno preso sin dall'insediamento del suo governo nel momento di chiedere la fiducia al Parlamento, tentando così di fugare i timori espressi dalla Banca centrale europea. ''Ci sono tutte le condizioni perché non si sfori il 3%'', ha scandito chiaramente il presidente del Consiglio, dopo aver incassato la fiducia espressa in questo senso dal commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn.
A Vilnius per l'Ecofin, il rappresentante della Commissione ha mostrato di apprezzare le rassicurazioni di Letta e del ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, anche lui convinto che il rispetto del 3% sia ''fuori discussione'', ma ha anche inevitabilmente constatato che i dati economici italiani ''non sono buoni''. Il calo del pil nel secondo trimestre e l'avvio tutt'altro che incoraggiante del terzo (con la produzione industriale crollata a luglio dell'1,1% su giugno e del 4,3% su luglio 2012) pesano sulle prospettive di ripresa dell'economia italiana, che ha bisogno impellente di riforme strutturali.
Cosi' come pesano le turbolenze politiche, perché ''per assicurare il ritorno alla crescita è essenziale la stabilità politica'', ha proseguito Rehn, servendo di fatto un altro assist al premier. ''Il Paese - ha quindi sottolineato Letta - è credibile se mantiene i suoi impegni, con serietà, per questo dobbiamo impegnarci per continuare ad essere credibili, non dare l'idea che ogni giorno si e' sull'orlo di un vulcano in ebollizione''.
Il presidente del Consiglio si è detto certo che alla fine, al di là dell'esito del voto sulla decadenza di Berlusconi, ''il buon senso prevarrà''. Anche perché proseguire sulla strada intrapresa è l'unico modo per assicurare il ritorno alla crescita: ''la ripresa c'è, è qui'', ma bisogna ''andarla a prendere, afferrarla''. La vera preoccupazione sembra dunque piuttosto un'altra. Il vero ''incubo per chi governa il Paese in questo momento'' si chiama debito pubblico. Un gigante che ''si mangia il futuro''.
I dati di Bankitalia di oggi hanno certificato un calo congiunturale ma lo stock di indebitamento del nostro Paese rimane enorme: 2.072,863 miliardi di euro a luglio, in diminuzione di appena 2,3 miliardi rispetto al mese precedente, ma in aumento di 84 miliardi rispetto all'inizio del 2012.
''Per pagare i debiti bisogna essere credibili, - ha ribadito - perché nessuno ci compra il debito se non lo siamo. Ma se non ci comprano il debito, non ce la facciamo''. Parole preoccupanti, smorzate in parte da Saccomanni, ancora una volta più ottimista sul futuro dell'economia italiana e della finanza pubblica. La tensione c'è e si sente, ha ammesso il ministro, ed è testimoniata non solo dall'attenzione dei mercati, ma anche degli altri ministri europei presenti a Vilnius. Il livello degli spread non è poi così aumentato nonostante le difficoltà politiche e le aste dei titoli di Stato italiani sono andate ''complessivamente bene''..
Se fossero vere le parole di Calderoli significherebbe solo che i PDc sono alla canna del gas se vanno chiedere aiuto ai Bobo Maroniti.
14 SET 2013 18:42
PRIMI SEGNI DI STRIZZA - LETTA: “SE CADE IL GOVERNO SI PAGA L’IMU” - CALDEROLI: “CI HANNO CHIESTO I VOTI DELLA LEGA”
Al premier tocca imitare il Banana (meglio l’originale, allora): “Senza di noi, pagate le tasse”. E fa il suo ricatto alla Giunta: “Non metterà in crisi il governo” - Calderoli: “Ci hanno avvicinato per avere i nostri voti per un nuovo governo. Ma mi vedete in Consiglio dei Ministri accanto alla Kyenge?...
1. CALDEROLI: "CI HANNO CHIESTO I VOTI AL SENATO PER UN NUOVO GOVERNO"
Luca Romano per http://www.ilgiornale.it
Se la maggioranza delle larghe intese dovesse saltare cosa accadrebbe? A rigor di logica dovremmo tornare al voto e ridare la parola agli italiani.
Ma è certo che le proveranno di tutte per evitarlo, dando vita a un governicchio per prendere tempo e, magari, fare soltanto una cosa, la nuova legge elettorale. Ci sono già i lavori in corso per evitare di arrivare impreparati in caso di caduta dell'esecutivo. La conferma arriva da Roberto Calderoli, senatore della Lega:"Sono venuti a chiedermi i voti dei nostri senatori per un altro governo - racconta a margine di una festa del Carroccio -. Ho detto sì, se ci date il premier e qualche ministro importante... ma va, non ci casco, sarebbe un tradimento dei nostri militanti. E poi mi vedete in Cdm accanto alla Kyenge?".
