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Re: NO AL CONTANTE E AL SEGRETO BANCARI-RIF. RADICALE DEL FI

Inviato: 22/05/2015, 17:27
da pancho
iospero ha scritto:Caro pancho,
non ero a conoscenza del Bail In e del Bail Out, tuttavia non credo che cambi molto perché
se una banca rischia il default, i primi a dover sborsare il proprio denaro saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento) e dai depositi bancari superiori ai 100mila euro. La direttiva dunque garantisce solo i depositi inferiori a tale soglia.

Mi sembra che la maggior parte dei cittadini lasci nei depositi bancari somme di molto inferiori a € 100.000,
per cui il problema non cambia di molto.
LO SPORTELLO
Bail in, quello che le banche non dicono
I correntisti-creditori sono chiamati, oltre una certa soglia, a salvarle in caso di default. La norma risale a due anni fa. Ma il primo a parlarne in Italia è stato Visco, settimana scorsa.
a settimana scorsa abbiamo affrontato il tema della trasparenza nei rapporti bancari ricordando soprattutto che la sua assenza si manifesta attraverso tre modalità: carenza di informazione (si tace riguardo alcuni aspetti riguardanti contratti, accordi, caratteristiche di prodotti, eccetera), utilizzo di 'banchese' (linguaggio criptico e complesso per non far capire), comunicazione fuorviante (si affrontano solo taluni aspetti dei prodotti bancari inducendo in inganno il cliente).
E ci siamo posti il quesito: si eviterà questo per il bail in? Saranno date tutte le informazioni al cittadino? In quali tempi?
Come riportato dal Sole 24 ore per bail in, in linea generale, s'intende il salvataggio di un Paese o del suo sistema bancario dall'interno. L'espressione si contrappone al bail out, cioè il salvataggio dall'esterno.
CREDITORI CHIAMATI A SALVARE LE BANCHE. Nella crisi ormai pluriennale che attanaglia l'area euro i primi interventi sono stati all'insegna del bail out, con la Ue corsa al capezzale della Grecia. Con l'aggravarsi della crisi di Atene però alcuni Paesi hanno iniziato a ventilare l'idea di coinvolgere i cittadini nei salvataggi per non far ricadere l'intero costo sulle spalle dei contribuenti dei Paesi creditori (in primis la Germania).
In Grecia, per esempio, è stato operato un pesante taglio al valore dei titoli di Stato mentre con la tassa sui depositi a Cipro è stato compiuto un salto di qualità nella strategia del bail in.
In altri e più semplici termini, in caso di crisi sono gli stessi investitori a dover sopportare i costi del salvataggio della banca, e investitori, sia pure in misura diversa, sono non soltanto i soci, ma anche i creditori (cioè i clienti che depositano i loro risparmi in banca), che si vedranno sostituiti ai soci.

LA RIFORMA RESTA SOTTO SILENZIO.
Ma i cittadini italiani hanno il diritto di conoscere quali sono le decisioni prese in sede europea? Soprattutto quelle decisioni che rischiano di costare loro parecchi soldi?
Il fatto più rilevante in termini di comunicazione è che la notizia risale ormai a oltre due anni fa, quando venne varata la norma dopo il salvataggio di Cipro. Ma fino a pochi giorni fa, in Italia nessuno ne ha parlato.
A sollevare la polvere nascosta ci ha pensato Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. La norma stabilita da Bruxelles prevede che, in caso di fallimento di una banca, siano in prima battuta i clienti della stessa a pagare per salvarla. Lo Stato entrerà in gioco solo in un secondo momento.
Il che vuol dire una cosa sola: i nostri conti correnti non sono più garantiti, o almeno non lo sono sopra una certa soglia. E quale sarebbe questa soglia? Lo vogliamo dire ai clienti?
Visco parla di un «sacrificio significativo»

Lo stesso numero uno di Bankitalia ha detto che chiunque decide di versare i propri soldi in banca ha il diritto di conoscere come stanno le cose. Le parole di Ignazio Visco sono chiarissime: «Le banche dovranno adottare un approccio nei confronti della clientela coerente con il cambiamento fondamentale apportato dalle nuove regole, che non consentono d’ora in poi il salvataggio di una banca senza un sacrificio significativo da parte dei suoi creditori».