"Al di là delle dichiarazioni - ha aggiunto Calderoli - che fanno sulla durata del governo e sulla sua stabilità, sono venuti a chiedere i nostri voti, che al Senato sarebbero un numero perfetto per integrare la maggioranza che dovesse venir meno con l'uscita del Pdl. Vuol dire che ci stanno già pensando e se lo hanno fatto con noi lo stanno facendo anche con altri. La campagna acquisti non c'è solo nel calciomercato". Calderoli ha poi ribadito che "non siamo disponibili a sostenere alcun governo che in questo momento possa passare. Stanno massacrando di tasse il Paese, soprattutto il nord".
2. LETTA, CON CRISI GOVERNO IMU SI PAGHERA' - 'MERCOLEDÌ, QUANDO GIUNTA VOTERA' SUL CAV NON CAPITERÀ NULLA CHE METTERÀ IN CRISI IL GOVERNO'
Da http://www.ansa.it
"Noi non possiamo più permetterci giochi politici e l'instabilità basata sui giochi politici. I costi dei giochi politici minano la ripresa". Così il premier Enrico Letta alla festa dell'Udc di Chianciano.
"Dal tema stabilità ed instabilità dipende tutto. Se non c'è la stabilità, noi non ce la caviamo e Non c'è alcuna possibilità di farcela. Non me ne frega niente delle prese in giro" ha detto ancora Letta
"Se il governo cade, i decreti sull' Imu non verranno convertiti e quindi i cittadini dovranno pagare l'Imu" ha sottolineato il premier
"Io penso che nessuno si prenderà la responsabilità di mandare all'aria il governo perché è una responsabilità troppo grossa e poi va spiegata agli italiani: bisogna spiegargli perché non si faranno tutte queste cose" ha spiegato Letta
Con la Legge di stabilita' ci sara' un ''taglio del costo del lavoro con un intervento sul cuneo fiscale per far ripartire consumi e economia'': ha assicurato Letta. Questo qualora il governo resti in sella, altrimenti ''la legge di stabilita' la scriveranno - dice - a Bruxelles''.
"Non ho dubbi che se il governo cade la legge di stabilità la scrivono a Bruxelles. Per un motivo molto semplice, che abbiamo la stessa moneta" degli altri Paesi Ue' ha spiegato
''Sono assolutamente convinto che mercoledì'' quando la Giunta per le Immunità del Senato dovrà votare sul caso Berlusconi, ''non capiterà nulla che metterà in crisi il governo". Non ci saranno conseguenze "a dispetto del giudizio Giunta. La mia previsione è che non c'è nulla che metta in crisi il governo" ha detto Letta
"L'unica strada per uscire da impasse è togliere la testa da sotto la sabbia, liberarci dalla sindrome dello struzzo: ce la possiamo fare, oggi più che mai, a patto che usciamo dagli alibi e che la colpa è sempre di altri". Così Enrico Letta, da Bari, a proposito del Mezzogiorno e, più in generale del Paese.
"Cultura e turismo rappresentano uno dei grandi 'obiettivi Paese' che vogliamo portare avanti con determinazione", ha detto poi Letta sottolineando che il primo divario da colmare fra nord e sud è quello della scuola.
"Questi sono fatti non annunci, sono fatti: lo dico a tutti quelli che raccontano altre storie", ha aggiunto il premier elencando i risultati raggiunti dal governo, risponde alle critiche al governo.
"L'Italia è in bilico e ho preferito fare un ragionamento con spigoli e asprezze", ma penso che "per farcela si debba partire dal Sud", perché "pensare che l'Italia si salva a scapito del Sud è una strategia che combatto con tutte le mie forze". Lo ha detto il premier Enrico Letta a Bari.
''Non ho accettato l'incarico con la logica della manutenzione ordinaria perché il Paese ha bisogno di cambiamento radicale'', ha affermato il premier.
''La Legge di stabilita' la scriviamo noi, non viene piu' scritta in Europa perche' siamo usciti dalla procedura per deficit eccessivo'', ha spiegato il presidente del Consiglio.
''Per farcela serve la serietà di dire che non servono annunci choc, ricette miracolistiche e soprattutto uomini della provvidenza'', ha detto il premier alla Fiera del Levante e chiedendosi ''ma quanti uomini della provvidenza il Mezzogiorno ha coltivato e quante delusioni?''.
Schifani, maggioranza? Se strappi vedremo - La maggioranza al governo terrà? "Occorrerà verificare se dopo eventuali strappi che si stanno consumando quotidianamente sull'alterazione dei tempi della prassi" nel caso Berlusconi "vi saranno i margini della convivenza". Così il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani ai cronisti a margine della festa dell'Udc. "Io ho denunciato questi aspetti nel mese di agosto. Io ho sempre sostenuto questo governo, lo ha sempre sostenuto Berlusconi", ma "una cosa è l'auspicio e la volontà di dare al Paese un governo che abbiamo fortemente voluto, altra cosa è verificare la possibilità di una convivenza dopo il clima che si è instaurato in Senato", ha aggiunto Schifani.
La premessa è che Silvio Berlusconi non staccherà la spina del governo. Solo così si capisce il senso del messaggio che Enrico Letta decide di recapitare - stavolta principalmente al Pd - dal palco di Scelta Civica. Un messaggio destinato a quanti, dietro le quinte, remano contro il suo governo: basta vergognarsi delle larghe intese perché in tutti i paesi europei le grandi coalizioni nascono con l'obiettivo di fare quelle riforme che nessun partito, da solo, può realizzare.
A cominciare dall'ammodernamento di quella carta costituzionale che è certamente "la più bella del mondo" nella sua prima parte, ma non nella seconda visto che contiene alcune "follie" come ad esempio il bicameralismo perfetto. Parole che dimostrano due cose. Primo: il presidente del Consiglio avverte il rischio che l'infinito dibattito sul destino di Berlusconi monopolizzi l'attenzione politica e dei media, relegando in secondo piano l'azione del governo. Secondo: riconosce che il governo ha bisogno di una "svolta" e promette che questa ci sarà a partire dalla legge di stabilità, che dovrà tagliare il costo del lavoro abbattendo il cuneo fiscale.
E non è un caso che dica queste cose proprio alla Festa del partito di Mario Monti. L'ex premier lo elogia, definendolo il "miglior successore possibile", ma lo incalza anche a non cedere mai più ai diktat dei partiti di maggioranza, come avvenuto sull'Imu. La risposta di Letta parte da una disamina di quanto realizzato dal governo. Difende le scelte fatte, ricordando i risultati raggiunti. Nel farlo lancia la prima stoccata, che sembra diretta a Matteo Renzi: "Se c'e' una cose che detesto è la politica fatta di battute", soprattutto quanto la gente si attende risposte concrete.
Ricorda il "sacrificio" di Napolitano e mette in guardia sui rischi di "impazzimento politico". Ma soprattutto rivendica il diritto-dovere di ammodernare la Costituzione, contro il "conservatorismo istituzionale". Ribadisce poi la necessità di cambiare la legge elettorale, sottolineando di non voler restare a palazzo Chigi unicamente perché non si può andare a votare con il 'porcellum'. Promette che la service tax, che dall'anno prossimo sostituirà l'Imu, sarà più "equa" e "giusta".
Sottolinea che all'Italia serve una politica industriale, ricordando quanto si siano pentiti quei Paesi che hanno abbandonato il comparto manufatturiero. Contesta il motto tremontiano secondo cui con la cultura non si mangia, sostenendo che deve essere un volano per lo sviluppo. Ed assicura Monti sul fatto che proseguirà sulla strada del risanamento, puntando però ad una maggiore crescita.
Ma il cuore del suo intervento è sulla necessità di credere in quello che si sta facendo. Un richiamo soprattutto a quelle componenti del Pd - renziani certamente, ma anche dalemiani e bersaniani - che mal digeriscono l'alleanza con il Pdl e che (forse è proprio questo il timore inconfessato di Letta) potrebbero decidere di puntare al voto a marzo spartendosi segreteria e governo.
''A volte - avverte Letta in uno dei passaggi più applauditi - ho l'impressione di essere un campo di battaglia in cui se le danno di santa ragione. Cosi' non funziona, non si va da nessuna parte". Bisognerebbe al contrario usare questo "percorso fino in fondo" per cercare di"trovare compromessi" cha facciano avanzare il Paese. "Nessuno - aggiunge ironico - si prenderà un virus o sarà contagiato: non dobbiamo vergognarci di quello che stiamo facendo" perchè stiamo lavorando per il cambiamento del Paese con "risultati potenzialmente rivoluzionari". A patto che, aggiunge con quello che pare un implicito riferimento al sindaco di Firenze, "si voglia davvero cambiare l'Italia" perché "quando sento certe critiche" penso che ci sia anche chi "preferisce che tutto resti così".
Letta, non sforeremo 3%; debito incubo,essere credibili
Ripresa c'è, afferriamola. Indebitamento +84 mld da gennaio
L'Italia non sforerà il tetto del 3%. Enrico Letta ribadisce senza mezzi termini l'impegno preso sin dall'insediamento del suo governo nel momento di chiedere la fiducia al Parlamento, tentando così di fugare i timori espressi dalla Banca centrale europea. ''Ci sono tutte le condizioni perché non si sfori il 3%'', ha scandito chiaramente il presidente del Consiglio, dopo aver incassato la fiducia espressa in questo senso dal commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn.