«Sacrificio significativo» significa soldi, molti soldi a cui rinunciare per salvare un istituto bancario dal default.
A confermare la notizia, anche un tweet pubblicato dall’ufficio stampa della Banca d’Italia: «I clienti andranno pienamente informati del fatto che potrebbero dover contribuire al risanamento di una banca». E le ulteriori parole del governatore che al Senato ha affermato: «Sarebbe stato essenziale che il recepimento delle direttive fosse stato effettuato per tempo. Purtroppo i tempi lunghi ostacolano l’impegno e la partecipazione attiva del nostro Paese al processo di integrazione finanziaria».
SOGLIA FISSATA A 100 MILA EURO. Insomma dobbiamo recepire la direttiva sul bail in e dobbiamo farlo pure in fretta. Ma in cosa consiste questo meccanismo e cosa comporta per i clienti delle banche? In sostanza, il deficit di patrimonio rispetto a quello necessario perché la banca possa continuare ad operare (la cosiddetta soglia minima di patrimonio) viene “trovato” non all’esterno, ma presso gli stessi finanziatori, che vedono i loro crediti convertiti (secondo una sequenza prestabilita, e con esclusione dei depositanti garantiti e pochi altri creditori) in capitale, fino al livello necessario a ristabilire la soglia minima. Per effetto della conversione, i “vecchi” soci sono diluiti o esclusi dalla società. Contemporaneamente, la banca viene ristrutturata dal punto di vista operativo ed è capace di reperire liquidità grazie all’avvenuto rafforzamento patrimoniale.
Scendendo nel dettaglio, se una banca rischia il default, i primi a dover sborsare il proprio denaro saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento) e dai depositi bancari superiori ai 100 mila euro. La direttiva, dunque, garantisce solo i depositi inferiori a tale soglia.

PRIMI BAIL IN ALL'ORIZZONTE? Non dovranno invece partecipare al bail in i possessori di obbligazioni garantite (le ordinarie sono escluse), pensioni e salari dei dipendenti. Ogni Stato membro avrà infine la facoltà di decidere l’esclusione di altre categorie.
Parlando di percentuali: nel caso in cui una banca rischi il fallimento, lo Stato interverrà per salvarla solo dopo che azionisti e creditori avranno pagato l’8% delle passività totali dell’istituto. Lo scopo della norma, è quello di evitare che a pagare siano tutti i contribuenti. In realtà, però, a rimetterci sarà chi deposita i propri soldi.

Questo è il bail in, questo è quello che è stato deciso senza che nessuno ai vertici delle banche si preoccupasse di informare i cittadini italiani. Ma soprattutto mentre, sempre negli ultimi due anni, si è continuato a sostenere qualche aumento di capitale (fatto sottoscrivere a cittadini ignari) di banche italiane che forse saranno le prime a far ricorso al bail In
http://www.lettera43.it/firme/bail-in-q ... 169737.htm
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Dicono che sotto i 100.000 euro i correntisti possono stare al sicuro ma ti sembra che questo possa essere sufficiente visto che ora nulla e' sicuro?
Non mi garba tutto questo perche non possono essere altri a farmi dirottare i risparmi dove vogliono loro.

E se io decidessi di metterli sotto il materasso per avere meno rischi(si fa per dire) perche non lo posso fare?
Non lo posso fare qualora tutto poi debba passare per il bancomat o altro.

Chi sara' in grado di capire quale possa essere la banca piu' sicura se non chi dentro ci lavora o ha dimestichezza di tutto questo?

Certamente, se seguiranno le normative ora in uso in Austria i primi a rimetterci chi saranno?


Moody’s e Standard & Poor’s avvertono : rischio di « bail-in » nelle banche europee nel 2015
http://blognews24ore.com/economia-e-fin ... e-nel-2015

Re: NO AL CONTANTE E AL SEGRETO BANCARI-RIF. RADICALE DEL FI

Inviato: 24/05/2015, 20:17
da iospero
Alla fine bisogna sceglìere il male minore e per me il male minore, con tutti i rischi sempre presenti,
è l'eliminazione del contante.

Re: NO AL CONTANTE E AL SEGRETO BANCARI-RIF. RADICALE DEL FI

Inviato: 11/06/2015, 14:31
da iospero
Uso del contante, il governo dice sì a innalzamento limite oltre mille euro

Il tetto fissato fissato dopo un anni di confronto in Parlamento per combattere il riciclaggio del denaro sporco e contrastare l'evasione fiscale. Partiti divisi a Montecitorio a colpi di mozioni. Ma il premier Renzi si era già dichiarato favorevole alla revisione della soglia. L'ex ministro Visco: "Il governo non sta andando nella giusta direzione"
di Lea Vendramel | 11 giugno 2015

Cambio di rotta in Parlamento. Dopo anni in cui si è assistito ad una progressiva riduzione della soglia limite per l’utilizzo del denaro contante, ora si torna a chiederne una revisione al rialzo. Vanno in questa direzione le cinque mozioni approvate ieri dalla Camera e alle quali il governo ha espresso parere favorevole. Non è una sorpresa d’altra parte, visto che lo stesso premier Matteo Renzi, appena tre mesi fa, si era già dichiarato pronto ad elevare la soglia a 3.000 euro. Oltre a quella del Partito democratico, primo firmatario Sergio Boccadutri, sono passate le mozioni di Maurizio Lupi (Nuovo Centrodestra), Renato Brunetta (Forza Italia), Salvatore Matarrese (Scelta civica) e Daniel Alfreider (gruppo misto). Tutte schierate per l’aumento della cifra massima. Lupi, Brunetta e Alfreider, però, per ottenere il parere favorevole del governo hanno dovuto riformulare i testi sottoposti a votazione. L’esecutivo, rappresentato dal vice ministro dell’Economia Enrico Morando, si è dichiarato favorevole ma non ha voluto accettare vincoli quantitati. Impegno a ritoccare in alto il limite di utilizzo, dunque, ma, come spiega a ilfattoquotidiano.it Morando, «solo dopo l’introduzione a livello comunitario e a livello nazionale di una regolazione che consenta di ridurre drasticamente i costi della carta elettronica».

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ALTI E BASSI Le restrizioni all’uso del contante hanno due finalità: tracciare i movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio di capitali illeciti e combattere l’evasione e l’elusione fiscale. Attualmente il limite all’uso del denaro contante è di 1.000 euro, tetto introdotto dal governo di Mario Monti con il decreto Salva Italia. Una cifra a cui si è arrivati dopo anni di rialzi e ribassi. L’introduzione della prima soglia risale al 1991, quando si stabilì che si potevano effettuare pagamenti in contanti fino a 20 milioni di lire, convertiti poi con decreto ministeriale del 2002 in 12.500 euro. Nel 2008 c’è stata la prima sostanziale riduzione approvata dal governo di Romano Prodi che ha portato la soglia di utilizzo del contante a 5.000 euro, presto rialzata a 12.500 euro dal successivo governo di Silvio Berlusconi. In seguito, però, il tetto è stato più volte rivisto al ribasso, tornando nel 2010 a 5.000 euro per poi scendere l’anno successivo a 2.500. Pochi mesi prima dell’arrivo del governo Monti, che l’ha portato al minimo storico di 1.000 euro. Con una deroga volta a evitare ricadute sul settore turistico: per i non residenti in Italia, infatti, il limite è elevato a 15.000 euro.

MOZIONI AL RIALZO Di mozioni ne erano state presentate nove. Di queste sei puntavano a un innalzamento della soglia. A parte quella del Pd e l’altra di Scelta civica, che non lo quantificavano, limitandosi a chiedere un adeguamento al livello degli altri paesi europei, le altre, prima di essere riformulate come suggerito dal governo, proponevano diverse soluzioni. Se la mozione Alfreider optava per un ritorno al limite di 2.500 euro e la Lega, senza un accordo in sede Ue, riteneva giusto eliminare qualsiasi tetto, sia il Nuovo centrodestra che Forza Italia fissavano a 3.000 euro la nuova soglia. Entrambe le mozioni sottolineavano che «non c’è una stretta correlazione tra l’uso della carta moneta e l’evasione fiscale», facendo un confronto con la situazione europea, dove si contano 11 paesi che non hanno fissato alcun limite, 4 con una soglia più alta rispetto all’Italia (1.500 euro in Grecia, 2.500 in Spagna, 3.000 in Belgio e Francia) e solo uno, il Portogallo, con il limite a 1.000 euro. Inoltre, le due mozioni ricordavano che lo scorso febbraio anche il premier Matteo Renzi aveva aperto alla possibilità di un innalzamento della soglia a 3.000 euro, precisando però che era prima necessario varare la misura relativa alla fatturazione elettronica, di cui ad aprile è stato approvato in via preliminare il decreto legislativo. Questo, concludeva la mozione forzista, mette il governo nelle condizioni di dare seguito all’intenzione espressa da Renzi. E in effetti, nella mozione presentata dai deputati del Pd, primo firmatario Sergio Boccadutri, oltre ad essere evidenziato proprio l’aspetto relativo alla diffusione di strumenti di pagamento tracciabili e fatturazione elettronica, si impegnava il governo «a incentivare gli strumenti di pagamento elettronici e a ridurne il costo» e a «rivedere la disciplina vigente in tema di uso del contante, ponendo l’Italia in linea con gli altri Stati europei che adottano restrizioni sulla circolazione della carta moneta». In altre parole, pur non quantificando la nuova soglia, se ne propone un innalzamento.