A Vilnius per l'Ecofin, il rappresentante della Commissione ha mostrato di apprezzare le rassicurazioni di Letta e del ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, anche lui convinto che il rispetto del 3% sia ''fuori discussione'', ma ha anche inevitabilmente constatato che i dati economici italiani ''non sono buoni''. Il calo del pil nel secondo trimestre e l'avvio tutt'altro che incoraggiante del terzo (con la produzione industriale crollata a luglio dell'1,1% su giugno e del 4,3% su luglio 2012) pesano sulle prospettive di ripresa dell'economia italiana, che ha bisogno impellente di riforme strutturali.
Cosi' come pesano le turbolenze politiche, perché ''per assicurare il ritorno alla crescita è essenziale la stabilità politica'', ha proseguito Rehn, servendo di fatto un altro assist al premier. ''Il Paese - ha quindi sottolineato Letta - è credibile se mantiene i suoi impegni, con serietà, per questo dobbiamo impegnarci per continuare ad essere credibili, non dare l'idea che ogni giorno si e' sull'orlo di un vulcano in ebollizione''.
Il presidente del Consiglio si è detto certo che alla fine, al di là dell'esito del voto sulla decadenza di Berlusconi, ''il buon senso prevarrà''. Anche perché proseguire sulla strada intrapresa è l'unico modo per assicurare il ritorno alla crescita: ''la ripresa c'è, è qui'', ma bisogna ''andarla a prendere, afferrarla''. La vera preoccupazione sembra dunque piuttosto un'altra. Il vero ''incubo per chi governa il Paese in questo momento'' si chiama debito pubblico. Un gigante che ''si mangia il futuro''.
I dati di Bankitalia di oggi hanno certificato un calo congiunturale ma lo stock di indebitamento del nostro Paese rimane enorme: 2.072,863 miliardi di euro a luglio, in diminuzione di appena 2,3 miliardi rispetto al mese precedente, ma in aumento di 84 miliardi rispetto all'inizio del 2012.
''Per pagare i debiti bisogna essere credibili, - ha ribadito - perché nessuno ci compra il debito se non lo siamo. Ma se non ci comprano il debito, non ce la facciamo''. Parole preoccupanti, smorzate in parte da Saccomanni, ancora una volta più ottimista sul futuro dell'economia italiana e della finanza pubblica. La tensione c'è e si sente, ha ammesso il ministro, ed è testimoniata non solo dall'attenzione dei mercati, ma anche degli altri ministri europei presenti a Vilnius. Il livello degli spread non è poi così aumentato nonostante le difficoltà politiche e le aste dei titoli di Stato italiani sono andate ''complessivamente bene''..
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Re: Come se ne viene fuori ?
La lunga agonia italiana - 4
'MERCOLEDÌ, QUANDO GIUNTA VOTERA' SUL CAV NON CAPITERÀ NULLA CHE METTERÀ IN CRISI IL GOVERNO'
Da http://www.ansa.it
Da buon pretino di sacrestia, il democristiano Letta non chiarisce mai un,…….tubo. (E' questo che significa essere moderati?????)
Cosa significa che non capiterà nulla che metterà in crisi il governo?
Significa che i Fratelli mussulmani sono degli autentici barlafusi, dei chiacchieroni che minacciano, minacciano come ha fatto ieri Schifani replicando duramente a Latorre oggi alla festa di Pierfurby??????
Si tratta di gente che intende solo intimorire e poi non conclude mai niente???????
Vuole solo incuterti paura a suon di minacce???????
Ma le dilatazioni che hanno ottenuto in questi giorni i mussulmani sono vittorie loro e non degli antiberlusconiani.
Oppure quello del nipote del Conte zio, è solo un’avvertimento di stampo mafioso agli antiberlusconiani della Giunta che sono la maggioranza?????
“State attenti a quello che fate,……………….non fate cadere il mio governicchio, se no zio Giorgio si arrabbia”
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Significa che i Fratelli mussulmani sono degli autentici barlafusi, dei chiacchieroni che minacciano, minacciano come ha fatto ieri Schifani replicando duramente a Latorre oggi alla festa di Pierfurby??????
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Oppure quello del nipote del Conte zio, è solo un’avvertimento di stampo mafioso agli antiberlusconiani della Giunta che sono la maggioranza?????
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Re: Come se ne viene fuori ?
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Il mago Lettix
Veritometro - Letta: "Se il Cav decade, il mio governo resta in piedi"
"Qualunque cosa accada mercoledì con la decadenza di Berlusconi non penso che metterà in crisi questo governo", lo ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta dalla festa dell'Udc.
Da "0" a "100" quanto ci credi?
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Ci credono in pochini
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Re: Come se ne viene fuori ?
Da Forebase:
Otto e Mezzo - Puntata 13/09/2013
L'uomo che sussurrava al Papa
http://www.forebase.com/network/home?ne ... 2500010001
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