MENO CONTANTE In direzione diametralmente opposta la mozione di Sel. Bocciata dal governo e respinta dall’Aula, proponeva di ridurre il limite dei pagamenti in contanti a 499 euro, intervenendo contestualmente anche sulla riduzione delle commissioni e dei costi di gestione della moneta elettronica per imprese e cittadini. Come spiega a ilfattoquotidiano.it il capogruppo di Sel in commissione Finanze alla Camera e primo firmatario della mozione, Giovanni Paglia, «premesso che il limite di 499 euro al denaro contante è più che adeguato, visto che si tratta di una cifra sufficiente per gli acquisti quotidiani, limitare l’uso del contante è necessario per far emergere l’economia sommersa». Per Paglia, poi, «è errato il presupposto alla base delle proposte che puntano a elevare la soglia sostenendo che, sia per l’utente che per l’esercente, i costi della moneta elettronica sono più elevati di quella cartacea». Come evidenziato nella mozione, i contanti hanno un alto costo dovuto alla stampa delle banconote e al conio delle monete, alla distribuzione, al controllo e alla conservazione. Un costo calcolato in circa 10 miliardi di euro l’anno. E a chi sostiene, invece, che un limite troppo basso abbia delle ripercussioni sui consumi, fa notare che «questo aspetto riguarda unicamente i beni di lusso verso i quali si indirizza chi eventualmente abbia denaro contante sommerso da investire in un bene di valore». Anche la mozione della componente del gruppo Misto Alternativa libera, che riunisce ex esponenti del M5S e che andava nella stessa direzione, chiedendo di ridurre o mantenere la soglia attualmente in vigore e di azzerare o ridurre le commissioni sulle transazioni con carte di pagamento, ha ricevuto una doppia bocciatura.

M5S IN STAND BY Proprio come la mozione del M5S, che riproponeva un testo presentato già un anno fa sull’obbligo di accettare pagamenti effettuati con carte di debito. Ma senza entrare nel merito della soglia di utilizzo dei contanti. «Ci riserviamo di poter intervenire in futuro», spiega Ferdinando Alberti, primo firmatario, spiegando che «prima è necessario concentrarsi su una riforma del sistema bancario, poi si potrà valutare un abbassamento o un innalzamento del limite di utilizzo dei contanti». Con una maggiore propensione verso quest’ultima ipotesi, ammette Alberti, perché «limitando eccessivamente la carta moneta si incentiva l’utilizzo della moneta bancaria, quindi si favorisce ancora una volta il sistema bancario».

BOCCIATURA NETTA Non condivide l’ipotesi di innalzare la soglia di utilizzo del contante l’ex ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, ricordato per la sua azione di contrasto all’evasione fiscale. «Il limite all’uso del contante serve essenzialmente a fini antiriciclaggio, quindi è necessario avere una soglia ragionevole che renda difficile riciclare denaro sporco», spiega. Ecco perché, secondo lui, pensare di alzare il limite di 1.000 euro è sbagliato. «È una soglia adeguata visto che la maggior parte dei pagamenti che noi effettuiamo quotidianamente è inferiore a tale cifra, eventualmente più che alzarla potrebbe essere ragionevole abbassarla a 500 euro, il valore della banconota più alta di cui disponiamo». Parallelamente, conclude Visco, «è necessario incentivare gradualmente i pagamenti elettronici, ma non mi sembra che il governo stia andando nella giusta direzione, come dimostra il decreto sulla trasmissione telematica delle fatture».

DA IL F.Q,
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AVANTI E INDRè , per me ha ragione l'ex ministro Visco

Re: NO AL CONTANTE E AL SEGRETO BANCARI-RIF. RADICALE DEL FI

Inviato: 23/07/2015, 9:49
da iospero
L'obbligo del Pos è legge da un anno, ma l'utilizzo delle carte non decolla


Il problema non è nelle sanzioni, ma piuttosto nella cultura" dice Sergio Boccadutri, deputato e responsabile per l'innovazione del Pd: in Italia le frodi sono inferiori alle media Sepa, ma nonostante i costi si continua a preferire il contante

di GIULIANO BALESTRERI





22 luglio 2015























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MILANO - L'addio ai contanti ha l'aspetto di una marcia lunga e lenta. Il 30 giugno 2014, infatti, è entrata in vigore la norma che impone a commercianti e professionisti di "accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito", quando la somma è superiore ai trenta euro: una legge che - tuttavia - non ha spinto l'utilizzo della moneta elettronica, anche perché sprovvista di sanzioni per il mancato utilizzo.

E così chi già aveva il Pos ha continuato ad usarlo, mentre tra quelli che ne erano sprovvisti, solo una sparuta minoranza ha deciso di adeguarsi: d'altra parte la maggioranza dei consumatori neppure sa che il pagamento con il bancomat oltre i trenta euro è un diritto e quindi non lo fa valere. Chi ci prova, invece, trova la resistenza di quanti senza rischiare di incorrere in sanzioni continuano ad aggirare la legge. Risparmiando in questo modo una cifra che oscilla tra i 25 e 180 euro annui per l'installazione del Pos, oltre ai costi variabili legati ai prezzi delle transazioni.

"Il problema non è nelle sanzioni, ma piuttosto nella cultura" dice Sergio Boccadutri, deputato e responsabile per l'innovazione del Pd: "Molti non sanno che le frodi rappresentano lo 0,022% delle transazioni in Italia, una dato inferiore alle media Sepa che è allo 0,039%, eppure tanti hanno ancora paura di essere in qualche modo raggirati. Poi c'è il grande terrore di perdere il controllo della grande spesa, ma oggi si può controllare tutto via internet. Dovremmo fare di più a livello di comunicazione, servono delle pubblicità progresso. Oggi la spinta all'utilizzo della carta di credito è visto solo in un'ottica di lotta all'evasione fiscale, in realtà sarebbe in grado di attivare tante economie di scale facendo risparmiare tutti".

Basti pensare che secondo gli ultimi dati di Bankitalia la gestione del contante tra le indennità di cassa, i trasporti e la sicurezza costa circa 10 miliardi euro: il 48% è in carico alle banche che a loro volta lo riversano sui propri clienti. Insomma un gatto che si morde la coda. Qualcosa, però, inizia a muoversi. Basti pensare ai nuovi tetti imposti dalla Ue alle commissioni: 0,3% per le carta di credito, 0,2% sui bancomat. In questo modo i margini di profitto si spostano dalle banche agli esercenti che però restano reticenti, anche perché gli istituti di credito non hanno intenzione di rinunciare alla loro fetta di guadagno.

"Eppure - prosegue Boccadutri - i pagamenti mettono in moto notevoli economie di scala: velocizzano lo scambio di beni e servizi, con vantaggi anche per la pubblica amministrazione". Basti pensare - per esempio - al costo delle fatture non pagate: un studio recente ha rilevato che il 64% dei piccoli e medi esercenti nel Regno Unito ha a bilancio fatture non pagate per almeno 15mila sterline, il 4% per oltre 50mila per un costo complessivo di circa 8,2 miliardi, molto più di quanto costerebbe dotare ogni negozio di un Pos. Peggio: secondo un altra ricerca inglese i commercianti perderebbero oltre 120 milioni di transazioni l'anno per non accettare pagamenti diversi dai contanti.

Dai professionisti, però, è partita una levata di scudi contro l'obbligo di legge, mentre il senatore Piero Aiello (Ncd) ha presentato un disegno di legge che preveda incentivi per chi si mette in regola e sanzioni per chi viola le norme. Un meccanismo - quello degli incentivi - sostenuto anche da Boccadutri che in una proposta di legge suggerisce la "limitazione dell'uso del contante e la promozione dell'impiego di strumenti di pagamento elettronici" anche attraverso "un sistema di detrazioni per i pagamenti elettronici, magari come funziona per le spese medica fissando una franchigia minima, ma resto contrario alle sanzioni punitive. Se l'85% avviene ancora per contanti la questione è puramente culturale". E probabilmente di infrastruttura.

Nel frattempo anche la Francia si prepara a limitare l'utilizzo dei contanti a mille euro, l'Italia, invece, vorrebbe chiedere alla Bce di togliere dal mercato le banconote da 500 euro che per l'80% sono usare a riserva di valore. Ma il vero limite alla crescita dei pagamenti elettronici è rappresentato dai 14 milioni di persone che non hanno un conto corrente. "La svolta per i micropagamenti - conclude Boccadutri - potrebbe arrivare dal telefonini. Circa il 90% della sim in circolazione è ricaricabile e gli italiani si fidano del cellulare". D'altra parte il mercato già inizia a muoversi in questa direzione da Apple Pay, a Vodafone e Tim che permettono di pagare attraverso il proprio telefono. Ma con loro ci sono anche le start up come Payleven che con un dispositivo ad hoc riescono a trasformare il telefono in un Pos a tutti gli effetti, ma senza un canone d'affitto: "Si paga una piccola commissione per ogni transazione, la soluzione ideale soprattutto per piccole attività e quelle stagionali" dice l'ad Alberto Adorini.